Supercar

ASTON MARTIN DP-100
Il gioco è diventato realtà
E D I Z I O N E I T A L I A N A
AMG GT-S
in anteprima il test
della Mercedes rivale
della Porsche 911
Poste Italiane S.p.A. - Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art.1, comma 1 - Aut. CBPA-SUD/NA/010/ 2009 - euro 3,50
Aventador Roadster
Vanquish
S63 AMG Coupé
Rapide S
Scirocco R
Cooper S
Mito QV
Edizione Speciale
Supercar
I S S N 1 9 7 4 - 6 4 8 2
,!7HB9H4-geiaaa!:o;k;k;Q;K
La storia
delle Supercar:
Miura Vs Countach
F40 vs 959
McLaren F1
Bugatti Veyron
oltre 400 km/h

World of
Editoriale
SuperHyper Car!!!
E D I Z I O N E I T A L I A N A
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che numero incredibile il
nostro sessantesimo numero!!!
Quando si avvicina il periodo delle ferie
estive le attività di tutti i settori si riducono,
se non addirittura si fermano.
Noi, da parte nostra, dobbiamo portare il
giornale nelle edicole, ma lo facciamo con
molta più difficoltà.
Ogni anno in questo periodo combattiamo
con l’ansia di non riuscire a realizzare un
prodotto all’altezza dei nostri standard
qualitativi… poi, alla fine, guardiamo le
bozze e wow un’altro incredibile numero.
Per farvi capire meglio potremmo
cominciare ad elencare i servizi di auto
come la Classe S Coupé che non
pubblicheremo o farvi vedere le foto di
“scarto” che per problemi di spazio non
siamo riusciti a mettere nelle pagine del
giornale.
I giorni nostri sembrano aver segnato una
nuova epoca per le Supercar, con la Porsche
918, la LaFerrari e la McLaren P1 che alzano
l’asticella delle prestazioni e della
tecnologia ancora più in alto, arrivando a
risultati solo pochi mesi fà impensabili.
Questa è stata la scusa perfetta per la
Redazione di indulgere la sua passione
perlopiù per le auto a motore centrale,
realizzando un numero sulle super-sportive
degli ultimi 50 anni.
Georg Kacher, che da oltre 30 anni guida le
auto più belle del mondo ci descrive le
emozioni dal sedile di guida delle tre
Supercar che ci hanno fatto fischiare le
orecchie in questi ultimi 12 mesi.
Nonostante sia avvezzo a guidare queste
auto sentiremo dalla sua penna l’entusiasmo
mentre guida la 918 in Spagna, la sua
eccitazione mentre guida la P1 per il Regno
Unito e il suo disappunto alla minaccia di
pioggia mentre si avvicina il suo momento
di guidare la LaFerrari.
Per oltre 52 anni il nostro giornale ha
raccontato l’emozione di guidare le
Supercar, non a caso è stato Car a coniare il
termine Supercar, ed oggi non è diverso.
Abbiamo quindi preso tutte le Supercar
degli ultimi 50 anni, la Miura e la Countach,
la F40 e la 959, la McLaren F1 e la Bugatti
Veyron, le abbiamo guidate e testate di
nuovo come fossero auto appena
presentate. In più abbiamo avuto l’onore di
vedere per primi l’incredibile prototipo
Aston DP-100, testato in anteprima la
Mercedes AMG GT con ancora il
camouflage adosso, la Classe S 63 AMG
Coupé, La Vanquish e poi quelle del nostro
parco auto, l’Aventador Roadster guidata
tutti i giorni per le strade di Roma, piccole
Supercar come la Mini Cooper S, la Kia Pro
C’eed GT che si sta facendo
largo tra le super Hot Hatch
e l’esclusiva dacia Duster
Brave Limited da 110 Cv.
Ma non finisce qui…
La Redazione di Car
note del Mese
Gavin, F40: ancora tu...
Gavin Green è stato il direttore di
Car UK e recentemete ci ha confessato
che uno dei suoi errori più clamorosi
è stato quello di giudicare la F40 una
mancata auto da corsa... gli abbiamo
dato l’opportunità di fare ammenda
Anthony e Andy
Quando provi a spingere
un’automobile oltre i 400 chilometri orari
è utile avere vicino qualcuno come il
plurivincitore a Le Mans, Andy Wallace
che ti fa da co-pilota
Numero sessanta Mensile - settembre 2014
DIRETTORE RESPONSABILE
Umberto Circi
STAFF
Federico Alessandrini, Riziero Bellucci, Riccardo Cacace, Lorenzo Catini
Jessica Circi, Antonella Diamanti, Antonio Di Nardi, Yuliya Ivanova, Francesco
Lopez, Alfredo Montalto, Sara Passarella, Giacomo Perri, Salvatore Roselli
STAFF Internazionale
Ben Barry, Chris Chilton, Tom Clarkson, Anthony ffrench-Constant, Greg
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hanno FOTOGRAFAtO
Sam Baker, Paul Barshon, Daniel Byrne, Mark Bramley, Roberto Carrer,
Easton Chang, Stuart Collins, Lennen Deschamps, Mark Fagelson, Gus
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Roberto Paravano, Richard Pardon, James Lipman, Tom Salt,
David Shepherd, Urlando, Radovan Varicak, John Wycherley
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STAMPAto da
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Ogni materiale, manoscritti, foto, testi ed altro inviato in redazione non verrà restituito salvo diverso accordo scritto.
© Bauer Consumer Media Ltd., UK- © Uno Publishing, Roma
All right reserved
stampato in Italia nel mese di Agosto 2014
Aut. Trib. di Roma n. 181 del 2 maggio 2008
Poste Italiane S.p.A. - Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46)
art. 1, comma 1 Aut. CBPA-SUD/NA/010/ 2009
Dr. Georg Airflow
Sembra ma non è uno dei cattivi di
James Bond. è il nostro Georg Kacher
che nonstante la sua trentennale
esperianza alla guida di Supercar, ci
racconta l’emozione di aver guidato le
tre Hypercar del momento
NEL MONDO ANCHE in: REGNO UNITO BrasilE Cina India MalESIA SUDAfrica SpaGNA thailandia TurCHIA

sommario
50 Hypercar ibride... ecco il futuro!
6
82
72
Le
regine degli anni ‘80
ancora in pista oggi
come allora
Sarà turbo il futuro
dei motori Ferrari
Chi ha paura della Bugatti?
Altro che vintage.
Queste due auto
perderanno mai il loro
fascino originale?
66
disponibile su android: visita google play magazine O vai su: www.pocketmags.com

Agenda
Aston Martin DP-100 direttamente da Gran Turismo
16
Classe S coupè AMG l’eccellenza di Mercedes si fa potente
78
McLaren F1,
the One and Only
Test esclusivo
per la AMG GT.
Sarà davvero la
rivale della 911?
30
38
6 Ferrari: i prossimi sei anni con il turbo
8 ForFour o Twingo? Trova le differenze
9 In Arrivo questo mese...
10 Intervista esclusiva a Gian Paolo Dallara
11 Orologi: Chopard vs TAG Heuer
12 Car Style
14 Essentials
FIRST DRIVES
16 Mercedes S63 AMG Coupé
20 Aston Martin Vanquish
24 Citroën C4 Cactus
27 Alfa Romeo Mito Quadrifoglio Verde
28 VW Scirocco R
29 Peugeot 308 SW
dal sedile di guida
30 Aston Martin DP-100
L’Aston che sembra venuta da Marte
38 Mercedes AMG GT
Finalmente Mercedes ha realizzato la rivale della 911
46 L’evoluzione delle Supercar
La storia delle Supercar dalla Miura alla LaFerrari
48 I Supereroi delle Supercar
Cosa li ha spinti a fabbricare queste “automobili”
50 Le ipersportive del 2014
Porsche 918, McLaren P1, LaFerrari
68 Un colpo all’Italiana
Miura Vs Countach
74 Quando eravamo Re
Ferrari F40 Vs Porsche 959
80 The One and Only
McLaren F1
84 Paura Primordiale
Bugatti Veyron
tutto il resto di car
Il nostro parco auto di questo mese ...
88
15 Mail
88 Le Nostre Auto: Lamborghini Aventador,
Roadster, Dacia Duster Brave, Subaru
Outback, Kia Pro Cee’d GT, Mini Cooper S,
Peugeot 2008, Nissan Leaf
98 TOP 10 - Altre.... costruite dalle Case
anche per ipad e iphone

Agenda
tutte le cose che ci faranno discutere questo mese
La Ferrari compie un passo
avanti con i turbo della 458 e 456
L’esclusiva di Georg Kacher sui motori turbo V6 e V8 della nuova generazione di Maranello,
e su un’inedita piattaforma in programma per il 2017.
6
CAR-MAGAZINE.it I SETTEMBRE 2014

La ferrari ha in mente di
trasformare la 458 e la FF a
motore centrale in auto
turbocompresse per la fine del
2016, prima di introdurre una
sportiva con V6 turbo.
La revisione motoristica inaugurata
per comprimere consumi ed emissioni,
col simultaneo aumento della potenza,
è cominciata con la California T. Il V8
biturbo della California è stato
ridimensionato di 642cc rispetto al V8
da 4.497cc della 458, pur avendo un
picco di potenza di 560 cv e una
coppia di 755 Nm.
Al Salone dell'Automobile di
Ginevra del 2015, questo V8 verrà
montato sulla riadattata 458 T, nome
in codice 142M. La potenza s'innalzerà
intorno ai 670 cv, un buon distacco dai
605 della controfigura indemoniata
della 458, la Speciale. Migrare verso
un propulsore compresso impone
modifiche progettuali significative per
gestire turbo, intercooler e freni
aggiornati. Le modifiche più evidenti
sono, com'è ovvio, le prese d'aria
maggiorate nella parte del muso, a cui
fanno da complemento i prominenti
bocchettoni laterali. Il team stilistico
di Flavio Manzoni ha anche
rimodellato i paraurti, ridisegnato e
aggiunto le luci a LED e migliorato
ulteriormente le linee aerodinamiche
per amplificare la forza a terra nelle
La California T è
stata la prima
Ferrari turbo dalla
F40 del 1987
in 15 secondi
Unità turbo V8
con 670 cv stimati
per la rivisitata
458 del 2015
La shooting brake
FF in lizza per
adottare la nuova
motorizzazione
nel 2016
Nuovo pianale per
soddisfare la 456
a motore centrale
con V6 turbo
Il motore turbo
della California T
sostituirà il V8
aspirato della 458
curve. All'interno, la 458 T avrà il
sistema di infotrattenimento Harman-
Kardon e una nuova telecamera di
retromarcia. La prossima Ferrari
turbo potrebbe essere il rifacimento
della FF, mentre il V12 di cui è dotata
rimarrà probabilmente in
configurazione aspirata fino al 2018,
anno in cui arriverà il rimpiazzo della
F12. Il grosso sviluppo strategico verrà
alla ribalta nel 2017, quando la
California seconda serie introdurrà la
nuova generazione di Ferrari.
Sebbene la sua arcirivale McLaren
rilascerà una grande varietà di
sportive in carbonio, le nuove Ferrari
manterranno la costruzione attuale in
alluminio. I materiali svolgono un
ruolo davvero importante in alcune
aree, in particolare oltre la linea di
cintura, per conservare un baricentro
basso. Da modello a modello, le
sboccianti generazioni saranno dai 20
ai 50 kg più leggere della gamma
odierna. Un'inedita trasmissione otto
marce a doppia frizione è ritenuta
inevitabilmente meno pesante
dell'apparato a sette rapporti di oggi.
I metodi d'assemblaggio
all'avanguardia dovrebbero
comprendere l'uso estensivo di
pannelli idroformati per l'esecuzione
di forme complesse, schiume
d'alluminio per rinforzare montanti e
portiere, e tecniche di fissaggio più
sofisticate.
Laerodinamica adattiva potrebbe
fare un salto di qualità con il ricorso a
piccoli attuatori idraulici capaci di
alterare le superfici della scocca e
sfruttare al meglio i flussi d'aria. La
prima applicazione delle nuove misure
sui motori è attesa intorno al 2019,
quando sarà sostituita la 458 T.
Secondo una fonte interna all'azienda,
Maranello sta coccolando l'idea di due
versioni sportive: una V8 e una V6. La
“456” potrebbe essere lievemente più
compatta della prossima 458: il
direttore capo della Ferrari, Amedeo
Felisa, non è solo focalizzato sul peso,
vuole anche che le sue auto siano agili
ed equamente dimensionate. Le due
vetture si distinguerebbero per il
diverso stile, meno aggressivo per la
456 che per la 458.
La convenienza economica
all'acquisto è forse a favore del V6
biturbo con cilindrata da 2.900cc, la
potenza e il risparmio reali sono
invece ancora da determinare, con
un'erogazione senz'altro desiderabile e
un obiettivo lodevole di creare una
Ferrari da meno di 200 g/km di CO2.
Questa riduzione di peso potrebbe
perfino riportare in auge il cambio
manuale della Ferrari con una
versione doppia frizione tipo il
manuale della Porsche 911. Sul fronte
prezzi, la 456 verrebbe collocata tra la
California e la 458, il che suggerisce
una somma approssimativa di 195.000
Euro Non c'è da illudersi che il V6
partorisca anche una Ferrari Dino
quale allestimento d'ingresso: Felisa e
l'amministratore delegato Luca
Cordero di Montezemolo restano
fermamente contrari a tale ipotesi. Ciò
è essenziale affinché possano
mantener fede all'impegno di
fabbricare non più di 10.000 vetture
l'anno per l'immediato futuro.
FERRARI: I prossimi sei anni
2015
LaFerrari FXX
e la Spider
L’ipersportiva da pista
sfodera più di 1.000
cv, previste anche 50
scoperte
2016
La FF ristilizzata e
la F12
Lieve aggiornamento per
la 4X4, la supercoupé
avrà più potenza look
rinfrescato
2017
la California II
La cabrio di seconda
generazione introduce
una nuova architettura
2018
La sostituta
della F12
Carattere meno da GT,
più intransigente
2019/20
Sostituzione della
FF e della 458
Viene ridefinito lo schema
della FF, la 458 diventa
la prima auto col nuovo
telaio
2020
la ‘456’
La sportiva con unità
propulsiva a ubicazione
centrale e V6 biturbo
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it 7

Agenda
ForFour o for Twingo?
Potrete scegliere indifferentemente la Renault o la Smart, perché in
fondo, queste citycar a motore posteriore, sono la stessa cosa.
Di John Mahoney
La Smart ha interni
tecnologici, ma
forse la scelta dei
colori andrebbe
rivista
LLa Smart ForFour è tornata,
ma questa volta ha scelto come
consanguinea la nuova Renault
Twingo, che va a rimpiazzare la scelta
del vecchio modello, una Mitsubishi
Colt. La ForFour è in sostanza una
versione allungata a 3,49 metri della
nuovissima Smart ForTwo, ingrandita per
ospitare cinque porte e esatto, come
avrete già immaginato, quattro persone.
Le sue origini indicano che, invece di uno
schema a motore e trazione anteriore
come sulla Colt, la nuova ForFour opta per
il motore dietro ai sedili dei passeggeri e
per la trazione posteriore. Promettente.
Sfortunatamente, queste due citycar
non sono proprio gemelle, e la Smart si
trova a ricoprire il ruolo della sorella
bruttina, in confronto alla graziosità della
nuova Twingo. La ForFour è 10 cm più
corta della Renault, e alla Smart affermano
che è sicura proprio come una Classe S,
tanto da farne schiantare una contro la
mastodontica berlina per provarlo. Alla
Smart dicono anche che il comfort di
RENAULT TWINGO
Con i suoi 3,59 metri
è più lunga della
Smart, e gira in uno
spazio più ristretto
(8,65 metri)
Solo due Twingo:
999cc da 70 cv o
898cc da 90, in arrivo
verso fine anno
RenaultSport non
mancherà di
mettere le mani
sulla piccolina, ma
niente V6 della
TwinRun
in 15 secondi
SMART FORFOUR
La Smart è lunga
3,49 metri, gira in
8,95, e ha un
bagagliaio più
piccolo (185 litri)
Un’opzione in più,
quella da 60 cv, e le
già viste 71 cv
999cc e 90 cv turbo.
La Smart
intraprenderà la via
ecologica con una
elettrica pura ed
una ibrida plug-in
La Twingo è più
stilosa, più spaziosa
e più agile. Causerà
litigi con la
sorellina?
guida è aumentato sensibilmente:
entrambe adottano un nuovissimo sistema
di sospensioni per attutire la guida
scomposta che spesso affligge le auto con
un passo così corto. La potenza viene
erogata dalla stessa unità a tre cilindri: la
ForFour può contare su un motore
benzina da 999 cc naturalmente aspirato,
proposto in versione da 60 e 71 cv, ed
un’unità benzina 898 cc da 90 cv, turbo.
Sono previste anche una versione elettrica
ed una plug-in, ma nessun diesel. Il
cambio è un manuale a cinque rapporti o
un doppia frizione a sei velocità, che
manda in pensione il terribile sistema che
montavano le precedenti versioni.
La FourFour dovrebbe costare intorno
ai 12.500 Euro, cioè circa 600 Euro in più
della ForTwo, e le consegne inizieranno
nei primi mesi del 2015.
Una Supercar retrò
firmata Kahn
Il maestro customizzatore Afzal Kahn ha
cambiato marcia
per amore delle auto
Anstead costruisce e restaura
auto dal 1995, ispirandosi alle
icone degli anni ‘50. La sua
squadra costruirà questa
barchetta intorno ad uno chassis
tubolare ricoperto in Kevlar – e da
qui in poi la palla passerà a Kahn
Potenza Esagerata
La Evanta Barchetta sarà alimentata
da un’unità GM V8 da 6.2 litri,
modificata per erogare intorno ai 450
cv. Con un peso stimato intorno ai
1.000 kg, questa roadster è destinata
a spiccare il volo
Edizione limitata
La “coppia” si è prefissata
di produrne 20 all’anno. Le
Barchetta saranno
vendute dallo showroom
Kahn a Chelsea e dalla
nuova concessionaria di
Leeds
Quando Ant incontrò
Afzal
Cosa si ottiene incrociando
il boss delle Range Rover
Afzal Kahn con Ant
Anstead, il presentatore di
For The Love of Cars e
boss della Evanta Motor
Company? Questa
barchetta dallo stile retrò,
una collaborazione
realizzata a mano e primo
frutto della nuova
partnership Ant-Kahn
E poi?
Stando a quanto affermato,
il prossimo progetto sarà
una Aston V12 ricarrozzata,
che sarà seguita dalla
Flying Huntsman, cioè una
Land Rover Defender V8 da
più di 550 cv.
Scommettiamo che
nonostante il nome la faccia
assomigliare ad un treno,
non sarà così precisa alla
guida
8
CAR-MAGAZINE.it I SETTEMBRE 2014

InArrivo
Il Bello, Il Brutto e Il Cattivo
delle nuove auto e concept
di questo mese
Volkswagen Passat
VOLKSWAGEN È di nuovo a caccia di qualità,
ed annuncia che la nuova Passat è una spanna
sopra alle semplici Mondeo ed è ora più vicina
alle BMW. Sarà venduta nei primi mesi del
2015 a partire da 28.200 Euro, e, sostenuta dal
pianale MQB della Golf di settima generazione,
il peso scende di 85 kg mentre le prestazioni
Agenda
migliorano del 20%. In Italia arriveranno i
benzina da 1.4 e i diesel 1.6 e 2.0. VW sta
lavorando alla tecnologia, con un kit che include
l’head-up display, intrattenimento per i sedili
posteriori, frenata automatica per evitare le
collisioni e un sistema ed un sistema start-stop
che guida nel traffico.
Presto in arrivo nel parco
mezzi della vostra azienda,
la sensibilissima VW
Passat. Sarà l’ottava
generazione
Mazda2
Mercedes S65 Coupé
LA MINI DI MAZDA si rifà il look ad inizio
2015 con l’arrivo della terza generazione della
Mazda2. Non più imparentata con la Fiesta, la
2 deriva dalla più grande Mazda3. Le ragioni
per sceglierla in luogo della Ford includono
un nuovo elegante abitacolo e due motori
high-tech 1.5 litri, benzina o diesel. Più tardi
potrebbero anche resuscitare il motore rotativo:
ma solo come generatore per un ibrido plug-in.
Il prezzo dovrebbe partire da 12.000 Euro.
Ariel Ace
L’ATOM DI ARIEL è
la cosa più vicina alla
sensazione di guidare
una motocicletta che
potrete mai avere su
quattro ruote, ma per
quelli che preferiscono
ancor più adrenalina,
Ariel torna alle sue radici
a due ruote con questa
Ace. Spinta da un V4 di
Honda da 175 cv, la Ace
si rifà al telaio scheletrico
dell’auto e offre miriadi
di personalizzazioni
fra colori, finiture,
sospensioni ed anche
serbatoi interi.
Più burbera di una
McLaren F1 coi suoi
1.000 Nm di coppia,
la mega Mercedes col
suo V12 biturbo da 630
cv potrebbe essere
tranquillamente la quattro
posti più veloce al mondo:
il tachimetro della S65
arriva fino ai 360 km/h. Ma
è pura accademia visto
che è limitata ai 300 km/h.
In ogni caso non ci si può
lamentare dei 4,1sec da
0-100 km/h, e costerà
255.300,60 Euro, ma vi
porterete a casa una super
coupé che scannerizza il
fondo stradale, preparando
le sospensioni ed
ottimizzando il comfort in
maniera inquietante.
McLaren 650s GT3
VI PIACE SALIRE DI LIVELLO? Ai
possessori di McLaren 12C GT3 verrà
sicuramente voglia, vedendo questa
650S GT3. Costruita sullo stesso telaio
MonoCell in carbonio, la 650S avrà nuove
aerodinamiche e raffreddamento migliorato.
I piloti poi apprezzeranno i nuovi pannelli più
facili da cambiare, e il maggiore intervallo
di tempo nella manodopera del motore e
della trasmissione. McLaren offrirà degli
aggiornamenti ai possessori di 12C per molto
meno di 412.000 Euro che tocca sborsare
per una nuova 650S GT3. Tutti in pista...
Opel Corsa
ECCO A VOI la nuova Corsa, che mantiene tutte le virtù
del vecchio modello, tra cui il look carino e l’abitacolo
spazioso, aggiungendoci anche nuove sospensioni,
sterzo, trasmissione ed interni. “È veramente un grosso
passo avanti nella guidabilità, visto come risponde
prontamente” confida a CAR Karl-Thomas Neumann,
di GM Europa. Tra i motori ci saranno un 1.4 litri turbo
da 100 cv, un 1.3CDTi e principalmente un tre cilindri
1.0 litri turbo, da 90 o 115 cv, con un nuovo
La Corsa
rimane compatta
coi suoi 4 m di
lunghezza. In
vendita tra pochi
mesi
contralbero per la tanto decantata brillantezza al top
della classe. Dentro, un touchscreen da 7 pollici riduce
drasticamente la conta dei pulsanti. Sono inclusi gli
allarmi di cambio corsia e per l’angolo cieco, oltre al
sistema di parcheggio automatico.
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it 9

