esplorazione e ricerca scientifica ai poli - Anno Polare Internazionale

Fioretti, Salvi e Mazzoli 2008 Gli Anni Polari Internazionali
Gli Anni Polari Internazionali:
esplorazione e ricerca
scientifica ai poli
Anna Maria Fioretti, Gianguido Salvi e Enrico Mazzoli
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Fioretti, Salvi e Mazzoli 2008 Gli Anni Polari Internazionali
L’IDEAZIONE DEL PRIMO ANNO POLARE INTERNAZIONALE:
CARL WEYPRECHT E LA RICERCA POLARE
Le osservazioni isolate hanno soltanto un valore relativo
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Carl Weyprecht, 1874
Tutto ebbe inizio con la spedizione al Polo Nord del 1872-74 condotta da Carl Weyprecht
e Julius Payer, entrambi ufficiali dell’Impero Austro-Ungarico. Scopo di quella spedizione
era esplorare le regioni non ancora conosciute, a settentrione della Siberia. I comandanti
avevano “la responsabilità che la spedizione riesca più proficua che sia possibile dal lato
scientifico”, come si legge nelle “Istruzioni per la Spedizione” inviate a Weyprecht dal
Comitato per la promozione della Spedizione Polare austro-ungarica, fondato a Vienna il 14
febbraio 1872. Sulla nave della spedizione alcuni ufficiali di marina, selezionati prima della
partenza per le loro cognizioni scientifiche, furono adibiti alle osservazioni magnetiche,
oceanografiche e meteorologiche. Al ritorno della spedizione i dati raccolti, accompagnati
da una loro prima interpretazione, saranno pubblicati dall’Accademia delle Scienze
dell’Austria in un poderoso volume dal titolo: “Risultati scientifici della spedizione polare
austro-ungarica 1872-1874”. Proprio nell’elaborare questi dati sorgerà, in Weyprecht, la
necessità di indirizzare la ricerca polare su una strada diversa da quella fino ad allora
praticata. La spedizione fu comunque epica, tragica ed eroica ad un tempo, e andò a onore
del suo equipaggio quasi tutto proveniente dalle regioni adriatiche di lingua italiana e
croata.
Carl Weyprecht
Carl Weyprecht, nato a Darmstadt nel 1838, fu ufficiale della Marina austro-ungarica,
ricercatore ed esploratore polare. Dall’età di 18 anni sull’Adriatico, fu particolarmente
legato alla città di Trieste che divenne la sua città adottiva tanto da presentarsi alle
successive conferenze internazionali, dove enunciò le sue teorie, come Carl Weyprecht di
“Trieste”.

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Iscritto nella locale Società Adriatica di Scienze
naturali entrò in contatto con eminenti studiosi
triestini quali Carlo de Marchesetti, Bartolomeo
Biasoletto, Simone Adamo de Syrski, Domenico
Lovisato e Michele Stenta, approfondendo con
questi le sue idee per un anno polare internazionale
ed evidenziando l’inefficacia delle passate spedizioni
polari e le possibili future implicazioni scientifiche
delle successive imprese esplorative.
Allora Trieste era una città multietnica e
multiculturale, al pari degli equipaggi delle navi che aveva comandato (nella sua spedizione
polare del 1872-1874 si parlava ben sette lingue…). Logico che, essendosi formato in
questo clima, ritenesse che la ricerca scientifica dovesse svilupparsi in un'ottica di
collaborazione internazionale, migliore antidoto - a sua detta - ai danni che in quel tempo
stava causando il nazionalismo con le sue rivalità.
Weyprecht sosteneva che le spedizioni ai Poli non dovessero ridursi a competizioni mirate
a dar lustro a questa o quella nazione. “Piantando la bandiera ogni volta un po’ più in là del
nostro predecessore non risolveremo alcun problema” e “risultati scientifici decisivi possono
essere conseguiti soltanto attraverso una serie di spedizioni sincrone con l’obiettivo comune
di raccogliere dati scientifici con gli stessi metodi di indagine, in modo da ridurre gli
sfasamenti, e per almeno un anno consecutivo”.
Alcune sue argomentazioni, nella presentazione del progetto di un’impresa internazionale
per lo studio delle regioni artiche al congresso dei naturalisti a Graz nel 1876 sono
estremamente interessati: “E’ quasi incredibile, ma pur vero, che oggidì, come se nessuna
spedizione avesse mai toccato le regioni artiche ci resta oscura la natura e la causa d’alcuni
importanti fenomeni della fisica, i quali non si manifestano che in vicinanza dei poli. Tali sono
l’aurora boreale e le non interrotte perturbazioni del magnetismo terrestre. L’aurora boreale
soltanto costituisce un argomento degno di molti volumi…. ed intorno l’essenza di cotesto
fenomeno si pronunziano continuamente teorie nuove, che poscia devono essere rigettate, e
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ciò per la semplice ragione, che quasi nulla sappiano della reciproca coerenza delle aurore
boreali, quanto s’estendano, se dipendano o meno da circostanze locali…”
Appare, quindi evidente come Carl Weyprecht avesse intuito l’importanza delle regioni
polari per la comprensione di alcuni fenomeni della fisica inerenti al magnetismo terrestre.
Aveva inoltre registrato e denunciato l’assenza nelle precedenti spedizioni di un rigore
scientifico in grado di ottenere misure corrette e puntuali dei fenomeni osservati, a favore
dell’attività meramente esplorativa.
Estremamente importanti furono, inoltre, le deduzioni di Weyprecht in merito
all’importanza delle aree polari come motori del clima terrestre. “Per la meteorologia,
ramo nuovissimo della scienza, sono senz’altro importanti le condizioni intorno i gelati poli,
perocchè tutto il movimento atmosferico del nostro globo si fonda sullo scambio d’aria calda e
della fredda, dell’umida e dell’asciutta tra i poli e l’equatore. Seguendo i luoghi della minima
pressione barometrica s’è trovato, che là nelle lontane regioni artiche debba indagarsi
l’origine della maggior parte di quei tremendi uragani, che d’inverno funestano l’Europa. Ma
ci manca interamente il materiale per quella sezione terrestre che è al di là del limite glaciale:
per la qual cosa fino a tanto che non avremo anche quello, imperfette rimarranno tutte le
nostre teorie dei venti ed uragani.”
