campania/direzione/01 ... 30/11/09 - Corriere del ...
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1<br />
Dossier<br />
Quarantenni<br />
IL NOSTRO FUTURO<br />
NELLE LORO MANI<br />
di PAOLO GRASSI e ANGELO LOMONACO<br />
Il futuro ovviamente è nelle mani dei<br />
giovani. Il futuro prossimo in quelle<br />
dei quarantenni, o giù di lì, che hanno<br />
già percorso abbastanza strada da<br />
mietere i primi successi e conquistare<br />
considerazione, ma ne hanno anche abbastanza<br />
davanti da indurci a contare su di<br />
loro. E questo vale anche in Campania,<br />
dove più che in molte altre regioni si paga<br />
la crisi economica, soprattutto sul piano<br />
occupazionale; dove l’allarme criminalità<br />
è cronico; dove non è ancora stata superata<br />
<strong>del</strong> tutto la crisi d’immagine conseguente<br />
alla devastante stagione dei rifiuti.<br />
Anche qui, infatti, dove le reiterate<br />
emergenze hanno causato da un lato la<br />
perdita di credibilità <strong>del</strong> ceto politico e<br />
dall’altro la perdita di punti di riferimento<br />
per la società nel suo complesso, ci sono<br />
tanti giovani che meritano fiducia.<br />
Nella lotta alla criminalità, per esempio,<br />
conta soprattutto il lavoro <strong>del</strong>le forze<br />
<strong>del</strong>l’ordine e dei magistrati, che negli ultimi<br />
anni si è molto intensificato e ha dato<br />
spazio a tanti personaggi emergenti. Ma<br />
anche l’irrompere sulla scena di intellettuali<br />
come Roberto Saviano ha contribuito<br />
a creare intorno a loro un clima diverso,<br />
di attenzione non più soltanto rituale,<br />
e quindi a tracciare una strada nuova.<br />
La crisi e il cambiamento dei partiti,<br />
con un quadro nazionale e locale in fermento,<br />
e l’imminenza <strong>del</strong> voto per la Regione<br />
consentono, richiedono e stimolano<br />
la formazione di figure nuove. Così anche<br />
nell’economia, in ambito creativo,<br />
nello sport, nella cultura, nei piaceri, negli<br />
spettacoli. Un po’ per un fisiologico e<br />
ciclico ricambio generazionale, un po’<br />
per le scadenze, un po’ perché la società<br />
campana ha bisogno di energie nuove<br />
per ritrovare un’identità, potere e immaginazione<br />
si spostano rapidamente verso<br />
i quarantenni. In queste pagine presentiamo<br />
non un elenco completo, né tantomeno<br />
una classifica, dei campani che non siano<br />
nati prima <strong>del</strong> 1969 dai quali è lecito<br />
attendersi cose importanti per loro stessi<br />
e per tutti gli altri. Questa è soltanto una<br />
rassegna di politici emergenti, imprenditori<br />
che si stanno facendo strada, di attori,<br />
scrittori, artisti — proposti in ordine<br />
alfabetico per settore — dei quali presto<br />
sentirà parlare anche chi non li conosce<br />
già. E che quindi potranno dare un contributo<br />
significativo alla costruzione <strong>del</strong> futuro<br />
comune.<br />
L’editoriale<br />
Perché credo nei giovani<br />
di ENZO GIUSTINO<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
Credo che i primi quarant’anni<br />
per un uomo siano quelli in<br />
cui si forgia la propria personalità<br />
e si intuisce il contributo<br />
che si può dare alla collettività. Anni<br />
determinanti per il proprio futuro e<br />
per quello <strong>del</strong>la società che l’accoglie.<br />
La cultura, la scienza, le arti, l’imprenditoria,<br />
il modo di produrre, gli usi e i<br />
costumi, la qualità <strong>del</strong>la vita, nei luoghi<br />
di lavoro e fuori, il governo e l’uso<br />
<strong>del</strong> territorio, la sensibilità a capire e<br />
ad agire nell’interesse di se stessi e <strong>del</strong>la<br />
comunità, tutto questo lo si intende<br />
e lo si acquisisce nei primi quarant’anni<br />
di vita. Non è mai troppo tardi naturalmente,<br />
ma dopo diviene tutto più<br />
difficile. La tragedia di questioni degradanti,<br />
come la disonestà e la corruzione;<br />
o quella <strong>del</strong>le aree dominate dalla<br />
malavita, organizzata e non, insieme<br />
ai danni morali e materiali che essa<br />
produce alla comunità, va valutata anche<br />
e soprattutto in relazione alla negativa<br />
ipoteca che determina sui giovani<br />
e il loro futuro, impedendo loro di contribuire<br />
a costruirlo.<br />
Quindi, pensando ai quarantenni<br />
campani di oggi, cioè di una stagione<br />
<strong>campania</strong><br />
Lunedì <strong>30</strong> novembre 20<strong>09</strong><br />
che forse non è la più felice per la regione,<br />
pensando al ruolo che i giovani<br />
possono assumere nel cambiamento<br />
e nello sviluppo, la prima osservazione<br />
che mi viene in mente è che probabilmente<br />
per loro, per i giovani,<br />
non esistono stagioni più o meno felici<br />
di altre. Naturalmente tutto questo<br />
in regime di democrazia, di libertà e<br />
di progresso, civile ed economico<br />
(astraendosi quindi dai periodi bui,<br />
contrassegnati da guerre, distruzioni,<br />
dittature).<br />
Per ciò che concerne l’esperienza di<br />
vita <strong>del</strong>la mia generazione, credo che<br />
non una ma due stagioni vadano ricordate.<br />
Quella <strong>del</strong> dopoguerra, in cui ci<br />
si impegnò nella ricostruzione morale<br />
e materiale <strong>del</strong> nostro Paese. In quel<br />
tempo per i giovani si profilava l’obiettivo<br />
di divenire protagonisti nella costruzione<br />
di un paese libero e democratico;<br />
proteso verso lo sviluppo civile,<br />
economico, sociale. Un Paese impegnato<br />
a ritagliarsi un posto di prestigio,<br />
anche sotto il profilo industriale,<br />
all’interno <strong>del</strong>la nascente Europa. Una<br />
prospettiva di una suggestione incredibile.<br />
Tutto questo fu perseguito e raggiunto,<br />
malgrado i contrasti, le contrapposizioni<br />
ideologiche, l’anomalia<br />
<strong>del</strong> divario tra Nord e Sud. Tutte difficoltà<br />
che furono superate. Certamente<br />
per l’impegno e la volontà dei grandi<br />
uomini di quel tempo, ma soprattutto<br />
per la determinante spinta esercitata<br />
dai giovani di quegli anni, anche se<br />
schierati su posizioni diverse. Giovani<br />
che raccolsero la sfida <strong>del</strong> tempo, nelle<br />
fabbriche, nelle scuole, nelle Università.<br />
Molti lasciando i luoghi di origine<br />
per recarsi dove maggiormente<br />
avrebbero potuto porre in valore le potenzialità<br />
di cui erano dotati.<br />
Vi è poi un’altra stagione che va ricordata.<br />
Verso la fine degli anni Sessanta<br />
e per il successivo decennio, il<br />
nostro Paese ha vissuto momenti difficili,<br />
talvolta tragici. Specie negli anni<br />
Settanta, alla crisi industriale ed economica<br />
si cumulavano a quelle politica,<br />
sociale e di finanza pubblica. Sul<br />
piano produttivo poi, l’economia mondiale<br />
fu investita da una crisi originata<br />
da ciò che in quell’epoca fu definito<br />
«il ricatto petrolifero».<br />
CONTINUA A PAGINA 12<br />
Mercoledì 2 dicembre<br />
Inserto e convegno<br />
<strong>del</strong> <strong>Corriere</strong> <strong>del</strong>la Sera<br />
«Campania, oltre il presente.<br />
I mille volti di una regione<br />
all’appuntamento con lo sviluppo».<br />
A questo tema il <strong>Corriere</strong> <strong>del</strong>la Sera<br />
dedicherà un inserto speciale di 44<br />
pagine per la serie «Italie», che sarà<br />
in edicola con il quotidiano<br />
mercoledì 2 dicembre.<br />
Lo stesso giorno e sullo stesso<br />
tema è in programma a Napoli<br />
un convegno, che si terrà<br />
nell’Antro di Virgilio<br />
di Castel <strong>del</strong>l’Ovo.<br />
Al dibattito interverranno<br />
il presidente<br />
<strong>del</strong>la Regione Campania<br />
Antonio Bassolino,<br />
il presidente <strong>del</strong> Cis<br />
Interporto Campano<br />
Gianni Punzo, la vicepresidente<br />
di Confindustria con <strong>del</strong>ega per il<br />
Mezzogiorno Cristiana Coppola,<br />
il presidente <strong>del</strong> Banco di Napoli<br />
Enzo Giustino e il managing director<br />
di Msc Crociere Domenico Pellegrino.<br />
Moderatore sarà il direttore<br />
<strong>del</strong> <strong>Corriere</strong> <strong>del</strong>la Sera<br />
Ferruccio de Bortoli (nella foto).<br />
L’incontro comincerà alle 10.<strong>30</strong>.
2<br />
NA<br />
LOTTA AI CLAN<br />
’A67<br />
Rock e «pogo»<br />
per sfidare<br />
la criminalità<br />
Quando uscì il disco intitolato «’A camorra<br />
song’io», anno 2005, c’era chi arricciava il naso.<br />
Che vuol dire ’sto titolo? Questi scherzano con le<br />
cose serie... si sono montati la testa. Questi erano,<br />
sono, gli ’A67, una rock band formata da cinque musicisti<br />
<strong>del</strong>la periferia napoletana, gruppo eponimo <strong>del</strong>l’agglomerato-monstre,<br />
la 167 di Secondigliano. Intitolarono così,<br />
sfacciati, il loro secondo album. Da una colorata e umida<br />
sala prove di Barra urlavano forte, alluccavano: la camorra<br />
sono io, perché la malavita non è solo questione di morti<br />
ammazzati e riunioni di boss a Montecarlo: dai bassi dei<br />
quartieri all’attico di via Posillipo — hanno ricordato gli<br />
’A67 in centinaia di interviste — siamo tutti coinvolti, riguarda<br />
ognuno di noi. Note incazzate, quelle di Daniele<br />
Sanzone (cantante), Andrea Verdicchio (sax), Enzo Cangiano<br />
(chitarre), Luciano Esposito (batterie) e Gianluca<br />
Ciccarelli (basso). A parte le pose da book, hanno facce da<br />
bravi guaglioni, quasi tutti under <strong>30</strong>. Fanno musica «crossover»,<br />
folk-rock, fusione di rap e chitarre alla maniera<br />
dei Rage against the machine, gruppo di culto per la lotta<br />
in Chiapas. Già: è battaglia a suon di giri di basso, riff,<br />
sfoghi di sax nei quattro angoli <strong>del</strong> pianeta. E Napoli, tre<br />
quarti Sud <strong>del</strong> mondo un quarto Unione europea, non<br />
manca all’appello. La camorra si combatte anche col «pogo»,<br />
gli spintoni da finta rissa ai concerti. Musica e impegno<br />
anticlan: in questo caso non parliamo solo di buona<br />
volontà. Nei testi <strong>del</strong>le canzoni degli ’A67 («... Se la paura<br />
fa 90 / ’a dignità fa 180...») è fiorita una nuova stagione di<br />
«militanza di racconto», dice Sanzone. Si fa largo dopo<br />
l’onda <strong>del</strong>le Posse anni Novanta, il popolo noglobal di Seattle<br />
<strong>del</strong> 2000-20<strong>01</strong> e il limbo seguito all’<strong>11</strong> settembre. Sulla<br />
loro scia si inserisce anche l’mc partenopeo Lucariello,<br />
che dedica «Cappotto di legno» a Roberto Saviano e la canta<br />
in tv ad AnnoZero (il disco si chiama «Veleno fertile» e<br />
denuncia l’inquinamento <strong>del</strong>la Campania).<br />
Gli ’A67 nascono nel 2004, anno <strong>del</strong>la faida di Scampia,<br />
quartiere dove abitano vari membri <strong>del</strong> gruppo. Esce l’ep<br />
«Voglie parla’». Vincono il premio Siae come miglior<br />
band emergente. Il primo di una lunga serie di riconoscimenti.<br />
Nel 2007, iniziano un tour particolare: si esibiscono<br />
nelle scuole. È la prima volta che una rockband suona<br />
e parla di camorra nelle classi. Da Casal di Principe a Ottaviano.<br />
Il «tour» prosegue anche a Ferrara e Torino, grazie<br />
ad Amnesty, Libera e alla Regione Campania. Sgobbano<br />
come muli. Concerti, prove, iniziative sociali. L’ultimo album<br />
è Suburb; si affianca alla cover di «Io non mi sento<br />
italiano» di Gaber. Il video l’hanno girato a Castel Volturno,<br />
nella masseria di Michele Zaza. I proventi <strong>del</strong>le vendite<br />
online sosterranno il progetto Libera Terra. Tutto perfetto?<br />
Non proprio. Daniele Sanzone da un po’ nota in tante<br />
persone «disattenzione» (noia?) rispetto all’argomento camorra.<br />
«Gomorra» ha in alcuni casi creato l’effetto overdose:<br />
se ne parla troppo. «Ciò non vuol dire allentare l’impegno.<br />
Tocca invece agli artisti, prima di altri, trovare il<br />
modo più efficace per far passare il messaggio, con altri<br />
mezzi». I più potenti: l’arte, la musica, il racconto.<br />
Alessandro Chetta<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
Alessandra Clemente (classe ’87)<br />
Una fondazione<br />
nel nome<br />
di mamma Silvia<br />
Piazza <strong>del</strong> Plebiscito, tarda mattinata <strong>del</strong> 21 marzo<br />
20<strong>09</strong>. Fa freddo, da battere i denti. Alessandra<br />
è a pochi metri dal palco, stretta nel suo<br />
cappottino bianco, collo avvolto da una sciarpa<br />
con i colori <strong>del</strong>la pace, circondata da un gruppo di<br />
amici. Si vede che è tesa, ma cerca di nasconderlo dietro<br />
grandi, e bellissimi, sorrisi. Tra qualche minuto<br />
parlerà per la prima volta al microfono, davanti alle<br />
centocinquantamila persone chiamate a raccolta dall’associazione<br />
Libera per dire «no alle mafie»: «Benvenuti<br />
nella mia città. Io sono Alessandra e mia mamma<br />
era Silvia Ruotolo: quando la camorra l’ha uccisa, nel<br />
1997, aveva solo 39 anni. È stato un agguato folle e<br />
criminale, senza alcuna logica né spiegazione».<br />
Qualche mese dopo Alessandra è sull’autobus che<br />
sta portando a Roma la <strong>del</strong>egazione campana che parteciperà<br />
a «Contromafie». Racconta <strong>del</strong> viaggio fatto<br />
ad agosto in Sudamerica e ha addosso la stanchezza di<br />
una ragazza di ventidue anni che la sera prima è uscita<br />
con le amiche e ha fatto tardi. Così, quando il papà<br />
Lorenzo le dice che sarà lei a leggere il saluto inviato<br />
dal presidente Napolitano di fronte ai ministri, ai parlamentari,<br />
agli alti magistrati e alla folla <strong>del</strong>l’auditorium<br />
<strong>del</strong>la Conciliazione, un velo d’ansia le copre per<br />
un po’ il sorriso. Ma poi, due ore dopo, salirà sul palco,<br />
ancora una volta piccola ambasciatrice di un dolore<br />
impossibile da cancellare. Un dolore trasformato in<br />
impegno, e testimonianza. C’è l’attività di quella che<br />
Alessandra chiama «la sua grande famiglia», riunita<br />
nel Coordinamento dei parenti <strong>del</strong>le vittime innocenti<br />
di camorra: si offrono sostegno reciproco, portano<br />
avanti battaglie sociali, e politiche, per tutelare i loro<br />
diritti e per rafforzare la lotta alle mafie. Poi c’è il Comitato<br />
«Silvia Ruotolo», che a gennaio diventerà una fondazione<br />
per i ragazzi a rischio finanziata con il risarcimento<br />
ottenuto nel processo per l’omicidio, «perché<br />
mia mamma, che insegnava e amava i bambini, avrebbe<br />
di certo voluto così». L’inverno scorso, nel carcere<br />
di Nisida, Alessandra e il papà hanno trascorso giornate<br />
intere con i ragazzi reclusi, e con loro hanno realizzato<br />
una scultura di mattoncini colorati, uno per ogni<br />
persona uccisa «per errore» dai clan: un aquilone che<br />
oggi vola su un muro nel cortile <strong>del</strong>l’istituto penitenziario.<br />
Alessandra vuole diventare magistrato. Ora ci<br />
sono gli ultimi esami a giurisprudenza, la tesi in diritto<br />
<strong>del</strong> lavoro, le amiche e la voglia di viaggiare: «voglio<br />
imparare ad usare perfettamente la macchina fotografica,<br />
per catturare tutto quello che vedo».<br />
A dieci anni, pochi giorni dopo la morte <strong>del</strong>la mamma,<br />
Alessandra scrisse una favola in cui raccontava di<br />
un gambero che si ostinava a camminare sempre in<br />
avanti, contro natura, ferendosi, ma senza fermarsi.<br />
Nel primo editoriale <strong>del</strong> <strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> Mezzogiorno, dedicato<br />
proprio ai familiari di Silvia Ruotolo, quelle parole<br />
divennero metafora di una città ferita, e <strong>del</strong>la speranza<br />
che sapesse rialzarsi.<br />
Chiara Marasca<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
Lunedì <strong>30</strong> Novembre 20<strong>09</strong> <strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> Mezzogiorno<br />
Qui sopra, Alessandra Clemente. In alto gli ’A67<br />
A destra, dall’alto, Simona Di Monte e Cristiana Mandara
<strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> Mezzogiorno Lunedì <strong>30</strong> Novembre 20<strong>09</strong><br />
Simona Di Monte (classe ’69) Cristiana Mandara (classe ’70)<br />
La pm «discreta»<br />
che ha incastrato<br />
i boss <strong>del</strong> Nolano<br />
Adiciotto anni voleva iscriversi al corso di laurea<br />
in Chimica, per imparare come nascono i<br />
cosmetici. Ma poi l’idea di dover studiare tanta<br />
matematica la scoraggiò, e decise di virare<br />
verso Giurisprudenza. E così, invece di inventare formule<br />
per lenire i segni <strong>del</strong> tempo, si è ritrovata, magistrato,<br />
a lavorare per rendere il mondo più giusto. Ma il buon<br />
gusto, è evidente, non l’ha smarrito, e così oggi Simona<br />
Di Monte, classe ’69, è una donna raffinata, abituata a<br />
tenere un elegante basso profilo. Poche interviste, mai<br />
cercate, e tanto lavoro. Ma, in ogni caso, sui giornali il<br />
suo nome ci finisce spesso, visto che da sei anni è in forze<br />
alla Direzione distrettuale antimafia <strong>del</strong>la Procura partenopea,<br />
praticamente la prima linea contro i clan. L’ultima<br />
volta che quotidiani e siti web hanno parlato di lei è<br />
stato poche settimane fa, in occasione <strong>del</strong> doppio blitz<br />
<strong>del</strong>le forze <strong>del</strong>l’ordine che, nel giro di un weekend, hanno<br />
incastrato i due superlatitanti Salvatore e Pasquale<br />
Russo, inseriti nell’elenco dei primi trenta ricercati. È stata<br />
Simona Di Monte, infatti, a ricostruire la rete di affari,<br />
relazioni e connivenze intrecciata dai due boss <strong>del</strong> Nolano,<br />
anche in collegamento con la mafia, dopo l’uscita di<br />
scena di Carmine Alfieri, arrestato nel 1992 e poi diventato<br />
collaboratore di giustizia. Prima di lavorare nel pool<br />
di magistrati (con lei i colleghi Frunzio, Corona e Del<br />
Gaudio) che tra il 2004 e il 2005 ha indagato sugli scenari<br />
<strong>del</strong>la drammatica faida di Scampia, la Di Monte aveva<br />
affrontato il primo importante processo di camorra nel<br />
20<strong>01</strong>, a Pompei, «grande momento di crescita professionale»,<br />
affiancando in aula il collega Giuseppe Borrelli, autore<br />
<strong>del</strong>le indagini contro il clan Cesarano. Due inchieste<br />
l’hanno segnata emotivamente più <strong>del</strong>le altre: «il caso<br />
agghiacciante» <strong>del</strong>l’omicidio <strong>del</strong> piccolo Silvestro Delle<br />
Cave, che ha seguito come pm nel ’97, dopo appena un<br />
anno di servizio presso la Procura di Nola, e l’indagine<br />
<strong>del</strong> 2002 sulla strage di Quindici, «uno scontro tra donne<br />
messo in atto con modalità degne di un’aggressione tribale,<br />
di una violenza mostruosa». È domenica sera e nella<br />
cittadina <strong>del</strong>l’Irpinia si spara in pieno centro. Da un<br />
lato ci sono le donne <strong>del</strong> clan Cava, dall’altro quelle <strong>del</strong>la<br />
cosca rivale dei Graziano: tre muoiono, altre due restano<br />
gravemente ferite. Pochi giorni prima le ambasciatrici<br />
dei due opposti schieramenti si erano incontrate e affrontate<br />
in piazza davanti ai compaesani: insulti, spintoni,<br />
schiaffi. Poi lo scontro con le pistole, come veri boss.<br />
Ed è da allora che Simona Di Monte viene spesso intervistata,<br />
anche da cronisti stranieri, sul complicato e scioccante<br />
tema <strong>del</strong> ruolo <strong>del</strong>le donne nella camorra.<br />
In prima linea, dunque, con spirito di servizio e toni<br />
moderati — al tempo <strong>del</strong>la guerra intestina <strong>del</strong>la procura<br />
targata Cordova intervenne a un’assemblea criticando<br />
le posizioni assunte dal capo dei pm, ma precisando, al<br />
tempo stesso, di non appartenere a nessuna corrente <strong>del</strong><br />
«sindacato dei giudici» — «mettendo sempre mio figlio<br />
al primo posto» e cercando, «a fatica, di ritagliare qualche<br />
momento per le mie passioni, viaggi e romanzi».<br />
C. M.<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
Cacciatrice<br />
di latitanti<br />
per vocazione<br />
Aguardarla, Cristiana Mandara non incute timore,<br />
anzi. Donna di bella presenza, 39 anni,<br />
una lunga chioma bionda e modi affabili,<br />
per lavoro cattura latitanti. Non incute timore,<br />
certo, salvo a coloro che hanno la fedina penale<br />
sporca. Capo <strong>del</strong>la sezione «catturandi» <strong>del</strong>la Squadra<br />
Mobile di Napoli già dal 2005, la funzionaria si divide<br />
fra un lavoro al cardiopalma, un compagno (libero<br />
professionista) e il figlioletto Alessandro che ha poco<br />
più di un anno. I lettori la conoscono soprattutto per<br />
alcune operazioni eccellenti, come la cattura dei superboss<br />
Vincenzo Licciardi e Edoardo Contini. I colleghi<br />
<strong>del</strong>la Mobile, guidata dal primo dirigente Vittorio Pisani,<br />
per il lavoro quotidiano che, anche quando non suscita<br />
l’attenzione dei mass media, è portato avanti con<br />
enorme impegno e sacrificio.<br />
Cristiana Mandara, vicequestore aggiunto presso la<br />
Questura di Napoli, è nata nel capoluogo campano il<br />
15 maggio 1970. La sua, più che una passione, è stata<br />
fin dall’inizio una vera vocazione. Nel 1995 si laurea in<br />
Giurisprudenza all’Università Federico II, con una tesi<br />
in criminologia su «La criminalità informatica». I passi<br />
immediatamente successivi lascerebbero intendere<br />
un futuro diverso, ma il cammino <strong>del</strong>la criminologa è<br />
già tracciato. Nel 1998 consegue l’abilitazione come avvocato,<br />
dopo aver svolto due anni di pratica forense<br />
presso uno studio legale partenopeo specializzato in<br />
diritto penale. Nel 1999, vincitrice di un concorso pubblico,<br />
svolge addirittura l’incarico di segretario comunale<br />
a Ficulle e a Parrano, piccoli centri in provincia di<br />
Terni. Mansione, questa, che ricoprirà fino all’anno<br />
successivo. Ed è proprio nel 2000 che, vincendo un altro<br />
concorso pubblico, Cristiana Mandara accede al<br />
corso per vicecommissario <strong>del</strong>la Polizia di Stato presso<br />
l’Istituto Superiore di Polizia di Roma. Il corso dura<br />
nove mesi, al termine dei quali le viene assegnato ufficialmente<br />
l’incarico di vicecommissario.<br />
Subito dopo, nel gennaio 20<strong>01</strong>, Cristiana Mandara<br />
viene assegnata alla Questura di Rimini, il cui responsabile<br />
le affida il compito di dirigere l’Ufficio Prevenzione<br />
Generale (coordina, praticamente, il servizio <strong>del</strong>le<br />
«volanti»). A giugno, è già commissario capo. È nel<br />
2004 che la poliziotta richiede il trasferimento nella<br />
sua città natale, a Napoli, dove il lavoro è certamente<br />
più duro, e forse più stimolante per chi ha intenzione<br />
