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campania/direzione/01 ... 30/11/09 - Corriere del ...

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1<br />

Dossier<br />

Quarantenni<br />

IL NOSTRO FUTURO<br />

NELLE LORO MANI<br />

di PAOLO GRASSI e ANGELO LOMONACO<br />

Il futuro ovviamente è nelle mani dei<br />

giovani. Il futuro prossimo in quelle<br />

dei quarantenni, o giù di lì, che hanno<br />

già percorso abbastanza strada da<br />

mietere i primi successi e conquistare<br />

considerazione, ma ne hanno anche abbastanza<br />

davanti da indurci a contare su di<br />

loro. E questo vale anche in Campania,<br />

dove più che in molte altre regioni si paga<br />

la crisi economica, soprattutto sul piano<br />

occupazionale; dove l’allarme criminalità<br />

è cronico; dove non è ancora stata superata<br />

<strong>del</strong> tutto la crisi d’immagine conseguente<br />

alla devastante stagione dei rifiuti.<br />

Anche qui, infatti, dove le reiterate<br />

emergenze hanno causato da un lato la<br />

perdita di credibilità <strong>del</strong> ceto politico e<br />

dall’altro la perdita di punti di riferimento<br />

per la società nel suo complesso, ci sono<br />

tanti giovani che meritano fiducia.<br />

Nella lotta alla criminalità, per esempio,<br />

conta soprattutto il lavoro <strong>del</strong>le forze<br />

<strong>del</strong>l’ordine e dei magistrati, che negli ultimi<br />

anni si è molto intensificato e ha dato<br />

spazio a tanti personaggi emergenti. Ma<br />

anche l’irrompere sulla scena di intellettuali<br />

come Roberto Saviano ha contribuito<br />

a creare intorno a loro un clima diverso,<br />

di attenzione non più soltanto rituale,<br />

e quindi a tracciare una strada nuova.<br />

La crisi e il cambiamento dei partiti,<br />

con un quadro nazionale e locale in fermento,<br />

e l’imminenza <strong>del</strong> voto per la Regione<br />

consentono, richiedono e stimolano<br />

la formazione di figure nuove. Così anche<br />

nell’economia, in ambito creativo,<br />

nello sport, nella cultura, nei piaceri, negli<br />

spettacoli. Un po’ per un fisiologico e<br />

ciclico ricambio generazionale, un po’<br />

per le scadenze, un po’ perché la società<br />

campana ha bisogno di energie nuove<br />

per ritrovare un’identità, potere e immaginazione<br />

si spostano rapidamente verso<br />

i quarantenni. In queste pagine presentiamo<br />

non un elenco completo, né tantomeno<br />

una classifica, dei campani che non siano<br />

nati prima <strong>del</strong> 1969 dai quali è lecito<br />

attendersi cose importanti per loro stessi<br />

e per tutti gli altri. Questa è soltanto una<br />

rassegna di politici emergenti, imprenditori<br />

che si stanno facendo strada, di attori,<br />

scrittori, artisti — proposti in ordine<br />

alfabetico per settore — dei quali presto<br />

sentirà parlare anche chi non li conosce<br />

già. E che quindi potranno dare un contributo<br />

significativo alla costruzione <strong>del</strong> futuro<br />

comune.<br />

L’editoriale<br />

Perché credo nei giovani<br />

di ENZO GIUSTINO<br />

© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />

Credo che i primi quarant’anni<br />

per un uomo siano quelli in<br />

cui si forgia la propria personalità<br />

e si intuisce il contributo<br />

che si può dare alla collettività. Anni<br />

determinanti per il proprio futuro e<br />

per quello <strong>del</strong>la società che l’accoglie.<br />

La cultura, la scienza, le arti, l’imprenditoria,<br />

il modo di produrre, gli usi e i<br />

costumi, la qualità <strong>del</strong>la vita, nei luoghi<br />

di lavoro e fuori, il governo e l’uso<br />

<strong>del</strong> territorio, la sensibilità a capire e<br />

ad agire nell’interesse di se stessi e <strong>del</strong>la<br />

comunità, tutto questo lo si intende<br />

e lo si acquisisce nei primi quarant’anni<br />

di vita. Non è mai troppo tardi naturalmente,<br />

ma dopo diviene tutto più<br />

difficile. La tragedia di questioni degradanti,<br />

come la disonestà e la corruzione;<br />

o quella <strong>del</strong>le aree dominate dalla<br />

malavita, organizzata e non, insieme<br />

ai danni morali e materiali che essa<br />

produce alla comunità, va valutata anche<br />

e soprattutto in relazione alla negativa<br />

ipoteca che determina sui giovani<br />

e il loro futuro, impedendo loro di contribuire<br />

a costruirlo.<br />

Quindi, pensando ai quarantenni<br />

campani di oggi, cioè di una stagione<br />

<strong>campania</strong><br />

Lunedì <strong>30</strong> novembre 20<strong>09</strong><br />

che forse non è la più felice per la regione,<br />

pensando al ruolo che i giovani<br />

possono assumere nel cambiamento<br />

e nello sviluppo, la prima osservazione<br />

che mi viene in mente è che probabilmente<br />

per loro, per i giovani,<br />

non esistono stagioni più o meno felici<br />

di altre. Naturalmente tutto questo<br />

in regime di democrazia, di libertà e<br />

di progresso, civile ed economico<br />

(astraendosi quindi dai periodi bui,<br />

contrassegnati da guerre, distruzioni,<br />

dittature).<br />

Per ciò che concerne l’esperienza di<br />

vita <strong>del</strong>la mia generazione, credo che<br />

non una ma due stagioni vadano ricordate.<br />

Quella <strong>del</strong> dopoguerra, in cui ci<br />

si impegnò nella ricostruzione morale<br />

e materiale <strong>del</strong> nostro Paese. In quel<br />

tempo per i giovani si profilava l’obiettivo<br />

di divenire protagonisti nella costruzione<br />

di un paese libero e democratico;<br />

proteso verso lo sviluppo civile,<br />

economico, sociale. Un Paese impegnato<br />

a ritagliarsi un posto di prestigio,<br />

anche sotto il profilo industriale,<br />

all’interno <strong>del</strong>la nascente Europa. Una<br />

prospettiva di una suggestione incredibile.<br />

Tutto questo fu perseguito e raggiunto,<br />

malgrado i contrasti, le contrapposizioni<br />

ideologiche, l’anomalia<br />

<strong>del</strong> divario tra Nord e Sud. Tutte difficoltà<br />

che furono superate. Certamente<br />

per l’impegno e la volontà dei grandi<br />

uomini di quel tempo, ma soprattutto<br />

per la determinante spinta esercitata<br />

dai giovani di quegli anni, anche se<br />

schierati su posizioni diverse. Giovani<br />

che raccolsero la sfida <strong>del</strong> tempo, nelle<br />

fabbriche, nelle scuole, nelle Università.<br />

Molti lasciando i luoghi di origine<br />

per recarsi dove maggiormente<br />

avrebbero potuto porre in valore le potenzialità<br />

di cui erano dotati.<br />

Vi è poi un’altra stagione che va ricordata.<br />

Verso la fine degli anni Sessanta<br />

e per il successivo decennio, il<br />

nostro Paese ha vissuto momenti difficili,<br />

talvolta tragici. Specie negli anni<br />

Settanta, alla crisi industriale ed economica<br />

si cumulavano a quelle politica,<br />

sociale e di finanza pubblica. Sul<br />

piano produttivo poi, l’economia mondiale<br />

fu investita da una crisi originata<br />

da ciò che in quell’epoca fu definito<br />

«il ricatto petrolifero».<br />

CONTINUA A PAGINA 12<br />

Mercoledì 2 dicembre<br />

Inserto e convegno<br />

<strong>del</strong> <strong>Corriere</strong> <strong>del</strong>la Sera<br />

«Campania, oltre il presente.<br />

I mille volti di una regione<br />

all’appuntamento con lo sviluppo».<br />

A questo tema il <strong>Corriere</strong> <strong>del</strong>la Sera<br />

dedicherà un inserto speciale di 44<br />

pagine per la serie «Italie», che sarà<br />

in edicola con il quotidiano<br />

mercoledì 2 dicembre.<br />

Lo stesso giorno e sullo stesso<br />

tema è in programma a Napoli<br />

un convegno, che si terrà<br />

nell’Antro di Virgilio<br />

di Castel <strong>del</strong>l’Ovo.<br />

Al dibattito interverranno<br />

il presidente<br />

<strong>del</strong>la Regione Campania<br />

Antonio Bassolino,<br />

il presidente <strong>del</strong> Cis<br />

Interporto Campano<br />

Gianni Punzo, la vicepresidente<br />

di Confindustria con <strong>del</strong>ega per il<br />

Mezzogiorno Cristiana Coppola,<br />

il presidente <strong>del</strong> Banco di Napoli<br />

Enzo Giustino e il managing director<br />

di Msc Crociere Domenico Pellegrino.<br />

Moderatore sarà il direttore<br />

<strong>del</strong> <strong>Corriere</strong> <strong>del</strong>la Sera<br />

Ferruccio de Bortoli (nella foto).<br />

L’incontro comincerà alle 10.<strong>30</strong>.


2<br />

NA<br />

LOTTA AI CLAN<br />

’A67<br />

Rock e «pogo»<br />

per sfidare<br />

la criminalità<br />

Quando uscì il disco intitolato «’A camorra<br />

song’io», anno 2005, c’era chi arricciava il naso.<br />

Che vuol dire ’sto titolo? Questi scherzano con le<br />

cose serie... si sono montati la testa. Questi erano,<br />

sono, gli ’A67, una rock band formata da cinque musicisti<br />

<strong>del</strong>la periferia napoletana, gruppo eponimo <strong>del</strong>l’agglomerato-monstre,<br />

la 167 di Secondigliano. Intitolarono così,<br />

sfacciati, il loro secondo album. Da una colorata e umida<br />

sala prove di Barra urlavano forte, alluccavano: la camorra<br />

sono io, perché la malavita non è solo questione di morti<br />

ammazzati e riunioni di boss a Montecarlo: dai bassi dei<br />

quartieri all’attico di via Posillipo — hanno ricordato gli<br />

’A67 in centinaia di interviste — siamo tutti coinvolti, riguarda<br />

ognuno di noi. Note incazzate, quelle di Daniele<br />

Sanzone (cantante), Andrea Verdicchio (sax), Enzo Cangiano<br />

(chitarre), Luciano Esposito (batterie) e Gianluca<br />

Ciccarelli (basso). A parte le pose da book, hanno facce da<br />

bravi guaglioni, quasi tutti under <strong>30</strong>. Fanno musica «crossover»,<br />

folk-rock, fusione di rap e chitarre alla maniera<br />

dei Rage against the machine, gruppo di culto per la lotta<br />

in Chiapas. Già: è battaglia a suon di giri di basso, riff,<br />

sfoghi di sax nei quattro angoli <strong>del</strong> pianeta. E Napoli, tre<br />

quarti Sud <strong>del</strong> mondo un quarto Unione europea, non<br />

manca all’appello. La camorra si combatte anche col «pogo»,<br />

gli spintoni da finta rissa ai concerti. Musica e impegno<br />

anticlan: in questo caso non parliamo solo di buona<br />

volontà. Nei testi <strong>del</strong>le canzoni degli ’A67 («... Se la paura<br />

fa 90 / ’a dignità fa 180...») è fiorita una nuova stagione di<br />

«militanza di racconto», dice Sanzone. Si fa largo dopo<br />

l’onda <strong>del</strong>le Posse anni Novanta, il popolo noglobal di Seattle<br />

<strong>del</strong> 2000-20<strong>01</strong> e il limbo seguito all’<strong>11</strong> settembre. Sulla<br />

loro scia si inserisce anche l’mc partenopeo Lucariello,<br />

che dedica «Cappotto di legno» a Roberto Saviano e la canta<br />

in tv ad AnnoZero (il disco si chiama «Veleno fertile» e<br />

denuncia l’inquinamento <strong>del</strong>la Campania).<br />

Gli ’A67 nascono nel 2004, anno <strong>del</strong>la faida di Scampia,<br />

quartiere dove abitano vari membri <strong>del</strong> gruppo. Esce l’ep<br />

«Voglie parla’». Vincono il premio Siae come miglior<br />

band emergente. Il primo di una lunga serie di riconoscimenti.<br />

Nel 2007, iniziano un tour particolare: si esibiscono<br />

nelle scuole. È la prima volta che una rockband suona<br />

e parla di camorra nelle classi. Da Casal di Principe a Ottaviano.<br />

Il «tour» prosegue anche a Ferrara e Torino, grazie<br />

ad Amnesty, Libera e alla Regione Campania. Sgobbano<br />

come muli. Concerti, prove, iniziative sociali. L’ultimo album<br />

è Suburb; si affianca alla cover di «Io non mi sento<br />

italiano» di Gaber. Il video l’hanno girato a Castel Volturno,<br />

nella masseria di Michele Zaza. I proventi <strong>del</strong>le vendite<br />

online sosterranno il progetto Libera Terra. Tutto perfetto?<br />

Non proprio. Daniele Sanzone da un po’ nota in tante<br />

persone «disattenzione» (noia?) rispetto all’argomento camorra.<br />

«Gomorra» ha in alcuni casi creato l’effetto overdose:<br />

se ne parla troppo. «Ciò non vuol dire allentare l’impegno.<br />

Tocca invece agli artisti, prima di altri, trovare il<br />

modo più efficace per far passare il messaggio, con altri<br />

mezzi». I più potenti: l’arte, la musica, il racconto.<br />

Alessandro Chetta<br />

© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />

Alessandra Clemente (classe ’87)<br />

Una fondazione<br />

nel nome<br />

di mamma Silvia<br />

Piazza <strong>del</strong> Plebiscito, tarda mattinata <strong>del</strong> 21 marzo<br />

20<strong>09</strong>. Fa freddo, da battere i denti. Alessandra<br />

è a pochi metri dal palco, stretta nel suo<br />

cappottino bianco, collo avvolto da una sciarpa<br />

con i colori <strong>del</strong>la pace, circondata da un gruppo di<br />

amici. Si vede che è tesa, ma cerca di nasconderlo dietro<br />

grandi, e bellissimi, sorrisi. Tra qualche minuto<br />

parlerà per la prima volta al microfono, davanti alle<br />

centocinquantamila persone chiamate a raccolta dall’associazione<br />

Libera per dire «no alle mafie»: «Benvenuti<br />

nella mia città. Io sono Alessandra e mia mamma<br />

era Silvia Ruotolo: quando la camorra l’ha uccisa, nel<br />

1997, aveva solo 39 anni. È stato un agguato folle e<br />

criminale, senza alcuna logica né spiegazione».<br />

Qualche mese dopo Alessandra è sull’autobus che<br />

sta portando a Roma la <strong>del</strong>egazione campana che parteciperà<br />

a «Contromafie». Racconta <strong>del</strong> viaggio fatto<br />

ad agosto in Sudamerica e ha addosso la stanchezza di<br />

una ragazza di ventidue anni che la sera prima è uscita<br />

con le amiche e ha fatto tardi. Così, quando il papà<br />

Lorenzo le dice che sarà lei a leggere il saluto inviato<br />

dal presidente Napolitano di fronte ai ministri, ai parlamentari,<br />

agli alti magistrati e alla folla <strong>del</strong>l’auditorium<br />

<strong>del</strong>la Conciliazione, un velo d’ansia le copre per<br />

un po’ il sorriso. Ma poi, due ore dopo, salirà sul palco,<br />

ancora una volta piccola ambasciatrice di un dolore<br />

impossibile da cancellare. Un dolore trasformato in<br />

impegno, e testimonianza. C’è l’attività di quella che<br />

Alessandra chiama «la sua grande famiglia», riunita<br />

nel Coordinamento dei parenti <strong>del</strong>le vittime innocenti<br />

di camorra: si offrono sostegno reciproco, portano<br />

avanti battaglie sociali, e politiche, per tutelare i loro<br />

diritti e per rafforzare la lotta alle mafie. Poi c’è il Comitato<br />

«Silvia Ruotolo», che a gennaio diventerà una fondazione<br />

per i ragazzi a rischio finanziata con il risarcimento<br />

ottenuto nel processo per l’omicidio, «perché<br />

mia mamma, che insegnava e amava i bambini, avrebbe<br />

di certo voluto così». L’inverno scorso, nel carcere<br />

di Nisida, Alessandra e il papà hanno trascorso giornate<br />

intere con i ragazzi reclusi, e con loro hanno realizzato<br />

una scultura di mattoncini colorati, uno per ogni<br />

persona uccisa «per errore» dai clan: un aquilone che<br />

oggi vola su un muro nel cortile <strong>del</strong>l’istituto penitenziario.<br />

Alessandra vuole diventare magistrato. Ora ci<br />

sono gli ultimi esami a giurisprudenza, la tesi in diritto<br />

<strong>del</strong> lavoro, le amiche e la voglia di viaggiare: «voglio<br />

imparare ad usare perfettamente la macchina fotografica,<br />

per catturare tutto quello che vedo».<br />

A dieci anni, pochi giorni dopo la morte <strong>del</strong>la mamma,<br />

Alessandra scrisse una favola in cui raccontava di<br />

un gambero che si ostinava a camminare sempre in<br />

avanti, contro natura, ferendosi, ma senza fermarsi.<br />

Nel primo editoriale <strong>del</strong> <strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> Mezzogiorno, dedicato<br />

proprio ai familiari di Silvia Ruotolo, quelle parole<br />

divennero metafora di una città ferita, e <strong>del</strong>la speranza<br />

che sapesse rialzarsi.<br />

Chiara Marasca<br />

© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />

Lunedì <strong>30</strong> Novembre 20<strong>09</strong> <strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> Mezzogiorno<br />

Qui sopra, Alessandra Clemente. In alto gli ’A67<br />

A destra, dall’alto, Simona Di Monte e Cristiana Mandara


<strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> Mezzogiorno Lunedì <strong>30</strong> Novembre 20<strong>09</strong><br />

Simona Di Monte (classe ’69) Cristiana Mandara (classe ’70)<br />

La pm «discreta»<br />

che ha incastrato<br />

i boss <strong>del</strong> Nolano<br />

Adiciotto anni voleva iscriversi al corso di laurea<br />

in Chimica, per imparare come nascono i<br />

cosmetici. Ma poi l’idea di dover studiare tanta<br />

matematica la scoraggiò, e decise di virare<br />

verso Giurisprudenza. E così, invece di inventare formule<br />

per lenire i segni <strong>del</strong> tempo, si è ritrovata, magistrato,<br />

a lavorare per rendere il mondo più giusto. Ma il buon<br />

gusto, è evidente, non l’ha smarrito, e così oggi Simona<br />

Di Monte, classe ’69, è una donna raffinata, abituata a<br />

tenere un elegante basso profilo. Poche interviste, mai<br />

cercate, e tanto lavoro. Ma, in ogni caso, sui giornali il<br />

suo nome ci finisce spesso, visto che da sei anni è in forze<br />

alla Direzione distrettuale antimafia <strong>del</strong>la Procura partenopea,<br />

praticamente la prima linea contro i clan. L’ultima<br />

volta che quotidiani e siti web hanno parlato di lei è<br />

stato poche settimane fa, in occasione <strong>del</strong> doppio blitz<br />

<strong>del</strong>le forze <strong>del</strong>l’ordine che, nel giro di un weekend, hanno<br />

incastrato i due superlatitanti Salvatore e Pasquale<br />

Russo, inseriti nell’elenco dei primi trenta ricercati. È stata<br />

Simona Di Monte, infatti, a ricostruire la rete di affari,<br />

relazioni e connivenze intrecciata dai due boss <strong>del</strong> Nolano,<br />

anche in collegamento con la mafia, dopo l’uscita di<br />

scena di Carmine Alfieri, arrestato nel 1992 e poi diventato<br />

collaboratore di giustizia. Prima di lavorare nel pool<br />

di magistrati (con lei i colleghi Frunzio, Corona e Del<br />

Gaudio) che tra il 2004 e il 2005 ha indagato sugli scenari<br />

<strong>del</strong>la drammatica faida di Scampia, la Di Monte aveva<br />

affrontato il primo importante processo di camorra nel<br />

20<strong>01</strong>, a Pompei, «grande momento di crescita professionale»,<br />

affiancando in aula il collega Giuseppe Borrelli, autore<br />

<strong>del</strong>le indagini contro il clan Cesarano. Due inchieste<br />

l’hanno segnata emotivamente più <strong>del</strong>le altre: «il caso<br />

agghiacciante» <strong>del</strong>l’omicidio <strong>del</strong> piccolo Silvestro Delle<br />

Cave, che ha seguito come pm nel ’97, dopo appena un<br />

anno di servizio presso la Procura di Nola, e l’indagine<br />

<strong>del</strong> 2002 sulla strage di Quindici, «uno scontro tra donne<br />

messo in atto con modalità degne di un’aggressione tribale,<br />

di una violenza mostruosa». È domenica sera e nella<br />

cittadina <strong>del</strong>l’Irpinia si spara in pieno centro. Da un<br />

lato ci sono le donne <strong>del</strong> clan Cava, dall’altro quelle <strong>del</strong>la<br />

cosca rivale dei Graziano: tre muoiono, altre due restano<br />

gravemente ferite. Pochi giorni prima le ambasciatrici<br />

dei due opposti schieramenti si erano incontrate e affrontate<br />

in piazza davanti ai compaesani: insulti, spintoni,<br />

schiaffi. Poi lo scontro con le pistole, come veri boss.<br />

Ed è da allora che Simona Di Monte viene spesso intervistata,<br />

anche da cronisti stranieri, sul complicato e scioccante<br />

tema <strong>del</strong> ruolo <strong>del</strong>le donne nella camorra.<br />

In prima linea, dunque, con spirito di servizio e toni<br />

moderati — al tempo <strong>del</strong>la guerra intestina <strong>del</strong>la procura<br />

targata Cordova intervenne a un’assemblea criticando<br />

le posizioni assunte dal capo dei pm, ma precisando, al<br />

tempo stesso, di non appartenere a nessuna corrente <strong>del</strong><br />

«sindacato dei giudici» — «mettendo sempre mio figlio<br />

al primo posto» e cercando, «a fatica, di ritagliare qualche<br />

momento per le mie passioni, viaggi e romanzi».<br />

C. M.<br />

© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />

Cacciatrice<br />

di latitanti<br />

per vocazione<br />

Aguardarla, Cristiana Mandara non incute timore,<br />

anzi. Donna di bella presenza, 39 anni,<br />

una lunga chioma bionda e modi affabili,<br />

per lavoro cattura latitanti. Non incute timore,<br />

certo, salvo a coloro che hanno la fedina penale<br />

sporca. Capo <strong>del</strong>la sezione «catturandi» <strong>del</strong>la Squadra<br />

Mobile di Napoli già dal 2005, la funzionaria si divide<br />

fra un lavoro al cardiopalma, un compagno (libero<br />

professionista) e il figlioletto Alessandro che ha poco<br />

più di un anno. I lettori la conoscono soprattutto per<br />

alcune operazioni eccellenti, come la cattura dei superboss<br />

Vincenzo Licciardi e Edoardo Contini. I colleghi<br />

<strong>del</strong>la Mobile, guidata dal primo dirigente Vittorio Pisani,<br />

per il lavoro quotidiano che, anche quando non suscita<br />

l’attenzione dei mass media, è portato avanti con<br />

enorme impegno e sacrificio.<br />

Cristiana Mandara, vicequestore aggiunto presso la<br />

Questura di Napoli, è nata nel capoluogo campano il<br />

15 maggio 1970. La sua, più che una passione, è stata<br />

fin dall’inizio una vera vocazione. Nel 1995 si laurea in<br />

Giurisprudenza all’Università Federico II, con una tesi<br />

in criminologia su «La criminalità informatica». I passi<br />

immediatamente successivi lascerebbero intendere<br />

un futuro diverso, ma il cammino <strong>del</strong>la criminologa è<br />

già tracciato. Nel 1998 consegue l’abilitazione come avvocato,<br />

dopo aver svolto due anni di pratica forense<br />

presso uno studio legale partenopeo specializzato in<br />

diritto penale. Nel 1999, vincitrice di un concorso pubblico,<br />

svolge addirittura l’incarico di segretario comunale<br />

a Ficulle e a Parrano, piccoli centri in provincia di<br />

Terni. Mansione, questa, che ricoprirà fino all’anno<br />

successivo. Ed è proprio nel 2000 che, vincendo un altro<br />

concorso pubblico, Cristiana Mandara accede al<br />

corso per vicecommissario <strong>del</strong>la Polizia di Stato presso<br />

l’Istituto Superiore di Polizia di Roma. Il corso dura<br />

nove mesi, al termine dei quali le viene assegnato ufficialmente<br />

l’incarico di vicecommissario.<br />

Subito dopo, nel gennaio 20<strong>01</strong>, Cristiana Mandara<br />

viene assegnata alla Questura di Rimini, il cui responsabile<br />

le affida il compito di dirigere l’Ufficio Prevenzione<br />

Generale (coordina, praticamente, il servizio <strong>del</strong>le<br />

«volanti»). A giugno, è già commissario capo. È nel<br />

2004 che la poliziotta richiede il trasferimento nella<br />

sua città natale, a Napoli, dove il lavoro è certamente<br />

più duro, e forse più stimolante per chi ha intenzione<br />

di mettersi in gioco. Nel capoluogo campano Cristiana<br />

Mandara lavora in servizio di pattuglia, svolgendo anche<br />

turni di notte, e toccando con mano ogni giorno il<br />

tessuto criminale di una città violenta. Basta poco per<br />

rendersi conto che quella donna ha sì un bel viso, ma<br />

anche spalle abbastanza larghe da sostenere il peso di<br />

un incarico diverso. Nel gennaio 2005, Cristiana Mandara<br />

diventa una «cacciatrice di latitanti», giovane sì,<br />

ma efficace.<br />

Stefano Piedimonte<br />

© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />

3<br />

NA


4<br />

NA<br />

informazione pubblicitaria<br />

ISTITUTO ITALIANO PER GLI STUDI FILOSOFICI<br />

Diploma d’onore <strong>del</strong> Parlamento Europeo<br />

Palazzo Serra di Cassano - via Monte di Dio 14, Napoli - www.iisf.it - Posta elettronica: segreteria@iisf.it<br />