Agenda
foto spia
HONDA NSX (2015)
La Supercar NSX di Honda si presentò
per il suo turno al Nürburgring, ma di lì
a poco prese fuoco. È una bestia hightech,
che unisce un V6 benzina con
dei motori elettrici per spingere quattro
ruote motrici. La trasmissione passa
per un cambio a sette rapporti a doppia
frizione; aspettatevi uno 0-100 km/h in
meno di 4,0 sec e 320 km/h.
Jaguar f-type 4wd (2015)
Perché Jaguar starebbe ancora
nascondendo la sua F-Type Coupé?
Il cofano sporgente ci svela l'arcano:
questo muletto vanta semiassi e
differenziali anteriori, che la rendono
a trazione integrale. Sia la V6 che V8
avranno le quattro “zampe” mobili, ed
è anche previsto un V6 con cambio
manuale.
BMW serie 2 Cabrio (2015)
Dopo la Serie 2 MPV, ecco a voi
la Serie 2 convertibile. Secondo la
numerologia BMW, è basata sulla
Serie 1, avrà prevalentemente quattro
cilindri ma anche il bel sei cilindri della
235i, trazione posteriore e tetto in
tela. Che ci toccherà vedere poi, una
Serie 2 MPV cabrio? No, una sette
posti!
FORD FOCUS RS (2016)
Fonti interne Ford ci parlano da tempo di
una Focus RS, ed eccone la prova: una
cinque porte col body kit che prevede un
2.3 turbo portato a oltre 300 cv. Resterà a
trazione anteriore ma avrà il differenziale a
slittamento limitato ed il cambio manuale
a sei rapporti. Ah, ovviamente avrà
bisogno ancora di un paio d'anni.
Il padrino della Miura sta
preparando il suo capolavoro
L'ngegnere telaista Dallara vuole progettare la sua auto sportiva, di Georg Kacher
Gian Paolo Dallara,
padrino della Lamborghini
Miura e progettista di vetture
da corsa, vuole realizzare uno
dei suoi più grandi progetti,
dopo 55 anni di attività. “Mi
chiedono spesso perché non ho mai
fatto un'auto sportiva griffata
Dallara”, afferma l'ingegnere
settantasettenne.
“Rispondo sempre per mancanza
di tempo e denaro. Ma adesso mi
sento pronto a sviluppare questa due
posti ultraleggera che porterà il mio
nome”. La “Dallara”, che dà lavoro a
250 persone in Italia e vanta un
centro R&D ad Indianapolis, ha il
pedigree per le auto sportive: ha
lavorato a purosangue come la
Maserati MC12 la Bugatti Veyron.
L'obiettivo peso è fissato a 850 kg,
il che ci suggerisce un normale top
pieghevole, niente aria condizionata e
nessun sistema di assistenza alla
guida oltre l'ABS e gli airbag. Lo
sterzo è il classico pignone e
cremagliera vecchia scuola; Fiat/Alfa
provvederà a fornire un 2.0 litri turbo
buono per almeno 300 cv. Secondo
Dallara, questo missile terra-terra,
che verrà prodotto in non più di 100
Dallara: “Non
abbiamo vinto
in F1, ma
abbiamo avuto
un buon record
di arrivi”
ALCUNE GLORIE DI
DALLARA
Ferrari 250 GTO
Dallara spinse Ferrari a
concentrarsi
sull'aerodinamica,
influenzando così il
design della 250 GTO
Maserati Tipo 61
La vettura di Stirling
Moss soprannominata
Birdcage, per il suo
telaio tubulare in
acciaio
Lambo Miura
Dallara contribuì a
sviluppare il telaio della
famosa Supercar col
V12; spera di poterne
finalmente comprare
una quest'anno
IndyCar
Un approccio diverso
dalla F1, afferma
Dallara, visto che le
IndyCar toccano i
400 km/h
La Dallara si ispira all'Alfa 4C in fibbra di
carbonio per la quale è stato partner nello
sviluppo
unità all’anno, dovrebbe essere messo
sul mercato entro il 2017 a 80.000 Euro
circa.
Rappresenterà l'apice di una
carriera stellare. Enzo Ferrari diede a
Dallara il primo impiego nel 1959:
“Introdussi Ferrari alla galleria del
vento, sapendo che la riduzione della
resistenza dell'aria era fondamentale
per migliorare le prestazioni. Stavamo
lavorando alla 250 GTO, alle 330 e su
un paio di prototipi”.
Dopo 18 mesi se ne andò in
Maserati e infine sbarcò in
Lamborghini. “Progettammo la 350
GT, la Miura e la Espada con un
budget strettissimo e in un lasso di
tempo incredibilmente breve. La Miura
fu probabilmente l'auto sportiva più
significativa della sua era. Bob Wallace
fece tutti i test drive con i soli due
prototipi che ci potevamo permettere
– per tutti i 30.000 km – ma anche
quei due muletti furono venduti!”.
Dallara si mise in proprio nel 1972: il
primo coinvolgimento in F1 incluse la
Iso Marlboro dei primi anni '70 e la
BMS Scuderia italiana dal 1988 al
1992. “Non ci sono possibilità che io
possa tornare in F1: dovremmo
bloccare ogni altra attività e
assicurarci uno sponsor”. La sua
azienda continuerà a produrre altre
vetture da competizione: ogni
weekend, qualcosa come 300 delle sue
creature competono nei campionati di
Formula 3, nel campionato IndyCar
(unico fornitore) e, da settembre,
anche nel campionato delle
elettriche da corsa della Formula
E. Una bella soddisfazione per
Dallara. Insieme a questa sportiva
stradale che porta il suo nome.
10
CAR-MAGAZINE.it I SETTEMBRE 2014

Agenda
TAG HEUER CARRERA
MCLAREN 40TH ANNIVERSARY
www.tagheuer.co.uk 5.600 euro circa
Questo nuovo Carrera celebra 40
anni di titoli mondiali vinti da
McLaren
CHOPARD SUPERFAST
CHRONO PORSCHE 919
EDITION
www.chopard.com Euro 9.950
Porsche ritorna a Le Mans:
quest'orologio celebra l'evento
SE VI è PIACIUTA
questa stagione del
Motorsport, allora
perché non ricordarla
con uno di questi
orologi commemorativi? Eccone
due fra i nostri preferiti: Chopard e
TAG Heuer.
Il boss di Chopard, Karl-Friedrich
Scheufele è un grande appassionato
di automobili, e tutta la sua
esperienza e il suo entusiasmo si
riflettono nei suoi orologi a cui
associa gli eventi ed i protagonisti
del mondo dello sport. Nessuna
sponsorship milionaria dalla F1 per
lui. Conoscerete Chopard come lo
sponsor di lunga data della Mille
Miglia, e gli orologi che crea
annualmente per ciascuna edizione
dell'evento sono indossati da
tantissimi luminari dell'industria del
Motorsport. Scheufele ha anche
realizzato orologi in collaborazione
col Monaco Historic Grand Prix, con
McLaren vs Porsche:
la sfida dei giganti
O meglio, Chopard vs TAG Heuer. Questi sono i veri
supereroi dell'orologeria del Motorsport. Di Ben Oliver
la scuola di design Zagato e con
Jacky Ickx.
Una fonte di ispirazione niente
male. Come primo passo per la
sponsorizzazione del Motorsport
moderno, è rimasto alla larga dalla
F1 e ha deciso di accompagnare il
ritorno a Le Mans di Porsche. Di
nuovo, un'altra unione che
approviamo: altrettanto piena di
significato emotivo quanto lo è di
quello tecnologico. Ovviamente c'è
anche un orologio dedicato
all'accordo, limitato a 919 pezzi e
presentato alla Le Mans. Ha il suo
posto nella collezione Superfast di
Chopard, il che significa che avrà un
look più aggressivo e moderno della
maggior parte degli Chopard “da
corsa”, con la sua lunetta a vite e col
quadrante a motivi geometrici. Un
cinturino in gomma rimpiazza il
caratteristico stile a battistrada
Dunlop in favore di una liscia e
granulosa finitura di una slick da
corsa. A proposito, Mark Webber ne
indossa uno.
TAG Heuer ha rinnovato la
sponsorizzazione del Goodwood
Festival of Speed, che ha sfruttato
per far debuttare un orologio che
commemorerà i 40 anni dalla prima
vittoria del titolo “piloti e costruttori”
di McLaren con Emerson Fittipaldi.
L'azienda era in realtà il segnatempo
ufficiale di Ferrari negli Anni '70, ed
iniziarono la collaborazione con
Woking solo dal '83.
I patiti degli orologi adorano gli
esemplari costruiti nel loro stesso
anno di nascita, e di solito se ne
comprano uno a 40 anni, ma questo
va ben oltre, aggiungendo la data
sulla ceramica della lunetta. Il
prezzo è di quelli che fanno
sussultare coi suoi 5.600 Euro circa,
ma offre il meccanismo originale
della Casa risalente al 1887 in un
orologio decisamente bello da
vedere, con un quadrante nero-subianco
coi dettagli nel classico
arancione papaya di McLaren. Il
cinturino in battistrada
probabilmente deve qualcosa ai
Mille Miglia di Chopard.
Scarobocchi
del designer
Andiamo a caccia dei designer famosi
per farci sketchare le loro auto preferite
Frédéric Duvernier
Capo designer degli esterni, Citroën
Laureato in RCA, Duvernier è
stato un designer di interni in
Ford prima di unirsi a Citroën
come designer di esterni nel
giugno del 2000. Dal 2004 al 2006
ha lavorato come capo designer
per Nissan, per poi tornare di
nuovo in Citroën. Quando
l'abbiamo incontrato era così
occupato a disegnare che il capo
stylist di Citroën Mark Lloyd ha
parlato in sua vece...
IL SUO LAVORO PREFERITO
Citroën C4 Cactus
“C'è un certo limite imposto a quello che puoi fare
mischiando vetro, metalli e luci. Ispirati dal design
aggressivo di un parcheggio parigino, abbiamo realizzato
che il quarto elemento è la protezione”
DETTAGLIO PREFERITO DI SEMPRE
Citroën DS, la Traction e la 2CV
“C'è una stretta correlazione fra l'impronta
semplicistica della grafica della Cactus e le poche
linee necessarie per disegnare una DS, che sia la
Traction o la 2CV”
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it 11

LifeStyle
L'outfit sportivo per ogni Man In Black
che si rispetti
Scarpe Huarache Triple Black
La Nike aveva smesso di produrle parecchio tempo fa e, come
spesso accade, Footlocker ha ottenuto un'esclusiva a dir poco
fortunata. Hanno i lacci sì, ma in realtà si tratta di una scarpa slip-on,
ovvero senza linguetta, il che le rende a dir poco comode e morbide.
L’ispirazione è nata direttamente dai sandali dei nativi americani con le
fibre intrecciate ma il risultato, invece che guardare al passato, dà un
senso più che futuristico.
www.footlocker.eu/it
119 Euro
Orologio G-Shock
G-classic collection
Quando lo sportivo incontra il
classico. G-shock, un orologio che da
sempre viene associato al digitale e
comunque ad un mondo che non conosce
cinturini di pelle o lancette, in questa nuova
versione diventa analogico.
Nonostante l’arrivo delle lancette, che a
differenza del resto dell’orologio nero, sono
d’orate, permangono le funzionalità che
hanno contraddistinto questo orologio nel
corso del tempo.
E allora: cronometro, timer, allarme ma
anche sistema per proteggerlo dai campi
magnetici, impermeabilità e tante altre che
probabilmente dimenticherete anche di avere
a disposizione.
www.casio-europe.com/it
119 Euro
Portafoglio Albany
Se desiderate qualcosa di diverso
ma comunque intendete riporre le vostre
banconote in qualcosa di vera pelle,
allora rivolgetevi a Jimmy Choo.
Un pezzo classico in pelle ruvida nera
con un angolo smussato, che però vi
sorprenderà con una distesa di stelle in
rilievo che occupano tutta la superficie.
Una volta seduti, con il portafoglio
inserito nella tasca posteriore del proprio
jeans, la comodità non è garantita, ma
lo stile sì!
row.jimmychoo.com/en
350 Euro
Cuffie Beats Studio
Wirelesse
Stiamo parlando di una cuffia con
cancellazione attiva del rumore che, in
questa nuova versione wireless, offre la
possibilità di ascoltare la musica senza fili.
Una bella scocciatura in meno quando si
tratta di ascoltare musica in giro, magari
facendo sport. La libertà che concedono,
potrete godervela anche alla guida grazie
alla funzione bluetooth che vi permette di
rispondere al telefono. In tinta nera, come
si conviene.
it.beatsbydre.com/it
379 Euro
12
CAR-MAGAZINE.it I SETTEMBRE 2014

Agenda
Jaguar E-Type
Nell'immaginario comune
la E-Type è associata ad uno dei ladri
più famosi della storia dei fumetti,
Diabolik, che sì, poteva contare sulla
scintillante presenza di una fantastica
Eva Kant sul sedile del passeggero,
ma noi comunque preferiamo
associarla ad un vero gentiluomo.
È un'icona degli anni '60, è vero,
ma ha una linea che ancora oggi fa
impallidire tante Supercar moderne,
con quel cofano che sembra infinito,
ma necessario per ospitare l'iconico
sei cilindri in linea da 265 cv a 5.500
giri al minuto, capace di spingerla
sino a 240 km/h, con uno scatto
0-100 archiviato in soli (all'epoca)
7,2 secondi. Al posteriore, i due
terminali di scarico centrali ancora
oggi sono capaci di far girare la testa
ad ogni appassionato di auto, ed il
grande volante in legno è un tocco
di stile che la concorrenza odierna
ancora si sogna. Il cambio era a
quattro velocità e la trasmissione
naturalmente posteriore. L'occhio
Giacca Oil Skin
Field Google
Quando avrete voglia di
distinguervi non sarà un problema
con una delle giacche di punta
della C.P. Company, e non lo
sarà neanche se non vorrete
farvi riconoscere. In questo caso
basterà mettere su il cappuccio
con occhiali integrati. Una giacca
per la fine dell’estate, quando le
temperature sono miti di giorno ma
si abbassano al calare delle sera
e allora farà piacere avere indosso
un rivestimento interno di cotone
e un materiale esterno trattato per
ottenere un effetto resina gommata.
www.cpcompany.co.uk
870 Euro
Borsa porta PC in
fibra di carbonio
vuole la sua parte, ma qui stiamo
parlando di auto, e all'epoca la
E-Type poteva dire la sua senza
chiedere il permesso.
Trovarla oggi è sempre più difficile ed
i prezzi sono schizzati alle stelle negli
ultimi anni, ma gli amanti della bella
vita in tutte le sue forme dovrebbero
far di tutto pur di averne almeno
una nel garage, possibilmente nella
variante coupé.
A riconferma dell'accresciuto
interesse verso questo modello,
anche la Casa madre ha rispolverato
il progetto per proporre una serie
limitatissima di sei esemplari ad alte
prestazioni denominati Lightweight,
omologabili per le competizioni
automobilistiche. Per ora sono
chiacchiere, dal momento che la
produzione inizierà nei prossimi
mesi, ma comunque sufficienti per
ribadire ancora una volta, come se
ce ne fosse bisogno, che la rinomata
coupé inglese è, e rimarrà ancora
per molto, un mito ed un'icona di un
automobilismo di altri tempi, quello
dei veri gentiluomini.
La borsa porta pc
della linea "Carbon Fibre
Lamborghini" è realizzata
interamente a mano con un
design essenziale in fibra
di carbonio completato da
dettagli in pelle. Il colore è
quello naturale delle fibre di
carbonio: nero con riflessi di color grafite.
Le dimensioni, i tre comparti interni separati, la tracolla e un taschino con
cerniera ne permettono l'utilizzo confortevole come porta computer.
www.lamborghinistore.com/it
1.058 Euro
Il famoso campo dal Golf
su cui sorge la comunità di
Pebble Beach
Pebble Beach
A
vete presente le famose spiagge
californiane con Surfisti e guarda spiaggia sulle
torrette? Nella costa occidentale degli Usa potrete
trovare questo genere di scenari ma esistono delle
porzioni di terra, sempre con affaccio sull’oceano, che non vi
aspettereste mai. Una di queste è proprio Pebble Beach, una
meta a dir poco ricercata, frequentata da nababbi possessori
di grandi ville e soprattutto con la fissa per le belle auto.
Questa piccola comunità pacifica, in tutti i sensi, si trova nella
contea di Monterey, California ed è sì, conosciuta come una
località turistica ma fondamentalmente sorge su un famoso
da campo da golf con, ovviamente, relativo esclusivo club.
Qui, i facoltosi residenti, oltre a fare la bella vita, attendono
per tutto l’anno l’arrivo dell’estate e nello specifico la
settimana di ferragosto, periodo in cui si svolge un famoso
concorso. Si tratta di una delle più prestigiose mostre di auto
al mondo: Il Concours d’Elegance appunto di Pebble Beach. Il
concorso dura una settimana e riguarda le auto d’epoca,
quelle che hanno fatto la storia che spesso sono esemplari
unici restaurati e curati come se si trattasse di un’opera
d’arte, e forse e proprio così. Va da sé che questi gioielli non
soffrono di solitudine e quindi non è difficile, proprio in
questa settimana ma anche in quella precedente, imbattersi
in auto super sportive di età decisamente più giovane. La
domenica che conclude la settimana di festeggiamenti è il
giorno clou in cui vengono assegnati i diversi riconoscimenti
da parte di una selezionata giuria internazionale e il tutto si
svolge nel cuore dell’esclusiva 17 Miles Drive, una porzione
privata di costa. Ma prima del grande evento ci si scatena in
tutta la zona limitrofa: le vie di Carmel e Monterey, non molto
distanti, sono in fibrillazione con parate che nascono
spontaneamente e arricchiscono l’atmosfera con la
partecipazione del pubblico. Questa è una manifestazione
davvero colma di auto da sogno ed una cosa è certa, l’Italia
viene egregiamente rappresentata con modelli che fanno
ingelosire tutto il mondo.
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it 13