di mettersi in gioco. Nel capoluogo campano Cristiana<br />
Mandara lavora in servizio di pattuglia, svolgendo anche<br />
turni di notte, e toccando con mano ogni giorno il<br />
tessuto criminale di una città violenta. Basta poco per<br />
rendersi conto che quella donna ha sì un bel viso, ma<br />
anche spalle abbastanza larghe da sostenere il peso di<br />
un incarico diverso. Nel gennaio 2005, Cristiana Mandara<br />
diventa una «cacciatrice di latitanti», giovane sì,<br />
ma efficace.<br />
Stefano Piedimonte<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
3<br />
NA
4<br />
NA<br />
informazione pubblicitaria<br />
ISTITUTO ITALIANO PER GLI STUDI FILOSOFICI<br />
Diploma d’onore <strong>del</strong> Parlamento Europeo<br />
Palazzo Serra di Cassano - via Monte di Dio 14, Napoli - www.iisf.it - Posta elettronica: segreteria@iisf.it<br />
<strong>30</strong> novembre – 4 dicembre 20<strong>09</strong><br />
MAURIZIO VIROLI (UNIVERSITÀ DI PRINCETON)<br />
LE IMMAGINI DELLA LIBERTÀ:<br />
ICONOGRAFIA E PENSIERO POLITICO<br />
NELL’ITALIA MEDIOEVALE E MODERNA<br />
Lunedì <strong>30</strong> novembre, ore 16.00<br />
Le virtù politiche nella Cappella degli Scrovegni a Padova<br />
Martedì 1 dicembre, ore 16.00<br />
Lo splendore e la gloria <strong>del</strong>la libera città nel ciclo di Ambrogio Lorenzetti nella Sala<br />
dei Nove in Palazzo Pubblico a Siena<br />
Mercoledì 2 dicembre, ore 16.00<br />
Ordine politico e ordine urbano nell’Umanesimo fiorentino<br />
Giovedì 3 dicembre, ore 16.00<br />
L’esaltazione <strong>del</strong>la libertà repubblicana nella Sala <strong>del</strong> Maggior Consiglio a Genova<br />
Venerdì 4 dicembre, ore 16.00<br />
Il “Paradiso” di Paolo Veronese nel Palazzo Ducale di Venezia<br />
<strong>30</strong> novembre – 3 dicembre 20<strong>09</strong><br />
FRANCESCA RIGOTTI (UNIVERSITÀ DI ZURIGO)<br />
FILOSOFIA E MATERNITÀ<br />
Lunedì <strong>30</strong> novembre, ore 17.<strong>30</strong><br />
Il pensiero materno<br />
Martedì1 dicembre, ore 17.<strong>30</strong><br />
«Cuore di mamma» e «testa di mamma»<br />
Mercoledì 2 dicembre, ore 17.<strong>30</strong><br />
Il paradosso di Arianna<br />
Giovedì 3 dicembre, ore 17.<strong>30</strong><br />
Tempo, filosofia e maternità<br />
Martedì 1 dicembre 20<strong>09</strong><br />
Ore 10.00<br />
STEFANO GIZZI<br />
CETTINA LENZA<br />
MARIO MANIERI ELIA<br />
presenteranno il volume di<br />
MANFREDO TAFURI<br />
OLTRE LA STORIA<br />
pubblicato da Edizioni CLEAN<br />
Con scritti di: BENEDETTO GRAVAGNUOLO, MARCO BIRAGHI, MANUELA M.<br />
MORRESI, FRANCESCO DAL CO, MASSIMO CACCIARI, GIULIO PANE, FRANCESCO<br />
STARACE, SANDRO RAFFONE, FABRIZIO SPIRITO, ORLANDO DI MARINO<br />
Martedì 1 dicembre 20<strong>09</strong><br />
Ore 17.00<br />
ALDO TRIONE e UGO PISCOPO<br />
presenteranno il libro di<br />
BENEDETTA PALMIERI<br />
UN DUE TRE STELLA<br />
pubblicato da TULLIO PIRONTI EDITORE<br />
Letture di ANDREA DE GOYZUETA<br />
Martedì 1° dicembre 20<strong>09</strong><br />
ore 17.<strong>30</strong><br />
PONTIFICIA FACOLTÀ TEOLOGICA<br />
DELL’ITALIA MERIDIONALE – Sez. SAN LUIGI<br />
ISTITUTO DI STORIA DEL CRISTIANESIMO<br />
ISTITUTO ITALIANO PER GLI STUDI FILOSOFICI<br />
Pontificia Facoltà Teologica <strong>del</strong>l’Italia Meridionale – Sez. San Luigi<br />
Via Petrarca, <strong>11</strong>5 - Napoli<br />
IN OCCASIONE DELLA VI GIORNATA DI STUDIO<br />
SULLA STORIA DEL CRISTIANESIMO<br />
LA CHIESA CATTOLICA TRA LA PACE<br />
E LA GUERRA DEL XX SECOLO<br />
ANTONIO IANNELLO e GIULIO PARNOFIELLO<br />
presenteranno i volumi di<br />
DANIELE MENOZZI<br />
CHIESA, PACE E GUERRA NEL NOVECENTO.<br />
VERSO UNA DELIGITTIMAZIONE RELIGIOSA DEI CONFLITTI<br />
pubblicato da Il Mulino, Bologna 2008<br />
JEAN PEZET<br />
TU NON UCCIDERAI. DIARIO DI UN OBIETTORE<br />
DI COSCIENZA ALLA GUERRA DI ALGERIA<br />
pubblicato da Il Pozzo di Giacobbe, Trapani 20<strong>09</strong><br />
Presiederà e modererà: SERGIO TANZARELLA<br />
CONVEGNI E SEMINARI DICEMBRE 20<strong>09</strong><br />
Saranno presenti gli autori<br />
Mercoledì 2 dicembre 20<strong>09</strong><br />
In collaborazione con la rivista KAINÓS<br />
Giornata di studi<br />
LE PAROLE DEL NOVECENTO<br />
LAVORO, MERCE, DESIDERIO<br />
Ore 9,<strong>30</strong> - Presiede: GIUSEPPE TORTORA<br />
FERRUCCIO ANDOLFI<br />
Marcuse e l'utopia <strong>del</strong>l'abolizione <strong>del</strong> lavoro<br />
FABIO CIARAMELLI<br />
Castoriadis: tra immaginario sociale e desiderio di autonomia<br />
VINCENZO CUOMO<br />
Lavoro intellettuale, desiderio, merce. Su Adorno e Sohn-Rethel<br />
ALDO MECCARIELLO<br />
Il lavoro tra anelito e disincanto nella riflessione di Simone Weil<br />
GABRIELE MINIAGIO<br />
Tecnica, potere, facoltà <strong>del</strong> desiderare<br />
Discussione.<br />
Ore 15,<strong>30</strong> - Presiede FABIO CIARAMELLI<br />
ROBERTO FINELLI<br />
Epoché <strong>del</strong> corpo ed astrazione <strong>del</strong>la mente. Echi marxiani nel lavoro post-moderno<br />
ELEONORA DE CONCILIIS<br />
Baudrillard, Foucault e il mito <strong>del</strong> desiderio<br />
GIANFRANCO BORRELLI<br />
Scarti <strong>del</strong> desiderio e processi di soggettivazione: tra Machiavelli e Foucault<br />
LEONARDO DISTASO<br />
Desiderio di capitale nella dottrina sociale di Ratzinger<br />
Discussione.<br />
Mercoledì 2 dicembre 20<strong>09</strong><br />
PONTIFICIA FACOLTÀ TEOLOGICA<br />
DELL’ITALIA MERIDIONALE – Sez. SAN LUIGI<br />
ISTITUTO DI STORIA DEL CRISTIANESIMO<br />
ISTITUTO ITALIANO PER GLI STUDI FILOSOFICI<br />
Pontificia Facoltà Teologica <strong>del</strong>l’Italia Meridionale – Sez. San Luigi<br />
Via Petrarca, <strong>11</strong>5 - Napoli<br />
VI GIORNATA DI STUDIO<br />
SULLA STORIA DEL CRISTIANESIMO<br />
IL PERICOLOSO MESTIERE DELLO STORICO<br />
L’uso pubblico <strong>del</strong>la storia <strong>del</strong> cristianesimo <strong>del</strong> xx secolo<br />
Ore 9.00<br />
Apertura lavori:<br />
GIUSEPPE MANCA (Pontificia Facoltà Teologica Italia Meridionale – sez. San Luigi)<br />
MAREK INGLOT (Facoltà di Storia e Beni Culturali <strong>del</strong>la Chiesa <strong>del</strong>l’Università Gregoriana)<br />
CRISPINO DI GIROLAMO (Editore “Il Pozzo di Giacobbe”)<br />
Presiede e coordina:<br />
ANNA CARFORA (Istituto di Storia <strong>del</strong> Cristianesimo PFTIM sez. San Luigi – Napoli)<br />
Relazioni di:<br />
DANIELE MENOZZI (Scuola Normale Superiore di Pisa)<br />
Rappresentazioni pubbliche e realtà storiche: alcuni nodi <strong>del</strong>la chiea novecentesca<br />
JAN MIKRUT (Università Gregoriana – Roma)<br />
L’Arcivescovo di Vienna cardinale Theodor Innitzer ed i suoi primi contatti con il nazionalsocialismo:<br />
tra le aspettative <strong>del</strong>la Chiesa austriaca e la necessità <strong>del</strong> nuovo Governo<br />
ROBERTO REGOLI (Università Gregoriana – Roma)<br />
Dal mito all’Archivio: il pontificato di PiXI. Il dibattito tra gli studiosi dopo l’apertura<br />
degli Archivi Vaticani<br />
Proiezione <strong>del</strong> film: Franz Jägerstätter. Un contadino contro Hitler<br />
Ore 13.45<br />
Presiede e coordina:<br />
DARIO GARRIBBA (Istituto di storia <strong>del</strong> Cristianesimo PFTIM sez. San Luigi – Napoli)<br />
Relazioni di:<br />
GIORGIO SIMONELLI (Università Cattolica – Milano)<br />
Figure <strong>del</strong> Cristianesimo <strong>del</strong> ‘900 e fiction televisive<br />
PAOLO CORSINI (Università di Parma)<br />
Don Primo Mazzolari: il fascismo. Le guerre e la pace<br />
SERGIO TANZARELLA (Istituto di storia <strong>del</strong> cristianesimo PFTIM sez. San Luigi – Napoli)<br />
Inchiostro menzognero. Uso ideologico <strong>del</strong>la storia <strong>del</strong> cristianesimo contemporaneo<br />
La partecipazione è libera. È necessario però prenotarsi scrivendo a<br />
segreteria@storia<strong>del</strong>cristianesimo.it<br />
Venerdì 4-5 dicembre 20<strong>09</strong><br />
In collaborazione con<br />
REGIONE CAMPANIA - ARSAN - ASL NAPOLI CENTRO -<br />
OSSERVATORIO MOBBING DELLA REGIONE CAMPANIA<br />
PSICOPATOLOGIA DEL LAVORO:<br />
LE DIMENSIONI CLINICHE, PSICOLOGICHE E SOCIALI<br />
L’EPIDEMIOLOGIA, LA CLINICA ED I CORRELATI BIOLOGICI<br />
DELLA PSICOPATOLOGIA DEL LAVORO<br />
Chairperson: MARIO MAJ<br />
8.<strong>30</strong> Registrazione degli iscritti, apertura dei lavori e saluto <strong>del</strong>le autorità:<br />
PROF. MARIO SANTANGELO (ASSESSORE ALLA SANITÀ DELLA REGIONE CAMPANIA)<br />
DR.SSA LIA BERTOLI (DIRETTORE GENERALE ARSAN DELLA CAMPANIA)<br />
DR.SSA MARIA GRAZIA FALCIATORE (COMMISSARIO STARORDINARIO ASL NAPOLI 1<br />
CENTRO)<br />
DR. SERGIO LODATO (SUB COMMISSARIO STRAORDINARIO ASL NAPOLI 1 CENTRO)<br />
9.15 INTRODUZIONI:<br />
MARIO MAJ - CLAUDIO PETRELLA<br />
9.45 GIOVANNI NOLFE - GIUSEPPE NOLFE<br />
Epidemiologia, clinica e strategie terapeutiche nella psicopatologia <strong>del</strong> lavoro<br />
10.<strong>30</strong> FABRIZIO STARACE<br />
Il lavoro come life-event stressor nelle professioni d’aiuto<br />
<strong>11</strong>.<strong>30</strong> GINO POZZI<br />
Psicopatologia in ambiente di lavoro: l’impatto <strong>del</strong>la disfunzione<br />
12.15 ALFONSO TORTORELLA - WALTER MILANO - PALMIERO MONTELEONE<br />
La psicobiologia <strong>del</strong>lo stress e le strategie di trattamento farmacologico<br />
13.00 Discussione<br />
Venerdì 4 dicembre 20<strong>09</strong> (Sessione Pomeridiana)<br />
LA DIMENSIONE SOCIALE E LA PREVENZIONE DEL DISAGIO PSI-<br />
CHICO NEL MONDO DEL LAVORO<br />
(Chairperson: ALIDA LABELLA)<br />
15.15 ALDO MASULLO<br />
Il lavoro vissuto<br />
16.00 STEFANO CONSIGLIO<br />
Mobbing: il punto di vista <strong>del</strong>l’organizzazione<br />
17.00 EMANUELA FATTORINI<br />
Il rischio psico-sociale negli ambienti di lavoro<br />
17.<strong>30</strong> MARIA TRASSI<br />
Le metodologie di valutazione <strong>del</strong>lo stress lavoro-correlato<br />
18.00 Discussione<br />
Sabato 5 dicembre 20<strong>09</strong><br />
LA TRAMA PSICOLOGICA E LA PSICODINAMICA DEL DISAGIO<br />
LAVORATIVO<br />
Chairperson: SERGIO BENVENUTO e CLAUDIO ZULLO<br />
9.45 MARIE FRANCE HIRIGOYEN<br />
Pourquoi toujours plus de souffrance et de harcèlement moral sur les lieux de travail?<br />
<strong>11</strong>.00 GEMMA ZONTINI<br />
Il negativo <strong>del</strong> lavoro<br />
<strong>11</strong>.45 GUELFO MARGHERITA<br />
Prevenzione ed elaborazione gruppale <strong>del</strong> “Mobbing” e <strong>del</strong> “Burn-out” nel lavoro<br />
istituzionale<br />
12.15 CARMEN LAMBERTI<br />
Il lavoro come organizzatore di dinamiche gruppali<br />
12.45 FRANCESCO BLASI<br />
Il lavoro <strong>del</strong>la Psicopatologia<br />
13.15 Discussione e questionari ECM<br />
Comitato scientifico: LIA BERTOLI, GIOVANNI NOLFE, CLAUDIO PETRELLA,<br />
GAETANO SICURANZA, ROSANNA SCALABRINI<br />
Comitato organizzativo: NICOLA<br />
UTTIERI, ALESSIA PAGLIARO<br />
DE MARCHI, FEDERICA MINACI, SIMONA<br />
Lunedì 7 dicembre 20<strong>09</strong><br />
Ore 16.<strong>30</strong><br />
MARINA FALANGA<br />
presenterà la raccolta di poesie<br />
“INTERLUDIO” di MARIO DI MEO<br />
pubblicato dalla casa editrice Magna Grecia<br />
Leggerà poesie dal libro CIRO CARFORA<br />
Modererà: ARTURO GAGLIARDI<br />
Sarà presente l’autore<br />
Giovedì 10 dicembre 20<strong>09</strong><br />
Ore 16.<strong>30</strong><br />
In collaborazione con il<br />
GOETHE-INSTITUT NAPOLI<br />
VALENTINA DI ROSA e ROBERTO KELLER<br />
presenterano il libro di<br />
CLAUDIA RUSCH<br />
LO STASI DIETRO IL LAVELLO<br />
pubblicato da Keller editore<br />
Introdurranno: MARIA CARMEN MORESE e FRANCO FILICE<br />
Sarà presente l’autrice<br />
9 – <strong>11</strong> dicembre 20<strong>09</strong><br />
ANIELLO MONTANO (UNIVERSITÀ DI SALERNO)<br />
GIUSEPPE CAPOGRASSI INTERPRETE DI VICO<br />
Mercoledì 9 dicembre, ore 16.<strong>30</strong><br />
Oltre le interpretazioni cattoliche di Vico<br />
Giovedì 10 dicembre, ore 16.<strong>30</strong><br />
Sui bisogni <strong>del</strong>l’individuo contemporaneo (I)<br />
Venerdì <strong>11</strong> dicembre, ore 16.<strong>30</strong><br />
Sui bisogni <strong>del</strong>l’individuo contemporaneo (II)<br />
Lunedì <strong>30</strong> Novembre 20<strong>09</strong> <strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> Mezzogiorno<br />
14–17 dicembre 20<strong>09</strong><br />
NICOLAS TERTULIAN (ECOLE DES HAUTES EN SCIENCES SOCIALES)<br />
LE PROJET ONTOLOGIQUE ET SA CRITIQUE<br />
Lunedì 14 dicembre, ore 16.00<br />
Les ontologies de Heidegger et Lukács: une confrontation (I)<br />
Martedì 15 dicembre, ore 16.00<br />
Les ontologies de Heidegger et Lukács: une confrontation (II)<br />
Mercoledì 16 dicembre, ore 16.00<br />
L’ontologie critique de Nicolai Hartmann<br />
Gioved 17 dicembre, ore 16.00<br />
Sarte, Merleau-Ponty et Lukács<br />
14 – 17 dicembre 20<strong>09</strong><br />
EUGENIO ZAGARI (UNIVERSITÀ DI NAPOLI «FEDERICO II»)<br />
LA QUESTIONE MERIDIONALE<br />
Lunedì 14 dicembre, ore 16.00<br />
Le origini: Serra e Genovesi<br />
Martedì 15 dicembre, ore 16.00<br />
Il meridionalismo tra Ottocento e Novecento: da Fortunato a Nitti<br />
Mercoledì 16 dicembre, ore 16.00<br />
Il meridionalismo dal secondo dopoguerra ai nostri giorni<br />
Giovedì 17 dicembre, ore 16.00<br />
Le diverse spiegazioni <strong>del</strong> dualismo economico<br />
18 – 19 dicembre 20<strong>09</strong><br />
LA REPUBBLICA NAPOLETANA DEL 1799<br />
UN BILANCIO STORIOGRAFICO A DIECI ANNI<br />
DELLE CELEBRAZIONI DEL BICENTENARIO<br />
Relazioni di: GUIDO D’AGOSTINO, JOHN A. DAVIS, ANTONINO DE FRANCESCO,<br />
PIETRO GARGANO, LUIGI MASCILLI MIGLIORINI, ANGELO MASSAFRA, ANNA<br />
MARIA RAO, MICHEL VOVELLE
<strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> Mezzogiorno Lunedì <strong>30</strong> Novembre 20<strong>09</strong><br />
LOTTA AI CLAN<br />
Luigi Merola (classe ’72)<br />
Roberto Saviano (classe ’79)<br />
Un prete<br />
scomodo<br />
sotto scorta<br />
Pochi giorni fa don Luigi Merola<br />
era nella sala <strong>del</strong> Mappamondo<br />
di Montecitorio, invitato dal presidente<br />
<strong>del</strong>la Camera Gianfranco<br />
Fini, per raccontare la sua esperienza<br />
nell’universo <strong>del</strong>l’infanzia e dei minori<br />
a rischio. Dal giugno 2007, quando<br />
dopo sette anni di impegno come viceparroco<br />
ha lasciato Forcella «perché un<br />
collaboratore di giustizia <strong>del</strong> clan Mazzarella<br />
aveva raccontato che c’era stato<br />
un piano per uccidermi», don Luigi è<br />
un «prete itinerante» e gira «per le scuole<br />
italiane, su incarico <strong>del</strong> ministero <strong>del</strong>l’Istruzione,<br />
come promotore di legalità»;<br />
ma, chiarisce, «finora non ci ho guadagnato<br />
nulla e, quando e se sarò pagato,<br />
investirò tutto nelle attività per i<br />
miei ragazzi». I suoi ragazzi sono quelli<br />
<strong>del</strong>la fondazione «’A voce d’’e creature»,<br />
nata dopo l’addio a Forcella. La sede<br />
principale è all’Arenaccia, in una villa<br />
confiscata alla camorra, dove un’ottantina<br />
di bambini vengono seguiti nel<br />
doposcuola e coinvolti in attività e iniziative<br />
tese ad allontanarli dalla strada.<br />
Poi ci sono la sede di Pompei, quella<br />
che sta nascendo a Salerno e quella<br />
che, si augura il sacerdote, aprirà a Caserta.<br />
Classe 1972, don Luigi a venticinque<br />
anni inizia il suo percorso a Marano,<br />
dov’è nato e tutt’ora vive, come<br />
viceparroco a Poggio Vallesana,<br />
roccaforte <strong>del</strong> clan Nuvoletta. È<br />
chiaro da subito che è, e sarà, un<br />
prete scomodo , e non solo per la camorra.<br />
Si mette in vista, ha iniziativa,<br />
e spesso usa metodi non proprio<br />
ortodossi. Ed è così che «per punizione»<br />
nel 2000 viene spostato a Forcella:<br />
insieme con un gruppo di famiglie ha<br />
Il 2<strong>01</strong>0 si annuncia ricco di novità<br />
per Banca Promos. È prevista<br />
infatti per il secondo trimestre <strong>del</strong>l’anno<br />
l’apertura di una nuova filiale,<br />
la terza per l’istituto napoletano che da<br />
due anni ha messo in atto una politica<br />
di espansione regionale.<br />
Alla prima filiale, inaugurata a Napoli<br />
nel gennaio 2007, ha fatto seguito nell’aprile<br />
2008 l’agenzia di Salerno. Ed a<br />
queste si aggiungerà un nuovo sportello<br />
ancora a Napoli, in via Tommaso<br />
Campanella a ridosso <strong>del</strong> centrale e<br />
prestigioso viale Gramsci, ad un passo<br />
da via Caracciolo.<br />
“Nel primo semestre <strong>del</strong>l’anno in<br />
corso la Banca ha aumentato <strong>del</strong> 24%<br />
gli impieghi ed intendiamo proseguire<br />
nello sviluppo <strong>del</strong>l’attività creditizia –<br />
spiega Ugo Malasomma, presidente<br />
<strong>del</strong> CdA. Raddoppiando la presenza in<br />
città, vogliamo avvicinarci alla nostra<br />
clientela con l’intento di migliorare il<br />
supporto finanziario e creditizio verso<br />
le piccole e medie imprese, gli artigiani,<br />
i professionisti ed i privati.”<br />
Nel trentesimo anno di attività, inoltre,<br />
Banca Promos trasferirà, in locali<br />
adiacenti alla nuova agenzia la Direzione<br />
Generale e gli uffici amministrativi.<br />
“Da tempo eravamo in cerca di una<br />
sede più ampia – spiega il Presidente–<br />
e pertanto non ci siamo lasciati sfuggire<br />
quest’opportunità”. I locali, con<br />
ingresso da viale Gramsci, si sviluppano<br />
su circa 700 mq e potranno accogliere<br />
i nuovi uffici di Direzione il cui<br />
messo su un comitato per prestare denaro<br />
a parrocchiani in procinto di finire<br />
nella rete <strong>del</strong>l’usura ma, piccolo particolare,<br />
ha dimenticato di chiedere<br />
l’autorizzazione al cardinale. Arrivato a<br />
Forcella promuove attività per il recupero<br />
dei ragazzi a rischio e scaglia parole<br />
durissime contro i clan, prima e dopo<br />
lo sconvolgente omicidio di Annalisa<br />
Durante, che cantava nel coro <strong>del</strong>la<br />
messa dei bambini. Ma usa la sua inarrestabile<br />
parlantina anche per dare filo<br />
da torcere ad amministratori pubblici e<br />
forze <strong>del</strong>l’ordine, segnalando insicurezza,<br />
degrado e abbandono <strong>del</strong> quartiere.<br />
Pochi giorni dopo la morte di Annalisa,<br />
il 6 aprile 2004, don Luigi guida le telecamere<br />
di «Lucignolo» tra le piazze di<br />
spaccio di Forcella. A fine serata due uomini<br />
armati lo attendono a Marano, sotto<br />
la sua abitazione: si infila in una porta<br />
secondaria, è in salvo. È da allora che<br />
il prete vive sotto scorta.<br />
Chiara Marasca<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
organico è cresciuto in funzione <strong>del</strong>lo<br />
sviluppo <strong>del</strong>l’attività.<br />
La banca napoletana, storicamente<br />
attiva sul mercato internazionale dei<br />
capitali, pur mantenendo una posizione<br />
di punta nel settore degli eurobonds,<br />
(nei primi nove mesi <strong>del</strong> 20<strong>09</strong><br />
ha registrato volumi di negoziazione<br />
per oltre 16 miliardi di euro) recentemente<br />
ha allargato la sua offerta, puntando<br />
con crescente impegno ad<br />
aumentare l’attività verso la clientela<br />
privata ed in special modo verso le<br />
piccole e medie imprese.<br />
L’attenzione <strong>del</strong>la banca nei confronti<br />
<strong>del</strong>le attività economiche campane<br />
cresce sta infatti crescendo, come<br />
dimostrano anche alcune iniziative<br />
quali l’adesione a diversi Confidi <strong>del</strong>la<br />
regione Campania, e la convenzione<br />
stipulata lo scorso settembre con il<br />
Comune di Napoli per la concessione<br />
di mutui agevolati per l’acquisto di<br />
immobili comunali.<br />
I risultati, d’altra parte, premiano gli<br />
sforzi fatti: i dati <strong>del</strong> primo semestre<br />
20<strong>09</strong> sono positivi ed evidenziano che,<br />
nonostante il momento di difficoltà<br />
attraversato dall’economia italiana, la<br />
raccolta è in crescita <strong>del</strong> 47% a 21,5<br />
milioni di euro e gli impieghi <strong>del</strong> 24%<br />
a 12,7 milioni di euro. Il patrimonio,<br />
nell’ultimo triennio, si è rafforzato <strong>del</strong><br />
24% e l’utile netto di periodo è superiore<br />
ai 2,3 milioni di euro in netto<br />
aumento rispetto al 2008.<br />
Il coraggio<br />
di chiamarli<br />
per nome<br />
Quando lo incontro al <strong>Corriere</strong> <strong>del</strong><br />
Mezzogiorno, nella primavera <strong>del</strong><br />
2005, Roberto è un ragazzo di venticinque<br />
anni ossessionato dall’urgenza<br />
di scrivere, scrivere, scrivere, per denunciare<br />
dinamiche e volti <strong>del</strong>la camorra campana.<br />
La sua rabbia è palpabile e la sua estrema<br />
concentrazione su questa necessità lo<br />
rende spesso severo, sfuggente nelle conversazioni<br />
su temi leggeri, di certo più adulto<br />
<strong>del</strong>la sua età. Gomorra arriva un anno dopo,<br />
il 9 maggio <strong>del</strong> 2006, e la sera ci ritroviamo a<br />
festeggiarne l’uscita in una pizzeria a Santa<br />
Maria La Nova. A quel tempo la vita di Roberto,<br />
tra Napoli, dove ai Quartieri Spagnoli<br />
divide una casa con altri ragazzi, e Caserta,<br />
dove abita la madre, scorre ancora relativamente<br />
tranquilla; in più d’una occasione, però,<br />
domandando, indagando, curiosando, si<br />
scontra con persone che gli suggeriscono<br />
«caldamente» di cambiare strada.<br />
Uno spontaneo passaparola intanto accompagna<br />
e spinge la diffusione <strong>del</strong> libro e<br />
una Libreria Feltrinelli gremita accoglie la<br />
prima presentazione. A Napoli, in tanti, tra<br />
gli addetti ai lavori, storcono il naso: «In Gomorra<br />
non ci sono rivelazioni». Ma la vera<br />
rivelazione è l’intuizione di chi ha creduto<br />
nella necessità e nell’efficacia di un affresco<br />
globale sul crimine campano, affidato a una<br />
scrittura appassionata e indirizzata a un pubblico<br />
più ampio.<br />
A settembre la svolta: Roberto sale sul palco<br />
<strong>del</strong>la piazza di Casal di Principe e pronuncia<br />
la sua invettiva contro i clan, il suo<br />
«Schiavone, Zagaria, ve ne dovete andare,<br />
non valete niente». Da quel momento in poi<br />
tutto scorre in un vortice, che rapidissimo<br />
risucchia fatti, parole, legami, la sua libertà.<br />
Scatta un allarme per la sicurezza di Roberto,<br />
inizia la vita sotto scorta. Ma subisce un<br />
balzo in avanti, enorme, anche la sua popolarità:<br />
si moltiplicano spazi e occasioni per dire<br />
ciò che pensa, per raccontare come si vive<br />
a Gomorra. Inizia la collaborazione con<br />
l’Espresso e Repubblica, il libro, edito da<br />
Mondadori, diventa un bestseller: vende tre<br />
milioni di copie e viene tradotto in 50 paesi.<br />
Ne vengono tratti uno spettacolo teatrale,<br />
successo al Ridotto <strong>del</strong> Mercadante, e poi un<br />
film diretto da Matteo Garrone (e <strong>del</strong> quale<br />
Roberto firma una sceneggiatura a più mani)<br />
