Università di Pisa - ILIL
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Università <strong>di</strong> <strong>Pisa</strong><br />
Facoltà <strong>di</strong> Scienze Matematiche Fisiche e Naturali<br />
Corso <strong>di</strong> Laurea Triennale in Fisica<br />
Anno Accademico 2007/2008<br />
Elaborato Finale<br />
Accelerazione <strong>di</strong> particelle nei plasmi guidata da<br />
laser e possibili applicazioni biome<strong>di</strong>che<br />
Can<strong>di</strong>dato:<br />
Francesco Michienzi<br />
Relatore:<br />
Prof. Danilo Giulietti<br />
Tutor:<br />
Dr. Antonio Giulietti
In<strong>di</strong>ce<br />
1 Introduzione 2<br />
2 Impiego <strong>di</strong> fasci <strong>di</strong> particelle in me<strong>di</strong>cina nucleare 4<br />
2.1 Ra<strong>di</strong>oterapia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4<br />
2.2 Adro-terapia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6<br />
2.3 Terapia a neutroni catturati da boro . . . . . . . . . . . . . . 6<br />
2.4 Tomografia ad emissione <strong>di</strong> positroni . . . . . . . . . . . . . . 8<br />
3 Acceleratori per uso me<strong>di</strong>cale 11<br />
3.1 Acceleratore Cockcroft-Walton . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11<br />
3.2 Acceleratore Van de Graaff . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11<br />
3.3 Acceleratore lineare (linac) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13<br />
3.4 Ciclotrone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14<br />
4 Accelerazione indotta da impulsi laser nei plasmi 17<br />
4.1 Accelerazione <strong>di</strong> elettroni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17<br />
4.2 Accelerazione <strong>di</strong> protoni e ioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20<br />
5 Prospettive <strong>di</strong> impiego in ambito me<strong>di</strong>co 21<br />
Bibliografia 24<br />
1
1 Introduzione<br />
Nell’ambito della fisica delle particelle si utilizzano macchine acceleratrici<br />
per fornire energia cinetica a particelle cariche che, collidendo con bersagli<br />
opporuni, producono reazioni nucleari e subnucleari. Lo sviluppo tecnologico<br />
ha portato alla creazione <strong>di</strong> acceleratori in grado <strong>di</strong> fornire sempre maggiore<br />
energia, ma anche <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni sempre maggiori. Il Large Hadron Collider<br />
(lhc) del cern è un anello lungo 27km in grado <strong>di</strong> accelerare due fasci <strong>di</strong><br />
protoni fino a 14TeV nel sistema del centro <strong>di</strong> massa.<br />
Parallelamente è nata la possibilità <strong>di</strong> applicare queste tecniche a settori<br />
come la me<strong>di</strong>cina per i quali sono spesso sufficienti minori energie cinetiche.<br />
Acceleratori <strong>di</strong> particelle sono spesso utilizzati in ambito me<strong>di</strong>co per la cura<br />
<strong>di</strong> tumori e per attivare traccianti per <strong>di</strong>agnosi me<strong>di</strong>che accurate (pet). Nel<br />
capitolo 3 saranno sommariamente descritti i principali tra tali acceleratori,<br />
basati su tecniche “convenzionali”.<br />
Nel 1979 T. Tajima e J. Dawson per primi proposero il concetto <strong>di</strong> accelerazione<br />
nei plasmi guidata da laser [1]. Questa nuova tecnica consiste nel far<br />
incidere un impulso laser su un plasma per accelerare particelle (tipicamente<br />
elettroni e protoni). I vantaggi <strong>di</strong> questa tecnica sono la brevità del cammino<br />
<strong>di</strong> accelerazione (≈ 100µm) e <strong>di</strong> conseguenza anche la limitatezza della<br />
ra<strong>di</strong>azione emessa dalle particelle accelerate. Tuttavia le energie più alte che<br />
si riescono ad ottenere attualmente sono del GeV per gli elettroni [2].<br />
Queste tecniche basate sui laser non sono attualmente in grado <strong>di</strong> competere<br />
con quelle convenzionali <strong>di</strong> accelerazione nell’ambito della ricerca in<br />
fisica delle interazioni fondamentali. Si cercherà <strong>di</strong> valutare se tuttavia possano<br />
trovare sin da ora applicazione in ambito me<strong>di</strong>co. Infatti, limitandoci<br />
agli elettroni, la me<strong>di</strong>cina nucleare richiede energie fino a qualche decina <strong>di</strong><br />
MeV con caratteristiche <strong>di</strong> fascio non estreme in termini <strong>di</strong> monocromaticità,<br />
<strong>di</strong>vergenza e stabilità <strong>di</strong> puntamento.<br />
Questo lavoro <strong>di</strong> tesi consiste quin<strong>di</strong> nell’analizzare le prospettive <strong>di</strong> impiego<br />
in ambito me<strong>di</strong>co dell’accelerazione guidata da laser nei plasmi. In<br />
particolare, dopo un’introduzione sulle principali tecniche utilizzate in me<strong>di</strong>cina<br />
nucleare, saranno descritti i tipi <strong>di</strong> acceleratori attualmente utilizzati in<br />
questo campo. Di seguito una breve introduzione all’accelerazione nei plasmi<br />
2
ed infine le possibilità <strong>di</strong> impiego <strong>di</strong> questa tecnica in ambito me<strong>di</strong>co.<br />
3
2 Impiego <strong>di</strong> fasci <strong>di</strong> particelle in me<strong>di</strong>cina nucleare<br />
In me<strong>di</strong>cina nucleare si utilizzano fasci <strong>di</strong> fotoni e particelle cariche per<br />
irraggiare la zona affetta da neoplasia. Lo scopo è <strong>di</strong> creare variazioni nella<br />
struttura del dna in modo da bloccare il processo <strong>di</strong> riproduzione incontrollata<br />
tipico delle neoplasie o indurre la morte della cellula che verrà quin<strong>di</strong><br />
espulsa dai normali processi biologici. Una caratteristica fondamentale è<br />