Agenda
Essentials
Quando il portafogli è troppo ingombrante e un
semplice fermasoldi non è abbastanza...
EAB Pocket Knife
Questo coltellino tascabile
Gerber ha la lama intercambiabile.
Dimenticatevi la noia dell'affilatura,
all'evenienza basterà comprare
una nuova lama, svitare due viti,
ed il gioco è fatto. L'impugnatura
in acciaio inossidabile, inoltre,
integra una clip che può essere
utilizzata come fermasoldi, di certo
non dei più sobri. Una sicura tiene
la lama in posizione aperta quando
necessario.
www.gerbergear.com – 10,5
Euro
Self Defense Money Clip
State cercando un modo facile
facile per informare i passanti che non
è proprio il caso di pensare anche
lontanamente a derubarvi? Questo
fermasoldi dovrebbe bastare per
scoraggiare la maggior parte dei
malintenzionati. È leggero perché
costruito in alluminio, e in un attimo
può trasformarsi in una vera e propria
arma per la difesa personale, vi basterà
sfilare i soldi e sarà pronto all'uso.
Oppure potreste anche semplicemente
appoggiarlo sul tavolo al bar, della serie
“A buon intenditor poche parole...”
http://www.museumreplicas.com
9 Euro
Keyclip
La maggior parte dei fermasoldi
non riesce a contenere che poche
banconote, a causa del design
minimalistico che spesso li caratterizza.
Questo invece, che tecnicamente è
un vero e proprio portafogli 3 in 1 che
può contenere banconote, carte di
credito, una chiavetta USB e fino a
6 chiavi, il tutto in un design sottile e
realizzato in acciaio inossidabile. Se
tutto il resto vi sembra superfluo potrete
sempre staccare le varie componenti
aggiuntive e lasciare solo il fermasoldi
per ingombrare ancora meno una volta
in tasca.
http://www.leftfielddesign.net
38 Euro
Fermasoldi o
deterrente per
aggressioni
The Makemoney Clip
Realizzato in bronzo o rame, questo fermasoldi
ha un design fantastico, minimalistico ma ricercato. Questi
due metalli hanno,
strutturalmente, la
flessibilità necessaria
per potersi adattare
a diversi “carichi”
di banconote, o per
poterle abbracciare
gentilmente nei
periodi di magra. Ogni
fermasoldi è venduto
con un leggero rivestimento protettivo, che col tempo tenderà
ad andarsene, e a quel punto il metallo cambierà naturalmente
colore. Potrete tenerlo in questa nuova veste oppure rilucidarlo,
per averlo sempre lucente come il primo giorno.
http://www.themake.co/shop 28,5 Euro
Viper Titanium Money Clip
probabilmente il fermasoldi più amato dagli
sceicchi o dai magnati russi. Questo Viper Titanium costruito
completamente in Titanio americano, ideato con programmi di
modellazione 3D e realizzato con macchinari a controllo numerico
per un'elevatissima precisione, può contenere 60 banconote
piegate o 120 non piegate. La particolarità del Titanio è l'estrema
resistenza alla corrosione e all'usura, dal punto di vista tecnico,
e... l'estrema ricercatezza che potrete ostentare con i vostri amici,
dal punto di vista sociale.
gerbergear.it - 89 Euro
Fermasoldi in carbonio
Non fatevi ingannare dalle dimensioni lillipuziane. Questo
fermasoldi in carbonio è praticamente un doppio fermasoldi, e può
contenere molte più banconote di quello che sembra. La tecnica
costruttiva è così avanzata che il produttore offre una garanzia di
cinque anni contro la delaminazione del carbonio. Non essendo
in metallo, potrete anche tenerlo in tasca quando passate al metal
detector in aeroporto, così da non dover necessariamente svuotarvi
le tasche e far conoscere a chi vi sta intorno il loro contenuto. E poi è
in carbonio, già questo dovrebbe bastare!
http://www.roarcarbon.com – 37 Euro
14
CAR-MAGAZINE.it I SETTEMBRE 2014

Mail
Scrivi
alla redazione di :
Via Sambuca Pistoiese 70a - 00138 - ROMA
e-mail: redazione@car-magazine.it
www.facebook.com/CARitalia
www.car-magazine.it
Ciao Redazione,
volevo prima di tutto farvi i complimenti per l’ultimo
numero, mi sono davvero gustato lo speciale sulla TT,
e sono rimasto impressionato dalla ricchezza di
particolari e notizie che non avevo mai letto. Sono un
amante della due posti Audi sin da quando vidi le
prime foto del concept tantissimi anni fa, e anche se
non ne avevo mai avuta una, mi sono avvicinato a
questo modello dapprima inserendomi in un club Audi
ricco di proprietari di TT, partecipando agli eventi e
alle manifestazioni con la mia A3 TDI S-Line. A novembre, invece, ho iniziato le mie ricerche
per trovare un modello che potesse entrare a far parte della mia vita. Volevo una TT Coupé
Sport, ma visti i problemi che ho già incontrato con altri modelli sportivi Audi in passato, ho
deciso di depennarla subito dalla lista dei desideri, ed i sedili Recaro, seppur bellissimi, non
erano proprio il massimo per la mia schiena. Così dopo anni di ricerca e qualche delusione
mi sono finalmente regalato la mia prima TT, un classico 2.0 con cerchi in lega e senza
trazione integrale, cioè quella che reputavo “pura” e maggiormente vicina alle mie aspettative.
Ora, a qualche mese di distanza, volevo condividere con voi la soddisfazione per la mia scelta,
e la gioia di utilizzarla tutti i giorni. Non rimpiango la mia vecchia A3, nonostante fosse più
spaziosa e capiente, e consumasse anche qualcosina in meno, la gioia di guidare una TT è
così grande che al momento vorrei un garage pieno di TT!
Continuate così!
Giovanni Scotta
Non riesco a credere di essere l’unico a pensare che i designer impazziscano
quando si tratta di disegnare le calandre e le griglie delle nuove auto. La nuova TT,
ad esempio, ha una griglia talmente grande da rovinare quella che sembra essere una
bellissima auto. E Audi non è l’unica ad esagerare, basti pensare a Peugeot, Mercedes,
Jaguar, giusto per citarne alcune. Perché farle così grandi? Che senso ha? Porsche,
Ferrari e BMW, a parer mio, sarebbero gli esempi da seguire, con griglie e calandre
né troppo grandi né troppo piccole, semplicemente delle giuste dimensioni. Scusate
lo sfogo, ma seguo e compro Car sin dal primo numero e credo di poter essere autorizzato
a condividere con voi le mie perplessità.
Livio Chini
Caro Giovanni,
siamo davvero contenti per questo tuo entusiasmo.
La TT è un’auto sicuramente divertentissima da
guidare, e la scelta che hai fatto dimostra che tante
volte non servono centinaia di cavalli e quattro
ruote motrici per divertirsi. Finalmente potrai
partecipare agli eventi del tuo club con la tua nuova
TT, ma il consiglio che ti diamo è di provare almeno
una volta, l’esperienza di un Track Day. Ti aiuterà
ad entrare maggiormente in confidenza con l’auto
e ti regalerà emozioni che difficilmente potrai
vivere in strada. Metti in conto un treno di gomme
e qualche lavoretto ai freni, ma siamo sicuri che
ne varrà la pena.
La Redazione di Car
Ciao Livio,
hai fatto benissimo a condividere con noi i tuoi
pensieri. Il design automobilistico è in continua
evoluzione, e come qualsiasi settore del mercato
è influenzato da mode. Evidentemente questo è il
periodo delle griglie e calandre sovradimensionate,
e non ti nascondiamo che avendoci fatto l’occhio,
dopo qualche perplessità, proprio le griglie e le
calandre così grandi saranno il segno distintivo
che renderà riconoscibili le auto di questo periodo
in un futuro non troppo prossimo. Se non riesci
proprio a digerire i nuovi design puoi sempre
orientarti su un modello usato, magari di qualche
anno, che tendenzialmente dovrebbe ancora
rispettare i tuoi canoni stilistici.
Se vuoi qualche opinione in più scrivici sulla nostra
pagina Facebook, così anche gli altri appassionati
potranno dire la loro.
La Redazione di Car
Credo che la A1 Bellissimo il servizio della
BMW i8 contro la Porsche 911! Oltre ad essere un
test molto interessante, le foto e le ambientazioni
sono state fantastiche! Non tutti avrebbero pensato
di confrontare due auto all’apparenza così diverse,
eppure così vicine. La i8 è un concentrato di
tecnologia, per me anche troppa, e rappresenta
sicuramente una buona porzione di futuro, mentre
la 911 è l’icona per eccellenza, l’auto che forse più di
tutte ha segnato la storia dell’automobilismo. Certo,
talmente tanto che addirittura la i8 sembra volerne inglobare un pezzo al posteriore!
Che ridere! Forse la giusta via di mezzo, l’auto perfetta, potrebbe essere un mix
proprio di questi due modelli. Un’auto che racchiuda un po’ di storia, ma anche tanta
tecnologia per aprire le porte al futuro. Vi faccio una domanda: secondo voi come
dovrebbe essere l’auto del futuro?
Grazie
Claudio Marceca
Ciao Claudio,
prima di tutto grazie per i complimenti, fanno
sempre molto piacere, come anche ci gratifica
sapere che il nostro lavoro è così apprezzato. Non
ti nascondiamo che anche noi ci siamo divertiti
parecchio! Per quanto riguarda l’auto del futuro
potremmo parlarne per giorni, forse mesi, e
probabilmente non riusciremmo comunque ad
arrivare ad una conclusione unica. Qui in redazione
ognuno di noi ha idee decisamente diverse e
contrastanti sul punto. Provando a fare una
somma, tutti noi apprezziamo il design della 911
e la tecnologia della i8, ma da qui in poi le differenze
di opinione rendono impossibile arrivare ad un
punto in comune. Quindi ti rigiriamo la domanda,
diccelo tu come dovrebbe essere l’auto del futuro
e scrivici, saremo lieti di leggere la risposta.
La Redazione di Car
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it 15

First
Drives
questo mese
mercedes S63 amg coupé /// aston martin vanquish
/// aston martin rapide s /// alfa romeo mito QV
/// citroën C4 cactus/// VW scirocco r /// peugeot 308 sw
richard pardon
16
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it

Mercedes S63 AMG Coupé
Tempi duri per i plutocrati Mercedes
Anthony ffrench-Constant guida la coupé che si piega in curva nell’intento di incrementare il comfort
S
tella a tre punte
grossa quanto un
padellone da cucina che
precede un’imponente
carrozzeria, cerchi in lega
verniciati di nero da 19 pollici che
gigioneggiano con arrabbiate pinze
freno in rosso brillante e un impianto di
scarico regolato sulle modulazioni di un
branco d’orsi risvegliati dal letargo... Con
una presentazione di questo genere, la
S63 AMG Coupé ha veramente bisogno
d’altro per essere annunciata?
L’inestimabile valore della cornice in
cristallo Swaroski attorno alle luci
anteriori, simile alla teca di vetro di un
viziato rampollo miliardario a cui piace
esporre 47 esemplari dello stesso
animale, mi crea una qualche
preoccupazione sulle buone condizioni
mentali della gente Benz.
Com’era prevedibile, il profilo
esteriore rivela quella specie di
lineamenti dubbi e convergenti verso il
nulla che invadono i modelli Mercedes e
contro i quali combatto una battaglia
personale. Sui fianchi di una Corvette
anni ‘60, almeno, simili andamenti
espressivi avevano la decenza di
congiungersi in modo appropriato, e
spianando la strada a fantastiche
colorazioni bicolore. Molto più marcato
di quello della versione meno arrabiata,
il retro della S63 mi colpisce per avere
qualcosa di buono, è la sfuggente linea
del tetto che facilita una coda dal
movimento fortemente slanciato. Sono
spariti i noiosi fari posteriori della
berlina, soppiantati da elementi snelli a
due pezzi. Inoltre lo spostamento della
targa più in basso, in onore della 300
SL, dona all'auto una prospettiva
Prezzo
178.500 Euro
Motore
5.461cc 32v biturbo
V8, 585 cv @ 5.500
giri/min, 900 Nm @
2.250-3.750 giri/min
Cambio
Automatico a 7
rapporti, trazione
posteriore
Prestazioni
0-100 km/h in 4,2
secondi, 250 km/h,
9,9 km/l, 237 g/km
CO2
Peso
2.070 kg
in vendita
Ora
completamente nuova.
A malincuore serve aggiungere che
il logo sul posteriore della vettura non è
la sola cosa ad aver subito un trasloco.
La rimozione ha interessato anche la
gran parte del sontuoso spazio
nell’abitacolo, malgrado un passo
soltanto poco più corto di quello della
Classe S. L’accesso al sedile retrostante
e la sua occupabilità sono attività
meglio congeniali ad artisti
dell’acrobazia.
Benché i sedili anteriori siano
infinitamente comodi e solidi,
accomodarcisi sopra ha un non so che
di claustrofobico. Per di più, lotto a
fatica per trovare la posizione di guida
ideale. Sollevo il sedile abbastanza in
alto per catturare un frammento di
panorama esterno e mi accorgo che il
tettuccio in vetro è una benedizione,
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it 17

che mi regala un minimo di spazio
indispensabile. Mi accorgo altresì che
bloccare il piccolo volante infossato
della AMG in una posizione adeguata è
tristemente arduo. Quando alla fine si
riesce a posizionarlo, lo sterzo va a
tagliare la visibilità del quadro
strumenti, trasformando il nuovo visore
a sovrimpressione più in un’esigenza
forzata che in un extra marginale. Non
che il suddetto quadro strumenti dia un
piacere visivo di qualche tipo. Il
pannello pseudo-analogico è di misura
inadeguata (forse una necessità indotta
dal dover leggerne i dati attraverso il
ridottissimo volante), ha un aspetto
tutto artificioso e organizzato per
parametri bizzarri. So che questa è una
AMG, ma perché relegare l’indicatore
del carburante ad una minuscola
finestrella di scarto a favore di un bel
quadrante per la temperatura dell’olio
del cambio? Insomma, l’esperienza che
si vive è paragonabile al tentar di
guardare la piccola televisione portatile
del proprio vicino di casa attraverso la
sua cassetta delle lettere.
Metteteci dentro che non v’è traccia
di strumentazione analogica e che il
numero di sistemi di sicurezza e
assistenza di bordo si è gonfiato così
tanto da meritare una piattaforma
separata per i vari interruttori, e vi sarà
chiaro come la Mercedes sappia fare le
cose con rigore e semplicità. Una breve
Interni in carbonio
in una supercoupé
da due tonnellate?
Fa tutta la
differenza
Lo schermo digitale sostituisce i quadranti
analogici. Se solo Anthony apprezzasse la
tecnologia
Il tettuccio panoramico aggiunge lo spazio
necessario alla testa. I passeggeri posteriori
non sono altrettanto fortunati...
Inclinazione in curva: si piega ma niente rollio
1Utilizza la telecamera del
sistema Magic Body Control
per individuare le curve in
anticipo di 15 metri e per
misurare l’angolo di sterzata
3L’inclinazione del corpo
vettura varia in base a
velocità e raggio di curvatura
fino ad un angolo massimo di
sei gradi
La berlina diventa
coupé con un
taglio del passo
vettura
2Le molle in acciaio delle
sospensioni Active Body
Control vengono alzate su un
lato e abbassate sull’altro
4Progettata per il confort, gli
angoli di pendenza sono
adattati per ridursi alle velocità
maggiori e consentire un
controllo migliore
lista esemplificativa renderà bene il
concetto: bracciolo, portiera e coperchio
console centrale alla medesima altezza
per massimizzare il confort dei gomiti,
fine dispositivo automatico di
preparazione della cintura di sicurezza
ad ogni chiusura della portiera,
ventilazione a smorzamento moderato
da tempesta a tenue brezza morente
quando si chiude la bocchetta dell’aria...
Quello che in sostanza colloca la S63
AMG lontano dalla sorella S500, a parte
i 130 cv e i circa 47.000 Euro di
differenza, è il suo familiare ma
comunque favoloso V8 biturbo 32v di
5.461cc, che sviluppa 585 cv di potenza
a 5.500 giri e una colossale coppia di
900 Nm tra i 2.250 e i 3.750 giri. L’unità
apporta tutta la spinta che si può
desiderare e lancia due tonnellate di
automobile a fondersi con il distante
orizzonte con esacerbata alacrità. Lo
schiocco 0-100 è archiviato in 4,2
secondi, ma ciò che veramente
impressiona accade dopo; una pressione
del piede destro insufficiente ad
ammaccare una morbida pesca è
quanto basta per scagliare la grossa
18
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it

First Drive
coupé con inarginabile rapidità e
stratosferica nonchalance.
E naturalmente i suoni sono di
un’assoluta vocalità gloriosa,
specialmente con gli scarichi in
modalità Sport che enfatizzano lo strillo
guerresco nelle scalate di marcia.
Grazie agli interni dall’impenetrabile
isolamento acustico alleati ad
un’eccezionale aerodinamica che
attutisce il fruscio del vento, la vita a
bordo procede con notevole silenziosità.
Purtroppo, la variante modificata del
cambio automatico AMG a sette
rapporti ogni tanto entra in conflitto
con questo magnifico V8. Le marce
basse e gli innesti alle velocità più
moderate possono essere discontinui e
contrastati. A tutte le andature, inoltre,
la trasmissione risulta costantemente e
incredibilmente lenta nel rispondere
alle richieste più esigenti. La funzione
Sport in qualche modo migliora
quest’ultima condizione, aggravando
però la precedente.
Il Magic Body Control è un
espediente fantastico, si guadagna il
suo nomignolo di “magico” in un buon
95% del tempo. La telecamera di cui si
fregia sa leggere il percorso antistante
per preparare le sospensioni a
qualunque evenienza, il sistema assorbe
tutte le asperità e le ondulazioni del
terreno con duttile efficienza. Si può
investire un annoiato poliziotto della
stradale appisolato ai margini di una
curva, senza nemmeno moderare la
velocità, e non accorgersi di nulla.
Per tali motivi, questa è la seconda
Mercedes che ho guidato in tanti mesi a
non sembrare troppo piantata alle alte
velocità come mi sarei aspettato. Un
maestoso esemplare del marchio
tedesco dovrebbe essere implacabile e
radicato a terra come una massa di
scioperanti ad un sit-in. Qui però c’è
una sensazione di continua fluttuazione
che, combinata con gli spasmodici venti
trasversali di oggi, lascia dimenare la
macchina in maniera gentile ma
incessante da un lato e dall’altro.
La nuova funzione di inclinazione in
curva, che fa piegare l’auto nei
contorcimenti della strada alla maniera
di una motocicletta, è interessante. Il
massimo angolo di pendenza è di soli
Gli aggiornamenti
AMG includono un
quadruplo terminale
di scarico, un finto
diffusore e questo
costante punto di
vista per tutti gli
altri utenti della
strada
Dritti al punto
Ci piace
Guida sublime,
sistema
d’inclinazione in
curva
Non ci piace
Cruscotto
sgradevole,
cambio
discontinuo a
bassa velocità
verdetto
Scorrevole,
rapida, comodità
suprema. C’è
proprio bisogno
dello spazio
dietro?
hhhhh
sei gradi, ma siccome si è abituati al
rollio convenzionali delle sospensioni, la
percezione a bordo è di un piegamento
parecchio più pronunciato.
Strana sensazione, all’inizio, però
funziona. Essendo il sistema pensato
per il comfort degli occupanti più che
per una straordinaria agilità, la quantità
massima di inclinazione viene ridotta
all’aumentare della velocità.
Perfetto, quindi, per caracollare ad
un’andatura meno che intrepida sulle
scoscese alpi, ma in caso di
un’imprevedibile sbandata o di
un’incolpevole sbavatura si dovrebbe
preferire un più deciso controllo del
mezzo per supplire alla sua enorme
stazza. È un peccato che lo sterzo non
abbia molto da dire a suo favore, eppure
è accurato a sufficienza e non
sminuisce mai il languido piacere di
coprire vaste distanze in un’auto
imperiosa a prodigiose velocità.
La Classe S Coupé può magari
essere più costipata di quanto ci si
attenda tuttavia resta un luogo di
estremo piacere nel quale attraversare
continenti interi.
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it 19

Aston Martin Vanquish
La lunga via per il successo
Sotto la carrozzeria in carbonio c’è ancora la stessa anima di dieci anni fa. Con gli ultimi aggiornamenti la Vanquish
riuscirà ad avvicinarsi alla perfezione? Quasi, afferma Anthony ffrech-Constant
CHE SORPRESA...
Nonostante i proclami
riguardo presunti
benefici alle dinamiche,
derivanti da
aggiornamenti ingegneristici
pressoché inesistenti, i facelift annuali
sono, quasi senza alcuna eccezione,
proprio quello che sembrano; una
ritoccatina al naso e nulla più. Eppure
qui è esattamente l’opposto.
Un paio di nuove colorazioni
all’estetica, nuovi cerchi in lega a
dieci razze che tagliano di 7 kg il
peso ed una nuova serie di interni in
pelle, che includono il bizzarro Rosa
Fandango; ma a parte questi, tutto
quello che differenzia la Vanquish del
2015 dal modello precedente è il
sostanziale aumento del divertimento
alla guida, che sarà proporzionale a
quanto se la faranno sotto i suoi
passeggeri.
La più significativa è
l’incorporazione della trasmissione
automatica ZF 8HP nella
configurazione a cambiodifferenziale.
Del 3% più leggero
della versione precedente, il nuovo
cambio Touchtronic III a otto marce
aggiunge due ulteriori rapporti
all’equazione e vanta una velocità di
130 ms.
Nel frattempo, un nuovo sistema
di gestione del motore Bosch
accoppia la trasmissione e il V12
AM29 come due entusiasti neo
sposini alla luna di miele. La potenza
PREZZO
240.000 Euro stimato
MOTORE
V12 5.935cc 48v,
576 cv @ 6.650 giri/
min, 630 Nm @
5.500 giri/min
TRASMISSIONE
Cambio automatico
a 8 rapporti, trazione
posteriore
PRESTAZIONI
3,8 sec 0-100 km/h,
324 km/h, 7,8 km/l,
298 g/km CO2
PESO
1,739 kg
IN VENDITA
Ora
e la coppia massima del V12 salgono
anch’esse rispettivamente a 576 cv e
630 Nm.
Tutto questo ha comportato
modifiche al cambio, per rendere la
Vanquish più rapida e, relativamente
parlando, più sobria e pulita. Lo
sprint 0-100 km/h è stato ridotto di
mezzo secondo netto, a 3,8 sec
rendendola la più scattante Aston di
tutti e 101 gli anni della compagnia,
e la velocità massima tocca i 324
km/h. Allo stesso tempo le emissioni
di CO2 calano del 10% a, ehm, 298 g/
km, mentre il consumo medio arriva
a 7,8 km/l.
Più in basso vediamo la rigidità
degli ammortizzatori salire del 15%
all’anteriore e ben del 35% al
20
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it