Weyprecht accennò ad altri argomenti ancora sulle correnti marine, sullo spostamento dei
ghiacci e le sue cause ed in particolare giunse all’ipotesi di una periodicità nelle variazioni
climatiche anticipando di molto le attuali innovazioni e ricerche inerenti ai fenomeni ciclici
del clima: “Si sa che gli ammassi dei ghiacci vicino ai poli devono influire sulla distribuzione
del calore sopra tutta la superficie terrestre … Anzi i ghiacci delle regioni polari potrebbero
essere i regolatori delle nostre condizioni climatiche…” ed ancora “Le regioni polari sono
ancora sommamente giovevoli alla dottrina delle fasi, che in epoche diverse ha passato il
nostro pianeta. Ed invero grandi prove in argomento di paleontologia danno la Siberia coi
suoi animali fossili…” .
Le idee di Weyprecht sulle spedizioni ai Poli si possono riassumere in 6 punti (Berger,
inedito):
1. La ricerca polare è importante per la conoscenza delle leggi della natura.
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2. Le scoperte geografiche sono importanti soltanto quando servono alla preparazione
della successiva indagine scientifica.
3. I dettagli della geografia artica hanno importanza secondaria.
4. Il polo geografico è un punto non più importante di altri.
5. Le stazioni di osservazione circumpolari dovrebbero registrare i fenomeni polari.
6. Le osservazioni isolate hanno limitato valore.
Queste affermazioni erano rivoluzionarie per quegli anni e immediatamente il mondo
scientifico legato alla ricerca polare si divise tra i sostenitori delle sue idee e i fautori delle
spedizioni polari di stampo classico, tra i quali Julius Payer e il rinomato geografo tedesco
August Petermann.
Dopo la spedizione 1872-74, Weyprecht si fece promotore di una collaborazione scientifica
internazionale su temi polari, rivolgendosi alle nascenti accademie scientifiche nazionali
degli stati che erano in quel periodo coinvolti nelle esplorazioni ai Poli. L’idea di Weyprecht
era di far installare osservatori scientifici in almeno otto località artiche.
Il progetto scientifico di Weyprecht fu accolto con entusiasmo dalle accademie scientifiche,
ma la realizzazione del primo Anno Polare Internazionale fu rinviata varie volte a causa
degli eventi politici e bellici dell’epoca. La neonata International Meteorologic Organization,
durante il suo Secondo Congresso tenutosi a Roma nel 1879, indicò il piano di Weyprecht
come prioritario e, per la discussione di quest’ultimo, indisse un’apposita Conferenza
Polare Internazionale da tenersi nel corso di quello stesso anno ad Amburgo. Nel corso di
detta Conferenza furono così gettate le basi per un anno internazionale di studi polari,
affinando il progetto nel corso di un’ulteriore Conferenza tenutasi a Berna l’anno
successivo.
Weyprecht morì di tubercolosi il 29 Marzo 1881 ad appena 42 anni senza poter vedere il
suo progetto compiuto, ma con la certezza che il suo sogno fosse ormai vicino ad essere
realizzato.
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How can anyone describe the whole until he has learned the total of the parts?
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John Godfrey, 1878
Trascorso poco più di un mese dalla morte di Weyprecht quando, con una circolare del
primo maggio 1881, la Presidenza della Commissione Polare Internazionale convocò
presso l’Osservatorio di San Pietroburgo una Terza Conferenza Polare Internazionale,
intesa finalmente a definire la fase esecutiva dell’Anno Polare Internazionale e i cui lavori
si svolsero dall’1 al 6 agosto 1881.
Durante le tre conferenze polari internazionali venne stabilito il programma di lavoro che
le stazioni di ricerca avrebbero seguito. Fu deciso che ciascuna stazione avrebbe condotto
osservazioni sulla meteorologia (temperatura, pressione atmosferica, umidità, vento,
nuvole, precipitazioni); sul magnetismo terrestre (inclinazione, declinazione e intensità) e
di astronomia. Venne deciso come e dove installare gli strumenti affinché le misure non
subissero interferenze a causa delle attività di vita alla base ed inoltre si stabilì quali
strumenti usare per ciascun tipo di misura. La conferenza di San Pietroburgo stabilì che
ciascuna stazione dovesse eseguire misure orarie per un periodo di 10 ore al giorno nel
periodo dal 1 settembre 1882 al 31 agosto 1883. Fu anche stabilito che durante 1° ed il 15°
giorno di ciascun mese le misure fossero effettuate ogni 15 minuti per 24 ore di seguito 1 .
L’inizio dell’Anno Polare Internazionale venne fissato al primo agosto 1882, con la
conclusione prevista per il primo settembre 1883.
Al primo Anno Polare Internazionale parteciparono 12 nazioni, organizzando 15 spedizioni
e installando 12 stazioni in zone artiche e 3 in zone antartiche.
Al programma di ricerca avrebbero partecipato pure 34 istituti scientifici sparsi in tutto il
mondo, da Pechino al Nepal, da San Diego in California a Bombay, da Rio de Janeiro a
1 http://pubs.aina.ucalgary.ca/arctic/Arctic34-4-370.pdf

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Taskent in Uzbekistan, che avrebbero effettuato misurazioni analoghe a quelle delle
stazioni polari in modo tale da confrontare i dati. Tra questi figurava, per l’Austria-
Ungheria, l’Istituto Idrografico di Pola.
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Distribuzione geografica delle 12 Stazioni
Artiche durante il primo Anno Polare
Internazionale 1882-83.
Ciascuna spedizione era guidata da una singola nazione, ma l’acquisizione dei dati era stata
coordinata e seguiva uno stesso protocollo le cui linee guida erano indicate in un manuale
redatto da Weyprecht in previsione dell’evento.
Si dice che i membri delle spedizioni del primo Anno Polare trascorsero più tempo
cercando di sopravvivere, che raccogliendo dati. Il lavoro degli scienziati avveniva in
situazioni climatiche severe e condizioni ambientali non confortevoli, a dir poco. Non
mancarono eventi tragici. Nel Luglio 1881 la spedizione americana guidata da Adolphus W.
Greely si insediò alla bocca della Baia Lady Franklin, alla base che chiamarono “Fort Coger”.
Nell’aprile del 1882 il sergente David L. Brainard, componente della stazione polare
americana diretta da A. W. Greely, nel corso di una puntata esplorativa riuscì a raggiungere
con un eschimese il punto più a Nord fino ad allora mai esplorato, ad una latitudine di 83°
24’. Concluso l’Anno Polare Internazionale, la nave che avrebbe dovuto recuperare Greely e
compagni non comparve all’appuntamento. Gli americani ripararono a Sud e come
convenuto, piantarono un campo leggero a Cape Sabine, dove era stato previsto che, in caso
di emergenza, avrebbero trovato rifornimenti e sarebbero stati recuperati. Ma le loro
aspettative andarono deluse: i viveri che trovarono erano scarsi e l’inverno incombeva.