<strong>30</strong> novembre – 4 dicembre 20<strong>09</strong><br />

MAURIZIO VIROLI (UNIVERSITÀ DI PRINCETON)<br />

LE IMMAGINI DELLA LIBERTÀ:<br />

ICONOGRAFIA E PENSIERO POLITICO<br />

NELL’ITALIA MEDIOEVALE E MODERNA<br />

Lunedì <strong>30</strong> novembre, ore 16.00<br />

Le virtù politiche nella Cappella degli Scrovegni a Padova<br />

Martedì 1 dicembre, ore 16.00<br />

Lo splendore e la gloria <strong>del</strong>la libera città nel ciclo di Ambrogio Lorenzetti nella Sala<br />

dei Nove in Palazzo Pubblico a Siena<br />

Mercoledì 2 dicembre, ore 16.00<br />

Ordine politico e ordine urbano nell’Umanesimo fiorentino<br />

Giovedì 3 dicembre, ore 16.00<br />

L’esaltazione <strong>del</strong>la libertà repubblicana nella Sala <strong>del</strong> Maggior Consiglio a Genova<br />

Venerdì 4 dicembre, ore 16.00<br />

Il “Paradiso” di Paolo Veronese nel Palazzo Ducale di Venezia<br />

<strong>30</strong> novembre – 3 dicembre 20<strong>09</strong><br />

FRANCESCA RIGOTTI (UNIVERSITÀ DI ZURIGO)<br />

FILOSOFIA E MATERNITÀ<br />

Lunedì <strong>30</strong> novembre, ore 17.<strong>30</strong><br />

Il pensiero materno<br />

Martedì1 dicembre, ore 17.<strong>30</strong><br />

«Cuore di mamma» e «testa di mamma»<br />

Mercoledì 2 dicembre, ore 17.<strong>30</strong><br />

Il paradosso di Arianna<br />

Giovedì 3 dicembre, ore 17.<strong>30</strong><br />

Tempo, filosofia e maternità<br />

Martedì 1 dicembre 20<strong>09</strong><br />

Ore 10.00<br />

STEFANO GIZZI<br />

CETTINA LENZA<br />

MARIO MANIERI ELIA<br />

presenteranno il volume di<br />

MANFREDO TAFURI<br />

OLTRE LA STORIA<br />

pubblicato da Edizioni CLEAN<br />

Con scritti di: BENEDETTO GRAVAGNUOLO, MARCO BIRAGHI, MANUELA M.<br />

MORRESI, FRANCESCO DAL CO, MASSIMO CACCIARI, GIULIO PANE, FRANCESCO<br />

STARACE, SANDRO RAFFONE, FABRIZIO SPIRITO, ORLANDO DI MARINO<br />

Martedì 1 dicembre 20<strong>09</strong><br />

Ore 17.00<br />

ALDO TRIONE e UGO PISCOPO<br />

presenteranno il libro di<br />

BENEDETTA PALMIERI<br />

UN DUE TRE STELLA<br />

pubblicato da TULLIO PIRONTI EDITORE<br />

Letture di ANDREA DE GOYZUETA<br />

Martedì 1° dicembre 20<strong>09</strong><br />

ore 17.<strong>30</strong><br />

PONTIFICIA FACOLTÀ TEOLOGICA<br />

DELL’ITALIA MERIDIONALE – Sez. SAN LUIGI<br />

ISTITUTO DI STORIA DEL CRISTIANESIMO<br />

ISTITUTO ITALIANO PER GLI STUDI FILOSOFICI<br />

Pontificia Facoltà Teologica <strong>del</strong>l’Italia Meridionale – Sez. San Luigi<br />

Via Petrarca, <strong>11</strong>5 - Napoli<br />

IN OCCASIONE DELLA VI GIORNATA DI STUDIO<br />

SULLA STORIA DEL CRISTIANESIMO<br />

LA CHIESA CATTOLICA TRA LA PACE<br />

E LA GUERRA DEL XX SECOLO<br />

ANTONIO IANNELLO e GIULIO PARNOFIELLO<br />

presenteranno i volumi di<br />

DANIELE MENOZZI<br />

CHIESA, PACE E GUERRA NEL NOVECENTO.<br />

VERSO UNA DELIGITTIMAZIONE RELIGIOSA DEI CONFLITTI<br />

pubblicato da Il Mulino, Bologna 2008<br />

JEAN PEZET<br />

TU NON UCCIDERAI. DIARIO DI UN OBIETTORE<br />

DI COSCIENZA ALLA GUERRA DI ALGERIA<br />

pubblicato da Il Pozzo di Giacobbe, Trapani 20<strong>09</strong><br />

Presiederà e modererà: SERGIO TANZARELLA<br />

CONVEGNI E SEMINARI DICEMBRE 20<strong>09</strong><br />

Saranno presenti gli autori<br />

Mercoledì 2 dicembre 20<strong>09</strong><br />

In collaborazione con la rivista KAINÓS<br />

Giornata di studi<br />

LE PAROLE DEL NOVECENTO<br />

LAVORO, MERCE, DESIDERIO<br />

Ore 9,<strong>30</strong> - Presiede: GIUSEPPE TORTORA<br />

FERRUCCIO ANDOLFI<br />

Marcuse e l'utopia <strong>del</strong>l'abolizione <strong>del</strong> lavoro<br />

FABIO CIARAMELLI<br />

Castoriadis: tra immaginario sociale e desiderio di autonomia<br />

VINCENZO CUOMO<br />

Lavoro intellettuale, desiderio, merce. Su Adorno e Sohn-Rethel<br />

ALDO MECCARIELLO<br />

Il lavoro tra anelito e disincanto nella riflessione di Simone Weil<br />

GABRIELE MINIAGIO<br />

Tecnica, potere, facoltà <strong>del</strong> desiderare<br />

Discussione.<br />

Ore 15,<strong>30</strong> - Presiede FABIO CIARAMELLI<br />

ROBERTO FINELLI<br />

Epoché <strong>del</strong> corpo ed astrazione <strong>del</strong>la mente. Echi marxiani nel lavoro post-moderno<br />

ELEONORA DE CONCILIIS<br />

Baudrillard, Foucault e il mito <strong>del</strong> desiderio<br />

GIANFRANCO BORRELLI<br />

Scarti <strong>del</strong> desiderio e processi di soggettivazione: tra Machiavelli e Foucault<br />

LEONARDO DISTASO<br />

Desiderio di capitale nella dottrina sociale di Ratzinger<br />

Discussione.<br />

Mercoledì 2 dicembre 20<strong>09</strong><br />

PONTIFICIA FACOLTÀ TEOLOGICA<br />

DELL’ITALIA MERIDIONALE – Sez. SAN LUIGI<br />

ISTITUTO DI STORIA DEL CRISTIANESIMO<br />

ISTITUTO ITALIANO PER GLI STUDI FILOSOFICI<br />

Pontificia Facoltà Teologica <strong>del</strong>l’Italia Meridionale – Sez. San Luigi<br />

Via Petrarca, <strong>11</strong>5 - Napoli<br />

VI GIORNATA DI STUDIO<br />

SULLA STORIA DEL CRISTIANESIMO<br />

IL PERICOLOSO MESTIERE DELLO STORICO<br />

L’uso pubblico <strong>del</strong>la storia <strong>del</strong> cristianesimo <strong>del</strong> xx secolo<br />

Ore 9.00<br />

Apertura lavori:<br />

GIUSEPPE MANCA (Pontificia Facoltà Teologica Italia Meridionale – sez. San Luigi)<br />

MAREK INGLOT (Facoltà di Storia e Beni Culturali <strong>del</strong>la Chiesa <strong>del</strong>l’Università Gregoriana)<br />

CRISPINO DI GIROLAMO (Editore “Il Pozzo di Giacobbe”)<br />

Presiede e coordina:<br />

ANNA CARFORA (Istituto di Storia <strong>del</strong> Cristianesimo PFTIM sez. San Luigi – Napoli)<br />

Relazioni di:<br />

DANIELE MENOZZI (Scuola Normale Superiore di Pisa)<br />

Rappresentazioni pubbliche e realtà storiche: alcuni nodi <strong>del</strong>la chiea novecentesca<br />

JAN MIKRUT (Università Gregoriana – Roma)<br />

L’Arcivescovo di Vienna cardinale Theodor Innitzer ed i suoi primi contatti con il nazionalsocialismo:<br />

tra le aspettative <strong>del</strong>la Chiesa austriaca e la necessità <strong>del</strong> nuovo Governo<br />

ROBERTO REGOLI (Università Gregoriana – Roma)<br />

Dal mito all’Archivio: il pontificato di PiXI. Il dibattito tra gli studiosi dopo l’apertura<br />

degli Archivi Vaticani<br />

Proiezione <strong>del</strong> film: Franz Jägerstätter. Un contadino contro Hitler<br />

Ore 13.45<br />

Presiede e coordina:<br />

DARIO GARRIBBA (Istituto di storia <strong>del</strong> Cristianesimo PFTIM sez. San Luigi – Napoli)<br />

Relazioni di:<br />

GIORGIO SIMONELLI (Università Cattolica – Milano)<br />

Figure <strong>del</strong> Cristianesimo <strong>del</strong> ‘900 e fiction televisive<br />

PAOLO CORSINI (Università di Parma)<br />

Don Primo Mazzolari: il fascismo. Le guerre e la pace<br />

SERGIO TANZARELLA (Istituto di storia <strong>del</strong> cristianesimo PFTIM sez. San Luigi – Napoli)<br />

Inchiostro menzognero. Uso ideologico <strong>del</strong>la storia <strong>del</strong> cristianesimo contemporaneo<br />

La partecipazione è libera. È necessario però prenotarsi scrivendo a<br />

segreteria@storia<strong>del</strong>cristianesimo.it<br />

Venerdì 4-5 dicembre 20<strong>09</strong><br />

In collaborazione con<br />

REGIONE CAMPANIA - ARSAN - ASL NAPOLI CENTRO -<br />

OSSERVATORIO MOBBING DELLA REGIONE CAMPANIA<br />

PSICOPATOLOGIA DEL LAVORO:<br />

LE DIMENSIONI CLINICHE, PSICOLOGICHE E SOCIALI<br />

L’EPIDEMIOLOGIA, LA CLINICA ED I CORRELATI BIOLOGICI<br />

DELLA PSICOPATOLOGIA DEL LAVORO<br />

Chairperson: MARIO MAJ<br />

8.<strong>30</strong> Registrazione degli iscritti, apertura dei lavori e saluto <strong>del</strong>le autorità:<br />

PROF. MARIO SANTANGELO (ASSESSORE ALLA SANITÀ DELLA REGIONE CAMPANIA)<br />

DR.SSA LIA BERTOLI (DIRETTORE GENERALE ARSAN DELLA CAMPANIA)<br />

DR.SSA MARIA GRAZIA FALCIATORE (COMMISSARIO STARORDINARIO ASL NAPOLI 1<br />

CENTRO)<br />

DR. SERGIO LODATO (SUB COMMISSARIO STRAORDINARIO ASL NAPOLI 1 CENTRO)<br />

9.15 INTRODUZIONI:<br />

MARIO MAJ - CLAUDIO PETRELLA<br />

9.45 GIOVANNI NOLFE - GIUSEPPE NOLFE<br />

Epidemiologia, clinica e strategie terapeutiche nella psicopatologia <strong>del</strong> lavoro<br />

10.<strong>30</strong> FABRIZIO STARACE<br />

Il lavoro come life-event stressor nelle professioni d’aiuto<br />

<strong>11</strong>.<strong>30</strong> GINO POZZI<br />

Psicopatologia in ambiente di lavoro: l’impatto <strong>del</strong>la disfunzione<br />

12.15 ALFONSO TORTORELLA - WALTER MILANO - PALMIERO MONTELEONE<br />

La psicobiologia <strong>del</strong>lo stress e le strategie di trattamento farmacologico<br />

13.00 Discussione<br />

Venerdì 4 dicembre 20<strong>09</strong> (Sessione Pomeridiana)<br />

LA DIMENSIONE SOCIALE E LA PREVENZIONE DEL DISAGIO PSI-<br />

CHICO NEL MONDO DEL LAVORO<br />

(Chairperson: ALIDA LABELLA)<br />

15.15 ALDO MASULLO<br />

Il lavoro vissuto<br />

16.00 STEFANO CONSIGLIO<br />

Mobbing: il punto di vista <strong>del</strong>l’organizzazione<br />

17.00 EMANUELA FATTORINI<br />

Il rischio psico-sociale negli ambienti di lavoro<br />

17.<strong>30</strong> MARIA TRASSI<br />

Le metodologie di valutazione <strong>del</strong>lo stress lavoro-correlato<br />

18.00 Discussione<br />

Sabato 5 dicembre 20<strong>09</strong><br />

LA TRAMA PSICOLOGICA E LA PSICODINAMICA DEL DISAGIO<br />

LAVORATIVO<br />

Chairperson: SERGIO BENVENUTO e CLAUDIO ZULLO<br />

9.45 MARIE FRANCE HIRIGOYEN<br />

Pourquoi toujours plus de souffrance et de harcèlement moral sur les lieux de travail?<br />

<strong>11</strong>.00 GEMMA ZONTINI<br />

Il negativo <strong>del</strong> lavoro<br />

<strong>11</strong>.45 GUELFO MARGHERITA<br />

Prevenzione ed elaborazione gruppale <strong>del</strong> “Mobbing” e <strong>del</strong> “Burn-out” nel lavoro<br />

istituzionale<br />

12.15 CARMEN LAMBERTI<br />

Il lavoro come organizzatore di dinamiche gruppali<br />

12.45 FRANCESCO BLASI<br />

Il lavoro <strong>del</strong>la Psicopatologia<br />

13.15 Discussione e questionari ECM<br />

Comitato scientifico: LIA BERTOLI, GIOVANNI NOLFE, CLAUDIO PETRELLA,<br />

GAETANO SICURANZA, ROSANNA SCALABRINI<br />

Comitato organizzativo: NICOLA<br />

UTTIERI, ALESSIA PAGLIARO<br />

DE MARCHI, FEDERICA MINACI, SIMONA<br />

Lunedì 7 dicembre 20<strong>09</strong><br />

Ore 16.<strong>30</strong><br />

MARINA FALANGA<br />

presenterà la raccolta di poesie<br />

“INTERLUDIO” di MARIO DI MEO<br />

pubblicato dalla casa editrice Magna Grecia<br />

Leggerà poesie dal libro CIRO CARFORA<br />

Modererà: ARTURO GAGLIARDI<br />

Sarà presente l’autore<br />

Giovedì 10 dicembre 20<strong>09</strong><br />

Ore 16.<strong>30</strong><br />

In collaborazione con il<br />

GOETHE-INSTITUT NAPOLI<br />

VALENTINA DI ROSA e ROBERTO KELLER<br />

presenterano il libro di<br />

CLAUDIA RUSCH<br />

LO STASI DIETRO IL LAVELLO<br />

pubblicato da Keller editore<br />

Introdurranno: MARIA CARMEN MORESE e FRANCO FILICE<br />

Sarà presente l’autrice<br />

9 – <strong>11</strong> dicembre 20<strong>09</strong><br />

ANIELLO MONTANO (UNIVERSITÀ DI SALERNO)<br />

GIUSEPPE CAPOGRASSI INTERPRETE DI VICO<br />

Mercoledì 9 dicembre, ore 16.<strong>30</strong><br />

Oltre le interpretazioni cattoliche di Vico<br />

Giovedì 10 dicembre, ore 16.<strong>30</strong><br />

Sui bisogni <strong>del</strong>l’individuo contemporaneo (I)<br />

Venerdì <strong>11</strong> dicembre, ore 16.<strong>30</strong><br />

Sui bisogni <strong>del</strong>l’individuo contemporaneo (II)<br />

Lunedì <strong>30</strong> Novembre 20<strong>09</strong> <strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> Mezzogiorno<br />

14–17 dicembre 20<strong>09</strong><br />

NICOLAS TERTULIAN (ECOLE DES HAUTES EN SCIENCES SOCIALES)<br />

LE PROJET ONTOLOGIQUE ET SA CRITIQUE<br />

Lunedì 14 dicembre, ore 16.00<br />

Les ontologies de Heidegger et Lukács: une confrontation (I)<br />

Martedì 15 dicembre, ore 16.00<br />

Les ontologies de Heidegger et Lukács: une confrontation (II)<br />

Mercoledì 16 dicembre, ore 16.00<br />

L’ontologie critique de Nicolai Hartmann<br />

Gioved 17 dicembre, ore 16.00<br />

Sarte, Merleau-Ponty et Lukács<br />

14 – 17 dicembre 20<strong>09</strong><br />

EUGENIO ZAGARI (UNIVERSITÀ DI NAPOLI «FEDERICO II»)<br />

LA QUESTIONE MERIDIONALE<br />

Lunedì 14 dicembre, ore 16.00<br />

Le origini: Serra e Genovesi<br />

Martedì 15 dicembre, ore 16.00<br />

Il meridionalismo tra Ottocento e Novecento: da Fortunato a Nitti<br />

Mercoledì 16 dicembre, ore 16.00<br />

Il meridionalismo dal secondo dopoguerra ai nostri giorni<br />

Giovedì 17 dicembre, ore 16.00<br />

Le diverse spiegazioni <strong>del</strong> dualismo economico<br />

18 – 19 dicembre 20<strong>09</strong><br />

LA REPUBBLICA NAPOLETANA DEL 1799<br />

UN BILANCIO STORIOGRAFICO A DIECI ANNI<br />

DELLE CELEBRAZIONI DEL BICENTENARIO<br />

Relazioni di: GUIDO D’AGOSTINO, JOHN A. DAVIS, ANTONINO DE FRANCESCO,<br />

PIETRO GARGANO, LUIGI MASCILLI MIGLIORINI, ANGELO MASSAFRA, ANNA<br />

MARIA RAO, MICHEL VOVELLE


<strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> Mezzogiorno Lunedì <strong>30</strong> Novembre 20<strong>09</strong><br />

LOTTA AI CLAN<br />

Luigi Merola (classe ’72)<br />

Roberto Saviano (classe ’79)<br />

Un prete<br />

scomodo<br />

sotto scorta<br />

Pochi giorni fa don Luigi Merola<br />

era nella sala <strong>del</strong> Mappamondo<br />

di Montecitorio, invitato dal presidente<br />

<strong>del</strong>la Camera Gianfranco<br />

Fini, per raccontare la sua esperienza<br />

nell’universo <strong>del</strong>l’infanzia e dei minori<br />

a rischio. Dal giugno 2007, quando<br />

dopo sette anni di impegno come viceparroco<br />

ha lasciato Forcella «perché un<br />

collaboratore di giustizia <strong>del</strong> clan Mazzarella<br />

aveva raccontato che c’era stato<br />

un piano per uccidermi», don Luigi è<br />

un «prete itinerante» e gira «per le scuole<br />

italiane, su incarico <strong>del</strong> ministero <strong>del</strong>l’Istruzione,<br />