che il processo deve preservare il più possibile le cellule sane. Le principali<br />
tecniche <strong>di</strong> terapia sono:<br />
• ra<strong>di</strong>oterapia con elettroni e fotoni e ra<strong>di</strong>oterapia intra-operatoria (iort);<br />
• adro-terapia;<br />
• terapia a neutroni catturati da boro (Boron Neutron Capture Therapy<br />
bnct).<br />
Fasci <strong>di</strong> particelle sono usati anche per <strong>di</strong>agnosi o per produrre traccianti<br />
ra<strong>di</strong>oattivi utili per <strong>di</strong>agnosi. Le principali tecniche <strong>di</strong>agnostiche sono:<br />
• ra<strong>di</strong>ografia;<br />
• tomografia ad emissione <strong>di</strong> positroni (Positron Emission Tomography,<br />
pet);<br />
2.1 Ra<strong>di</strong>oterapia<br />
Nella ra<strong>di</strong>oterapia si utilizzano fotoni o elettroni <strong>di</strong> alta energia per irraggiare<br />
la zona del corpo affetta da neoplasia. La ra<strong>di</strong>oterapia è molto <strong>di</strong>ffusa<br />
per la “semplicità” con cui si possono produrre e focalizzare fasci <strong>di</strong> elettroni,<br />
e fotoni con le caratteristiche adatte. Gli elettroni sono generalmente prodotti<br />
da un acceleratore lineare, mentre i fotoni si ottengono per bremsstrahlung<br />
degli elettroni stessi o dal deca<strong>di</strong>mento ra<strong>di</strong>oattivo <strong>di</strong> isotopi come il 60 Co<br />
(cobalto-terapia).<br />
L’irraggiamento delle zone non malate è limitato superficialmente da maschere<br />
assorbenti ed in profon<strong>di</strong>tà irraggiando la zona malata, contemporaneamente<br />
o in <strong>di</strong>verse sedute da <strong>di</strong>rezioni <strong>di</strong>verse. In questo modo la dose<br />
4
Figura 1: dose rilasciata da elettroni con energie comprese fra 4.5MeV e<br />
21MeV in funzione dello spessore <strong>di</strong> acqua attraversato e confrontata con la<br />
curva <strong>di</strong> assorbimento <strong>di</strong> fotoni [3].<br />
depositata nella zona affetta è data dalla somma delle dosi dei singoli raggi<br />
nel punto, mentre nelle altre zone la dose è data solo dal raggio che la ha<br />
attraversata.<br />
La curva caratteristica <strong>di</strong> assorbimento <strong>di</strong> fotoni è<br />
I(x) = I 0 e −x/λ (1)<br />
in cui I 0 è il flusso entrante, I(x) è il flusso dopo uno spessore x e λ è la<br />
lunghezza tipica <strong>di</strong> assorbimento del tessuto (in generale prossima a quella<br />
dell’acqua) che varia con l’energia hν del fotone. Questa caratteristica permette<br />
ai fotoni <strong>di</strong> penetrare in profon<strong>di</strong>tà nei tessuti e quin<strong>di</strong> la ra<strong>di</strong>oterapia<br />
può essere usata per il trattamento <strong>di</strong> tumori interni. Lo svantaggio è che<br />
la maggior parte della dose è comunque rilasciata nei primi strati ed è presente<br />
una coda oltre la zona <strong>di</strong> interesse. Non è quin<strong>di</strong> possibile applicare la<br />
ra<strong>di</strong>oterapia se il tumore si trova in prossimità <strong>di</strong> organi vitali come il cuore.<br />
Le curve caratteristiche <strong>di</strong> assorbimento <strong>di</strong> elettroni <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa energia<br />
sono mostrate in figura 1, e confrontate con quella <strong>di</strong> fotoni. Si nota che, a<br />
5
<strong>di</strong>fferenza dei fotoni, gli elettroni rilasciano la maggior parte della dose nello<br />
strato superficiale, quin<strong>di</strong> gli elettroni sono usati per il trattamento <strong>di</strong> tumori<br />
superficiali.<br />
La ra<strong>di</strong>oterapia intraoperatoria consiste nel depositare la dose <strong>di</strong>rettamente<br />
sul letto tumorale reso accessibile tramite operazione chirurgica. Questo<br />
permette <strong>di</strong> irraggiare <strong>di</strong>rettamente la zona interessata minimizzando i tempi<br />
<strong>di</strong> esposizione ed evitando trattamenti successivi [4] [5]. Inoltre i tessuti sani<br />
possono essere protetti semplicemente spostandoli dal cammino del fascio o<br />
tramite placche <strong>di</strong> piombo inserite in buste sterili e poste <strong>di</strong>etro le zone da<br />
trattare. I fasci usati sono <strong>di</strong> elettroni con energie comprese fra 4MeV e<br />
12MeV [6].<br />
2.2 Adro-terapia<br />
Nei processi <strong>di</strong> trattamento <strong>di</strong> neoplasie è fondamentale preservare il più<br />
possibile dalle ra<strong>di</strong>azioni le cellule sane. La ra<strong>di</strong>oterapia convenzionale, che fa<br />
uso <strong>di</strong> fotoni ed elettroni, non sod<strong>di</strong>sfa pienamente questa con<strong>di</strong>zione perché<br />
una frazione rilevante <strong>di</strong> dose è depositata sia prima sia dopo la zona <strong>di</strong><br />
interesse.<br />
I fasci <strong>di</strong> adroni monocromatici hanno la caratteristica <strong>di</strong> depositare la<br />
maggior parte della dose in un ristretto spessore denominato “picco <strong>di</strong> Bragg”.<br />
La figura 2 mostra la dose relativa rilasciata da protoni <strong>di</strong> 135MeV e ioni <strong>di</strong><br />
carbonio <strong>di</strong> 254MeV e 300MeV, in funzione dello spessore <strong>di</strong> acqua attraversato<br />
e confrontata con la dose rilasciata da fotoni <strong>di</strong> 18MeV. Variando<br />
opportunamente le caratteristiche del fascio incidente (energia, tipo <strong>di</strong> particelle)<br />
è possibile trattare la zona alla profon<strong>di</strong>tà interessata preservando i<br />
tessuti anteriori e posteriori.<br />
L’utilizzo <strong>di</strong> fasci <strong>di</strong> protoni per il trattamento <strong>di</strong> neoplasie fu proposto<br />
da R. R. Wilson nel 1946 [7].<br />