Trascorsero un inverno in condizioni inimmaginabili. Nella primavera del 1884, quando

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LA PARTECIPAZIONE ITALIANA
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finalmente giunsero i soccorsi,
la maggior parte degli uomini
era morta per il gelo e la fame;
solo sei erano sopravvissuti,
ricorrendo anche, a quanto si
riporta, al cannibalismo 2 .
L’Italia non partecipò ufficialmente al primo Anno Polare Internazionale per totale
disinteresse del Governo, in quegli anni più interessato all’espansione coloniale in Africa
che non alle regioni polari. Guido Cora, geografo torinese, pur non avendo ottenuto alcun
appoggio da parte del proprio Governo, fece in modo che il suo Paese non restasse del tutto
estraneo all’impresa attivando per le previste misurazioni gli Osservatori nazionali di
Moncalieri e di Napoli, mentre la Società Meteorologica Italiana realizzò l’Osservatorio
argentino di Montevideo, in tempo utile per la sua attivazione all’inizio dell’Anno Polare
Internazionale. Nello stesso periodo, dal suo osservatorio di Velletri il sismologo Ignazio
Galli effettuò regolari osservazioni relative alle correnti telluriche, secondo il programma
stabilito dalla Commissione.
Il primo Italiano che progettò di esplorare l’Antartide fu Giacomo Bove, nel 1880. Il
progetto fu giudicato interessante ma troppo costoso e non fu finanziato. Giacomo Bove
riuscì tuttavia ad organizzare ugualmente una spedizione grazie ad un finanziamento
privato dell’allora presidente della Società Geografica Italiana Cristoforo Negri e del
governo Argentino. Dopo aver esplorato l’Isola degli Stati e lo Stretto di Magellano, il 31
Maggio 1882 la nave su cui era imbarcato Bove fece naufragio e i naufraghi vennero tratti
in salvo da una nave inglese.
2 http://pubs.aina.ucalgary.ca/arctic/Arctic34-4-370.pdf

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I RISULTATI
Durante il primo Anno Polare Internazionale furono raccolti dati ed osservazioni su
magnetismo, gravimetria, biologia, aurore e meteorologia. Lo spirito dell’Anno Polare
Internazionale voluto da Weyprecht fu in parte tradito perché alla fine mancò una sintesi
comune dei dati raccolti e i risultati di ciascuna nazione vennero pubblicati in modo
indipendente. I dati raccolti furono tuttavia depositati e resi accessibili alle nazioni che
avevano partecipato all’impresa. Da qui una prima analisi climatologica dell’Artico, la
scoperta dei collegamenti tra le macchie solari e le variazioni del magnetismo terrestre, la
realizzazione di un atlante della meteorologia, di uno sul magnetismo terrestre e di uno
idrografico.
I dati meteorologici di quegli anni sono ancora oggi di enorme valore per le informazioni
che forniscono, specie se analizzati per confronto con i dati attuali.
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LA CONFERENZA INTERNAZIONALE DI VIENNA DEL 1884
Concluso l’Anno Polare Internazionale, su proposta di Hans von Wilczek – il mecenate
viennese che aveva finanziato le imprese polari di Weyprecht e il suo progetto di ricerca
polare internazionale - fu convocata a Vienna una quarta Conferenza Polare Internazionale,
intesa a valutare i risultati dell’impresa. Ai lavori della Conferenza, che si svolsero, dal 17 al
24 aprile 1884, presero parte numerosissimi scienziati, fra cui Wild che ne era il presidente
e l’italiano Cora. In detta sede fu deciso che tutti gli Stati che avevano preso parte all’evento
provvedessero, come da impegno assunto ancora nel 1881, a pubblicare i dati raccolti.
L’Imperiale Accademia delle Scienze di San Pietroburgo avrebbe infine pubblicato a sue
spese il bollettino della Commissione Polare Internazionale e, in effetti, a questo lavoro
provvide Wild, il presidente stesso della Commissione, il quale fece riportare in tre lingue –
tedesco, francese e inglese – tutti gli atti relativi alla preparazione e alla successiva
realizzazione dell’Anno Polare Internazionale, fino alla chiusura dei lavori della
Commissione stessa.
Un’ultima conferenza internazionale per l’Anno Polare Internazionale, la 5 a , si tenne a
Monaco di Baviera nel 1891 chiudendo ufficialmente i lavori del primo Anno Polare (1882-
1883).
L’ANNO ANTARTICO DEL 1901 – 1903
Dopo le ricerche effettuate nel corso dell’Anno Polare Internazionale del 1882–1883 anche
l’Antartide aveva iniziato a suscitare sempre più interesse, sia per quanto riguarda
l’esplorazione pura – il “continente di ghiaccio” si presentava ancora del tutto inesplorato –
sia per quel che concerne la ricerca scientifica. Dobbiamo così andare a Brema dove, nel
1895, si tenne un congresso dei geografi tedeschi i quali, sotto l’impulso di Neumayer,
deliberarono di farsi promotori di una campagna internazionale di studi sul continente
antartico creando, il 18 aprile di quell’anno, la Deutsche Kommission für die
Südpolarforschung, finalizzata alla realizzazione di detta campagna di studi. Nel corso
dell’anno l’idea fu presentata al Congresso Geografico Internazionale di Londra e quindi
sviluppata nel corso di successive riunioni della Commissione, ad una delle quali Julius
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Payer propose, senza successo, l’organizzazione di una spedizione austro-tedesca al Polo
Sud.