come promotore di legalità»;<br />

ma, chiarisce, «finora non ci ho guadagnato<br />

nulla e, quando e se sarò pagato,<br />

investirò tutto nelle attività per i<br />

miei ragazzi». I suoi ragazzi sono quelli<br />

<strong>del</strong>la fondazione «’A voce d’’e creature»,<br />

nata dopo l’addio a Forcella. La sede<br />

principale è all’Arenaccia, in una villa<br />

confiscata alla camorra, dove un’ottantina<br />

di bambini vengono seguiti nel<br />

doposcuola e coinvolti in attività e iniziative<br />

tese ad allontanarli dalla strada.<br />

Poi ci sono la sede di Pompei, quella<br />

che sta nascendo a Salerno e quella<br />

che, si augura il sacerdote, aprirà a Caserta.<br />

Classe 1972, don Luigi a venticinque<br />

anni inizia il suo percorso a Marano,<br />

dov’è nato e tutt’ora vive, come<br />

viceparroco a Poggio Vallesana,<br />

roccaforte <strong>del</strong> clan Nuvoletta. È<br />

chiaro da subito che è, e sarà, un<br />

prete scomodo , e non solo per la camorra.<br />

Si mette in vista, ha iniziativa,<br />

e spesso usa metodi non proprio<br />

ortodossi. Ed è così che «per punizione»<br />

nel 2000 viene spostato a Forcella:<br />

insieme con un gruppo di famiglie ha<br />

Il 2<strong>01</strong>0 si annuncia ricco di novità<br />

per Banca Promos. È prevista<br />

infatti per il secondo trimestre <strong>del</strong>l’anno<br />

l’apertura di una nuova filiale,<br />

la terza per l’istituto napoletano che da<br />

due anni ha messo in atto una politica<br />

di espansione regionale.<br />

Alla prima filiale, inaugurata a Napoli<br />

nel gennaio 2007, ha fatto seguito nell’aprile<br />

2008 l’agenzia di Salerno. Ed a<br />

queste si aggiungerà un nuovo sportello<br />

ancora a Napoli, in via Tommaso<br />

Campanella a ridosso <strong>del</strong> centrale e<br />

prestigioso viale Gramsci, ad un passo<br />

da via Caracciolo.<br />

“Nel primo semestre <strong>del</strong>l’anno in<br />

corso la Banca ha aumentato <strong>del</strong> 24%<br />

gli impieghi ed intendiamo proseguire<br />

nello sviluppo <strong>del</strong>l’attività creditizia –<br />

spiega Ugo Malasomma, presidente<br />

<strong>del</strong> CdA. Raddoppiando la presenza in<br />

città, vogliamo avvicinarci alla nostra<br />

clientela con l’intento di migliorare il<br />

supporto finanziario e creditizio verso<br />

le piccole e medie imprese, gli artigiani,<br />

i professionisti ed i privati.”<br />

Nel trentesimo anno di attività, inoltre,<br />

Banca Promos trasferirà, in locali<br />

adiacenti alla nuova agenzia la Direzione<br />

Generale e gli uffici amministrativi.<br />

“Da tempo eravamo in cerca di una<br />

sede più ampia – spiega il Presidente–<br />

e pertanto non ci siamo lasciati sfuggire<br />

quest’opportunità”. I locali, con<br />

ingresso da viale Gramsci, si sviluppano<br />

su circa 700 mq e potranno accogliere<br />

i nuovi uffici di Direzione il cui<br />

messo su un comitato per prestare denaro<br />

a parrocchiani in procinto di finire<br />

nella rete <strong>del</strong>l’usura ma, piccolo particolare,<br />

ha dimenticato di chiedere<br />

l’autorizzazione al cardinale. Arrivato a<br />

Forcella promuove attività per il recupero<br />

dei ragazzi a rischio e scaglia parole<br />

durissime contro i clan, prima e dopo<br />

lo sconvolgente omicidio di Annalisa<br />

Durante, che cantava nel coro <strong>del</strong>la<br />

messa dei bambini. Ma usa la sua inarrestabile<br />

parlantina anche per dare filo<br />

da torcere ad amministratori pubblici e<br />

forze <strong>del</strong>l’ordine, segnalando insicurezza,<br />

degrado e abbandono <strong>del</strong> quartiere.<br />

Pochi giorni dopo la morte di Annalisa,<br />

il 6 aprile 2004, don Luigi guida le telecamere<br />

di «Lucignolo» tra le piazze di<br />

spaccio di Forcella. A fine serata due uomini<br />

armati lo attendono a Marano, sotto<br />

la sua abitazione: si infila in una porta<br />

secondaria, è in salvo. È da allora che<br />

il prete vive sotto scorta.<br />

Chiara Marasca<br />

© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />

organico è cresciuto in funzione <strong>del</strong>lo<br />

sviluppo <strong>del</strong>l’attività.<br />

La banca napoletana, storicamente<br />

attiva sul mercato internazionale dei<br />

capitali, pur mantenendo una posizione<br />

di punta nel settore degli eurobonds,<br />

(nei primi nove mesi <strong>del</strong> 20<strong>09</strong><br />

ha registrato volumi di negoziazione<br />

per oltre 16 miliardi di euro) recentemente<br />

ha allargato la sua offerta, puntando<br />

con crescente impegno ad<br />

aumentare l’attività verso la clientela<br />

privata ed in special modo verso le<br />

piccole e medie imprese.<br />

L’attenzione <strong>del</strong>la banca nei confronti<br />

<strong>del</strong>le attività economiche campane<br />

cresce sta infatti crescendo, come<br />

dimostrano anche alcune iniziative<br />

quali l’adesione a diversi Confidi <strong>del</strong>la<br />

regione Campania, e la convenzione<br />

stipulata lo scorso settembre con il<br />

Comune di Napoli per la concessione<br />

di mutui agevolati per l’acquisto di<br />

immobili comunali.<br />

I risultati, d’altra parte, premiano gli<br />

sforzi fatti: i dati <strong>del</strong> primo semestre<br />

20<strong>09</strong> sono positivi ed evidenziano che,<br />

nonostante il momento di difficoltà<br />

attraversato dall’economia italiana, la<br />

raccolta è in crescita <strong>del</strong> 47% a 21,5<br />

milioni di euro e gli impieghi <strong>del</strong> 24%<br />

a 12,7 milioni di euro. Il patrimonio,<br />

nell’ultimo triennio, si è rafforzato <strong>del</strong><br />

24% e l’utile netto di periodo è superiore<br />

ai 2,3 milioni di euro in netto<br />

aumento rispetto al 2008.<br />

Il coraggio<br />

di chiamarli<br />

per nome<br />

Quando lo incontro al <strong>Corriere</strong> <strong>del</strong><br />

Mezzogiorno, nella primavera <strong>del</strong><br />

2005, Roberto è un ragazzo di venticinque<br />

anni ossessionato dall’urgenza<br />

di scrivere, scrivere, scrivere, per denunciare<br />

dinamiche e volti <strong>del</strong>la camorra campana.<br />

La sua rabbia è palpabile e la sua estrema<br />

concentrazione su questa necessità lo<br />

rende spesso severo, sfuggente nelle conversazioni<br />

su temi leggeri, di certo più adulto<br />

<strong>del</strong>la sua età. Gomorra arriva un anno dopo,<br />

il 9 maggio <strong>del</strong> 2006, e la sera ci ritroviamo a<br />

festeggiarne l’uscita in una pizzeria a Santa<br />

Maria La Nova. A quel tempo la vita di Roberto,<br />

tra Napoli, dove ai Quartieri Spagnoli<br />

divide una casa con altri ragazzi, e Caserta,<br />

dove abita la madre, scorre ancora relativamente<br />

tranquilla; in più d’una occasione, però,<br />

domandando, indagando, curiosando, si<br />

scontra con persone che gli suggeriscono<br />

«caldamente» di cambiare strada.<br />

Uno spontaneo passaparola intanto accompagna<br />

e spinge la diffusione <strong>del</strong> libro e<br />

una Libreria Feltrinelli gremita accoglie la<br />

prima presentazione. A Napoli, in tanti, tra<br />

gli addetti ai lavori, storcono il naso: «In Gomorra<br />

non ci sono rivelazioni». Ma la vera<br />

rivelazione è l’intuizione di chi ha creduto<br />

nella necessità e nell’efficacia di un affresco<br />

globale sul crimine campano, affidato a una<br />

scrittura appassionata e indirizzata a un pubblico<br />

più ampio.<br />

A settembre la svolta: Roberto sale sul palco<br />

<strong>del</strong>la piazza di Casal di Principe e pronuncia<br />

la sua invettiva contro i clan, il suo<br />

«Schiavone, Zagaria, ve ne dovete andare,<br />

non valete niente». Da quel momento in poi<br />

tutto scorre in un vortice, che rapidissimo<br />

risucchia fatti, parole, legami, la sua libertà.<br />

Scatta un allarme per la sicurezza di Roberto,<br />

inizia la vita sotto scorta. Ma subisce un<br />

balzo in avanti, enorme, anche la sua popolarità:<br />

si moltiplicano spazi e occasioni per dire<br />

ciò che pensa, per raccontare come si vive<br />

a Gomorra. Inizia la collaborazione con<br />

l’Espresso e Repubblica, il libro, edito da<br />

Mondadori, diventa un bestseller: vende tre<br />

milioni di copie e viene tradotto in 50 paesi.<br />

Ne vengono tratti uno spettacolo teatrale,<br />

successo al Ridotto <strong>del</strong> Mercadante, e poi un<br />

film diretto da Matteo Garrone (e <strong>del</strong> quale<br />

Roberto firma una sceneggiatura a più mani)<br />

premiato a Cannes con il Grand Prix; poi<br />

arriva l’Accademia dei Nobel, dove Saviano<br />

nel novembre 2008 interviene per un dialogo<br />

con Salman Rushdie; successivamente il<br />

suo secondo libro, La bellezza e l’inferno,<br />

e le due prime serate in Rai con le puntate<br />

speciali di «Che tempo che fa». Gomorra<br />

è un fenomeno, Roberto un simbolo,<br />

ormai internazionale, <strong>del</strong>la lotta<br />

alle mafie. E solo dopo tutto questo<br />

arrivano, due mesi fa, i suoi<br />

trent’anni. In mezzo la vita blindata<br />

e le difficoltà di coltivare, in questo<br />

vortice, una dimensione «normale».<br />

C. M.<br />

© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />

INFORMAZIONE PUBBLICITARIA<br />

5<br />

NA


6<br />

NA<br />

ECONOMIA<br />

Mariella Bottiglieri (classe ’78)<br />

Giallo Van Gogh, blu shipping<br />

Ecco la capitana coraggiosa<br />

Lina Lucci (classe ’69)<br />

Il giallo lancinante dei Girasoli di Van Gogh;<br />

poi il blu cobalto <strong>del</strong> mare aperto. La<br />

scala cromatica di Mariella Bottiglieri racconta<br />

molto <strong>del</strong>la sua vita. Lei, classe 1978,<br />

è amministratore <strong>del</strong>egato <strong>del</strong>la Giuseppe Bottiglieri<br />

shipping company. Un colosso <strong>del</strong>l’armatoria<br />

che si poggia sulle spalle di una filiforme ragazza<br />

partenopea, che divide la sua vita tra Napoli<br />

e Londra. «Due città che amo moltissimo, e in<br />

maniera uguale. Anche se mi spiace dire che a<br />

Londra mi sento più sicura. La microcriminalità<br />

sta pian piano uccidendo Napoli», afferma.<br />

Di Mariella, il quadro <strong>del</strong>l’artista olandese ci<br />

segnala l’amore per la pittura. «Un hobby che ho<br />

sempre cercato di coltivare con assiduità — dice<br />

— ma che ho dovuto tralasciare per gli impegni<br />

di lavoro sempre più pressanti. L’ultima tela l’ho<br />

dipinto due anni fa, pensi un po’». Il genere? «Il<br />

figurativo», quasi un divertissement d’artista;<br />

ma anche azzardati sconfinamenti. «Mi piace anche<br />

l’astrattismo». Alle pareti di casa una serie di<br />

acquerelli, di cui è innamoratissima. «Li comprai<br />

in un mercatino olandese; li trovai bellissimi<br />

per la <strong>del</strong>icatezza <strong>del</strong> tratto e dei colori. Ma<br />

non sono di un’artista noto». Acquerelli, acqua,<br />

acqua di mare. Qui si gioca la vita professionale<br />

di Mariella, lei una <strong>del</strong>le più giovani donne italiane<br />

al comando di un’impresa armatoriale. Lei la<br />

primogenita <strong>del</strong> comandante Giuseppe Bottiglieri,<br />

imprenditore italiano che opera da quasi quarant’anni<br />

nello shipping, e <strong>del</strong>la professoressa<br />

Ghetty Cozzolino. Rappresenta la sesta generazione<br />

di una famiglia di armatori attiva fin dal<br />

1850. Tra i 6 e i 13 anni ha vissuto in Grecia, dove<br />

il padre aveva temporaneamente trasferito la<br />

propria attività economica nel 1976. Durante la<br />

lunga permanenza all’estero, ha frequentato la<br />

scuola italiana di Atene, per poi conseguire a pieni<br />

voti la maturità classica quando la famiglia è<br />

tornata a Napoli.<br />

Decisa fin da piccola a seguire le orme di suo<br />

padre, con il quale condivide una grande passione<br />

per il mare e per il mondo <strong>del</strong>lo shipping («il<br />

mio ingresso in azienda è avvenuto in modo na-<br />

Dall’elmetto ai vertici Cisl,<br />

una dura(cell) nel sindacato<br />

Lina Duracell Lucci. Già, proprio come le<br />

pile: inesauribile. Per gli amici è semplicemente<br />

iperattiva; per i suoi detrattori<br />

una strega. Lucci è oggi segretaria generale<br />

<strong>del</strong>la Cisl Campania. Ma il suo percorso sindacale<br />

è cominciato nell’86; riassumendo molto:<br />

tutta la trafila nelle Rsu; poi il pubblico impiego;<br />

le Pari opportunità; infine il vertice, prendendo<br />

il posto di Pietro Cerrito verso il quale sente ancora<br />

di avere un debito morale («posso dirlo, è<br />

stato il mio talent scout», riflette).<br />

E’ una donna, la natura le ha riconosciuto gradevolezza<br />

d’aspetto, è giovane (40 anni). Ma si è<br />

sempre mossa in un mondo maschile (anche se<br />

è la seconda di tre sorelle e ha una figlia di 10<br />

anni). Proprio nell’86 entra all’Arsenale <strong>del</strong>l’esercito<br />

di Napoli come allieva operaia. «Elmetto, tuta<br />

blu, scarponi antinfortunistica e lima per rifinire<br />

pezzi meccanici prelavorati», ricorda. «Era<br />

un settore — afferma — che mai si sarebbe potuto<br />

pensare di aprire alle donne». Da allieva fa formazione,<br />

poi arriva il contratto a tempo indeterminato<br />

grazie al quale può pensare ad un impegno<br />

nelle Rsu. Lascia la scuola superiore, ma la<br />

riprende. «Per vincere il concorso — ricorda —<br />

ho dovuto abbandonare il liceo scientifico. Una<br />

volta superato ho ripreso a studiare. Da privatista.<br />

Fino ad arrivare al diploma». E poiché<br />

un’iperattiva non è tale solo di nome, lei s’è messa<br />

a fare tre cose insieme: operaia all’Arsenale di<br />

mattina; studi per la maturità al pomeriggio; pr<br />

per le discoteche la sera. «Un’attività — commenta<br />

— che mi è servita tantissimo e che mi ha<br />

messo in contatto con persone diversissime tra<br />

loro». Dal ‘‘lavoro’’ di pr arrivano i primi veri soldi<br />

guadagnati. «La metà di ogni biglietto staccato<br />

da un mio invitato».<br />

Lucci dall’Arsenale passa al Comando Regione<br />

Sud. Lavoro d’ufficio, diverso da tutto ciò che ha<br />

fatto fino ad allora. Lì inizia ad avere familiarità<br />

con i contratti; familiarità che le servirà quando<br />

turale e lo devo alla grande intelligenza di mio<br />

papà. Non mi ha mai forzato a prendere una decisione,<br />

ma l’ha accettata con gioia perché riteneva<br />

ne avessi le capacità», ha sempre raccontato).<br />

Mariella, prima di tre sorelle, si è iscritta nel<br />

1996 al corso di laurea in Economia marittima e<br />

dei trasporti all’Università Parthenope di Napoli.<br />

Un percorso di studi che ha completato con il<br />

massimo dei voti nel 20<strong>01</strong>, discutendo una tesi<br />

dedicata all’economia <strong>del</strong>l’intermediazione marittima.<br />

Anche la scelta <strong>del</strong>l’argomento di tesi le sarà<br />

fatale. Anni dopo, inconsapevolmente. Visto che<br />

sposa Joe Green che di professione è un intermediario<br />

marittimo per una compagnia inglese con<br />

ufficio a Napoli. «E’ una persona che mi completa<br />

— riflette — avere un lavoro simile crea molta<br />

comprensione fra noi». Il lavoro; certo, per ora è<br />

totalizzante. Come spiegare altrimenti il costante<br />

prolungamento bionico con il Blackberry?<br />

«Sempre acceso — ricorda Mariella —, continuamente<br />

connessa; altalenando fra fusi orari diversi.<br />

Dall’America al Giappone. Il varo di una petroliera<br />

avviene sempre in posti lontanissimi; per<br />

noi <strong>del</strong>la famiglia equivale ad un parto». Cento<br />

in media le telefonate a cui risponde in una giornata.<br />

Entrare nel settore armatoriale e mettersi<br />

alla guida di un mastodonte, evidentemente<br />

non bastava. Mariella Bottiglieri proprio in questo<br />

settore decide di specializzarsi, accettando di<br />

entrare nella squadra di H. Clarksons Ltd, a Londra,<br />

nel Tanker Brokering Department come shipbroker<br />

per la movimentazione di carichi petroliferi<br />

raffinati. Contemporaneamente aggiunge diverse<br />

esperienze formative per approfondire le<br />

sue competenze sullo shipping e sui processi<br />

economici <strong>del</strong>le imprese a conduzione familiare,<br />

conseguendo il master in Shipbrokering and<br />

Chartering (Institute of chartered shipbrokers,<br />

nel 2002), il master in Economia, politiche e diritto<br />

<strong>del</strong> mare (con Confitarma) e il master in<br />

Ship management (University of London, 2003).<br />

Pa. Man.<br />

entrerà in Cisl nella Funzione pubblica. Ma anche<br />

fra stellette e ‘‘presentat arm’’, Lucci lascia il<br />

segno. Sono gli anni in cui si abolisce la leva obbligatoria<br />

e l’esercito opta per il volontariato.<br />

«Mi mettono la mimetica e organizzo una festa<br />

per invogliare i giovani a scegliere l’esercito»,<br />

racconta. «Fra carri armati e aerei ho piazzato dj<br />

e musica da discoteca». Un successo, tanto che<br />

sul campo la promuovono capitano. Difficile per<br />

una donna avvenente un mondo al maschile?<br />

«Difficile — rammenta — perché ho dovuto far<br />

capire che c’erano <strong>del</strong>le regole di convivenza civile<br />

da rispettare. Che mai si sarebbe dovuto andar<br />

oltre. Anche se, è con le donne che ho avuto il<br />

rapporto più complicato. Far comprendere loro,<br />

una volta arrivata nel sindacato, che oltre ad una<br />

bella faccia c’era un cervello».<br />

Oggi è la bellezza che detta legge, il cervello<br />

sta bene nel cassetto. «C’è un riflusso negativo<br />

— riprende Lucci —. I mo<strong>del</strong>li che spacciano prediligono<br />

l’aspetto fisico, le capacità scendono in<br />

secondo piano». Di sua figlia s’è detto («La mattina<br />

quando mi alzo, mi propongo sempre di essere<br />

una buona mamma. Mia figlia mi dice che se<br />

dovessi comportami male, si iscriverà all’Ugl», ricorda<br />

ridendo); il marito è il classico amore giovanile<br />

sfociato in matrimonio. «Massimo è schivo,<br />

introverso. Assolutamente diverso da me».<br />

Spigolando qua e là. Libro sul comodino?<br />

«Tutti gli uomini <strong>del</strong> vicerè. Di romanzi non ne<br />

leggo più da due anni. L’ultimo, quello di Zafon:<br />

L’ombra <strong>del</strong> vento». Canzone <strong>del</strong>la vita? «Every<br />

body wants to rule the world dei Tear for fears.<br />

Ma anche tutto Pino Daniele». Film <strong>del</strong>la vita?<br />

«C’era una volta in America di Sergio Leone». E<br />

se un medico dovesse dirle che per l’intera esistenza<br />

può mangiare una pietanza e una soltanto,<br />

Lucci non ha dubbi: «Ragù napoletano per<br />

sempre». A proposito, se la cercate su Facebook<br />

lei non c’è. «Non ancora, almeno».<br />

Patrizio Mannu<br />

© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />

© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />

Mauro Maccauro (classe ’72)<br />

L’imprenditore siderurgico<br />

che va matto per il... Risiko<br />

Con le sue armate attacca continuamente<br />

la Kamchatka dall’Alaska. E lo fa<br />

sempre di notte nei week end, quando<br />

smette i panni di capitano d’azienda<br />

e dirigente confindustriale per assumere il<br />

ruolo di stratega militare. Anche se soltanto a<br />

Risiko. Mauro Maccauro, classe 1972 da Nocera<br />

Inferiore, settembrino di nascita ma un ariete<br />

quando si tratta di lavorare senza sosta, è praticamente<br />

— senza voler essere blasfemi — uno<br />

e trino. Dall’alba al tramonto, e spesso anche oltre,<br />

regge il timone <strong>del</strong>la Euroflex, l’azienda siderurgica<br />

creata da suo padre Gerardo, insieme<br />

ad altri soci, nel 1967. Di questa industria, con<br />

sede a Mercato San Severino in provincia di Salerno,<br />

Mauro è instancabile direttore generale.<br />

La seconda fase <strong>del</strong> «Maccauro life style» è suddivisa<br />

tra la famiglia, soprattutto i figli Lisa (7<br />

anni) e Gerardo (4 anni), e la presidenza dei giovani<br />

di Confindustria Campania. Il capitolo tre<br />

è, invece, notturno: il sabato si trasforma nel generale<br />

Montgomery e raduna gli amici al tavolo<br />

<strong>del</strong> Risiko. E non ci si alza fino a quando la partita<br />

non è finita. Quasi sempre il giorno dopo.<br />

«Qualche anno fa ebbi in regalo questo gioco al<br />

mio compleanno — racconta — amavo il Risiko<br />

da piccolo e ritrovarmi con dadi e carrarmati<br />

in età non più giovanile scatenò in me una<br />

nuova passione. Così nei week end ci riuniamo<br />

con gli amici, sempre gli stessi, per partite interminabili<br />

ed avvincenti. Non ho hobby particolari,<br />

così il Risiko è diventato la mia distrazione e<br />

il mio divertimento. Ci eravamo un po’ fermati<br />

qualche tempo fa: tutti avevamo i bambini piccoli<br />

e questo portava qualche incombenza sulle<br />

notti al tavolo da gioco. Poi i figli sono cresciuti,<br />

non si svegliano più tanto spesso la notte ed<br />

ora abbiamo ripreso. Addirittura con più determinazione<br />

di prima».<br />

Maturità classica al liceo G. B. Vico di Nocera<br />

Inferiore, poi laurea in Economia «all’Università<br />

di Salerno, sono un prodotto di questo Ate-<br />

Lunedì <strong>30</strong> Novembre 20<strong>09</strong> <strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> Mezzogiorno<br />

neo» dice con un pizzico di orgoglio autarchico,<br />

tempo qualche stage in Italia e all’estero ed<br />

ecco che il giovane Maccauro fila dritto in azienda<br />

a lavorare. «Perchè è sempre stata la mia passione<br />

— rivela l’industriale — faccio davvero<br />

quello che mi piace. Non c’è stato nessun passaggio<br />

traumatico dallo studio al lavoro. Perchè,<br />

dopo la maturità classica, ero tutti i giorni<br />

in azienda a studiare per gli esami universitari.<br />

Fino a tarda sera. Di fatto ho cambiato soltanto<br />

stanza quando mi sono laureato. Già i miei indirizzi<br />

di studio era prefissati per intraprendere<br />

questa carriera. È stata una cosa davvero naturale».<br />

A star fermo non c’è mai riuscito. Perchè oltre<br />

alla famiglia ed al lavoro, Maccauro si è sempre<br />

impegnato nel pubblico. Prima a Nocera Inferiore<br />

si è cimentato con la politica. Diventando<br />

consigliere comunale dal 1995 al 20<strong>01</strong>. «Poi<br />

sentivo che qualcosa mi mancava — racconta<br />

l’imprenditore — ero abituato a lavorare in<br />

azienda ma anche ad avere un impegno sociale<br />

con la politica. A fare qualcosa per il territorio.<br />

Ecco, allora, che è iniziata la mia esperienza confindustriale».<br />

Fino all’ascesa, datata dicembre<br />

2008, <strong>del</strong>la presidenza regionale dei giovani industriali.<br />

«I primi passi li ho mossi a Salerno —<br />

ricorda Maccauro — dove ho potuto constatare<br />

una grande partecipazione <strong>del</strong> gruppo giovani<br />

all’attività associativa. Sono stato prima vicepresidente<br />

e poi presidente dal 2004 al 2008. Immediatamente<br />

dopo ho avuto l’onore di ricoprire<br />

l’incarico di presidente regionale. E’ un impegno<br />

che ho assunto con grande passione. L’attività<br />

confindustriale davvero mi completa la<br />

giornata. Mi alimento grazie al lavoro in azienda<br />

e agli impegni associativi che mi portano a<br />

pensare soprattutto al territorio. Sento davvero<br />

di essere fortunato in tal senso». Anche se qualche<br />

volta perde a Risiko.<br />

Felice Naddeo<br />

© RIPRODUZIONE RISERVATA


<strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> Mezzogiorno Lunedì <strong>30</strong> Novembre 20<strong>09</strong><br />

Giuseppe Mauro Rizzo (classe ’71)<br />

Sulla tolda di un impero<br />

che fattura più di 400 milioni<br />

Per lui il mare rappresenta passione e business.<br />

E Giuseppe Mauro Rizzo ricambia<br />

con amore, vivendo buona parte<br />

<strong>del</strong>l’anno facendosi cullare dalle onde.<br />

Non solo sulle navi <strong>del</strong>la flotta di famiglia, tra<br />

cui spicca la nuovissima nata che prende il suo<br />

nome (una postpanamax bulkcarrier da 87.000<br />

tonnellate varata nei giorni scorsi dai cantieri<br />

statali Hudong di Shanghai), ma anche — anzi<br />

soprattutto — a bordo <strong>del</strong>lo yacht di 27 metri<br />

che ha trasformato in una (spledinda) casa galleggiante.<br />

Ha compiuto 38 anni lo scorso 15 agosto, il<br />

nostro, anche se può già vantare un curriculum<br />

da «vecchio». Nel senso di un pedigree<br />

da imprenditore — e manager, perché è anche<br />

tale — al culmine <strong>del</strong>la carriera. Un concetto,<br />

bisogna dirlo, che vale anche se si guarda oltre<br />

lo shipping, (fiorente) attività che nella sua casa<br />

si pratica già da un pezzo. Fatto sta che Giuseppe<br />

— figlio di Roberto Rizzo, ordinario di<br />

impianti industriali meccanici e <strong>del</strong> cavaliere<br />

<strong>del</strong> lavoro Grazia Bottiglieri — oltre ad essere il<br />

capo degli armatori italiani «under 40», è amministratore<br />

<strong>del</strong>egato e direttore generale <strong>del</strong>la<br />

Rizzo-Bottiglieri-De Carlini (Rbd) spa, azienda<br />

che nel solo 2008 ha fatturato 410 milioni di<br />

euro (<strong>30</strong>0 le persone impiegate per 25 milioni<br />

di tonnellate di merci trasportate). Insomma,<br />

l’industriale (e manager) che ama l’acqua, si<br />

trova in posizione apicale nei gangli <strong>del</strong> colosso<br />

dei mari made in Torre <strong>del</strong> Greco.<br />

Che nel destino di Giuseppe Mauro ci fosse<br />

l’acqua, probabilmente era scritto. Ma forse lui<br />

stesso non immaginava che il business si sarebbe<br />

allargato anche alle... bollicine. E sì, perché<br />

l’industriale napoletano classe 1971 siede anche<br />

nel cda di Sangemini — al cui azionariato<br />

partecipano le famiglia Rizzo, Bottglieri e De<br />

Carlini — vale a dire in gruppo che gestisce lo<br />

sviluppo e la commercializzazione dei marchi<br />

industriali nel canale moderno e tradizionale<br />

(come la stessa Sangemini, Fabia, Fiuggi, Vita<br />

di Sangemini, Effeviva, Amerino), oltre a produzione<br />

conto terzi.<br />

Il presidente <strong>del</strong> gruppo Giovani armatori di<br />

Confitarma (confederazione di cui, peraltro, è<br />

anche membro <strong>del</strong> comitatioe esecutivo) non<br />

si ferma qui. Tra i suoi incarichi c’è anche quello<br />

di amministratore <strong>del</strong>egato <strong>del</strong>la Hotel La<br />

Palma spa, società proprietaria <strong>del</strong>l’omonimo<br />

albergo di Capri — a pochi metri dalla Piazzetta<br />

— il primo sorto sull’isola nel 1822 per ospitare<br />

i viaggiatori <strong>del</strong> grand Tour.<br />

Come detto, però, l’attività principale di Giuseppe<br />

Mauro Rizzo è quella di seguire Rbd;<br />

l’azienda, peraltro, sta portando avanti un programma<br />

di espansione che prevede l’ingresso<br />

in flotta di 20 unità per trasporto di rinfuse secche<br />

e liquide, che si aggiungeranno alle di 5<br />

unità di proprietà e 40 a noleggio attualmente<br />

gestite. E lui, scapolo d’oro, nel (raro) tempo<br />

libero — tra un viaggio in Oriente e uno negli<br />

States — riesce anche a trovare spazio per letture<br />

economiche. L’obiettivo è aggiornarsi sempre.<br />

Un’ambizione che, a guardare i risultati,<br />

trova riscontri (non solo societari). Per esempio,<br />

tra il 2003 e il 2005 gli sono stati assegnati<br />

due importanti premi: quello dedicato a Roberto<br />

Marrama e il “Leonardo”.<br />

Una conversione, quella di Giuseppe Mauro,<br />

che nel 1989 aveva conseguito la maturità classica.<br />

Poi la laurea in Ingegneria meccanica nel<br />

’95 (<strong>11</strong>0 e lode). Giornalista pubblicista, specializzazione<br />

in Scienze Statistiche alla N.Y. University<br />

(1997), dottore di Ricerca in Gestione<br />

<strong>del</strong>la Qualità Totale presso l’Università Federico<br />

II nell’anno 1999/2000. E, infine, docente<br />

nel primo Master per Specialisti in Servizi di Logistica<br />

Integrata e Trasporto Merci presso l’Università<br />

Parthenope di Napoli (2004).<br />

P. G.<br />

© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />

Da sinistra, in senso orario: Mariella Bottiglieri,<br />

Mauro Maccauro, Gianluigi Cimmino, Silvio Sarno,<br />

Giuseppe Mauro Rizzo e Lina Lucci<br />

Gianluigi Cimmino (classe ’73)<br />

Con intimo, valigie e costumi<br />

ha portato Napoli alla ribalta<br />

Gianluigi Cimmino, classe 1973, è amministratore<br />

<strong>del</strong>egato <strong>del</strong>le aziende<br />

Carpisa e Yamamay. Realtà produttive<br />

che non sono state minimamente<br />

sfiorate dalla crisi perché — come spiega il giovane<br />

manager — sono state da sempre abituate<br />

a fronteggiare un mercato difficile, offrendo<br />

prodotti di alta immagine con un eccellente<br />

rapporto qualità-prezzo.<br />

Il contributo che il giovane manager riconosce<br />

di aver portato in azienda «è la grande energia,<br />

indispensabile oggi per portare avanti discorsi<br />

di un certo tipo. I giovani hanno più sangue<br />

da dare ed è una condizione indispensabile<br />

da offrire oggi al mercato».<br />

Poi c’è una sua visione più internazionale<br />

<strong>del</strong> business, non legata solo al mercato locale.<br />

«E nel mio caso, grande fantasia e una innata<br />

curiosità — aggiunge Cimmino — che mi spinge<br />

a portare avanti progetti anche meno consueti».<br />

Carpisa e Yamamay sono presenti, con i propri<br />

negozi diretti (i prodotti sono venduti in<br />

esclusiva nei monomarca) e in franchising in<br />

una trentina di paesi in Europa, Asia e nel Centro<br />

America. Un mo<strong>del</strong>lo di sviluppo messo a<br />

punto dal capostipite <strong>del</strong>l’azienda, Luciano<br />

Cimmino, papà di Gianluigi che con Original<br />

Marines ha avviato un discorso di vendita attraverso<br />

una rete di franchising che nel tempo è<br />

diventato sempre più sofisticato e adatto a rispondere<br />

alle esigenze di un mercato in trasformazione.<br />

«Papà è un po’ l’ispiratore e il protettore<br />

di noi giovani — ricorda Gianluigi — è<br />

presente in entrambe le aziende ed è un punto<br />

di riferimento in ogni iniziativa e strategia. Ha<br />

creato una classe imprenditoriale specializzata<br />

nel franchising, offerto due nuove opportunità<br />

che hanno allargarso l’offerta di prodotti. E<br />

quella che ha lanciato resta un tipo di distribuzione<br />

che ci ha consentito di arrivare dove siamo<br />

e ci ha protetto dalla crisi. Una formula vincente<br />

e solidissima».<br />

Due marchi, due stimoli diversi per affronta-<br />

Silvio Sarno (classe ’73)<br />

Quando diventò per la prima volta presidente<br />

di Confindustria Avellino, cinque<br />

anni or sono (prese il posto di Gianni Lettieri,<br />

passato a guidare l’associazione di<br />

Palazzo Partanna) era il più giovane leader di<br />

una territoriale collegata alla galassia di Viale <strong>del</strong>l’Astronomia.<br />