2.3 Terapia a neutroni catturati da boro<br />
La Terapia a neutroni catturati da boro (Boron Neutron Capture Therapy,<br />
bnct) è basata sulla reazione 10 B(n, α) 7 Li che può rilasciare una dose<br />
molto alta, dovuta all’emissione <strong>di</strong> particelle α, nelle cellule tumorali.<br />
6
Figura 2: l’immagine rappresenta la dose rilasciate da protoni con energia <strong>di</strong><br />
135MeV e ioni <strong>di</strong> carbonio con energia <strong>di</strong> 254MeV e 300MeV, in funzione dello<br />
spessore <strong>di</strong> acqua attraversato e confrontata con la curva <strong>di</strong> assorbimento <strong>di</strong><br />
fotoni [3].<br />
La bnct è usata per il trattamento <strong>di</strong> tumori al cervello come il glioblastoma<br />
o il melanoma maligno che per la caratteristica <strong>di</strong> essere abbastanza<br />
estesi rendono <strong>di</strong>fficile la possibilità <strong>di</strong> intervenire chirurgicamente o con<br />
terapie convenzionali.<br />
Il principio <strong>di</strong> funzionamento è il seguente. Si concentra il boro nelle zone<br />
in cui si vuol far avvenire la reazione e si irraggia con neutroni termici. È noto<br />
che il boro è circa 4000 volte più efficace nella cattura <strong>di</strong> neutroni termici<br />
rispetto agli altri elementi che si trovano nei tessuti biologici [8]. Esistono sostanzialmente<br />
due composti per concentrare il boro nei tessuti biologici: bsh<br />
(sulfidril borano) e bpa (p-borofenilalanina). Il bsh <strong>di</strong>ffonde passivamente<br />
dal sangue al tumore dal momento che i tumori al cervello <strong>di</strong>struggono la<br />
barriera per il sangue. La barriera per il sangue (Blood Brain Barrier, bbb)<br />
limita gli scambi fra i neuroni e la circolazione sanguigna impedendo l’ingresso<br />
<strong>di</strong> sostanze che altererebbero il corretto funzionamento dei neuroni stessi.<br />
Le cellule sane hanno la barriera per il sangue ancora intatta e quin<strong>di</strong> in<br />
queste la concentrazione <strong>di</strong> boro risulta molto minore. Il bpa, invece, è preso<br />
7
attivamente dalle cellule perché queste, duplicandosi rapidamente, necessitano<br />
<strong>di</strong> più sostanze per la riproduzione e per la crescita. In particolare il bpa<br />
è un derivato della fenilalanina, un amminoacido richiesto per la biosintesi<br />
della melanina. Spesso le due tecniche sono usate contemporaneamente per<br />
ottenere in totale una maggiore concentrazione [9].<br />
Il fascio <strong>di</strong> neutroni deve avere delle precise caratteristiche [10]:<br />
• i neutroni devono essere termici o epitermici ovvero con energie <strong>di</strong><br />
0.025eV ÷ 1eV. In particolari casi sono ammesse impurezze nel fascio<br />
dovute a neutroni veloci (E > 1eV) e raggi gamma;<br />
• il flusso deve essere sufficientemente alto (10 9 n cm −2 ) per limitare il<br />
tempo <strong>di</strong> esposizione T max ≈ 30min.;<br />
• il fascio deve essere sufficientemente collimato per irraggiare solo la<br />
zona <strong>di</strong> interesse.<br />
Attualmente la produzione <strong>di</strong> fasci <strong>di</strong> neutroni per bnct avviene in reattori<br />
nucleari tramite il processo <strong>di</strong> fissione dell’uranio oppure per attivazione <strong>di</strong><br />
materiali che decadono emettendo neutroni. Il progetto phones dell’infn si<br />
propone <strong>di</strong> costruire una sorgente <strong>di</strong> neutroni per bnct, partendo da acceleratori<br />
lineari che sono già presenti in molti ospedali. L’idea è <strong>di</strong> produrre<br />
fotoni energetici (E ≥ 8 ÷ 10MeV) per bremsstrahlung <strong>di</strong> elettroni. I neutroni<br />
sono quin<strong>di</strong> ottenuti per fotoproduzione, cioè per reazioni nucleari indotte<br />
dai fotoni su bersagli opportuni [3]. In particolare, quando un fotone <strong>di</strong> tale<br />
energia passa nelle vicinanze <strong>di</strong> un nucleo, interagisce con i protoni spostandoli<br />
dalla posizione <strong>di</strong> equilibrio. Si crea così un’oscillazione dei nucleoni e,<br />
quando il sistema torna a riposo, l’energia in eccesso è emessa sotto forma <strong>di</strong><br />
fotoni o neutroni. Questo processo è noto come risonanza <strong>di</strong> <strong>di</strong>polo gigante<br />
(Giant Dipole Resonance, gdr).<br />
2.4 Tomografia ad emissione <strong>di</strong> positroni<br />
La tomografia ad emissione <strong>di</strong> positroni è una tecnica <strong>di</strong> <strong>di</strong>agnosi me<strong>di</strong>ca<br />
che richiede la produzione <strong>di</strong> isotopi che emettono positroni con una piccola<br />
vita me<strong>di</strong>a (tipicamente 2min ÷ 2h) [11]. Il paziente riceve un farmaco,<br />
8
Figura 3: immagine <strong>di</strong> un cervello ottenuta con pet che mette in evidenza la<br />
zona tumorale. Si nota che la pet permette <strong>di</strong> ottenere immagini ben definite<br />
ed è quin<strong>di</strong> più efficace per la pianificazione <strong>di</strong> un intervento chirurgico e della<br />
la successiva terapia.<br />
contenente l’isotopo ra<strong>di</strong>oattivo, che si accumula maggiormente nelle zone<br />
del corpo affette da patologia. L’immagine è creata rivelando i due fotoni<br />
a 511keV prodotti dall’annichilazione del positrone emesso con un elettrone.<br />
In figura 3 è mostrato un esempio <strong>di</strong> immagine ottenuta con pet. Si nota che<br />
la pet permette <strong>di</strong> ottenere immagini ben definite ed è quin<strong>di</strong> più efficace<br />
per la pianificazione <strong>di</strong> un intervento chirurgico e per la successiva terapia.<br />
I principali isotopi utilizzati sono 11 C, 13 N, 15 O e 18 F. Nella tabella 1 sono<br />