Nel 1898 lo stesso Governo tedesco diramò alle cancellerie dei diversi Stati un invito a
manifestare interesse per un’impresa internazionale in Antartide. Finalmente, nel corso del
7° Congresso Internazionale dei Geografi che si tenne a Berlino dal 28 settembre al 4
ottobre 1899 sotto la presidenza dello scienziato tedesco Ferdinand von Richthofen, si
pervenne ad un primo accordo internazionale per la ricerca in Antartide. In tale occasione
fu deciso, riprendendo in pratica il progetto Weyprecht, di avviare una campagna di
osservazioni concordate e simultanee da effettuarsi tramite una cintura di stazioni allestite
attorno al Continente bianco a cura dei diversi Stati partecipanti, a ognuno dei quali fu
pertanto assegnata una “fetta” di Antartide nella quale esercitare le proprie ricerche
scientifiche e geografiche. Agli inglesi fu destinata la Terra Vittoria ed il mare di Ross; agli
scozzesi il mare di Weddell; agli svedesi l’Antartide Occidentale e ai tedeschi la zona della
Terra di Enderby, a sud dell’arcipelago delle Kerguélen. Le osservazioni simultanee ebbero
luogo dal 1° ottobre 1901 al 31 marzo 1903, e con ciò fu avviata l’esplorazione sistematica
dell’Antartide.
In tale contesto gli inglesi decisero di affidare la loro missione, soprannominata National
Antarctic Expedition ad un giovane ufficiale di marina, Robert Falcon Scott, il quale non
aveva mai visto l’Antartide e sembra si fosse proposto per quell’incarico unicamente ai fini
della carriera. Fu affiancato in questa impresa da un altro neofita delle regioni polari,
l’irlandese Ernest Henry Shackleton, anch’egli mosso dal desiderio di fama e avventura.
Giunti in Antartide nel gennaio 1901 con la nave Discovery appositamente realizzata per
l’impresa, mentre gli scienziati imbarcati procedevano alle rilevazioni previste per l’Anno
Internazionale, Scott e compagni attraversarono il Mare di Ross fino a raggiungere la
catena montuosa battezzata “Barriera di Ross”, mentre l’anno successivo tentarono invano
di raggiungere il Polo Sud. I tedeschi, invece, si mossero organizzando una spedizione al
comando della quale fu posto lo studioso Erik von Drygalski, affiancato da una squadra di
validi scienziati tra i quali il fisico F. Bildlingmaier, al quale si doveva la preparazione del
programma di osservazioni per l’Anno Polare Internazionale. Imbarcata sulla nave Gauss,
l’11 agosto del 1901 la spedizione lasciò Kiel per raggiungere, il 31 dicembre di quello
stesso anno, l’isola Kerguélen dove fu allestita la stazione tedesca, nella quale si dette inizio
alle previste rilevazioni che in pratica ricalcavano quelle dell’Anno Polare del 1882 – 1883,
suddivise in obbligatorie (come quelle sul magnetismo) e in facoltative. Lasciati sul posto
Bildlingmaier e gli altri addetti alla base, alla fine del gennaio 1902 la Gauss si diresse verso
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la costa dell’Antartide scoprendo, e quindi battezzando, la “Terra dell’Imperatore
Guglielmo” che ancora oggi porta tale nome. Il 15 febbraio, però, i ghiacci l’imprigionarono
fino al 15 febbraio dell’anno successivo, quando riuscì a riguadagnare il mare aperto e a far
ritorno alle Kerguélen.
Oltre all’Inghilterra e alla Germania, parteciparono all’Anno Antartico Internazionale pure
la Svezia e la Scozia, che allestirono ognuna la propria stazione scientifica.
La spedizione svedese, diretta da Otto Nordenskjöld, nel gennaio del 1902 aveva toccato le
Shetland australi e quindi la Terra di Luigi Filippo, realizzando in zona alcune interessanti
scoperte geografiche. Raggiunta infine la Terra di Grahm e impossibilitato per via dei
ghiacci a spingersi ulteriormente verso sud, Nordenskjöld era sbarcato con i suoi scienziati
sull’isola di Snow Hill dove allestì la prevista stazione per le osservazioni. Nordenskjöld e i
suoi eseguirono sull’isola pure delle ricerche geologiche, che portarono alla scoperta di
importanti giacimenti fossiliferi destinati ad aprire un nuovo capitolo nella storia della
ricerca in Antartide.
La spedizione scozzese, diretta da William Speirs Bruce e imbarcata sulla Scotia, prese il
mare verso la fine del 1902 entrando, agli inizi del 1903, nel mare di Weddell. Lo scopo
della missione, raggiungere la costa dell’Antartide, non venne raggiunto per i ghiacci che
ben presto impedirono alla nave di avanzare, costringendo Bruce a ripiegare sulle Orcadi
Australi dove installò la sua stazione. Nel febbraio del 2004 la Scotia tentò nuovamente di
inoltrarsi nel mare di Weddell, giungendo innanzi ad una immensa barriera di ghiaccio alta
decine di metri, che si stendeva senza soluzione di continuità. Bruce volle dedicare a Coat, il
finanziatore dell’impresa, la terra che intuiva doversi trovare oltre la barriera di ghiaccio e
infine, il 12 marzo, ordinò di far rotta verso casa.
Con ciò il programma dei rilevamenti previsti dall’accordo internazionale sottoscritto a
Berlino poteva dirsi concluso, ma non fu così: mosso dall’intento di andare alla ricerca della
spedizione svedese di Nordenskjöld della quale non si avevano più notizie, il francese Jean
Baptiste Charcot aveva infatti organizzato una spedizione di soccorso, che, avvalendosi
della nave Francais il 1 agosto 1903 aveva lasciato la Bretagna con destinazione l’Antartide.
Sull’isola di Wandel Charcot decise di realizzare una stazione per le osservazioni, che si
protrassero fino al dicembre 1904.
Nel frattempo una spedizione scientifica argentina s’era sostituita agli scozzesi nei lavori
presso la stazione allestita da questi nelle Orcadi Australi, dando continuità all’attività della
stessa. Intanto una nuova spedizione, stavolta argentino–norvegese e guidata da Larsen,
raggiungeva la Georgia Australe realizzandovi una stazione permanente abbinata ad una
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stazione commerciale ad uso delle baleniere. Aveva così inizio il periodo delle stazioni fisse
in Antartide, destinate a dare un fondamentale contributo alla conoscenza della Terra.
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SECONDO ANNO POLARE INTERNAZIONALE: 1932-1933.
IL PROMOTORE
Fu sempre un ufficiale della Marina, ma questa volta tedesca, il promotore del secondo
Anno Polare Internazionale. Studiando i moti atmosferici in alta quota (tra i 10 e i 15 km)
Johannes Georgi, ufficiale dell’Istituto Idrografico della Marina, aveva individuato alcune
particolari correnti violente, apparentemente indipendenti dalle condizioni atmosferiche al
suolo. Correnti simili furono successivamente descritte anche da meteorologi giapponesi,
ed un aviatore, Wiley Post, riportò di aver incontrato “impetuosi fiumi di aria” sorvolando
in quota la Siberia.