First Drive
Uno degli ultimi
V12 naturalmente
aspirati rimasti in
circolazione.
Produce 576cv e
630 Nm
Pulsante a
sinistra, per i
semafori. Pulsante
a destra, per le
rotatorie
Non è solamente
una DB9 col
bodykit. La
Vanquish ha il corpo
vettura totalmente
in carbonio
Il tono unico della voce del V12
Aston rimane lacerante
posteriore, 20% in più anche per le
boccole delle sospensioni posteriori.
Fanno ritorno sia il servofreno che il
sistema di stabilità DSC, mentre sia il
servosterzo che l’albero di
trasmissione sono stati rivisti per
ridurre il rumore nell’abitacolo. Sì,
certo... come se riuscirete mai a
sentire il rumore della trasmissione,
su una Vanquish.
Il tono unico della voce del V12
Aston rimane lacerante. Diventa
istantaneamente l’attributo che
definisce qualsiasi macchina sul
quale viene installato...
Una punta metallica appena
percettibile si insinua in accensione
al profondo rombo baritonale, e ci si
aspetterebbe quasi di sentire l’odore
del sangue mentre il motore ruggisce
prendendo vita... dopodiché, un
fantastico range di suoni vacillano
fra l’ululato di un affamato Lupo
Mannaro del film di John Landis e
l’inimitabile classe di Tom Jones.
E qui sta tutto il mio dubbio
riguardo a quando la grande flotta
Mercedes ci metterà le mani sopra,
iniziando come supporter di lancio
alla Vanquish.
Diciamocelo: i tantissimi milioni di
investimenti che saranno fatti nei
prossimi cinque anni sono
sicuramente una fantastica notizia,
ma quanta influenza ha già la
Daimler sulla Aston oggi? E quando
lo sarà ancor di più in futuro, non
sarà mica proprio questo rombo
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it 21

Più la si spinge e più
fortemente schiaccia il
suo sedere sul manto
stradale
glorioso la vittima da sacrificare al
disperato bisogno di profitti?
Il direttore del Design Marek
Reichman è svelto a cogliere la palla
al balzo. Afferma che la parentela
con la Mercedes AMG è stata messa
in piedi più che altro per spingere il
lato elettronico e i relativi accessori,
assicurandomi che non si metterà
mano, ad esempio, al bel rapporto
stabilito fra la trasmissione e l’ECU.
Sebbene poi sia un po’ più riservato
sui piani futuri del motore V8 (che io
sospetto sarà di provenienza AMG e
tirato a lucido da Aston), insiste che
il V12 resterà più Aston Martin che
mai, e che il rombo rimarrà uno degli
attributi più sacrosanti delle auto che
lo ospiteranno.
Lo spero, perché i quattrini
comunque potrebbero già esser spesi
altrove. A differenza del propulsore,
gli interni gridano ad una profonda
revisione.
A parte un troppo sbarazzino
angolo delle bocchette dell’aria, non
c’è niente di sbagliato. Non hanno
perso nulla della loro forza visiva,
cosa che però manca decisamente
nel quadro e nella strumentazione...
Non importa, perché basta
guidarla e la Vanquish si fa
perdonare di tutto.
Immune alla contaminazione da
turbocompressore e spalleggiato da
cambi di marcia abili come uno
scippatore di classe mondiale, il
propulsore è un capolavoro preciso
ed implacabile. Il picco della coppia
arriva parecchio prima della potenza
massima, ma l’unico vero motivo che
ti spinge a far piegare per bene la
lancetta dei giri è il rombo del
motore. Quindi lo si fa. E pure
spesso.
La scelta fra “Normal” o “Sport” le
due anime del V12, apre un crepaccio
enorme nel comportamento: il
motore è sorprendentemente lento di
comprendonio nella prima ed
abbondantemente sveglio nella
seconda. Tirando e lasciando
premuto un sottodimensionato
paddle al volante, il cambio salterà
immediatamente al rapporto più
basso a disposizione.
Ma dov’è il divertimento se poi ti
devi perdere il ruggito da pitbull da
guardia mentre selezioni le marce?
La manifestazione più plateale della
Le sospensioni
sono state irrigidite
considerevolmente.
Anche troppo
Niente plasticone,
solo carbonio
dritti AL PUNTO
CI PIACE
Motore,
trasmissione,
rombo,
compostezza e
passo
NON CI PIACE
Rifinitura degli
interni, paddle
piccoli, guida
rigida
verdetto
La nuova
trasmissione ne
trasforma le
capacità, gli
interni invece
perdono terreno
hhhhh
risposta di Aston alle richieste di una
Vanquish più estrema è, comunque,
data dalla rigidità delle sospensioni.
Una buona dose di docilità è stata
sacrificata anche in modalità
“Normal”, rendendo l’auto
decisamente meno gran turismo nel
modo in cui affronta le superfici
peggiori. La modalità “Sport” non fa
che aumentare la rocciosità di
qualcosa che era già di suo più
granito che budino, mentre il
settaggio “Track” è talmente rigido
da poter scuotere via le zecche da un
pastore maremmano.
Speriamo di aspettare almeno un
altro paio di anni prima che Aston
soccomba allo sterzo elettrico,
perché il sistema attuale è così
meravigliosamente allestito che non
necessita di alcuna modifica. È
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SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it

First Drive
I dischi in carboceramica hanno più effetto
“ritardante” di un intero manicomio
“Ecco Cassidy, un vero peccato non aver
dato un’ispezione finale alla targa
dell’ispezione finale”
stupendamente bilanciato, accurato
al punto giusto e intriso di quel
feedback e di quel tatto fondamentali
quando si chiede ad un’auto così
grande di danzare alla tua musica.
La Vanquish vanta una marea di
grip meccanico, e mantiene una posa
eccezionale per le sue dimensioni;
più la si spinge e più fortemente
schiaccia il suo sedere sul manto
stradale, mantenendo un equilibrio
notevole.
Il tutto accoppiato a quel timone
delizioso si traduce in una
inaspettata agilità, e la piacevole
sensazione di piazzare con tale
accuratezza un bestione tanto grosso
su strade tanto piccole è rovinata
solo dalle sospensioni che tendono al
troppo duro per le strade secondarie.
Tenetevi su delle belle stradone
primarie, e la Aston si sentirà
totalmente a suo agio, ruggendo e
divorando asfalto con una grazia
magistrale, rispondendo via via alla
vostra crescente confidenza nel pieno
delle sue abilità.
Più rivoluzione che evoluzione,
quindi. Decisamente inebriante.
Aston Martin Rapide S
Guadagnando intresse
Rapid...amente
Nuovo cambio, freni maggiorati, un po’ più di potenza... ritocchi
leggeri per la Rapide S. Di Anthony ffrench-Constant
COSì COME per la Vanquish,
i cambiamenti che riguardano
la versione 2015 della Rapide
S sono tutto tranne che un mero
facelift. Ottima notizia visto che,
come ammette anche il designer
Marek Reichman, l’abito su misura
senza fronzoli che veste la Rapide le
sta così bene che non tollererebbe
alcun ritocco. Di nuovo come per
la Vanquish, gli interni sono un altro
discorso, e – a parte alcune nuove
finiture fra cui un ripiano sottolunotto
trapuntato che si riflette talmente tanto
nel lunotto da farlo quasi sembrare
opaco – avrebbero un gran bisogno di
una revisione profonda.
La nuova Rapide S gode di tutti i
miglioramenti visti sulla Vanquish, a
parte l’irrigidimento delle sospensioni,
guadagnando comunque nei freni
anteriori, di 11 mm più spessi e
dal diametro aumentato di 11 mm
raggiungendo i 400 mm.
Lo stesso glorioso V12, col nuovo
cambio a otto rapporti della Vanquish,
qui produce 16 cv in meno, ma la
coppia resta la stessa, in una vettura
che pesa qualcosa come 251 kg in più.
Il tutto equivale ad un’accelerazione
da 0-100 km/h in 4,4 secondi, con
una velocità massima a 327 km/h.
Il propulsore è ancor più letargico
in modalità “Normal” , ma risponde
con quasi la stessa verve nell’altra
modalità.
Il cambio di sospensioni riservato
alla Vanquish ha creato un baratro fra
il carattere delle due auto, cosa buona
e giusta. Mentre la prima raggiunge
finalmente lo status da hooligan tanto
richiesto, la Rapide S ha il via libera
per diventare la Aston per eccellenza
per le lunghe distanze.Lo sterzo
resta coinvolgente come quello della
Vanquish, con vagonate di grip e una
compostezza anche maggiore sulle
superfici ruvide; la Rapide S saprà
tirarsi su la sottana e tener testa
praticamente a qualsiasi altra rivale.
Meglio ancora il fatto che, a 170
km/h in ottava marcia, il motore
gira a poco più di 2.000 giri/min,
permettendovi anche di chiacchierare
con la gentil donzella appena
rimorchiata.
Mentre la Vanquish si dimostra la
vettura perfetta con cui fare il bullo
con i camper tedeschi che affollano
le Highland scozzesi come soldatini
di plastica, la Rapide, con la sua
guida più docile e dalla risposta
marginalmente meno aggressiva
all’apertura del gas, è l’auto giusta
per sculacciare la mappa intera
dell’Europa.
PREZZO
183.000 Euro stimato
MOTORE
V12 5.935cc 48v,
560 cv a 6.650 giri/
min, 630 Nm a 5.500
giri/min
TRASMISSIONE
Cambio automatico
a 8 rapporti, trazione
posteriore
PRESTAZIONI
4.4 sec 0-100 km/h,
327 km/h, 7,8 km/l,
300 g/km CO2
PESO
1.990 kg
IN VENDITA
Ora
VERDETTO
guida fantastica,
estetica d’alta
classe ma soffre
per gli interni
hhhhh
Un paesaggio
senza tempo
distrae da un
abitacolo che sente
il peso degli anni
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it 23

Citroën C4 Cactus
Fastidio spinoso per i crossover
Semplice, pratica, economica, dal design coraggioso, la Cactus è la vera Citroën del 21° secolo. Di Damion Smy
La nuova C4 Cactus è una
vera rivoluzione per la
Citroën. Si tratta del debutto
nel regno dei crossover per
l’azienda francese (in realtà è
uscito di recente un modello della
stessa categoria ma brandizzato
Mitsubishi) e rappresenta un cambio di
paradigma nel modo con cui il marchio
intende presentare i propri prodotti. Sì,
potrebbe essere una trovata
pubblicitaria, ma la Cactus è una buona
auto e darà di che preoccuparsi alla
Nissan Juke e agli altri semi-SUV.
Prendiamo un particolare per
cominciare: i paraurti “ad aria”, o
Airbump. Tutte le C4 Cactus sono state
infettate da questi speciali virus, e non
esiste rimedio per sbarazzarsene.
L’unico trattamento per alleviarne
l’impatto si ravvisa nella possibilità di
scegliere tra quattro diverse colorazioni
per le tasche d’ariaaggrappate ai fianchi
dell’automobile con il fine di proteggere
quelle che altrimenti sarebbero delle
comuni portiere. Alla Citroën dicono
che i “tasconi” laterali hanno richiesto
tre anni di sviluppo, perciò si suppone
che siano talmente perfezionati da non
potersi afflosciare o strappare l’intero
ciclo vitale dell’auto. Identico materiale
plastico è stato esteso pure sulla coda
della Cactus, andando ad accerchiare i
fanali posteriori, e portato al di sotto dei
fari inferiori del muso, oltreché
attraverso l’intera sezione anteriore, per
produrre un effetto visivo a doppia
tonalità cromatica che può rendere
drasticamente differenti due Cactus di
colori diversi.
Nessuna sorpresa che il modello
francese sia stato ideato dal progettista
Prezzo
18.500 Euro
Motore
1.199 cc, 12v turbo 3
cilindri, 110 cv @
5.500 giri/min, 205
Nm @ 1.500 giri/min
Cambio
Manuale a 5 rapporti,
trazione anteriore
Prestazioni
0-100 km/h in 9,3
secondi, 188 km/h, 21,7
km/l, 105 g/km Co2
Peso
1.020 kg
In vendita
Ora
Penso ai tasconi
laterali protettivi
come a un vestito di
bolle d’aria per
auto. Non fateli
scoppiare, però!
in precedenza responsabile dei concept
Citroën e della compatta due volumi
DS3. Mark Lloyd ci dice che i cuscinetti
protettivi potrebbero anche non avere
una prosecuzione al di là della Cactus
(che è pressoché identica al concept
svelato nel 2013 al salone di
Francoforte), ma in realtà la soluzione,
semplice e pratica in un colpo solo, si
diffonderà in tutta la gamma. E come si
concilia un simile concetto con la
restante metà dell’offerta Citroën, e
24
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it

First Drive
Combinazione
di colori
consigliata da
un pubblicitario
Nike?
soprattutto con l’ambiziosa linea DS?
“Sono approcci nettamente distinti” ci
risponde Lloyd. “Voglio dire che c’è una
differenza radicale. La Citroën ha avuto
la DS e la 2CV sul mercato
simultaneamente, ed entrambe erano
molto innovative anche se molto
differenti”. Allora questa è una moderna
2CV? Se mai c’è stato un riferimento da
temere, quello lo è di certo.
Basata sulla vecchia ed economica
Piattaforma Uno della C4 berlina,
l’appariscente Cactus non è stata
disegnata per trasportare uova sui
viottoli di campagna come la 2CV,
eppure ogni centimetro incanta con
dettagli sempre imprevedibili: i
sensazionali fari a LED, il modo in cui
sono state laboriosamente forgiate le
barre verniciate del tettuccio, le lettere
a sbalzo della scritta Citroën sulla coda.
È tutto molto essenziale, e non in senso
austero, ma con autentico fascino.
“Siamo usciti dal paradigma
dell’odierno design automobilistico, che
ai miei occhi appare alquanto
complicato” ci spiega Lloyd. “Si sta
imponendo un terrificante ammasso di
strutture, profili scolpiti e dettagli.
Noi stiamo ritornando alle cose
semplici”. L’abitacolo mette in
imbarazzo quello della Nissan Juke. Il
cruscotto è stato spacchettato e
L’airbag per il
passeggero ora
salta fuori dal tetto,
facendo spazio ad
un porta oggetti più
grande (e a oggetti
più grandi)
Lo stemma
Cactus fa la sua
prima comparsa
sulla C4, ma
potrebbe non
essere l’ultima volta
su una Citroën
riordinato per essere fisicamente meno
opprimente, con più spazio grazie
all’esilio dell’airbag passeggero nel tetto,
e c’è un cassetto porta oggetti più
capiente. L’interno è così più ampio ed
arioso, nonostante l’alta linea di cintura
ed il tetto piatto. Gli schermi, tutti
digitali, partono da quella sottile barra
davanti al vostro muso che, sì, è facile
da leggere, ma che conserva ancora una
goccia di gusto retrò. C’è anche un
touchscreen da 7 pollici offerto di serie
su tutti i modelli e navigatore satellitare
con app integrate ordinabile a parte.
I display sono circondati da superfici
gradevoli al tatto che donano alla
plancia della Cactus un’aura da vero e
proprio prodotto di fascia premium,
effetto ottenuto anche dagli spessi
rivestimenti in tessuto dei sedili. La
forte presenza scenica delle portiere fa
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it 25

First Drive
È tutto molto
essenziale, e non in
senso austero, ma
con autentico fascino
risaltare la determinazione che la
Citroën ha voluto dare alla loro
funzionalità e alla loro
caratterizzazione. La posizione di guida
si dimostrerà un compromesso per
qualcuno, giacché il ben rifinito volante
a forma vagamente squadrata limita le
regolazioni in altezza e impedisce gli
aggiustamenti in profondità, rendendo
la seduta troppo bassa per le persone
più alte.
Il tre cilindri 1.200 da 110 cv,
completo di turbocompressore, sposta il
nostro modello in allestimento Feel, con
massa di 1.020 kg, in maniera vivace. È
la versione più potente della gamma e
costa 18.500 Euro senza l’aggiunta di
optional, mentre altri modelli offrono lo
stesso motore tre cilindri privo di turbo
a prezzi ancora inferiori. La variante più
ambientalista propone dati
incoraggianti di 29,4 km/l e 87 g/km di
CO2, e la Citroën dichiara un risparmio
del 20% sulle spese di gestione rispetto
alla C4 normale, anche se però
quest’ultima già figura bene di fronte
alle rivali.
La taratura fra leva del cambio,
pedale frizione e precisione di sterzata
è ben studiata, e la briosa accelerazione
sostenuta dall’incantevole blocco tre
cilindri fa da complemento ad un
comportamento su strada confortevole,
che annulla correttamente le
sollecitazioni del fondo sconnesso.
I cerchi da 16 pollici della nostra
vettura di prova, che riempiono
brillantemente i passaruota, danno una
mano alla causa poiché hanno un
profilo vagamente sportivo, ma grazie
alle eccellenti doti di controllo dell’auto
non devono faticare troppo.
Rimane del rollio, ovviamente, però
è ben gestito e i sedili riescono
comunque a trattenere il corpo. Il
beccheggio e l’appoggio in frenata sono
contenuti, né la Cactus soffre di derive
e improvvisi cambi di direzione. Tutto è
deliziosamente equilibrato e misurato,
senza tuttavia alcuna sciatteria e
piattezza, come a volte si riscontra nelle
tedesche. Non è un SUV da prestazioni
No ai cerchi da 20
pollici e sì ad una
gommatura dal
profilo sportivo.
Pneumatici
rimpiccioliti per un
miglior confort
stradale
Strumentazione
digitale al posto dei
dischi a lancette; su
ogni versione anche
touchscreen da 7
pollici
Dritti al punto
Ci piace
Design accattivante,
sembra costosa ma
non lo è
Non ci piace
Finestrini a
compasso, assenza
di divanetto
sdoppiabile
Verdetto
Rara miscela di
carattere, anima e
pragmatismo
hhhhh
folgoranti, e neanche intende esserlo. Ci
sono invece carattere e look innovativo,
concepiti per rivolgersi alle persone in
carne ed ossa.
C’è molto spazio nella zona
posteriore, sufficiente per persone
adulte, e la capacità di carico nel baule
è decisamente abbondante. Emergono
solo fattori discutibili di minor
importanza: il divanetto a struttura
fissa non ha nessuna configurazione
opzionale sdoppiabile e i finestrini
posteriori non si aprono per
scorrimento verticale ma solo con un
meccanismo a compasso.
Alla Citroën spiegano che questo
serve a risparmiare peso (il sedile
posteriore ha eliminato 6 kg, i cristalli
altri 11), ma l’impressione è che
l’esigenza primaria fosse il taglio dei
costi.
La C4 Cactus ci piace e ci colpisce. È
una miscela formidabile tra l’esistente e
il futuribile, messa in atto tramite un
geniale design ponderato e intrepido,
personificazione della Citroën d’altri
tempi. Lloyd usa parole quali “sincera” e
“non pretenziosa” quando parla di
quest’auto. Noi concordiamo con lui. A
quasi ogni lancio automobilistico,
termini come “apripista” o “nuova alba”
vengono saccheggiati liberamente, ma
per una volta la realtà coincide con la
retorica. Ci siamo innamorati della
Cactus, che sfondi oppure no.
26
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it