riportate le caratteristiche degli isotopi in<strong>di</strong>cando la reazione <strong>di</strong> formazione,<br />
il tempo <strong>di</strong> <strong>di</strong>mezzamento, il Q-valore e la sezione d’urto della reazione [12].<br />
Data la loro breve vita me<strong>di</strong>a, tali isotopi vengono generalmente prodotti<br />
in ambito ospedaliero con l’impiego <strong>di</strong> acceleratori come il ciclotrone (sezione<br />
3.4).<br />
9
Reazione <strong>di</strong> Tempo <strong>di</strong> Q-valore sezione<br />
formazione <strong>di</strong>mezzamento (MeV) d’urto (mb)<br />
11 B(p, n) 11 C 20.34min 2.76 430<br />
14 N(p, α) 11 C 20.34min 2.92 250<br />
16 O(p, α) 13 N 9.96min 5.22 140<br />
15 N(p, n) 15 O 123sec 3.53 200<br />
18 O(p, n) 18 F 109.7min 2.44 700<br />
Tabella 1: reazione <strong>di</strong> formazione dei principali isotopi ra<strong>di</strong>oattivi utilizzati<br />
nella pet. Sono riportati il tempo <strong>di</strong> <strong>di</strong>mezzamento dell’isotopo, il Q-valore<br />
e la sezione d’urto della reazione [12].<br />
10
3 Acceleratori per uso me<strong>di</strong>cale<br />
In me<strong>di</strong>cina nucleare si utilizzano particelle, principalmente fotoni, elettroni<br />
e protoni, per terapia e <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> tumori. Nel primo caso i fasci sono<br />
inviati <strong>di</strong>rettamente sul paziente nella zona interessata; nel secondo caso sono<br />
utilizzati per attivare materiali.<br />
Il metodo più <strong>di</strong>retto per accelerare particelle è applicare un campo elettrico<br />
in prossimità <strong>di</strong> una sorgente <strong>di</strong> ioni. Questo è il metodo utilizzato in<br />
acceleratori tipo Cockcroft-Walton, Van de Graaf, Van de Graaf Tandem,<br />
linac. I primi fanno parte della categoria <strong>di</strong> acceleratori elettrostatici perché<br />
il potenziale acceleratore è mantenuto costante, mentre l’ultimo utilizza un<br />
potenziale variabile a ra<strong>di</strong>ofrequenza.<br />
Un metodo più conveniente è utilizzare acceleratori circolari in cui le particelle<br />
attraversano più volte la stessa <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> potenziale. Acceleratori <strong>di</strong><br />
questo tipo sono il ciclotrone, sincro-ciclotrone ed il sincrotrone. Esiste anche<br />
un altro tipo <strong>di</strong> acceleratore circolare usato solo per elettroni, il betatrone.<br />
Il limite <strong>di</strong> questi acceleratori è imposto dal massimo valore <strong>di</strong> campo<br />
elettrico applicabile che deve essere sotto la soglia <strong>di</strong> breakdown (E max ≃<br />
10 4 V/cm).<br />
3.1 Acceleratore Cockcroft-Walton<br />
Il sistema Cockcroft-Walton consiste nel creare una <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> potenziale<br />
alta (≈ 800kV) con un sistema <strong>di</strong> <strong>di</strong>o<strong>di</strong> e condensatori come mostrato<br />
in figura 4(a). Quando il sistema è carico ai capi <strong>di</strong> ogni condensatore è<br />
presente una <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> potenziale pari a V 0 e quin<strong>di</strong> la <strong>di</strong>fferenza totale è<br />
V T = nV 0 , in cui n è il numero <strong>di</strong> condensatori presenti nell’apparato. Con<br />
questo sistema si raggiungono energie per unità <strong>di</strong> carica <strong>di</strong> K = 800keV/q<br />
e correnti dell’or<strong>di</strong>ne del mA [13].<br />
3.2 Acceleratore Van de Graaff<br />
In un acceleratore del tipo Van de Graaff il potenziale <strong>di</strong> accelerazione<br />
è generato dall’accumulo <strong>di</strong> carica su una sfera metallica. Le cariche sono<br />
generate con scariche elettriche che ionizzano l’aria e depositano gli ioni po-<br />
11
(a)<br />
(b)<br />
Figura 4:<br />
schema per la generazione del potenziale <strong>di</strong> accelerazione con<br />
l’apparato <strong>di</strong> Cockcroft-Walton, figura (a) e Van de Graaff, figura (b).<br />
sitivi su una cinghia posta inizialmente a potenziale nullo. La cinghia, mossa<br />
da un motore, trasporta le cariche positive all’interno della sfera conduttrice.<br />
La figura 4(b) mostra lo schema dell’apparato.<br />
Il potenziale generato è quin<strong>di</strong> V = Q , in cui C è la capacità della sfera<br />
C<br />
e Q la carica depositata. Con un acceleratore <strong>di</strong> questo tipo si possono<br />
raggiungere energie per unità <strong>di</strong> carica nell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> K = 10MeV/q e correnti<br />
del µA.<br />
L’energia può essere ulteriormente incrementata utilizzando il sistema<br />
tandem, in cui il potenziale <strong>di</strong> accelerazione è utilizzato due volte. Nella prima<br />
metà si accelerano ioni negativi come nel caso singolo. A metà percorso<br />
una targhetta (ad esempio <strong>di</strong> grafite) toglie alcuni elettroni fino ad invertire<br />
il segno della carica delle particelle incidenti, per cui il fascio oltrepassando la<br />
sfera sente un’ulteriore spinta. Questo proce<strong>di</strong>mento è particolarmente vantaggioso<br />
per gli ioni pesanti perché possono perdere molti elettroni e quin<strong>di</strong><br />
avere un’efficienza maggiore [13].<br />
12
3.3 Acceleratore lineare (linac)<br />
In un acceleratore lineare (linac) le particelle ricevono più accelerazioni<br />
tramite una tensione alternata lungo un cammino rettilineo. Il fascio attraversa<br />
una serie <strong>di</strong> elettro<strong>di</strong> cilindrici detti drift-tube e ricevono la spinta nella<br />
zona <strong>di</strong> separazione fra due tubi consecutivi. L’interno dei tubi è una zona<br />
libera da campo, quin<strong>di</strong> le particelle procedono <strong>di</strong> moto rettilineo uniforme.<br />