L’aeronautica era un settore che andava sviluppandosi molto velocemente in quegli anni.
La comprensione dei fenomeni atmosferici e la capacità di fare previsioni meteorologiche
attendibili erano di vitale importanza per il volo.
In quegli anni si andavano anche sviluppando le comunicazioni via radio e gli scienziati si
erano trovati di fronte a “misteriose” interferenze, a disturbi nella propagazione delle onde
nell’alta atmosfera, a tempeste magnetiche.
Il 23 Novembre 1927 Johannes Georgi, rifacendosi all’esperienza dell’Anno Polare
Internazionale, propose alla comunità scientifica dei meteorologi uno studio internazionale
per risolvere questi e numerosi altri enigmi dell’atmosfera terrestre. In particolare gli studi
vennero indirizzati alla ionosfera, una zona dell’atmosfera della quale si era da poco
scoperto il ruolo nella ionizzazione dei gas presenti.
LA STORIA
Agli inizi del 1929 l’International Meteorological Organization istituì una commissione per
la pianificazione del secondo Anno Polare Internazionale da tenersi nel 1932-33, a 50 anni
dal precedente.
Nei 50 anni intercorsi tra i due Anni Polari le scienze avevano avuto uno sviluppo
rapidissimo. Le applicazioni pratiche delle scoperte scientifiche di quegli anni avrebbero
avuto un’influenza determinante nella pianificazione e realizzazione del secondo Anno
Polare. Si pensi ad esempio all’importanza delle comunicazioni radio (il brevetto di
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Marconi risale al 1896); alla disponibilità di automobili (prima auto a motore costruita da
Karl Friedrich Benz nel 1886) e di aeroplani (le imprese dei fratelli Wright iniziano nel
1903).
Nel frattempo, le spedizioni polari, a Nord e a Sud del rispettivo 60° parallelo, erano
continuate anche dopo il 1883. Nel 1909 gli statunitensi Robert Peary e Matthew Henson
avevano raggiunto il Polo Nord. Il 14 dicembre 1911 il norvegese Amundsen conquistò il
Polo Sud, seguito nel gennaio 1912 dal più sfortunato Robert Falcon Scott, che morì sulla
via del ritorno.
A causa degli effetti della grave depressione, nel 1929 ci fu lunga discussione
sull’opportunità di portare a termine la realizzazione del secondo Anno Polare. Alla fine la
commissione decise di proseguire, anche se questo Anno Polare risultò ridotto rispetto a
quanto pianificato. Parteciparono 44 nazioni, furono installate 23 nuove basi per misure
magnetiche, oltre alle 7 già in funzione; e in totale 94 stazioni operarono in territorio artico
effettuando misure per un anno intero.
Durante il secondo Anno Polare gli Stati Uniti d’America inaugurarono la prima base di
ricerca del continente antartico, McMurdo nella zona della Ross Ice Shelf, vicino alla
capanna costruita da Scott agli inizi del 1900 .
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La capanna di Scott
a Ross Island. Sullo
sfondo la base USA
di McMurdo.
Le misurazioni, molte delle quali da effettuarsi simultaneamente, iniziarono il 1° agosto
1932 nell’emisfero settentrionale, mentre in quello australe ebbero inizio il primo gennaio

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1933, per concludersi il 31 settembre 1933. In tutto parteciparono 44 nazioni, tra cui
l’Italia. Oltre agli studi nelle materie già individuate da Weyprecht, stavolta le ricerche
poterono espandersi alla “terza dimensione”, l’altezza, grazie agli aereoplani e ai palloni
sonda, capaci di raggiungere la troposfera estrema e studiare pure la jonosfera
trasmettendo a terra, via radio, i dati raccolti. Un altro elemento che fece fare al secondo
Anno Polare un notevole salto di qualità fu la radio. Questa permetteva a gran parte delle
stazioni di tenersi in contatto con gli istituti della madrepatria, così da trasmettere i dati
raccolti in tempo reale, ricevere istruzioni, concordare e pianificare nuove osservazioni in
base a eventi geofisici inaspettati, e così via.
LA PARTECIPAZIONE ITALIANA
Il secondo Anno Polare Internazionale prevedeva stazioni di misura anche in zone non
polari. L’Italia partecipò ufficialmente all’Anno Polare pur senza organizzare spedizioni
scientifiche ai Poli. In quegli anni Umberto Nobile, al comando del dirigibile Italia (da lui
stesso progettato), era riuscito a sorvolare il Polo Nord. L’esito sfortunato dell’impresa del
1928 e la morte di numerosi uomini, tra qui alcuni tra quelli che erano accorsi in aiuto degli
sventurati (incluso Amundsen) innescò vivaci polemiche.
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Il Dirigibile Italia.
Foto Archivio PolarNet.

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I RISULTATI
I risultati conseguiti ebbero risvolti pratici importantissimi nel campo delle
telecomunicazioni, della navigazione, dell’aeronautica e delle previsioni del tempo. un
posto di primo piano lo ebbe anche questa volta il magnetismo terrestre, e il fatto che alla
presidenza della Commissione Internazionale vi fosse il geofisico danese la Cour, forse il
più eminente studioso del magnetismo terrestre dell’epoca, indica l’importanza attribuita a
questo campo di ricerca. La maggiore disponibilità di mezzi rispetto a quelli utilizzabili ai
tempi del primo Anno Polare Internazionale, nonché l’accresciuta possibilità di raggiungere
con relativa facilità le regioni polari, permisero la realizzazione di ben 55 stazioni, di cui 43
nell’Artico (la più settentrionale fu allestita dalla Russia nella Terra di Francesco Giuseppe),
5 in Antartide e 7 in altri luoghi di difficile accesso come, ad esempio, alcune aree africane.
Nell’impresa furono coinvolti pure numerosi istituti europei ed extraeuropei, per cui alla
fine gli osservatori coinvolti nel programma furono circa 200.
Conclusosi l’Anno Polare Internazionale, gli istituti di ricerca coinvolti iniziarono il lungo
lavoro di catalogazione, studio e confronto dei dati raccolti, lavoro che si presentava
veramente improbo per la loro enorme quantità. Così, quando nel 1939 scoppiò la Seconda
Guerra Mondiale, la comunità scientifica era appena a metà dell’opera di studio, con il
rischio di far finire pure questo secondo appuntamento internazionale in un nulla di fatto.