First Drive
Alfa Romeo Mito Quadrifoglio Verde
Un incontro di boxe
Basterà un nuovo cambio a doppia frizione per tenere il passo
della Fiesta ST e Co? Di Damion Smy
Romanticismo,
passione, scienza…
Accostamento strano per
alcuni, ma unione di valori
su cui l’Alfa non ha mai
smesso di puntare per la sua gamma
Quadrifoglio Verde, l’allestimento ad
alte prestazioni. Per la Mito QV, che è
la più piccola delle due berline sportive
aggiornate per il 2014, il cambiamento
maggiore è una trasmissione a doppia
frizione in luogo del tradizionale
cambio manuale. “Cambia rapporto più
velocemente di Gabriele Tarquini” mi
riferisce il capo supremo dell’Alfa,
Louis-Carl Vignon, raffrontando il
sistema all’attuale pilota della categoria
WTCC, l’uomo che ha contribuito a far
vincere il marchio italiano nel
campionato turismo. A me questo non
dispiace, in quanto l’Alfa all’apparenza
riconosce i diritti di proprietà sui propri
modelli a chiunque possegga il senso
del termine bellezza e parli di anima
Un po’ di progresso scientifico alla ribalta:
la tecnica del nuovo cambio decurta le
emissioni e migliora i consumi del 10%
italiana, di emozione e di cose che non
hanno contatto con la cieca precisione
matematica, con le decisioni prese a
tavolino o fondate sulla pura
razionalità. Ora sta tentando di dirci
che un doppia frizione garantisce una
maggiore soddisfazione rispetto ad un
manuale, perché è più rapido. Sulla
carta la nuova Quadrifoglio Verde viene
premiata con uno 0-100 in 7,3 secondi
grazie al sei marce doppia frizione. Si
traduce in 0,2 secondi in meno del
vecchio manuale, senza potenza
aggiuntiva ci sono ancora 170 cv quindi
la spinta aggiuntiva deriva tutta
dall’apparato di trasmissione.
Entrati nell’abitacolo della Mito, che
non pare per nulla invecchiato dal
2010, ci si trova su sedili consistenti e
protettivi, quasi fin troppo fermi, e si
stringe con delizia lo sterzo a corona
squadrata. Il 1.400 turbocompresso a
cui è connessa la nuova trasmissione
emette un piacevole borbottìo, non
proprio un capolavoro sinfonico
quando è al minimo, tuttavia bello da
ascoltare e dai bassi ben vibrati. In
movimento, però, non tiene fede alla
promessa lanciata dalla sua voce in
stato di quiete. L’affondo del motore è
morbido e la dinamica è buona sui
cerchi da 18 pollici, finché la Mito non
deve fronteggiare le gobbe stradali,
Prezzo
23.500 Euro
Motore
1.368cc 16v
turbocompresso
4 cilindri, 170 cv @
5.500 giri/min, 250
Nm @ 2.500 giri/
min
Cambio
Doppia frizione a 6
rapporti, trazione
anteriore
Prestazioni
0-100 in 7,3 secondi,
219 km/h, 18,5
km/l, 124 g/km
CO2
Peso
1.170 kg
In vendita
Ora
Dritti al punto
Ci piace
Stile, voce motore,
estetica senza
tempo
Non ci piace
Vivacità non come
le rivali
Verdetto
Sportiva tiepida
più che belva
rabbiosa
hhhhh
poiché in questo caso deve lottare per
mantenere la compostezza. Anche il
volante è discreto, ma non conferisce la
connettività che si vorrebbe,
nonostante una buona tenuta quando
la QV si immette in una serie di curve
strette. Per di ricavarne il massimo,
serve salire di giri e compensare in tal
modo la mancanza di aggressività. Il
cambio è encomiabile, ma non eccelso:
enfatizza bene la nota vocale del
motore, specialmente nelle scalate, e
seppur più immediati che con il
manuale, gli innesti con i paddle non
risultano lisci e scattanti come quelli
delle concorrenti, vedi Polo GTI. Tra le
pieghe del tracciato la Mito non è poi
nemmeno tanto entusiasmante come
una Fiesta ST, pur avendo sulla carta
numeri ufficiali non troppo distanti.
Se sceglierete di pagare 23.500
Euro per l’Alfa Mito (prezzo più alto
delle sue rivali) la ragione che vi avrà
mosso non discenderà né dal suo
contenuto scientifico né da un
equilibrato razionalismo, ma dalla
passione e dal romanticismo.
Il volante a corona squadrata è una novità,
il navigatore è il consueto satellitare. Tra le
modifiche c’è un pedale in meno
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it 27

First Drive
Volkswagen Scirocco R
Aria di pochi cambiamenti
La Scirocco non era male, così alla VW ci sono andati leggeri. Di John Mahoney
Siamo sempre stati fan
della Volkswagen Scirocco.
In sei anni di produzione, il
suo successo ha spinto
molte altre case ad entrare
nel segmento delle coupé abbordabili:
Toyota con la GT86, BMW con la Serie
2, Hyundai con la Veloster...
Qual è stata la risposta di
Volkswagen per ribattere alla rinnovata
concorrenza? Sorprendentemente, una
risposta vaga e poco decisa. Questo
perché gli ingegneri sono occupati a
lavorare sulla quarta generazione della
Scirocco, che ha visto il suo ultimo
lifting ormai due anni fa. Il nuovo
modello, proprio come la nuova Audi
TT, sarà basato sulla piattaforma MQB
alleggerita.
Per ora, quindi, si sono limitati ad un
leggerissimo facelift, concentrato quasi
unicamente sul nuovo paraurti che ora
ingloba i nuovi deflettori aerodinamici
rubati direttamente ad una Ferrari
Mondial. C’è anche qualche altra novità
come i nuovi proiettori anteriori e
posteriori, ma in sostanza è tutto qui.
Infatti la vera, e più grande, novità è
sotto al cofano. La Scirocco può ora
contare sui motori che abbiamo già
visto sulla Golf, decisamente più
ecologici e già Euro 6, che si traducono
in potenze maggiori e migliori consumi.
I cambiamenti principali sono
l’abbandono del 1.4 litri da 160 cv a
favore di una versione da 180 cv del 2.0
litri della GTI, e l’introduzione di un 2.0
litri TDI da 150 cv capace di emettere
solo 190 g/km di CO2, a riconferma del
fatto che ormai il 70% delle Scirocco sul
mercato sono diesel. L’aumento di
potenza maggiore è stato riservato al
top di gamma, la Scirocco R, che vola
dai 265 cv della versione precedente ai
280 di quella attuale, con una coppia di
350 Nm. Sembra ottimo, finché non ci si
ricorda che la nuova Golf R ha 300 cv.
Quindi perché tutta questa
differenza? Perché la Scirocco R è
l’unico modello della gamma che
mantiene il vecchio motore. Questo
significa che la Golf R a quattro ruote
motrici non solo è più veloce, ma è
anche più efficiente nonostante il peso
maggiore. I tecnici VW hanno adottato
un approccio molto simile a quello dei
designer, per quel che riguarda
l’adattamento del telaio: non hanno
fatto assolutamente nulla. Ma prima di
La Scirocco è nel suo habitat, ed è veloce.
280 cv significano 0-100 in 5,5 secondi
prezzo
n.d.
motore
1.984 cc 16v turbo 4
cil, 280 cv @ 6.000
giri/min, 350 Nm @
2.500-5.000 giri/min
trasmissione
Manuale a 6
rapporti, trazione
anteriore
prestazioni
5,5 sec 0-100 km/h,
250 km/h, 12,5 km/l,
187 g/km CO2
peso
1.426 kg
in vendita
Ora
Dritti al punto
Ci piace
Il motore, la guida
coinvolgente
Non ci piace
Avrebbe dovuto
avere il motore
della Golf R
verdetto
Gli anni non
hanno intaccato
l’appeal della
Scirocco
hhhhh
Gli interni della Golf sono sempre stati
migliori, ma non ci vuole molto
uscire ed andare direttamente a
comprare una Golf R, o una delle rivali
della Scirocco, aspettate almeno di
averla provata. Il 2.0 litri turbo rimane
una vera gioia e sembra avere molta più
verve, e non solo, sembra anche più
veloce. Effettivamente lo è davvero.
Lo 0-100 scorre via in soli 5,5
secondi, cioè esattamente tre decimi
pieni più veloce del modello precedente.
Manca ancora un LSD meccanico,
ma il finto differenziale basato sul
controllo di trazione lavora duramente,
ma in maniera davvero sopraffina, per
tirare fuori la Scirocco anche dalle
curve più strette. Ed è proprio sulle
strade più tortuose che la Scirocco dà il
meglio di sé, perché sembra più leggera,
agile, e risponde meglio agli input
dell’acceleratore. Ed è anche
incredibilmente veloce.
Manca quel tocco in più di
coinvolgimento che può offrire una
RCZ R su una strada del genere, ma la
Scirocco R rimane comunque molto
divertente.
Se dovete portare anche quattro
passeggeri, la Scirocco rimane il top della
sua classe, anche dopo tutti questi anni.
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SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it

First Drive
Peugeot 308 SW 1.2 e-THP 130 cv
Migliore Station Wagon dell’Anno?
Le linee sono intriganti, lo spazio all’interno smisurato, la guida piacevole. Basterà
per eguagliare il successo della berlina? Di Riccardo Cacace
Non contenti del
titolo di Migliore Auto
dell’Anno assegnato dalla
stampa automobilistica
europea alla 308 berlina,
alla Peugeot hanno pensato fosse il
caso di dare una rinnovata anche alla
variante familiare, e così hanno
partorito la nuova 308 Station Wagon.
Basata sulla piattaforma EMP2, la
nuova Station può contare su
un’abitabilità interna ed una capacità di
carico senza eguali, ma dal momento
che nel segmento C delle station wagon
uno dei punti su cui maggiormente ci si
concentra è il design, questo non
poteva essere da meno. Le forme sono
sinuose, e la particolarità è la totale
assenza di orpelli ed artifici inutili.
Il frontale riprende quello della
versione berlina, con la caratteristica
calandra a cornice cromata e i gruppi
ottici che seguono gli stilemi più
moderni della Casa francese, andando a
formare quel tipico sguardo felino che
abbiamo già visto sugli ultimi modelli
Peugeot. Vista di profilo l’impressione è
quella di una station piuttosto
dinamica, con una linea di cintura che
va a degradare man mano che ci si
avvicina alle ruote anteriori, mentre al
posteriore troviamo i particolari gruppi
ottici, che sfruttano 42 led opalescenti
per mettere in risalto le superfici
orizzontali, donando alla 308 Station
Wagon una presenza scenica ancora
maggiore. All’interno la sensazione è di
estrema ricercatezza, per quanto
riguarda i materiali, e di estrema
semplicità per quel che riguarda la
fruibilità dei comandi.
Non poteva mancare il Peugeot i-
Cockpit, cioè la combinazione di volante
rimpicciolito, quadro strumenti rialzato,
plancia minimalista e schermo
touchscreen da 9,7”, ma purtroppo
anche su questa 308 i guidatori più alti
troveranno non poche difficoltà per
regolare il volante in modo da non
coprire parte della strumentazione.
La disposizione è intelligente, ed
effettivamente si può guidare senza
distogliere lo sguardo dalla strada, ma è
difficile trovare una soluzione di
compromesso che possa esaltare le
qualità di questa soluzione.
Il piano di carico, invece, è perfetto.
Lancette speculari in stile Aston
prezzo
21.800 Euro
motore
1.199 cc 12v turbo, 130
cv @ 5.500 giri/min, 230
Nm @ 1.750 giri/min
Trasmissione
Manuale a 6
rapporti, trazione
anteriore
Prestazioni
0-100 km/h in 12,1
secondi, 205 km/h,
21,2 km/l, 109 g/km
Co2
peso
1.265 kg
in vendita
Ora
Dritti al punto
Ci piace
Spazio interno,
look semplice ma
dinamico
Non ci piace
Il sound del tre
cilindri ricorda
quello di una
motocicletta
verdetto
C’è davvero poco
da recriminarle. La
consiglieremmo
ad occhi chiusi
hhhhh
I gruppi ottici posteriori aumentano la
sensazione di dinamismo
Con una capacità di 610 litri è tra i più
capienti della categoria, e la nuova
architettura delle sospensioni posteriori
ha permesso di aumentare
ulteriormente la larghezza del
bagagliaio.
Per la nostra prova abbiamo scelto il
nuovo tre cilindri turbo benzina
PureTech, il 1.2 e-THP, abbinato al
cambio manuale a sei rapporti. Questa
unità è capace di erogare 130 cv, ma
soprattutto 230 Nm di coppia già a
1.500 giri al minuto. Alla guida è più
brillante di quanto ci si aspetterebbe, e
l’insonorizzazione dell’abitacolo
permette di lasciare all’esterno il sound
del piccolo tre cilindri. Il cambio è
semplice da azionare e preciso, le
sospensioni sono votate al comfort ed i
freni sono sempre pronti. Per chi non
fosse ancora convinto, vi basterà sapere
che è anche disponibile una funzione
Sport, che visualizza sul display
centrale i dati relativi a potenza, boost e
coppia istantanea. Un gadget per molti
inutile, ma che scommetto farà piacere
a chi proprio non può rinunciare a
quell’accenno di sportività anche su
un’auto che nasce per scopi ben meno
ludici. Proprio come piace a noi di Car!
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it 29

Una Aston
Marziana
La DP-100 sembra venuta da Marte, ma in realtà dimostra che c’è vita anche sul
Testo: Ben Oliver I Foto: Mark Bramley
30
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it

primo sguardo
Aston Martin DP-100
Pianeta Aston. Ecco a voi la V12 da 800 cavalli
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it 31

primo sguardo
Aston Martin DP-100
32
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it

QUEST’AUTO NON AVEVA bisogno di esistere. Non
nella forma fisica che vedrete qui, almeno. Avrebbe svolto
il suo compito e avrebbe avuto successo anche se fosse
rimasta semplicemente in forma digitale, con byte inviati
dai server dello studio di design di Aston Martin dove è
La capsula del
tempo di Aston
Martin a Gaydon:
benvenuti nel futuro
stata creata, fino a Polyphony Digital in Giappone, che
l’ha commissionata, e da lì alle console di circa 70 milioni
di videogiocatori che hanno acquistato Gran Turismo 6.
Ma come gesto di assenso verso quelli come noi per cui
guidare resta un esercizio analogico anche in quest’era
digitale, Aston Martin ha deciso di costruirne una,
dedicandogli anche una presentazione vecchio stile al
Goodwood Festival of Speed di quest’estate.
L’Aston Martin DP-100 fa parte di quelle 28 vetture
“Vision” concept che Polyphony commissionò ad alcune
Case automobilistiche e ai team di design per celebrare i
15 anni di Gran Turismo. Data la sua immagine di
inglese pazza a canne mozze, Aston supportò Gran
Turismo fin dall’inizio, concedendogli le sue vetture già
nella primissima edizione del gioco, prevedendo prima
degli altri l’influenza colossale che avrebbe avuto sul
mondo automobilistico. Non ci giocavano solo i bambini.
Ci giocavano anche i clienti e i loro figli quindicenni, che
oggi potrebbero tranquillamente essere clienti.
Ciò spiega, almeno in parte, perché il direttore del
design di Aston, Marek Reichman, scelse di mettersi in
gioco. “La nostra è un po’ come la cucina più impegnata
al mondo”. Dice del suo studio di design. “Ed io sono lo
chef che continua a ripetere ‘sì, più di questo, più di
quest’altro, questo ha un gran sapore, ma ce ne vuole di
più’. Per il mondo esterno, sembriamo piuttosto calmi. Ma
la cucina va avanti, credetemi, ed è proprio mentre sto
gridando ‘ora voglio una bella torta nuziale’, che ci arriva
l’opportunità, di nuovo, di poter rubare le luci del
palcoscenico di Gran Turismo, e non possiamo certo
rifiutare. È un’ottima opportunità per fare pazzie”.
Stiamo guardando la DP-100, fotografata nella bianca e
sterile officina dove venne assemblata la One-77. Aston
ultimamente sta attraversando un periodo di
trasformazione. Il lungo servizio del CEO Ulrich Bez è
terminato ufficialmente, Daimler si è presa parte della
quota e potrebbe prenderne ancora, promettendo motori
AMG e contribuendo con le nuove piattaforme di cui
Aston avrebbe bisogno ma faticherebbe a sviluppare da
sola. Questi modelli futuri sono ciò che tiene occupata la
cucina di Reichman. Un’auto per un videogioco
sembrerebbe una distrazione inutile, almeno finché non
si considera l’importanza di Gran Turismo, ed il fatto che
le concept car sono raramente solo scarabocchi fini a se
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it 33

primo sguardo
Aston Martin DP-100
stessi, visto anche che quelli fatti dalle case
automobilistiche indipendenti con budget limitati spesso
sono i più significativi.
Avrete sicuramente notato che la DP-100 è a motore
centrale. Reichman prima minimizza sul significato del
fatto, poi ci ripensa. “Penso che dovremmo ricordare a
tutti che si tratta solo di un prodotto pensato per Gran
Turismo. Ma è anche vero che Aston Martin vuol dire
prodotti speciali, incredibilmente ben fatti e bassi volumi
di produzione. Che sia la Q, di cui la CC100 faceva parte,
o la tiratura limitata della One-77, queste vetture restano
il cuore pulsante di Aston Martin. C’è sempre del
potenziale. In questo caso, la vettura è stata sviluppata
per il videogioco. Ma non ho dubbi che riceverò chiamate
come ‘Quando potrò averne una?’ e lì è normale porsi
qualche domanda, no?”.
Mentre siamo lì che parliamo, vediamo dietro di noi il
profilo bianco di un’affilata Lagonda ancora non
annunciata: una berlina quattro porte con tutti i crismi,
che sarà sviluppata e disegnata in questa stanza a piccoli,
seppur profittevoli volumi. “Giusto per aggiungere
scompiglio, abbiamo fatto la One-77 che vantava sia un
telaio in fibra di carbonio che un nuovo motore:
insomma, una nuova vettura costruita da zero. Ne
abbiamo prodotte 77 e le abbiamo vendute tutte. Essendo
una compagnia indipendente, non possiamo permetterci
perdite. Quel progetto andò bene, quindi...”.
Sotto questa luce non è impossibile immaginare la
DP-100, o qualcosa di simile, come la terza auto a
produzione limitata che uscirà da questa bianchissima
stanza. Ma sono quasi sicuro che Aston ancora non ha
preso una decisione, e Reichman nel frattempo ha avuto
delle buone ragioni per dotare quest’auto di un motore
centrale.
“Non volevamo svelare niente di quello che avreste
potuto immaginare e che fosse in arrivo nei prossimi
anni. Penso che avendo queste vetture così fresche in
memoria, se avessimo fatto un’auto a motore anteriore ne
sarebbe inevitabilmente trapelato qualcosa. Se questa
fosse un’altra proposta per una nuova GT, la gente
l’avrebbe guardata e avrebbe detto ‘Ah, ecco la XYZ’, e
questo volevamo evitarlo assolutamente. Una delle frasi
che ci piace usare è ‘attraverso il caos, qualcosa
emergerà’. Abbiamo scelto lo schema del motore centrale
proprio perché non lo utilizziamo sulle nostre auto. Ti
aiuta a capire quello che vuoi veramente come designer,
perché puoi iniziare a focalizzarti più sul vero valore di
Aston Martin in termini di purezza, proporzioni e
linguaggio della bellezza delle superfici, anche quando si
è così estremi. La DP-100 sarà comunque riconoscibile
come una Aston Martin. Dobbiamo avere in mente gli
elementi chiave, come la griglia ed i fari posteriori,
prelevarli dalla One-77 e dalla CC100 e reinterpretarli in
maniera differente. Ma è anche una provocazione
ponderata. Avete ragione, ci siamo dilettati coi motori
centrali con qualche concept negli anni ‘90, ed ancor
prima con la Bulldog, e penso che ciò dimostri quanto il
marchio oggi possa permettersi di fare cose inusuali. Ed
è un gran modo per farvi dire cose del tipo, “voi potreste,
o forse state già facendo...” è bello alimentare queste
speculazioni”.
Reichman affidò il progetto a Miles Nurnburger, che
arrivò alla Aston dopo aver lavorato alla Lincoln in
California e per Citroën a Parigi, e disegnò il concept
CC100 dell’anno scorso, di cui ne furono costruiti due
esemplari e venduti. Ironicamente il suo primo impiego
dopo la laurea al corso di design automobilistico
all’università di Coventry fu su Colin McRae Rally, dove
dovette modellare le vetture da zero, visto che le miopi
Case automobilistiche di allora non vollero fornirgli alcun
dato di supporto CAD. La Focus di McRae fu costruita al
computer. Come cambiano i tempi.
“C’è un attimo di sgomento quando arriva la scheda
dei dati da Polyphony e ti rendi conto di quello di cui
hanno bisogno”. Quindi anche se questo concept non ha
neanche un abitacolo, ha bisogno di specifiche tecniche
complete per far sì che Polyphony sappia come farla
muovere nel gioco. È stata creata intorno ad
La griglia di Aston come
non l’avete mai vista
prima: il cipiglio della
DP-100 è più
minaccioso di sempre
34
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it