È in questa zona che il potenziale alternato cambia segno in modo che le<br />
particelle sentano una ulteriore accelerazione al gap successivo.<br />
La lunghezza dei drift-tube è variabile e <strong>di</strong>pende dalla frequenza del potenziale<br />
<strong>di</strong> accelerazione e dalla velocità delle particelle. In generale la lunghezza<br />
dell’n-esimo tubo è data da<br />
L n = v n<br />
(2)<br />
2f<br />
in cui v n è la velocità nell’n-esimo tubo e f è la frequenza <strong>di</strong> oscillazione<br />
del potenziale. In approssimazione non relativistica l’energia cinetica <strong>di</strong> una<br />
particella con carica q all’n-esimo tubo è<br />
da cui si ottiene la lunghezza del tubo<br />
1<br />
2 mv2 n = nqV 0 (3)<br />
L n = 1 f<br />
√<br />
nqV0<br />
2m<br />
(4)<br />
che come si nota deve aumentare come n 1 2 . Per particelle relativistiche,<br />
invece, la lunghezza è approssimativamente costante, dal momento che v ∼ c.<br />
Un aspetto importante che si deve considerare in un linac è la stabilità<br />
<strong>di</strong> fase. La stabilità <strong>di</strong> fase si ottiene quando il pacchetto <strong>di</strong> particelle<br />
arriva al gap in un instante in cui il potenziale sta aumentando. Una particella,<br />
all’interno del pacchetto, che arriva in anticipo sente un potenziale<br />
leggermente minore. Al contrario una particella che arriva in ritardo sente<br />
un potenziale maggiore. Questo meccanismo fa si che il pacchetto tenda a<br />
comprimersi lungo la <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> propagazione. Si produce anche un lieve<br />
defocheggiamento dovuto agli effetti <strong>di</strong> bordo del campo elettrico che può<br />
essere corretto con dei quadrupoli magnetici [13].<br />
La lunghezza tipica del tubo principale <strong>di</strong> un linac è <strong>di</strong> 0.5÷1.5m per uno<br />
ospedaliero, decine <strong>di</strong> metri se utilizzato come iniettore per acceleratori più<br />
13
gran<strong>di</strong> e qualche chilometro se usato come acceleratore principale nell’ambito<br />
della fisica delle particelle.<br />
Un esempio <strong>di</strong> linac ospedaliero è il liac costruto dalla <strong>di</strong>tta italiana<br />
Info& Tech che lavora in un intervallo <strong>di</strong> energie <strong>di</strong> 4÷10MeV o 4÷12MeV a<br />
seconda del modello, frequenza <strong>di</strong> ripetizione <strong>di</strong> 5÷20Hz e correnti <strong>di</strong> 0.02µA<br />
misurata a 10Hz [14].<br />
3.4 Ciclotrone<br />
In un ciclotrone le particelle cariche percorrono orbite a spirale dal centro<br />
verso l’esterno. Un campo magnetico ortogonale al piano dell’orbita genera<br />
la forza centripeta che obbliga le particelle a seguire un orbita circolare. Un<br />
potenziale elettrico oscillante, applicato fra le due armature, genera la forza<br />
acceleratrice. Lo schema del ciclotrone è mostrato in figura 5 [15].<br />
Nello spazio fra le due armature la particella sente un potenziale acceleratore,<br />
quin<strong>di</strong> dopo n cicli l’energia cinetica acquisita è<br />
K = 2nqV (5)<br />
All’interno dell’armatura la particella subisce la forza <strong>di</strong> Lorentz<br />
F = qvB = mv2<br />
r<br />
da cui si ottiene la velocità massima delle particelle uscenti in approssimazione<br />
non relativistica<br />
(6)<br />
v max = qBR<br />
m = ω cR (7)<br />
essendo ω c = qB la frequenza <strong>di</strong> ciclotrone e R il raggio dell’orbita più esterna.<br />
m<br />
L’energia massima è<br />
K max = 1 2 mω2 c R 2 (8)<br />
Nel caso in cui una particella raggiunga energie relativistiche si deve correggere<br />
la frequenza del potenziale acceleratore tramite il fattore <strong>di</strong> Lorentz:<br />
ω = ω c<br />
γ<br />
Si nota che per mantenere il sincronismo fra il passaggio dei pacchetti <strong>di</strong><br />
particelle fra le armature e l’inversione <strong>di</strong> polarità, la frequenza del potenziale<br />
14<br />
(9)
acceleratore deve partire dal valore iniziale ω c e <strong>di</strong>minuire progressivamente.<br />
L’energia cinetica massima in questo caso è data da<br />
√<br />
K max = M 2 c 4 + (qBRc) 2 − Mc 2 (10)<br />
La correzione relativistica è fondamentale per l’accelerazione non solo<br />
degli elettroni, ma anche per gli ioni leggeri. Ad esempio un protone con<br />
energia 40MeV ha un fattore <strong>di</strong> Lorentz <strong>di</strong> γ = 1.04.<br />
Pur non essendo<br />
relativistico, un protone con queste caratteristiche necessita delle correzioni<br />
imposte dalla relatività per poter essere accelerato con un ciclotrone. Un<br />
ciclotrone che lavora ad energie relativistiche è chiamato sincro-ciclotrone.<br />
Il raggio tipico <strong>di</strong> un ciclotrone va da 12.5cm del primo ciclotrone costruito<br />
da Lawrence e Livingston nel 1932 [15], fino a 9m del ciclotrone Triumf<br />
situato a Vancouver, Canada. Le <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> acceleratore<br />
sono ovviamente limitate dalla presenza dei magneti.<br />
Un esempio <strong>di</strong> ciclotrone utilizzato in ambito me<strong>di</strong>co è quello dell’istituto<br />
<strong>di</strong> fisiologia clinica (ifc) presso la sezione <strong>di</strong> <strong>Pisa</strong> del cnr. Questo ciclotrone<br />
accelera ioni H − . Gli ioni prodotti incidono su un bersaglio <strong>di</strong> grafite che<br />
estrae i due elettroni per ottenere un fascio <strong>di</strong> protoni con energia nell’or<strong>di</strong>ne<br />
del MeV. Il raggio <strong>di</strong> estrazione è 40cm. Il fascio <strong>di</strong> protoni è utilizzato per<br />
attivare materiali per la pet.<br />
15
Figura 5: l’immagine rappresenta lo schema del ciclotrone progettato e costruito<br />
da Lawrence e Livingston nel 1932 [15]. Alle due placche metalliche<br />
