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il dell - Attivecomeprima Onlus

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Le vostre lettere<br />

a cura di Ada Burrone<br />

20<br />

Ciao a tutte e tutti,<br />

mi associo a voi in modo personale,<br />

anch’io ho avuto a che fare, come voi,<br />

con un “nemico - amico”. La malattia<br />

è entrata a far parte <strong>dell</strong>a mia vita<br />

nel 2003, all’età di 35 anni. Magari<br />

vi sembrerà un po’ assurdo che io<br />

parli di lui come un amico, vi spiego<br />

perché: da una parte è stato <strong>il</strong> mio<br />

nemico perché mi ha fatto rischiare di<br />

perdere la mia vita e lasciare le mie<br />

figlie e i miei cari, dall’altra è stato<br />

un amico perché mi ha fatto scoprire,<br />

prendendo consapevolezza di ciò che<br />

ero in grado di fare, tante qualità che<br />

avevo nascosto nei cassetti del mio<br />

inconscio. La cosa più importante è<br />

che sono una donna che ha cambiato<br />

la sua vita in modo positivo e che è<br />

in grado di godere di tutti i momenti<br />

belli che si presentano durante i<br />

giorni e di vivere quelli brutti in modo<br />

più positivo possib<strong>il</strong>e. Sono state le<br />

donne <strong>dell</strong>’Associazione Per te Donna<br />

di Messina e i miei cari conduttori dei<br />

gruppi ad insegnarmi ad affrontare <strong>il</strong><br />

mio cammino fra le terapie, con <strong>il</strong> loro<br />

sostegno che tutt’oggi mi donano ma<br />

che soprattutto ora cerco di donare<br />

alle altre donne...<br />

Non mollate mai, c’è sempre una<br />

seconda vita dopo <strong>il</strong> buio.<br />

Giuliana, M<strong>il</strong>ano<br />

Cara Giuliana,<br />

ho letto <strong>il</strong> tuo scritto e ho condiviso<br />

<strong>il</strong> tuo “passaggio” dalla lotta alla<br />

riconc<strong>il</strong>iazione.<br />

Chi chiede aiuto, come tu hai fatto,<br />

ha già la porta del cuore aperta ad<br />

un cambiamento positivo.<br />

Mi fa piacere sapere che l’Associazione<br />

di Messina, che io ben conosco,<br />

ti abbia accompagnata nel tuo<br />

cammino.<br />

Brava davvero.<br />

Cara Ada,<br />

desidero ringraziarti e ti racconto <strong>il</strong><br />

perché. Disorientata e smarrita mi<br />

chiedevo cosa fare: mi rivolgerò a<br />

quel Professore, a quella struttura, no<br />

meglio a quell’altra. Sono un medico e<br />

ho sentito di nuovi protocolli farmacologici.<br />

Mi informo, chiedo e poi, sfinita<br />

nel labirinto di pareri e di notizie, mi<br />

chiedo se affidarmi alla scienza, a Dio<br />

o a me stessa.<br />

Il futuro sembra non appartenermi: a<br />

cosa serve fare questo o quel progetto,<br />

tanto… E intanto penso chi condividerà,<br />

a chi affidare questo dolore,<br />

perché ho la sensazione che nessuno<br />

possa capire. Non piango, sono<br />

arrabbiata, nego, reagisco, spero, mi<br />

dispero e, in questo strano cockta<strong>il</strong> di<br />

emozioni, mi riprendo, ricomincio. Sì,<br />

ma da dove, da cosa, ricomincio?<br />

Da un numero telefonico, scovato<br />

tra m<strong>il</strong>le, all’improvviso. Con <strong>il</strong> dito<br />

tremante e la voce ancora di più, non<br />

vedo l’ora di comporlo, perché non so<br />

come esordire. Ma non è necessario<br />

spiegare, dettagliare. All’altro capo del<br />

f<strong>il</strong>o la voce accoglie <strong>il</strong> tuo bisogno, la<br />

tua disperazione.<br />

Poi, una giornata di ottobre, quando la<br />

vita comincia a prepararsi ad un altro<br />

cielo, varco la soglia e una persona<br />

dolcissima, Felicita, mi accoglie in<br />

una confortevole stanza dove, come<br />

in un sacro confessionale, racconto<br />

in poche frasi l’improvviso recente<br />

dramma che ha un nome che fatico<br />

a proferire e <strong>il</strong> “segreto” comincia<br />

a liberarsi. Poi, pian piano, di quel<br />

mantello oscuro mi libero ed accolgo <strong>il</strong><br />

calore di quel tiepido e ancora luminoso<br />

pomeriggio di ottobre.<br />

Da allora, grazie ai tuoi sapienti specialisti,<br />

ho fatto un viaggio dentro me<br />

stessa e in questo tratto ho deposto<br />

le mie frag<strong>il</strong>ità e ho valorizzato i miei<br />

punti di forza, che mi consentono di<br />

volgere uno sguardo diverso alla vita.<br />

Per vari giorni non mi sono accorta<br />

di quel grande cartellone “La Forza di<br />

Vivere” all’ingresso del viale che porta<br />

alla vostra palazzina. Una frase messaggera<br />

di speranza e di ri-vita. Tutte<br />

le volte che lo guardo e che mentalmente<br />

lo leggo, si disegna un sorriso<br />

sul mio viso. Un sorriso dal significato<br />

sconosciuto per la gente ignara che<br />

mi guarda, come quel sorriso di chi<br />

ha visto un pezzo di cielo nell’oscurità<br />

<strong>dell</strong>a propria vita, di chi ha visto una<br />

rosa gialla spuntare nel rigido inverno<br />

in un giardino curato da mani sapienti.<br />

La mia vita ora, libera dalle ferite<br />

murate, ha un nuovo sapore, fatto di<br />

un mix di paura, ma anche di bellezza<br />

suprema che vive fino in fondo<br />

con curiosità. E, mai come ora, tutto<br />

diventa sì un attimo, ma di eternità.<br />

Maristella, M<strong>il</strong>ano<br />

Non è fac<strong>il</strong>e per un medico unire <strong>il</strong><br />

suo sapere al sentire. Sei stata doppiamente<br />

brava!<br />

Cara Ada e care amiche, non<br />

sapete quanto vi penso!!!!<br />

Purtroppo le mie condizioni di salute<br />

sono peggiorate drammaticamente e<br />

dopo dieci anni di cure semicontinuative<br />

i miei polmoncini si sono infine<br />

arresi all’avanzata del mostro ed ora<br />

vivo in casa ostaggio <strong>dell</strong>’ossigenoterapia<br />

e di una serie infinita di disagi<br />

che non sto neanche ad elencare... le<br />

giornate scorrono lente, decisamente<br />

lente per una come me abituata ad<br />

essere stra-attiva. Ho sospeso tutte<br />

le terapie, a parte quelle antalgiche,<br />

imboccando quello che viene chiamato<br />

“tunnel <strong>dell</strong>e cure palliative”, e<br />

mi son detta: meno male che faccio<br />

l’infermiera, perché è veramente un

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