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il dell - Attivecomeprima Onlus

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Prof<strong>il</strong>i<br />

Buon compleanno<br />

Fondazione Veronesi!<br />

Compie dieci anni la<br />

Fondazione voluta nel<br />

2003 da Umberto<br />

Veronesi e oggi presieduta<br />

dal figlio Paolo.<br />

26<br />

Paolo<br />

Veronesi<br />

C’è passione, dedizione, determinazione nella voce del cinquantenne Paolo<br />

Veronesi, oggi ai vertici <strong>dell</strong>a Fondazione omonima, nonché responsab<strong>il</strong>e di<br />

un’Unità di chirurgia del seno tra le più prestigiose al mondo, quella <strong>dell</strong>’Istituto<br />

Oncologico Europeo di M<strong>il</strong>ano e docente, in Italia e all’estero, dove spesso viene<br />

chiamato per raccontare la sua esperienza. E per insegnare un metodo, quello<br />

italiano, che sconfigge la malattia rispettando la femmin<strong>il</strong>ità.<br />

Da molti anni Paolo Veronesi è nel Comitato Scientifico di <strong>Attivecomeprima</strong> che<br />

l’ha intervistato per voi, chiedendogli di raccontare l’uomo, prima del medico.<br />

Professor Veronesi, cosa avrebbe fatto se non si fosse<br />

iscritto a medicina?<br />

Fin dal liceo ero portato per le materie scientifiche, matematica<br />

e fisica erano <strong>il</strong> mio pane. Pensavo che avrei fatto <strong>il</strong> matematico,<br />

che fosse quella la mia vocazione. Poi, durante l’estate<br />

<strong>dell</strong>a maturità, quando ancora erano anni in cui si poteva<br />

scegliere la facoltà all’ultimo momento, pensai al mio futuro<br />

come matematico, a quella scienza così astratta.<br />

E cominciai a sentire ciò che portavo dentro, l’appartenenza a<br />

una famiglia di medici, <strong>il</strong> desiderio di qualcosa che fosse più<br />

vicino alle persone. Mi sembrò naturale proseguire la storia<br />

<strong>dell</strong>a mia famiglia e così mi iscrissi a medicina.<br />

Cosa ricorda degli anni <strong>dell</strong>’Università?<br />

Studio, tanto studio. Dovevo essere <strong>il</strong> più bravo, sempre<br />

all’altezza, sentivo, sulla scelta, <strong>il</strong> peso del mio cognome. Sì,<br />

studiavo come un matto per non essere criticato. All’inizio<br />

pensavo che sarei diventato un cardiochirurgo. Trent’anni fa<br />

era la grande novità. Poi però mi accorsi che neanche quella<br />

era la scelta giusta per me, che avrei dovuto avvicinarmi di più<br />

a una patologia legata alle donne e, nello stesso tempo, alla<br />

tradizione <strong>dell</strong>a mia famiglia. Scelsi così chirurgia plastica e<br />

ricostruttiva e poi mi specializzai anche in chirurgia generale.<br />

Se mi guardo indietro sono molto soddisfatto: <strong>il</strong> profondo<br />

contatto con le pazienti è quello che ci contraddistingue dalle<br />

altre chirurgie, più distanti, meno umane.<br />

Ci racconti questo rapporto tra <strong>il</strong> medico e le sue<br />

pazienti malate di tumore al seno.<br />

È un rapporto fatto di una visita e di un lungo colloquio in cui<br />

la donna vuole conoscere le proprie aspettative in termini di<br />

guarigione, ma anche i risultati estetici <strong>dell</strong>’intervento. Se la<br />

richiesta sulle possib<strong>il</strong>ità di guarire è la prima, non c’è solo<br />

questo. C’è anche la preoccupazione per la ripresa del lavoro,<br />

per la vita sociale e sentimentale. Un’attenzione che cambia<br />

a seconda <strong>dell</strong>’età. Paradossalmente, la donna giovane è<br />

meno attenta alla propria integrità fisica, ma di più all’aspetto<br />

generativo. Potrò avere figli? mi chiede. Oppure, se ha figli<br />

piccoli, la priorità è quella di vederli crescere. Questo aspetto è

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