semicircolari è applicato il potenziale variabile <strong>di</strong> accelerazione. La linea<br />
tratteggiata rappresenta la traiettoria <strong>di</strong> una particella carica all’interno del<br />
ciclotrone.<br />
16
4 Accelerazione indotta da impulsi laser nei plasmi<br />
L’utilizzo <strong>di</strong> plasmi come mezzo per accelerare particelle ha come vantaggio<br />
la possibilità <strong>di</strong> ottenere campi <strong>di</strong> accelerazione molto intensi, oltre<br />
quattro or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> grandezza superiori agli acceleratori a ra<strong>di</strong>ofrequenza (decine<br />
<strong>di</strong> MV/m) poiché non c’è il limite imposto dal breakdown. Tuttavia le<br />
massime lunghezze <strong>di</strong> accelerazione praticabili sono oggi dell’or<strong>di</strong>ne del centimetro<br />
e non permettono <strong>di</strong> raggiungere le energie tipiche <strong>di</strong> un grande acceleratore<br />
a ra<strong>di</strong>ofrequenza. Inoltre i pacchetti <strong>di</strong> particelle uscenti sono meno<br />
monocromatici, meno collimati e meno stabili nei parametri fondamentali.<br />
Queste ultime caratteristiche, importanti in un acceleratore per lo stu<strong>di</strong>o<br />
delle interazioni fondamentali, non sono strettamente richieste in ambito me<strong>di</strong>co.<br />
Ad esempio le principali applicazioni me<strong>di</strong>che non richiedono energie<br />
superiori a qualche decina <strong>di</strong> MeV né fasci molto collimati e monocromatici.<br />
Da queste considerazioni si deduce che l’accelerazione laser nei plasmi può<br />
trovare, in linea <strong>di</strong> principio, applicazione in ambito me<strong>di</strong>co.<br />
4.1 Accelerazione <strong>di</strong> elettroni<br />
Un plasma è un gas ionizzato composto da elettroni liberi e ioni, complessivamente<br />
neutro. Gli elettroni liberi possono oscillare con una frequenza<br />
caratteristica detta frequenza <strong>di</strong> plasma (eq. 11) e l’onda longitu<strong>di</strong>nale<br />
associata è detta onda elettronica <strong>di</strong> plasma<br />
( ) 4πne e 2 1<br />
2<br />
ω p =<br />
m e<br />
(11)<br />
Il campo elettrico associato ad un’onda <strong>di</strong> plasma si può dedurre dall’equazione<br />
<strong>di</strong> Poisson<br />
considerando una perturbazione <strong>di</strong> densità [16]<br />
∇ −→ E = −4πe δn (12)<br />
δn = δn e sin(k p z − ω p t) (13)<br />
da cui si ricava<br />
−→ E =<br />
4πe δn e<br />
k p<br />
cos(k p z − ω p t)ẑ (14)<br />
17
in cui n e è la densità del plasma, e ed m e sono la carica e la massa dell’elettrone<br />
[17]. Si deduce che il campo elettrico associato all’onda <strong>di</strong> plasma è<br />
longitu<strong>di</strong>nale, quin<strong>di</strong> l’eventuale accelerazione <strong>di</strong> elettroni avverrà prevalentemente<br />
nella <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> propagazione dell’onda elettronica che, a sua volta<br />
coincide con quella dell’impulso laser.<br />
Il meccanismo <strong>di</strong> base per accelerare elettroni consiste nell’iniettare un<br />
breve pacchetto <strong>di</strong> elettroni nell’onda <strong>di</strong> plasma nella <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> propagazione,<br />
in modo tale che le particelle sentano il campo accelerante finché restano<br />
nel plasma e in fase con l’onda.<br />
Un altro aspetto importante riguarda il meccanismo <strong>di</strong> eccitazione dell’onda<br />
<strong>di</strong> plasma. Un laser con impulso con sufficiente intensità è in grado <strong>di</strong><br />
eccitare l’onda <strong>di</strong> plasma attraverso la forza ponderomotrice. Si considerino<br />
i tre regimi per eccitare un’onda <strong>di</strong> plasma attraverso impulsi laser:<br />
• metodo dei battimenti laser (Laser Beat Wave Acceleration, lbwa)<br />
• metodo della scia laser (Laser Wakefield Acceleration, lwfa)<br />
• metodo della scia laser automodulata (Self Modulated Laser Wakefield<br />
Acceleration, smlwfa)<br />
Il metodo dei battimenti laser sfrutta due impulsi laser coerenti tra loro<br />
le cui frequenze ω 1 e ω 2 rispettano la con<strong>di</strong>zione<br />
|ω 1 − ω 2 | = ω p + ∆ω (15)<br />
con ∆ω ≈ 10 −2 ω p . Quando i due impulsi si propagano nel plasma eccitano<br />
un’onda (plasmone) con frequenza <strong>di</strong> battimento ω p [18].<br />
Questa tecnica ha subito un progressivo abbandono dovuto alla <strong>di</strong>fficoltà<br />
<strong>di</strong> controllo della densità del plasma da cui <strong>di</strong>pende la frequenza dell’onda<br />
[17]: essa deve essere estremamente uniforme e stabile.<br />
Il metodo <strong>di</strong> accelerazione per scia laser si basa sul principio per cui<br />
nella coda <strong>di</strong> un impulso laser che si propaga in un plasma si eccitano onde<br />
elettroniche <strong>di</strong> grande ampiezza, a con<strong>di</strong>zione che la durata dell’impulso sia<br />
paragonabile al periodo dell’onda elettronica risonante alla densità del plasma<br />
(eq. 16). Gli elettroni possono essere iniettati dall’esterno o “catturati” tra<br />
gli elettroni liberi del plasma aventi la velocità e posizione giusta rispetto<br />
18
alla fase dell’onda. Questo processo è tanto più efficiente quanto maggiore è<br />
l’oscillazione longitu<strong>di</strong>nale degli elettroni attorno alla posizione <strong>di</strong> equilibrio.<br />
In particolare gli elettroni subiscono una spinta in avanti nella parte iniziale<br />
dell’impulso, corrispondente al fronte <strong>di</strong> salita; nella parte finale dell’impulso,<br />
sul fronte <strong>di</strong> <strong>di</strong>scesa, la spinta è opposta. L’oscillazione sarà massima se il<br />