“Abbiamo scelto
lo schema del
motore centrale
proprio perché
non lo utilizziamo
nelle nostre auto”
Questi fari a forma di C
appariranno anche
sulla prossime DB9 e
Vantage. Il diffusore a
vassoio di smistamento
dell’ufficio postale no
Anche le Aston digitali
vengono inizialmente
disegnate a mano,
come vuole la
tradizione
Ecco cosa rimane
dopo il party
d’ufficio fra il
laboratorio
compositi ed il
dipartimento ruote

primo sguardo
Aston Martin DP-100
Realtà virtuale: le stelle di Gran Turismo 6
BMW Vision Gran
Turismo
Questa piccola Batmobile dei
giorni nostri è una delle vetture
virtuali più belle, se adorate le
BMW da touring degli anni ‘70.
E chi non le ama?
Mitsubishi Concept
XR-PHEV Evolution
Vision Gran Turismo
Provate a far entrare il nome sul
cofano... questa ibrida plug-in di
Mitsubishi vanta, un frontale che
vedremo sui suoi prossimi SUV.
Mercedes-Benz AMG
Vision Gran Turismo
AMG si sente particolarmente
orgogliosa del modo in cui romba
questo concept, visto che ha
dedicato al suono di scarico la
stessa cura dell’estetica.
Nissan Concept Vision
Gran Turismo
Una GT-R dalle forme radicali ma
ancora perfettamente riconoscibile,
questo concept potrebbe essere
un assaggio della prossima
generazione dell’auto che si guida
come un videogioco.
VW GTi Roadster Vision
Gran Turismo
C’è scritto Roadster, ma è invece
un’estrema Golf speedster con un
parabrezza senza montanti
talmente basso che, se la guidaste
veramente, avreste la fronte piena
di insetti spiaccicati.
Non c’è l’ombra
della Jaguar C-X75
nel profilo: il V12
biturbo da 800 cv si
siede a centro barca
un’immaginaria versione biturbo da 800 cavalli del V12
6.0 litri di Aston (quindi non deriva dal V12 M279 biturbo
AMG già esistente). Sebbene la DP-100 non sia stata
sottoposta ai test aerodinamici ed ingegneristici a cui
ogni vettura di produzione va incontro per assicurare che
il motore respiri e sia raffreddato e che non salti in aria,
Nurnburger ci ha incluso molto di quello che un’auto
necessita per essere guidata veramente, fra cui un
enorme e non enormemente bello da vedere vano per il
diffusore nel retro. I videogiocatori vogliono che le loro
auto virtuali siano realistiche, perciò se un cliente volesse
una DP-100 in carne ed ossa, questa le somiglierebbe
parecchio.
Cos’è che la rende una Aston Martin? Cosa dobbiamo
guardare? Cos’è che potremmo rivedere in una Aston
Martin del futuro? Iniziamo dalla linea che emerge da
dietro il passaruota anteriore, ci dice Reichman. “Questa
è la linea fondamentale della vettura. Lo sketch iniziò
proprio con quelle due ruote e con questa linea. Prima
del tetto, prima di qualsiasi altro dettaglio. Quella linea
arriva fino al posteriore.
È uno di quei tipici fattori Aston che sprizzano
sportività da qualsiasi angolo lo si guardi. È un qualcosa
che definisce.
Ti fa capire subito che quella è una Aston Martin, che
sia del presente o del futuro. Riesce ad integrare
qualcosa che è così tipicamente Aston Martin in una
forma tanto inusuale. Secondo me, è tutto quello che
chiunque guardi quest’auto deve vedere, perché tutto il
resto è dettato da quella linea”.
Poi c’è l’interpretazione più radicale di sempre della
griglia Aston Martin: tagliata a metà e piazzata a 60 mm
di altezza da terra. “È applicata in modo completamente
diverso dall’anteriore delle nostre auto stradali”, sostiene
Non scommetterei mai
contro il fatto che questa
possa diventare la prima
auto di produzione nata per
un videogioco
36
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it

Reichman. “Ma si riconosce comunque la curvatura ad S
in cima. È un simbolo che deve per forza esserci in una
Aston Martin. La cosa importante della griglia è che non
è solo una grafica applicata”, afferma Nurnburger. “Tutto
su quel frontale, ogni superficie, è modellato seguendo
quel punto, e il resto della forma ne segue semplicemente
la scia. È un concetto integrale”.
Guardate poi quanto si stringono all’interno i
sottoporta, lasciando comunque abbastanza spazio
nell’abitacolo per due occupanti, almeno così afferma
Nurnburger, ma enfatizzando l’immenso, stilisticamente
raggiato e tipicamente Aston rigonfiamento ai passaruota
posteriori.
Notate poi come manchino del tutto insenature o
prese d’aria intorno ad ogni arcata, per non rovinare la
lunghezza e la tensione della sezione centrale. L’aria
calda dei freni fuoriesce dall’ala aperta e semi scollegata,
attraverso la linea portante. L’ingresso e l’espulsione di
aria al motore centrale è relegato alla caratteristica
migliore della vettura, cioè le “sovrastrutture volanti”,
piazzate in modo leggermente sconnesso dalla
carrozzeria che dirigono l’aria dentro, attraverso e fuori
dal posteriore dell’auto senza bisogno di brutti buchi o
alettoni convenzionali.
Sono stati lasciati in nero e sono del tutto funzionali,
ma allo stesso tempo si integrano col resto del design,
enfatizzando il profilo della vettura proiettandola in
avanti come un’auto da corsa del Gruppo C. “Miles non
può dirlo, ma io sì” asserisce il capo designer. “Queste
sovrastrutture volanti potrebbero essere qualcosa che
vedremo sui nostri prodotti futuri”.
Parliamo dei dettagli? Diamo un’occhiata alle lamette
mobili nelle ruote per migliorare il raffreddamento dei
freni e per ridurre la resistenza all’aria, o ai folli fari
posteriori, in cui i vani dei LED ed i dissipatori del calore
sono rivolti all’indietro per fare in modo che i classici fari
a sezione C di Aston Martin sembrino un’opera d’arte. Un
po’ meno bella. La vista frontale a tre quarti, dove la
parte dell’ala piatta unita ai piccoli e cattivi fari, la fa
somigliare troppo al frontale di un’auto del Gruppo C, che
è solo funzionale.
Ma ovviamente non vedremo nessun possessore di
Gran Turismo snobbarle un posto in garage solo per
quello. La colossale influenza che il gioco esercita sulla
cultura automobilistica potrebbe magari passare
inosservata ai non videogiocatori, ma è da un po’ di
tempo che invece si sente eccome nel mondo
automobilistico in carne ed ossa.
Il creatore di GT Kazunori Yamauchi ha in mano un
potere paragonabile al CEO di un costruttore
automobilistico di fascia media. Tiene delle
manifestazioni a Pebble Beach ogni anno, sponsorizza i
team da corsa di alta fascia e trascina i giocatori
talentuosi via dalle loro console mettendoli in pista nella
GT Academy.
Da poco ha iniziato una sorta di Villa d’Este digitale
con questa serie di concept Vision, che mi pare
improbabile che restino tutte relegate solo al digitale.
Molto presto vedremo la prima auto di produzione
nata per un videogioco, e sinceramente non scommetterei
contro il fatto che la prima possa proprio essere questa
Aston Martin DP-100.
Il buon Ben Oliver di
CAR (a sinistra)
incontra gli “stilisti”
di Aston Nurnburger
e Reichman (a destra)
La Aston DP-100 è
già scaricabile, e
può essere
guidata su Gran
Turismo 6
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it 37

Mercedes c
38
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it

Test esclusivo
Mercedes AMG GT
Finalmente, e inevitabilmente, la Mercedes
ha realizzato una rivale della 911, ed è
questa: la AMG GT. Più compatta e a buon
mercato della supercar SLS, il modello di
lancio e dovrebbe essere una bomba.
Noi ci siamo saliti durante il suo test finale.
hiama 911
Testo: Georg Kacher
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it 39

Il nostro Georg con
l’ingegnere capo Jochen
Hermann (al centro) e il
capo supremo AMG
Tobias Moers
Ci saranno dei
responsabili
Porsche che vorranno
leggere queste righe.
Fintanto che la Mercedes
si accontentava della sua
odiosa e amabile SLS, la
911 poteva dormire sonni
tranquilli, ma adesso è
tutto diverso. Questa
volta la 911 era l’obiettivo,
e l’obiettivo è stato inquadrato. La
Mercedes AMG GT, che farà il suo
debutto ad ottobre al Salone
dell’Automobile di Parigi, segue le
gigantesche orme lasciate dalla SLS,
non nelle portiere ad ali di gabbiano,
bensì in una trazione maggiorata, nel
bilanciamento, nella precisione e nella
velocità di sterzata. All’inizio verranno
offerte due versioni: il modello con
allestimento d’ingresso da 465 cv e 600
Nm al prezzo indicativo di 115.000
Euro, e la versione più pungente S da
510 cv e 650 Nm che dovrebbe
aggirarsi sui 130.000 Euro, optional
esclusi. Stiamo sottoponendo la
versione più potente al test finale su
strada e su circuito con il capo della
AMG Tobias Moers al volante. Io sono
al suo fianco. E qui dentro è
accogliente. La cellula per gli occupanti
che affiora tra le paratìe anteriore e
posteriore, è essenzialmente una copia
della SLS, allo stesso modo del
pavimento, dei predellini, dei montanti
frontali e di alcuni elementi secondari
del telaio. Però, nonostante questo, e
nonostante il fatto che la produzione
della SLS è terminata di recente, la
AMG GT non ne è una sostituta
diretta. È invece molto più una
sportiva, abbordabile, ed ha un ciclo di
vita minima di sei anni, oltre ad un più
ambizioso target di vendite. Ad
eccezione della struttura telaistica
centrale, il corpo vettura in alluminio
su scheletro reticolare è stato
ridisegnato da zero dal responsabile del
design Gorden Wagener e dal suo team
di collaboratori. Il passo è stato
accorciato di 50 mm per incrementarne
l’agilità, e gli sbalzi esterni
ulteriormente ridotti per mantenerne la
massa critica quanto più vicina
possibile al baricentro del veicolo. La
larghezza, l’ingombro e le misure degli
pneumatici rimangono sostanzialmente
invariate. Il motore è nuovo, così come
le sospensioni, lo sterzo, i freni,
l’elettronica, gli esterni e gli interni. Il
portellone di coda è in acciaio, il
complesso della sezione anteriore è
fatto di magnesio.
Sebbene la nostra auto vesta ancora
una terribile camuffatura, i contorni
rivelano una silhouette mascolina
retro-centrata con toni da SLS e 911.
Sono ancora in parte coperti i LED
adattivi ad alta intensità, le romboidali
prese d’aria laterali a estrusione in stile
SL e la forma regolare dell’aggressiva e
vistosa griglia a bocca. Questo
esemplare è fornito di pacchetto
Dynamic Plus che comprende sedili
anatomici, molle di sospensione
irrigidite, ammortizzatori più tirati,
supporti motore e supporti per il
cambio a funzionamento idraulico
comandati elettronicamente, cerchioni
ultraleggeri multirazze e
strumentazione a bordatura ambrata.
Sotto il cofano c’è
questo mascalzone:
un biturbo AMG 4.0
litri V8. Lo si
riconosce appena lo
si sente
Mi viene detto che l’elenco degli altri
accessori a richiesta pesa quanto il
librone delle Pagine Gialle di
Stoccarda.
Intanto comincio ad agitarmi per la
brama di dare inizio alla prova, ed è lo
stesso per Tobias Moers. Lui è un
uomo Mercedes di lungo corso,
dirigeva il reparto Ricerca&Sviluppo
prima che fosse promosso a Sig. AMG
nel 2013, e ora non perde tempo nel
picchiettare a tutta forza sulle sue
impostazioni tecniche preferite: ESP
spento, motore in Race, trasmissione in
Manual, sospensioni in Sport, suono
degli scarichi su Sport Plus. Si può
memorizzare la composizione
dell’indole dinamica che si esige dalla
vettura nell’Unità AMG Drive o
definirla per mezzo dei tasti ragguppati
intorno al selettore delle marce.
Siamo parcheggiati all’interno del
garage dei prototipi e l’ambiente
costituisce un’ottima camera acustica,
tanto che Moers abbassa i finestrini
prima di accendere il motore. “Solo
così potrai capire perché l’AMG è un
simbolo degli otto cilindri, e perché
non finirà mai di esserlo”, mi dice. In
perfetta battuta, il 4.0 litri erompe
vivace con un tuoneggiante rimbombo
che precede il brontolìo intonabile solo
dai V8. Il suono penetrato nelle mie
orecchie impiegherà giorni per
sfumare, mentre il viaggio trascorso
nella macchina sarà classificato per
sempre nelle posizioni più alte tra le
mie grandi avventure da passeggero.
La prima parte del test ci porta
attraverso i verdi territori piatti di
Emsland, casualmente organizzati in
strade secondarie curate, lunghi
rettilinei e svolte a 90°. Cercando di
Questa verniciatura
verde la chiamano
“camuffatura”.
Strano. Non
potrebbe essere
più rivelatrice
40
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it

Test esclusivo
Mercedes AMG GT
Abbassa i finestrini prima di accendere il motore.
“Così scoprirai perché l’AMG è un simbolo degli 8 cilindri”
La 911 della Mercedes contro l’originale
Motore GT
Il nuovo V8 biturbo 4.0
litri è montato davanti.
Produce 465 cv e 600
Nm nella configurazione
base, e 510 cv con 650
Nm nella versione S
Portiere GT
Le portiere ad ali di
gabbiano della SLS sono
sparite, ciò significa meno
scena ma taglio di peso e
riposizionamento in basso
del baricentro
Trasmissione GT
Il cambio a doppia frizione
contribuisce a ridistribuire
i pesi, le ridotte protrusioni
esterne mantengono la
massa più vicina alla linea
centrale della vettura
Motore 911
La configurazione a motore
posteriore con schema a
sei cilindri contrapposti
è un’icona, e la 911
offre trazione posteriore
e integrale, un punto di
esclusività rispetto alla
Mercedes
Trasmissione 911
La maggior parte degli
acquirenti opta per il
doppia frizione a sette
marce, ma al contrario
della GT, i puristi possono
ancora avere i tre pedali,
se lo desiderano
Gamma 911
La gamma spazia dalla
Carrera con 350 cv al
prezzo di 93.713 Euro,
alla Turbo S con 560
cv al costo di 203.025
Euro. L’imminente
Carrera GTS sarà
l’avversaria più prossima
della GT a competere su
un listino simile
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it 41

A differenza della 911 Turbo, della Audi R8 e della Nissan GT-R,
la GT fà a meno della trazione sulle quattro ruote motrici
42
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it

Test esclusivo
Mercedes AMG GT
Altre vetture che
possono fare la
stessa cosa oltre
alla 911, sono la
F-type R, la V8
Vantage S e, forse
dall’anno venturo, la
McLaren P13
trovare ogni buca e ogni canaletto di scolo che può,
Moers mi enumera i dati basilari: “Cilindrata 3.982cc,
erogazione massima 510 cv a 6.250 giri, coppia massima
650 Nm tra i 1.750 e i 4.750 giri, zona rossa a 7.200 giri,
pressione massima del turbo 1.2 bar, velocità di punta
312 km/h, consumo medio 10, km/l. Qualcos’altro?” Il
tempo dell’accelerazione. “Prova a indovinare.” Uno 0-100
sui 3,9 secondi? “È un buon tempo, ma non è buono
abbastanza”.
Moers sogghigna. In tutto ciò, la AMG sta dispiegando
il suo caratteristico sottofondo sonoro dominato dallo
scarico gorgogliante, dal sibilo intermittente della valvola
dei gas in apertura, dallo schiaffo delle gomme sull’asfalto
umido e dal ruggito inconfondibile del collettore.
“Commenti?” Beh, il ritmo a bassa velocità non è
propriamente euforico, c’è un eccessivo fruscìo
proveniente dagli specchietti e… “Sì, lo so”, mi precede
Moers. “La messa a punto è ancora lontana dall’essere
ottimale”. Caso chiuso. Niente sorrisi, stavolta.
A differenza delle concorrenti come 911 Turbo, Audi
R8 e Nissan GT-R, la AMG GT fà a meno della trazione
integrale. Può vantare, invece, un differenziale che
rimane assestato con fermezza sulle ruote motrici e
possiede un bell’effetto stabilizzante sulla distribuzione
dinamica del peso. La partenza ad acceleratore pieno non
è esente da fumate, ma lo slittamento degli pneumatici
viene controllato con facilità. La prima cambiata è
talmente immediata che la compostezza della coupé ne
viene consolidata, così che quando arriva il momento di
inserire la terza, la trazione non è più una questione
irrisolvibile, almeno sull’asciutto. Se da un lato il modello
base adotta un differenziale autobloccante convenzionale
e un treno di gomme da 19 pollici, la versione più
sportiva si affida ad una gommatura più larga e ad un
differenziale elettronico ad azionamento rapido. In
entrambi i casi, le Michelin Pilot Super Sport sono di
serie, mentre gli pneumatici “cup” a mescola morbida per
alte prestazioni sono optional.
Differentemente dalla SLS, che è conosciuta per il
posteriore ballerino in costante contorsione per pescare
un po’ di grip e stabilità, la GT-S è meglio piantata.
Invece di lasciarsi andare a mosse spettacolari,
semplicemente si dedica a spingere e caricare a testa
bassa. Totalizza un punteggio scarso sul palcoscenico,
ma è senza dubbio la più veloce, la meglio bilanciata e
quella che ispira più sicurezza. Tutte le AMG GT sono
equipaggiate con innovativi sistemi di assorbimento colpi
sviluppati dal fornitore di F1 Multimatic. “Questi
ammortizzatori sono un buon esempio del trasferimento
di conoscenze tecniche dal mondo delle corse di Formula
Uno alle vetture stradali” ci dice l’ingegnere capo Jochen
Hermann. “Avremmo potuto utilizzare uno qualsiasi dei
sistemi esistenti di ammortizzamento, ma abbiamo scelto
i Multimatic per via della loro reattività, della miglior
precisione e della minor tolleranza, pari al 3%, contro il
10-15% degli altri”. Se il progetto fosse partito da un
foglio bianco, il reparto R&D si sarebbe proiettato verso
la sterzata ad assistenza elettrica, ma l’AMG ha fatto di
necessità virtù adottando un impianto idraulico a
rapporto variabile, accreditandolo di una calibrazione a
risposta e accuratezza impareggiabili.
Altri notevoli miglioramenti rispetto alla SLS
includerebbero, stando a ciò che ci viene riferito, doti
I pulsanti
raggruppati attorno
al joystick
permettono di
scegliere le proprie
impostazioni di
guida preferite,
variando
dall’intrepida alla
pantofolaia
Criticate pure la
Porsche per i suoi
interni scuri e
sommessi, ma
l’alternativa AMG è
questa ondata di
pelle rossa
cinematiche progressive, un rollìo
contenuto e quattro supporti attivi per
l’albero di trasmissione disegnati con
l’intento di evitare all’albero stesso, e al
cambio a sette marce, dei cedimenti
sotto carico.
Terminata la pausa pranzo,
passiamo sul circuito formato da
alcune sezioni del vecchio tracciato di
Hockenheim, vale a dire la Sachskurve,
la successione delle Brüggli e la curva
Nord, per le prove di handling. Non si
tratta di uno schema proibitivo, ma il
grado di aderenza sulla superficie
bagnata varia drammaticamente da un
segmento di strada all’altro, non
esistono cordoli a proteggere la linea di
corsa e al posto di appropriate aree di
fuga, c’è una spianata di ghiaia
profonda un braccio. “Il massimo del
confort abbinato alla massima
irruenza!” il motto d’approccio di Moers
prima di scivolare nella modalità
PlayStation. Sebbene la SLS sia stata
sviluppata sul Nordschleife e a
Hochenheim, l’AMG non è riuscita a
trasmetterle le avvedute accortezze
stradali che fanno risaltare la GT-S.
La SLS aveva un temperamento
irrequieto, le piaceva combattere la
strada, il pilota e le proprie lievi
sbavature, la maggior parte delle quali
si manifestavano nella porzione
posteriore dell’abitacolo.
La AMG GT è un animale
completamente diverso. Moers,
apparentemente capace di portare
l’auto al limite e a leggere la mia mente
nel medesimo frangente, volge lo
sguardo a destra, anniusce e sorride.
“Sì, c’è stato un cambio di mentalità
alla AMG. Abbiamo sempre saputo
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it 43

come maneggiare prestazioni e
sportività. Ma ci è servito un po’ di
tempo in più per comprendere comfort.
Sai, non è solo una faccenda di molle,
ammortizzatori e dimensioni degli
pneumatici. Ha molto a che vedere con
qualità specifiche come bilanciamento,
precisione e sicurezza”. La neonata
creatura è istantanea nel darne
conferma. Si inserisce in curva con
impeto e le ruote anteriori si
aggrappano al manto della pista in
maniera rassicurante, ma si fanno
comandare a bacchetta in qualunque
attimo ad ogni martellante pestata
sull’acceleratore. Malgrado muso e
coda comunichino l’un l’altro in modo
permanente, con sterzo e acceleratore
a fare da mediatori non invadenti, la
GT è meno interessata della SLS a
metter su uno spettacolo teatrale.
Vuole solamente scatenarsi, sprigionare
la massima forza che sia fisicamente
possibile sprigionare ed essere davvero
graduale e trasparente in termini di
risposta alle richieste avanzate. Il retro,
quando decide di uscir fuori di
traiettoria, richiede non poca abilità a
130 km/h in terza marcia, baciando ora
il margine sinistro ora il margine
destro.
C’è ancora qualcos’altro da scoprire?
Certamente sì. “Freghiamocene delle
gomme” sbotta Moers. “Adesso
facciamo sul serio”. In questa tornata
frena con metà macchina al di là dei
coni, getta la bestia nella mischia delle
curve sorvolando sulle grida di
protesta delle Michelin posteriori alle
corde, la spara oltre gli ultimi residui di
benevolenza finché i parafanghi non
obiettano sull’orlo della frantumazione.
Si dà una calmata, sposta la
trasmissione su Auto, lasciando però la
selezione Race per consentire al
meccanismo di capire quando
Sono stati
conservati i LED
adattivi e la stella a
tre punte, nascosta
dal rivestimento
antispionaggio
Presumendo che
non vogliate un
allestimento in
“verde camuffatura”,
perché non pensare
ad una colorazione
opaca e tettuccio in
vetro fumé o in
tessuto di
carbonio?
mercedes
amg gt-s
Prezzo 130.000 Euro
(presunto)
In vendita Inverno
2014
Motore 3.982cc 32v
biturbo V8, 510 cv @
6.250 giri/min, 650 Nm
@ 1.750-4.750 giri/min
Trasmissione Doppia
frizione a 7 rapporti,
trazione posteriore
Prestazioni 0-100 in
3,8 secondi (ca.), 312
km/h, 10,8 km/l, sotto
i 200 g/km CO2 (ca.)
Peso/materiali
1.550 kg (ca.)/
alluminio, acciaio e
magnesio
esattamente eseguire la cambiata e
quando astenersi. Il V8 biturbo scala a
ripetizione i regimi di rotazione fino a
toccare il limitatore, il cervello
elettronico detta la perfetta tempistica
degli innesti imitando l’azionamento
manuale delle palette per il cambio. A
rincarare la dose ci sono anche le
frustate e le scalate a effetto
elettronico determinate dallo scarico.
Troppa scena? Allora migrate su
Comfort e la GT-S si ricoprirà della sua
veste di pecorella dondolandosi
serenamente tra le curve, pacifica,
rilassata. Unica, distante e talentuosa
all’inverosimile, la Porsche 911 è l’auto
principale che la AMG GT deve
chiaramente mettere sotto i piedi. E ne
ha la possibilità perché, mentre la 911
GT3 insiste nel rivolgersi ad un
pubblico di irriducibili, la neo arrivata
Turbo si è lanciata ormai in una
competizione di categoria distinta. La
Mercedes straccia le due Porsche, è
competitiva e sufficientemente forte da
poter stabilire il suo campo di gioco,
promette di essere veloce ed
equilibrata, virtualmente senza pecche.
È vero, la 911 offre più stile, motori
variegati e superbi livelli
d’equipaggiamento, ma pure la AMG ha
un grande potenziale evolutivo.
Pensate, ad esempio, all’ammiraglia
Black Series, alla roadster con tettuccio
in tela, alla sportiva da strada
ultraleggera o all’ibrida plug-in. La
variante S in particolare serba un mare
di promesse. Va come il vento, è
accessibile, lascia sulla strada e sulla
pista squillanti punti esclamativi,
sembra sostenere e occasionalmente
elevare il guidatore. Bisogna farle i
complimenti. Perciò, amici della
Porsche, il messaggio è il seguente:
saltate in sella, c’è una sfida da
onorare. w
44
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it

