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Cap, un'autentica distesa di pesce spada dove l'equipaggio della Andrea Gail dimostra finalmente di voler fare squadra. L'imprevisto, però, giunge anche a bordo del peschereccio: un dispaccio meteorologico annuncia a Billy Tyne e ai suoi compagni dell'imminente arrivo di una tempesta a dir poco spaventosa, e le possibilità si riducono al rientro forzato o all'attesa senza fine. Posti di fronte a un bivio, l'equipaggio finalmente decide di scegliere, ma nessuno potrebbe aspettarsi l'incrocio epocale apparso sullo schermo dell'esperto meteorologo: un uragano, una depressione atmosferica e una corrente fredda potrebbero convergere come la furia di Scilla e Cariddi, generando un disastro di proporzioni epiche che nel campo lunghissimo della Andrea Gail sull'orlo dell'abisso si trasforma in una tempesta perfetta. Le espressioni pensierose dell'equipaggio di Billy Tyne hanno purtroppo visto giusto: onde alte quindici metri si infrangono furiose sulla chiglia del peschereccio, e l'incubo del meteorologo si materializza in una caduta a perdifiato dall'orizzonte atmosferico fino al dettaglio della cartina in mano a Linda Greenlaw, catapultatasi sul limitare dell'occhio del ciclone per avvisare la Andrea Gail di evitare le tempeste in collisione. Il montaggio parallelo mostra la foga del Capitano della Hannah Boden contrapposta all'audacia di Billy e Bobby, decisi a tutto pur di superare ogni avversità, e la comunicazione delle coordinate di bordo rivela il punto di non ritorno della Andrea Gail. I danni del peschereccio cominciano a farsi ingenti: il Vicecomandante, costretto ad arrampicarsi sul pennone per recuperare l'antenna radio, rischia seriamente di cadere in mare, e solo per miracolo riesce a tornare nella cabina di comando. Ciechi e muti agli occhi del mondo, i due ufficiali alla guida della Andrea Gail si apprestano a sfondare il fronte atmosferico, anche a costo di dover perdere ogni singolo bullone della nave. Incoscienza o meno, l'equipaggio del peschereccio sta realmente superando i propri limiti, e il coraggio potrebbe trasformarsi in sfrontatezza, poiché c'è ancora tempo per tornare al riparo e attendere l'aiuto dalla terraferma. Nel cuore della tempesta, infatti, l'elisoccorso dei Parajumpers tenta di rifornirsi in volo dopo aver assistito altre navi alla deriva, e anche lungo la costa la situazione sta drammaticamente precipitando. Il sapiente montaggio alternato descrive al meglio i tentativi disperati dei paracadutisti posti al pari degli uomini sul peschereccio, mentre la calma apparente al molo è soltanto il preludio alla fine di tutte le cose. In un'ultima, disperata manovra per salvarsi con i suoi uomini fedeli, Billy Tyne si convince a tornare indietro, ma oramai è troppo tardi: virando in un'attesa distruttiva per superare le onde fatali, la Andrea Gail si ritrova priva di forze alla sua alba finale, e il campo lunghissimo di un sole splendente viene oscurato da un violento colpo di coda. Un colosso d'acqua rovescia per sempre la Andrea Gail, e prima di sparire, Bobby riemerge a contemplare un amore che durerà per sempre, almeno nella memoria. Il mio nome è Nessuno. | PROGETTO CINEMA 2.0
Nessuno mi vuole uccidere, Nessuno: La sfida di Polifemo. Eccezionalmente diretto da Mario e Lamberto Bava, prodigi del cinema horror italiano, uno degli episodi più celebri dell'Odissea viene trasposto sul piccolo schermo con una cura per il dettaglio che fa davvero rabbrividire a distanza di un'intera generazione televisiva. La storia riprende da Ulisse, accolto dai Feaci, che rievoca ancora spaventato l'approdo nella Terra dei Ciclopi (forse corrispondente all'attuale Sicilia), dove viene subito accolto da una gigantesca orma sulla sabbia, motivo di ansia e timori per i suoi compagni. Anche la macchina da presa, seguendo inquieta il cammino dell'eroe di Itaca con dodici prescelti, giunge all'imboccatura di una caverna scavata nel cuore di un monte frastagliato, la bocca di un mondo alieno che impressiona i viaggiatori per le sue inaudite dimensioni. Stupiti dalle forme rifinite e insieme consumate di quell'antro vissuto, Ulisse propone di attendere il padrone della grotta, quasi allestita come la tana di un gigantesco allevatore. Eppure, una sensazione inquieta inizia a serpeggiare tra le fila degli ospiti inattesi: è tutto smisurato, e c'è chi vorrebbe scappare prima che ritorni il misterioso pastore, ma Ulisse in persona, rifiutandosi di agire come un ladro, ordina di attendere la creatura ignota. Ciò che si troverà di fronte, però, supererà ogni sua più fervida immaginazione: Polifemo, ciclopico figlio di Poseidone, non trova alcuna difficoltà a tenere sotto scacco gli omuncoli forse giunti a depredarlo, e l'abilità della macchina da presa nel mostrare le sue terrificanti fattezze è eccelsa. All'agghiacciante rivelazione del volto smisurato dominato da un solo occhio, l'inquadratura del campo-controcampo fra il Ciclope e Ulisse rievoca gli sguardi dei migliori Spaghetti Western (genere portato alla ribalta in tutto il mondo dal regista Sergio Leone), e le riprese in piombata e contropiombata si sprecano di proposito. Sebbene Ulisse si presenti con ogni formula degna di accoglienza, la furia di Polifemo si scatena sulla compagnia di umani deridendo le curiose usanze di quei piccoli stranieri. L'eroe di Itaca è davanti a una sfida che non ha pari: anche di fronte al figlio di una divinità, il dettaglio del suo sguardo pensoso anticipa un espediente così fuori dal normale che è anche all'origine del titolo dell'opera di Omero. Continuamente minacciati dalla fame bramosa di Polifemo, e fisicamente incapaci di uscire da altra via se non dall'imboccatura d'accesso, gli uomini di Ulisse si affidano alla loro guida per trovare una soluzione prima che ciascuno di loro finisca in pasto al Ciclope. Tra le scorte condotte fuori dalla nave, il condottiero ha portato con sé - forse per un presentimento degli Dei - un otre di vino che nessun essere umano potrebbe bere, se non pesantemente mescolato con acqua. Ponendolo come offerta di ringraziamento a Polifemo, Ulisse riesce ad addormentarlo e ad accecarlo violentemente. Nel senso di una vendetta astuta, l'eroe di Itaca trova scampo con i pochi sopravvissuti del suo equipaggio nell'inganno finale: per il Ciclope è stato Nessuno a colpirlo, nome che in greco suona come Oudèis - ovvero, Odissea. Il mio nome è Nessuno. | PROGETTO CINEMA 2.0
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