passaggio del fronte <strong>di</strong> <strong>di</strong>scesa avviene quando l’elettrone si trova a passare<br />
dalla posizione <strong>di</strong> equilibrio, ovvero se è verificata la con<strong>di</strong>zione<br />
L L = λ p<br />
2<br />
(16)<br />
in cui L L è la lunghezza dell’impulso laser e λ p è la lunghezza dell’onda <strong>di</strong><br />
plasma.<br />
Con questa tecnica l’accelerazione è limitata, in con<strong>di</strong>zioni lineari <strong>di</strong> propagazione<br />
(bassa densità), dalla lunghezza <strong>di</strong> Rayleigh, ovvero la lunghezza<br />
lungo la quale il laser resta focalizzato. Per aumentare il percorso <strong>di</strong> accelerazione<br />
è necessario quin<strong>di</strong> fare si che l’onda <strong>di</strong> plasma si propaghi in con<strong>di</strong>zioni<br />
forzate o non lineari per lunghezze molto maggiori <strong>di</strong> quelle <strong>di</strong> Rayleigh [17].<br />
Lo sviluppo della tecnica <strong>di</strong> amplificazione <strong>di</strong> impulsi laser nota come<br />
Chirped Pulse Amplification cpa ha permesso <strong>di</strong> ottenere impulsi ai picosecon<strong>di</strong><br />
con potenza <strong>di</strong> qualche TW. Un impulso con queste caratteristiche<br />
non è in grado <strong>di</strong> eccitare un’onda per scia laser perché è troppo lungo e<br />
quin<strong>di</strong> non sod<strong>di</strong>sfa l’equazione 16. Tuttavia l’elevata potenza è in grado<br />
<strong>di</strong> eccitare un’onda elettronica <strong>di</strong> plasma che si propaga relativisticamente<br />
attraverso un’instabilità dovuta a scattering Raman [19]. Questo metodo<br />
<strong>di</strong> accelerazione è noto come scia laser automodulata (Self Modulated Laser<br />
WakeField Acceleration, smlwfa) [19].<br />
Fra le varie tecniche <strong>di</strong> accelerazione <strong>di</strong> elettroni in plasmi guidati da<br />
laser, il lwfa e smlwfa sono quelle che hanno ottenuto i maggiori risultati.<br />
Nel laboratorio per l’irraggiamento con laser intensi (Intense Laser Irra<strong>di</strong>ation<br />
Laboratory, ilil) appartenente all’Istituto dei Processi Chimico Fisici<br />
(ipcf) del cnr <strong>di</strong> <strong>Pisa</strong> si svolgono attualmente esperimenti <strong>di</strong> accelerazione<br />
<strong>di</strong> elettroni inviando un impulso laser della durata <strong>di</strong> 65fs e con potenza <strong>di</strong><br />
≈ 2TW su un gas <strong>di</strong> He o N con una pressione <strong>di</strong> decine <strong>di</strong> bar. Sono stati<br />
ottenuti pacchetti <strong>di</strong> elettroni con energia <strong>di</strong> qualche MeV.<br />
19
Figura 6: schema per l’accelerazione <strong>di</strong> protoni e ioni tramite interazione laser<br />
con un bersaglio solido. Il laser focalizzato sul bersaglio accelera elettroni<br />
che attraversano lo spessore e, ionizzando gli atomi sulla faccia opposta,<br />
producono un campo elettrico intenso, sufficiente ad accelerare ioni e protoni<br />
fino a qualche decina <strong>di</strong> MeV [22].<br />
4.2 Accelerazione <strong>di</strong> protoni e ioni<br />
È possibile accelerare anche protoni e ioni focalizzando un impulso laser<br />
ai femtosecon<strong>di</strong> con intensità I > 10 18 W/cm 2 su un bersaglio solido [20].<br />
In queste con<strong>di</strong>zioni l’impulso laser genera un plasma denso nel quale gli<br />
elettroni sono accelerati verso il lato opposto del bersaglio e ionizzano gli<br />
atomi presenti su questo lato. Si crea quin<strong>di</strong> un’intenso campo elettrico<br />
(≈ 10 12 V/m) la cui <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong>pende dalla <strong>di</strong>stribuzione degli elettroni, ma<br />
che al centro del pacchetto risulta abbastanza omogeneo e ortogonale alla<br />
superfice del bersaglio. Questo campo è in grado <strong>di</strong> accelerare protoni e ioni<br />
su una <strong>di</strong>stanza nell’or<strong>di</strong>ne del µm fino ad energie <strong>di</strong> decine <strong>di</strong> MeV [21].<br />
Questa tecnica <strong>di</strong> accelerazione è nota come Target Normal Sheath Acceleration<br />
(tnsa).<br />
20
5 Prospettive <strong>di</strong> impiego in ambito me<strong>di</strong>co<br />
Si è visto (sezione 2) quali sono le caratteristiche dei fasci <strong>di</strong> particelle attualmente<br />
usati nell’ambito del trattamento <strong>di</strong> neoplasie e per <strong>di</strong>agnosi. Tali<br />
fasci <strong>di</strong> particelle sono ottenuti con acceleratori che utilizzano campi elettrostatici<br />
o a ra<strong>di</strong>ofrequenza (sezione 3). Un metodo alternativo per accelerare<br />
pacchetti <strong>di</strong> elettroni e protoni consiste nel far interagire un impulso laser<br />
con un plasma (sezione 4). Si vuole quin<strong>di</strong> capire se questo nuovo metodo<br />
possa essere applicato sin da ora in ambito me<strong>di</strong>co o quali caratteristiche<br />
necessitano <strong>di</strong> ulteriore sviluppo prima che ciò possa avvenire.<br />
Si consideri per iniziare la ra<strong>di</strong>oterapia intra-operatoria per la quale le<br />
caratteristiche dei fasci <strong>di</strong> particelle necessarie non sono particolarmente<br />
estreme.<br />
In tabella 2 sono riportate le principali caratteristiche dei fasci <strong>di</strong> elettroni<br />
utilizzati per ra<strong>di</strong>oterapia intra-operatoria e confrontate con quelle ottenute<br />
in un recente esperimento svolto presso il cea <strong>di</strong> Saclay (Francia) dal gruppo<br />
ilil del cnr <strong>di</strong> <strong>Pisa</strong> nell’ambito <strong>di</strong> una collaborazione europea. In questo<br />
esperimento è stato utilizzato un impulso laser della durata <strong>di</strong> 65fs con una<br />
