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9] I portici del Foro di Brescia<br />
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che ipotizzare un impiego nel portico prospiciente il fronte<br />
settentrionale della basilica, accogliendo la prima proposta di<br />
Filli Rossi.<br />
La prova che la trabeazione corresse allo stesso livello lungo<br />
i tre lati del foro, nonostante la differenza in altezza tra le<br />
colonne dei lati lunghi e quelle del lato breve, è data dal blocco<br />
di fregio e architrave più sopra menzionato24 . Questo, in<br />
tutto analogo a quelli in opera nel tratto del portico orientale,<br />
è lavorato per l’adesione con un blocco ortogonale, il che<br />
indica che esso fungeva da soluzione angolare tra due bracci<br />
perpendicolari.<br />
La differenza di quota che si veniva perciò a creare tra le<br />
colonne dei lati lunghi e quelle del lato breve prospiciente la<br />
basilica doveva essere risolta in qualche modo, per esempio<br />
inserendo plinti al di sotto delle colonne in granito e delle rispettive<br />
basi.<br />
Il presunto uso del Granito Violetto nella piazza pubblica<br />
di Brescia comporta problemi di ordine cronologico, poiché,<br />
a giudizio degli esperti, l’esportazione di tale pietra in tutto il<br />
Mediterraneo si daterebbe solo agli inizi del II secolo d.C. e<br />
tale granito giungerebbe a Roma e nel Lazio in età adrianea25 .<br />
Poiché è difficile ritenere che il suo impiego nel centro lombardo<br />
preceda la diffusione nella capitale e nei centri vicini, allo<br />
stato attuale delle conoscenze l’ipotesi più ragionevole è<br />
quella di pensare che la costruzione del portico meridionale<br />
del Foro bresciano sia posteriore a quella dei lati lunghi, con<br />
24 Per una descrizione dettagliata rimando al contributo di A. DELL’ACQUA<br />
in questa sede.<br />
25 L’impiego principale che dal II al VI secolo si fece di questo materiale, fu<br />
per colonne e pilastri di piccola e media dimensione, più raramente per rivestimenti<br />
e altri usi (L. LAZZARINI, La determinazione della provenienza<br />
delle pietre decorative usate dai Romani, in I marmi colorati della Roma imperiale,<br />
a cura di M. De Nuccio e L. Ungaro, (Roma 2002-2003), Roma 2005,<br />
p. 246).