Oggi, dopo un lustro, e dopo aver<br />

ottenuto — tra i pochi nella storia confindustriale<br />

— un terzo mandato biennale al timone <strong>del</strong>l’Unione<br />

irpina (anche Lettieri, per la cronaca, ha<br />

fatto lo stesso identico percorso all’ombra <strong>del</strong> Vesuvio),<br />

Silvio Sarno risulta ancora il golden boy<br />

<strong>del</strong>la confederazione al cui vertice siede Emma<br />

Marcegaglia. L’industriale <strong>del</strong> cemento, nato ad<br />

Atripalda il 10 agosto ’73, infatti, con i suoi 36<br />

anni non trova rivali di gioventù al potere.<br />

Sposato con Lucia e padre di due bellissime<br />

bimbe — Maria Cristina e Ginevra — Sarno è il<br />

classico personaggio che dice sempre quello che<br />

pensa («caratteristica che in molti casi — confida<br />

agli amici — mi crea non pochi problemi»).<br />

Eppure nella sua formazione, e lui ci tiene a dirlo,<br />

ha contato molto anche l’amicizia familiare<br />

(«papà è stato sempre un democristiano convinto»)<br />

con Ciriaco De Mita. L’uomo di Nusco, racconta<br />

il presidente di Confinfindustria Avellino,<br />

«era spesso a casa nostra. E io ho sempre ammirato<br />

la sua tranquillità e il suo modo di leggere le<br />

cose. Non solo in politica».<br />

Esponente di terza generazione di una nota saga<br />

imprenditoriale che ha segnato in Irpinia, sin<br />

dagli anni ’50, la storia <strong>del</strong>l’attività di estrazione<br />

di materiale calcareo e successivamente di produzione<br />

di conglomerati bituminosi e cementizi<br />

e <strong>del</strong>le costruzioni, Sarno ha cominciato da giovanissimo<br />

l’impegno aziendale. Per la precisione<br />

dal periodo in cui frequentava ancora i banchi di<br />

scuola.<br />

Diplomatosi presso l’Istituto tecnico per geometri<br />

di Avellino, l’attuale numero uno <strong>del</strong>l’associazione<br />

industriali <strong>del</strong>la provincia di Avellino<br />

ha integrato la formazione, nei cinque anni suc-<br />

re la sfida dei mercati. Per Gianluigi Cimmino<br />

Carpisa è una scommessa interessante da vivere<br />

da napoletano. «Mi affascina l’idea di poter<br />

portare l’azienda da Napoli alla ribalta mondiale,<br />

una vera epropria scommessa imprenditoriale.<br />

Yamamay, però, è un universo affascinante<br />

— ricorda — un marchio che immagino in<br />

futuro utilizzato in diversi settori. E’ una mia<br />

creatura di marketing. E ha un grande vantaggio.<br />

Trattando <strong>del</strong> mondo femminile, <strong>del</strong>la seduzione,<br />

<strong>del</strong>la sensualità, di argomenti insomma<br />

di grande appeal ti permette di dare al marchio<br />

una marcia in più. Di giocare, sperimentare,<br />

rilanciare con stili e suggestioni sempre diverse».<br />

C’è poi la scommessa Jaked, una azienda nella<br />

quale Cimmino è consigliere. E’ il terzo marchio<br />

di famiglia, quello tecnologicamnte avanzato.<br />

Un prodotto italiano con ricerca e know -<br />

how che può competere con le multinazionali.<br />

E’ sponsor <strong>del</strong>la Federazione italiana nuoto<br />

con la quale il rapporto arriverà fino a Londra<br />

2<strong>01</strong>2. «Con i nostri costumi hanno vinto la Pellegrini,<br />

la Filippi. Poi la Federazione ha cambiato<br />

le regole — racconta Cimmino —, forse sulla<br />

spinta di qualcuno impensierito dalle capacità<br />

di un marchio italiano così agguerrito e tecnologico.<br />

Ma noi siamo pronti a lanciare sette<br />

nuove soluzioni diverse. Perché le persone <strong>del</strong><br />

Jaked lab non si fermano». Il legame con lo<br />

sport, nelle aziende Cimmino è fortissimo. Carpisa<br />

e Yamamay sono marchi legati a doppio<br />

filo al nuoto, alla vela, ai campioni internazionali<br />

di diverse discipline. E lasciarsi coinvolgere<br />

in prima persona non è un problema per il<br />

manager napoletano che — per una pubblicità<br />

Carpisa — si è tuffato in piascina vestito di tutto<br />

punto insieme con una valigia e al fianco di<br />

Federica Pellegrini. Perchè non bisogna mai<br />

prendersi troppo sul serio. Anche l’ironia è<br />

un’arma per affrontare il mercato e vincere<br />

nuove sfide.<br />

Anna Paola Merone<br />

© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />

Il golden boy di Confindustria<br />

con il pallino dei motori<br />

cessivi, con corsi estivi di preparazione all’attività<br />

dirigenziale presso la scuola di Montreaux, in<br />

Svizzera.<br />

Fatto sta che oggi Sarno vanta un impegno diretto<br />

ormai ultradecennale nella responsabilità<br />

d’impresa. Nel tempo, peraltro, ha seguito e diretto<br />

le evoluzioni e il riassetto nell’attuale Calcestruzzi<br />

Irpini spa, holding di famiglia, di cui attualmente<br />

è amministratore unico, guidandola a<br />

un volume d’affari di 34 milioni annui; capitanando<br />

circa <strong>30</strong>0 persone, fra impiegati, manodopera<br />

diretta, indotto e società collegate; e certificandone<br />

l’attività secondo le più rigorose norme<br />

europee.<br />

L’inizio <strong>del</strong>la sua gestione <strong>del</strong>l’azienda, inoltre,<br />

gli consente anche di partecipare attivamente<br />

al sistema associativo, che evidentemente ne<br />

apprezzava e ne apprezza ancora — dopo anni<br />

— le qualità di timoniere (il terzo rinnovo alla<br />

presidenza è arrivato praticamente all’unanimità).<br />

Qualche mese dopo, per la cronaca, Sarno entra<br />

a far parte <strong>del</strong>la giunta nazionale di Viale <strong>del</strong>l’Astronomia.<br />

Chi lo conosce bene lo descrive come un instancabile<br />

sostenitore <strong>del</strong> team building; un leader<br />

confindustriale che tende a chiamare a responsabilità<br />

nuove leve <strong>del</strong> sistema produttivo<br />

irpino e che, dunque, sta provando a innovare le<br />

prassi di selezioni <strong>del</strong>la classe dirigente <strong>del</strong>l’Unione.<br />

Partecipa costantemente a eventi formativi<br />

(ultimo il Word Forum Business di Milano<br />

e a <strong>del</strong>egazioni per missioni internazionali<br />

commerciali e di sviluppo.<br />

Nel privato ama stare insieme agli amici e si<br />

dedica — quando può — a tenersi in forma. Lo<br />

sport, per lui, è quindi soprattutto palestra. Ma<br />

anche passione: tifoso sfegatato <strong>del</strong>l’Inter, ama<br />

anche i motori. Per qualche anno, infatti, ha gestito<br />

un team di tre piloti al Motomondiale (classe<br />

125).<br />

P. G.<br />

7<br />

NA<br />

© RIPRODUZIONE RISERVATA


8<br />

NA<br />

Lunedì <strong>30</strong> Novembre 20<strong>09</strong> <strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> Mezzogiorno


<strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> Mezzogiorno Lunedì <strong>30</strong> Novembre 20<strong>09</strong><br />

PROFESSIONI<br />

Francesco Capalbo (classe ’71)<br />

Carmine Palumbo (classe ’71)<br />

Aiuta i magistrati<br />

a scovare<br />

i danni erariali<br />

Aoggi la sua attività principale è quella<br />

di professore associato di Ragioneria<br />

generale e applicata alla facoltà<br />

di Economia <strong>del</strong>la Seconda Università<br />

di Napoli. E Francesco Capalbo, classe<br />

1971, non dimentica di sottolineare l’importanza<br />

formativa <strong>del</strong>la sua attività universitaria.<br />

«Insegnare — racconta il professore e commercialista<br />

napoletano — mi aiuta a non dare mai<br />

nulla per scontato, mettendo anzi sempre in discussione<br />

anche i concetti apparentemente già<br />

acquisiti. Tra i vantaggi <strong>del</strong>la mia attività didattica<br />

e di ricerca, l’aver recepito negli anni una<br />

impostazione metodologica che mi aiuta a cercare<br />

sempre di arrivare alla struttura dei problemi,<br />

senza lasciarmi ingannare dalla forma<br />

con cui si presentano». Laureatosi nel ’94, con<br />

<strong>11</strong>0 e lode e menzione speciale, Capalbo svolge<br />

oggi diversi incarichi di responsabilità, tra<br />

questi, presso la Corte dei Conti, dal 2003 è<br />

componente <strong>del</strong> comitato scientifico <strong>del</strong> seminario<br />

di formazione permanente sui controlli.<br />

Attività che gli consente di programmare, con<br />

gli altri membri <strong>del</strong> comitato, gli aspetti chiave<br />

<strong>del</strong>la formazione in materia economica e finanziaria<br />

dei magistrati, ad esempio in tema di<br />

controllo <strong>del</strong>le società partecipate e <strong>del</strong>le metodologie<br />

per la quantificazione <strong>del</strong> danno erariale.<br />

«Un compito — sottolinea lo stesso Capalbo<br />

— molto stimolante e ricco di possibilità di<br />

crescita professionale. Confrontarsi con esperti<br />

che hanno una formazione diversa dalla propria,<br />

in questo caso in ambito giuridico, è sempre<br />

motivo di arricchimento. Una buona occasione<br />

per vedere le cose da altri punti di vista».<br />

Fondamentali nel suo percoso formativo le<br />

esperienze di insegnamento e di ricerca al-<br />

Titti Postiglione (classe ’71)<br />

La geologa<br />

diventata<br />

Sua Emergenza<br />

Una scossa di terremoto, un fiume<br />

che esonda, un costone roccioso<br />

che frana: la prima a saperlo in<br />

Italia è lei, Titti Postiglione, responsabile<br />

<strong>del</strong>la sala operativa <strong>del</strong>la Protezione<br />

Civile nazionale. Ed è la prima a sbracciarsi<br />

per mettere in moto la macchina dei<br />

soccorsi. Alzandosi anche tre-quattro volte<br />

ogni notte. Salernitana, trentasette anni,<br />

laureata in geologia, è, come ha detto una<br />

volta il suo capo, il sottosegretario Guido<br />

Bertolaso, la «bandiera <strong>del</strong> nostro dipartimento».<br />

E non solo in senso figurato: all’ultima<br />

sfilata <strong>del</strong>la Festa <strong>del</strong>la Repubblica è<br />

toccato infatti a lei far sventolare il tricolore.<br />

Esile nel fisico ma dalla volontà d’acciaio,<br />

Titti Postiglione da bambina voleva fare<br />

l’archeologa ed era destinata ad una brillante<br />

carriera da scienziata se non avesse preso<br />

parte ad uno dei primi corsi in Italia per tecnici<br />

di protezione civile. «Dopo la laurea all’Università<br />

di Napoli mi sono appassionata<br />

ai vulcani - racconta - e per il dottorato di<br />

ricerca stavo studiando il Vesuvio. Avevo<br />

<strong>del</strong> tempo a disposizione prima di discutere<br />

la tesi <strong>del</strong> dottorato e decisi di partecipare<br />

ad un corso a Fabriano per tecnici di protezione<br />

civile, una figura che allora non esisteva».<br />

Sei anni da precaria l’hanno aiutata nella<br />

formazione e l’hanno fortemente determinata<br />

a fare un lavoro che oggi l’ha portata<br />

ad essere la più giovane responsabile di sala<br />

operativa in tutta Europa, a capo di una<br />

trentina di persone che rappresentano tutte<br />

le strutture operative nazionali, dai carabinieri<br />

alle guardie costiere. Dalle certezze in-<br />

l’estero, tra queste (nel 2000) come visiting<br />

professor alla scuola di business <strong>del</strong>l’Università<br />

di Birmingham, poi presso la scuola di business<br />

di Goteborg, e il dipartimento di Accountancy<br />

and Business law <strong>del</strong>l’Università degli<br />

studi di Sydney, New South Wales (Australia).<br />

«Sono convinto che anche la mia professione<br />

di commercialista abbia inciso molto positivamente<br />

sul ruolo accademico. Sia nei termini in<br />

cui ha apportato casistica e visione pratica alle<br />

mie lezioni, sia nei termini in cui ha contribuito<br />

ad orientare la mia ricerca verso problematiche<br />

effettivamente percepite come tali anche<br />

dagli operatori <strong>del</strong> mondo economico. Due su<br />

tutte, la definizione di sistemi di reporting che<br />

permettano un più efficace monitoraggio <strong>del</strong>la<br />

spesa pubblica e lo sviluppo di mo<strong>del</strong>li in grado<br />

di far emergere con maggiore tempestività<br />

le situazioni di insolvenza <strong>del</strong>le società di capitali».<br />

Il domani? Capalbo vorrebbe vedere il futuro<br />

in mano alle giovani leve alle quali oggi<br />

insegna. Come dire, da professore universitario<br />

la sua scommessa per il futuro è su una preparazione<br />

di qualità, da libero professionista,<br />

la speranza di riuscire a contribuire alla creazione<br />

dei presupposti che permettano alle future<br />

eccellenze di crescere senza dover necessariamente<br />

trasferirsi altrove.<br />

Raffaele Nespoli<br />

© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />

controvertibili <strong>del</strong>la scienza è così passata<br />

al campo imponderabile <strong>del</strong>le calamità naturali<br />

con un bagaglio di conoscenze, però,<br />

che l’hanno aiutata a «passare dall’altra parte».<br />

Il suo lavoro è massacrante, non conosce<br />

orario nè ferie. Ne sanno qualcosa i terremotati<br />

<strong>del</strong>l’Abruzzo che l’hanno vista accanto<br />

a loro nei lunghi mesi <strong>del</strong>l’emergenza.<br />

Mai un momento di stanchezza o di abbattimento.<br />

Prima ancora Titti Postiglione<br />

si era fatta apprezzare per la gestione dei funerali<br />

di papa Giovanni Paolo II, un evento<br />

di proporzioni straordinarie con tre milioni<br />

di persone e una città paralizzata. «La gente<br />

- ripete Sua Emergenza - deve avere sempre<br />

fiducia in noi, è la conquista più importante<br />

per noi operatori di protezione civile, noi<br />

ci mettiamo la faccia, ci prendiamo le nostre<br />

responsabilità ed è giusto che sia così».<br />

Fino a qualche mese fa Titti Postiglione<br />

era nota solo agli addetti ai lavori. È stata la<br />

puntata «riparatrice» <strong>del</strong> salotto televisivo<br />

di Anno Zero sulla protezione civile in<br />

Abruzzo a farla conoscere a tutti: è intervenuta<br />

con piglio deciso, mostrando la serenità<br />

di chi non ha nulla da nascondere o di<br />

cui rimproverarsi. E come si dice in gergo<br />

ha subito bucato il video. L’Italia <strong>del</strong> fare ha<br />

il volto pulito di Titti Postiglione.<br />

Gabriele Bojano<br />

© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />

Grazie a lui<br />

il Vulcano (buono)<br />

erutta milioni<br />

Una bella responsabilità. E sì, perché<br />

Carmine Palumbo, 38 anni,<br />

manager napoletano specializzato<br />

in start up di grandi centri commerciali,<br />

dal primo settembre scorso ha preso<br />

il posto di Gianni Punzo sulla poltrona di<br />

amministratore <strong>del</strong>egato <strong>del</strong>la Vulcano spa.<br />

Vale a dire la società — il cui azionariato è<br />

diviso tra Cis Shopping (la costola <strong>del</strong> colosso<br />

di Nola detiene il 55% <strong>del</strong>le quote) e Gallerie<br />

Commerciali Italia (l’immobiliare <strong>del</strong><br />

gruppo Auchan controlla il 45%) — che gestisce<br />

il Vulcano Buono. Un centro servizi il cui<br />

giro di affari, nel 2008, è stato pari a circa 190<br />

milioni di euro, Cifra che, se si guarda all’anno<br />

in corso, è attesa addirittura in aumento<br />

<strong>del</strong> 4%. Il numero di visitatori <strong>del</strong>la struttura<br />

amministrata da Palumbo — tornando al<br />

2008 — è stato calcolato in circa 9 milioni,<br />

Donato Triggiani (classe ’74)<br />

Il cardiochirurgo<br />

allevato alla scuola<br />

dei «bisturi d’oro»<br />

Quando era uno dei tanti studenti<br />

iscritti al quarto anno di Medicina,<br />

entrò per la prima volta in vita sua in<br />

un reparto di cardiochirurgia: «Mi<br />

colpì subito la precisione dei gesti, il carico<br />

di responsabilità, il bagaglio di conoscenze<br />

che doveva avere l’operatore. Ecco, è in quel<br />

giorno che ho deciso che da grande sarei diventato<br />

un cardiochirurgo». E Donato Triggiani,<br />

napoletano nato a Bristol «per caso»,<br />

cardiochirurgo lo è diventato davvero. Classe<br />

1974, compirà 36 anni il prossimo 5 gennaio,<br />

e da cinque è «dirigente medico» di<br />

una <strong>del</strong>le strutture d’eccellenza italiane, quella<br />

<strong>del</strong>l’azienda ospedaliera universitaria San<br />

Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona di Salerno,<br />

diretta da Giuseppe Di Benedetto, cardiochirurgo<br />

considerato tra i migliori d’Italia. E<br />

con un trend di crescita per il 20<strong>09</strong> <strong>del</strong> 7%. Il<br />

numero di addetti complessivi — comprensivo<br />

<strong>del</strong>l’indotto — è pari a 1600 unità.<br />

Una responsabilità davvero importante,<br />

dunque. Ma Carmine Palumbo, che da poco<br />

ha trovato casa al Vomero («sono nato in città<br />

ma poi, presto, mi sono trasferito con la<br />

famiglia a San Giorgio a Cremano, dove ho<br />

vissuto fino ai 26 anni, ossia dal momento in<br />

cui ho cominciato a girare l’Italia per lavoro»)<br />

sembra avere le spalle larghe. Non certo<br />

per il fisico da cestista che si ritrova («sì, ero<br />

una discreta ala forte»), bensì per la brillante<br />

laurea conseguita alla Federico II — facoltà<br />

di Economia e Commercio con indirizzo gestionale<br />

— conseguita con <strong>11</strong>0/<strong>11</strong>0 e, forse<br />

soprattutto, grazie a dodici anni di esperienza<br />

nel settore. «Ho partorito ben undici bambini<br />

— spiega ridendo —. Sono i centri commerciali<br />

che ho avviato da una parte all’altra<br />

<strong>del</strong> Paese».<br />

In effetti dando una scorsa al suo curriculum<br />

c’è — come si dice — parecchia carne<br />

a cuocere: prima di arrivare al vertice <strong>del</strong>la<br />

Vulcano spa, Palumbo infatti vanta importanti<br />

trascorsi nel gruppo Pam — divisione Real<br />

Estate — dove ha curato lo start up <strong>del</strong> più<br />

grande centro commerciale <strong>del</strong>la Capitale,<br />

Roma Est, («210 negozi; all’interno c’era anche<br />

il primo store Apple, nel senso <strong>del</strong>la prima<br />

struttura gestita direttamente dalla casa<br />

madre di Cupertino»); quindi passa in Cogest<br />

Italia, dove con la qualifica di responsabile<br />

dei centri commerciali area Centro-Sud<br />

Italia avvia il primo grande centro commerciale<br />

<strong>del</strong>l’area campana, nel 1999, Le Porte di<br />

Napoli di Afragola.<br />

«Per la verità — precisa ancora Palumbo<br />

— ho avuto anche esperienze nel mondo creditizio,<br />

con il gruppo Duetsche Bank». Insomma,<br />

un uomo tutto casa e lavoro? «Effettivamente<br />

dedico gran parte <strong>del</strong> mio tempo all’attività<br />

che svolgo. Ma per la lettura, ad esempio,<br />

riesco a ritagliarmi qualche spazio». E<br />

chiosa: «L’ultimo libro letto? La chiave di hiram,<br />

un bel volume sulla massoneria».<br />

P. G.<br />

© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />

ai maestri «famosi» Donato Triggiani c’è abituato.<br />

Figlio d’arte (il padre è chirurgo), da<br />

studente chiede che nell’ambito <strong>del</strong> progetto<br />

Erasmus gli venga assegnata la sede di Parigi,<br />

dove studia alla scuola di cardiochirurgia<br />

<strong>del</strong>l’ospedale Henry Mondor diretta dal professor<br />

Daniel Loisance. Laureato in Medicina<br />

a 24 anni all’università Federico II di Napoli,<br />

subito dopo entra alla scuola di Nicola Spampinato,<br />

altro nome che pesa <strong>del</strong>la cardiochirurgia.<br />

Specializzazione che l’«allievo» conseguirà<br />

nel 2003, un anno prima di essere chiamato<br />

a Salerno nella «struttura complessa di<br />

cardiochirurgia» guidata dal professore Giuseppe<br />

Di Benedetto, uno che punta tutto su<br />

tecnologie e alte specializzazioni, e che lo sceglie<br />

come suo «aiuto» in sala operatoria.<br />

Quattro anni dopo, quello che gli amici chiamano<br />

«l’allegro chirurgo» ha fatto esperienza<br />

e strada. È uno dei pochissimi che, nel<br />

2008, consegue il dottorato di ricerca in «Fisiopatologia<br />

clinica e medicina sperimentale»<br />

al corso diretto dal professor Gianni Marone.<br />

E, nello stesso anno, il primario decide<br />

che ormai è venuto il tempo di affidare al<br />

suo «aiuto» un incarico professionale dal nome<br />

complesso: Valutazione perioperatoria e<br />

dimissioni dei pazienti cardiochirurgici.<br />

Fuor di linguaggio medico, significa che Donato<br />

Triggiani è chiamato ad assistere il primario<br />

nella gestione <strong>del</strong>le problematiche relative<br />

all’intero ciclo ospedaliero <strong>del</strong> paziente:<br />

ricovero, intervento, dimissioni. I suoi lavori,<br />

trentadue, nel frattempo vengono pubblicati<br />

su riviste specialistiche come Cardiovascular<br />

surgery (Escvs), Texas heart institute<br />

journal, Journal of thoracic and cardiovascular<br />

surgery, e il suo nome compare nell’elenco<br />

<strong>del</strong>la «Società italiana dei chirurghi<br />

universitari», in quello <strong>del</strong>l’«Associazione<br />

campana giovani chirurghi» e nel team <strong>del</strong><br />

Cardiothoracic surgery network. Pendolare<br />

<strong>del</strong> bisturi (non si è mai trasferito a Salerno)<br />

e jogger incallito (appena può indossa la tuta<br />

e si fa un’ora di corsa a via Caracciolo), nella<br />

vita ha tre passioni: «Il gommone d’estate, lo<br />

sci d’inverno e radio Deejay tutto l’anno».<br />

Gianluca Abate<br />

© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />

9<br />

NA


10<br />

NA<br />

POLITICA<br />

Enzo Amendola (classe ’73)<br />

Mara Carfagna (classe ’75)<br />

Il Pd riparte<br />

con un «austriaco»<br />

che ama Napoli<br />

In meno di tre anni si è scrollato di dosso il fastidioso appellativo<br />

di «austriaco». E in meno di tre anni è diventato<br />

due volte segretario regionale, prima dei Ds, poi <strong>del</strong> Pd, e<br />

due volte componente <strong>del</strong>le segreterie nazionali dei due<br />

partiti. Enzo Amendola è un mix di fermezza e competenza mitteleuropee,<br />

di sano individualismo italiota e di ciorta napoletana.<br />

È l’uomo giusto al posto sempre giusto. Tranne in un caso,<br />

forse. Quando si è trovato a Belgrado, senza elettricità, sotto i<br />

bombardamenti <strong>del</strong>la Nato. Ma anche quello fa curriculum.<br />

Caso, in politica più unico che raro, di cervello in fuga tornato<br />

in patria, Amendola si è fatto le ossa in giro per il mondo.<br />

Classe ’73, è figlio di Napoli, di Porta Capuana per la precisione.<br />

A sedici anni comincia a frequentare la politica grazie al<br />

movimento anticamorra, humus fertile in cui è cresciuta un’intera<br />

classe dirigente campana. A diciotto viene eletto per i Ds<br />

capogruppo nella circoscrizione <strong>del</strong> centro storico. Poi responsabile<br />

esteri <strong>del</strong>la Sinistra giovanile e via, in Austria per cinque<br />

anni, segretario generale dei Giovani socialisti. Il resto è cronaca<br />

di questi ultimi anni. Si definisce «liberalprogressista con<br />

un retroterra socialista», tra le sue passioni la musica di Bruce<br />

Springsteen e di Eric Clapton, la lettura di Philip Roth e<br />

Abraham Yehoshua, la cucina, si dice che prepari una pasta e<br />

fagioli con le cozze strepitosa. Da grande voleva fare il giornalista<br />

(sindrome tipica dei politici, ricambiata dai giornalisti) e<br />

sognava una vita avventurosa (come se doversi districare tra<br />

Bassolino e De Luca non fosse abbastanza dangerous). Parla tre<br />

lingue straniere e il viaggio è una costante <strong>del</strong>la sua vita (soprattutto<br />

nel pieno <strong>del</strong>le crisi politiche). Il posto più bello che<br />

ha visitato è Gerusalemme, tra gli uomini politici che ha incontrato<br />

Arafat, Perez, i maggiori presidenti sudafricani e sudamericani,<br />

ma è il presidente <strong>del</strong> Brasile, Lula, quello che lo ha colpito<br />

di più.<br />

Dalemiano, è assai ambizioso e considera la corsa per le regionali<br />

come una partita a scacchi. «C’è bisogno <strong>del</strong>la mossa<br />

<strong>del</strong> cavallo», ha detto alla prima assemblea regionale <strong>del</strong> Pd.<br />