premiato a Cannes con il Grand Prix; poi<br />
arriva l’Accademia dei Nobel, dove Saviano<br />
nel novembre 2008 interviene per un dialogo<br />
con Salman Rushdie; successivamente il<br />
suo secondo libro, La bellezza e l’inferno,<br />
e le due prime serate in Rai con le puntate<br />
speciali di «Che tempo che fa». Gomorra<br />
è un fenomeno, Roberto un simbolo,<br />
ormai internazionale, <strong>del</strong>la lotta<br />
alle mafie. E solo dopo tutto questo<br />
arrivano, due mesi fa, i suoi<br />
trent’anni. In mezzo la vita blindata<br />
e le difficoltà di coltivare, in questo<br />
vortice, una dimensione «normale».<br />
C. M.<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
INFORMAZIONE PUBBLICITARIA<br />
5<br />
NA
6<br />
NA<br />
ECONOMIA<br />
Mariella Bottiglieri (classe ’78)<br />
Giallo Van Gogh, blu shipping<br />
Ecco la capitana coraggiosa<br />
Lina Lucci (classe ’69)<br />
Il giallo lancinante dei Girasoli di Van Gogh;<br />
poi il blu cobalto <strong>del</strong> mare aperto. La<br />
scala cromatica di Mariella Bottiglieri racconta<br />
molto <strong>del</strong>la sua vita. Lei, classe 1978,<br />
è amministratore <strong>del</strong>egato <strong>del</strong>la Giuseppe Bottiglieri<br />
shipping company. Un colosso <strong>del</strong>l’armatoria<br />
che si poggia sulle spalle di una filiforme ragazza<br />
partenopea, che divide la sua vita tra Napoli<br />
e Londra. «Due città che amo moltissimo, e in<br />
maniera uguale. Anche se mi spiace dire che a<br />
Londra mi sento più sicura. La microcriminalità<br />
sta pian piano uccidendo Napoli», afferma.<br />
Di Mariella, il quadro <strong>del</strong>l’artista olandese ci<br />
segnala l’amore per la pittura. «Un hobby che ho<br />
sempre cercato di coltivare con assiduità — dice<br />
— ma che ho dovuto tralasciare per gli impegni<br />
di lavoro sempre più pressanti. L’ultima tela l’ho<br />
dipinto due anni fa, pensi un po’». Il genere? «Il<br />
figurativo», quasi un divertissement d’artista;<br />
ma anche azzardati sconfinamenti. «Mi piace anche<br />
l’astrattismo». Alle pareti di casa una serie di<br />
acquerelli, di cui è innamoratissima. «Li comprai<br />
in un mercatino olandese; li trovai bellissimi<br />
per la <strong>del</strong>icatezza <strong>del</strong> tratto e dei colori. Ma<br />
non sono di un’artista noto». Acquerelli, acqua,<br />
acqua di mare. Qui si gioca la vita professionale<br />
di Mariella, lei una <strong>del</strong>le più giovani donne italiane<br />
al comando di un’impresa armatoriale. Lei la<br />
primogenita <strong>del</strong> comandante Giuseppe Bottiglieri,<br />
imprenditore italiano che opera da quasi quarant’anni<br />
nello shipping, e <strong>del</strong>la professoressa<br />
Ghetty Cozzolino. Rappresenta la sesta generazione<br />
di una famiglia di armatori attiva fin dal<br />
1850. Tra i 6 e i 13 anni ha vissuto in Grecia, dove<br />
il padre aveva temporaneamente trasferito la<br />
propria attività economica nel 1976. Durante la<br />
lunga permanenza all’estero, ha frequentato la<br />
scuola italiana di Atene, per poi conseguire a pieni<br />
voti la maturità classica quando la famiglia è<br />
tornata a Napoli.<br />
Decisa fin da piccola a seguire le orme di suo<br />
padre, con il quale condivide una grande passione<br />
per il mare e per il mondo <strong>del</strong>lo shipping («il<br />
mio ingresso in azienda è avvenuto in modo na-<br />
Dall’elmetto ai vertici Cisl,<br />
una dura(cell) nel sindacato<br />
Lina Duracell Lucci. Già, proprio come le<br />
pile: inesauribile. Per gli amici è semplicemente<br />
iperattiva; per i suoi detrattori<br />
una strega. Lucci è oggi segretaria generale<br />
<strong>del</strong>la Cisl Campania. Ma il suo percorso sindacale<br />
è cominciato nell’86; riassumendo molto:<br />
tutta la trafila nelle Rsu; poi il pubblico impiego;<br />
le Pari opportunità; infine il vertice, prendendo<br />
il posto di Pietro Cerrito verso il quale sente ancora<br />
di avere un debito morale («posso dirlo, è<br />
stato il mio talent scout», riflette).<br />
E’ una donna, la natura le ha riconosciuto gradevolezza<br />
d’aspetto, è giovane (40 anni). Ma si è<br />
sempre mossa in un mondo maschile (anche se<br />
è la seconda di tre sorelle e ha una figlia di 10<br />
anni). Proprio nell’86 entra all’Arsenale <strong>del</strong>l’esercito<br />
di Napoli come allieva operaia. «Elmetto, tuta<br />
blu, scarponi antinfortunistica e lima per rifinire<br />
pezzi meccanici prelavorati», ricorda. «Era<br />
un settore — afferma — che mai si sarebbe potuto<br />
pensare di aprire alle donne». Da allieva fa formazione,<br />
poi arriva il contratto a tempo indeterminato<br />
grazie al quale può pensare ad un impegno<br />
nelle Rsu. Lascia la scuola superiore, ma la<br />
riprende. «Per vincere il concorso — ricorda —<br />
ho dovuto abbandonare il liceo scientifico. Una<br />
volta superato ho ripreso a studiare. Da privatista.<br />
Fino ad arrivare al diploma». E poiché<br />
un’iperattiva non è tale solo di nome, lei s’è messa<br />
a fare tre cose insieme: operaia all’Arsenale di<br />
mattina; studi per la maturità al pomeriggio; pr<br />
per le discoteche la sera. «Un’attività — commenta<br />
— che mi è servita tantissimo e che mi ha<br />
messo in contatto con persone diversissime tra<br />
loro». Dal ‘‘lavoro’’ di pr arrivano i primi veri soldi<br />
guadagnati. «La metà di ogni biglietto staccato<br />
da un mio invitato».<br />
Lucci dall’Arsenale passa al Comando Regione<br />
Sud. Lavoro d’ufficio, diverso da tutto ciò che ha<br />
fatto fino ad allora. Lì inizia ad avere familiarità<br />
con i contratti; familiarità che le servirà quando<br />
turale e lo devo alla grande intelligenza di mio<br />
papà. Non mi ha mai forzato a prendere una decisione,<br />
ma l’ha accettata con gioia perché riteneva<br />
ne avessi le capacità», ha sempre raccontato).<br />
Mariella, prima di tre sorelle, si è iscritta nel<br />
1996 al corso di laurea in Economia marittima e<br />
dei trasporti all’Università Parthenope di Napoli.<br />
Un percorso di studi che ha completato con il<br />
massimo dei voti nel 20<strong>01</strong>, discutendo una tesi<br />
dedicata all’economia <strong>del</strong>l’intermediazione marittima.<br />
Anche la scelta <strong>del</strong>l’argomento di tesi le sarà<br />
fatale. Anni dopo, inconsapevolmente. Visto che<br />
sposa Joe Green che di professione è un intermediario<br />
marittimo per una compagnia inglese con<br />
ufficio a Napoli. «E’ una persona che mi completa<br />
— riflette — avere un lavoro simile crea molta<br />
comprensione fra noi». Il lavoro; certo, per ora è<br />
totalizzante. Come spiegare altrimenti il costante<br />
prolungamento bionico con il Blackberry?<br />
«Sempre acceso — ricorda Mariella —, continuamente<br />
connessa; altalenando fra fusi orari diversi.<br />
Dall’America al Giappone. Il varo di una petroliera<br />
avviene sempre in posti lontanissimi; per<br />
noi <strong>del</strong>la famiglia equivale ad un parto». Cento<br />
in media le telefonate a cui risponde in una giornata.<br />
Entrare nel settore armatoriale e mettersi<br />
alla guida di un mastodonte, evidentemente<br />
non bastava. Mariella Bottiglieri proprio in questo<br />
settore decide di specializzarsi, accettando di<br />
entrare nella squadra di H. Clarksons Ltd, a Londra,<br />
nel Tanker Brokering Department come shipbroker<br />
per la movimentazione di carichi petroliferi<br />
raffinati. Contemporaneamente aggiunge diverse<br />
esperienze formative per approfondire le<br />
sue competenze sullo shipping e sui processi<br />
economici <strong>del</strong>le imprese a conduzione familiare,<br />
conseguendo il master in Shipbrokering and<br />
Chartering (Institute of chartered shipbrokers,<br />
nel 2002), il master in Economia, politiche e diritto<br />
<strong>del</strong> mare (con Confitarma) e il master in<br />
Ship management (University of London, 2003).<br />
Pa. Man.<br />
entrerà in Cisl nella Funzione pubblica. Ma anche<br />
fra stellette e ‘‘presentat arm’’, Lucci lascia il<br />
segno. Sono gli anni in cui si abolisce la leva obbligatoria<br />
e l’esercito opta per il volontariato.<br />
«Mi mettono la mimetica e organizzo una festa<br />
per invogliare i giovani a scegliere l’esercito»,<br />
racconta. «Fra carri armati e aerei ho piazzato dj<br />
e musica da discoteca». Un successo, tanto che<br />
sul campo la promuovono capitano. Difficile per<br />
una donna avvenente un mondo al maschile?<br />
«Difficile — rammenta — perché ho dovuto far<br />
capire che c’erano <strong>del</strong>le regole di convivenza civile<br />
da rispettare. Che mai si sarebbe dovuto andar<br />
oltre. Anche se, è con le donne che ho avuto il<br />
rapporto più complicato. Far comprendere loro,<br />
una volta arrivata nel sindacato, che oltre ad una<br />
bella faccia c’era un cervello».<br />
Oggi è la bellezza che detta legge, il cervello<br />
sta bene nel cassetto. «C’è un riflusso negativo<br />
— riprende Lucci —. I mo<strong>del</strong>li che spacciano prediligono<br />
l’aspetto fisico, le capacità scendono in<br />
secondo piano». Di sua figlia s’è detto («La mattina<br />
quando mi alzo, mi propongo sempre di essere<br />
una buona mamma. Mia figlia mi dice che se<br />
dovessi comportami male, si iscriverà all’Ugl», ricorda<br />
ridendo); il marito è il classico amore giovanile<br />
sfociato in matrimonio. «Massimo è schivo,<br />
introverso. Assolutamente diverso da me».<br />
Spigolando qua e là. Libro sul comodino?<br />
«Tutti gli uomini <strong>del</strong> vicerè. Di romanzi non ne<br />
leggo più da due anni. L’ultimo, quello di Zafon:<br />
L’ombra <strong>del</strong> vento». Canzone <strong>del</strong>la vita? «Every<br />
body wants to rule the world dei Tear for fears.<br />
Ma anche tutto Pino Daniele». Film <strong>del</strong>la vita?<br />
«C’era una volta in America di Sergio Leone». E<br />
se un medico dovesse dirle che per l’intera esistenza<br />
può mangiare una pietanza e una soltanto,<br />
Lucci non ha dubbi: «Ragù napoletano per<br />
sempre». A proposito, se la cercate su Facebook<br />
lei non c’è. «Non ancora, almeno».<br />
Patrizio Mannu<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
Mauro Maccauro (classe ’72)<br />
L’imprenditore siderurgico<br />
che va matto per il... Risiko<br />
Con le sue armate attacca continuamente<br />
la Kamchatka dall’Alaska. E lo fa<br />
sempre di notte nei week end, quando<br />
smette i panni di capitano d’azienda<br />
e dirigente confindustriale per assumere il<br />
ruolo di stratega militare. Anche se soltanto a<br />
Risiko. Mauro Maccauro, classe 1972 da Nocera<br />
Inferiore, settembrino di nascita ma un ariete<br />
quando si tratta di lavorare senza sosta, è praticamente<br />
— senza voler essere blasfemi — uno<br />
e trino. Dall’alba al tramonto, e spesso anche oltre,<br />
regge il timone <strong>del</strong>la Euroflex, l’azienda siderurgica<br />
creata da suo padre Gerardo, insieme<br />
ad altri soci, nel 1967. Di questa industria, con<br />
sede a Mercato San Severino in provincia di Salerno,<br />
Mauro è instancabile direttore generale.<br />
La seconda fase <strong>del</strong> «Maccauro life style» è suddivisa<br />
tra la famiglia, soprattutto i figli Lisa (7<br />
anni) e Gerardo (4 anni), e la presidenza dei giovani<br />
di Confindustria Campania. Il capitolo tre<br />
è, invece, notturno: il sabato si trasforma nel generale<br />
Montgomery e raduna gli amici al tavolo<br />
<strong>del</strong> Risiko. E non ci si alza fino a quando la partita<br />
non è finita. Quasi sempre il giorno dopo.<br />
«Qualche anno fa ebbi in regalo questo gioco al<br />
mio compleanno — racconta — amavo il Risiko<br />
da piccolo e ritrovarmi con dadi e carrarmati<br />
in età non più giovanile scatenò in me una<br />
nuova passione. Così nei week end ci riuniamo<br />
con gli amici, sempre gli stessi, per partite interminabili<br />
ed avvincenti. Non ho hobby particolari,<br />
così il Risiko è diventato la mia distrazione e<br />
il mio divertimento. Ci eravamo un po’ fermati<br />
qualche tempo fa: tutti avevamo i bambini piccoli<br />
e questo portava qualche incombenza sulle<br />
notti al tavolo da gioco. Poi i figli sono cresciuti,<br />
non si svegliano più tanto spesso la notte ed<br />
ora abbiamo ripreso. Addirittura con più determinazione<br />
di prima».<br />
Maturità classica al liceo G. B. Vico di Nocera<br />
Inferiore, poi laurea in Economia «all’Università<br />
di Salerno, sono un prodotto di questo Ate-<br />
Lunedì <strong>30</strong> Novembre 20<strong>09</strong> <strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> Mezzogiorno<br />
neo» dice con un pizzico di orgoglio autarchico,<br />
tempo qualche stage in Italia e all’estero ed<br />
ecco che il giovane Maccauro fila dritto in azienda<br />
a lavorare. «Perchè è sempre stata la mia passione<br />
— rivela l’industriale — faccio davvero<br />
quello che mi piace. Non c’è stato nessun passaggio<br />
traumatico dallo studio al lavoro. Perchè,<br />
dopo la maturità classica, ero tutti i giorni<br />
in azienda a studiare per gli esami universitari.<br />
Fino a tarda sera. Di fatto ho cambiato soltanto<br />
stanza quando mi sono laureato. Già i miei indirizzi<br />
di studio era prefissati per intraprendere<br />
questa carriera. È stata una cosa davvero naturale».<br />
A star fermo non c’è mai riuscito. Perchè oltre<br />
alla famiglia ed al lavoro, Maccauro si è sempre<br />
impegnato nel pubblico. Prima a Nocera Inferiore<br />
si è cimentato con la politica. Diventando<br />
consigliere comunale dal 1995 al 20<strong>01</strong>. «Poi<br />
sentivo che qualcosa mi mancava — racconta<br />
l’imprenditore — ero abituato a lavorare in<br />
azienda ma anche ad avere un impegno sociale<br />
con la politica. A fare qualcosa per il territorio.<br />
Ecco, allora, che è iniziata la mia esperienza confindustriale».<br />
Fino all’ascesa, datata dicembre<br />
2008, <strong>del</strong>la presidenza regionale dei giovani industriali.<br />
«I primi passi li ho mossi a Salerno —<br />
ricorda Maccauro — dove ho potuto constatare<br />
una grande partecipazione <strong>del</strong> gruppo giovani<br />
all’attività associativa. Sono stato prima vicepresidente<br />
e poi presidente dal 2004 al 2008. Immediatamente<br />
dopo ho avuto l’onore di ricoprire<br />
l’incarico di presidente regionale. E’ un impegno<br />
che ho assunto con grande passione. L’attività<br />
confindustriale davvero mi completa la<br />
giornata. Mi alimento grazie al lavoro in azienda<br />
e agli impegni associativi che mi portano a<br />
pensare soprattutto al territorio. Sento davvero<br />
di essere fortunato in tal senso». Anche se qualche<br />
volta perde a Risiko.<br />
Felice Naddeo<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA
<strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> Mezzogiorno Lunedì <strong>30</strong> Novembre 20<strong>09</strong><br />
Giuseppe Mauro Rizzo (classe ’71)<br />
Sulla tolda di un impero<br />
che fattura più di 400 milioni<br />
Per lui il mare rappresenta passione e business.<br />
E Giuseppe Mauro Rizzo ricambia<br />
con amore, vivendo buona parte<br />
<strong>del</strong>l’anno facendosi cullare dalle onde.<br />
Non solo sulle navi <strong>del</strong>la flotta di famiglia, tra<br />
cui spicca la nuovissima nata che prende il suo<br />
nome (una postpanamax bulkcarrier da 87.000<br />
tonnellate varata nei giorni scorsi dai cantieri<br />
statali Hudong di Shanghai), ma anche — anzi<br />
soprattutto — a bordo <strong>del</strong>lo yacht di 27 metri<br />
che ha trasformato in una (spledinda) casa galleggiante.<br />
Ha compiuto 38 anni lo scorso 15 agosto, il<br />
nostro, anche se può già vantare un curriculum<br />
da «vecchio». Nel senso di un pedigree<br />
da imprenditore — e manager, perché è anche<br />
tale — al culmine <strong>del</strong>la carriera. Un concetto,<br />
bisogna dirlo, che vale anche se si guarda oltre<br />
lo shipping, (fiorente) attività che nella sua casa<br />
si pratica già da un pezzo. Fatto sta che Giuseppe<br />
— figlio di Roberto Rizzo, ordinario di<br />
impianti industriali meccanici e <strong>del</strong> cavaliere<br />
<strong>del</strong> lavoro Grazia Bottiglieri — oltre ad essere il<br />
capo degli armatori italiani «under 40», è amministratore<br />
<strong>del</strong>egato e direttore generale <strong>del</strong>la<br />
Rizzo-Bottiglieri-De Carlini (Rbd) spa, azienda<br />
che nel solo 2008 ha fatturato 410 milioni di<br />
euro (<strong>30</strong>0 le persone impiegate per 25 milioni<br />
di tonnellate di merci trasportate). Insomma,<br />
l’industriale (e manager) che ama l’acqua, si<br />
trova in posizione apicale nei gangli <strong>del</strong> colosso<br />
dei mari made in Torre <strong>del</strong> Greco.<br />
Che nel destino di Giuseppe Mauro ci fosse<br />
l’acqua, probabilmente era scritto. Ma forse lui<br />
stesso non immaginava che il business si sarebbe<br />
allargato anche alle... bollicine. E sì, perché<br />
l’industriale napoletano classe 1971 siede anche<br />
nel cda di Sangemini — al cui azionariato<br />
partecipano le famiglia Rizzo, Bottglieri e De<br />
Carlini — vale a dire in gruppo che gestisce lo<br />
sviluppo e la commercializzazione dei marchi<br />
industriali nel canale moderno e tradizionale<br />
(come la stessa Sangemini, Fabia, Fiuggi, Vita<br />
di Sangemini, Effeviva, Amerino), oltre a produzione<br />
conto terzi.<br />
Il presidente <strong>del</strong> gruppo Giovani armatori di<br />
Confitarma (confederazione di cui, peraltro, è<br />
anche membro <strong>del</strong> comitatioe esecutivo) non<br />
si ferma qui. Tra i suoi incarichi c’è anche quello<br />
di amministratore <strong>del</strong>egato <strong>del</strong>la Hotel La<br />
Palma spa, società proprietaria <strong>del</strong>l’omonimo<br />
albergo di Capri — a pochi metri dalla Piazzetta<br />
— il primo sorto sull’isola nel 1822 per ospitare<br />
i viaggiatori <strong>del</strong> grand Tour.<br />
Come detto, però, l’attività principale di Giuseppe<br />
Mauro Rizzo è quella di seguire Rbd;<br />
l’azienda, peraltro, sta portando avanti un programma<br />
di espansione che prevede l’ingresso<br />
in flotta di 20 unità per trasporto di rinfuse secche<br />
e liquide, che si aggiungeranno alle di 5<br />
unità di proprietà e 40 a noleggio attualmente<br />
gestite. E lui, scapolo d’oro, nel (raro) tempo<br />
libero — tra un viaggio in Oriente e uno negli<br />
States — riesce anche a trovare spazio per letture<br />
economiche. L’obiettivo è aggiornarsi sempre.<br />
Un’ambizione che, a guardare i risultati,<br />
trova riscontri (non solo societari). Per esempio,<br />
tra il 2003 e il 2005 gli sono stati assegnati<br />
due importanti premi: quello dedicato a Roberto<br />
Marrama e il “Leonardo”.<br />
Una conversione, quella di Giuseppe Mauro,<br />
che nel 1989 aveva conseguito la maturità classica.<br />
Poi la laurea in Ingegneria meccanica nel<br />
’95 (<strong>11</strong>0 e lode). Giornalista pubblicista, specializzazione<br />
in Scienze Statistiche alla N.Y. University<br />
(1997), dottore di Ricerca in Gestione<br />
<strong>del</strong>la Qualità Totale presso l’Università Federico<br />
II nell’anno 1999/2000. E, infine, docente<br />
nel primo Master per Specialisti in Servizi di Logistica<br />
Integrata e Trasporto Merci presso l’Università<br />
Parthenope di Napoli (2004).<br />
P. G.<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
Da sinistra, in senso orario: Mariella Bottiglieri,<br />
Mauro Maccauro, Gianluigi Cimmino, Silvio Sarno,<br />
Giuseppe Mauro Rizzo e Lina Lucci<br />
Gianluigi Cimmino (classe ’73)<br />
Con intimo, valigie e costumi<br />
ha portato Napoli alla ribalta<br />
Gianluigi Cimmino, classe 1973, è amministratore<br />
<strong>del</strong>egato <strong>del</strong>le aziende<br />
Carpisa e Yamamay. Realtà produttive<br />
che non sono state minimamente<br />
sfiorate dalla crisi perché — come spiega il giovane<br />
manager — sono state da sempre abituate<br />
a fronteggiare un mercato difficile, offrendo<br />
prodotti di alta immagine con un eccellente<br />
rapporto qualità-prezzo.<br />
Il contributo che il giovane manager riconosce<br />
di aver portato in azienda «è la grande energia,<br />
indispensabile oggi per portare avanti discorsi<br />
di un certo tipo. I giovani hanno più sangue<br />
da dare ed è una condizione indispensabile<br />
da offrire oggi al mercato».<br />
Poi c’è una sua visione più internazionale<br />
<strong>del</strong> business, non legata solo al mercato locale.<br />
«E nel mio caso, grande fantasia e una innata<br />
curiosità — aggiunge Cimmino — che mi spinge<br />
a portare avanti progetti anche meno consueti».<br />
Carpisa e Yamamay sono presenti, con i propri<br />
negozi diretti (i prodotti sono venduti in<br />
esclusiva nei monomarca) e in franchising in<br />
una trentina di paesi in Europa, Asia e nel Centro<br />
America. Un mo<strong>del</strong>lo di sviluppo messo a<br />
punto dal capostipite <strong>del</strong>l’azienda, Luciano<br />
Cimmino, papà di Gianluigi che con Original<br />
Marines ha avviato un discorso di vendita attraverso<br />
una rete di franchising che nel tempo è<br />
diventato sempre più sofisticato e adatto a rispondere<br />
alle esigenze di un mercato in trasformazione.<br />
«Papà è un po’ l’ispiratore e il protettore<br />
di noi giovani — ricorda Gianluigi — è<br />
presente in entrambe le aziende ed è un punto<br />
di riferimento in ogni iniziativa e strategia. Ha<br />
creato una classe imprenditoriale specializzata<br />
nel franchising, offerto due nuove opportunità<br />
che hanno allargarso l’offerta di prodotti. E<br />
quella che ha lanciato resta un tipo di distribuzione<br />
che ci ha consentito di arrivare dove siamo<br />
e ci ha protetto dalla crisi. Una formula vincente<br />
e solidissima».<br />
Due marchi, due stimoli diversi per affronta-<br />
Silvio Sarno (classe ’73)<br />
Quando diventò per la prima volta presidente<br />
di Confindustria Avellino, cinque<br />
anni or sono (prese il posto di Gianni Lettieri,<br />
passato a guidare l’associazione di<br />
Palazzo Partanna) era il più giovane leader di<br />
una territoriale collegata alla galassia di Viale <strong>del</strong>l’Astronomia.<br />
Oggi, dopo un lustro, e dopo aver<br />
ottenuto — tra i pochi nella storia confindustriale<br />
— un terzo mandato biennale al timone <strong>del</strong>l’Unione<br />
irpina (anche Lettieri, per la cronaca, ha<br />
fatto lo stesso identico percorso all’ombra <strong>del</strong> Vesuvio),<br />
Silvio Sarno risulta ancora il golden boy<br />
<strong>del</strong>la confederazione al cui vertice siede Emma<br />
Marcegaglia. L’industriale <strong>del</strong> cemento, nato ad<br />
Atripalda il 10 agosto ’73, infatti, con i suoi 36<br />
anni non trova rivali di gioventù al potere.<br />
Sposato con Lucia e padre di due bellissime<br />
bimbe — Maria Cristina e Ginevra — Sarno è il<br />