Per evitare questo, alla conclusione delle ostilità l’Organizzazione Meteorologica
Internazionale invitò il Comitato Speciale per l’Anno Polare Internazionale a farsi
promotore presso le nazioni e gli istituti di ricerca coinvolti della ripresa del lavoro
interrotto dalla guerra.
A tal fine, l’8 ottobre 1947 fu convocata a Washington una Commissione temporanea
formata da sei membri, per l’archiviazione dell’Anno Polare 1932–1933, la quale fissò al 31
dicembre 1950 il termine entro il quale la compilazione, l’analisi e la discussione dei dati
raccolti avrebbe dovuto essere conclusa.
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TERZO ANNO POLARE INTERNAZIONALE: 1957-1958
IL PROMOTORE
L’idea di promuovere un terzo Anno Polare Internazionale
risale al 1950. Non nasce in Europa, ma in America. Studiando i dati raccolti nel corso del
secondo Anno Polare Internazionale, gli scienziati constatarono quanto più rilevanti gli
stessi avrebbero potuto essere se fossero stati impiegati gli strumenti di ricerca sviluppati
nel corso del secondo conflitto mondiale (impianti radar, razzi e aerei a reazione capaci di
raggiungere le alte quote, sonar, sofisticate apparecchiature elettroniche, misuratori della
radioattività).
Negli ambienti scientifici s’era ormai consolidata l’idea di organizzare gli anni
internazionali di ricerca sul modello proposto da Weyprecht ogni cinquant’anni. Il terzo
evento si sarebbe dovuto realizzare nel 1982-1983 ma, alla luce delle considerazioni
suddette a molti sembrava assurdo che si dovesse attendere tanto per applicare le nuove
tecnologie in un piano di ricerca internazionale.
L’idea di un’anticipazione dei tempi prese forma nell’aprile del 1950 quando a Washington,
i fisici Sidney Chapman, Marcel Nicollet e James A. Van Allen discussero della qualità dei
dati raccolti nel corso del secondo Anno Polare Internazionale, il cui studio proprio allora si
stava concludendo. Dopo aver passato in rassegna i vantaggi ed i limiti degli Anni Polari
Internazionali del 1882–1883 e del 1932–1933, i tre studiosi convennero sull’opportunità
di accorciare i tempi per la prossima edizione dell’evento, fissandoli eccezionalmente a 25
anni da quello precedente. A loro favore giocava un motivo contingente: proprio in
occasione del 25° anniversario del secondo Anno Polare Internazionale, e quindi nel 1957–
1958, gli astronomi avevano previsto un periodo di attività particolarmente intensa del
Sole, che avrebbe offerto le migliori condizioni per lo studio dei fenomeni fisici relativi.
Presa la decisione, i tre scienziati non persero tempo e in breve riuscirono a convincere
l’ICSU (Consiglio Internazionale delle Unioni Scientifiche), a farsi promotore dell’impresa.
Questo, convocati i rappresentanti delle otto principali istituzioni scientifiche mondiali 3 ,
3 l’Unione Astronomica Internazionale, L’Unione Geodetico-Geofisica Internazionale, l’Unione Internazionale
per la Fisica Pura ed Applicata, l’Organizzazione Meteorologica Mondiale, l’Unione Geografica Internazionale,
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costituì con gli stessi un Comitato Speciale presieduto dallo scienziato inglese Sydney
Chapman, che alla fine sarà il vero realizzatore dell’evento.
A livello mondiale fu deciso che le ricerche si sarebbero svolte dal 1 luglio 1957 al 31
dicembre 1958, e quindi per un periodo di un anno e mezzo. Le stazioni geofisiche attive
avrebbero formato una rete per monitorare l’intera superficie terrestre, in particolare la
zona compresa tra i meridiani 75°W, 10°E e 140°W, la fascia equatoriale e le due calotte
polari, con un occhio di riguardo all’Antartide, dove sarebbero state attivate ben 57
stazioni.
LA STORIA
Dal punto di vista organizzativo il terzo Anno Polare fu il più complesso, non solo per la
vastità degli obiettivi scientifici che coinvolgevano il globo intero ma anche per la
situazione politica internazionale. Siamo alla fine di una guerra mondiale devastante
(come lo sono tutte le guerre!), nel bel mezzo della crisi tra Cina e Taiwan e in pieno clima
di guerra fredda con USA e URSS contrapposte nella gara alla conquista dello Spazio. Da un
lato, in America, ci si chiedeva se fosse opportuno “invitare” gli scienziati del blocco
sovietico a partecipare; dall’altro, una volta invitati, gli scienziati sovietici faticavano ad
accettare la “trasparenza” e l’impegno di condividere i dati che erano alla base
dell’adesione al progetto internazionale (Korsmo, 2007).
Il progetto di inviare satelliti nello spazio per osservare la Terra fu tra quelli in cui questo
atteggiamento emerse in modo lampante. Nell’ottobre 1957, proprio mentre era in corso
una riunione di coordinamento internazionale, a cui partecipava anche l’URSS, su come e
quando inviare i primi satelliti, l’URSS mise in orbita lo Sputnik senza che nessuno dei
partecipanti alla riunione ne fosse avvertito (Korsmo, 2007).
Nell’Anno Geofisico Internazionale furono coinvolte 67 Nazioni e quasi 80.000 persone e
furono installate 8.000 stazioni di osservazione.
l’Unione Internazionale per la Radio Scientifica, l’Unione Internazionale per le Scienze Biologiche e il
Comitato Consultivo Internazionale delle Comunicazioni Radio.
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LA PARTECIPAZIONE ITALIANA
L’Italia partecipò all’Anno Geofisico Internazionale con attività di misura in Italia, ma non
contribuì al terzo Anno Polare. Il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) provvide a
nominare nel 1954 una Commissione presieduta inizialmente dal geofisico Giovanni Silva e
dal 1957 dal geodeta Paolo Doré dell’Università di Bologna 4 . Era composta da una
quindicina di membri, in modo da annoverare un esperto per ogni campo oggetto
d’indagine dell’IGY. Alla fine la Commissione riuscì a coinvolgere nel progetto 90 fra
stazioni meteorologiche, osservatori astronomici ed altri centri di ricerca nazionali,
interessanti 12 delle 15 sezioni nelle quali erano stati suddivisi i lavori del IGY.
Fino agli anni ’60 l’interesse dell’Italia per le ricerche polari fu scarso. Ci furono
partecipazioni individuali di scienziati a spedizioni di altri, o spedizioni “private”, ma mai
niente di ufficiale a livello di nazione.