Dunque è necessaria una mossa a sorpresa. Finora in campo ci<br />

sono il sindaco Vincenzo De Luca e l’assessore regionale Ennio<br />

Cascetta. Tra i due litiganti un terzo nome, che sparigli, potrebbe<br />

essere la strada amendoliana. La mossa <strong>del</strong> cavallo per fare<br />

scacco matto.<br />

Simona Brandolini<br />

© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />

Mo<strong>del</strong>lo Thatcher<br />

per la ministra<br />

«sempre prima»<br />

Non fa mistero che il mo<strong>del</strong>lo di governante al quale si<br />

ispira sia Margaret Thatcher, come ha scritto nel libro<br />

«Stelle di destra». E che sia una «donna di ferro»<br />

l’ha dimostrato fin da ragazzina, primeggiando sempre<br />

in tutto ciò che intraprendeva. L’orgoglio di mamma e papà:<br />

dalla danza (si è perfezionata alla scuola di Martha Graham a<br />

New York) al nuoto (ha vinto un campionato regionale), dalla<br />

musica (è diplomata in pianoforte) allo studio (è laureata in Giurisprudenza<br />

con <strong>11</strong>0 e lode e plauso <strong>del</strong>la commissione). Nella<br />

sua «vita precedente», come con un pizzico di civetteria ama definirla,<br />

Maria Rosaria Carfagna, nata a Salerno il 18 dicembre<br />

1975, è stata reginetta di concorsi di bellezza (sesto posto a Miss<br />

Italia nel 1997) e conduttrice televisiva («La domenica <strong>del</strong> villaggio»<br />

con Davide Mengacci e «Piazza grande» con Giancarlo Magalli).<br />

Mai un ruolo da soubrette, come viene spesso scritto<br />

quando la si vuole ingiustamente sminuire. Né di lei in giro esistono<br />

foto sexy a parte quelle di un calendario glamour che oggi<br />

potrebbe essere affisso in un collegio di educande. Insomma, la<br />

ministra alle Pari opportunità Mara Carfagna se non una Maria<br />

Goretti, come ha detto una volta il premier, è una giovane donna<br />

discreta e sensibile. Lontana dagli eccessi ai quali ci sta abituando<br />

non solo lo star-system ma anche l’attuale establishment<br />

politico. Chi la conosce bene — e chi scrive può vantare il<br />

primato di averla intervistata per primo — quando all’età di sedici<br />

anni disse no a Tinto Brass che la voleva in un film, sa che è<br />

estremamente riduttivo catalogarla sotto la voce «belle donne».<br />

Come ha fatto il quotidiano popolare tedesco Bild che l’ha definita<br />

«la ministra più bella <strong>del</strong> mondo». Mara Carfagna preferirebbe<br />

essere apprezzata per il senso <strong>del</strong> dovere e la volontà ferrea,<br />

doti che le hanno inculcato i genitori: madre insegnante e padre<br />

preside <strong>del</strong> glorioso liceo classico «Tasso» di Salerno. Preferirebbe<br />

essere ricordata per quello che ha fatto da quando l’8 maggio<br />

2008 è diventata ministra, dopo essere stata parlamentare di Forza<br />

Italia: la legge sullo stalking per perseguire chi compie atti di<br />

persecuzione ma anche quella contro la prostituzione che colpisce<br />

le organizzazioni criminali che riducono le donne in schiavitù.<br />

E poi il progetto degli asili nido aziendali nella pubblica amministrazione,<br />

il numero verde sulle mutilazioni genitali femminili,<br />

la campagna contro l’omofobia e qualsiasi forma di discriminazione.<br />

E la chiamate ancora soubrette?<br />

Gabriele Bojano<br />

© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />

Lunedì <strong>30</strong> Novembre 20<strong>09</strong> <strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> Mezzogiorno<br />

Qui sopra, Mara Carfagna<br />

In alto, Enzo Amendola<br />

A destra, in alto, Nunzia De Girolamo<br />

Sotto, Ivano Russo


<strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> Mezzogiorno Lunedì <strong>30</strong> Novembre 20<strong>09</strong><br />

Nunzia De Girolamo (classe ’75) Ivano Russo (classe ’78)<br />

Con una pigotta<br />

diventò la più giovane<br />

tra i fondatori <strong>del</strong> Pdl<br />

Èstata lei a convincere Silvio Berlusconi a scendere nel<br />

Sannio per concludere una manifestazione politica <strong>del</strong><br />

Pdl. Trentaquattro anni appena compiuti, la deputata beneventana<br />

Nunzia De Girolamo è la prima di tre sorelle.<br />

Figlia <strong>del</strong> direttore <strong>del</strong>la Cantina <strong>del</strong> Taburno, ha dimostrato fin<br />

da piccola l’attitudine naturale a essere una prima <strong>del</strong>la classe.<br />

Ha compiuto gli studi classici nella sua città natale, poi il trasferimento<br />

a Roma per seguire il corso di laurea in Giurisprudenza a<br />

La Sapienza. Si è laureata a ventiquattro anni con una tesi in diritto<br />

amministrativo. Poi il dottorato di ricerca a Campobasso sugli<br />

aspetti societarie <strong>del</strong>l’economia aziendale. Ha collaborato come<br />

assistente di diritto pubblico e diritto commerciale con l’Università<br />

<strong>del</strong> Sannio. Nel frattempo iniziava la professione di avvocato<br />

nel capoluogo sannita in associazione con altri due colleghi. I primi<br />

passi in politica all’inizio degli anni Duemila, tra i giovani di<br />

Forza Italia. Motivata, determinata, volitiva, viene presto notata<br />

dai dirigenti regionali <strong>del</strong> partito: diventa coordinatore provinciale<br />

<strong>del</strong> movimento giovanile. Qualche anno dopo una candidatura<br />

(«serviva però solo per riempire la lista») al consiglio comunale<br />

di Benevento. La svolta con l’incontro con Berlusconi e Bondi. In<br />

occasione <strong>del</strong> comizio napoletano tenuto in piazza dei Martiri dal<br />

premier, all’epoca impegnato a promuovere la nascita <strong>del</strong> partito<br />

unico <strong>del</strong> centrodestra, i giovani azzurri beneventani regalarono<br />

al Cavaliere una pigotta, cioè la bambola di pezza <strong>del</strong>l’Unicef, ribattezzata<br />

«Libertà», con una lettera allegata che suscitò la curiosità<br />

di Bondi che volle incontrare Nunzia. La ragazza portò con sé<br />

un book. Che però non conteneva fotografie, bensì ritagli di giornali<br />

che riguardavano le iniziative già svolte. Un secondo incontro<br />

con Berlusconi in persona, Gianni Letta, Paolo Bonaiuti e altri<br />

big <strong>del</strong> partito. È stata la più giovane tra i fondatori <strong>del</strong> Pdl, un<br />

ottimo viatico per il successivo inserimento in posizione utile<br />

nella lista per la Camera. Lo scorso <strong>11</strong> ottobre è stata lei a fare gli<br />

onori di casa quando Berlusconi ha concluso a Benevento la kermesse<br />

politica «Col Sud si vince». Ama moltissimo viaggiare, adora<br />

soprattutto l’Africa. Tra le sue grandi passioni le immersioni<br />

subacquee. È molto attratta dall’arte contemporanea, sicché<br />

quando è in giro non perde mai l’occasione di visitare mostre ed<br />

esposizioni. Adora i gatti piuttosto che i cani, ha una gattina che<br />

le sue sorelle minori, Francesca e Graziana hanno battezzato Micia.<br />

Dall’inizio <strong>del</strong>la scorsa estate non è più fidanzata.<br />

Gimmo Cuomo<br />

© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />

Il Napolitano boy<br />

che piace<br />

anche agli industriali<br />

tassello (per ora) di una brillante carriera<br />

che spazia tra il mondo politico e quello manageriale,<br />

è stato posto appena qualche giorno fa. Ivano<br />

L’ultimo<br />

Russo, napoletano (di Fuorigrotta) classe 1978, è<br />

stato chiamato da Dario Nar<strong>del</strong>la — vicesindaco di Matteo Renzi<br />

a Firenze — a svolgere il ruolo di consigliere economico per il<br />

rilancio <strong>del</strong> capoluogo toscano. «Quasi un segno <strong>del</strong> destino<br />

per uno come me da sempre tifosissimo <strong>del</strong>la squadra viola».<br />

Niente paura, non è un addio alla città natia. «Napoli è e resta<br />

il mio quartier generale». Del resto è sotto il Vesuvio che Russo<br />

svolge le principali attività: «Sono direttore generale di Mezzogiorno<br />

Europa (nata nel 1999 su impulso di Giorgio Napolitano)<br />

e coordinatore partenopeo <strong>del</strong>la fondazione Italianieuropei»,<br />

nel cui board siede insieme con Massimo Alema e Giuliano<br />

Amato. E non è finita. Russo ha estimatori anche nel sistema<br />

produttivo: Gianni Lettieri, presidente di Confindustria Napoli,<br />

lo ha chiamato alla <strong>direzione</strong> <strong>del</strong> Centro studi di Palazzo Partanna<br />

e Pierluigi Celli gli ha offerto una collaborazione con la Luiss.<br />

Insomma, a soli 31 anni, ce n’è già per (quasi) tutti i gusti.<br />

Nonostante questo, però, e va detto con chiarezza, il nostro ha<br />

fatto molta gavetta. Politica e fomativa. Nel 1994, a soli 16 anni,<br />

già era in campo («facevo volantinaggio») per i progressisti <strong>del</strong>la<br />

sezione Fuorigrotta-Bagnoli. «Era l’anno in cui il candidato<br />

di collegio era Giorgio Napolitano». Dell’attuale Capo <strong>del</strong>lo Stato<br />

è stato successivamente assistente parlamentare a Bruxelles.<br />

Poi tante — e spesso scomode — battaglie congressuali «da riformista<br />

convinto» nei vari partiti che si sono tramandati fino<br />

al Pd («al quale non sono iscritto»). «Uno dei miei riferimenti è<br />

Andrea Geremicca, con cui ho un rapporto splendido. Come un<br />

rapporto splendido conservo con il Presidente. Ci vediamo spesso,<br />

anche al Quirinale: resta il mio faro».<br />

C’è anche un percorso formativo di tutto riguardo nel curriculum<br />

di Ivano Russo. Diplomato al Mercalli, si laurea in Scienze<br />

politiche alla Federico II: «Discussi la tesi, sulla politica estera<br />

<strong>del</strong> Parlamento europeo, con Matteo Pizzigallo, storico <strong>del</strong><br />

Mediterraneo». Dottore di ricerca («ho collaborato con il Suor<br />

Orsola») e autore di numerose pubblicazioni («le ultime per il<br />

San Pio V di Roma») è esperto di storia <strong>del</strong>le relazioni internazionali,<br />

soprattutto quelle italo-francesi. In economia si rifà al<br />

pensiero di Giavazzi e Alesina.<br />

Paolo Grassi<br />

© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />

<strong>11</strong><br />

NA


12 Lunedì <strong>30</strong> Novembre 20<strong>09</strong> <strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> Mezzogiorno <strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> Mezzogiorno Lunedì <strong>30</strong> Novembre 20<strong>09</strong><br />

13<br />

NA NA<br />

CREATIVITÀ<br />

Giuseppe Attolini (classe ’71) Matilde Durante (classe ’81) Luca Rubinacci (classe ’81) Francesco Scognamiglio (classe ’75)<br />

Con ago e forbici<br />

alla conquista<br />

<strong>del</strong> mondo<br />

Giuseppe Attolini, classe 1971, è entrato<br />

nell’azienda di famiglia a 18 anni. Ma fin<br />

dai 16 ha lavorato a fianco al padre durante<br />

l’estate. Terza generazione <strong>del</strong>la sartoria<br />

Attolini, insieme con il fratello Massimiliano, ha<br />

dato una svolta rispetto al passato promuovendo<br />

una moda classica ma con spinte più moderne, senza<br />

mai perdere di vista la classe. E con idee sempre<br />

chiarissime. La rete di distribuzione, ad esempio.<br />

L’azienda lavora soprattutto sull’export. L’80 per<br />

cento <strong>del</strong>le produzioni è infatti riservato ai mercati<br />

stranieri. Gli Stati Uniti, l’Europa e gli Emirati Arabi<br />

con una attenzione speciale a Dubai. Ma Giuseppe<br />

vuole concentrarsi anche su altri fronti. Il suo pallino<br />

è infatti presentare ai clienti le collezioni in una<br />

cornice sublime. Dove possibile, andare oltre i corner<br />

— seppur prestigiosissimi — di negozi selezionati<br />

in tutto il mondo. E la recentissima inaugurazione<br />

di uno showroom elegantissimo, in via Filangieri<br />

a Napoli, ben rappresenta questa spinta verso<br />

il futuro. Sono i monomarca, infatti, il nucleo centrale<br />

<strong>del</strong>la crescita <strong>del</strong>l’azienda. E dopo Napoli —<br />

ondeggiamenti dei mercati internazionali permettendo<br />

— si arriverà a New York, Mosca e Londra.<br />

Intanto i fatturati parlano con chiarezza. Il trend di<br />

crescita è attestato su una media superiore al 20 per<br />

cento l’anno. Merito <strong>del</strong> lavoro che — ago e forbici<br />

— viene fatto ancora a mano su tessuti che arrivano<br />

prevalentemente da Scozia e Inghilterra e <strong>del</strong>le<br />

interessanti introduzioni sul fronte <strong>del</strong> total look. È<br />

questa la <strong>direzione</strong> impressa dal giovane Attolini. E<br />

indietro non si torna.<br />

A. P. M.<br />

© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />

Una designer<br />

apre le porte<br />

sul lusso<br />

Matilde Durante, 28 anni, è la responsabile<br />

Design & Innovation <strong>del</strong> gruppo Nusco<br />

porte. Laureata in Ingegneria Aerospaziale<br />

e con alle spalle numerose<br />

esperienze aziendali, svolge per l’azienda l’attività<br />

di designer curando sia la progettazione sia la realizzazione<br />

tecnica <strong>del</strong> prodotto. La sua sfida è quella di<br />

coniugare le qualità formali ed estetiche di una porta<br />

attraverso la conoscenza e l’uso di materiali, tecnologie<br />

e processi di produzione. Dal suo estro e dalla<br />

sua visione creativa è nata la collezione Nusco Porte<br />

più prestigiosa ed innovativa, la Linea Diamonds,<br />

che segna il debutto <strong>del</strong>l’azienda nell’esclusivo mercato<br />

<strong>del</strong> lusso e che rappresenta il frutto concreto<br />

<strong>del</strong>la ricerca e <strong>del</strong>la sperimentazione di nuove frontiere<br />

espressive per il settore porta.La Linea Diamonds<br />

rappresenta quindi una proposta innovativa nel<br />

mercato di riferimento, presentando la porta non solo<br />

come complemento puramente funzionale ma come<br />

oggetto d’arredo centrale che combina design e<br />

arte e che si posiziona negli spazi, da protagonista,<br />

ridefinendone gli equilibri. Pensate per una clientela<br />

esigente e sicuramente alla ricerca <strong>del</strong>l’esclusività,<br />

le porte Diamonds sono adatte a location che impongono<br />

scelte d’arredo non convenzionali — dimore<br />

esclusive, yacht, hotel de charme e luxury resort<br />

— abbinando il lusso con uno stile misurato. Insomma<br />

il fatturato di grande livello <strong>del</strong>l’azienda campana<br />

ruota anche intorno all’intuizione <strong>del</strong>la giovanissima<br />

designer che ha intuito la possibilità di giocare<br />

con un elemento d’arredo rilanciando verso una dimensione<br />

preziosa.<br />

A. P. M.<br />

© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />

A lato,<br />

Matilde<br />

Durante<br />

Sopra,<br />

Giuseppe<br />

Attolini<br />

L’editoriale<br />

PERCHÉ CREDO NEI GIOVANI<br />

di ENZO GIUSTINO<br />

SEGUE DALLA PRIMA<br />

I paesi <strong>del</strong>l’Opec, principali detentori <strong>del</strong>le<br />

risorse petrolifere, intendevano imporre all’intera<br />

economia mondiale le proprie condizioni.<br />

Schreiber in un suo famoso libro —<br />

«La sfida mondiale» — citò il documento di<br />

Taif, con cui veniva definito un accordo tra<br />

paesi produttori di petrolio, addirittura per<br />

dar vita a un nuovo ordine mondiale.<br />

Le reazioni a tutto questo furono sostanzialmente<br />

due. La prima, costituita dall’inconvertibilità<br />

<strong>del</strong> dollaro, in deroga agli accordi<br />

di Bretton Woods, con cui veniva garantito<br />

l’equilibrio monetario internazionale.<br />

La seconda, costituita dalla reazione <strong>del</strong><br />

mondo industriale <strong>del</strong>l’Occidente. Con la corsa<br />

all’innovazione tecnologica, di processo e<br />

di prodotto, che poneva a disposizione <strong>del</strong>la<br />

produzione e dei servizi, tutto l’immenso patrimonio<br />

di ricerca, di progresso scientifico e<br />

tecnologico che si era andato creando per la<br />

conquista <strong>del</strong>lo spazio. Scriveva Naisbitt a<br />

questo proposito che «anziché farci guardare<br />

verso l’esterno, verso lo spazio, l’epoca dei<br />

satelliti ha fatto rivolgere il globo terrestre<br />

verso se stesso».<br />

Ecco quegli anni furono entusiasmanti per<br />

i giovani <strong>del</strong>l’epoca. Nei luoghi di lavoro, nelle<br />

Università, nei centri di ricerca, nei circoli<br />

culturali, in quelli sportivi. E anche allora<br />

molti giovani si recavano altrove, all’estero,<br />

per vivere intensamente e con maggiori pos-<br />

sibilità le prospettive di quel tempo.<br />

A questo punto vale la pena di chiedersi, a<br />

proposito dei giovani, sono quelli attuali meno<br />

felici rispetto al passato? Io penso e credo<br />

di no. I giovani di oggi hanno l’esaltante prospettiva,<br />

direi anche la responsabilità, di far<br />

riprendere il cammino all’Europa. Di scuoterla<br />

dal torpore che la caratterizza, a causa <strong>del</strong>la<br />

crisi finanziaria ed economica in atto. Crisi<br />

che qui in Europa induce alla riscoperta <strong>del</strong><br />

protezionismo e <strong>del</strong>l’isolamento, nemici questi<br />

da abbattere, perché sono all’origine di<br />

ogni guerra. Oggi ai giovani incombe il compito<br />

di riabilitare l’Europa nel suo ruolo di<br />

«motore <strong>del</strong> mondo». Di realizzare gli obiettivi<br />

<strong>del</strong>la conoscenza, <strong>del</strong>lo sviluppo sostenibile,<br />

<strong>del</strong>la solidarietà sociale. Il sogno europeo,<br />

insomma, come lo definì Jeremy Rifkin. Ve<br />

ne sarebbero, oggi ve ne sono, tutte le condizioni.<br />

Specie con l’entrata in vigore <strong>del</strong>l’ultimo<br />

trattato di Lisbona, che come sappiamo<br />

supera la fase istituzionale e pone, come è<br />

stato affermato, il cittadino al centro <strong>del</strong> progetto<br />

europeo. Soprattutto i giovani di oggi.<br />

Quelli che già lavorano, quelli che ancora studiano,<br />

quelli che si preparano per più avanzati<br />

traguardi professionali, quelli che già intraprendono.<br />

I più giovani insomma. Essi dovrebbero<br />

avere coscienza che il momento attuale<br />

non è dissimile da quelli <strong>del</strong> passato.<br />

Da quelli cioè che hanno impresso un notevole<br />

impulso alla civiltà, alla solidarietà e al<br />

progresso. E questo vale soprattutto per il<br />

Mezzogiorno. Un’area questa in cui sussiste,<br />

senza possibilità di equivoci, la responsabili-<br />

tà di noi più anziani per non aver creato le<br />

condizioni sufficienti a porre i giovani in grado<br />

di realizzare i loro sogni. Per riproporre<br />

l’ammonimento di Einstein secondo il quale<br />

l’umanità per sopravvivere «dovrà impadro-<br />

L’illustrazione di copertina è di Daniela Pergreffi<br />

nirsi di un modo sostanzialmente nuovo di<br />

pensare». Un richiamo ancora oggi attuale,<br />

perché le trasformazioni che caratterizzarono<br />

gli anni Sessanta e Settanta, definite a suo<br />

tempo «epocali», sono ancora in essere. Soprattutto<br />

è ancora pienamente attuale la velocità<br />

<strong>del</strong> cambiamento, la velocità con cui<br />

quelle trasformazioni si determinarono e ancora<br />

oggi si determinano. Pochi giorni fa abbiamo<br />

accertato che i giovani imprenditori<br />

nel loro convegno di Capri, «scrutando i nuovi<br />

orizzonti» come è nella loro missione, hanno<br />

individuato nell’integrazione euro-mediterranea<br />

uno strumento decisivo per il rilancio<br />

<strong>del</strong>l’Europa nel nuovo sistema degli equilibri<br />

mondiali. Tra l’altro con lo scopo di impostare<br />

una strategia con la Federazione Russa,<br />

gli Stati Uniti, la Cina e l’India. Due Paesi,<br />

questi ultimi, va osservato, il cui ingresso sui<br />

mercati ha rivalutato il Mediterraneo e quindi<br />

i nostri mari. Qualcosa che non trovava allora,<br />

come non trova tuttora, si commentò a<br />

suo tempo, nessun riscontro nella storia <strong>del</strong>l’umanità.<br />

Negli anni Ottanta, in una conversazione<br />

al Rotary sulle «nuove professioni», ebbi modo<br />

di rievocare con maggiori dettagli le profonde<br />

mutazioni che si prospettavano. Conclusi<br />

quella conversazione citando l’espressione<br />

con cui Naisbitt chiudeva le sue «Macrotendenze».<br />

Un’espressione valida ancora<br />

oggi specie per i più giovani ma anche per i<br />

quarantenni: «Mio Dio, che tempo fantastico<br />

per vivere».<br />

Tra i 50 uomini<br />

più eleganti<br />

<strong>del</strong> pianeta<br />

Francesco<br />

Scognamiglio<br />

e, nella foto<br />

a sinistra,<br />

Luca<br />

Rubinacci<br />

© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />

Ènella classifica — stilata da GQ United Kingdom<br />

— dei cinquanta uomini più eleganti<br />

<strong>del</strong> mondo. Ed è l’unico italiano a essere<br />

stato incluso, nella parte alta <strong>del</strong>la lista,<br />

nel club di questi nuovi Lord Brummel. Luca Rubinacci,<br />

figlio di Mariano Rubinacci, nipote di don<br />

Gennaro, detto Bebè — che nell’atelier di via Filangieri<br />

ha disegnato quella che è passata alla storia<br />

come «la giacca napoletana» e ha vestito personaggi<br />

<strong>del</strong> calibro di Curzio Malaparte, Eduardo De Filippo,<br />

Vittorio De Sica e molte teste coronate — ha<br />

un armadio che per proporzioni, provocazioni cromatiche<br />

e accostamenti audaci ricorda quello di<br />

Oscar Wilde o Gabriele d’Annunzio. Un dandy che<br />

ama osare, stupire, rimescolare le carte e che è stato<br />

protagonista con il suo stile all’ultimo festival<br />

<strong>del</strong> cinema di Venezia, dove ha portato smoking<br />

bianchi e neri e un profluvio di abiti stipati in diversi<br />

bauli.<br />

Luca vive fra Milano, Londra e New York e segue<br />

le sartorie di famiglia dedicandosi alla clientela<br />

internazionale. Il rampollo di casa Rubinacci è<br />

indicato come uno dei testimonial più autorevoli<br />

<strong>del</strong>l’eleganza maschile made in Neaples. Complice,<br />

probabilmente, anche la copertina — e le venti<br />

pagine — che la prestigiosa rivista di moda «The<br />

Rake» gli ha dedicato. Un servizio sulla storia <strong>del</strong>l’atelier<br />

di famiglia — con foto di papà Mariano,<br />

mamma e sorelle — e un altro sull’eleganza. Un<br />

servizio per il quale ha indossato esclusivamente<br />

abiti <strong>del</strong> proprio armadio.<br />

Anna Paola Merone<br />

© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />

Lo stilista timido<br />

che veste Madonna<br />

e Lady Gaga<br />

Francesco Scognamiglio è nato a Pompei<br />

nel 1975. Dopo aver studiato presso l'Istituto<br />

Europeo <strong>del</strong> Design, ha iniziato a collaborare<br />

con alcune importanti case di moda,<br />

fra cui la maison Versace.<br />

Per lui il 1998 è un anno importante: Scognamiglio<br />

apre la sua prima boutique monomarca. Due<br />

anni dopo, nel 2000, esordisce finalmente nel campo<br />

<strong>del</strong>l’alta moda. Sfila a Palazzo Barberini con una<br />

collezione ispirata alla moda degli anni Ottanta. È<br />

solo l’inizio di una strada che porta diritto ad Hollywood.<br />

Nel 2007 Scognamiglio disegna gli abiti per Eva<br />

Riccobono, in occasione <strong>del</strong> Festival <strong>del</strong> cinema di<br />