classico personaggio che dice sempre quello che<br />
pensa («caratteristica che in molti casi — confida<br />
agli amici — mi crea non pochi problemi»).<br />
Eppure nella sua formazione, e lui ci tiene a dirlo,<br />
ha contato molto anche l’amicizia familiare<br />
(«papà è stato sempre un democristiano convinto»)<br />
con Ciriaco De Mita. L’uomo di Nusco, racconta<br />
il presidente di Confinfindustria Avellino,<br />
«era spesso a casa nostra. E io ho sempre ammirato<br />
la sua tranquillità e il suo modo di leggere le<br />
cose. Non solo in politica».<br />
Esponente di terza generazione di una nota saga<br />
imprenditoriale che ha segnato in Irpinia, sin<br />
dagli anni ’50, la storia <strong>del</strong>l’attività di estrazione<br />
di materiale calcareo e successivamente di produzione<br />
di conglomerati bituminosi e cementizi<br />
e <strong>del</strong>le costruzioni, Sarno ha cominciato da giovanissimo<br />
l’impegno aziendale. Per la precisione<br />
dal periodo in cui frequentava ancora i banchi di<br />
scuola.<br />
Diplomatosi presso l’Istituto tecnico per geometri<br />
di Avellino, l’attuale numero uno <strong>del</strong>l’associazione<br />
industriali <strong>del</strong>la provincia di Avellino<br />
ha integrato la formazione, nei cinque anni suc-<br />
re la sfida dei mercati. Per Gianluigi Cimmino<br />
Carpisa è una scommessa interessante da vivere<br />
da napoletano. «Mi affascina l’idea di poter<br />
portare l’azienda da Napoli alla ribalta mondiale,<br />
una vera epropria scommessa imprenditoriale.<br />
Yamamay, però, è un universo affascinante<br />
— ricorda — un marchio che immagino in<br />
futuro utilizzato in diversi settori. E’ una mia<br />
creatura di marketing. E ha un grande vantaggio.<br />
Trattando <strong>del</strong> mondo femminile, <strong>del</strong>la seduzione,<br />
<strong>del</strong>la sensualità, di argomenti insomma<br />
di grande appeal ti permette di dare al marchio<br />
una marcia in più. Di giocare, sperimentare,<br />
rilanciare con stili e suggestioni sempre diverse».<br />
C’è poi la scommessa Jaked, una azienda nella<br />
quale Cimmino è consigliere. E’ il terzo marchio<br />
di famiglia, quello tecnologicamnte avanzato.<br />
Un prodotto italiano con ricerca e know -<br />
how che può competere con le multinazionali.<br />
E’ sponsor <strong>del</strong>la Federazione italiana nuoto<br />
con la quale il rapporto arriverà fino a Londra<br />
2<strong>01</strong>2. «Con i nostri costumi hanno vinto la Pellegrini,<br />
la Filippi. Poi la Federazione ha cambiato<br />
le regole — racconta Cimmino —, forse sulla<br />
spinta di qualcuno impensierito dalle capacità<br />
di un marchio italiano così agguerrito e tecnologico.<br />
Ma noi siamo pronti a lanciare sette<br />
nuove soluzioni diverse. Perché le persone <strong>del</strong><br />
Jaked lab non si fermano». Il legame con lo<br />
sport, nelle aziende Cimmino è fortissimo. Carpisa<br />
e Yamamay sono marchi legati a doppio<br />
filo al nuoto, alla vela, ai campioni internazionali<br />
di diverse discipline. E lasciarsi coinvolgere<br />
in prima persona non è un problema per il<br />
manager napoletano che — per una pubblicità<br />
Carpisa — si è tuffato in piascina vestito di tutto<br />
punto insieme con una valigia e al fianco di<br />
Federica Pellegrini. Perchè non bisogna mai<br />
prendersi troppo sul serio. Anche l’ironia è<br />
un’arma per affrontare il mercato e vincere<br />
nuove sfide.<br />
Anna Paola Merone<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
Il golden boy di Confindustria<br />
con il pallino dei motori<br />
cessivi, con corsi estivi di preparazione all’attività<br />
dirigenziale presso la scuola di Montreaux, in<br />
Svizzera.<br />
Fatto sta che oggi Sarno vanta un impegno diretto<br />
ormai ultradecennale nella responsabilità<br />
d’impresa. Nel tempo, peraltro, ha seguito e diretto<br />
le evoluzioni e il riassetto nell’attuale Calcestruzzi<br />
Irpini spa, holding di famiglia, di cui attualmente<br />
è amministratore unico, guidandola a<br />
un volume d’affari di 34 milioni annui; capitanando<br />
circa <strong>30</strong>0 persone, fra impiegati, manodopera<br />
diretta, indotto e società collegate; e certificandone<br />
l’attività secondo le più rigorose norme<br />
europee.<br />
L’inizio <strong>del</strong>la sua gestione <strong>del</strong>l’azienda, inoltre,<br />
gli consente anche di partecipare attivamente<br />
al sistema associativo, che evidentemente ne<br />
apprezzava e ne apprezza ancora — dopo anni<br />
— le qualità di timoniere (il terzo rinnovo alla<br />
presidenza è arrivato praticamente all’unanimità).<br />
Qualche mese dopo, per la cronaca, Sarno entra<br />
a far parte <strong>del</strong>la giunta nazionale di Viale <strong>del</strong>l’Astronomia.<br />
Chi lo conosce bene lo descrive come un instancabile<br />
sostenitore <strong>del</strong> team building; un leader<br />
confindustriale che tende a chiamare a responsabilità<br />
nuove leve <strong>del</strong> sistema produttivo<br />
irpino e che, dunque, sta provando a innovare le<br />
prassi di selezioni <strong>del</strong>la classe dirigente <strong>del</strong>l’Unione.<br />
Partecipa costantemente a eventi formativi<br />
(ultimo il Word Forum Business di Milano<br />
e a <strong>del</strong>egazioni per missioni internazionali<br />
commerciali e di sviluppo.<br />
Nel privato ama stare insieme agli amici e si<br />
dedica — quando può — a tenersi in forma. Lo<br />
sport, per lui, è quindi soprattutto palestra. Ma<br />
anche passione: tifoso sfegatato <strong>del</strong>l’Inter, ama<br />
anche i motori. Per qualche anno, infatti, ha gestito<br />
un team di tre piloti al Motomondiale (classe<br />
125).<br />
P. G.<br />
7<br />
NA<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA
8<br />
NA<br />
Lunedì <strong>30</strong> Novembre 20<strong>09</strong> <strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> Mezzogiorno
<strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> Mezzogiorno Lunedì <strong>30</strong> Novembre 20<strong>09</strong><br />
PROFESSIONI<br />
Francesco Capalbo (classe ’71)<br />
Carmine Palumbo (classe ’71)<br />
Aiuta i magistrati<br />
a scovare<br />
i danni erariali<br />
Aoggi la sua attività principale è quella<br />
di professore associato di Ragioneria<br />
generale e applicata alla facoltà<br />
di Economia <strong>del</strong>la Seconda Università<br />
di Napoli. E Francesco Capalbo, classe<br />
1971, non dimentica di sottolineare l’importanza<br />
formativa <strong>del</strong>la sua attività universitaria.<br />
«Insegnare — racconta il professore e commercialista<br />
napoletano — mi aiuta a non dare mai<br />
nulla per scontato, mettendo anzi sempre in discussione<br />
anche i concetti apparentemente già<br />
acquisiti. Tra i vantaggi <strong>del</strong>la mia attività didattica<br />
e di ricerca, l’aver recepito negli anni una<br />
impostazione metodologica che mi aiuta a cercare<br />
sempre di arrivare alla struttura dei problemi,<br />
senza lasciarmi ingannare dalla forma<br />
con cui si presentano». Laureatosi nel ’94, con<br />
<strong>11</strong>0 e lode e menzione speciale, Capalbo svolge<br />
oggi diversi incarichi di responsabilità, tra<br />
questi, presso la Corte dei Conti, dal 2003 è<br />
componente <strong>del</strong> comitato scientifico <strong>del</strong> seminario<br />
di formazione permanente sui controlli.<br />
Attività che gli consente di programmare, con<br />
gli altri membri <strong>del</strong> comitato, gli aspetti chiave<br />
<strong>del</strong>la formazione in materia economica e finanziaria<br />
dei magistrati, ad esempio in tema di<br />
controllo <strong>del</strong>le società partecipate e <strong>del</strong>le metodologie<br />
per la quantificazione <strong>del</strong> danno erariale.<br />
«Un compito — sottolinea lo stesso Capalbo<br />
— molto stimolante e ricco di possibilità di<br />
crescita professionale. Confrontarsi con esperti<br />
che hanno una formazione diversa dalla propria,<br />
in questo caso in ambito giuridico, è sempre<br />
motivo di arricchimento. Una buona occasione<br />
per vedere le cose da altri punti di vista».<br />
Fondamentali nel suo percoso formativo le<br />
esperienze di insegnamento e di ricerca al-<br />
Titti Postiglione (classe ’71)<br />
La geologa<br />
diventata<br />
Sua Emergenza<br />
Una scossa di terremoto, un fiume<br />
che esonda, un costone roccioso<br />
che frana: la prima a saperlo in<br />
Italia è lei, Titti Postiglione, responsabile<br />
<strong>del</strong>la sala operativa <strong>del</strong>la Protezione<br />
Civile nazionale. Ed è la prima a sbracciarsi<br />
per mettere in moto la macchina dei<br />
soccorsi. Alzandosi anche tre-quattro volte<br />
ogni notte. Salernitana, trentasette anni,<br />
laureata in geologia, è, come ha detto una<br />
volta il suo capo, il sottosegretario Guido<br />
Bertolaso, la «bandiera <strong>del</strong> nostro dipartimento».<br />
E non solo in senso figurato: all’ultima<br />
sfilata <strong>del</strong>la Festa <strong>del</strong>la Repubblica è<br />
toccato infatti a lei far sventolare il tricolore.<br />
Esile nel fisico ma dalla volontà d’acciaio,<br />
Titti Postiglione da bambina voleva fare<br />
l’archeologa ed era destinata ad una brillante<br />
carriera da scienziata se non avesse preso<br />
parte ad uno dei primi corsi in Italia per tecnici<br />
di protezione civile. «Dopo la laurea all’Università<br />
di Napoli mi sono appassionata<br />
ai vulcani - racconta - e per il dottorato di<br />
ricerca stavo studiando il Vesuvio. Avevo<br />
<strong>del</strong> tempo a disposizione prima di discutere<br />
la tesi <strong>del</strong> dottorato e decisi di partecipare<br />
ad un corso a Fabriano per tecnici di protezione<br />
civile, una figura che allora non esisteva».<br />
Sei anni da precaria l’hanno aiutata nella<br />
formazione e l’hanno fortemente determinata<br />
a fare un lavoro che oggi l’ha portata<br />
ad essere la più giovane responsabile di sala<br />
operativa in tutta Europa, a capo di una<br />
trentina di persone che rappresentano tutte<br />
le strutture operative nazionali, dai carabinieri<br />
alle guardie costiere. Dalle certezze in-<br />
l’estero, tra queste (nel 2000) come visiting<br />
professor alla scuola di business <strong>del</strong>l’Università<br />
di Birmingham, poi presso la scuola di business<br />
di Goteborg, e il dipartimento di Accountancy<br />
and Business law <strong>del</strong>l’Università degli<br />
studi di Sydney, New South Wales (Australia).<br />
«Sono convinto che anche la mia professione<br />
di commercialista abbia inciso molto positivamente<br />
sul ruolo accademico. Sia nei termini in<br />
cui ha apportato casistica e visione pratica alle<br />
mie lezioni, sia nei termini in cui ha contribuito<br />
ad orientare la mia ricerca verso problematiche<br />
effettivamente percepite come tali anche<br />
dagli operatori <strong>del</strong> mondo economico. Due su<br />
tutte, la definizione di sistemi di reporting che<br />
permettano un più efficace monitoraggio <strong>del</strong>la<br />
spesa pubblica e lo sviluppo di mo<strong>del</strong>li in grado<br />
di far emergere con maggiore tempestività<br />
le situazioni di insolvenza <strong>del</strong>le società di capitali».<br />
Il domani? Capalbo vorrebbe vedere il futuro<br />
in mano alle giovani leve alle quali oggi<br />
insegna. Come dire, da professore universitario<br />
la sua scommessa per il futuro è su una preparazione<br />
di qualità, da libero professionista,<br />
la speranza di riuscire a contribuire alla creazione<br />
dei presupposti che permettano alle future<br />
eccellenze di crescere senza dover necessariamente<br />
trasferirsi altrove.<br />
Raffaele Nespoli<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
controvertibili <strong>del</strong>la scienza è così passata<br />
al campo imponderabile <strong>del</strong>le calamità naturali<br />
con un bagaglio di conoscenze, però,<br />
che l’hanno aiutata a «passare dall’altra parte».<br />
Il suo lavoro è massacrante, non conosce<br />
orario nè ferie. Ne sanno qualcosa i terremotati<br />
<strong>del</strong>l’Abruzzo che l’hanno vista accanto<br />
a loro nei lunghi mesi <strong>del</strong>l’emergenza.<br />
Mai un momento di stanchezza o di abbattimento.<br />
Prima ancora Titti Postiglione<br />
si era fatta apprezzare per la gestione dei funerali<br />
di papa Giovanni Paolo II, un evento<br />
di proporzioni straordinarie con tre milioni<br />
di persone e una città paralizzata. «La gente<br />
- ripete Sua Emergenza - deve avere sempre<br />
fiducia in noi, è la conquista più importante<br />
per noi operatori di protezione civile, noi<br />
ci mettiamo la faccia, ci prendiamo le nostre<br />
responsabilità ed è giusto che sia così».<br />
Fino a qualche mese fa Titti Postiglione<br />
era nota solo agli addetti ai lavori. È stata la<br />
puntata «riparatrice» <strong>del</strong> salotto televisivo<br />
di Anno Zero sulla protezione civile in<br />
Abruzzo a farla conoscere a tutti: è intervenuta<br />
con piglio deciso, mostrando la serenità<br />
di chi non ha nulla da nascondere o di<br />
cui rimproverarsi. E come si dice in gergo<br />
ha subito bucato il video. L’Italia <strong>del</strong> fare ha<br />
il volto pulito di Titti Postiglione.<br />
Gabriele Bojano<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
Grazie a lui<br />
il Vulcano (buono)<br />
erutta milioni<br />
Una bella responsabilità. E sì, perché<br />
Carmine Palumbo, 38 anni,<br />
manager napoletano specializzato<br />
in start up di grandi centri commerciali,<br />
dal primo settembre scorso ha preso<br />
il posto di Gianni Punzo sulla poltrona di<br />
amministratore <strong>del</strong>egato <strong>del</strong>la Vulcano spa.<br />
Vale a dire la società — il cui azionariato è<br />
diviso tra Cis Shopping (la costola <strong>del</strong> colosso<br />
di Nola detiene il 55% <strong>del</strong>le quote) e Gallerie<br />
Commerciali Italia (l’immobiliare <strong>del</strong><br />
gruppo Auchan controlla il 45%) — che gestisce<br />
il Vulcano Buono. Un centro servizi il cui<br />
giro di affari, nel 2008, è stato pari a circa 190<br />
milioni di euro, Cifra che, se si guarda all’anno<br />
in corso, è attesa addirittura in aumento<br />
<strong>del</strong> 4%. Il numero di visitatori <strong>del</strong>la struttura<br />
amministrata da Palumbo — tornando al<br />
2008 — è stato calcolato in circa 9 milioni,<br />
Donato Triggiani (classe ’74)<br />
Il cardiochirurgo<br />
allevato alla scuola<br />
dei «bisturi d’oro»<br />
Quando era uno dei tanti studenti<br />
iscritti al quarto anno di Medicina,<br />
entrò per la prima volta in vita sua in<br />
un reparto di cardiochirurgia: «Mi<br />
colpì subito la precisione dei gesti, il carico<br />
di responsabilità, il bagaglio di conoscenze<br />
che doveva avere l’operatore. Ecco, è in quel<br />
giorno che ho deciso che da grande sarei diventato<br />
un cardiochirurgo». E Donato Triggiani,<br />
napoletano nato a Bristol «per caso»,<br />
cardiochirurgo lo è diventato davvero. Classe<br />
1974, compirà 36 anni il prossimo 5 gennaio,<br />
e da cinque è «dirigente medico» di<br />
una <strong>del</strong>le strutture d’eccellenza italiane, quella<br />
<strong>del</strong>l’azienda ospedaliera universitaria San<br />
Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona di Salerno,<br />
diretta da Giuseppe Di Benedetto, cardiochirurgo<br />
considerato tra i migliori d’Italia. E<br />
con un trend di crescita per il 20<strong>09</strong> <strong>del</strong> 7%. Il<br />
numero di addetti complessivi — comprensivo<br />
<strong>del</strong>l’indotto — è pari a 1600 unità.<br />
Una responsabilità davvero importante,<br />
dunque. Ma Carmine Palumbo, che da poco<br />
ha trovato casa al Vomero («sono nato in città<br />
ma poi, presto, mi sono trasferito con la<br />
famiglia a San Giorgio a Cremano, dove ho<br />
vissuto fino ai 26 anni, ossia dal momento in<br />
cui ho cominciato a girare l’Italia per lavoro»)<br />
sembra avere le spalle larghe. Non certo<br />
per il fisico da cestista che si ritrova («sì, ero<br />
una discreta ala forte»), bensì per la brillante<br />
laurea conseguita alla Federico II — facoltà<br />
di Economia e Commercio con indirizzo gestionale<br />
— conseguita con <strong>11</strong>0/<strong>11</strong>0 e, forse<br />
soprattutto, grazie a dodici anni di esperienza<br />
nel settore. «Ho partorito ben undici bambini<br />
— spiega ridendo —. Sono i centri commerciali<br />
che ho avviato da una parte all’altra<br />
<strong>del</strong> Paese».<br />
In effetti dando una scorsa al suo curriculum<br />
c’è — come si dice — parecchia carne<br />
a cuocere: prima di arrivare al vertice <strong>del</strong>la<br />
Vulcano spa, Palumbo infatti vanta importanti<br />
trascorsi nel gruppo Pam — divisione Real<br />
Estate — dove ha curato lo start up <strong>del</strong> più<br />
grande centro commerciale <strong>del</strong>la Capitale,<br />
Roma Est, («210 negozi; all’interno c’era anche<br />
il primo store Apple, nel senso <strong>del</strong>la prima<br />
struttura gestita direttamente dalla casa<br />
madre di Cupertino»); quindi passa in Cogest<br />
Italia, dove con la qualifica di responsabile<br />
dei centri commerciali area Centro-Sud<br />
Italia avvia il primo grande centro commerciale<br />
<strong>del</strong>l’area campana, nel 1999, Le Porte di<br />
Napoli di Afragola.<br />
«Per la verità — precisa ancora Palumbo<br />
— ho avuto anche esperienze nel mondo creditizio,<br />
con il gruppo Duetsche Bank». Insomma,<br />
un uomo tutto casa e lavoro? «Effettivamente<br />
dedico gran parte <strong>del</strong> mio tempo all’attività<br />
che svolgo. Ma per la lettura, ad esempio,<br />
riesco a ritagliarmi qualche spazio». E<br />
chiosa: «L’ultimo libro letto? La chiave di hiram,<br />
un bel volume sulla massoneria».<br />
P. G.<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
ai maestri «famosi» Donato Triggiani c’è abituato.<br />
Figlio d’arte (il padre è chirurgo), da<br />
studente chiede che nell’ambito <strong>del</strong> progetto<br />
Erasmus gli venga assegnata la sede di Parigi,<br />
dove studia alla scuola di cardiochirurgia<br />
<strong>del</strong>l’ospedale Henry Mondor diretta dal professor<br />
Daniel Loisance. Laureato in Medicina<br />
a 24 anni all’università Federico II di Napoli,<br />
subito dopo entra alla scuola di Nicola Spampinato,<br />
altro nome che pesa <strong>del</strong>la cardiochirurgia.<br />
Specializzazione che l’«allievo» conseguirà<br />
nel 2003, un anno prima di essere chiamato<br />
a Salerno nella «struttura complessa di<br />
cardiochirurgia» guidata dal professore Giuseppe<br />
Di Benedetto, uno che punta tutto su<br />
tecnologie e alte specializzazioni, e che lo sceglie<br />
come suo «aiuto» in sala operatoria.<br />
Quattro anni dopo, quello che gli amici chiamano<br />
«l’allegro chirurgo» ha fatto esperienza<br />
e strada. È uno dei pochissimi che, nel<br />
2008, consegue il dottorato di ricerca in «Fisiopatologia<br />
clinica e medicina sperimentale»<br />
al corso diretto dal professor Gianni Marone.<br />
E, nello stesso anno, il primario decide<br />
che ormai è venuto il tempo di affidare al<br />
suo «aiuto» un incarico professionale dal nome<br />
complesso: Valutazione perioperatoria e<br />
dimissioni dei pazienti cardiochirurgici.<br />
Fuor di linguaggio medico, significa che Donato<br />
Triggiani è chiamato ad assistere il primario<br />
nella gestione <strong>del</strong>le problematiche relative<br />
all’intero ciclo ospedaliero <strong>del</strong> paziente:<br />
ricovero, intervento, dimissioni. I suoi lavori,<br />
trentadue, nel frattempo vengono pubblicati<br />
su riviste specialistiche come Cardiovascular<br />
surgery (Escvs), Texas heart institute<br />
journal, Journal of thoracic and cardiovascular<br />
surgery, e il suo nome compare nell’elenco<br />
<strong>del</strong>la «Società italiana dei chirurghi<br />
universitari», in quello <strong>del</strong>l’«Associazione<br />
campana giovani chirurghi» e nel team <strong>del</strong><br />
Cardiothoracic surgery network. Pendolare<br />
<strong>del</strong> bisturi (non si è mai trasferito a Salerno)<br />
e jogger incallito (appena può indossa la tuta<br />
e si fa un’ora di corsa a via Caracciolo), nella<br />
vita ha tre passioni: «Il gommone d’estate, lo<br />
sci d’inverno e radio Deejay tutto l’anno».<br />
Gianluca Abate<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
9<br />
NA
10<br />
NA<br />
POLITICA<br />
Enzo Amendola (classe ’73)<br />
Mara Carfagna (classe ’75)<br />
Il Pd riparte<br />
con un «austriaco»<br />
che ama Napoli<br />
In meno di tre anni si è scrollato di dosso il fastidioso appellativo<br />
di «austriaco». E in meno di tre anni è diventato<br />
due volte segretario regionale, prima dei Ds, poi <strong>del</strong> Pd, e<br />
due volte componente <strong>del</strong>le segreterie nazionali dei due<br />
partiti. Enzo Amendola è un mix di fermezza e competenza mitteleuropee,<br />
di sano individualismo italiota e di ciorta napoletana.<br />
È l’uomo giusto al posto sempre giusto. Tranne in un caso,<br />
forse. Quando si è trovato a Belgrado, senza elettricità, sotto i<br />
bombardamenti <strong>del</strong>la Nato. Ma anche quello fa curriculum.<br />
Caso, in politica più unico che raro, di cervello in fuga tornato<br />
in patria, Amendola si è fatto le ossa in giro per il mondo.<br />
Classe ’73, è figlio di Napoli, di Porta Capuana per la precisione.<br />
A sedici anni comincia a frequentare la politica grazie al<br />
movimento anticamorra, humus fertile in cui è cresciuta un’intera<br />
classe dirigente campana. A diciotto viene eletto per i Ds<br />
capogruppo nella circoscrizione <strong>del</strong> centro storico. Poi responsabile<br />
esteri <strong>del</strong>la Sinistra giovanile e via, in Austria per cinque<br />
anni, segretario generale dei Giovani socialisti. Il resto è cronaca<br />
di questi ultimi anni. Si definisce «liberalprogressista con<br />
un retroterra socialista», tra le sue passioni la musica di Bruce<br />
Springsteen e di Eric Clapton, la lettura di Philip Roth e<br />
Abraham Yehoshua, la cucina, si dice che prepari una pasta e<br />
fagioli con le cozze strepitosa. Da grande voleva fare il giornalista<br />
(sindrome tipica dei politici, ricambiata dai giornalisti) e<br />
sognava una vita avventurosa (come se doversi districare tra<br />
Bassolino e De Luca non fosse abbastanza dangerous). Parla tre<br />
lingue straniere e il viaggio è una costante <strong>del</strong>la sua vita (soprattutto<br />
nel pieno <strong>del</strong>le crisi politiche). Il posto più bello che<br />
ha visitato è Gerusalemme, tra gli uomini politici che ha incontrato<br />
Arafat, Perez, i maggiori presidenti sudafricani e sudamericani,<br />
ma è il presidente <strong>del</strong> Brasile, Lula, quello che lo ha colpito<br />