potenza <strong>di</strong> 10TW e un’intensità <strong>di</strong> ≈ 9 · 10 18 W/cm 2 , focalizzato su un getto<br />
<strong>di</strong> elio supersonico.<br />
Si nota che i pacchetti <strong>di</strong> elettroni ottenuti con il processo <strong>di</strong> accelerazione<br />
in plasma risultano compatibili con quelli già in uso, in particolare<br />
per quanto riguarda la frequenza <strong>di</strong> ripetizione, la carica dei pacchetti e la<br />
corrente me<strong>di</strong>a. L’intervallo <strong>di</strong> energia degli elettroni è superiore a quello<br />
necessario, ma si può facilmente selezionare il valore opportuno applicando<br />
dei filtri. Lo spread energetico (≈ 5MeV) risulta accettabile, perché un fascio<br />
non monocromatico è richiesto per irraggiare a vari spessori ed ottenere un<br />
trattamento completo. Anche se gli acceleratori attualmente in uso lavorano<br />
a determinate energie, all’usicta del tubo acceleratore sono presenti dei filtri<br />
che allargano lo spettro degli elettroni uscenti. Un ulteriore allargamento è<br />
dovuto all’aria presente fra l’uscita del tubo ed il paziente. Per questi motivo<br />
anche la <strong>di</strong>vergenza del pacchetto ( 30mrad) e la stabilità <strong>di</strong> puntamento<br />
( 100mrad) possono essere considerati già accettabili. La corrente <strong>di</strong> picco<br />
risulta sei or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> grandezza superiore a quelle attualmente in uso a causa<br />
21
della estrema brevità dei pacchetti <strong>di</strong> elettroni uscenti. Attualmente non è<br />
ancora noto se tale caratteristica possa essere positiva, negativa o in<strong>di</strong>fferente.<br />
Sono necessarie quin<strong>di</strong> ulteriori ricerche per capire gli effetti che tale corrente<br />
ha sui tessuti biologici. Un’ulteriore caratteristica da notare è la seguente.<br />
Attualmente si utilizzano acceleratori lineari per produrre gli elettroni con<br />
le caratteristiche necessarie al trattamento intra-operatorio. Tali macchinari<br />
hanno un tubo <strong>di</strong> accelerazione le cui <strong>di</strong>mensioni sono tipicamente 1m÷1.5m,<br />
a cui bisogna aggiungere una “protesi”, <strong>di</strong> lunghezza variabile, per in<strong>di</strong>rizzare<br />
il fascio nella giusta <strong>di</strong>rezione. Questa caratteristica limita l’angolo <strong>di</strong> inclinazione<br />
del braccio e quin<strong>di</strong> la possibilità <strong>di</strong> <strong>di</strong>sporre il macchinario nella<br />
posizione migliore per l’irraggiamento. Nel meccanismo <strong>di</strong> accelerazione in<br />
plasma guidata da impulso laser la lunghezza <strong>di</strong> accelerazione è nell’or<strong>di</strong>ne<br />
del mm quin<strong>di</strong> le <strong>di</strong>mensioni della parte finale <strong>di</strong>pendono solo alla lunghezza<br />
focale dello specchio parabolico fuori asse che focalizza l’impulso laser sul<br />
getto <strong>di</strong> gas e che può essere 10 ÷ 50cm.<br />
Infine si nota che, a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> un acceleratore convenzionale, l’unica<br />
zona che deve essere protetta dall’emissione <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>azioni è la parte finale a<br />
partire dal punto in cui avviene l’interazione fra il laser e il plasma. La parte<br />
principale, il laser, è invece libera da ra<strong>di</strong>azioni.<br />
L’energia degli elettroni è sufficiente anche per produrre fotoni per ra<strong>di</strong>oterapia,<br />
per i quali è richesta un’energia nell’intervallo 1MeV ÷ 10MeV<br />
a seconda del trattamento specifico. A loro volta i fotoni così ottenuti si<br />
trovano nell’intervallo <strong>di</strong> energia della risonanza <strong>di</strong> <strong>di</strong>polo gigante e possono,<br />
in linea <strong>di</strong> principio, essere utilizzati per la produzione <strong>di</strong> neutroni per bnct.<br />
In questi ultimi due casi si deve tenere conto della bassa efficienza <strong>di</strong> questi<br />
processi, ad esempio la bremsstrahlung ha uno spettro predominante a basse<br />
energie e quin<strong>di</strong> al <strong>di</strong> fuori dell’intervallo utile.<br />
Fasci <strong>di</strong> protoni sono stati ottenuti con il laser Vulcan situato al Rutherford<br />
Appleton Laboratory (ral). L’impulso <strong>di</strong> durata 750fs, energia<br />
compresa fra 220J e 300J e intensità ≈ 6 · 10 20 W/cm 2 è stato fatto incidere<br />
su sottili fogli <strong>di</strong> vari materiali (alluminio, oro e mylar). I protoni accelerati<br />
sono stati utilizzati per produrre gli isotopi ra<strong>di</strong>oattivi 11 C e 18 F con ottimi<br />
risultati, soprattutto per il 11 C, in termini <strong>di</strong> attività iniziale [23]. L’attività<br />
iniziale è un parametro <strong>di</strong> importanza fondamentale e deve essere almeno<br />
22
NOVAC7 LIAC CEA<br />
(HITESYS SpA) (Info & Tech Srl) Saclay<br />
Energia 3 ÷ 9MeV 4 ÷ 12MeV 10 ÷ 45MeV<br />
Carica<br />
6nC 1.8nC 1.6nC<br />
pacchetto<br />
Rate 5Hz 5 ÷ 20Hz 10Hz<br />
Corrente me<strong>di</strong>a 30nA a 5Hz 18nA a 10Hz 16nA a 10Hz<br />
Corrente 1.5mA 1.5mA > 1.6kA<br />
Durata<br />
4µs 1.2µs 1ps<br />
pacchetto<br />
Tabella 2: confronto fra i parametri dei pacchetti <strong>di</strong> elettroni ottenuti con<br />
due acceleratori standard per ospedali (NOVAC7 e LIAC) e quelli ottenuti<br />
al cea <strong>di</strong> Saclay.<br />
800MBq. Dopo l’attivazione, infatti, l’isotopo ra<strong>di</strong>oattivo deve prima essere<br />
separato da altri isotopi e successivamente legato ad opportune molecole<br />
prima <strong>di</strong> poter essere iniettato nel corpo umano. Al momento dell’iniezione<br />
l’attività richiesta è <strong>di</strong> 200MBq.<br />
23
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