Venezia. Il 28 febbraio 2008 Paola e Chiara indossano<br />

le sue creazioni sul palcoscenico <strong>del</strong> Teatro Ariston<br />

per il Festival di Sanremo. Ed è questo l’anno<br />

in cui il ragazzo di Pompei — timido e talentuoso<br />

— spicca il volo. È l’anno in cui una regina indiscussa<br />

<strong>del</strong>lo showbitz internazionale lo nota e vuole assolutamente<br />

qualcosa di suo da indossare. Madonna<br />

vede una sua sfilata e attraverso la sua stylist,<br />

Arianne Phillips, gli chiede degli abiti che indosserà<br />

in tournée, per la locandina dei concerti e per il<br />

video »Give it 2 me». Il marchio diventa così popolare<br />

anche negli Stati Uniti. L’ultima star in ordine<br />

di tempo che Scognamiglio ha vestito è Lady Gaga.<br />

Nel 20<strong>09</strong> lo stilista debutta nel campo <strong>del</strong>la moda<br />

maschile, durante Pitti Immagine Uomo, con il marchio<br />

Allegri di cui è direttore creativo. Fortissimo<br />

resta il suo legame con la Campania.<br />

A. P. M.<br />

© RIPRODUZIONE RISERVATA


14<br />

NA<br />

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Lunedì <strong>30</strong> Novembre 20<strong>09</strong> <strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> Mezzogiorno


<strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> Mezzogiorno Lunedì <strong>30</strong> Novembre 20<strong>09</strong><br />

SPORT<br />

Fabio Cannavaro (classe ’73)<br />

Con lui Napoli<br />

è sul tetto<br />

<strong>del</strong> mondo<br />

Loscugnizzo <strong>del</strong>la Loggetta è diventato<br />

campione <strong>del</strong> mondo.<br />

E non solo. Fabio Cannavaro,<br />

36 anni, è il simbolo di Napoli,<br />

pallone d’oro e capitano indiscusso <strong>del</strong>la<br />

Nazionale italiana di calcio, tornato<br />

alla Juventus quest’anno, dopo aver vinto<br />

due scudetti a Madrid. La sua carriera<br />

ha inizio nel settore giovanile <strong>del</strong> Napoli,<br />

la squadra <strong>del</strong>la sua città.<br />

Esordisce a 19 anni in serie A contro<br />

la Juventus, proprio come Ciro Ferrara<br />

compagno di squadra e amico di sempre.<br />

Fabio è sposato con con Daniela<br />

dal 17 giugno 1996. La coppia ha tre figli:<br />

Christian, Martina e Andrea (il 20<br />

ottobre 2004). Il Fabio nazionale è il secondo<br />

di tre fratelli: il fratello, Paolo,<br />

gioca nel Napoli e la sorella maggiore,<br />

Renata, è farmacista. Cannavaro ha un<br />

unico cruccio: quello di non aver vinto<br />

lo scudetto con il Napoli. La sua carriera<br />

è stata però coronata da grandi successi.<br />

Nel 1995, per problemi di bilancio,<br />

viene venduto da Ferlaino al Parma<br />

di Tanzi. Con la maglia gialloblù gioca<br />

sette stagioni, vince due coppe Italia<br />

(1999 e 2002), una Coppa Uefa (2000) e<br />

una supercoppa Italiana (2002). Poi il<br />

passaggio all’Inter, dove non è mai riuscito<br />

a dimostrare il suo valore, anche<br />

perché fu una stagione tormentata da<br />

infortuni. Successivamente chiese e ottenne<br />

il passaggio alla Juventus, guidata<br />

da Fabio Capello. Conquista ben due<br />

scudetti 2004-2005 e 2005-2006, entrambi<br />

revocati dopo calciopoli. Fabio,<br />

ad ogni modo, fu autore di grandi prestazioni<br />

e risultò uno dei migliori difensori<br />

<strong>del</strong> campionato. Tant’è che Capello<br />

lo vuole anche al Real Madrid, nel<br />

2006. Il 27 novembre di quell’anno, gli<br />

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viene assegnato anche il Pallone d’Oro,<br />

diventando il quarto italiano a vincere<br />

il trofeo, che egli stesso dedica alla città<br />

di Napoli. Il 19 dicembre un nuovo premio<br />

illustre: il Fifa World Player (è il secondo<br />

italiano, dopo Roberto Baggio,<br />

ad aggiudicarsi questo prestigioso riconoscimento).<br />

Con il Real Madrid vince due campionati<br />

di Primera División consecutivi,<br />

nel 2006-2007 e nel 2007-2008. Con la<br />

Nazionale under 21 guidata da Cesare<br />

Maldini ha conquistato due europei di<br />

categoria consecutivi nel 1994 e nel<br />

1996. Con la Nazionale maggiore ha<br />

esordito a 23 anni, nel 1997. Ha giocato<br />

tre Campionati <strong>del</strong> mondo: 1998, 2002,<br />

e 2006 da capitano, levando al cielo la<br />

Coppa in Germania. Il 12 agosto scorso,<br />

nell’amichevole Svizzera- Italia<br />

(0-0) disputata a Basilea, stabilisce a<br />

quota 127 partite il record di presenze<br />

con la maglia azzurra, superando Paolo<br />

Maldini fermo a 126. Ora il capitano è<br />

pronto a guidare un’altra avventura<br />

con la maglia azzurra: quella di Sudafrica<br />

2<strong>01</strong>0.<br />

Donato Martucci<br />

© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />

Media Education – Progettazione<br />

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Scienze criminologiche, investigative<br />

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13 Gennaio<br />

Specialista <strong>del</strong> servizio sociale<br />

in previdenza e assicurazioni<br />

Scadenza termine di iscrizione<br />

14 Dicembre<br />

Tradizioni e culture<br />

<strong>del</strong>l’alimentazione mediterranea<br />

Antonietta Di Martino (classe ’78)<br />

La campionessa<br />

che vola oltre<br />

gli infortuni<br />

Era il 4 agosto 1978, quando, al<br />

meeting di Brescia, Sara Simeoni<br />

stabiliva il record <strong>del</strong> mondo<br />

di salto in alto portando l’asticella<br />

a 2 metri e un centimetro. Due mesi<br />

prima, il primo giugno, a Cava de’ Tirreni<br />

nasceva Antonietta Di Martino una<br />

bambina che, 29 anni più tardi avrebbe<br />

raggiunto e superato quella stessa misura.<br />

Antonietta Di Martino è la farfalla che<br />

non tradisce mai. Il suo anno d’oro è il<br />

2007 con i record italiani, l’argento conquistato<br />

ai Mondiali all’aperto di Osaka<br />

e quello vinto agli Europei indoor di Birmingham,<br />

ma la<br />

sua storia in azzurro<br />

non nasce con il<br />

salto in alto. Anno<br />

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1990, Antonietta da Tengana, una frazione<br />

di Cava de’ Tirreni si avvicina all’atletica<br />

grazie ai Giochi <strong>del</strong>la Gioventù. In realtà<br />

già saltava, ma gli ostacoli. La Di<br />

Martino comincia con le prove multiple.<br />

E proprio nell’eptathlon esordisce in azzurro,<br />

nella Coppa Europa <strong>del</strong> 2000. La<br />

scoperta <strong>del</strong>le sue grandi doti di saltatrice<br />

in alto avviene nel luglio 20<strong>01</strong>, in occasione<br />

degli assoluti di Catania, portando<br />

d’un colpo il personale da 1.93 a 1.98. Un<br />

mese dopo, poi, è capace di centrare la<br />

finale mondiale a Edmonton (dodicesima).<br />

Ma proprio mentre la farfalla sembra<br />

spiccare le ali, è il momento di soffrire.<br />

Nel 2002 si strappa l’inserzione <strong>del</strong> bicipite<br />

femorale <strong>del</strong>la gamba sinistra. Un<br />

anno di stop, poi il rientro e un nuovo<br />

infortunio in un appoggio: distorsione<br />

<strong>del</strong>la caviglia sinistra. L’intervento chirurgico<br />

e la lenta riabilitazione. «Il dolore<br />

— racconta — è un qualcosa che non<br />

vuoi mai affrontare. La gente cerca di respingerlo.<br />

Io, invece, quasi lo andavo a<br />

cercare, e mi chiedevo: ma chi me lo fa<br />

fare? Ho avuto voglia di mollare tutto, di<br />

smettere. Poi la passione ha fatto il resto».<br />

Anni di crescita prima <strong>del</strong> fantastico<br />

2007: dopo i 2 metri indoor Antonietta infrange<br />

il primato <strong>del</strong>la Simeoni con 2.02 a<br />

Torino e 2.03 all’Arena di Milano, misura<br />

che ripete anche ai Mondiali di Osaka dove<br />

conquista l’argento cedendo solo alla<br />

croata Vlasic. Al collo mette anche un argento<br />

agli Europei indoor di Birmingham.<br />

Un 2007 così non è facile ripeterlo,<br />

e infatti alle Olimpiadi di Pechino arriva<br />

scarica e chiude decima in finale.<br />

A 31 anni potrebbe essere l’inizio <strong>del</strong><br />

declino. E invece il cambio di allenatore<br />

e la sua tenacia instancabile la portano<br />

a vincere il Golden Gala di Roma, a chiudere<br />

quarta ai Mondiali di Berlino e a<br />

qualificarsi per le World Athletic Final<br />

di Salonicco. Il 29 settembre si è unita<br />

in matrimonio con il suo allenatore<br />

Massimiliano Di Matteo. Una crociera<br />

per viaggio di nozze prima di spiccare<br />

nuovamente il volo: destinazione Europei<br />

di Barcellona 2<strong>01</strong>0.<br />

D. M.<br />

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Lunedì <strong>30</strong> Novembre 20<strong>09</strong> <strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> Mezzogiorno


<strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> Mezzogiorno Lunedì <strong>30</strong> Novembre 20<strong>09</strong><br />

SPORT<br />

Andrea Scotti Galletta (classe ’82)<br />

Campione<br />

per destino<br />

di famiglia<br />

Èl’anima <strong>del</strong> Posillipo, l’università<br />

<strong>del</strong>la pallanuoto. È il capitano <strong>del</strong>la<br />

squadra rossoverde, con la quale<br />

ha vinto tutto e con la quale<br />

vuole vincere ancora. Andrea Scotti Galletta,<br />

27 anni, è un predestinato <strong>del</strong>la pallanuoto.<br />

La sua famiglia è cresciuta in acqua:<br />

il padre Mario è stato un grande portiere<br />

e ha vinto scudetti e Coppa dei Campioni<br />

con la Canottieri Napoli, e soprattutto<br />

i Mondiali a Berlino nel 1978 con la Nazionale.<br />

Ed è anche conosciuto come l’inventore<br />

<strong>del</strong>la pallanuoto femminile in Italia.<br />

La mamma di Andrea, Barbara Damiani,<br />

è stata una giocatrice di pallanuoto nazionale<br />

e ha vinto uno scudetto con il Fuorigrotta.<br />

Il fratello Riccardo gioca in serie<br />

B, con la Rari Nantes Napoli.<br />

Andrea ha iniziato ad allenarsi nella piscina<br />

<strong>del</strong> padre, quella <strong>del</strong> Vesuvio. Studiava<br />

e si allenava, diventava ogni giorno più<br />

forte. A quattordici anni, poi, ha scelto il<br />

Posillipo, dove ha cominciato nelle giovanili<br />

ed è arrivato alla prima squadra dopo<br />

una parentesi nell’Anzio, rivelandosi uno<br />

dei più forti difensori italiani. In Nazionale<br />

ha collezionato 59 presenze, e oltre 80<br />

nelle competizioni europee, segnando 143<br />

reti tra campionato e coppe. Il primo scudetto<br />

con la calottina rossoverde arriva<br />

nella stagione 1999-2000: contro la Florentia<br />

finisce 3-2 nella serie. Fa il bis l’anno<br />

successivo, sempre contro i toscani e sempre<br />

con Paolo De Crescenzo come coach.<br />

Anche qui finisce 3-2 nella serie ed è lo<br />

scudetto <strong>del</strong>la stella: 10 titoli vinti. Nella<br />

Luigi Tarantino (classe ’72)<br />

Il veterano<br />

si diverte<br />

ancora<br />

La sciabola nel destino. Una<br />

voglia di vincere sempre intatta<br />

e una tecnica sopraffina.<br />

E soprattutto la voglia di<br />

divertirsi sempre nonostante i tanti successi<br />

in carriera. Luigi Tarantino, 37 anni<br />

compiuti il 10 novembre, continua a stupire<br />

e soprattutto a conquistare medaglie e<br />

podi in tutto il mondo. Nato a Ottaviano,<br />

ha iniziato a tirare di scherma al Club Napoli<br />

a Fuorigrotta, fondato dal padre Antonio,<br />

dirigente nazionale. Allenato da Dino<br />

Meglio, grande sciabolatore partenopeo,<br />

Tarantino ha partecipato a quattro Olimpiadi<br />

ed è sempre tornato a casa con una medaglia,<br />

tranne che a Sydney. La prima risale<br />

ad Atlanta 1996, quando a 24 anni, conquista<br />

il bronzo a squadre con i compagni<br />

Toni Terenzi e Raffaello Caserta. A Sydney<br />

2000 la squadra è eliminata nelle qualificazioni,<br />

quindi lo schermidore napoletano<br />

ci riprova quattro anni più tardi ad Atene<br />

2004. Con Aldo Montano e il salernitano<br />

Giovanni Pastore conquista una splendida<br />

medaglia d’argento: in finale l’Italia si arrende<br />

solo alla Francia (45-42) a causa di<br />

un arbitraggio che lascia l’amaro in bocca<br />

agli azzurri. Nell’ultima Olimpiade, quella<br />

di Pechino, ancora una medaglia di bronzo.<br />

Nella finale per il terzo e quarto posto,<br />

Tarantino con Diego Occhiuzzi e Aldo<br />

Montano superano per 45-44 la temibile<br />

Russia. L’unico cruccio di Gigi è non aver<br />

mai vinto un oro olimpico. Ma la sua carriera<br />

è ricca di successi. L’ultimo <strong>del</strong>l’eter-<br />

stagione 20<strong>01</strong>-2002, i rossoverdi si trovano<br />

di fronte il Recco che comincia a ingaggiare<br />

i giocatori più forti e viene sconfitto<br />

3-0 nelle finali playoff. Nel campionato<br />

2002-2003, non va bene e si finisce terzi,<br />

ma in campo europeo la squadra vola. Arriva<br />

alla finale di Coppa <strong>del</strong>le Coppe: 10-10<br />

all’andata a Budapest contro il Vasas, 4-3<br />

il ritorno alla Scandone per i rossoverdi<br />

che alzano la Coppa, la seconda <strong>del</strong>la storia<br />

<strong>del</strong> circolo. Il terzo scudetto per Andrea<br />

arriva nella stagione 2003-2004, con alla<br />

guida Pino Porzio. In finale c’è il Recco: la<br />

serie è molto combattuta e i rossoverdi si<br />

impongono per 3-2. Un trionfo completato<br />

la stagione successiva con la conquista<br />

<strong>del</strong>la Coppa dei Campioni. Nella Final<br />

Four di Napoli, il Posillipo supera il Recco<br />

per 7-6, poi in finale l’Honved per 9-8 dopo<br />

i tempi supplementari. Una partita memorabile.<br />

Scotti Galletta è anche nella<br />

squadra che l’anno dopo alza al cielo la Supercoppa<br />

Europea, superando a Vicenza il<br />

Savona per <strong>11</strong>-9. Il resto è storia recente,<br />

ancora finali scudetto ma nessun successo.<br />

Però il Posillipo, capitanato da Scotti<br />

Galletta, continua a essere protagonista<br />

nella pallanuoto.<br />

Donato Martucci<br />

© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />

no ragazzo napoletano è stato ai Mondiali<br />

di Antalya, in Turchia, disputati in ottobre.<br />

Lo schermidore napoletano ha conquistato<br />

il bronzo individuale, poi a squadra<br />

ha ottenuto un argento. Si tratta <strong>del</strong>la sua<br />

undicesima medaglia in una rassegna<br />

mondiale, tra individuale e a squadre: due<br />

d’oro, quattro d’argento e cinque bronzi.<br />

Il veterano <strong>del</strong>la scherma italiana, considerato<br />

dai suoi compagni di squadra un<br />

vero e proprio commissario tecnico in pedana,<br />

ha conquistato anche tanti successi<br />

agli Europei, l’ultimo in Bulgaria, a Plovdiv,<br />

dove per la prima volta in carriera si<br />

è messo al collo un oro a squadre, battendo<br />

in finale la Romania. In totale Gigi ha<br />

raccolto nella sua nutrita bacheca dodici<br />

allori tra individuale a squadre negli Europei.<br />

In Italia ha invece vinto 19 medaglie<br />

nazionali, con ben 14 ori sia a livello individuale<br />

che a squadre. Un vero monumento<br />

<strong>del</strong>la scherma italiana, un’eccellenza<br />

<strong>del</strong>lo sport campano che non ha nessuna<br />

voglia di abbandonare l’attività agonistica:<br />

«Mi diverto ancora tanto». L’appuntamento<br />

quindi è a Londra 2<strong>01</strong>2 per le Olimpiadi,<br />

ma nel frattempo c’è ancora tanta<br />

strada da percorrere e tante medaglie da<br />

conquistare.<br />

D. M.<br />

© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />

Potito Starace (classe ’81)<br />

Sulla terra rossa<br />

«spaventa»<br />

le superstar<br />

Iprimi colpi di racchetta a sei anni nel<br />

1987 nella sua Cervinara, in provincia<br />

di Avellino, fino ad arrivare al 27esimo<br />

posto nella classifica Atp raggiunto nel<br />

2007. Potito Starace, 28 anni, è miglior tennista<br />

italiano <strong>del</strong>l’ultima generazione e vanta<br />

anche un record assoluto: in Coppa Davis,<br />

in singolare, ha giocato e vinto 12 incontri<br />

su 12. Mai nessun tennista in Italia è riuscito<br />

in una tale impresa.<br />

È diventato professionista nel 20<strong>01</strong>, ma nel<br />

1997 già frequentava il circuito giocando le<br />

qualificazioni di qualche torneo satellite. Il suo<br />

primo maestro è stato Antonio Panaro. A nove<br />

anni passa al circolo tennis «La Faggianella» di<br />

Benevento con Antonio Leone. Frequenta per<br />

due anni il centro tecnico di Cesenatico e nel<br />

1996 ritorna in Campania<br />

sotto la guida <strong>del</strong> mae-<br />

Umberto Rispoli (classe ’88)<br />

Con 2<strong>30</strong> trionfi<br />

in un anno<br />

insegue Dettori<br />

Napoli è regina <strong>del</strong> galoppo italiano.<br />

E il merito è di Umberto Rispoli<br />

(nella foto di Giuseppe Giorgio),<br />

il fantino italiano che vanta<br />

più vittorie in una stagione: 2<strong>30</strong>. Il padre è<br />

stato un fantino e portava Umberto in scuderia<br />

dove ha iniziato a lavorare a terra (pulizia<br />

dei box e dei cavalli) e poi, all’età di 10<br />

anni, ha cominciato a montae a cavallo .<br />

Quando non andava a scuola era sempre in<br />

scuderia. A 13 anni è andato via di casa e ha<br />

avuto la prima esperienza lavorativa a Roma,<br />

presso la scuderia di Fabrizio e Luigi<br />

Camici; poi lo stage dai maestri Botti. A soli<br />

21 anni ha già disputato oltre 4.000 corse.<br />

Di recente ha battuto il primato italiano di<br />

Gianfranco Dettori che durava dal 1982<br />

con 2<strong>30</strong> vittorie: prima lo ha eguagliato in<br />

stro Alberto Sbrescia. Cinque anni più tardi, si<br />

trasferisce al centro di Trevignano, dove si allena<br />

per tre anni con Tonino Zugarelli. Nel 2004<br />

a Firenze passa sotto le cure tecniche di Umberto<br />

Rianna e trova i grandi successi.<br />

La sua migliore arma è il diritto e la superficie<br />

che predilige è la terra rossa, dove ha costruito<br />

le sue più grandi vittorie. Sul rosso ha fatto<br />

penare anche Nadal: al secondo turno <strong>del</strong> Master<br />

Series di Amburgo <strong>del</strong> 2008 e al primo turno<br />

<strong>del</strong>le Olimpiadi di Pechino <strong>del</strong> 2008, vinti rispettivamente<br />