di più.<br />
Dalemiano, è assai ambizioso e considera la corsa per le regionali<br />
come una partita a scacchi. «C’è bisogno <strong>del</strong>la mossa<br />
<strong>del</strong> cavallo», ha detto alla prima assemblea regionale <strong>del</strong> Pd.<br />
Dunque è necessaria una mossa a sorpresa. Finora in campo ci<br />
sono il sindaco Vincenzo De Luca e l’assessore regionale Ennio<br />
Cascetta. Tra i due litiganti un terzo nome, che sparigli, potrebbe<br />
essere la strada amendoliana. La mossa <strong>del</strong> cavallo per fare<br />
scacco matto.<br />
Simona Brandolini<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
Mo<strong>del</strong>lo Thatcher<br />
per la ministra<br />
«sempre prima»<br />
Non fa mistero che il mo<strong>del</strong>lo di governante al quale si<br />
ispira sia Margaret Thatcher, come ha scritto nel libro<br />
«Stelle di destra». E che sia una «donna di ferro»<br />
l’ha dimostrato fin da ragazzina, primeggiando sempre<br />
in tutto ciò che intraprendeva. L’orgoglio di mamma e papà:<br />
dalla danza (si è perfezionata alla scuola di Martha Graham a<br />
New York) al nuoto (ha vinto un campionato regionale), dalla<br />
musica (è diplomata in pianoforte) allo studio (è laureata in Giurisprudenza<br />
con <strong>11</strong>0 e lode e plauso <strong>del</strong>la commissione). Nella<br />
sua «vita precedente», come con un pizzico di civetteria ama definirla,<br />
Maria Rosaria Carfagna, nata a Salerno il 18 dicembre<br />
1975, è stata reginetta di concorsi di bellezza (sesto posto a Miss<br />
Italia nel 1997) e conduttrice televisiva («La domenica <strong>del</strong> villaggio»<br />
con Davide Mengacci e «Piazza grande» con Giancarlo Magalli).<br />
Mai un ruolo da soubrette, come viene spesso scritto<br />
quando la si vuole ingiustamente sminuire. Né di lei in giro esistono<br />
foto sexy a parte quelle di un calendario glamour che oggi<br />
potrebbe essere affisso in un collegio di educande. Insomma, la<br />
ministra alle Pari opportunità Mara Carfagna se non una Maria<br />
Goretti, come ha detto una volta il premier, è una giovane donna<br />
discreta e sensibile. Lontana dagli eccessi ai quali ci sta abituando<br />
non solo lo star-system ma anche l’attuale establishment<br />
politico. Chi la conosce bene — e chi scrive può vantare il<br />
primato di averla intervistata per primo — quando all’età di sedici<br />
anni disse no a Tinto Brass che la voleva in un film, sa che è<br />
estremamente riduttivo catalogarla sotto la voce «belle donne».<br />
Come ha fatto il quotidiano popolare tedesco Bild che l’ha definita<br />
«la ministra più bella <strong>del</strong> mondo». Mara Carfagna preferirebbe<br />
essere apprezzata per il senso <strong>del</strong> dovere e la volontà ferrea,<br />
doti che le hanno inculcato i genitori: madre insegnante e padre<br />
preside <strong>del</strong> glorioso liceo classico «Tasso» di Salerno. Preferirebbe<br />
essere ricordata per quello che ha fatto da quando l’8 maggio<br />
2008 è diventata ministra, dopo essere stata parlamentare di Forza<br />
Italia: la legge sullo stalking per perseguire chi compie atti di<br />
persecuzione ma anche quella contro la prostituzione che colpisce<br />
le organizzazioni criminali che riducono le donne in schiavitù.<br />
E poi il progetto degli asili nido aziendali nella pubblica amministrazione,<br />
il numero verde sulle mutilazioni genitali femminili,<br />
la campagna contro l’omofobia e qualsiasi forma di discriminazione.<br />
E la chiamate ancora soubrette?<br />
Gabriele Bojano<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
Lunedì <strong>30</strong> Novembre 20<strong>09</strong> <strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> Mezzogiorno<br />
Qui sopra, Mara Carfagna<br />
In alto, Enzo Amendola<br />
A destra, in alto, Nunzia De Girolamo<br />
Sotto, Ivano Russo
<strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> Mezzogiorno Lunedì <strong>30</strong> Novembre 20<strong>09</strong><br />
Nunzia De Girolamo (classe ’75) Ivano Russo (classe ’78)<br />
Con una pigotta<br />
diventò la più giovane<br />
tra i fondatori <strong>del</strong> Pdl<br />
Èstata lei a convincere Silvio Berlusconi a scendere nel<br />
Sannio per concludere una manifestazione politica <strong>del</strong><br />
Pdl. Trentaquattro anni appena compiuti, la deputata beneventana<br />
Nunzia De Girolamo è la prima di tre sorelle.<br />
Figlia <strong>del</strong> direttore <strong>del</strong>la Cantina <strong>del</strong> Taburno, ha dimostrato fin<br />
da piccola l’attitudine naturale a essere una prima <strong>del</strong>la classe.<br />
Ha compiuto gli studi classici nella sua città natale, poi il trasferimento<br />
a Roma per seguire il corso di laurea in Giurisprudenza a<br />
La Sapienza. Si è laureata a ventiquattro anni con una tesi in diritto<br />
amministrativo. Poi il dottorato di ricerca a Campobasso sugli<br />
aspetti societarie <strong>del</strong>l’economia aziendale. Ha collaborato come<br />
assistente di diritto pubblico e diritto commerciale con l’Università<br />
<strong>del</strong> Sannio. Nel frattempo iniziava la professione di avvocato<br />
nel capoluogo sannita in associazione con altri due colleghi. I primi<br />
passi in politica all’inizio degli anni Duemila, tra i giovani di<br />
Forza Italia. Motivata, determinata, volitiva, viene presto notata<br />
dai dirigenti regionali <strong>del</strong> partito: diventa coordinatore provinciale<br />
<strong>del</strong> movimento giovanile. Qualche anno dopo una candidatura<br />
(«serviva però solo per riempire la lista») al consiglio comunale<br />
di Benevento. La svolta con l’incontro con Berlusconi e Bondi. In<br />
occasione <strong>del</strong> comizio napoletano tenuto in piazza dei Martiri dal<br />
premier, all’epoca impegnato a promuovere la nascita <strong>del</strong> partito<br />
unico <strong>del</strong> centrodestra, i giovani azzurri beneventani regalarono<br />
al Cavaliere una pigotta, cioè la bambola di pezza <strong>del</strong>l’Unicef, ribattezzata<br />
«Libertà», con una lettera allegata che suscitò la curiosità<br />
di Bondi che volle incontrare Nunzia. La ragazza portò con sé<br />
un book. Che però non conteneva fotografie, bensì ritagli di giornali<br />
che riguardavano le iniziative già svolte. Un secondo incontro<br />
con Berlusconi in persona, Gianni Letta, Paolo Bonaiuti e altri<br />
big <strong>del</strong> partito. È stata la più giovane tra i fondatori <strong>del</strong> Pdl, un<br />
ottimo viatico per il successivo inserimento in posizione utile<br />
nella lista per la Camera. Lo scorso <strong>11</strong> ottobre è stata lei a fare gli<br />
onori di casa quando Berlusconi ha concluso a Benevento la kermesse<br />
politica «Col Sud si vince». Ama moltissimo viaggiare, adora<br />
soprattutto l’Africa. Tra le sue grandi passioni le immersioni<br />
subacquee. È molto attratta dall’arte contemporanea, sicché<br />
quando è in giro non perde mai l’occasione di visitare mostre ed<br />
esposizioni. Adora i gatti piuttosto che i cani, ha una gattina che<br />
le sue sorelle minori, Francesca e Graziana hanno battezzato Micia.<br />
Dall’inizio <strong>del</strong>la scorsa estate non è più fidanzata.<br />
Gimmo Cuomo<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
Il Napolitano boy<br />
che piace<br />
anche agli industriali<br />
tassello (per ora) di una brillante carriera<br />
che spazia tra il mondo politico e quello manageriale,<br />
è stato posto appena qualche giorno fa. Ivano<br />
L’ultimo<br />
Russo, napoletano (di Fuorigrotta) classe 1978, è<br />
stato chiamato da Dario Nar<strong>del</strong>la — vicesindaco di Matteo Renzi<br />
a Firenze — a svolgere il ruolo di consigliere economico per il<br />
rilancio <strong>del</strong> capoluogo toscano. «Quasi un segno <strong>del</strong> destino<br />
per uno come me da sempre tifosissimo <strong>del</strong>la squadra viola».<br />
Niente paura, non è un addio alla città natia. «Napoli è e resta<br />
il mio quartier generale». Del resto è sotto il Vesuvio che Russo<br />
svolge le principali attività: «Sono direttore generale di Mezzogiorno<br />
Europa (nata nel 1999 su impulso di Giorgio Napolitano)<br />
e coordinatore partenopeo <strong>del</strong>la fondazione Italianieuropei»,<br />
nel cui board siede insieme con Massimo Alema e Giuliano<br />
Amato. E non è finita. Russo ha estimatori anche nel sistema<br />
produttivo: Gianni Lettieri, presidente di Confindustria Napoli,<br />
lo ha chiamato alla <strong>direzione</strong> <strong>del</strong> Centro studi di Palazzo Partanna<br />
e Pierluigi Celli gli ha offerto una collaborazione con la Luiss.<br />
Insomma, a soli 31 anni, ce n’è già per (quasi) tutti i gusti.<br />
Nonostante questo, però, e va detto con chiarezza, il nostro ha<br />
fatto molta gavetta. Politica e fomativa. Nel 1994, a soli 16 anni,<br />
già era in campo («facevo volantinaggio») per i progressisti <strong>del</strong>la<br />
sezione Fuorigrotta-Bagnoli. «Era l’anno in cui il candidato<br />
di collegio era Giorgio Napolitano». Dell’attuale Capo <strong>del</strong>lo Stato<br />
è stato successivamente assistente parlamentare a Bruxelles.<br />
Poi tante — e spesso scomode — battaglie congressuali «da riformista<br />
convinto» nei vari partiti che si sono tramandati fino<br />
al Pd («al quale non sono iscritto»). «Uno dei miei riferimenti è<br />
Andrea Geremicca, con cui ho un rapporto splendido. Come un<br />
rapporto splendido conservo con il Presidente. Ci vediamo spesso,<br />
anche al Quirinale: resta il mio faro».<br />
C’è anche un percorso formativo di tutto riguardo nel curriculum<br />
di Ivano Russo. Diplomato al Mercalli, si laurea in Scienze<br />
politiche alla Federico II: «Discussi la tesi, sulla politica estera<br />
<strong>del</strong> Parlamento europeo, con Matteo Pizzigallo, storico <strong>del</strong><br />
Mediterraneo». Dottore di ricerca («ho collaborato con il Suor<br />
Orsola») e autore di numerose pubblicazioni («le ultime per il<br />
San Pio V di Roma») è esperto di storia <strong>del</strong>le relazioni internazionali,<br />
soprattutto quelle italo-francesi. In economia si rifà al<br />
pensiero di Giavazzi e Alesina.<br />
Paolo Grassi<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
<strong>11</strong><br />
NA
12 Lunedì <strong>30</strong> Novembre 20<strong>09</strong> <strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> Mezzogiorno <strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> Mezzogiorno Lunedì <strong>30</strong> Novembre 20<strong>09</strong><br />
13<br />
NA NA<br />
CREATIVITÀ<br />
Giuseppe Attolini (classe ’71) Matilde Durante (classe ’81) Luca Rubinacci (classe ’81) Francesco Scognamiglio (classe ’75)<br />
Con ago e forbici<br />
alla conquista<br />
<strong>del</strong> mondo<br />
Giuseppe Attolini, classe 1971, è entrato<br />
nell’azienda di famiglia a 18 anni. Ma fin<br />
dai 16 ha lavorato a fianco al padre durante<br />
l’estate. Terza generazione <strong>del</strong>la sartoria<br />
Attolini, insieme con il fratello Massimiliano, ha<br />
dato una svolta rispetto al passato promuovendo<br />
una moda classica ma con spinte più moderne, senza<br />
mai perdere di vista la classe. E con idee sempre<br />
chiarissime. La rete di distribuzione, ad esempio.<br />
L’azienda lavora soprattutto sull’export. L’80 per<br />
cento <strong>del</strong>le produzioni è infatti riservato ai mercati<br />
stranieri. Gli Stati Uniti, l’Europa e gli Emirati Arabi<br />
con una attenzione speciale a Dubai. Ma Giuseppe<br />
vuole concentrarsi anche su altri fronti. Il suo pallino<br />
è infatti presentare ai clienti le collezioni in una<br />
cornice sublime. Dove possibile, andare oltre i corner<br />
— seppur prestigiosissimi — di negozi selezionati<br />
in tutto il mondo. E la recentissima inaugurazione<br />
di uno showroom elegantissimo, in via Filangieri<br />
a Napoli, ben rappresenta questa spinta verso<br />
il futuro. Sono i monomarca, infatti, il nucleo centrale<br />
<strong>del</strong>la crescita <strong>del</strong>l’azienda. E dopo Napoli —<br />
ondeggiamenti dei mercati internazionali permettendo<br />
— si arriverà a New York, Mosca e Londra.<br />
Intanto i fatturati parlano con chiarezza. Il trend di<br />
crescita è attestato su una media superiore al 20 per<br />
cento l’anno. Merito <strong>del</strong> lavoro che — ago e forbici<br />
— viene fatto ancora a mano su tessuti che arrivano<br />
prevalentemente da Scozia e Inghilterra e <strong>del</strong>le<br />
interessanti introduzioni sul fronte <strong>del</strong> total look. È<br />
questa la <strong>direzione</strong> impressa dal giovane Attolini. E<br />
indietro non si torna.<br />
A. P. M.<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
Una designer<br />
apre le porte<br />
sul lusso<br />
Matilde Durante, 28 anni, è la responsabile<br />
Design & Innovation <strong>del</strong> gruppo Nusco<br />
porte. Laureata in Ingegneria Aerospaziale<br />
e con alle spalle numerose<br />
esperienze aziendali, svolge per l’azienda l’attività<br />
di designer curando sia la progettazione sia la realizzazione<br />
tecnica <strong>del</strong> prodotto. La sua sfida è quella di<br />
coniugare le qualità formali ed estetiche di una porta<br />
attraverso la conoscenza e l’uso di materiali, tecnologie<br />
e processi di produzione. Dal suo estro e dalla<br />
sua visione creativa è nata la collezione Nusco Porte<br />
più prestigiosa ed innovativa, la Linea Diamonds,<br />
che segna il debutto <strong>del</strong>l’azienda nell’esclusivo mercato<br />
<strong>del</strong> lusso e che rappresenta il frutto concreto<br />
<strong>del</strong>la ricerca e <strong>del</strong>la sperimentazione di nuove frontiere<br />
espressive per il settore porta.La Linea Diamonds<br />
rappresenta quindi una proposta innovativa nel<br />
mercato di riferimento, presentando la porta non solo<br />
come complemento puramente funzionale ma come<br />
oggetto d’arredo centrale che combina design e<br />
arte e che si posiziona negli spazi, da protagonista,<br />
ridefinendone gli equilibri. Pensate per una clientela<br />
esigente e sicuramente alla ricerca <strong>del</strong>l’esclusività,<br />
le porte Diamonds sono adatte a location che impongono<br />
scelte d’arredo non convenzionali — dimore<br />
esclusive, yacht, hotel de charme e luxury resort<br />
— abbinando il lusso con uno stile misurato. Insomma<br />
il fatturato di grande livello <strong>del</strong>l’azienda campana<br />
ruota anche intorno all’intuizione <strong>del</strong>la giovanissima<br />
designer che ha intuito la possibilità di giocare<br />
con un elemento d’arredo rilanciando verso una dimensione<br />
preziosa.<br />
A. P. M.<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
A lato,<br />
Matilde<br />
Durante<br />
Sopra,<br />
Giuseppe<br />
Attolini<br />
L’editoriale<br />
PERCHÉ CREDO NEI GIOVANI<br />
di ENZO GIUSTINO<br />
SEGUE DALLA PRIMA<br />
I paesi <strong>del</strong>l’Opec, principali detentori <strong>del</strong>le<br />
risorse petrolifere, intendevano imporre all’intera<br />
economia mondiale le proprie condizioni.<br />
Schreiber in un suo famoso libro —<br />
«La sfida mondiale» — citò il documento di<br />
Taif, con cui veniva definito un accordo tra<br />
paesi produttori di petrolio, addirittura per<br />
dar vita a un nuovo ordine mondiale.<br />
Le reazioni a tutto questo furono sostanzialmente<br />
due. La prima, costituita dall’inconvertibilità<br />
<strong>del</strong> dollaro, in deroga agli accordi<br />
di Bretton Woods, con cui veniva garantito<br />
l’equilibrio monetario internazionale.<br />
La seconda, costituita dalla reazione <strong>del</strong><br />
mondo industriale <strong>del</strong>l’Occidente. Con la corsa<br />
all’innovazione tecnologica, di processo e<br />
di prodotto, che poneva a disposizione <strong>del</strong>la<br />
produzione e dei servizi, tutto l’immenso patrimonio<br />
di ricerca, di progresso scientifico e<br />
tecnologico che si era andato creando per la<br />
conquista <strong>del</strong>lo spazio. Scriveva Naisbitt a<br />
questo proposito che «anziché farci guardare<br />
verso l’esterno, verso lo spazio, l’epoca dei<br />
satelliti ha fatto rivolgere il globo terrestre<br />
verso se stesso».<br />
Ecco quegli anni furono entusiasmanti per<br />
i giovani <strong>del</strong>l’epoca. Nei luoghi di lavoro, nelle<br />
Università, nei centri di ricerca, nei circoli<br />
culturali, in quelli sportivi. E anche allora<br />
molti giovani si recavano altrove, all’estero,<br />
per vivere intensamente e con maggiori pos-<br />
sibilità le prospettive di quel tempo.<br />
A questo punto vale la pena di chiedersi, a<br />
proposito dei giovani, sono quelli attuali meno<br />
felici rispetto al passato? Io penso e credo<br />
di no. I giovani di oggi hanno l’esaltante prospettiva,<br />
direi anche la responsabilità, di far<br />
riprendere il cammino all’Europa. Di scuoterla<br />
dal torpore che la caratterizza, a causa <strong>del</strong>la<br />
crisi finanziaria ed economica in atto. Crisi<br />
che qui in Europa induce alla riscoperta <strong>del</strong><br />
protezionismo e <strong>del</strong>l’isolamento, nemici questi<br />
da abbattere, perché sono all’origine di<br />
ogni guerra. Oggi ai giovani incombe il compito<br />
di riabilitare l’Europa nel suo ruolo di<br />
«motore <strong>del</strong> mondo». Di realizzare gli obiettivi<br />
<strong>del</strong>la conoscenza, <strong>del</strong>lo sviluppo sostenibile,<br />
<strong>del</strong>la solidarietà sociale. Il sogno europeo,<br />
insomma, come lo definì Jeremy Rifkin. Ve<br />
ne sarebbero, oggi ve ne sono, tutte le condizioni.<br />
Specie con l’entrata in vigore <strong>del</strong>l’ultimo<br />
trattato di Lisbona, che come sappiamo<br />
supera la fase istituzionale e pone, come è<br />
stato affermato, il cittadino al centro <strong>del</strong> progetto<br />
europeo. Soprattutto i giovani di oggi.<br />
Quelli che già lavorano, quelli che ancora studiano,<br />
quelli che si preparano per più avanzati<br />
traguardi professionali, quelli che già intraprendono.<br />
I più giovani insomma. Essi dovrebbero<br />
avere coscienza che il momento attuale<br />
non è dissimile da quelli <strong>del</strong> passato.<br />
Da quelli cioè che hanno impresso un notevole<br />
impulso alla civiltà, alla solidarietà e al<br />
progresso. E questo vale soprattutto per il<br />
Mezzogiorno. Un’area questa in cui sussiste,<br />
senza possibilità di equivoci, la responsabili-<br />
tà di noi più anziani per non aver creato le<br />
condizioni sufficienti a porre i giovani in grado<br />
di realizzare i loro sogni. Per riproporre<br />
l’ammonimento di Einstein secondo il quale<br />
l’umanità per sopravvivere «dovrà impadro-<br />
L’illustrazione di copertina è di Daniela Pergreffi<br />
nirsi di un modo sostanzialmente nuovo di<br />
pensare». Un richiamo ancora oggi attuale,<br />
perché le trasformazioni che caratterizzarono<br />
gli anni Sessanta e Settanta, definite a suo<br />
tempo «epocali», sono ancora in essere. Soprattutto<br />
è ancora pienamente attuale la velocità<br />
<strong>del</strong> cambiamento, la velocità con cui<br />
quelle trasformazioni si determinarono e ancora<br />
oggi si determinano. Pochi giorni fa abbiamo<br />
accertato che i giovani imprenditori<br />
nel loro convegno di Capri, «scrutando i nuovi<br />
orizzonti» come è nella loro missione, hanno<br />
individuato nell’integrazione euro-mediterranea<br />
uno strumento decisivo per il rilancio<br />
<strong>del</strong>l’Europa nel nuovo sistema degli equilibri<br />
mondiali. Tra l’altro con lo scopo di impostare<br />
una strategia con la Federazione Russa,<br />
gli Stati Uniti, la Cina e l’India. Due Paesi,<br />
questi ultimi, va osservato, il cui ingresso sui<br />
mercati ha rivalutato il Mediterraneo e quindi<br />
i nostri mari. Qualcosa che non trovava allora,<br />
come non trova tuttora, si commentò a<br />
suo tempo, nessun riscontro nella storia <strong>del</strong>l’umanità.<br />
Negli anni Ottanta, in una conversazione<br />
al Rotary sulle «nuove professioni», ebbi modo<br />
di rievocare con maggiori dettagli le profonde<br />
mutazioni che si prospettavano. Conclusi<br />
quella conversazione citando l’espressione<br />
con cui Naisbitt chiudeva le sue «Macrotendenze».<br />
Un’espressione valida ancora<br />
oggi specie per i più giovani ma anche per i<br />
quarantenni: «Mio Dio, che tempo fantastico<br />
per vivere».<br />
Tra i 50 uomini<br />
più eleganti<br />
<strong>del</strong> pianeta<br />
Francesco<br />
Scognamiglio<br />
e, nella foto<br />
a sinistra,<br />
Luca<br />
Rubinacci<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
Ènella classifica — stilata da GQ United Kingdom<br />
— dei cinquanta uomini più eleganti<br />
<strong>del</strong> mondo. Ed è l’unico italiano a essere<br />
stato incluso, nella parte alta <strong>del</strong>la lista,<br />
nel club di questi nuovi Lord Brummel. Luca Rubinacci,<br />
figlio di Mariano Rubinacci, nipote di don<br />
Gennaro, detto Bebè — che nell’atelier di via Filangieri<br />
ha disegnato quella che è passata alla storia<br />
come «la giacca napoletana» e ha vestito personaggi<br />
<strong>del</strong> calibro di Curzio Malaparte, Eduardo De Filippo,<br />
Vittorio De Sica e molte teste coronate — ha<br />
un armadio che per proporzioni, provocazioni cromatiche<br />
e accostamenti audaci ricorda quello di<br />
Oscar Wilde o Gabriele d’Annunzio. Un dandy che<br />
ama osare, stupire, rimescolare le carte e che è stato<br />
protagonista con il suo stile all’ultimo festival<br />
<strong>del</strong> cinema di Venezia, dove ha portato smoking<br />
bianchi e neri e un profluvio di abiti stipati in diversi<br />
bauli.<br />
Luca vive fra Milano, Londra e New York e segue<br />
le sartorie di famiglia dedicandosi alla clientela<br />
internazionale. Il rampollo di casa Rubinacci è<br />
indicato come uno dei testimonial più autorevoli<br />
<strong>del</strong>l’eleganza maschile made in Neaples. Complice,<br />
probabilmente, anche la copertina — e le venti<br />
pagine — che la prestigiosa rivista di moda «The<br />
Rake» gli ha dedicato. Un servizio sulla storia <strong>del</strong>l’atelier<br />
di famiglia — con foto di papà Mariano,<br />
mamma e sorelle — e un altro sull’eleganza. Un<br />
servizio per il quale ha indossato esclusivamente<br />
abiti <strong>del</strong> proprio armadio.<br />
Anna Paola Merone<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
Lo stilista timido<br />
che veste Madonna<br />
e Lady Gaga<br />
Francesco Scognamiglio è nato a Pompei<br />
nel 1975. Dopo aver studiato presso l'Istituto<br />
Europeo <strong>del</strong> Design, ha iniziato a collaborare<br />
con alcune importanti case di moda,<br />
fra cui la maison Versace.<br />
Per lui il 1998 è un anno importante: Scognamiglio<br />
apre la sua prima boutique monomarca. Due<br />
anni dopo, nel 2000, esordisce finalmente nel campo<br />