Franco Faggioni, tenente colonnello della Marina italiana, fu ospite dei neozelandesi alla
base Scott nell’ambito di un programma di ricerche di sismologia e fisica dell’atmosfera e fu
il primo italiano a trascorrere la notte polare in Antartide.
Nel 1960-61 un gruppo composto da un geochimico del CNR e da tre tecnici del CNEN
(Comitato Nazionale per l’Energia Nucleare) prelevò carote di ghiaccio nella piattaforma
fluttuante al largo della Terra della Regina Maud, ospite della spedizione antartica belga.
Nel 1962 il celebre geologo Ardito Desio mise piede in Antartide. Nei suoi ricordi lamenterà
che si trattò di una sorta di “viaggio organizzato” dagli Statunitensi più che una spedizione
degna del suo nome. Nel libro “ Sulle vie della sete dei ghiacci e dell’oro”, Desio ricorda le sue
impressioni dell’arrivo in Antartide come: “da un lato la gioia di avere finalmente realizzato
un’aspirazione che aveva tenuti imbrigliati i miei pensieri per tanto tempo, dall’altro la
delusione per essere arrivato al Polo come passeggero di una specie di linea aerea, anziché
lungo una rotta da me progettata e percorsa con mezzi terrestri”.
I RISULTATI
Visto il numero degli Stati coinvolti, i mezzi impiegati, il numero di ricercatori e la quantità
di osservatori attivati, l’Anno Geofisico – e terzo Anno Polare – si rivelò la più proficua
impresa scientifica della storia dell’Umanità.
4 http://www.esa.int/esapub/hsr/HSR_30.pdf
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Tra i risultati scientifici più rilevanti sono da ricordare:
- il lancio dei primi satelliti artificiali (fra cui lo Sputnik,
messo in orbita dai Sovietici, immagine a sinistra), che
avrebbero inaugurato l’era dell’osservazione della Terra
dallo Spazio, permettendo fra l’altro una maggiore
conoscenza delle calotte polari;
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- la scoperta, da parte dei satelliti Explorer,
di due fasce di intensissime radiazioni
circondanti la Terra all’incirca all’altezza
dell’equatore, a distanze variabili dai 2.000
ai 12.000 Km dalla superficie terrestre,
causate da particelle cariche bloccate nello
spazio dal campo magnetico terrestre, alle
quali venne dato il nome di “fasce di Van
Allen”.
- l’analisi della densità dei raggi cosmici, variabile in rapporto alla latitudine;
- la misura del campo magnetico del Sole, risultato superiore di almeno 8.000 volte a quello
terrestre;

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– la constatazione che le aurore polari si verificano contemporaneamente a Nord e a Sud, e
sono quindi originate da un unico fenomeno; la corrispondenza delle tempeste magnetiche
nei due emisferi opposti, caratterizzate da analoghi disturbi radioelettrici;
– la scoperta di una corrente che scorre a 3.000 metri di profondità sotto la Corrente del
Golfo, in senso contrario a quest’ultima e più in generale l’esistenza di correnti sottomarine
differenti da quelle superficiali, che rendono più attivo lo scambio di calore fra i mari polari
e quelli tropicali;
- l’identificazione delle dorsali medio-oceaniche che porterà dieci anni dopo alla
formulazione della teoria delle tettonica a placche.
- l’inizio delle misurazioni di CO2 in atmosfera, al Polo Sud e alle Hawaii;
- l’analisi del contenuto di ozono dell’aria, variabile a seconda della temperatura e della
latitudine.
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TRA IL TERZO E IL QUARTO ANNO POLARE: 1959-2007
IL TRATTATO ANTARTICO
Il risultato più significativo del terzo Anno Polare Internazionale fu il Trattato Antartico
(firmato a Washington il 1° Dicembre 1959 ed attivo dal 1961): una pietra miliare non solo
per la scienza ma per l’umanità.
Il Trattato Antartico, valido per le aree a sud del 60° parallelo, sancisce la libertà della
ricerca scientifica a scopo pacifico; interdice attività di carattere militare; vieta le attività di
sfruttamento minerario (almeno fino al 2041, quando il trattato sarà ridiscusso ed
aggiornato); vieta uso e deposito di materiale radioattivo. Persegue inoltre la libertà di
ricerca e la cooperazione internazionale attraverso lo scambio di informazioni e di
personale scientifico tra le diverse stazioni, e dispone infine il congelamento delle pretese
di sovranità territoriale delle parti contraenti sull’Antartide, funzionale ad un utilizzo
pacifico del continente.
Il Trattato si arricchisce di un protocollo per la difesa delle foche (Londra, 1972), un
protocollo di difesa delle risorse marine (Canberra, 1980) e di un protocollo per la
protezione dell’ambiente (Madrid, 1991).
Sono Membri Consultivi del Trattato i Paesi che dimostrano interesse per l’Antartide
svolgendovi concrete attività di ricerca.
L’ITALIA E IL TRATTATO ANTARTICO
Con l’obiettivo di diventarne Membro Consultivo, il 18 Marzo 1981 l’Italia aderiva al
Trattato Antartico e nel 1985 veniva istituito il Programma Nazionale di Ricerche in
Antartide (PNRA) che prevedeva attività di ricerca nel periodo 1985-1991. Già durante la
spedizione del 1986-87 venne costruita a Baia Terra Nova, sulla costa del Mare di Ross, la
prima stazione scientifica permanente italiana.
Nel 1987, grazie alle attività di ricerca realizzate in territorio antartico e all’interesse a
proseguirle, testimoniato dalla costruzione di una base permanente, l’Italia divenne
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Membro Consultivo. Dopo il 1991, le attività intraprese vengono estese con programmi a
scadenza quinquennali.
Con la spedizione del 1993-94, iniziarono in collaborazione con la Francia le attività di
ricognizione sul plateau antartico per identificare il punto più idoneo per una nuova
stazione scientifica franco-italiana. Stazione Concordia, completata nel 2004, è la quarta
stazione permanente ed annuale all’interno del plateau antartico. Ha costituito la base
logistica per un sito di perforazione profonda di ghiacci del progetto EPICA. La
perforazione si è arrestata ad una profondità di 3270 m e ha campionato ghiacci con età di
oltre 800.000 anni.
Nel 2004 la Stazione di Baia Terra Nova viene dedicata alla memoria dell’Ing. Mario
Zucchelli, instancabile, entusiasta ed inarrestabile manager del programma Nazionale di
Ricerche in Antartide; vero “propulsore”, più che promotore, di numerose e prestigiose
collaborazioni internazionali.