Test esclusivo
Mercedes AMG GT
“C’è stato un cambio di mentalità alla AMG.
Abbiamo imparato l’importanza del comfort”
La SLS è morta.
Lunga vita alla GT-S
Il portellone
posteriore è fatto in
acciaio. Ogni altro
elemento è in
alluminio o
magnesio
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it 45

670
660
650
640
630
620
610
600
590
580
570
560
550
540
L’evoluzione
delle Supercar
Da qualche parte, nell’arco temporale tra la Miura e la LaFerrari,
il rapporto peso-potenza delle Supercar è più che raddoppiato.
Pensate cosa potrebbe diventare nei prossimi 50 anni!
530
520
510
500
490
480
470
460
450
440
Lamborghini 430
Miura 420
Anno: 410 1966
Potenza: 350 cv
Peso: 400 1.295 kg
Velocità massima:
280 km/h
390
0-100: 380 6,3 sec
Peso/potenza:
275
370
360
350
cv/tonnellata
340
46
330
320
310
Lamborghini
Countach
Ferrari 288 GTO
Anno: 1984
Potenza: 400 cv
Peso: 1160 kg
Velocità massima:
305 km/h
0-100: 4,9 sec
Peso/potenza:
350
cv/tonnellata
Porsche 959
300
Anno: 1971
Anno: 1987
Potenza: 375 cv
Potenza: 450 cv
290
Peso: 1400 kg
Peso: 1.450 kg
Velocità massima:
Velocità massima:
280
309 km/h
315 km/h
0-100: 5,6 sec
0-100: 3,7 sec
270
Peso/potenza:
Peso/potenza:
260
1966 1967 1968 1969 1970 1971 1972 1973 1974 1975 1976 1977 1978 1979 1980 1981 1982 1983 1984 1985 1986 1987 1988 1989
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it
270
cv/tonnellata
315
cv/tonnellata
Ferrari F40
Anno: 1987
Potenza: 478 cv
Peso: 1.155 kg
Velocità massima:
324 km/h
0-100: 4,9 sec
Peso/potenza:
355
cv/tonnellata

speciale
La storia delle Supercar
LaFerrari
McLaren F1
Anno: 1993
Potenza: 627 cv
Peso: 1.138 kg
Velocità massima:
380 km/h
0-100: 3,2 sec
Peso/potenza:
560
cv/tonnellata
Jaguar XJ220
Anno: 1992
Potenza: 550 cv
Peso: 1.470 kg
Velocità massima:
350 km/h
0-100: 3,9 sec
Peso/potenza:
375
cv/tonnellata
Ferrari Enzo
Anno: 2002
Potenza: 660 cv
Peso: 1.365 kg
Velocità massima:
350 km/h
0-100: 3,6 sec
Peso/potenza:
482
cv/tonnellata
Anno: 2013
Potenza: 963 cv
Peso: 1.425 kg
Velocità massima:
350 km/h
0-100: sotto -3,0 sec
Peso/potenza:
675
cv/tonnellata
Pagani Zonda S
Anno: 2003
Potenza: 555 cv
Peso: 1.280kg
(massa a vuoto)
Velocità massima:
355 km/h
0-100: 3,7 sec
Peso/potenza:
433
cv/tonnellata
Bugatti Veyron
Super Sport
Anno: 2010
Potenza: 1.200 cv
Peso: 1.838 kg
Velocità massima:
415 km/h
0-100: 2,5 sec
Peso/potenza:
662
cv/tonnellata
McLaren P1
Anno: 2013
Potenza: 916 cv
Peso: 1.395 kg
(massa a vuoto)
Velocità massima:
350 km/h
0-100: 2,8 sec
Peso/potenza:
655
cv/tonnellata
Porsche 918
Spyder
Anno: 2013
Potenza: 887 cv
Peso: 1.674 kg
Velocità massima:
254 km/h
0-100: 2,8 sec
Peso/potenza:
525
cv/tonnellata
Bugatti EB110
Anno: 1992
Potenza: 560 cv
Peso: 1.615 kg
Velocità massima:
336 km/h
0-100: 3,6sec
Peso/potenza:
345
1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013
cv/tonnellata
i dati provengono da varie fonti, non tutti sono ufficiali
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it 47

Supereroi
Rivincita! Ossessione! Ego! Cosa ha smosso gli uomini delle Supercar?
Henry Ford II
L’incazzato
“È MIO IL NOME su
questo palazzo”
è il modo conciso
con cui Henry Ford
II metteva fine ad
ogni discussione.
Discutere, o anche
solo non essere
d’accordo col nipote
di Henry Ford, non
era raccomandabile.
Potete perciò
immaginare cosa
passasse nella mente
di un uomo del genere
quando offrì 10 milioni
di dollari ad Enzo
Ferrari per metà della
sua compagnia, ed il
signore chiuse tutte
le trattativa all’ultimo
minuto, mettendo
fine a nove lunghi
mesi di negoziazioni.
Ford vide rosso e
volle umiliare Ferrari
nel modo più crudele
possibile, allestendo
il programma sportivo
da cui nacque la
GT40 che poi finì per
dominare Le Mans per
quattro anni di seguito
a partire dal 1966.
Il suo miglior lavoro: Gettare le basi per la GT40
Enzo Ferrari
L’incorreggibile pilota
“GAREGGIARE è una
grande smania al quale
uno deve sacrificare
tutto, senza reticenza,
senza esitazione”.
Così disse Enzo
Ferrari in un’intervista,
riassumendo la
completa dedizione e
passione di un uomo
verso lo sport che ama.
È stata questa
passione ad aver
attratto i più grandi
designer, ingegneri
e piloti, la stessa
Il suo miglior lavoro: Ferrari F40
passione che fu quasi
la sua rovina, quando
Ford gli offrì dei soldi
che avrebbero potuto
salvare la compagnia
nei primi anni ‘60.
Pare che Ford avesse
però voluto introdurre
una clausola che
avrebbe limitato le
spese di Ferrari nel
motorsport.
Non appena Enzo ne
venne a conoscenza,
mandò a monte la
trattativa.
Ron Dennis
Il genio ossessionato
UNA VOLTA Ron
Dennis disse a CAR
che spese “parecchi
anni studiando cosa
contaminasse le
costruzioni” e che il
quartier generale di
McLaren montava
unicamente ascensori
mossi da pistoni
invece che da cavi,
perché non poteva
tollerare il pensiero
della presenza di cavi
a bagno d’olio nel suo
Il suo miglior lavoro: McLaren F1
edificio. Ma quella
stessa attenzione
ai dettagli permise
al CEO di McLaren
di costruirsi il suo
impero, la stessa
vena perfezionista è
permeata poi ad ogni
auto stradale dalla
F1 alla P1. “Sono
ossessionato dall’alta
qualità, e per ottenere
alta qualità ci vuole
grande attenzione ai
particolari.”
48
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it

cover story
I Supereroi delle supercar
Ferrucio
Lamborghini
Il frustrato
LA LEGGENDA
NARRA che un
costruttore di trattori
chiese udienza ad Enzo
Ferrari per suggerirgli
delle modifiche su
una Ferrari appena
acquistata. Ferrari
non accettò i consigli
e Ferruccio giurò di
costruirsi un’auto
migliore.
La verità è che
Lamborghini aveva già
giocherellato con le
auto negli anni 40’, e
gareggiò anche nella
Mille Miglia del 1948.
La ragione per cui allora
non produceva auto era
dovuta all’impegno che
richiedeva il fiorente
business di trattori
ed aria condizionata
industriale, ma non
c’è dubbio che la
frustrazione data dalla
qualità delle auto
sportive dell’epoca lo
motivò nella produzione
delle stesse.
Semplicemente, era
convinto di poterle fare
meglio.
Il suo miglior lavoro: Lamborghini Miura
Ferdinand Piëch
Lo spietato
PIëCH è stato tanto
ammirato quanto
temuto da quelli
con cui lavorava.
Nipote del creatore
del Maggiolino,
Ferdinand Porsche,
e gran maestro di
Volkswagen, Piëch è
l’uomo responsabile
dell’esistenza
della Veyron e
probabilmente l’unico
in grado di poterla
produrre veramente. Il
suo metodo preferito
di motivazione era la
paura.
Nel 2001 annunciò ad
un Motor Show che
avrebbe costruito una
supercar da oltre 1
Il suo miglior lavoro: Bugatti Veyron
milione di Euro, con
1.000 cv e 400 km/h
di velocità massima,
avreste quasi potuto
sentire il timore degli
ingegneri Bugatti
mentre sudavano
freddo.
Eppure ci riuscirono.
Uno dei modi di dire
preferiti di Piëch è:
“Tutti possono fare un
errore. Quello che non
tollero è qualcuno che
fa lo stesso errore due
volte”.
è la frase che molti
dirigenti Volkswagen
si sono sentiti dire
prima di venir cacciati
via a pedate.
Horacio Pagani
L’artista
“IO SONO QUI per
costruire la supercar
più bella al mondo”.
Spiegò Pagani qualche
anno fa.
Ed è esattamente
quello che l’argentino
sta facendo fin da
quando entrò in
produzione la prima
Zonda C12 nel 1999.
La sua vocazione ha
anche dimostrato che
la bellezza va oltre la
semplice apparenza,
e sia le Zonda che le
Huayra che seguirono
condivisero una qualità
Il suo miglior lavoro: Pagani Zonda
ed una attenzione ai
dettagli stupefacente.
Una sorta di filosofo,
Pagani è conosciuto
come il Da Vinci delle
Supercar.
“Ho letto una citazione
di Da Vinci che
dice ‘arte e scienza
possono lavorare
tenendosi per mano’”
Affermò Pagani. “Fu
come una rivelazione.
Capii che potevo
sfruttare il mio dono
dell’abilità manuale
accoppiandolo alla mia
curiosità per la scienza”.
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it 49

Porsche 918
Una 1.000 miglia di test
Testo: Georg Kacher I Foto: Jürgen Skarwan
AStoccarda è arrivato il Giorno del
Giudizio. Pioggia, grandine, neve. Il nostro viaggio è a
rischio, ma il laboratorio Porsche ha rifornito il suo
prototipo di ganasce freno nere in lega leggera e le ha
accoppiate a gomme Pirelli Sottozero. L’impianto di
fabbricazione apre i cancelli solo alle 10,30 di mattina e ci
consegna una 918 azzurro cromo.
Si può comprendere l’incertezza della Porsche, la vernice
da sola è un optional da 47.000 Euro. Prendiamo la
scenografica via per Valencia, 1.700 chilometri e 23 ore di
guida. Il mio accompagnatore-passeggero è Sebastian Rüger,
un giovane, geniale ingegnere di belle speranze che sa tutto
di auto ibride e di qualunque cosa abbia attinenza con la 918.
Di comune accordo decidiamo di coprire il tratto iniziale della
nostra lunga traversata nella modalità elettrica E-power. I due
motori elettrici (uno per ciascun asse) fischiano e ronzano in
un felice duetto a cappella che risuona inaspettatamente
sommesso dentro la macchina, mentre coglie di sorpresa i
pedoni al di fuori.
Operando congiuntamente, le due compatte unità liberano
285 cv e un’impressionante coppia di 584 Nm. A seconda
dello stile di guida, l’assetto E-power offre una percorrenza
massima a zero emissioni di 30 chilometri o un picco di
velocità di 150 km/h. Sulla corsia di raccordo per l’autostrada
A81, una bomba viene sganciata improvvisamente sul nostro
idillio acustico non appena il V8 entra in scena, chiassoso e
furibondo.
I lubrificanti ghiacciati all’interno del 4.6 litri a iniezione
diretta con albero motore piatto sono evidentemente ai ferri
corti con l’umiliante limite di velocità fissato a 120 km/h. Fino
ai 3.000 giri, il 32 valvole aspirato suona rude e rauco. Tra i
3.500 e i 6.500, l’alimentazione, la sequenza scocca-scintille e
l’apetura valvole trovano finalmente un accordo su un ritmo e
un andamento più coordinato. Ma è soltanto dai 7.000 giri, fin
su ai 9.150 dell’autolimitazione di velocità, che avviene la
metamorfosi in un denso, energico flusso da stantuffo
impazzito. “In sostanza, la 918 è un mezzo da corsa con
omologazione stradale” spiega il capo progetto Eugen
Obermann. “Riguarda non solo l’albero di trasmissione, ma
pure il telaio, lo sterzo e i freni”.
Fin troppo vero. Il sedile da corsa è avvolgente, le
sospensioni sportive ci massacrano per tutto il giorno,
l’impianto frenante arresta con uno stridìo allucinante. Il
bagagliaio ha il formato di un’auto da competizione, la
visibilità posteriore è da auto da gara, compromessa da tutti
quei listelli e da quelle branchie, oltreché dall’alettone extralarge.
I livelli di rumore alle andature forzate eguagliano una
vettura da gara per acutezza e persistenza. Il consumo di
carburante, d’altra parte, è quello di una classe media. In
verità, non siamo arrivati a sfiorare i 32 km/l dichiarati, ma i
9,45 non sono mica tanto male per una supercoupé che tocca
i 345 km/h. Svuotare una carica piena di E-power è semplice:
basta ignorare il meccanismo di deterrenza dell’acceleratore
oppure premere il pulsante del giro-qualifica, e tenersi
avvinghiati al proprio posto contro l’effetto fisico esplosivo
conseguente. Ripristinare al suo picco di 6.8kWh l’energia
spesa è ugualmente semplice: bisogna tenere il motore
termico in funzione a medio regime per circa 15 minuti in
50
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it

Cover story
Le ipersportive del 2014
Lo spoiler
posteriore può
essere bloccato in
due diverse
posizioni, una per
mantenere l’auto a
terra, l’altra per la
massima velocità
Se questo non
dovesse bastare,
provate il Weissach
Pack, un affarone da
70.000 Euro
e 40 kg in meno
L’acconciatura è
inclusa nel
prezzo
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it 51

In teoria è possibile
guidare in elettrico per 30
km. Si può anche andare a
150 km/h, ma non
entrambe le cose
contemporaneamente,
ovvio.
modalità Sport, o meglio ancora in Race, e i pallini verdi
doverosamente si riaffacceranno in forze.
Lione ci dà il benvenuto con poliziotti sonnecchiosi a
gamba stesa in aria, restringimenti vari da infarto,
marciapiedi alti più di un essere umano medio e una rampa
d’accesso al parcheggio dell’hotel da far saltar i nervi. Ma
siamo diretti lì per trovare un punto di ricarica senza code
d’attesa. Laddove una presa elettrica a ricarica veloce (la cui
installazione esige un supplemento di 20.230 Euro) avrebbe
svolto il lavoro in 25 minuti, collegare la macchina ad un
pannello casalingo a basso voltaggio allunga il procedimento
a quattro ore. Le batterie conservano sempre una carica
d’emergenza del 25%, nell’eventualità che si voglia tornare
improvvisamente a correre su pista, dove l’intera riserva
d’energia può venir esaurita alla singola pressione del tasto
rosso del giro a razzo.
La mattina dopo seguiamo il fiume Rodano verso Sud a
passo tranquillo, ronzando sottovoce e sgusciando via dal
traffico delle auto più lente in elegante punta di piedi,
ripetutamente bersagliati da applausi e pollici alzati.
A carica completa, la potenza delle batterie riesce a
scaraventare la 918 fino a 100 km/h in 6,2 secondi. Percorsi
20 chilometri di strada, il sistema richiama la modalità
Hybrid, segnalando che il V8 sta per fare il suo ingresso in
campo e che verrà centellinato in base agli ordini inviati
dall’acceleratore. Non vi colpisce granché? Allora girate
l’interruttore di un altro scatto fermandolo in Sport e cercate
di sopprimere il sorriso quando la macchina vi dà uno
scossone per il collo. Tarata in Race, la Porsche si tramuta in
un missile rasoterra, la scudisciata ultrarapida viene
accompagnata ad una strategia di cambi marcia ancora più
aggressivi. Il PDK a sette rapporti si mette a randellare le
marce come un percussore infuriato, i motori elettrici ululano
a perdifiato, il V8 emette brevi e rabbiosi sbuffi da toro
lanciato alla carica. Non ci sono dubbi: quest’auto attacca tutti
i sensi con nugoli di assalti concertati.
L’Autoroute du Sud, diritta come una freccia scagliata
nell’aria e stranamente deserta, è il luogo ideale per provare il
rinnovato sistema di infotainment. Ne apprezziamo il
contenuto esauriente, i celeri tempi di risposta, la corretta
ergonomia. Non ci soddisfano i riflessi sullo schermo
scintillante, l’incompleta coordinazione tra i due monitor, la
mancanza di un ritorno sensoriale di tipo aptico sui comandi.
L’impianto sonoro Burmester è sensazionale (e di serie), i
sedili in vera pelle sono fantastici (ma valgono davvero i
23.800 di differenza col tessuto del modello base?), la chiave
d’accensione in tinta con la carrozzeria è godibile, ma per
quale ragione il volante è regolabile solamente in profondità?
E per quale ragione il riscaldamento elettrico è un
supplemento dal costo di 5.950 Euro mentre gli scaldasedili
sono gratis?
Il tratto di viaggio più improbo è il ventoso percorso
costiero tra Perpignan e il confine spagnolo. Benché sia
costellato di strettoie, dossi e salitelle, la 918 fugge con la
precisione di un aereo da combattimento, si aggrappa alla
lingua di bitume come un magnete in corsa, decelera
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SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it