<strong>del</strong>l’alta moda. Sfila a Palazzo Barberini con una<br />
collezione ispirata alla moda degli anni Ottanta. È<br />
solo l’inizio di una strada che porta diritto ad Hollywood.<br />
Nel 2007 Scognamiglio disegna gli abiti per Eva<br />
Riccobono, in occasione <strong>del</strong> Festival <strong>del</strong> cinema di<br />
Venezia. Il 28 febbraio 2008 Paola e Chiara indossano<br />
le sue creazioni sul palcoscenico <strong>del</strong> Teatro Ariston<br />
per il Festival di Sanremo. Ed è questo l’anno<br />
in cui il ragazzo di Pompei — timido e talentuoso<br />
— spicca il volo. È l’anno in cui una regina indiscussa<br />
<strong>del</strong>lo showbitz internazionale lo nota e vuole assolutamente<br />
qualcosa di suo da indossare. Madonna<br />
vede una sua sfilata e attraverso la sua stylist,<br />
Arianne Phillips, gli chiede degli abiti che indosserà<br />
in tournée, per la locandina dei concerti e per il<br />
video »Give it 2 me». Il marchio diventa così popolare<br />
anche negli Stati Uniti. L’ultima star in ordine<br />
di tempo che Scognamiglio ha vestito è Lady Gaga.<br />
Nel 20<strong>09</strong> lo stilista debutta nel campo <strong>del</strong>la moda<br />
maschile, durante Pitti Immagine Uomo, con il marchio<br />
Allegri di cui è direttore creativo. Fortissimo<br />
resta il suo legame con la Campania.<br />
A. P. M.<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA
14<br />
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Lunedì <strong>30</strong> Novembre 20<strong>09</strong> <strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> Mezzogiorno
<strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> Mezzogiorno Lunedì <strong>30</strong> Novembre 20<strong>09</strong><br />
SPORT<br />
Fabio Cannavaro (classe ’73)<br />
Con lui Napoli<br />
è sul tetto<br />
<strong>del</strong> mondo<br />
Loscugnizzo <strong>del</strong>la Loggetta è diventato<br />
campione <strong>del</strong> mondo.<br />
E non solo. Fabio Cannavaro,<br />
36 anni, è il simbolo di Napoli,<br />
pallone d’oro e capitano indiscusso <strong>del</strong>la<br />
Nazionale italiana di calcio, tornato<br />
alla Juventus quest’anno, dopo aver vinto<br />
due scudetti a Madrid. La sua carriera<br />
ha inizio nel settore giovanile <strong>del</strong> Napoli,<br />
la squadra <strong>del</strong>la sua città.<br />
Esordisce a 19 anni in serie A contro<br />
la Juventus, proprio come Ciro Ferrara<br />
compagno di squadra e amico di sempre.<br />
Fabio è sposato con con Daniela<br />
dal 17 giugno 1996. La coppia ha tre figli:<br />
Christian, Martina e Andrea (il 20<br />
ottobre 2004). Il Fabio nazionale è il secondo<br />
di tre fratelli: il fratello, Paolo,<br />
gioca nel Napoli e la sorella maggiore,<br />
Renata, è farmacista. Cannavaro ha un<br />
unico cruccio: quello di non aver vinto<br />
lo scudetto con il Napoli. La sua carriera<br />
è stata però coronata da grandi successi.<br />
Nel 1995, per problemi di bilancio,<br />
viene venduto da Ferlaino al Parma<br />
di Tanzi. Con la maglia gialloblù gioca<br />
sette stagioni, vince due coppe Italia<br />
(1999 e 2002), una Coppa Uefa (2000) e<br />
una supercoppa Italiana (2002). Poi il<br />
passaggio all’Inter, dove non è mai riuscito<br />
a dimostrare il suo valore, anche<br />
perché fu una stagione tormentata da<br />
infortuni. Successivamente chiese e ottenne<br />
il passaggio alla Juventus, guidata<br />
da Fabio Capello. Conquista ben due<br />
scudetti 2004-2005 e 2005-2006, entrambi<br />
revocati dopo calciopoli. Fabio,<br />
ad ogni modo, fu autore di grandi prestazioni<br />
e risultò uno dei migliori difensori<br />
<strong>del</strong> campionato. Tant’è che Capello<br />
lo vuole anche al Real Madrid, nel<br />
2006. Il 27 novembre di quell’anno, gli<br />
ALTA FORMAZIONE<br />
POST LAUREA<br />
MASTER DI I LIVELLO<br />
Archeologia <strong>del</strong> mare<br />
Scadenza termine di iscrizione<br />
13 Gennaio<br />
Giornalismo – Master biennale<br />
Convenzionato con l’Ordine Nazionale<br />
dei Giornalisti e abilitante all’esame<br />
di accesso all’Albo dei Giornalisti<br />
professionisti<br />
Management dei processi<br />
formativi nelle strutture<br />
pubbliche e private<br />
Scadenza termine di iscrizione<br />
13 Gennaio<br />
Management <strong>del</strong>la<br />
comunicazione sanitaria<br />
viene assegnato anche il Pallone d’Oro,<br />
diventando il quarto italiano a vincere<br />
il trofeo, che egli stesso dedica alla città<br />
di Napoli. Il 19 dicembre un nuovo premio<br />
illustre: il Fifa World Player (è il secondo<br />
italiano, dopo Roberto Baggio,<br />
ad aggiudicarsi questo prestigioso riconoscimento).<br />
Con il Real Madrid vince due campionati<br />
di Primera División consecutivi,<br />
nel 2006-2007 e nel 2007-2008. Con la<br />
Nazionale under 21 guidata da Cesare<br />
Maldini ha conquistato due europei di<br />
categoria consecutivi nel 1994 e nel<br />
1996. Con la Nazionale maggiore ha<br />
esordito a 23 anni, nel 1997. Ha giocato<br />
tre Campionati <strong>del</strong> mondo: 1998, 2002,<br />
e 2006 da capitano, levando al cielo la<br />
Coppa in Germania. Il 12 agosto scorso,<br />
nell’amichevole Svizzera- Italia<br />
(0-0) disputata a Basilea, stabilisce a<br />
quota 127 partite il record di presenze<br />
con la maglia azzurra, superando Paolo<br />
Maldini fermo a 126. Ora il capitano è<br />
pronto a guidare un’altra avventura<br />
con la maglia azzurra: quella di Sudafrica<br />
2<strong>01</strong>0.<br />
Donato Martucci<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
Media Education – Progettazione<br />
e gestione <strong>del</strong>la conoscenza<br />
Scadenza termine di iscrizione<br />
<strong>11</strong> Gennaio<br />
Scienze criminologiche, investigative<br />
e politiche di sicurezza<br />
Scadenza termine di iscrizione<br />
13 Gennaio<br />
Specialista <strong>del</strong> servizio sociale<br />
in previdenza e assicurazioni<br />
Scadenza termine di iscrizione<br />
14 Dicembre<br />
Tradizioni e culture<br />
<strong>del</strong>l’alimentazione mediterranea<br />
Antonietta Di Martino (classe ’78)<br />
La campionessa<br />
che vola oltre<br />
gli infortuni<br />
Era il 4 agosto 1978, quando, al<br />
meeting di Brescia, Sara Simeoni<br />
stabiliva il record <strong>del</strong> mondo<br />
di salto in alto portando l’asticella<br />
a 2 metri e un centimetro. Due mesi<br />
prima, il primo giugno, a Cava de’ Tirreni<br />
nasceva Antonietta Di Martino una<br />
bambina che, 29 anni più tardi avrebbe<br />
raggiunto e superato quella stessa misura.<br />
Antonietta Di Martino è la farfalla che<br />
non tradisce mai. Il suo anno d’oro è il<br />
2007 con i record italiani, l’argento conquistato<br />
ai Mondiali all’aperto di Osaka<br />
e quello vinto agli Europei indoor di Birmingham,<br />
ma la<br />
sua storia in azzurro<br />
non nasce con il<br />
salto in alto. Anno<br />
ARCHEOLOGIA BENI CULTURALI COMUNICAZIONE MANAGEMENT DIRITTO MEDIAZIONE<br />
MASTER DI II LIVELLO<br />
Alti Studi Europei<br />
In collaborazione con<br />
il Collegio Europeo di Parma<br />
Diritto Tributario<br />
Formazione <strong>del</strong> difensore<br />
e <strong>del</strong> giudice tributario<br />
Scadenza termine di iscrizione<br />
14 Dicembre<br />
Diritto Amministrativo<br />
Alta formazione negli studi<br />
amministrativi<br />
Scadenza termine di iscrizione<br />
14 Dicembre<br />
Il Dirigente scolastico - Cultura,<br />
ruolo e funzioni<br />
Scadenza termine di iscrizione<br />
7 Dicembre<br />
SCUOLE DI SPECIALIZZAZIONE<br />
Scuola di specializzazione<br />
per le professioni legali<br />
Formazione per l’accesso alla<br />
magistratura, all’avvocatura<br />
ed al notariato<br />
Scuole di Specializzazione<br />
Biennale<br />
in:<br />
– Beni archeologici<br />
– Beni storico artistici<br />
1990, Antonietta da Tengana, una frazione<br />
di Cava de’ Tirreni si avvicina all’atletica<br />
grazie ai Giochi <strong>del</strong>la Gioventù. In realtà<br />
già saltava, ma gli ostacoli. La Di<br />
Martino comincia con le prove multiple.<br />
E proprio nell’eptathlon esordisce in azzurro,<br />
nella Coppa Europa <strong>del</strong> 2000. La<br />
scoperta <strong>del</strong>le sue grandi doti di saltatrice<br />
in alto avviene nel luglio 20<strong>01</strong>, in occasione<br />
degli assoluti di Catania, portando<br />
d’un colpo il personale da 1.93 a 1.98. Un<br />
mese dopo, poi, è capace di centrare la<br />
finale mondiale a Edmonton (dodicesima).<br />
Ma proprio mentre la farfalla sembra<br />
spiccare le ali, è il momento di soffrire.<br />
Nel 2002 si strappa l’inserzione <strong>del</strong> bicipite<br />
femorale <strong>del</strong>la gamba sinistra. Un<br />
anno di stop, poi il rientro e un nuovo<br />
infortunio in un appoggio: distorsione<br />
<strong>del</strong>la caviglia sinistra. L’intervento chirurgico<br />
e la lenta riabilitazione. «Il dolore<br />
— racconta — è un qualcosa che non<br />
vuoi mai affrontare. La gente cerca di respingerlo.<br />
Io, invece, quasi lo andavo a<br />
cercare, e mi chiedevo: ma chi me lo fa<br />
fare? Ho avuto voglia di mollare tutto, di<br />
smettere. Poi la passione ha fatto il resto».<br />
Anni di crescita prima <strong>del</strong> fantastico<br />
2007: dopo i 2 metri indoor Antonietta infrange<br />
il primato <strong>del</strong>la Simeoni con 2.02 a<br />
Torino e 2.03 all’Arena di Milano, misura<br />
che ripete anche ai Mondiali di Osaka dove<br />
conquista l’argento cedendo solo alla<br />
croata Vlasic. Al collo mette anche un argento<br />
agli Europei indoor di Birmingham.<br />
Un 2007 così non è facile ripeterlo,<br />
e infatti alle Olimpiadi di Pechino arriva<br />
scarica e chiude decima in finale.<br />
A 31 anni potrebbe essere l’inizio <strong>del</strong><br />
declino. E invece il cambio di allenatore<br />
e la sua tenacia instancabile la portano<br />
a vincere il Golden Gala di Roma, a chiudere<br />
quarta ai Mondiali di Berlino e a<br />
qualificarsi per le World Athletic Final<br />
di Salonicco. Il 29 settembre si è unita<br />
in matrimonio con il suo allenatore<br />
Massimiliano Di Matteo. Una crociera<br />
per viaggio di nozze prima di spiccare<br />
nuovamente il volo: destinazione Europei<br />
di Barcellona 2<strong>01</strong>0.<br />
D. M.<br />
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Lunedì <strong>30</strong> Novembre 20<strong>09</strong> <strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> Mezzogiorno
<strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> Mezzogiorno Lunedì <strong>30</strong> Novembre 20<strong>09</strong><br />
SPORT<br />
Andrea Scotti Galletta (classe ’82)<br />
Campione<br />
per destino<br />
di famiglia<br />
Èl’anima <strong>del</strong> Posillipo, l’università<br />
<strong>del</strong>la pallanuoto. È il capitano <strong>del</strong>la<br />
squadra rossoverde, con la quale<br />
ha vinto tutto e con la quale<br />
vuole vincere ancora. Andrea Scotti Galletta,<br />
27 anni, è un predestinato <strong>del</strong>la pallanuoto.<br />
La sua famiglia è cresciuta in acqua:<br />
il padre Mario è stato un grande portiere<br />
e ha vinto scudetti e Coppa dei Campioni<br />
con la Canottieri Napoli, e soprattutto<br />
i Mondiali a Berlino nel 1978 con la Nazionale.<br />
Ed è anche conosciuto come l’inventore<br />
<strong>del</strong>la pallanuoto femminile in Italia.<br />
La mamma di Andrea, Barbara Damiani,<br />
è stata una giocatrice di pallanuoto nazionale<br />
e ha vinto uno scudetto con il Fuorigrotta.<br />
Il fratello Riccardo gioca in serie<br />
B, con la Rari Nantes Napoli.<br />
Andrea ha iniziato ad allenarsi nella piscina<br />
<strong>del</strong> padre, quella <strong>del</strong> Vesuvio. Studiava<br />
e si allenava, diventava ogni giorno più<br />
forte. A quattordici anni, poi, ha scelto il<br />
Posillipo, dove ha cominciato nelle giovanili<br />
ed è arrivato alla prima squadra dopo<br />
una parentesi nell’Anzio, rivelandosi uno<br />
dei più forti difensori italiani. In Nazionale<br />
ha collezionato 59 presenze, e oltre 80<br />
nelle competizioni europee, segnando 143<br />
reti tra campionato e coppe. Il primo scudetto<br />
con la calottina rossoverde arriva<br />
nella stagione 1999-2000: contro la Florentia<br />
finisce 3-2 nella serie. Fa il bis l’anno<br />
successivo, sempre contro i toscani e sempre<br />
con Paolo De Crescenzo come coach.<br />
Anche qui finisce 3-2 nella serie ed è lo<br />
scudetto <strong>del</strong>la stella: 10 titoli vinti. Nella<br />
Luigi Tarantino (classe ’72)<br />
Il veterano<br />
si diverte<br />
ancora<br />
La sciabola nel destino. Una<br />
voglia di vincere sempre intatta<br />
e una tecnica sopraffina.<br />
E soprattutto la voglia di<br />
divertirsi sempre nonostante i tanti successi<br />
in carriera. Luigi Tarantino, 37 anni<br />
compiuti il 10 novembre, continua a stupire<br />
e soprattutto a conquistare medaglie e<br />
podi in tutto il mondo. Nato a Ottaviano,<br />
ha iniziato a tirare di scherma al Club Napoli<br />
a Fuorigrotta, fondato dal padre Antonio,<br />
dirigente nazionale. Allenato da Dino<br />
Meglio, grande sciabolatore partenopeo,<br />
Tarantino ha partecipato a quattro Olimpiadi<br />
ed è sempre tornato a casa con una medaglia,<br />
tranne che a Sydney. La prima risale<br />
ad Atlanta 1996, quando a 24 anni, conquista<br />
il bronzo a squadre con i compagni<br />
Toni Terenzi e Raffaello Caserta. A Sydney<br />
2000 la squadra è eliminata nelle qualificazioni,<br />
quindi lo schermidore napoletano<br />
ci riprova quattro anni più tardi ad Atene<br />
2004. Con Aldo Montano e il salernitano<br />
Giovanni Pastore conquista una splendida<br />
medaglia d’argento: in finale l’Italia si arrende<br />
solo alla Francia (45-42) a causa di<br />
un arbitraggio che lascia l’amaro in bocca<br />
agli azzurri. Nell’ultima Olimpiade, quella<br />
di Pechino, ancora una medaglia di bronzo.<br />
Nella finale per il terzo e quarto posto,<br />
Tarantino con Diego Occhiuzzi e Aldo<br />
Montano superano per 45-44 la temibile<br />
Russia. L’unico cruccio di Gigi è non aver<br />
mai vinto un oro olimpico. Ma la sua carriera<br />
è ricca di successi. L’ultimo <strong>del</strong>l’eter-<br />
stagione 20<strong>01</strong>-2002, i rossoverdi si trovano<br />
di fronte il Recco che comincia a ingaggiare<br />
i giocatori più forti e viene sconfitto<br />
3-0 nelle finali playoff. Nel campionato<br />
2002-2003, non va bene e si finisce terzi,<br />
ma in campo europeo la squadra vola. Arriva<br />
alla finale di Coppa <strong>del</strong>le Coppe: 10-10<br />
all’andata a Budapest contro il Vasas, 4-3<br />
il ritorno alla Scandone per i rossoverdi<br />
che alzano la Coppa, la seconda <strong>del</strong>la storia<br />
<strong>del</strong> circolo. Il terzo scudetto per Andrea<br />
arriva nella stagione 2003-2004, con alla<br />
guida Pino Porzio. In finale c’è il Recco: la<br />
serie è molto combattuta e i rossoverdi si<br />
impongono per 3-2. Un trionfo completato<br />
la stagione successiva con la conquista<br />
<strong>del</strong>la Coppa dei Campioni. Nella Final<br />
Four di Napoli, il Posillipo supera il Recco<br />
per 7-6, poi in finale l’Honved per 9-8 dopo<br />
i tempi supplementari. Una partita memorabile.<br />
Scotti Galletta è anche nella<br />
squadra che l’anno dopo alza al cielo la Supercoppa<br />
Europea, superando a Vicenza il<br />
Savona per <strong>11</strong>-9. Il resto è storia recente,<br />
ancora finali scudetto ma nessun successo.<br />
Però il Posillipo, capitanato da Scotti<br />
Galletta, continua a essere protagonista<br />
nella pallanuoto.<br />
Donato Martucci<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
no ragazzo napoletano è stato ai Mondiali<br />
di Antalya, in Turchia, disputati in ottobre.<br />
Lo schermidore napoletano ha conquistato<br />
il bronzo individuale, poi a squadra<br />
ha ottenuto un argento. Si tratta <strong>del</strong>la sua<br />
undicesima medaglia in una rassegna<br />
mondiale, tra individuale e a squadre: due<br />
d’oro, quattro d’argento e cinque bronzi.<br />
Il veterano <strong>del</strong>la scherma italiana, considerato<br />
dai suoi compagni di squadra un<br />
vero e proprio commissario tecnico in pedana,<br />
ha conquistato anche tanti successi<br />
agli Europei, l’ultimo in Bulgaria, a Plovdiv,<br />
dove per la prima volta in carriera si<br />
è messo al collo un oro a squadre, battendo<br />
in finale la Romania. In totale Gigi ha<br />
raccolto nella sua nutrita bacheca dodici<br />
allori tra individuale a squadre negli Europei.<br />
In Italia ha invece vinto 19 medaglie<br />
nazionali, con ben 14 ori sia a livello individuale<br />
che a squadre. Un vero monumento<br />
<strong>del</strong>la scherma italiana, un’eccellenza<br />
<strong>del</strong>lo sport campano che non ha nessuna<br />
voglia di abbandonare l’attività agonistica:<br />
«Mi diverto ancora tanto». L’appuntamento<br />
quindi è a Londra 2<strong>01</strong>2 per le Olimpiadi,<br />
ma nel frattempo c’è ancora tanta<br />
strada da percorrere e tante medaglie da<br />
conquistare.<br />
D. M.<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
Potito Starace (classe ’81)<br />
Sulla terra rossa<br />
«spaventa»<br />
le superstar<br />
Iprimi colpi di racchetta a sei anni nel<br />
1987 nella sua Cervinara, in provincia<br />
di Avellino, fino ad arrivare al 27esimo<br />
posto nella classifica Atp raggiunto nel<br />
2007. Potito Starace, 28 anni, è miglior tennista<br />
italiano <strong>del</strong>l’ultima generazione e vanta<br />
anche un record assoluto: in Coppa Davis,<br />
in singolare, ha giocato e vinto 12 incontri<br />
su 12. Mai nessun tennista in Italia è riuscito<br />
in una tale impresa.<br />
È diventato professionista nel 20<strong>01</strong>, ma nel<br />
1997 già frequentava il circuito giocando le<br />
qualificazioni di qualche torneo satellite. Il suo<br />
primo maestro è stato Antonio Panaro. A nove<br />
anni passa al circolo tennis «La Faggianella» di<br />
Benevento con Antonio Leone. Frequenta per<br />
due anni il centro tecnico di Cesenatico e nel<br />
1996 ritorna in Campania<br />
sotto la guida <strong>del</strong> mae-<br />
Umberto Rispoli (classe ’88)<br />
Con 2<strong>30</strong> trionfi<br />
in un anno<br />
insegue Dettori<br />
Napoli è regina <strong>del</strong> galoppo italiano.<br />
E il merito è di Umberto Rispoli<br />
(nella foto di Giuseppe Giorgio),<br />
il fantino italiano che vanta<br />
più vittorie in una stagione: 2<strong>30</strong>. Il padre è<br />
stato un fantino e portava Umberto in scuderia<br />
dove ha iniziato a lavorare a terra (pulizia<br />
dei box e dei cavalli) e poi, all’età di 10<br />
anni, ha cominciato a montae a cavallo .<br />
Quando non andava a scuola era sempre in<br />
scuderia. A 13 anni è andato via di casa e ha<br />
avuto la prima esperienza lavorativa a Roma,<br />
presso la scuderia di Fabrizio e Luigi<br />
Camici; poi lo stage dai maestri Botti. A soli<br />
21 anni ha già disputato oltre 4.000 corse.<br />
Di recente ha battuto il primato italiano di<br />
Gianfranco Dettori che durava dal 1982<br />
con 2<strong>30</strong> vittorie: prima lo ha eguagliato in<br />
stro Alberto Sbrescia. Cinque anni più tardi, si<br />
trasferisce al centro di Trevignano, dove si allena<br />
per tre anni con Tonino Zugarelli. Nel 2004<br />
a Firenze passa sotto le cure tecniche di Umberto<br />
Rianna e trova i grandi successi.<br />
La sua migliore arma è il diritto e la superficie<br />
che predilige è la terra rossa, dove ha costruito<br />
le sue più grandi vittorie. Sul rosso ha fatto<br />
penare anche Nadal: al secondo turno <strong>del</strong> Master<br />
Series di Amburgo <strong>del</strong> 2008 e al primo turno<br />
<strong>del</strong>le Olimpiadi di Pechino <strong>del</strong> 2008, vinti rispettivamente<br />
6-4,7-6, e 6-2, 3-6, 6-2 dal mancino<br />
spagnolo. La prestazione che resta ancora in<br />
mente negli appassionati <strong>del</strong> tennis è la semifinale<br />
contro Roger Federer <strong>del</strong> torneo di Gstaad<br />
in Belgio, persa in tre set dal campione di Cervinara,<br />
ma giocata alla pari con il supercampione<br />
svizzero. Una grande impresa, ma forse nella<br />
sua testa rimane soprattutto la grande vittoria<br />
in tre set contro il francese Sebastien Grosjean<br />
(8-6, 6-3 6- 4) al Roland Garros di Parigi. In carriera<br />
ha vinto sette tornei challenger, tra cui i<br />
«centomila dollari» di Napoli (tre volte) e di<br />
San Marino (due volte). Ha ottenuto due finali<br />
in tornei Atp Tour, a Kitzbuhel e a Valencia, entrambi<br />
nel 2007. L’anno successivo ha raggiunto<br />
i quarti di finale al torneo Atp di Acapulco,<br />
Buenos Aires, Bastad e Valencia e la semifinale a<br />
Kitzbuhel. Nel 2007, il suo anno magico, ha raggiunto<br />
cinque quarti di finale in tornei Atp, Buenos<br />
Aires, Costa de Souipe, Barcellona, Bucarest<br />
e San Pietroburgo. Nel suo palmares vanta nel<br />
2007 gli ottavi di finale al Master Series di Roma<br />
e il terzo turno al Roland Garros, conquistato<br />
due volte, nel 2007 e nel 2004. In carriera si è<br />
tolto anche la soddisfazione di superare gli ex<br />
numero 1 <strong>del</strong> mondo Moya, Ferrero e Safin, o<br />
avversari come Gaudio, Chela, Monfils, Pavel,<br />
Calleri, Hrbaty, Verbasco, Almagro. Ha vinto<br />
la serie A1 con i colori <strong>del</strong> Capri Sport Academy,<br />
per tre anni consecutivi, dal 2006 al<br />
2008. In Italia ha anche conquistato altri titoli<br />
tricolori: da under 12, la Coppa Lambertenghi<br />
nel 1993, da under 18 il titolo nazionale<br />
nel 1999 e il titolo assoluto nel 2003, per un<br />
totale di sei scudetti tricolori in carriera.<br />
D. M.<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
sella a Sweet Home, il 19 novembre 20<strong>09</strong>,<br />
all’ippodromo Federico Caprilli; poi, due<br />
giorni dopo, il 21 novembre, all’ippodromo<br />
di San Rossore di Pisa, ha vinto in sella<br />
a Sugarland la sua 2<strong>30</strong>esima gara annuale,<br />
battendo il record italiano.<br />
Nato solo per caso a Macerata, il 31 agosto<br />
<strong>del</strong> 1988, ma cresciuto a Napoli, nel<br />
quartiere di Scampia, Rispoli ha ottenuto la<br />
licenza nel 2004 dopo aver frequentato il<br />
corso di formazione di Pisa. È alto un metro<br />
e 50 e pesa appena 50 chili, l’ideale per<br />
un fantino. L’esordio è stato il 5 febbraio<br />
2005 a Varese in sella a Polar Eagle. Nel primo<br />
anno di attività raggiunge 82 vittorie,<br />
collocandosi al 15esimo posto <strong>del</strong>la classifica<br />
generale degli allievi fantini. L’anno successivo<br />
è già al quarto posto con 134 successi;<br />
uguale piazzamento e numero di vittorie<br />
l’ottiene nel 2007. La svolta nel 2008,<br />
quando sale al secondo posto con 137 corse<br />
vinte e fino all’ultima settimana è a un<br />
passo dal battere il leader Dario Vargiu. Tra<br />