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I festeggiamenti per
la conclusione della
perforazione a
Stazione Concordia.

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QUARTO ANNO POLARE: 2007-2009
PROMOTORE
Il quarto Anno Polare Internazionale è un evento atteso dagli scienziati fin dalla fine
dell’Anno Geofisico Internazionale, di cui, ricordiamo, fece parte il terzo Anno Polare
Internazionale. L’Anno Geofisico Internazionale rappresentò un’esperienza indimenticabile
nella storia della scienza. Non fu solo un importante evento scientifico, ma fu un
catalizzatore di collaborazioni internazionali che non si esaurirono con la fine dell’Anno
Polare, ma si intensificarono e aumentarono con il tempo. La firma del Trattato Antartico,
che bandiva dal suolo antartico qualunque attività militare e di sfruttamento delle risorse
minerari, diede agli scienziati la consapevolezza che anche la scienza può giocare un ruolo
politico importante, a favore della pace e del benessere dell’umanità.
Leggendo alcuni dei documenti prodotti dall’Anno Geofisico Internazionale e parlando con
persone che parteciparono direttamente all’evento scientifico del 1957-58 è chiara
l’impressione che il quarto Anno Polare Internazionale fosse previsto ed atteso già dalla
fine del Terzo. Non furono necessarie, questa volta, la visione illuminata e l’idea di un
singolo individuo per dare il via a questo evento.
Ufficialmente l’idea del quarto Anno Polare Internazionale venne lanciata nell’ottobre 2004
congiuntamente dal World Meteorological Organization (WMO) e dall’International Council
for Science (ICSU).
CARATTERISTICHE DEL QUARTO ANNO POLARE INTERNAZIONALE (IPY) 2007-2009
Il quarto IPY 2007-2009 costituisce uno dei più ambiziosi programmi di collaborazione
scientifica internazionale mai fino ad oggi pianificati.
L’IPY si prefigge di osservare e studiare le regioni artiche e antartiche e di analizzare i
legami che queste regioni hanno con il resto del pianeta.
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Lo svolgimento dell’IPY 2007-2009 avviene in
contemporanea all’Anno Internazionale del
Pianeta, all’Anno Geofisico Elettronico
Internazionale e all’Anno Eliofisico
Internazionale. In pratica, dall’origine del
“progetto Weyprecht” le scienze fisiche
riguardanti la Terra, il Sole e il Cosmo hanno
assunto una tale complessità, da non poterle
più analizzare tramite un singolo evento.
Meglio, quindi, una serie di iniziative ognuna
con la sua specializzazione, in stretto
collegamento tra di loro. Volendo seguire nel
tempo lo sviluppo degli Anni Polari si osserva
che la scala di studio è andata via via
aumentando.
Sviluppo delle ricerche Polari nel tempo, tratto
da
http://jekyll.sissa.it/image.php?id=1956
• Nel primo Anno Polare dovettero essere escluse notevoli regioni del Globo, allora
non accessibili come il Continente Antartico.
• Nel secondo Anno Polare il progetto si espanse all’Antartide e alla troposfera.
• Il terzo Anno Polare, battezzato “Anno Geofisico Internazionale”, permise uno
studio compiuto dell’intera fisica terrestre, compresi gli strati più elevati
dell’atmosfera e i fenomeni fisici immediatamente esterni a questa.
• Il quarto Anno Polare include ricerche che si prefiggono di studiare l’influenza della
eliosfera sul sistema Terra.
• Il quinto Anno Polare, tra 50 anni, di che cosa si occuperà?
La nostra Galassia!

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I PRINCIPALI TEMI SCIENTIFICI
I temi principali scientifici dell’IPY sono sei:
1 – Studio dello stato attuale dei Poli, da ogni punto di vista (per esempio clima,
ambiente, atmosfera, ghiacci, oceani, geologia, biologia, popolazioni).
2 – Analisi dei cambiamenti in atto per quantificare e capire i cambiamenti naturali e
sociali presenti e passati per migliorare le previsioni per il futuro.
3 – Esame delle interconnessioni a scala globale al fine di migliorare la comprensione a
tutte le scale dei legami e delle interazioni tra regioni polari e resto del globo e dei processi
le regolano.
4 – Nuove Frontiere: usare le regioni polari per indagare sulle nuove frontiere della
scienza.
5 –Poli come luogo privilegiato di osservazione per migliorare e sviluppare osservatori
mirati a studiare l’interno della Terra, il sole, il cosmo e oltre.
6 – Dimensione Umana: studiare i processi culturali, storici e sociali che hanno modellato
la sostenibilità delle società circumpolari e identificare e valorizzare l’unicità del loro
contributo alla diversità cultura globale.
DATI
63 Nazioni coinvolte
50.000 partecipanti
228 Grandi progetti (risultato dell’accorpamento di circa 900 progetti più piccoli)
Di questi: 170 Progetti Scientifici
57 Progetti “Education & Outreach”
1 progetto Revisione del Trattato Antartico
Le linee guida dell’Anno Polare richiedono che gli scienziati che partecipano accettino di:
1. Lavorare a scala internazionale
2. Interagire con il maggior numero di partners scientifici
3. Costruire nuovi legami con altri scienziati e altre nazioni
4. Condividere i dati acquisiti
5. Partecipare attivamente a progetti di educazione e divulgazione
6. Allargare la comunità “polare”
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.
Ognuno dei 228 progetti finali è rappresentato da un esagono che richiamano i 6 punti precedenti.
Nella fascia in alto sono riportati i progetti dedicati allo studio delle zone artiche; in basso quelli dedicati allo
studio dell’Antartide e in mezzo quelli dedicati ad entrambi i Poli.
http://www.ipy.org/index.php?/ipy/detail/ipy_country_charts/
Nelle colonne da sinistra a destra sono riportati i progetti suddivisi per soggetto di studio
Pianeta Terra
Ambiente terrestre
Popoli
Oceani
Ghiacci
Atmosfera
Spazio
Comunicazione e Divulgazione
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Bibliografia
Korsmo F.L. (2004) Shaping Up Planet Earth: The International Geophysical Year
(1957-1958) and Communicating Science Through Print and Film Media. Science
Communication; 26; 162.
Korsmo F.L. (2007) The genesis of the International Geophysical Year. Physics
Today; v. 60-7; 38-44.
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