6-4,7-6, e 6-2, 3-6, 6-2 dal mancino<br />

spagnolo. La prestazione che resta ancora in<br />

mente negli appassionati <strong>del</strong> tennis è la semifinale<br />

contro Roger Federer <strong>del</strong> torneo di Gstaad<br />

in Belgio, persa in tre set dal campione di Cervinara,<br />

ma giocata alla pari con il supercampione<br />

svizzero. Una grande impresa, ma forse nella<br />

sua testa rimane soprattutto la grande vittoria<br />

in tre set contro il francese Sebastien Grosjean<br />

(8-6, 6-3 6- 4) al Roland Garros di Parigi. In carriera<br />

ha vinto sette tornei challenger, tra cui i<br />

«centomila dollari» di Napoli (tre volte) e di<br />

San Marino (due volte). Ha ottenuto due finali<br />

in tornei Atp Tour, a Kitzbuhel e a Valencia, entrambi<br />

nel 2007. L’anno successivo ha raggiunto<br />

i quarti di finale al torneo Atp di Acapulco,<br />

Buenos Aires, Bastad e Valencia e la semifinale a<br />

Kitzbuhel. Nel 2007, il suo anno magico, ha raggiunto<br />

cinque quarti di finale in tornei Atp, Buenos<br />

Aires, Costa de Souipe, Barcellona, Bucarest<br />

e San Pietroburgo. Nel suo palmares vanta nel<br />

2007 gli ottavi di finale al Master Series di Roma<br />

e il terzo turno al Roland Garros, conquistato<br />

due volte, nel 2007 e nel 2004. In carriera si è<br />

tolto anche la soddisfazione di superare gli ex<br />

numero 1 <strong>del</strong> mondo Moya, Ferrero e Safin, o<br />

avversari come Gaudio, Chela, Monfils, Pavel,<br />

Calleri, Hrbaty, Verbasco, Almagro. Ha vinto<br />

la serie A1 con i colori <strong>del</strong> Capri Sport Academy,<br />

per tre anni consecutivi, dal 2006 al<br />

2008. In Italia ha anche conquistato altri titoli<br />

tricolori: da under 12, la Coppa Lambertenghi<br />

nel 1993, da under 18 il titolo nazionale<br />

nel 1999 e il titolo assoluto nel 2003, per un<br />

totale di sei scudetti tricolori in carriera.<br />

D. M.<br />

© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />

sella a Sweet Home, il 19 novembre 20<strong>09</strong>,<br />

all’ippodromo Federico Caprilli; poi, due<br />

giorni dopo, il 21 novembre, all’ippodromo<br />

di San Rossore di Pisa, ha vinto in sella<br />

a Sugarland la sua 2<strong>30</strong>esima gara annuale,<br />

battendo il record italiano.<br />

Nato solo per caso a Macerata, il 31 agosto<br />

<strong>del</strong> 1988, ma cresciuto a Napoli, nel<br />

quartiere di Scampia, Rispoli ha ottenuto la<br />

licenza nel 2004 dopo aver frequentato il<br />

corso di formazione di Pisa. È alto un metro<br />

e 50 e pesa appena 50 chili, l’ideale per<br />

un fantino. L’esordio è stato il 5 febbraio<br />

2005 a Varese in sella a Polar Eagle. Nel primo<br />

anno di attività raggiunge 82 vittorie,<br />

collocandosi al 15esimo posto <strong>del</strong>la classifica<br />

generale degli allievi fantini. L’anno successivo<br />

è già al quarto posto con 134 successi;<br />

uguale piazzamento e numero di vittorie<br />

l’ottiene nel 2007. La svolta nel 2008,<br />

quando sale al secondo posto con 137 corse<br />

vinte e fino all’ultima settimana è a un<br />

passo dal battere il leader Dario Vargiu. Tra<br />

i successi ottenuti dal fantino napoletano,<br />

il Premio Primi passi (gruppo 3) nel 2008,<br />

ma anche due secondi posti nelle edizioni<br />

2008 e 20<strong>09</strong> <strong>del</strong> Derby Italiano. Nel 2007<br />

vince il campionato italiano fantini, e partecipa<br />

a molti meeting all’estero, uno dei quali<br />

a Mauritius. Questo è l’anno <strong>del</strong>la consacrazione,<br />

con una serie impressionante di<br />

successi che lo hanno portato a vincere aritmeticamente<br />

il Frustino d’oro, premio che<br />

va al fantino con più vittorie in un anno.<br />

Nel 2008 è stato vinto con 144 vittorie e a<br />

luglio Rispoli lo ha superato: conseguendo,<br />

in oltre 800 corse, 160 successi e piazzandosi<br />

al secondo o al terzo posto per più di <strong>30</strong>0<br />

volte. Grande impresa nell’agosto di quest’anno:<br />

su sette corse disputate ne vince<br />

ben cinque (quattro consecutive). L’obiettivo<br />

di Rispoli è quello di raggiungere Lanfranco<br />

Dettori, il migliore jockey al mondo<br />

(sette vittorie di fila in una corsa), e anche<br />

quello di battere, un giorno, quello di Menedizabal<br />

in Francia, che è di 240.<br />

D. M.<br />

© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />

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CULTURA<br />

Peppe Fiore (classe ’81)<br />

Christian Leperino (classe ’79)<br />

Ironia ed eleganza<br />

per raccontare<br />

l’Italia contemporanea<br />

Il suo romanzo La futura classe dirigente, uscito per Minimum<br />

Fax nella primavera scorsa, lo proietta senz’altro tra i<br />

più promettenti giovani scrittori italiani. Lui, Peppe Fiore,<br />

ventott’anni, napoletano <strong>del</strong> Vomero trapiantato a Roma, sa<br />

rappresentare con uno stile singolarmente ricco, elegante, mosso,<br />

una condizione generazionale che si può tutta o quasi inscrivere<br />

sotto l’insegna <strong>del</strong> Precariato Intellettuale. Così, per l’appunto, è<br />

in La futura classe dirigente, titolo che, a lettura ultimata, non<br />

può che apparire decisamente, e anche amaramente, ironico. In<br />

quel romanzo, Fiore racconta con profusione ossessiva di dettagli<br />

(peraltro perfettamente funzionali al progetto e al ritmo <strong>del</strong>la narrazione)<br />

un anno nella vita <strong>del</strong>l’immaginario Michele Botta, che<br />

peraltro è coetaneo <strong>del</strong>l’autore e napoletano come lui, e come lui<br />

sta a Roma dove lavora in una piccola società di produzioni tv. In<br />

quell’anno fatidico, Michele vivrà una serie di esperienze più o<br />

meno fondamentali: c’è il fallimento <strong>del</strong>la sua relazione d’amore<br />

con Francesca, per dire, e ci sono le primarie <strong>del</strong> Pd, la vittoria<br />

elettorale di Berlusconi, il tramonto di Veltroni. Un viluppo inestricabile<br />

(com’è <strong>del</strong> resto nella vita vera) di vicende privatissime,<br />

di questioni professionali, di fatti e fattoidi reali. E poi, tante storie-nella-storia.<br />

E il fatto che si rida molto non riduce la potenza<br />

di questo affresco di bruciante contemporaneità.<br />

Nella vita reale, Fiore, come s’è detto, è quasi come Michele<br />

Botta. «Lavoro in una società di produzioni tv <strong>del</strong> gruppo Fox. Mi<br />

occupo di sviluppare i progetti di fiction che il mio capo cerca di<br />

vendere ai canali». In pratica? «Guardo dvd di serie internazionali<br />

potenzialmente adattabili all’Italia. Batto i festival e i mercati internazionali<br />

per incontrare i distributori. Leggo e valuto soggetti originali,<br />

sceneggiature, ‘‘piloti’’. Monitoro il mercato editoriale e,<br />

nel caso, propongo titoli da opzionare. Scrivo direttamente io soggetti<br />

originali». E sul piano <strong>del</strong>la scrittura che cosa bolle in pentola?<br />

«Ho cominciato da un paio di settimane una cosa nuova. Non<br />

so ancora bene cosa sarà, né se andrà avanti (altre due le ho già<br />

abortite). In teoria dovrebbe essere una specie di farsa grottesca,<br />

corale, sull’Italia contemporanea».<br />

Tempo al tempo, dunque. Se questo progetto dovesse andare<br />

in porto, Peppe Fiore potrebbe sco<strong>del</strong>lare il Grande Romanzo Italiano<br />

di cui La futura classe dirigente si può considerare un saporito<br />

assaggio. In tempi di New Italian Epic, è molto più di quanto<br />

si potrebbe sperare.<br />

Francesco Durante<br />

© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />

Volti sanguinanti<br />

ridanno smalto<br />

alla pittura<br />

Il 2003 è stato il suo anno, quello <strong>del</strong>la conquista <strong>del</strong><br />

primo premio come artista under <strong>30</strong> all’Arte Fiera di<br />

Bologna e <strong>del</strong> relativo soggiorno a Berlino, offerto come<br />

«borsa» dalla prestigiosa manifestazione emiliana.<br />

Oggi il giovane artista napoletano Christian Leperino i<br />

trent’anni li ha finalmente compiuti, ma il grande bagaglio<br />

di esperienze alle sue spalle ne fa già uno dei cavalli vincenti<br />

<strong>del</strong> panorama creativo campano e nazionale.<br />

Fin dagli esordi <strong>del</strong> 20<strong>01</strong> con la mostra «Rawe off», Leperino<br />

ha mostrato subito un grado di personalità molto forte e<br />

soprattutto un coraggio notevole nel rilanciare il tema <strong>del</strong>la<br />

pittura, in un mondo <strong>del</strong>l’arte ormai assuefatto a video e<br />

istallazioni. Che, si badi bene non mancano nel repertorio di<br />

Christian, ma che ne completano le forme di un linguaggio,<br />

che attinge soprattutto alla lezione <strong>del</strong> post-espressionismo<br />

di matrice metropolitana, con volti disfatti e sanguinanti.<br />

Soggetti dei suoi lavori sono infatti l’attualità desolante <strong>del</strong>le<br />

periferie urbane, <strong>del</strong>le dismesse fabbriche <strong>del</strong>l’hinterland,<br />

e dei suoi abitanti occasionali, quei giovani senza identità<br />

sociale capaci di dar vita a rave party, selvaggi e dagli esiti<br />

imprevedibili. Una realtà che entra da subito nei suoi dipinti,<br />

legata al b-side notturno, i cui protagonisti sono cupamente<br />

deformati e imbrattati di rosso come la realtà in cui<br />

sono immersi, tra i suoni assordanti di Techno Blue Angel’s<br />

e corpi post-organici. «Sono stati d’animo — spiega l’artista<br />

napoletano — che diventano una comunità dove ognuno<br />

con le sue psicopatologie racconta sul proprio volto l’elemento<br />

perturbante».<br />

Un tema, quello <strong>del</strong> «body», che si è evoluto col passare<br />

degli anni fino a raggiungere le fattezze di un Golem Cyborg,<br />

protagonista <strong>del</strong>la performance «Human Revolution»<br />

presentata lo scorso maggio nel Real Museo Mineralogico<br />

<strong>del</strong> Centro Musei <strong>del</strong>le Scienze Naturali di Napoli. Qui Christian<br />

Leperino ha voluto recuperare con una grande statua<br />

l’origine arcaica <strong>del</strong> tema <strong>del</strong>l’uomo artificiale presente nell’antico<br />

mito ebraico di questo simulacro di elementi naturali,<br />

che prende vita grazie a formule magiche, «golem» ovvero<br />

«materia grezza» o «embrione», figura senza voce e servile<br />

complemento <strong>del</strong>l’uomo.<br />

Stefano de Stefano<br />

© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />

Lunedì <strong>30</strong> Novembre 20<strong>09</strong> <strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> Mezzogiorno<br />

In alto, lo scrittore Peppe Fiore<br />

Qui sopra, l’artista Christian Leperino<br />

ritratto davanti a una sua opera<br />

Nella foto in alto a destra,<br />

la scrittrice Valeria Parrella<br />

Sotto, il regista teatrale<br />

Francesco Saponaro


<strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> Mezzogiorno Lunedì <strong>30</strong> Novembre 20<strong>09</strong><br />

Valeria Parrella (classe ’74) Francesco Saponaro (classe ’70)<br />

Guappetella e le altre<br />

Ricominciare<br />

da uno spazio bianco<br />

Da dove ricominciare? Da dove farlo in Campania? Se la<br />

politica non ha risposte può chiederle in prestito alla<br />

letteratura. Di sicuro può fare come Gaetano, l’allievo<br />

<strong>del</strong>la scuola serale <strong>del</strong>l’ultimo (che è anche il primo) romanzo<br />

di Valeria Parrella. Gaetano — un magnifico Salvatore Cantalupo<br />

nel film che Francesca Comencini ha tratto dal libro — sta<br />

scrivendo il tema di italiano all’esame per il diploma di terza media,<br />

ma si è bloccato. A dargli coraggio è Maria, insegnante quarantunenne<br />

protagonista <strong>del</strong>la storia: «Mettici uno spazio bianco e ricomincia<br />

a scrivere quello che vuoi». Per certe impasse non basta il<br />

punto e capo. Per lasciarsi alle spalle il nodo che ci ha paralizzati ci<br />

vuole una sospensione maggiore. Non lo è intenzionalmente ma<br />

sembra un’indicazione di lavoro «civile» quella suggerita da Parella<br />

ne «Lo Spazio bianco» (Einaudi), appunto, il romanzo diventato un<br />

bel film con Margherita Buy.<br />

La prosa <strong>del</strong>la scrittrice nata a Torre <strong>del</strong> Greco 35 anni fa, procede<br />

quasi sempre così, un passo nella vita <strong>del</strong> personaggio, l’altro nella<br />

città. Sin da Guappetella, una <strong>del</strong>le memorabili protagoniste <strong>del</strong>la raccolta<br />

d’esordio «Mosca più balena» (minimum fax, Premio Campiello<br />

opera prima): «Quella sera tornai e mi misi con lo Stuort’. Mi piaceva<br />

davvero, ma gli presi più di quanto gli diedi. Era lo scotto da pagare<br />

per avere una donna di diciassette anni se ne hai trentacinque. Io non<br />

avevo padre, e il quartiere comunque a queste cose non guardava tanto.<br />

La moglie <strong>del</strong>lo Stuort’ abitava sopra a tutta la via e non si vedeva<br />

mai in giro, io invece ero inseritissima, e tutti mi chiamavano Guappetella<br />

come faceva lui». Le sue sono parole dalla precisione chirurgica<br />

— Valeria si è laureata in Lettere moderne con una tesi in glottologia<br />

— che hanno l’esattezza di un bisturi in sala operatoria, e lo squarcio<br />

aperto per indagare il guasto è tanto una ferita all’interno quanto una<br />

feritoia verso l’esterno. Così anche nei racconti di «Per grazia ricevuta»,<br />

sempre minimum fax, finalista al Premio Strega, ne «Il Verdetto»,<br />

uscito nel 2007 per Bompiani come il recentissimo «Ciao maschio»,<br />

dove però la penna si fa impietoso sondino endoscopico. Non a caso<br />

la regia di Raffaele Di Florio trasferisce la protagonista di questo testo<br />

scritto per il teatro in una camera d’ospedale (qui, bravissima, Cristina<br />

Donandio dà voce a un’ultracinquatenne che in una visione incontra<br />

il coro dei suoi uomini <strong>del</strong> suo passato). Ma è nei ringraziamenti<br />

che si riapre la feritoia. Nel raccontare la genesi <strong>del</strong> libro-spettacolo<br />

Parrella parla di una proficua collaborazione tra Nord e Sud, una modalità<br />

in cui per poco «mi è parso meno disgraziato questo Paese».<br />

Natascia Festa<br />

© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />

Da Eschilo a Beckett<br />

per rinnovare<br />

la scena teatrale<br />

Non c’è dubbio, fra i giovani uomini di teatro campani<br />

destinati sempre più a far parlare di sé, Francesco<br />

Saponaro è fra quelli con un attivo già molto importante.<br />

A partire dalla firma in calce a molti spettacoli<br />

di notevole spessore, passando poi per il ruolo di <strong>direzione</strong> culturale<br />

assunto con la nomina a membro <strong>del</strong> Comitato artistico<br />

<strong>del</strong>lo Stabile di Napoli, avvenuta nel 2008, accanto alla scrittrice<br />

Valeria Parrella, all’ex direttrice artistica Roberta Carlotto e allo<br />

scrittore e saggista Lorenzo Pavolini. Trentanovenne e napoletano<br />

doc, il regista è infatti considerato uno dei più interessanti<br />

<strong>del</strong>la nuova scena italiana, con una formazione che vanta un<br />

diploma all’Accademia d’arte drammatica di Calabria e un Master<br />

per organizzatori, amministratori e direttori di teatro <strong>del</strong>l’Eti.<br />

Titoli formativi a cui va aggiunta l’università <strong>del</strong>la pratica<br />

scenica, quella costruita nei primi anni di carriera come assistente<br />

alla regia di Toni Servillo, Marco Baliani, Francesco Silvestri<br />

e Renato Carpentieri. Ma è fuori di dubbio che la sua prima<br />

e decisiva esperienza creativa e professionale sia stata la fondazione<br />

<strong>del</strong> gruppo Rossotiziano avvenuta nel 1995, con il quale<br />

ha diretto fra gli altri un progetto scenico dedicato a Majorana,<br />

l’«Otello» di Shakespeare, «L’America contro» di Robert Oppenheimer,<br />

e due versioni di un omaggio a Pino Pascali, il secondo<br />

dei quali rappresentato nel corso <strong>del</strong>la grande mostra dedicata<br />

all’artista pugliese a Castel Sant’Elmo nel 2004. Finita<br />

l’esperienza di quel gruppo, da «solista» ha diretto fra gli altri<br />

«Ritter, Dene, Voss» di Thomas Bernhard, «La firma» di Václav<br />

Havel, «Le mura di Argo» da «Agamennone» di Eschilo, «L’imbecille»<br />

di Luigi Piran<strong>del</strong>lo, «L’Orso» e «Una domanda di matrimonio»<br />

di Anton Cechov. Negli ultimi anni la sua fama anche a<br />

livello internazionale è cresciuta soprattutto per merito di<br />

«Chiòve», spettacolo multimediale tratto da «Plou a Barcelona»<br />

di Pau Mirò, e premiato dall’Associazione italiana critici di teatro<br />

nel 2008 e come «miglior spettacolo di innovazione» dagli<br />

Olimpici <strong>del</strong> Teatro 20<strong>09</strong>, senza considerare il Premio Ubu vinto<br />

dalla protagonista Chiara Baffi, sempre nello stesso anno. Da<br />

segnalare infine la regia di «’A causa mia», sul contenzioso legale<br />

fra Scarpetta e D’Annunzio, realizzato per il Napoli Teatro Festival<br />

Italia nel 2008, e «I vespertelli», presentato nel 20<strong>09</strong> al<br />

San Ferdinando. Attualmente è al lavoro per un «Aspettando<br />

Godot» di Beckett atteso per fine stagione al Mercadante.<br />

S. de St.<br />

© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />

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Lunedì <strong>30</strong> Novembre 20<strong>09</strong> <strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> Mezzogiorno


<strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> Mezzogiorno Lunedì <strong>30</strong> Novembre 20<strong>09</strong><br />

PIACERI<br />

Alfonso Caputo (classe ’70)<br />

In pa<strong>del</strong>la<br />

personalità<br />

e tecnica<br />

Compirà dopodomani 39 anni. Almeno<br />

la metà li ha spesi tra casseruole,<br />

mestoli, forchettoni e pa<strong>del</strong>le nella<br />

cucina <strong>del</strong> locale <strong>del</strong>la sua famiglia.<br />

Alfonso Caputo, chef <strong>del</strong>la Taverna <strong>del</strong> Capitano<br />

di Marina <strong>del</strong> Cantone (Massa Lubrense),<br />

con i coetanei Ernesto Iaccarino e Gennaro<br />

Esposito, è uno dei massimi protagonisti campani<br />

<strong>del</strong>la scena culinaria italiana. Dopo aver<br />

guadagnato il diploma di ragioniere non ebbe<br />

un attimo di esitazione. Avrebbe seguito la passione<br />

per cucina che coltivava fin da piccolo.<br />

Naturalmente, avrebbe dovuto continuare a<br />

studiare. Il suo primo maestro fu il dominatore<br />

assoluto <strong>del</strong>la cucina italiana <strong>del</strong>l’epoca:<br />

Gualtiero Marchesi che alla sua scuola allevava<br />

una <strong>del</strong>le più promettenti generazioni di chef.<br />

A «raccomandare» Alfonso al sommo interprete<br />

italico <strong>del</strong>la Nouvelle cousine fu mamma<br />

Grazia, che tuttora occupa un posto di rilievo<br />

nella cucina <strong>del</strong> locale aperto da suo marito Salvatore,<br />

il capitano, nel 1967. Dopo una settimana<br />

di apprendistato da Marchesi il giovanissimo<br />

aspirante chef si lamentò perché in una sola<br />

giornata gli era toccato di lavare per tre volte<br />

i pavimenti e per ben sette il bidone dei rifiuti.<br />

«Si vede che l’hai lavato male», gli rispose<br />

senza indulgenza sua madre. La stoffa c’era, la<br />

grinta pure. Dopo la fondamentale e mai rinnegata<br />

esperienza da Marchesi, si trasferì in Francia,<br />

a Vonnas, alla corte di Georges Blanc, uno<br />

dei mostri sacri <strong>del</strong>la cucina mondiale. Ci restò<br />

più di un anno. Poi, completò la formazione a<br />

Daikin, in Giappone, in un ristorante frequentato<br />

anche dai membri <strong>del</strong>la famiglia imperiale.<br />

Durante la permanenza nel Paese <strong>del</strong> Sol Levante<br />

assunse la cura estrema nella manipola-<br />

Nicoletta Gargiulo (classe ’75)<br />

La «piccola»<br />

campionessa<br />

dei sommelier<br />

La determinazione in persona. Non<br />

lasciatevi ingannare dall’aspetto.<br />

Piccolina, minuta, sguardo dolce e<br />

sorriso solare. Quando ha un obiettivo<br />

da raggiungere Nicoletta Gargiulo riesce<br />

a esprimere la forza di mille bombe atomiche.<br />

Altrimenti non si spiegherebbe la<br />

sua rapidissima ascesa nell’ormai affollatissimo<br />

esercito dei sommelier: nel 2008 Nicoletta<br />

si è affermata come la numero uno in<br />

Italia. Un risultato frutto <strong>del</strong>l’impegno, <strong>del</strong>la<br />

tenacia, naturalmente <strong>del</strong>le sue capacità<br />

sensoriali. Il concorso, promosso dall’Associazione<br />

italiana sommelier, consiste in un<br />

vero e proprio percorso minato iperselettivo.<br />

Ma la trentaquattrenne sommelière di<br />

Massa Lubrense l’ha completato in souplesse<br />

con zero penalità. La vittoria ha amplificato<br />

in maniera esponenziale la sua notorietà,<br />

proiettandola alla ribalta nazionale.<br />

Un passo indietro. La Gargiulo ha frequentato<br />

l’Istituto alberghiero di Vico<br />

Equense, vera e propria fucina di talenti <strong>del</strong><br />

settore enogastronomico, conseguendo tutte<br />

le specializzazioni. Subito dopo il diploma,<br />

però, ha iniziato a lavorare come accompagnatrice<br />

turistica. Per ironia <strong>del</strong>la sorte,<br />

fino a circa dieci anni fa Nicoletta era praticamente<br />

astemia. La passione per le grandi<br />

bottiglie nacque durante il corso per sommelier<br />

tenuto dall’Ais <strong>del</strong>la Penisola sorrentina,<br />

che da qualche mese la giovane professionista<br />

guida in qualità di <strong>del</strong>egata. La specializzazione<br />

le valse l’assunzione nel più<br />

prestigioso ristorante <strong>del</strong> Sud Italia, il Don<br />

Alfonso 1890 di Sant’Agata sui due Golfi. In<br />

zione dei pesci di cui imparò a valorizzare anche<br />

le interiora. Un’altra tappa nella cucina <strong>del</strong>l’hotel<br />

Lord Byron a Roma e, poi, il ritorno a<br />

casa, nel lindo ristorante affacciato sulla baia<br />

<strong>del</strong> Cantone. Insieme con i genitori, con la sorella<br />

Mariella e il cognato Claudio, impeccabili<br />

gestori <strong>del</strong>la sala, iniziò la scalata al vertice <strong>del</strong>la<br />

