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Libera ricorda il suo elenco dei Giusti<br />

Le iniziative dalla Sicilia alla Calabria<br />

Èl'elenco dei Giusti di Libera, il controcanto di un Paese fatto<br />

di volti e storie in lotta contro le mafie. È una lista composta<br />

da oltre 900 nomi e che inizia nel 1893, con Emanuele Notarbartolo,<br />

sindaco di Palermo, e termina con Nicola Campolongo,<br />

il bambino ucciso a Taranto pochi giorni fa da un commando perché<br />

nato nella famiglia sbagliata. Dal 1996, ogni 21 marzo, quei<br />

nomi vengono pubblicamente letti dagli attivisti di Libera in centinaia<br />

di luoghi d'Italia, in occasione della Giornata nazionale della<br />

memoria e dell'impegno promossa da Libera e Avviso pubblico,<br />

perché, come ripete spesso don Ciotti, “Il primo diritto di ogni persona<br />

è di essere chiamato per nome”. Alla base di questa scelta<br />

l'incontro avvenuto anni fa a Capaci tra il fondatore di Libera e la<br />

madre del caposcorta del giudice Giovanni Falcone, Antonio Montinaro.<br />

“Mi prese per mano e con due occhioni pieni di lacrime mi<br />

disse: perché non dicono mai il nome di mio figlio? Avevano tutti<br />

un nome questi amici che se ne sono andati e dobbiamo ricordarli”.<br />

Una chiamata al risveglio civile, nel primo giorno di primavera,<br />

e un appuntamento fisso alla bottega di Libera, a Palermo,<br />

dove sono intervenuti anche 41 studenti del liceo classico 'Archita'<br />

di Taranto, da qualche giorno in Sicilia per un viaggio di istruzione.<br />

A Palermo hanno fatto tappa all'albero Falcone e in via D'Amelio<br />

per ricordare le stragi in cui furono uccisi i giudici falcone, Borsellino<br />

e gli agenti delle scorte. Al termine della lettura dei nomi si è<br />

tenuto un concerto degli studenti della scuola media 'Borgese' di<br />

Palermo. Tra le iniziative organizzate nella provincia, anche la presentazione<br />

della conclusione dei lavori di un progetto antimafia<br />

promosso da Libera e dall'associazione Sicilitudine insieme agli<br />

studenti della scuola media 'Cosmo Guastella' di Misilmeri, Comune<br />

sciolto per mafia. I ragazzi hanno poi creato un video, intitolato<br />

«#DilloAdUnMafioso», nel quale rivolgono delle domande<br />

ipotetiche a un boss. Inoltre, sulla facciata del Liceo classico Vittorio<br />

Emanuele II di Palermo è stato appeso uno striscione in ricordo<br />

di tutte le vittime della criminalità organizzata. Al corteo di<br />

Latina promosso da Libera e Avviso pubblico l'indomani erano presenti<br />

anche alcuni ragazzi dell'area penale esterna che hanno<br />

aderito al progetto 'Amunì' realizzato da Libera in collaborazione<br />

con l'Ussm, l'Ufficio Servizio Sociale per i Minorenni di Palermo.<br />

Nel Trapanese, invece, oltre 200 studenti della provincia hanno<br />

incontrato nell'aula bunker del Tribunale di Trapani il procuratore<br />

capo Marcello Viola destinatario di diversi messaggi intimidatori.<br />

Molte le domande rivolte al magistrato, alcune delle<br />

quali inerenti proprio le intimidazioni subite. «Quando cominci<br />

a mettere le mani in maniera seria su certe indagini, si corrono<br />

questi rischi», ha risposto il procuratore Viola. Aggiungendo che<br />

«il consenso della gente perbene è una buona forma di tutela<br />

per noi tutti». E' un accordo “di cooperazione culturale”, invece,<br />

quello siglato tra l'associazione Libera e l'Università di Catania<br />

nel capoluogo etneo. con il quale l'Ateneo intende ribadire «il<br />

sostegno e la valorizzazione della cultura della legalità come<br />

propri obiettivi istituzionali». «Stiamo assistendo - ha detto il<br />

rettore Giacomo Pignataro rivolgendosi alle scolaresche e ai<br />

numerosi studenti presenti nell'atrio del Palazzo centrale - ad<br />

una splendida invasione del cortile dell'Università. Voi siete la<br />

testimonianza che quelle persone di cui abbiamo appena ricordato<br />

i nomi non sono morte invano. A voi giovani, e a noi<br />

rappresentanti delle istituzioni, - spetta il compito di dare gambe<br />

alle loro idee». «Ringraziamo l'Università e la città di Catania -<br />

ha affermato Umberto Di Maggio, della sezione regionale di Libera<br />

- per questo impegno concreto. Si tratta del primo ateneo<br />

che ha scelto di sottoscrivere un percorso concreto contro le<br />

mafie fatto di cultura e conoscenza, ribadendo così che esiste<br />

una grossa parte della nostra comunità che sceglie di essere<br />

ogni giorno dalla parte giusta in questa guerra senza quartiere<br />

contro la mafia, impegnandosi con il cuore e con il coraggio per<br />

lasciare una terra migliore ai propri figli».<br />

"Mio padre è morto perché credeva nella legalità”. Ha detto<br />

dalla Calabria Caterina Chinnici, figlia di Rocco, il magistrato<br />

ucciso dalla mafia il 29 luglio del 1983 a Palermo, durante una<br />

seduta della Commissione contro la 'Ndrangheta del Consiglio<br />

regionale della Calabria, presieduta da Salvatore Magarò, e organizzata<br />

proprio per il 21 marzo. «La memoria - ha aggiunto<br />

Caterina Chinnici, magistrato e capo del dipartimento della Giustizia<br />

minorile del ministero - è importante perché è il sostegno<br />

ad andare avanti, raccogliendo quell'impegno e proseguendo<br />

con lo stesso coraggio e la stessa determinazione. Attraverso<br />

il suo lavoro, Rocco Chinnici ha cambiato la cultura giuridica, la<br />

cultura in generale e forse anche la storia delle regioni del Sud<br />

e del nostro Paese. Mio padre ha capito la pericolosità della<br />

mafia, la sua capacità di ingerirsi in tutti i contesti e raggiungere<br />

il potere economico – finanziario, costruendo quel consenso<br />

sociale che derivava dalle condizioni di disagio culturale<br />

dell'epoca. Da qui l' idea del Pool antimafia per garantire il principio<br />

della circolarità delle informazioni, nella consapevolezza<br />

che se qualcuno di loro fosse stato ucciso, gli altri colleghi<br />

avrebbero proseguito in quel lavoro. Importante fu anche portare<br />

fuori dalle aula di giustizia la testimonianza di quell'impegno,<br />

coinvolgendo i giovani e le scuole in un'epoca in cui<br />

ancora mancava la cultura e la consapevolezza di quello che è<br />

la mafia. Ognuno di noi oggi deve sentirsi chiamato a fare la<br />

propria parte e a dare il proprio contributo per costruire una società<br />

migliore, più giusta e più solidale».<br />

A.L.<br />

30 24marzo2014 asud’europa

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