i successi ottenuti dal fantino napoletano,<br />
il Premio Primi passi (gruppo 3) nel 2008,<br />
ma anche due secondi posti nelle edizioni<br />
2008 e 20<strong>09</strong> <strong>del</strong> Derby Italiano. Nel 2007<br />
vince il campionato italiano fantini, e partecipa<br />
a molti meeting all’estero, uno dei quali<br />
a Mauritius. Questo è l’anno <strong>del</strong>la consacrazione,<br />
con una serie impressionante di<br />
successi che lo hanno portato a vincere aritmeticamente<br />
il Frustino d’oro, premio che<br />
va al fantino con più vittorie in un anno.<br />
Nel 2008 è stato vinto con 144 vittorie e a<br />
luglio Rispoli lo ha superato: conseguendo,<br />
in oltre 800 corse, 160 successi e piazzandosi<br />
al secondo o al terzo posto per più di <strong>30</strong>0<br />
volte. Grande impresa nell’agosto di quest’anno:<br />
su sette corse disputate ne vince<br />
ben cinque (quattro consecutive). L’obiettivo<br />
di Rispoli è quello di raggiungere Lanfranco<br />
Dettori, il migliore jockey al mondo<br />
(sette vittorie di fila in una corsa), e anche<br />
quello di battere, un giorno, quello di Menedizabal<br />
in Francia, che è di 240.<br />
D. M.<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
17<br />
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18<br />
NA<br />
CULTURA<br />
Peppe Fiore (classe ’81)<br />
Christian Leperino (classe ’79)<br />
Ironia ed eleganza<br />
per raccontare<br />
l’Italia contemporanea<br />
Il suo romanzo La futura classe dirigente, uscito per Minimum<br />
Fax nella primavera scorsa, lo proietta senz’altro tra i<br />
più promettenti giovani scrittori italiani. Lui, Peppe Fiore,<br />
ventott’anni, napoletano <strong>del</strong> Vomero trapiantato a Roma, sa<br />
rappresentare con uno stile singolarmente ricco, elegante, mosso,<br />
una condizione generazionale che si può tutta o quasi inscrivere<br />
sotto l’insegna <strong>del</strong> Precariato Intellettuale. Così, per l’appunto, è<br />
in La futura classe dirigente, titolo che, a lettura ultimata, non<br />
può che apparire decisamente, e anche amaramente, ironico. In<br />
quel romanzo, Fiore racconta con profusione ossessiva di dettagli<br />
(peraltro perfettamente funzionali al progetto e al ritmo <strong>del</strong>la narrazione)<br />
un anno nella vita <strong>del</strong>l’immaginario Michele Botta, che<br />
peraltro è coetaneo <strong>del</strong>l’autore e napoletano come lui, e come lui<br />
sta a Roma dove lavora in una piccola società di produzioni tv. In<br />
quell’anno fatidico, Michele vivrà una serie di esperienze più o<br />
meno fondamentali: c’è il fallimento <strong>del</strong>la sua relazione d’amore<br />
con Francesca, per dire, e ci sono le primarie <strong>del</strong> Pd, la vittoria<br />
elettorale di Berlusconi, il tramonto di Veltroni. Un viluppo inestricabile<br />
(com’è <strong>del</strong> resto nella vita vera) di vicende privatissime,<br />
di questioni professionali, di fatti e fattoidi reali. E poi, tante storie-nella-storia.<br />
E il fatto che si rida molto non riduce la potenza<br />
di questo affresco di bruciante contemporaneità.<br />
Nella vita reale, Fiore, come s’è detto, è quasi come Michele<br />
Botta. «Lavoro in una società di produzioni tv <strong>del</strong> gruppo Fox. Mi<br />
occupo di sviluppare i progetti di fiction che il mio capo cerca di<br />
vendere ai canali». In pratica? «Guardo dvd di serie internazionali<br />
potenzialmente adattabili all’Italia. Batto i festival e i mercati internazionali<br />
per incontrare i distributori. Leggo e valuto soggetti originali,<br />
sceneggiature, ‘‘piloti’’. Monitoro il mercato editoriale e,<br />
nel caso, propongo titoli da opzionare. Scrivo direttamente io soggetti<br />
originali». E sul piano <strong>del</strong>la scrittura che cosa bolle in pentola?<br />
«Ho cominciato da un paio di settimane una cosa nuova. Non<br />
so ancora bene cosa sarà, né se andrà avanti (altre due le ho già<br />
abortite). In teoria dovrebbe essere una specie di farsa grottesca,<br />
corale, sull’Italia contemporanea».<br />
Tempo al tempo, dunque. Se questo progetto dovesse andare<br />
in porto, Peppe Fiore potrebbe sco<strong>del</strong>lare il Grande Romanzo Italiano<br />
di cui La futura classe dirigente si può considerare un saporito<br />
assaggio. In tempi di New Italian Epic, è molto più di quanto<br />
si potrebbe sperare.<br />
Francesco Durante<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
Volti sanguinanti<br />
ridanno smalto<br />
alla pittura<br />
Il 2003 è stato il suo anno, quello <strong>del</strong>la conquista <strong>del</strong><br />
primo premio come artista under <strong>30</strong> all’Arte Fiera di<br />
Bologna e <strong>del</strong> relativo soggiorno a Berlino, offerto come<br />
«borsa» dalla prestigiosa manifestazione emiliana.<br />
Oggi il giovane artista napoletano Christian Leperino i<br />
trent’anni li ha finalmente compiuti, ma il grande bagaglio<br />
di esperienze alle sue spalle ne fa già uno dei cavalli vincenti<br />
<strong>del</strong> panorama creativo campano e nazionale.<br />
Fin dagli esordi <strong>del</strong> 20<strong>01</strong> con la mostra «Rawe off», Leperino<br />
ha mostrato subito un grado di personalità molto forte e<br />
soprattutto un coraggio notevole nel rilanciare il tema <strong>del</strong>la<br />
pittura, in un mondo <strong>del</strong>l’arte ormai assuefatto a video e<br />
istallazioni. Che, si badi bene non mancano nel repertorio di<br />
Christian, ma che ne completano le forme di un linguaggio,<br />
che attinge soprattutto alla lezione <strong>del</strong> post-espressionismo<br />
di matrice metropolitana, con volti disfatti e sanguinanti.<br />
Soggetti dei suoi lavori sono infatti l’attualità desolante <strong>del</strong>le<br />
periferie urbane, <strong>del</strong>le dismesse fabbriche <strong>del</strong>l’hinterland,<br />
e dei suoi abitanti occasionali, quei giovani senza identità<br />
sociale capaci di dar vita a rave party, selvaggi e dagli esiti<br />
imprevedibili. Una realtà che entra da subito nei suoi dipinti,<br />
legata al b-side notturno, i cui protagonisti sono cupamente<br />
deformati e imbrattati di rosso come la realtà in cui<br />
sono immersi, tra i suoni assordanti di Techno Blue Angel’s<br />
e corpi post-organici. «Sono stati d’animo — spiega l’artista<br />
napoletano — che diventano una comunità dove ognuno<br />
con le sue psicopatologie racconta sul proprio volto l’elemento<br />
perturbante».<br />
Un tema, quello <strong>del</strong> «body», che si è evoluto col passare<br />
degli anni fino a raggiungere le fattezze di un Golem Cyborg,<br />
protagonista <strong>del</strong>la performance «Human Revolution»<br />
presentata lo scorso maggio nel Real Museo Mineralogico<br />
<strong>del</strong> Centro Musei <strong>del</strong>le Scienze Naturali di Napoli. Qui Christian<br />
Leperino ha voluto recuperare con una grande statua<br />
l’origine arcaica <strong>del</strong> tema <strong>del</strong>l’uomo artificiale presente nell’antico<br />
mito ebraico di questo simulacro di elementi naturali,<br />
che prende vita grazie a formule magiche, «golem» ovvero<br />
«materia grezza» o «embrione», figura senza voce e servile<br />
complemento <strong>del</strong>l’uomo.<br />
Stefano de Stefano<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
Lunedì <strong>30</strong> Novembre 20<strong>09</strong> <strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> Mezzogiorno<br />
In alto, lo scrittore Peppe Fiore<br />
Qui sopra, l’artista Christian Leperino<br />
ritratto davanti a una sua opera<br />
Nella foto in alto a destra,<br />
la scrittrice Valeria Parrella<br />
Sotto, il regista teatrale<br />
Francesco Saponaro
<strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> Mezzogiorno Lunedì <strong>30</strong> Novembre 20<strong>09</strong><br />
Valeria Parrella (classe ’74) Francesco Saponaro (classe ’70)<br />
Guappetella e le altre<br />
Ricominciare<br />
da uno spazio bianco<br />
Da dove ricominciare? Da dove farlo in Campania? Se la<br />
politica non ha risposte può chiederle in prestito alla<br />
letteratura. Di sicuro può fare come Gaetano, l’allievo<br />
<strong>del</strong>la scuola serale <strong>del</strong>l’ultimo (che è anche il primo) romanzo<br />
di Valeria Parrella. Gaetano — un magnifico Salvatore Cantalupo<br />
nel film che Francesca Comencini ha tratto dal libro — sta<br />
scrivendo il tema di italiano all’esame per il diploma di terza media,<br />
ma si è bloccato. A dargli coraggio è Maria, insegnante quarantunenne<br />
protagonista <strong>del</strong>la storia: «Mettici uno spazio bianco e ricomincia<br />
a scrivere quello che vuoi». Per certe impasse non basta il<br />
punto e capo. Per lasciarsi alle spalle il nodo che ci ha paralizzati ci<br />
vuole una sospensione maggiore. Non lo è intenzionalmente ma<br />
sembra un’indicazione di lavoro «civile» quella suggerita da Parella<br />
ne «Lo Spazio bianco» (Einaudi), appunto, il romanzo diventato un<br />
bel film con Margherita Buy.<br />
La prosa <strong>del</strong>la scrittrice nata a Torre <strong>del</strong> Greco 35 anni fa, procede<br />
quasi sempre così, un passo nella vita <strong>del</strong> personaggio, l’altro nella<br />
città. Sin da Guappetella, una <strong>del</strong>le memorabili protagoniste <strong>del</strong>la raccolta<br />
d’esordio «Mosca più balena» (minimum fax, Premio Campiello<br />
opera prima): «Quella sera tornai e mi misi con lo Stuort’. Mi piaceva<br />
davvero, ma gli presi più di quanto gli diedi. Era lo scotto da pagare<br />
per avere una donna di diciassette anni se ne hai trentacinque. Io non<br />
avevo padre, e il quartiere comunque a queste cose non guardava tanto.<br />
La moglie <strong>del</strong>lo Stuort’ abitava sopra a tutta la via e non si vedeva<br />
mai in giro, io invece ero inseritissima, e tutti mi chiamavano Guappetella<br />
come faceva lui». Le sue sono parole dalla precisione chirurgica<br />
— Valeria si è laureata in Lettere moderne con una tesi in glottologia<br />
— che hanno l’esattezza di un bisturi in sala operatoria, e lo squarcio<br />
aperto per indagare il guasto è tanto una ferita all’interno quanto una<br />
feritoia verso l’esterno. Così anche nei racconti di «Per grazia ricevuta»,<br />
sempre minimum fax, finalista al Premio Strega, ne «Il Verdetto»,<br />
uscito nel 2007 per Bompiani come il recentissimo «Ciao maschio»,<br />
dove però la penna si fa impietoso sondino endoscopico. Non a caso<br />
la regia di Raffaele Di Florio trasferisce la protagonista di questo testo<br />
scritto per il teatro in una camera d’ospedale (qui, bravissima, Cristina<br />
Donandio dà voce a un’ultracinquatenne che in una visione incontra<br />
il coro dei suoi uomini <strong>del</strong> suo passato). Ma è nei ringraziamenti<br />
che si riapre la feritoia. Nel raccontare la genesi <strong>del</strong> libro-spettacolo<br />
Parrella parla di una proficua collaborazione tra Nord e Sud, una modalità<br />
in cui per poco «mi è parso meno disgraziato questo Paese».<br />
Natascia Festa<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
Da Eschilo a Beckett<br />
per rinnovare<br />
la scena teatrale<br />
Non c’è dubbio, fra i giovani uomini di teatro campani<br />
destinati sempre più a far parlare di sé, Francesco<br />
Saponaro è fra quelli con un attivo già molto importante.<br />
A partire dalla firma in calce a molti spettacoli<br />
di notevole spessore, passando poi per il ruolo di <strong>direzione</strong> culturale<br />
assunto con la nomina a membro <strong>del</strong> Comitato artistico<br />
<strong>del</strong>lo Stabile di Napoli, avvenuta nel 2008, accanto alla scrittrice<br />
Valeria Parrella, all’ex direttrice artistica Roberta Carlotto e allo<br />
scrittore e saggista Lorenzo Pavolini. Trentanovenne e napoletano<br />
doc, il regista è infatti considerato uno dei più interessanti<br />
<strong>del</strong>la nuova scena italiana, con una formazione che vanta un<br />
diploma all’Accademia d’arte drammatica di Calabria e un Master<br />
per organizzatori, amministratori e direttori di teatro <strong>del</strong>l’Eti.<br />
Titoli formativi a cui va aggiunta l’università <strong>del</strong>la pratica<br />
scenica, quella costruita nei primi anni di carriera come assistente<br />
alla regia di Toni Servillo, Marco Baliani, Francesco Silvestri<br />
e Renato Carpentieri. Ma è fuori di dubbio che la sua prima<br />
e decisiva esperienza creativa e professionale sia stata la fondazione<br />
<strong>del</strong> gruppo Rossotiziano avvenuta nel 1995, con il quale<br />
ha diretto fra gli altri un progetto scenico dedicato a Majorana,<br />
l’«Otello» di Shakespeare, «L’America contro» di Robert Oppenheimer,<br />
e due versioni di un omaggio a Pino Pascali, il secondo<br />
dei quali rappresentato nel corso <strong>del</strong>la grande mostra dedicata<br />
all’artista pugliese a Castel Sant’Elmo nel 2004. Finita<br />
l’esperienza di quel gruppo, da «solista» ha diretto fra gli altri<br />
«Ritter, Dene, Voss» di Thomas Bernhard, «La firma» di Václav<br />
Havel, «Le mura di Argo» da «Agamennone» di Eschilo, «L’imbecille»<br />
di Luigi Piran<strong>del</strong>lo, «L’Orso» e «Una domanda di matrimonio»<br />
di Anton Cechov. Negli ultimi anni la sua fama anche a<br />
livello internazionale è cresciuta soprattutto per merito di<br />
«Chiòve», spettacolo multimediale tratto da «Plou a Barcelona»<br />
di Pau Mirò, e premiato dall’Associazione italiana critici di teatro<br />
nel 2008 e come «miglior spettacolo di innovazione» dagli<br />
Olimpici <strong>del</strong> Teatro 20<strong>09</strong>, senza considerare il Premio Ubu vinto<br />
dalla protagonista Chiara Baffi, sempre nello stesso anno. Da<br />
segnalare infine la regia di «’A causa mia», sul contenzioso legale<br />
fra Scarpetta e D’Annunzio, realizzato per il Napoli Teatro Festival<br />
Italia nel 2008, e «I vespertelli», presentato nel 20<strong>09</strong> al<br />
San Ferdinando. Attualmente è al lavoro per un «Aspettando<br />
Godot» di Beckett atteso per fine stagione al Mercadante.<br />
S. de St.<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
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Lunedì <strong>30</strong> Novembre 20<strong>09</strong> <strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> Mezzogiorno
<strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> Mezzogiorno Lunedì <strong>30</strong> Novembre 20<strong>09</strong><br />
PIACERI<br />
Alfonso Caputo (classe ’70)<br />
In pa<strong>del</strong>la<br />
personalità<br />
e tecnica<br />
Compirà dopodomani 39 anni. Almeno<br />
la metà li ha spesi tra casseruole,<br />
mestoli, forchettoni e pa<strong>del</strong>le nella<br />
cucina <strong>del</strong> locale <strong>del</strong>la sua famiglia.<br />
Alfonso Caputo, chef <strong>del</strong>la Taverna <strong>del</strong> Capitano<br />
di Marina <strong>del</strong> Cantone (Massa Lubrense),<br />
con i coetanei Ernesto Iaccarino e Gennaro<br />
Esposito, è uno dei massimi protagonisti campani<br />
<strong>del</strong>la scena culinaria italiana. Dopo aver<br />
guadagnato il diploma di ragioniere non ebbe<br />
un attimo di esitazione. Avrebbe seguito la passione<br />
per cucina che coltivava fin da piccolo.<br />
Naturalmente, avrebbe dovuto continuare a<br />
studiare. Il suo primo maestro fu il dominatore<br />
assoluto <strong>del</strong>la cucina italiana <strong>del</strong>l’epoca:<br />
Gualtiero Marchesi che alla sua scuola allevava<br />
una <strong>del</strong>le più promettenti generazioni di chef.<br />
A «raccomandare» Alfonso al sommo interprete<br />
italico <strong>del</strong>la Nouvelle cousine fu mamma<br />
Grazia, che tuttora occupa un posto di rilievo<br />
nella cucina <strong>del</strong> locale aperto da suo marito Salvatore,<br />
il capitano, nel 1967. Dopo una settimana<br />
di apprendistato da Marchesi il giovanissimo<br />
aspirante chef si lamentò perché in una sola<br />
giornata gli era toccato di lavare per tre volte<br />
i pavimenti e per ben sette il bidone dei rifiuti.<br />
«Si vede che l’hai lavato male», gli rispose<br />
senza indulgenza sua madre. La stoffa c’era, la<br />
grinta pure. Dopo la fondamentale e mai rinnegata<br />
esperienza da Marchesi, si trasferì in Francia,<br />
a Vonnas, alla corte di Georges Blanc, uno<br />
dei mostri sacri <strong>del</strong>la cucina mondiale. Ci restò<br />
più di un anno. Poi, completò la formazione a<br />
Daikin, in Giappone, in un ristorante frequentato<br />
anche dai membri <strong>del</strong>la famiglia imperiale.<br />
Durante la permanenza nel Paese <strong>del</strong> Sol Levante<br />
assunse la cura estrema nella manipola-<br />
Nicoletta Gargiulo (classe ’75)<br />
La «piccola»<br />
campionessa<br />
dei sommelier<br />
La determinazione in persona. Non<br />
lasciatevi ingannare dall’aspetto.<br />
Piccolina, minuta, sguardo dolce e<br />
sorriso solare. Quando ha un obiettivo<br />
da raggiungere Nicoletta Gargiulo riesce<br />
a esprimere la forza di mille bombe atomiche.<br />
Altrimenti non si spiegherebbe la<br />
sua rapidissima ascesa nell’ormai affollatissimo<br />
esercito dei sommelier: nel 2008 Nicoletta<br />
si è affermata come la numero uno in<br />
Italia. Un risultato frutto <strong>del</strong>l’impegno, <strong>del</strong>la<br />
tenacia, naturalmente <strong>del</strong>le sue capacità<br />
sensoriali. Il concorso, promosso dall’Associazione<br />
italiana sommelier, consiste in un<br />
vero e proprio percorso minato iperselettivo.<br />
Ma la trentaquattrenne sommelière di<br />
Massa Lubrense l’ha completato in souplesse<br />
con zero penalità. La vittoria ha amplificato<br />
in maniera esponenziale la sua notorietà,<br />
proiettandola alla ribalta nazionale.<br />
Un passo indietro. La Gargiulo ha frequentato<br />
l’Istituto alberghiero di Vico<br />
Equense, vera e propria fucina di talenti <strong>del</strong><br />
settore enogastronomico, conseguendo tutte<br />
le specializzazioni. Subito dopo il diploma,<br />
però, ha iniziato a lavorare come accompagnatrice<br />
turistica. Per ironia <strong>del</strong>la sorte,<br />
fino a circa dieci anni fa Nicoletta era praticamente<br />
astemia. La passione per le grandi<br />
bottiglie nacque durante il corso per sommelier<br />
tenuto dall’Ais <strong>del</strong>la Penisola sorrentina,<br />
che da qualche mese la giovane professionista<br />
guida in qualità di <strong>del</strong>egata. La specializzazione<br />
le valse l’assunzione nel più<br />
prestigioso ristorante <strong>del</strong> Sud Italia, il Don<br />
Alfonso 1890 di Sant’Agata sui due Golfi. In<br />
zione dei pesci di cui imparò a valorizzare anche<br />
le interiora. Un’altra tappa nella cucina <strong>del</strong>l’hotel<br />
Lord Byron a Roma e, poi, il ritorno a<br />
casa, nel lindo ristorante affacciato sulla baia<br />
<strong>del</strong> Cantone. Insieme con i genitori, con la sorella<br />
Mariella e il cognato Claudio, impeccabili<br />
gestori <strong>del</strong>la sala, iniziò la scalata al vertice <strong>del</strong>la<br />
ristorazione italiana, conferendo sempre<br />
più personalità alla sua cucina senza ricorrere<br />
all’apporto di materie prime stravaganti o forestiere.<br />
I piatti di Caputo junior nascevano e nascono<br />
sempre da pochi ingredienti di rigorosa<br />
provenienza locale, condotti a sintesi da una<br />
tecnica sopraffina. Niente foie gras o caviale,<br />
meglio il fegato di pescatrice o le uova di ricci.<br />
Tra i suoi cavalli di battaglia, i conetti di pasta<br />
che avvolgono i dolci gamberi, le linguine con<br />
fegato <strong>del</strong> polpo, il pignatiello di totani e patate<br />
con aceto stravecchio, la variazione <strong>del</strong>l’adorata<br />
palamita. L’ultima scommessa, la pasta di<br />
grano duro fatta in casa. Non è raro che proponga<br />
pesce pescato direttamente da lui. Nel<br />
1996 la prima stella Michelin, nel 2006 la seconda.<br />
Ha già realizzato un libro sulle zuppe<br />
per la Biblioteca culinaria. All’inizio <strong>del</strong>l’anno<br />
prossimo uscirà un nuovo elegante volume<br />
per Gribaudo con 70 ricette. Un giovane veterano<br />
di successo.<br />
Gimmo Cuomo<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
sala Nicoletta ha avuto un grande maestro,<br />
il sommelier Maurizio Cerio, che le ha messo<br />
a disposizione la sua cultura e, soprattutto,<br />
la sua lunga esperienza in materia di vino.<br />
Pochi mesi prima di laurearsi campionessa<br />
italiana, la sommelière, insieme con<br />
il marito, lo chef Luigi Tramontano, decise<br />
di effettuare una coraggiosa scommessa. Entrambi<br />
si trasferirono all’agriturismo Casa<br />
Scola nella frazione Castello di Gragnano,<br />
contribuendo in maniera decisiva al lancio<br />
<strong>del</strong> nuovo locale. Due anni fa ancora un<br />
cambio. Al Relais Blu di Massa Lubrense ritrovò<br />
un altro maestro <strong>del</strong> periodo donalfonsiano,<br />
il maître Costanzo Cacace.<br />
All’attività al ristorante, la Gargiulo ha affiancato<br />
anche collaborazioni con importanti<br />
riviste di settore, come «a Tavola». Un anno<br />
fa ha curato gli abbinamenti cibo-vino<br />
per alcuni programmi televisivi ancora trasmessi<br />
dal canale digitale Barche Channel.<br />
Ma il traguardo più importante Nicoletta lo<br />
ha raggiunto nello scorso mese di agosto,<br />
quando ha dato alla luce il piccolo Antonio.<br />
Com’è normale che sia, adesso le sue energie<br />
sono tutte concentrate sul bimbo. Ma<br />
certamente al più presto tornerà al lavoro<br />
che ama e che l’ha resa famosa in tutta Italia.<br />
G. C.<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
Antimo Caputo (classe ’71)<br />
Il re <strong>del</strong>la farina<br />
punta<br />
a Las Vegas<br />
Classe 1971, Antimo Caputo non è solo<br />
il «re» <strong>del</strong>la farina, di recente è<br />
stato anche nominato vicepresidente<br />
<strong>del</strong>la Confederazione Europea<br />
dei Giovani Imprenditori (Yes for Europe).<br />
Così, se da un lato uno spiccato senso per gli<br />
affari gli ha permesso di traghettare con successo<br />
la Molino Caputo sul mercato internazionale,<br />
dall’altro l’esperienza imprenditoriale<br />
lo ha portato a svolgere vari incarichi di<br />
responsabilità. Tra questi, quello di vicepresidente<br />
al marketing e sviluppo associativo <strong>del</strong>l’Unione<br />
industriali di Napoli con la presidenza<br />
Lettieri; Caputo opera al fianco <strong>del</strong>la presidente<br />
Federica Guidi come <strong>del</strong>egato all’internazionalizzazione<br />
dei Giovani Imprenditori<br />
di Confindustria. Già vicepresidente nazionale<br />
dei giovani di Federalimentare, è stato dal<br />
2005 al 2008 presidente <strong>del</strong> gruppo Giovani<br />
Davide Maglietta (classe ’70)<br />
Dolce business<br />
Ecco l’uomo<br />
<strong>del</strong> cioccolato<br />
Trentanove anni, una laurea in Economia<br />
e Commercio e una smisurata<br />