ristorazione italiana, conferendo sempre<br />

più personalità alla sua cucina senza ricorrere<br />

all’apporto di materie prime stravaganti o forestiere.<br />

I piatti di Caputo junior nascevano e nascono<br />

sempre da pochi ingredienti di rigorosa<br />

provenienza locale, condotti a sintesi da una<br />

tecnica sopraffina. Niente foie gras o caviale,<br />

meglio il fegato di pescatrice o le uova di ricci.<br />

Tra i suoi cavalli di battaglia, i conetti di pasta<br />

che avvolgono i dolci gamberi, le linguine con<br />

fegato <strong>del</strong> polpo, il pignatiello di totani e patate<br />

con aceto stravecchio, la variazione <strong>del</strong>l’adorata<br />

palamita. L’ultima scommessa, la pasta di<br />

grano duro fatta in casa. Non è raro che proponga<br />

pesce pescato direttamente da lui. Nel<br />

1996 la prima stella Michelin, nel 2006 la seconda.<br />

Ha già realizzato un libro sulle zuppe<br />

per la Biblioteca culinaria. All’inizio <strong>del</strong>l’anno<br />

prossimo uscirà un nuovo elegante volume<br />

per Gribaudo con 70 ricette. Un giovane veterano<br />

di successo.<br />

Gimmo Cuomo<br />

© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />

sala Nicoletta ha avuto un grande maestro,<br />

il sommelier Maurizio Cerio, che le ha messo<br />

a disposizione la sua cultura e, soprattutto,<br />

la sua lunga esperienza in materia di vino.<br />

Pochi mesi prima di laurearsi campionessa<br />

italiana, la sommelière, insieme con<br />

il marito, lo chef Luigi Tramontano, decise<br />

di effettuare una coraggiosa scommessa. Entrambi<br />

si trasferirono all’agriturismo Casa<br />

Scola nella frazione Castello di Gragnano,<br />

contribuendo in maniera decisiva al lancio<br />

<strong>del</strong> nuovo locale. Due anni fa ancora un<br />

cambio. Al Relais Blu di Massa Lubrense ritrovò<br />

un altro maestro <strong>del</strong> periodo donalfonsiano,<br />

il maître Costanzo Cacace.<br />

All’attività al ristorante, la Gargiulo ha affiancato<br />

anche collaborazioni con importanti<br />

riviste di settore, come «a Tavola». Un anno<br />

fa ha curato gli abbinamenti cibo-vino<br />

per alcuni programmi televisivi ancora trasmessi<br />

dal canale digitale Barche Channel.<br />

Ma il traguardo più importante Nicoletta lo<br />

ha raggiunto nello scorso mese di agosto,<br />

quando ha dato alla luce il piccolo Antonio.<br />

Com’è normale che sia, adesso le sue energie<br />

sono tutte concentrate sul bimbo. Ma<br />

certamente al più presto tornerà al lavoro<br />

che ama e che l’ha resa famosa in tutta Italia.<br />

G. C.<br />

© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />

Antimo Caputo (classe ’71)<br />

Il re <strong>del</strong>la farina<br />

punta<br />

a Las Vegas<br />

Classe 1971, Antimo Caputo non è solo<br />

il «re» <strong>del</strong>la farina, di recente è<br />

stato anche nominato vicepresidente<br />

<strong>del</strong>la Confederazione Europea<br />

dei Giovani Imprenditori (Yes for Europe).<br />

Così, se da un lato uno spiccato senso per gli<br />

affari gli ha permesso di traghettare con successo<br />

la Molino Caputo sul mercato internazionale,<br />

dall’altro l’esperienza imprenditoriale<br />

lo ha portato a svolgere vari incarichi di<br />

responsabilità. Tra questi, quello di vicepresidente<br />

al marketing e sviluppo associativo <strong>del</strong>l’Unione<br />

industriali di Napoli con la presidenza<br />

Lettieri; Caputo opera al fianco <strong>del</strong>la presidente<br />

Federica Guidi come <strong>del</strong>egato all’internazionalizzazione<br />

dei Giovani Imprenditori<br />

di Confindustria. Già vicepresidente nazionale<br />

dei giovani di Federalimentare, è stato dal<br />

2005 al 2008 presidente <strong>del</strong> gruppo Giovani<br />

Davide Maglietta (classe ’70)<br />

Dolce business<br />

Ecco l’uomo<br />

<strong>del</strong> cioccolato<br />

Trentanove anni, una laurea in Economia<br />

e Commercio e una smisurata<br />

passione per il cioccolato. Davide<br />

Maglietta, amministratore <strong>del</strong>la<br />

Gay Odin non è solo un brillante imprenditore<br />

ma anche, naturalmente, un grande<br />

estimatore <strong>del</strong> cioccolato di qualità. «Ne<br />

mangio molto sin da quando ero bambino»,<br />

afferma lui stesso: « Il mio preferito è<br />

quello foresta, ma amo anche le noci, le<br />

ghiande e tanti altri dei nostri prodotti». Un<br />

amore nato quando ancora era uno studente<br />

<strong>del</strong> liceo Umberto e, in occasione di scioperi<br />

o manifestazioni, approfittava per fare<br />

un po’ di pratica in azienda al fianco <strong>del</strong> padre.<br />

La tradizione e l’avvicendarsi di padre<br />

in figlio, d’altronde, sono un po’ il marchio<br />

Imprenditori <strong>del</strong>l’Unione industriali di Napoli.<br />

Alle spalle un percorso universitario brillante,<br />

con la laurea in Economia e Commercio<br />

conseguita con lode alla Federico II di Napoli.<br />

Dopo la laurea, un lungo periodo di gavetta<br />

nell’azienda di famiglia lo ha portato<br />

dal reparto imballaggi alla funzione di amministratore<br />

<strong>del</strong>egato. «Sono molto orgoglioso<br />

degli insegnamenti che la mia famiglia mi ha<br />

sempre dispensato», sottolinea il giovane imprenditore:<br />

«Oggi la nostra azienda opera coniugando<br />

la tradizione partenopea con quella<br />

dei prodotti più innovativi». Un presupposto<br />

che ha portato, tra l’altro, la Molino Caputo<br />

ad adottare idealmente il prodotto presentato<br />

dal pizzaiolo iberico Fàbian Martìne, ovvero<br />

la cosiddetta «pizza liquida». Una variante<br />

altamente innovativa <strong>del</strong>la tradizionale pizza<br />

napoletana da gustare in flute, senza rinunciare<br />

ai migliori ingrendienti. «L’obiettivo<br />

che ci siamo posti — continua Caputo — è di<br />

proiettare i valori <strong>del</strong>la tradizione nel futuro.<br />

Siamo orgogliosi <strong>del</strong>le nostre radici e crediamo<br />

fermamente che debbano essere tutelate,<br />

senza però trascurare l’importanza di tradurle<br />

nel nuovo millennio». Sposato da due anni<br />

con Francesca Aruta, Caputo ha due giovanissime<br />

figlie, Cristina e Beatrice. Tra le esperienze<br />

che ricorda con maggior entusiasmo,<br />

quella di aver contribuito in maniera determinante,<br />

tra il 2005 e il 2006, alla realizzazione<br />

<strong>del</strong> gruppo «Gennaro» (Giovani energie napoletane<br />

per il recupero <strong>del</strong>l’ovvio). Oggi, alla<br />

guida <strong>del</strong>la Molino Caputo, il giovane imprenditore<br />

ha investito energie e denaro nello<br />

sviluppo di due progetti. Il primo quello di<br />

farina.tv, una sorta di cucina virtuale, in cui<br />

grandi professionisti e semplici appassionati<br />

mostrano come realizzare le proprie ricette,<br />

incontrandosi e scambiandosi consigli su come<br />

realizzare manicaretti con farina, dolci,<br />

pizze, pane, pasta e tutto ciò che rientra nella<br />

categoria Food. L’altro, sempre proiettati allo<br />

sviluppo internazionale, promuovere nel<br />

2<strong>01</strong>0 a Las Vegas un seminario sui prodotti<br />

napoletani: genuini, semplici e originali.<br />

Raffaele Nespoli<br />

© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />

di fabbrica che ha reso unica la cioccolata di<br />

Gay Odin. «La storia <strong>del</strong>l’azienda — racconta<br />

Maglietta — affonda le sue radici 1892,<br />

quando Isidoro Odin trasferì da Alba a Napoli<br />

la sua più grande passione. Poi ai primi<br />

<strong>del</strong> ’900 il matrimonio con Onorina Gay diede<br />

definitivamente vita al marchio che tutt’oggi<br />

ci contraddisgue. La fama <strong>del</strong> suo<br />

cioccolato crebbe a tal punto che nel 19<strong>30</strong><br />

Odin aprì la sua fabbrica nel cuore <strong>del</strong>la città,<br />

cinque piani alle spalle di via dei Mille,<br />

tra le case dei nobili e <strong>del</strong>l’alta borghesia.<br />

Negli anni ’60 la proprietà passò nelle mani<br />

dei miei prozii, Giulio e Nino Castaldi, che<br />

poi tramandarono i segreti <strong>del</strong> cioccolato a<br />

mio padre Giuseppe. Lui, dopo essersi laureato,<br />

prese il timone <strong>del</strong>l’azienda negli anni<br />

’80, coinvolgendo man mano mia madre,<br />

me e i miei fratelli». Vero stacanovista quando<br />

è a lavoro, nel tempo libero Maglietta<br />

ama tenersi in forma giocando a calcio con<br />

gli amici, dilettandosi in qualche partita di<br />

tennis e correndo, almeno due volte a settimana,<br />

in Villa Comunale. Da sette anni è<br />

sposato con Alessandra Di Mauro, dalla quale<br />

ha avuto un figlio, Giuseppe, che oggi, a<br />

sei anni, nell’azienda di famiglia rivive un<br />

po’ la favola di Willy Wonka, divertendosi<br />

qualche volta con gli amici a decorare torte<br />

e, soprattutto, a fare grandi scorpacciate.<br />

Anche lui, se vorrà, un giorno seguirà le orme<br />

<strong>del</strong> padre, magari dedicandosi a far crescere<br />

ancora di più la fama di Gay Odin che<br />

oggi ha già valicato i confini cittadini grazie<br />

ai negozi di Roma e di Milano. Intanto, l’attenzione<br />

di Davide Maglietta è concentrata<br />

sulla fiera <strong>del</strong> cioccolato che venerdì prenderà<br />

vita alla Mostra d’Oltremare. «Nell’occasione<br />

— conclude l’imprenditore napoletano,<br />

membro <strong>del</strong>la giunta <strong>del</strong>l’Unione Industriali<br />

dal 1998 — presenteremo un nuovo<br />

cioccolatino e lasceremo che sia il pubblico<br />

a sceglierne i nome». Un nuovo regalo<br />

goloso che si aggiungerà alle altre <strong>del</strong>izie<br />

che anche quest’anno Gay Odin proporrà<br />

per il Natale.<br />

R. Nes.<br />

© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />

21<br />

NA


22<br />

NA<br />

SPETTACOLI<br />

Sal Da Vinci (classe ’69)<br />

Alessandro Preziosi (classe ’73)<br />

Lo scugnizzo<br />

adesso canta<br />

per amore<br />

Quanto tempo è passato da passato<br />

da «’O motorino», film musicale<br />

melodrammatico che lo rese noto<br />

in tutti i vicoli di Napoli e lo fece diventare<br />

lo scugnizzo per antonomasia, una<br />

sorta di idolo per gli adolescenti partenopei<br />

sparsi in tutt’Italia e nel mondo. Un vero<br />

e proprio «cult» <strong>del</strong> genere popolare,<br />

che vanta più di un quarto di secolo. Allora<br />

Sal Da Vinci (all’anagrafe Salvatore Michael<br />

Sorrentino) era un ragazzino di appena 14<br />

anni e recitava (e cantava) col padre, quel<br />

Mario Da Vinci, alter ego di Mario Merola,<br />

che per anni aveva portato ovunque la sceneggiata<br />

(e la canzone napoletana).<br />

Il piccolo Sal Da Vinci non era nuovo al<br />

cinema: il suo debutto, infatti, avvenne nel<br />

’78, con «Figlio mio sono innocente», seguito<br />

da «Napoli, storia d’amore e di vendetta».<br />

Ma è la musica il sale <strong>del</strong>la sua vita e<br />

<strong>del</strong>la sua carriera, quella che lo ha portato<br />

fino al terzo posto al Festival di Sanremo di<br />

quest’anno, che non è il primo riconoscimento<br />

di una lunga carriera. Da Vinci, infatti,<br />

debuttò in duetto col padre quando appena<br />

9 anni con «Miracolo ’e Natale», da<br />

cui fu tratta una sceneggiata. Sarà proprio<br />

questo mix di musicalità e tradizione popolare<br />

a segnare la svolta, quella <strong>del</strong> 2002,<br />

quando fu lui a essere scelto come protagonista<br />

<strong>del</strong> musical «C’era una volta. Scugnizzi»,<br />

dopo una ventina di dischi registrati,<br />

prima col papà e poi come solista dalle infi-<br />

nite possibilità vocali. Lo «scugnizzo» che<br />

fa «Scugnizzi» sbanca e il musical, scritto<br />

dal «guru» <strong>del</strong>l’orecchiabilità Claudio Mattone<br />

con Enrico Vaime, fa il tutto esaurito<br />

per anni e diventa nelle mattinate lo spettacolo<br />

più frequentato dalle scolaresche. Non<br />

per niente: infatti narra di ragazzi difficili, a<br />

rischio. Lo spettacolo ha una forte valenza<br />

sociale. Tanto che lui, il protagonista, è<br />

spesso testimonial di iniziative nelle carceri<br />

e per i ragazzi disagiati. Bei testi supportati<br />

da splendide canzoni, che arrivano anche<br />

a Palazzo Grazioli. Sarà per questo che il<br />

premier Berlusconi, grande esperto di melodie,<br />

nella sua ultima discesa a Napoli lo<br />

ha voluto accanto a sé per cantargli il meglio<br />

di «Scugnizzi». Un brand da cui Sal, però,<br />

si sta staccando, mettendo sul palco tutta<br />

la sua personalità di solista, quella di<br />

«Canto per amore», il suo musical, in scena<br />

per due anni. E quella <strong>del</strong> meritato podio di<br />

Sanremo.<br />

Vanni Fondi<br />

© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />

un sistema complesso che integra<br />

un Science Centre<br />

un Centro per lo Sviluppo Locale<br />

e uno Spazio Eventi<br />

Teatro o tv?<br />

Il successo,<br />

che «dilemma»<br />

Chi non lo ricorda, seduto su una sedie<br />

a rotelle, «bucare» il video fra<br />

gli attori di «Vivere» su Canale 5?<br />

E quale donna non fantastica ancora<br />

oggi pensando al conte Fabrizio Ristori,<br />

fascinoso e coraggioso protagonista di «Elisa<br />

di Rivombrosa», sempre sulla stessa rete?<br />

Sono queste due fortunate serie televisive<br />

che hanno reso famoso e fato apprezzare<br />

Alessandro Preziosi, trentaseienne attore<br />

napoletano che sembra non vantarsi dei<br />

successi sul piccolo schermo, ma piuttosto<br />

Lunedì <strong>30</strong> Novembre 20<strong>09</strong> <strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> Mezzogiorno<br />

di puntare sullo studio che porta a migliorare<br />

giorno dopo giorno la sua già perfetta recitazione.<br />

La scena preferita non è il set televisivo,<br />

ma il palcoscenico, dove Preziosi è e<br />

dà tutto sé stesso.<br />

Il teatro classico resta sempre il suo primo<br />

e ultimo amore. Dalla tragedia greca a<br />

Shakespeare, non c’è nessuna prova in cui<br />

Alessandro Preziosi non si sia cimentato in<br />

scena, gettandosi sul palco «anema e core».<br />

Quel cuore e quell’anima che recentemente<br />

hanno tinto di sociale i suoi impegni teatrali<br />

e lo hanno indotto a metter su una casa di<br />

produzioni che lo porta a compiere degli<br />

esperimenti artistici mai fatti prima.<br />

Un esempio? Quello di intrecciare il suo<br />

percorso con un jazzista elegante e dalla riconosciuta<br />

bravura, Stefano Di Battista, una<br />

liaison arrivata perfino sul palcoscenico <strong>del</strong><br />

Festival di Sanremo. O quello di far incontrare<br />

Luca De Filippo con Shakespeare. È<br />

proprio il Bardo di Stratford on Avon a segnare<br />

la carriera teatrale di Preziosi, tanto<br />

da farlo diventare l’Amleto per tutti. Portato<br />

in tutt’Italia con Silvio Orlando e Franco<br />

Branciaroli, lo spettacolo gli fa vincere lo<br />

scorso anno il «Talento d’oro» nell’ambito<br />

<strong>del</strong> Premio «Franco Martini: un teatro una<br />

vita», certamente più importante per lui <strong>del</strong><br />

Telegatto vinto con «Elisa».<br />

L’avvocato Preziosi (è laureato in Giurisprudenza<br />

e proviene da una famiglia di giuristi)<br />

non ha mai indossato una toga, ma costumi<br />

di scena sì e tanti. E ha dimostrato<br />

fino a ora di saperli portare tutti, di sapersi<br />

trasformare in Amleto, in Laerte, in Edmund<br />

e in Cristoforo Colombo. Senza disdegnare<br />

la divisa di finanziere de «Il Capitano»<br />

e neppure le vesti <strong>del</strong> poliziotto in «Il<br />

commissario de Luca». E senza mai, comunque,<br />

dimenticare il Pietro di «Vivere» e il<br />

conte Ristori.<br />

V. F.<br />

© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />

www.citta<strong>del</strong>lascienza.it<br />

via Coroglio, 104 e 57 - 8<strong>01</strong>24 Napoli • tel. 081 7352.424<br />

grafica CUEN


<strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> Mezzogiorno Lunedì <strong>30</strong> Novembre 20<strong>09</strong><br />

SPETTACOLI<br />

Serena Autieri (classe ’76)<br />

La piccola Sara<br />

ora è la musa<br />

di Albertazzi<br />

Televisione, tanta televisione (dalle fiction<br />

a Sanremo) e poi il teatro (tuttora<br />

è la «musa» di Albertazzi), il cinema<br />

e, soprattutto il vecchio amore, la<br />

musica. Un’artista completa Serena Autieri,<br />

che a 33 anni è già ritenuta una star <strong>del</strong>lo spettacolo,<br />

una di quelle, però, che non accettano<br />

tutto, anzi. Non è difficile che Serena accetti<br />

un copione se non lo ha prima vagliato, per<br />

non parlare <strong>del</strong>le «comparsate», cui non è avvezza:<br />

roba da veline. Sono passati più di dieci<br />

anni da quel concorso, «Un volto per Sara»,<br />

che la consacrò protagonista <strong>del</strong>la soap napoletana<br />

<strong>del</strong> momento, portandola dal suo quartiere,<br />

Fuorigrotta, sul set di «Un posto al sole». Il<br />

suo personaggio ebbe un successo che andò<br />

ben al di là <strong>del</strong>la fiction e la portò a mostrare<br />

che oltre il bel viso e la voce c’era di più: la<br />

presenza. D’altronde non poteva che essere così,<br />

visto che l’Autieri studiava canto, recitazione<br />

e danza classica fin da bambina.<br />

Dopo due anni di «Un posto al sole» ecco<br />

un’altra fiction, sempre sulla Rai, «Vento di ponente»<br />

(due serie) e i primi musical in teatro,<br />

«Bulli & Pupe», «Vacanze Romane» di Garinei<br />

con Massimo Ghini. Poi, Sanremo, scelta con<br />

la gerini al Festival da Pippo Baudo, che le offrì<br />

per la prima volta un ruolo di co-conduttirice<br />

e showgirl e non quello canonico <strong>del</strong>la valletta<br />

muta. In tv continua il successo con l«Callas e<br />

Onassis» e le due serie di «L’onore e il rispetto»<br />

di Samperi (la seconda è andata in onda<br />

recentemente). Senza dimenticare la parte <strong>del</strong>la<br />

professoressa Elisabetta Paolini nel film<br />

«Notte prima degli esami - Oggi» di Brizzi.<br />

Ma è il teatro in cui si sta forgiando la figura<br />

professionale di questa bella ragazza di Fuorigrotta,<br />

all’apparenza irraggiungibile, ma invece<br />

molto coinvolta e coinvolgente (il sangue<br />

napoletano non mente), forse grazie anche alla<br />

sua calda musicalità. Dall’incontro con Giorgio<br />

Albertazzi nascono, infatti, «Shakespeare<br />

in jazz», in scena al Teatro Romano di Verona e<br />

quest’anno al Sistina di Roma, «Facce da teatro»<br />

e un classico come «Sogno di una notte di<br />

Mezza estate». Il 20<strong>09</strong> per lei significa anche il<br />

ritorno al cinema con due titoli: «L’ultimo crodino»<br />

con Ricky Tognazzi ed Enzo Iachetti e<br />

«Liolà», per la regia di Gabriele Lavia.<br />

Vanni Fondi<br />

© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />

Alessandra Mastronardi (classe ’86)<br />

Le storie di Eva<br />

appassionano<br />

una generazione<br />

Napoletana dall’accento romano (preso<br />

dal padre e dalla città dove risiede),<br />

Alessandra Mastronardi è uno<br />

dei giovani astri <strong>del</strong> cinema e <strong>del</strong>la<br />

tv giovanile. Universalmente nota come l’Eva<br />

dei «Cesaroni», ha recitato in tutte le serie <strong>del</strong>la<br />

fiction di punta di Canale 5, diventandone<br />

protagonista. Da ragazzina a innamorata depressa,<br />

<strong>del</strong>usa, infelice, ma sempre pronta a<br />

tornare sorridente e a ritrovare l’amore, il suo<br />

personaggio è aumentato di spessore durante<br />

le quattro serie, anche se lei continua a rimanere<br />

un punto di riferimento per tutte le coetanee.<br />

Ovvero le ragazze sotto i trenta (Alessandra<br />

di anni ne ha 23, essrndo nata nell’86), che<br />

pur non avendo più l’età per usufruire <strong>del</strong>la<br />

massiccia dose di film alla Moccia, guardano al<br />

cinema e alla tv per trovare dei mo<strong>del</strong>li di riferimento.<br />

Di personaggi che rappresentino anche<br />

i problemi <strong>del</strong>l’inserimento nel mondo <strong>del</strong><br />

lavoro o quelli derivati dalla prima maternità.<br />

Alessandra per le ventenni rappresenta una sorella<br />

e lei lo sa. Come lo sanno produttori e giurie<br />

dei festival che la «coccolano» sin da quando<br />

era teen-ager. E la premiano (Telegatto, Sorrisi<br />

& Canzoni, Simpatia, Margutta, Arechio<br />

d’oro), sempre per la freschezza <strong>del</strong> suo personaggio<br />

ne «I Cesaroni». Ma la Mastronardi ha<br />

dalla sua un’infinita serie di partecipazioni nelle<br />

fiction più note: da «Un medico in famiglia<br />

3» a Don Matteo 5», da «Il Grande Torino» a<br />

«Non smettere di sognare» fino a «Romanzo<br />

criminale», versione 1 e 2. Senza dimenticare i<br />

ruoli nel cinema italiano, da «Il manoscritto di<br />

Van Hecken» a «Il motore nel mondo» e «Una<br />

piccola storia», passando per «La bestia nel<br />

cuore» di Cristina Comencini. E gli spot? Alessandra<br />

ne ha girati a bizzeffe, da «Fresco blu»<br />

di Ferzan Ozpetek ai sofficini Findus a quelli<br />

<strong>del</strong> ministero per l’Istruzione. Ma la pubblicità<br />

che l’ha resa famosa è un’altra, telefonica. Chi<br />

non ricorda, infatti, che la giovane attrice è stata<br />

la «ragazza Tim» per ben 5 anni, impegnata<br />

nella parte <strong>del</strong>la ragazza <strong>del</strong>la porta accanto?<br />

V. F.<br />

© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />

Luisa Ranieri (classe ’73)<br />

Un tormentone,<br />

poi il cinema<br />

dei maestri<br />

Il tormentone «Anto’, fa caldo» non se lo<br />

scrolla di dosso. Anche perché le immagini<br />

sensuali di quella pubblicità rimandano alla<br />

suo fascinosa immagine attuale. Il successo<br />

di Luisa Ranieri, trentacinquenne bellezza<br />

mediterranea (che fa a gara con Monica Bellucci)<br />

parte proprio da quello spot di Alessandro D’Alatri,<br />

che la fa diventare un’icona. Subito protagoni-<br />

Caterina Balivo (classe ’80)<br />

Da Miss Italia<br />

al sabato sera<br />

di RaiUno<br />

Non sembrano passati dieci anni da<br />

quell’edizione di Miss Italia che la<br />

fece andare ben oltre il terzo posto<br />

nazionale. Già allora Caterina Balivo<br />

«bucava» il video, tanto che il conduttore<br />

<strong>del</strong> concorso, Fabrizio Frizzi, la volle subito<br />

con sé, prima come inviata di Miss Italia e poi<br />

come ospite fissa nello show <strong>del</strong> sabato sera<br />

«Scommettiamo che?». Chi sa se allora Caterina<br />

avrebbe mai pensato che qualche<br />

anno dopo, appena trentenne, sarebbe<br />

stata lei a condurre programmi in prima<br />

serata sulla rete «ammiraglia» <strong>del</strong>la tv<br />

pubblica. Ma Caterina era ambiziosa: i<br />

panni <strong>del</strong>l’ex reginetta di bellezza le stavano<br />

già stretti. Volava fare la giornalista, condurre<br />

«il gioco» e ci è riuscita. Seguendo prima<br />

corsi di recitazione e poi facendo uno stage<br />

di giornalismo che l’ha portata a diventare<br />

pubblicista. Nel frattempo, oltre a essere inviata<br />

dei vari programmi «satellite» di Miss Italia,<br />

comincia a condurre le «esterne» dei «Raccomandati»<br />

di Carlo Conti e, dopo alcune esperienze<br />

teatrali e cinematografiche, torna su RaiUno<br />

per condurre il varietà «Cormayeur on<br />

ice». Ma il salto di qualità e d’impegno arriva<br />

con l’approdo nella squadra di «Unomattina»,<br />

in particolare, con la conduzione di «Unomattina<br />

estate in giardino» e di «Unomattina sabato<br />

& domenica». E infine affiancando Massimo<br />

Giletti in «Casa RaiUno». Poi, dal 2004, per<br />

la Balivo è tutta una discesa verso il successo.<br />

Co-conduce «Unomattina», prima di arrivare<br />

a presentare con Conti il veglione di fine anno<br />

di RaiUno. Nel 2005, comincia l’avventura di<br />

un programma tutto suo, «Festa Italiana», che<br />

ancora conduce. Caterina conferma in questo<br />

programma la sua bravura (e la sua ambizione)<br />

ritagliandosi sempre più spazio nel pomeriggio<br />

<strong>del</strong>la rete «ammiraglia». Fino ad arrivare<br />

ancora alla prima serata. Con un format partenopeo,<br />

«Napoli prima e dopo», e soprattutto<br />

con la riedizione di un collaudato spettacolo<br />

di successo, «Stasera mi butto». Accanto a lei<br />

c’è un conterraneo, il napoletanissimo Biagio<br />

Izzo. Con lui Caterina prova finalmente il brivido<br />

di essere la protagonista <strong>del</strong> sabato sera di<br />

RaiUno. Esperienza che viene confermata con<br />

la recente conduzione di «Dimmi la verità».<br />

V. F.<br />

© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />

sta di un film di quelli che sbanmcano il botteghino,<br />

«Il principe e il pirata» di Leonardo Pieraccioni.<br />

L’anno è il 20<strong>01</strong>. Poi, dopo aver perso parte a<br />

«La Squadra» su RaiTre», Luisa torna in tv con<br />

una parte in «Maria Goretti di Giulio Base e in<br />

altre serie tv, fino a «Callas e Onassis». La Ranieri<br />

è Maria Callas e da mediterranea qual è riesce a<br />

rendere tutto il tormento di una donna che viene<br />

dal mare e si lascia trascinare dalle sue onde. Nel<br />

frattempo, dopo due film targati Manni e Odorisio,<br />

arriva la chiamata che tutti sognano, quella<br />

di un maestro <strong>del</strong> cinema. Michelangelo Antonioni<br />

la vuole per il suo episodio di «Eros», un’anotologia-omaggio<br />

al meastro sull’erotismo, in tre<br />

capitoli diretti da Steven Soderbergh, Wong<br />

Kar-Wai e dallo stesso Antonioni. Qui Luisa trabocca<br />

di sensualità (e di bravura) dimostrando<br />

di essere all’altezza <strong>del</strong>le «muse» <strong>del</strong> maestro, ricordando<br />

la Monica Vitti de «L’Avventura». Della<br />

Vitti la Ranieri ricorda anche i tratti ironici, che<br />

vengono fuori nelle seguenti «avventure» al cinema<br />

e in tv. Come non ricordare il personaggio<br />

<strong>del</strong>l’amante nell’ultimo film di Vincenzo Salemme,<br />

«Sms», o l’interpetazione di una <strong>del</strong>le<br />

donne alla «Sex and the city» <strong>del</strong>la fiction recentemente<br />

andata in onda su Canale 5, «Amiche<br />

mie»? Luisa, nel frattempo compare anche nella<br />

fiction «’O professore», sempre su Canale 5, e nel<br />

film «Gli amici <strong>del</strong> bar Margherita», diretto da Pupi<br />

Avati, altro maestro <strong>del</strong> cinema italiano. L’ennesimo<br />

«lasciapassare» verso altri film di spessore<br />

per la bruna napoletana diventata famosa, come<br />

il suo collega Stefano Accorsi («Maxibon,<br />

c’est bon»), con uno spot-tormentone. Senza dimenticare,<br />

infine, il suo debutto a teatro, come<br />

protagonista nello spettacolo «L’Oro di Napoli».<br />

V. F.<br />

© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />

Direttore responsabile: Marco Demarco<br />

Reg. Trib. Napoli n. 4881 <strong>del</strong> 17/6/1997<br />

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Lunedì <strong>30</strong> Novembre 20<strong>09</strong> <strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> Mezzogiorno

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