passione per il cioccolato. Davide<br />
Maglietta, amministratore <strong>del</strong>la<br />
Gay Odin non è solo un brillante imprenditore<br />
ma anche, naturalmente, un grande<br />
estimatore <strong>del</strong> cioccolato di qualità. «Ne<br />
mangio molto sin da quando ero bambino»,<br />
afferma lui stesso: « Il mio preferito è<br />
quello foresta, ma amo anche le noci, le<br />
ghiande e tanti altri dei nostri prodotti». Un<br />
amore nato quando ancora era uno studente<br />
<strong>del</strong> liceo Umberto e, in occasione di scioperi<br />
o manifestazioni, approfittava per fare<br />
un po’ di pratica in azienda al fianco <strong>del</strong> padre.<br />
La tradizione e l’avvicendarsi di padre<br />
in figlio, d’altronde, sono un po’ il marchio<br />
Imprenditori <strong>del</strong>l’Unione industriali di Napoli.<br />
Alle spalle un percorso universitario brillante,<br />
con la laurea in Economia e Commercio<br />
conseguita con lode alla Federico II di Napoli.<br />
Dopo la laurea, un lungo periodo di gavetta<br />
nell’azienda di famiglia lo ha portato<br />
dal reparto imballaggi alla funzione di amministratore<br />
<strong>del</strong>egato. «Sono molto orgoglioso<br />
degli insegnamenti che la mia famiglia mi ha<br />
sempre dispensato», sottolinea il giovane imprenditore:<br />
«Oggi la nostra azienda opera coniugando<br />
la tradizione partenopea con quella<br />
dei prodotti più innovativi». Un presupposto<br />
che ha portato, tra l’altro, la Molino Caputo<br />
ad adottare idealmente il prodotto presentato<br />
dal pizzaiolo iberico Fàbian Martìne, ovvero<br />
la cosiddetta «pizza liquida». Una variante<br />
altamente innovativa <strong>del</strong>la tradizionale pizza<br />
napoletana da gustare in flute, senza rinunciare<br />
ai migliori ingrendienti. «L’obiettivo<br />
che ci siamo posti — continua Caputo — è di<br />
proiettare i valori <strong>del</strong>la tradizione nel futuro.<br />
Siamo orgogliosi <strong>del</strong>le nostre radici e crediamo<br />
fermamente che debbano essere tutelate,<br />
senza però trascurare l’importanza di tradurle<br />
nel nuovo millennio». Sposato da due anni<br />
con Francesca Aruta, Caputo ha due giovanissime<br />
figlie, Cristina e Beatrice. Tra le esperienze<br />
che ricorda con maggior entusiasmo,<br />
quella di aver contribuito in maniera determinante,<br />
tra il 2005 e il 2006, alla realizzazione<br />
<strong>del</strong> gruppo «Gennaro» (Giovani energie napoletane<br />
per il recupero <strong>del</strong>l’ovvio). Oggi, alla<br />
guida <strong>del</strong>la Molino Caputo, il giovane imprenditore<br />
ha investito energie e denaro nello<br />
sviluppo di due progetti. Il primo quello di<br />
farina.tv, una sorta di cucina virtuale, in cui<br />
grandi professionisti e semplici appassionati<br />
mostrano come realizzare le proprie ricette,<br />
incontrandosi e scambiandosi consigli su come<br />
realizzare manicaretti con farina, dolci,<br />
pizze, pane, pasta e tutto ciò che rientra nella<br />
categoria Food. L’altro, sempre proiettati allo<br />
sviluppo internazionale, promuovere nel<br />
2<strong>01</strong>0 a Las Vegas un seminario sui prodotti<br />
napoletani: genuini, semplici e originali.<br />
Raffaele Nespoli<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
di fabbrica che ha reso unica la cioccolata di<br />
Gay Odin. «La storia <strong>del</strong>l’azienda — racconta<br />
Maglietta — affonda le sue radici 1892,<br />
quando Isidoro Odin trasferì da Alba a Napoli<br />
la sua più grande passione. Poi ai primi<br />
<strong>del</strong> ’900 il matrimonio con Onorina Gay diede<br />
definitivamente vita al marchio che tutt’oggi<br />
ci contraddisgue. La fama <strong>del</strong> suo<br />
cioccolato crebbe a tal punto che nel 19<strong>30</strong><br />
Odin aprì la sua fabbrica nel cuore <strong>del</strong>la città,<br />
cinque piani alle spalle di via dei Mille,<br />
tra le case dei nobili e <strong>del</strong>l’alta borghesia.<br />
Negli anni ’60 la proprietà passò nelle mani<br />
dei miei prozii, Giulio e Nino Castaldi, che<br />
poi tramandarono i segreti <strong>del</strong> cioccolato a<br />
mio padre Giuseppe. Lui, dopo essersi laureato,<br />
prese il timone <strong>del</strong>l’azienda negli anni<br />
’80, coinvolgendo man mano mia madre,<br />
me e i miei fratelli». Vero stacanovista quando<br />
è a lavoro, nel tempo libero Maglietta<br />
ama tenersi in forma giocando a calcio con<br />
gli amici, dilettandosi in qualche partita di<br />
tennis e correndo, almeno due volte a settimana,<br />
in Villa Comunale. Da sette anni è<br />
sposato con Alessandra Di Mauro, dalla quale<br />
ha avuto un figlio, Giuseppe, che oggi, a<br />
sei anni, nell’azienda di famiglia rivive un<br />
po’ la favola di Willy Wonka, divertendosi<br />
qualche volta con gli amici a decorare torte<br />
e, soprattutto, a fare grandi scorpacciate.<br />
Anche lui, se vorrà, un giorno seguirà le orme<br />
<strong>del</strong> padre, magari dedicandosi a far crescere<br />
ancora di più la fama di Gay Odin che<br />
oggi ha già valicato i confini cittadini grazie<br />
ai negozi di Roma e di Milano. Intanto, l’attenzione<br />
di Davide Maglietta è concentrata<br />
sulla fiera <strong>del</strong> cioccolato che venerdì prenderà<br />
vita alla Mostra d’Oltremare. «Nell’occasione<br />
— conclude l’imprenditore napoletano,<br />
membro <strong>del</strong>la giunta <strong>del</strong>l’Unione Industriali<br />
dal 1998 — presenteremo un nuovo<br />
cioccolatino e lasceremo che sia il pubblico<br />
a sceglierne i nome». Un nuovo regalo<br />
goloso che si aggiungerà alle altre <strong>del</strong>izie<br />
che anche quest’anno Gay Odin proporrà<br />
per il Natale.<br />
R. Nes.<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
21<br />
NA
22<br />
NA<br />
SPETTACOLI<br />
Sal Da Vinci (classe ’69)<br />
Alessandro Preziosi (classe ’73)<br />
Lo scugnizzo<br />
adesso canta<br />
per amore<br />
Quanto tempo è passato da passato<br />
da «’O motorino», film musicale<br />
melodrammatico che lo rese noto<br />
in tutti i vicoli di Napoli e lo fece diventare<br />
lo scugnizzo per antonomasia, una<br />
sorta di idolo per gli adolescenti partenopei<br />
sparsi in tutt’Italia e nel mondo. Un vero<br />
e proprio «cult» <strong>del</strong> genere popolare,<br />
che vanta più di un quarto di secolo. Allora<br />
Sal Da Vinci (all’anagrafe Salvatore Michael<br />
Sorrentino) era un ragazzino di appena 14<br />
anni e recitava (e cantava) col padre, quel<br />
Mario Da Vinci, alter ego di Mario Merola,<br />
che per anni aveva portato ovunque la sceneggiata<br />
(e la canzone napoletana).<br />
Il piccolo Sal Da Vinci non era nuovo al<br />
cinema: il suo debutto, infatti, avvenne nel<br />
’78, con «Figlio mio sono innocente», seguito<br />
da «Napoli, storia d’amore e di vendetta».<br />
Ma è la musica il sale <strong>del</strong>la sua vita e<br />
<strong>del</strong>la sua carriera, quella che lo ha portato<br />
fino al terzo posto al Festival di Sanremo di<br />
quest’anno, che non è il primo riconoscimento<br />
di una lunga carriera. Da Vinci, infatti,<br />
debuttò in duetto col padre quando appena<br />
9 anni con «Miracolo ’e Natale», da<br />
cui fu tratta una sceneggiata. Sarà proprio<br />
questo mix di musicalità e tradizione popolare<br />
a segnare la svolta, quella <strong>del</strong> 2002,<br />
quando fu lui a essere scelto come protagonista<br />
<strong>del</strong> musical «C’era una volta. Scugnizzi»,<br />
dopo una ventina di dischi registrati,<br />
prima col papà e poi come solista dalle infi-<br />
nite possibilità vocali. Lo «scugnizzo» che<br />
fa «Scugnizzi» sbanca e il musical, scritto<br />
dal «guru» <strong>del</strong>l’orecchiabilità Claudio Mattone<br />
con Enrico Vaime, fa il tutto esaurito<br />
per anni e diventa nelle mattinate lo spettacolo<br />
più frequentato dalle scolaresche. Non<br />
per niente: infatti narra di ragazzi difficili, a<br />
rischio. Lo spettacolo ha una forte valenza<br />
sociale. Tanto che lui, il protagonista, è<br />
spesso testimonial di iniziative nelle carceri<br />
e per i ragazzi disagiati. Bei testi supportati<br />
da splendide canzoni, che arrivano anche<br />
a Palazzo Grazioli. Sarà per questo che il<br />
premier Berlusconi, grande esperto di melodie,<br />
nella sua ultima discesa a Napoli lo<br />
ha voluto accanto a sé per cantargli il meglio<br />
di «Scugnizzi». Un brand da cui Sal, però,<br />
si sta staccando, mettendo sul palco tutta<br />
la sua personalità di solista, quella di<br />
«Canto per amore», il suo musical, in scena<br />
per due anni. E quella <strong>del</strong> meritato podio di<br />
Sanremo.<br />
Vanni Fondi<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
un sistema complesso che integra<br />
un Science Centre<br />
un Centro per lo Sviluppo Locale<br />
e uno Spazio Eventi<br />
Teatro o tv?<br />
Il successo,<br />
che «dilemma»<br />
Chi non lo ricorda, seduto su una sedie<br />
a rotelle, «bucare» il video fra<br />
gli attori di «Vivere» su Canale 5?<br />
E quale donna non fantastica ancora<br />
oggi pensando al conte Fabrizio Ristori,<br />
fascinoso e coraggioso protagonista di «Elisa<br />
di Rivombrosa», sempre sulla stessa rete?<br />
Sono queste due fortunate serie televisive<br />
che hanno reso famoso e fato apprezzare<br />
Alessandro Preziosi, trentaseienne attore<br />
napoletano che sembra non vantarsi dei<br />
successi sul piccolo schermo, ma piuttosto<br />
Lunedì <strong>30</strong> Novembre 20<strong>09</strong> <strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> Mezzogiorno<br />
di puntare sullo studio che porta a migliorare<br />
giorno dopo giorno la sua già perfetta recitazione.<br />
La scena preferita non è il set televisivo,<br />
ma il palcoscenico, dove Preziosi è e<br />
dà tutto sé stesso.<br />
Il teatro classico resta sempre il suo primo<br />
e ultimo amore. Dalla tragedia greca a<br />
Shakespeare, non c’è nessuna prova in cui<br />
Alessandro Preziosi non si sia cimentato in<br />
scena, gettandosi sul palco «anema e core».<br />
Quel cuore e quell’anima che recentemente<br />
hanno tinto di sociale i suoi impegni teatrali<br />
e lo hanno indotto a metter su una casa di<br />
produzioni che lo porta a compiere degli<br />
esperimenti artistici mai fatti prima.<br />
Un esempio? Quello di intrecciare il suo<br />
percorso con un jazzista elegante e dalla riconosciuta<br />
bravura, Stefano Di Battista, una<br />
liaison arrivata perfino sul palcoscenico <strong>del</strong><br />
Festival di Sanremo. O quello di far incontrare<br />
Luca De Filippo con Shakespeare. È<br />
proprio il Bardo di Stratford on Avon a segnare<br />
la carriera teatrale di Preziosi, tanto<br />
da farlo diventare l’Amleto per tutti. Portato<br />
in tutt’Italia con Silvio Orlando e Franco<br />
Branciaroli, lo spettacolo gli fa vincere lo<br />
scorso anno il «Talento d’oro» nell’ambito<br />
<strong>del</strong> Premio «Franco Martini: un teatro una<br />
vita», certamente più importante per lui <strong>del</strong><br />
Telegatto vinto con «Elisa».<br />
L’avvocato Preziosi (è laureato in Giurisprudenza<br />
e proviene da una famiglia di giuristi)<br />
non ha mai indossato una toga, ma costumi<br />
di scena sì e tanti. E ha dimostrato<br />
fino a ora di saperli portare tutti, di sapersi<br />
trasformare in Amleto, in Laerte, in Edmund<br />
e in Cristoforo Colombo. Senza disdegnare<br />
la divisa di finanziere de «Il Capitano»<br />
e neppure le vesti <strong>del</strong> poliziotto in «Il<br />
commissario de Luca». E senza mai, comunque,<br />
dimenticare il Pietro di «Vivere» e il<br />
conte Ristori.<br />
V. F.<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
www.citta<strong>del</strong>lascienza.it<br />
via Coroglio, 104 e 57 - 8<strong>01</strong>24 Napoli • tel. 081 7352.424<br />
grafica CUEN
<strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> Mezzogiorno Lunedì <strong>30</strong> Novembre 20<strong>09</strong><br />
SPETTACOLI<br />
Serena Autieri (classe ’76)<br />
La piccola Sara<br />
ora è la musa<br />
di Albertazzi<br />
Televisione, tanta televisione (dalle fiction<br />
a Sanremo) e poi il teatro (tuttora<br />
è la «musa» di Albertazzi), il cinema<br />
e, soprattutto il vecchio amore, la<br />
musica. Un’artista completa Serena Autieri,<br />
che a 33 anni è già ritenuta una star <strong>del</strong>lo spettacolo,<br />
una di quelle, però, che non accettano<br />
tutto, anzi. Non è difficile che Serena accetti<br />
un copione se non lo ha prima vagliato, per<br />
non parlare <strong>del</strong>le «comparsate», cui non è avvezza:<br />
roba da veline. Sono passati più di dieci<br />
anni da quel concorso, «Un volto per Sara»,<br />
che la consacrò protagonista <strong>del</strong>la soap napoletana<br />
<strong>del</strong> momento, portandola dal suo quartiere,<br />
Fuorigrotta, sul set di «Un posto al sole». Il<br />
suo personaggio ebbe un successo che andò<br />
ben al di là <strong>del</strong>la fiction e la portò a mostrare<br />
che oltre il bel viso e la voce c’era di più: la<br />
presenza. D’altronde non poteva che essere così,<br />
visto che l’Autieri studiava canto, recitazione<br />
e danza classica fin da bambina.<br />
Dopo due anni di «Un posto al sole» ecco<br />
un’altra fiction, sempre sulla Rai, «Vento di ponente»<br />
(due serie) e i primi musical in teatro,<br />
«Bulli & Pupe», «Vacanze Romane» di Garinei<br />
con Massimo Ghini. Poi, Sanremo, scelta con<br />
la gerini al Festival da Pippo Baudo, che le offrì<br />
per la prima volta un ruolo di co-conduttirice<br />
e showgirl e non quello canonico <strong>del</strong>la valletta<br />
muta. In tv continua il successo con l«Callas e<br />
Onassis» e le due serie di «L’onore e il rispetto»<br />
di Samperi (la seconda è andata in onda<br />
recentemente). Senza dimenticare la parte <strong>del</strong>la<br />
professoressa Elisabetta Paolini nel film<br />
«Notte prima degli esami - Oggi» di Brizzi.<br />
Ma è il teatro in cui si sta forgiando la figura<br />
professionale di questa bella ragazza di Fuorigrotta,<br />
all’apparenza irraggiungibile, ma invece<br />
molto coinvolta e coinvolgente (il sangue<br />
napoletano non mente), forse grazie anche alla<br />
sua calda musicalità. Dall’incontro con Giorgio<br />
Albertazzi nascono, infatti, «Shakespeare<br />
in jazz», in scena al Teatro Romano di Verona e<br />
quest’anno al Sistina di Roma, «Facce da teatro»<br />
e un classico come «Sogno di una notte di<br />
Mezza estate». Il 20<strong>09</strong> per lei significa anche il<br />
ritorno al cinema con due titoli: «L’ultimo crodino»<br />
con Ricky Tognazzi ed Enzo Iachetti e<br />
«Liolà», per la regia di Gabriele Lavia.<br />
Vanni Fondi<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
Alessandra Mastronardi (classe ’86)<br />
Le storie di Eva<br />
appassionano<br />
una generazione<br />
Napoletana dall’accento romano (preso<br />
dal padre e dalla città dove risiede),<br />
Alessandra Mastronardi è uno<br />
dei giovani astri <strong>del</strong> cinema e <strong>del</strong>la<br />
tv giovanile. Universalmente nota come l’Eva<br />
dei «Cesaroni», ha recitato in tutte le serie <strong>del</strong>la<br />
fiction di punta di Canale 5, diventandone<br />
protagonista. Da ragazzina a innamorata depressa,<br />
<strong>del</strong>usa, infelice, ma sempre pronta a<br />
tornare sorridente e a ritrovare l’amore, il suo<br />
personaggio è aumentato di spessore durante<br />
le quattro serie, anche se lei continua a rimanere<br />
un punto di riferimento per tutte le coetanee.<br />
Ovvero le ragazze sotto i trenta (Alessandra<br />
di anni ne ha 23, essrndo nata nell’86), che<br />
pur non avendo più l’età per usufruire <strong>del</strong>la<br />
massiccia dose di film alla Moccia, guardano al<br />
cinema e alla tv per trovare dei mo<strong>del</strong>li di riferimento.<br />
Di personaggi che rappresentino anche<br />
i problemi <strong>del</strong>l’inserimento nel mondo <strong>del</strong><br />
lavoro o quelli derivati dalla prima maternità.<br />
Alessandra per le ventenni rappresenta una sorella<br />
e lei lo sa. Come lo sanno produttori e giurie<br />
dei festival che la «coccolano» sin da quando<br />
era teen-ager. E la premiano (Telegatto, Sorrisi<br />
& Canzoni, Simpatia, Margutta, Arechio<br />
d’oro), sempre per la freschezza <strong>del</strong> suo personaggio<br />
ne «I Cesaroni». Ma la Mastronardi ha<br />
dalla sua un’infinita serie di partecipazioni nelle<br />
fiction più note: da «Un medico in famiglia<br />
3» a Don Matteo 5», da «Il Grande Torino» a<br />
«Non smettere di sognare» fino a «Romanzo<br />
criminale», versione 1 e 2. Senza dimenticare i<br />
ruoli nel cinema italiano, da «Il manoscritto di<br />
Van Hecken» a «Il motore nel mondo» e «Una<br />
piccola storia», passando per «La bestia nel<br />
cuore» di Cristina Comencini. E gli spot? Alessandra<br />
ne ha girati a bizzeffe, da «Fresco blu»<br />
di Ferzan Ozpetek ai sofficini Findus a quelli<br />
<strong>del</strong> ministero per l’Istruzione. Ma la pubblicità<br />
che l’ha resa famosa è un’altra, telefonica. Chi<br />
non ricorda, infatti, che la giovane attrice è stata<br />
la «ragazza Tim» per ben 5 anni, impegnata<br />
nella parte <strong>del</strong>la ragazza <strong>del</strong>la porta accanto?<br />
V. F.<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
Luisa Ranieri (classe ’73)<br />
Un tormentone,<br />
poi il cinema<br />
dei maestri<br />
Il tormentone «Anto’, fa caldo» non se lo<br />
scrolla di dosso. Anche perché le immagini<br />
sensuali di quella pubblicità rimandano alla<br />
suo fascinosa immagine attuale. Il successo<br />
di Luisa Ranieri, trentacinquenne bellezza<br />
mediterranea (che fa a gara con Monica Bellucci)<br />
parte proprio da quello spot di Alessandro D’Alatri,<br />
che la fa diventare un’icona. Subito protagoni-<br />
Caterina Balivo (classe ’80)<br />
Da Miss Italia<br />
al sabato sera<br />
di RaiUno<br />
Non sembrano passati dieci anni da<br />
quell’edizione di Miss Italia che la<br />
fece andare ben oltre il terzo posto<br />
nazionale. Già allora Caterina Balivo<br />
«bucava» il video, tanto che il conduttore<br />
<strong>del</strong> concorso, Fabrizio Frizzi, la volle subito<br />
con sé, prima come inviata di Miss Italia e poi<br />
come ospite fissa nello show <strong>del</strong> sabato sera<br />
«Scommettiamo che?». Chi sa se allora Caterina<br />
avrebbe mai pensato che qualche<br />
anno dopo, appena trentenne, sarebbe<br />
stata lei a condurre programmi in prima<br />
serata sulla rete «ammiraglia» <strong>del</strong>la tv<br />
pubblica. Ma Caterina era ambiziosa: i<br />
panni <strong>del</strong>l’ex reginetta di bellezza le stavano<br />
già stretti. Volava fare la giornalista, condurre<br />
«il gioco» e ci è riuscita. Seguendo prima<br />
corsi di recitazione e poi facendo uno stage<br />
di giornalismo che l’ha portata a diventare<br />
pubblicista. Nel frattempo, oltre a essere inviata<br />
dei vari programmi «satellite» di Miss Italia,<br />
comincia a condurre le «esterne» dei «Raccomandati»<br />
di Carlo Conti e, dopo alcune esperienze<br />
teatrali e cinematografiche, torna su RaiUno<br />
per condurre il varietà «Cormayeur on<br />
ice». Ma il salto di qualità e d’impegno arriva<br />
con l’approdo nella squadra di «Unomattina»,<br />
in particolare, con la conduzione di «Unomattina<br />
estate in giardino» e di «Unomattina sabato<br />
& domenica». E infine affiancando Massimo<br />
Giletti in «Casa RaiUno». Poi, dal 2004, per<br />
la Balivo è tutta una discesa verso il successo.<br />
Co-conduce «Unomattina», prima di arrivare<br />
a presentare con Conti il veglione di fine anno<br />
di RaiUno. Nel 2005, comincia l’avventura di<br />
un programma tutto suo, «Festa Italiana», che<br />
ancora conduce. Caterina conferma in questo<br />
programma la sua bravura (e la sua ambizione)<br />
ritagliandosi sempre più spazio nel pomeriggio<br />
<strong>del</strong>la rete «ammiraglia». Fino ad arrivare<br />
ancora alla prima serata. Con un format partenopeo,<br />
«Napoli prima e dopo», e soprattutto<br />
con la riedizione di un collaudato spettacolo<br />
di successo, «Stasera mi butto». Accanto a lei<br />
c’è un conterraneo, il napoletanissimo Biagio<br />
Izzo. Con lui Caterina prova finalmente il brivido<br />
di essere la protagonista <strong>del</strong> sabato sera di<br />
RaiUno. Esperienza che viene confermata con<br />
la recente conduzione di «Dimmi la verità».<br />
V. F.<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
sta di un film di quelli che sbanmcano il botteghino,<br />
«Il principe e il pirata» di Leonardo Pieraccioni.<br />
L’anno è il 20<strong>01</strong>. Poi, dopo aver perso parte a<br />
«La Squadra» su RaiTre», Luisa torna in tv con<br />
una parte in «Maria Goretti di Giulio Base e in<br />
altre serie tv, fino a «Callas e Onassis». La Ranieri<br />
è Maria Callas e da mediterranea qual è riesce a<br />
rendere tutto il tormento di una donna che viene<br />
dal mare e si lascia trascinare dalle sue onde. Nel<br />
frattempo, dopo due film targati Manni e Odorisio,<br />
arriva la chiamata che tutti sognano, quella<br />
di un maestro <strong>del</strong> cinema. Michelangelo Antonioni<br />
la vuole per il suo episodio di «Eros», un’anotologia-omaggio<br />
al meastro sull’erotismo, in tre<br />
capitoli diretti da Steven Soderbergh, Wong<br />
Kar-Wai e dallo stesso Antonioni. Qui Luisa trabocca<br />
di sensualità (e di bravura) dimostrando<br />
di essere all’altezza <strong>del</strong>le «muse» <strong>del</strong> maestro, ricordando<br />
la Monica Vitti de «L’Avventura». Della<br />
Vitti la Ranieri ricorda anche i tratti ironici, che<br />
vengono fuori nelle seguenti «avventure» al cinema<br />
e in tv. Come non ricordare il personaggio<br />
<strong>del</strong>l’amante nell’ultimo film di Vincenzo Salemme,<br />
«Sms», o l’interpetazione di una <strong>del</strong>le<br />
donne alla «Sex and the city» <strong>del</strong>la fiction recentemente<br />
andata in onda su Canale 5, «Amiche<br />
mie»? Luisa, nel frattempo compare anche nella<br />
fiction «’O professore», sempre su Canale 5, e nel<br />
film «Gli amici <strong>del</strong> bar Margherita», diretto da Pupi<br />
Avati, altro maestro <strong>del</strong> cinema italiano. L’ennesimo<br />
«lasciapassare» verso altri film di spessore<br />
per la bruna napoletana diventata famosa, come<br />
il suo collega Stefano Accorsi («Maxibon,<br />
c’est bon»), con uno spot-tormentone. Senza dimenticare,<br />
infine, il suo debutto a teatro, come<br />
protagonista nello spettacolo «L’Oro di Napoli».<br />
V. F.<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
Direttore responsabile: Marco Demarco<br />
Reg. Trib. Napoli n. 4881 <strong>del</strong> 17/6/1997<br />
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Lunedì <strong>30</strong> Novembre 20<strong>09</strong> <strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> Mezzogiorno