Cover story
Le ipersportive del 2014
Georg e
macchina sotto
vuoto, in queste
stradine di città
Le precedenti
supercar della
Porsche
La 918 non è un affare
totalmente misterioso per
i seguaci della 911
918: l’altra opinione
fissare il
didietro della 997
GT2 di Walter
Röhrl mentre si
contorce
dolcemente per la
fatica di rimanermi
davanti, è una cosa
che dimorerà nella
mia testa fino al
mio ultimo respiro
di vita. Io, un
guidatore di
discreta capacità,
ma nulla più di
questo, proprio
nella scìa di uno
dei migliori piloti
mai nati. Esco
dalla macchina
decisamente
gasato. È così la
918, è così che ti fa
sentire. E ce n’é da
sentire. Lo sterzo,
ad assistenza
elettrica come
quello piuttosto
silenzioso della
911, è
sensazionale, una
spanna netta al di
sopra di qualsiaisi
altra invenzione
Porsche.
Ma la controfigura
ricca di me stesso,
che potrebbe
permettersi una
tale magnificenza,
non sprecherebbe
nemmeno un
centesimo di
interesse per
percorrere in
modalità elettrica i
30 chilometri tanto
formalmente
sbandierati.
Capisco che sia
importante per la
Porsche fare simili
roboanti
dichiarazioni,
tuttavia devo
ammettere che io
ho apprezzato di
più la soluzione
ibrida a
integrazione
permanente di
casa Ferrari.
CHRIS CHILTON
25 minuti per una
ricarica come
questa. Quattro ore
con la presa
domestica
bruscamente e si ridistende elasticamente sul rettifilo
successivo a mo’ di fisarmonica.
Appena finito l’interland, sloggiando le minacciose pareti
rocciose, si apre in una sequenza di colline rotondeggianti, la
Porsche ci lancia in un universo parallelo. Affondiamo il
coltello. Accidenti! Lo scatto 0-100 si conclude vicinissimo ad
un arresto cardiaco, e quando il tachimetro ci mostra i 200
km/h soltanto 4,7 secondi più tardi, il fiotto di adrenalina
assume la consistenza di una crema per dolci.
Terrorizzato dal mio stesso coraggio, calpesto
spietatamente il freno e subito sento la necessità di una
ritenuta a quattro punti d’aggancio, più un paio di braccia da
sollevamento pesi. Sono imprescindibili, per una tale
sconquassante energia rivolta-budella, i dischi carboceramici
dalle dimensioni da copri-tombini, oltre alla prestazione
mozzafiato del recupero di energia in frenata del sistema
ibrido. Ci accostiamo a Barcellona in un clima mite e sereno,
così convertiamo la coupé in spyder. Pur con la copertura
ritratta, la struttura in carbonio sembra esser stata estratta
dalla roccia solida. Il lato negativo è che le sospensioni sono
dure come sassi, e solo insani masochisti potrebbero
trasmigrare dalla normale calibratura “Misericordia!” degli
ammortizzatori (la Standard) alla logica d’assetto “Estrema
Unzione” (la Sport).
Persino con le dosi d’energia prosciugate, la 918 può volare a
326 km/h, ma le galere spagnole sono fredde e umide, quindi
evitiamo di provare l’ebbrezza. Sfrecciare in galleria a 145 km/h
in terza, è sufficiente a staccare l’intonaco dalle pareti.
911 GT1
Grazie a Dio è stata inventata
l’omologazione, perché altrimenti
le stravaganze come la 911 GT1
non sarebbero mai esistite. La
Porsche fu costretta a fabbricare
25 di questi mostri stradali per
competere nel campionato FIA
GT del 1996. La propulsione
veniva da un 3.2 litri turbo a sei
cilindri contrapposti capace di
544 cv e di uno 0-100 in 3,9
secondi. Sotto la scocca in fibra
di carbonio giaceva lo chassis
anteriore di una 993 con la
bizzarra combinazione di un
posteriore appartenente ad una
962 da gara..
CARRERA GT
Più lenta di una Ferrari Enzo,
la vera bellezza della Carrera
GT del 2003 risiedeva al di
sotto della sua superficie in
carbonio. Era un’esibizione di
materiali esotici, di ingegneria
e qualità costruttiva senza pari.
L’urlante 5.7 litri V10 da 612
cv fu ripescato dall’abortito
programma Le Mans del 2000.
Poteva toccare i 330 km/h e
sprintare in 3,9 secondi fino a
100 km/h partendo da ferma.
Non era priva di imperfezioni: la
frizione in ceramica era più che
altro un interruttore da acceso/
spento, e la manovrabilità
poteva far male!
GETTY IMAGES. testo di john mahoney
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it 53

McLaren P1
La F1 del XXI secolo
Testo: Georg Kacher I Foto: Charlie Magee
Ha l’aspetto di una
macchina terribilmente
complicata? Lo è
veramente.
L’aerodinamica attiva
corregge di continuo la
deportanza,
all’anteriore e al
posteriore
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SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it

Cover Story
Le ipersportive del 2014
Un salto indietro nel 1992. Alla vigilia del
Gran Premio di Monaco, il boss della McLaren Ron
Dennis presenta pubblicamente la F1, una coupé
dall’effetto suolo unico che sta per riscrivere le regole
delle supersportive. Perfino accanto alle minimaliste
monoposto pilotate da Senna e Berger, la scheggia argentata
sembra stramba ed estrema. Un’occhiata alla scheda tecnica
confermava i peggiori incubi dei concorrenti: scocca e telaio
in fibra di carbonio, peso a vuoto di 1.140 kg, propulsore
BMW V12 da 627 cv finemente elaborato, 0-100 in 3,4
secondi, velocità massima 392 km/h, niente ABS, niente
controllo di trazione né servosterzo o airbag. Quattro ruote di
cristallino terrore ad un oltraggioso prezzo di circa 1,6
miliardi di lire (850.000 Euro).
Nel 2012, al salone di Parigi Don Ron mise le mani per la
seconda volta sulla corona delle supercar quando strappò i
veli da un proiettile arancione metallizzato con la sigla P1. Di
nuovo, una lista di eccellenze fece il suo giro: sistema ibrido
con potenza complessiva elargita di 916 cv, massa a vuoto di
1.359 kg, monoscocca in carbonio, sospensioni modulabili e
aerodinamica attiva, 0-100 in 2,8 secondi, picco di velocità
limitata a 350 km/h, consumo medio 12 km/l, unità in
commercio limitate a 375 e prezzo di 1,1milioni di Euro.
Furono tutte ordinate in un baleno, quindi trovarne qualcuna
libera è raro. Ma oggi, fresco d’avventura con la 918, mi ci
ritrovo dietro al volante a casa mia.
La P1 è una due posti ma condivide certi segni essenziali
con la F1: la prominente linea ossuta che definisce il profilo
laterale, l’iconica calotta a cuneo, l’affascinante omogeneità di
miscela tra brutali elementi da corsa e incantevoli movenze
da passerella. “L’elemento concettuale di svolta della F1 era il
sedile di guida accentrato” ricorda Dick Glover, direttore della
ricerca alla McLaren. “Quello che rende tanto speciale la P1 è
la capacità di trasformarsi da supercar per uso quotidiano a
macchina da corsa senza compromessi al tocco di un
pulsante”. Contrariamente alla F1, della quale vennero
realizzati appena 106 esemplari, la P1 è parte di una famiglia.
Il fondo scocca del telaio Monocage, il passo e la carcassa di
base sono identici a quelli della 650S e della P13 nel modello
base, in programma per il 2015. Malgrado tali comunanze, la
P1 ingloba numerosi attributi peculiari.
“Le qualità dinamiche del veicolo sono in generale
determinate da due tratti complementari”, fa osservare il capo
designer Dan Parry-Williams. “Mi riferisco all’interazione fra
le sospensioni idro-pneumatiche, che noi chiamiamo
RaceActive Chassis Control, e l’Active Aerodynamic Control,
che corregge di continuo la deportanza anteriore e posteriore.
Il coefficiente Cx varia da 0.34 e 0.40 sulla base dell’angolo e
della posizione dello spoiler di coda. Quando il guidatore
aziona il tasto DRS, l’effetto-suolo viene ridotto del 40% a
beneficio di una velocità più elevata”. Basta parlare.
Non riesco a trattenere la smania di fiondarmi in questa
onnipotente picchiattrice per ascoltarla, sentirla, sudarmela e
strofinarmela addosso di persona. L’accesso alla P1 può
essere un compito laborioso, forse meno che su di una DTM o
su una Ariel Atom, ma comunque potrebbero facilitare la
procedura per chi non ha ossa di gomma e arti snodabili.
Sebbene la volumetria della cellula passeggeri non sia
eccesivamente ristretta, il magro sedile avvolgente
ultraleggero a pezzo unico legittima il timbro sadomaso in
oro, la visibilità del retro passa attraverso due piccoli
P1: l’altra
opinione
Non ho
ancora
guidato la
LaFerrari o la
918. Sono sicuro
che siano delle
meraviglie da far
impazzire. Ma
non posso
credere che
facciano
impazzire in
maniera così
totale come la
P1, che ho da
poco saggiato in
Bahrain su
strada e su pista.
Né posso
pensare che
siano altrettanto
saettanti su un
circuito da corsa.
Il motivo è che
l’esclusiva
modalità Race
della McLaren,
che avvicina la
vettura
all’asfalto di 50
mm, fa
estendere la
gigantesca ala
posteriore e dà
all’auto uno
sconvolgente
effetto
deportante. La
P1 viene
calamitata al
tracciato, la sua
forza a terra
fornisce un grip
incredibile e
sicurezza di
guida, non
importa la
velocità folle a
cui ci si fa
trasportare. Ciò
non rende la P1
una macchina
migliore della
Ferrari o della
Porsche,
naturalmente.
Né la fa più
sfrecciante e più
composta su
strada, dove la
configurazione
Race è illegale.
Però, cavolo, è
un’arma da
circuito. Il che ci
fa chiedere: chi
mai al mondo
sente la
necessità di una
P1 GTR?
GAVIN GREEN
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it 55

specchietti, e il pannello strumenti digitale somiglia ad uno
scaffale di un negozio d’elettronica uscito da Fast&Furious X.
Ad un’ispezione ravvicinata, scorgiamo cinque nuovi
interruttori a pressione: uno verde che attiva l’E-mode, uno
nero per la spinta turbo, quello blu che aziona il DRS, il rosso
che inserisce l’effetto sorpasso accelerando la macchina e il
flusso di adrenalina per 30 secondi. Al fianco del pulsante
E-mode è piazzato un selettore di ricarica che ordina al
motore di dirottare alle batterie una porzione maggiore di
potenza finché non sia raggiunto l’85% d’energia.
Avvio il motore. Soltanto un affondo e sono colto nel bel
mezzo di un incrocio di decibel assordanti. Sollecitato dai
colpi che affondo sull’acceleratore, il 3.8 litri V8 prende i giri
solo per farli scendere giù di colpo affievolendoli in un fuoco
d’artificio a digradare. Come due bestie assetate di sangue, le
grosse camere di compressione nere trangugiano aria
attraverso il boccaglio del tetto. Come due bombardieri Stuka
in picchiata verso il loro obiettivo, la coppia di turbine va su in
rotazione in una regione acustica inesplorata. Come una
stretta di mano ad alto voltaggio fra trasformatori elettrici, il
motore elettrico rumoreggia entrando e uscendo dal gioco ad
un regime costante di 19.000 giri.
Innesto la prima, accarezzo l’acceleratore e predispongo la
postura alla frustata in avanti. La cosa che capisco subito
dopo è che la marcia è stata accettata e metabolizzata, che la
seconda ha sbattuto contro il suo apice con furore accecato e
che anche la terza ottura le mie orecchie con frastornanti
spallate di forza g longitudinale. La P1 suona una melodìa del
tutto distinta dalla 650S. Il motore sbotta intermittente in
avvicinamento alla linea rossa, la trasmissione a doppia
frizione sferza i rapporti in una successione crudele, ogni
cambio marcia è accompagnato dal fischio delle valvole e dal
profondo grugnito dello scarico ovale ad altezza rialzata che
fa martellare forte e chiara la nota musicale dell’otto cilindri.
Pronti a sentire la pelle d’oca dalla testa ai piedi? Bene, allora
premete Charge, che vuol dire rigenerazione completa
d’energia, massimo stress motoristico e rumore a palate.
“Raffreddare 916 cv in uno spazio talmente confinato non è
una bazzecola” afferma deciso Parry Williams che è con me
nell’auto. “Ecco perché abbiamo dovuto installare cinque
radiatori, tre celle di raffreddamento per l’olio e uno
scambiatore di calore”. Quando la macchina è sotto pressione,
si possono sentire tutti i dispositivi, sia a voce singola che in
coro. Testiamo la P1 sulle vie ordinarie intorno alla sede
centrale della McLaren, a Woking, e poi nell’area di prova di
Chobham che sfodera un ampio anello per alte velocità ricco
di variazioni altimetriche e connotato da un percorso interno
per l’handling soprannominato Il Serpente. Ad un certo
punto il circuito si allarga e diventa una lunga piazzola a
corsie multiple che è perfetta per mettere alla prova i freni o
per verificare la partenza antislittamento. Prima che il V8
possa chiamare a raccolta i suoi 737 cv, l’elettro-unità da 179
cv sguinzaglia la sua conturbante coppia di 280 Nm in stile “a
bastonata,” tutta d’un fiato. Un battito di ciglia dopo, l’intero
apparato ibrido ci spintona in avanti con una forza di 900 Nm
spella-pneumatici. La caustica coppia viene servita da un
DCT a sette marce che risponde sagacemente agli impulsi
nevrotici delle palette al volante. Giacché la frenata
rigenerativa spicca per la sua assenza, le celle devono essere
rimpinzate in marcia dall’unità a combustione. In alternativa,
il sistema può essere collegato ad una presa a muro.
Messi alle spalle cinque passaggi, la coupé ad ali di
gabbiano ha riscaldato le gomme, ha frullato i liquidi
lubrificanti portandoli a temperatura d’esercizio e ha dato una
svegliata alle pastiglie freno. Tutto quel che serve ad un pilota
in gamba ora, è pigiare due tasti nella corretta sequenza, e
quindi tenersi stretto per la conseguente esperienza da ultimi
istanti di vita. Ci siamo: piede sinistro sul freno, piede destro
sull’acceleratore a comprimere la paratìa, muscoli del collo
induriti per ogni eventualità. Adesso bisogna mollare il freno
e rimettere a fuoco la vista, perché l’orizzonte si è avvicinato
più rapidamente che in un sogno allucinato. Le cambiate in
alto sono automatiche e vengono tirate via prima dei 7.500
giri. Come mai? Perché il culmine dell’E-power, la massima
sparata e l’allungo completo sono resi disponibili attorno ai
5.000 giri, dove le forze alleate attaccano lo stomaco in
formazione da combattimento. Con il controllo di trazione e
l’ESP a fare gli straordinari, la P1 ci fustiga strombazzandoci
I vortici di foglie
sono un modo utile
per osservare
l’aerodinamica in
assetto effettosuolo
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SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it

Se non dovesse
risultare
futuristica come
speravate,
consolatevi con i
cinque nuovi
pulsanti da sballo
la prima, la seconda, la terza e la quarta (non oltre) in
un’accanita sventagliata di ceffoni a mani nude. Vero, la
capacità della McLaren di schizzare in 2,8 secondi da 0 a 100
km/h è considerevole. Ma quando ti trovi allacciato all’interno
della calotta a doppia gobba in fibra di carbonio e vetro, fa
ancora di più strabuzzare gli occhi l’accelerazione 100-200
km/h che richiede un tempo irreale di 6,8 secondi. Benché
non abbiamo mai avvistato i 300 km/h, la McLaren dichiara
che tale speditezza è espugnabile in 16,5 secondi da fermi. La
918 avrebbe bisogno di 3,4 secondi in più per un’identica
impresa, la LaFerrari ci arriverebbe in 1,5 secondi di meno.
Per preparare la P1 a qualunque tipo di ragazzata ad alta
velocità, è opportuno allestire la modalità Race, procedimento
che reclama 30 secondi pieni allo scopo di far posizionare le
appendici aerodinamiche frontali e posteriori, far diminuire lo
stacco da terra di 50 mm con un sibilo intollerabile e allertare
tutti i segnalatori elettronici di bordo.
La funzione Race è libidinosa e da censura, una miscela
radicale di efferata aerodinamica e impostazioni elettroniche,
una lama mortale nel fodero della P1. Ora gli ammortizzatori
si agitano sul ciglio di spasmi muscolari, i due alettoni ballano
in sincronìa, lo sterzo appare improvvisamente addolcito e
contestualmente rapido, l’ESP padroneggia la propria azione
assistenziale rinviandone l’esito, le cambiate a gas sbottonato
ledono le mie giunture. Il sottofondo acustico sta oscillando
tra i Motörhead che suonano Wagner e la tecno alzata a palla,
fusa con il rap da teppisti criminali. Le nuove tracce musicali
comprendono il brontolìo del telaio, lo sfrigolare delle gomme,
la protesta risentita del limitatore di regimi e il fremito dei
freni pneumatici.
Gli inconvenienti? La pedana è stata spostata indietro per
alloggiare le componenti elettriche e la visibilità è solo un
gioco di indovinelli, la comodità può essere meramente
descritta come “severa”. Al prezzo di quasi 1.1 milioni di Euro
la P1 è più costosa della 918 e pressappoco in linea con la
LaFerrari, ma se la F1 è qualcosa da superare, la P1 potrebbe
rappresentare un investimento profittevole. Dopo tutto, i
contratti di vendita ad oggetto la F1 volteggiano al momento
intorno ai circa 3 milioni di Euro.
Cover Story
Le ipersportive del 2014
Verso infinito
e oltre?
I piani dei nostri tre
costruttori di ipersportive
per l’immediato avvenire
LaFerrari FXX & laferrari Spider
Nel prossimo capitolo del
romanzo Ferrari, vediamo la
protagonista indossare una
tuta da ginnastica e perdere la
testa, con l’arrivo nel 2015 di
una LaFerrari FXX da oltre 1.050
cavalli ad esclusivo utilizzo su
pista e di una convertibile Spider
a produzione limitata. Saranno
fabbricate soltanto 50 Spider,
ognuna al doppio del costo della
versione a tetto rigido. Il prezzo
dell’esclusività.
McLaren P1 GTR
Anche la McLaren sta ideando
la propria arma letale da circuito
con i suoi 1.000 cv e 2.500.000
Euro. Per indennizzare i clienti
dell’inferiorità di potenza nei
confonti della FXX, la McLaren
intende regalare agli acquirenti
l’accesso alle strutture di
addestramento e al simulatore di
guida della scuderia impegnata
in F1. Il più esperto e valente
tra il pubblico dovrebbe poter
soggiogare la FXX in scioltezza.
Il sottofondo musicale
oscilla tra i Motörhead
che suonano Wagner e
la tecno a palla, fusa con
il rap da teppisti
Porsche 918 Weissach Pack
Una versione “pista” esiste già,
e la metà dei 700 possessori
della Porsche 918 si sono
oramai dotati del Weissach Pack.
Sarebbe il caso di approfittarne,
qualora voleste smaltire
dalla massa a vuoto 41 kg,
rinunciando all’insonorizzazione e
aggiungendo, oltre a ruote in lega
leggera, un pacco batterie agli
ioni di litio. E la Porsche, bontà
sua, generosa com’è potrebbe
anche farvi dono di una livrea
Martini dai poteri magici.
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LaFerrari
L’estremista
Testo: Georg Kacher I Foto: Mark Bramley
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SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it

cover story
Le ipersportive del 2014
Maranello: pioggia fitta su Fiorano, il
circuito di prova della Ferrari, e quando finalmente
la serranda elettrica si apre e due fanali gettano i loro
coni di luce a LED addosso al rettilineo del
traguardo, l’asfalto sembra essere uno specchio
d’acqua che s’inabissa nelle profondità più estreme. Il capo
collaudatore Raffaele de Simone punta il dito nella mia
direzione, poi indica il sedile lato passeggero. Con un colpo al
pulsante rosso dell’accensione, l’uomo che ha sostituito il
leggendario Dario Benuzzi dà il via al concerto musicale
eseguito da dodici strumenti amplificato elettricamente che ci
sta massaggiando la spina dorsale. Un sorriso fugace, una
pizzicata alla levetta delle marce alte, una sbirciata negli
specchietti e siamo in pista. Il tracciato sembra lubrificato,
quindi ci muoviamo con prudenza. “Aquaplaning ovunque!
Consiglierei di seguire una linea leggermente diversa. E
calma con quel manettino…”.
LaFerrari, un autentico amore-odio. Amore, perché un
impianto propulsivo da 963 cv impacchettato in una
ipersportiva dal peso piuma di 1.425 kg fa rivivere l’usurato
luogo comune della F1 da corsa omologata per la strada.
Odio, perché il laconico sedile è fissato alla cellula
passeggeri di carbonio in una posizione denominabile
buona-per-tutte-le-taglie-tranne-che-la-mia. L’unico
elemento regolabile è la pedana, eppure non scivola
abbastanza in avanti da far accomodare le mie giraffesche
leve. Per una manciata di istanti, nella zona box a lastricato
rosso regna il panico. Poi un meccanico pietoso inizia a
rimuovere l’imbottitura del sedile e dello schienale. Mi sento
un idiota, ma almeno posso raggiungere i pedali, adesso. Il
baricentro annusa-terreno della LaFerrari è appeso a
375mm di distanza dal suolo, ossia 65 mm più basso della
458, sebbene entrambe condividano il medesimo passo.
Spingere la posizione di guida di 60 mm verso la strada
altera radicalmente il campo visivo, e con esso la percezione
del tappeto asfaltato sottostante. L’esteso quadro strumenti
a colori baluginanti pare quasi dello stesso livello di un
visore a sovraimpressione, il volante quadrangolare è
inaspettatamente addossato al petto, e i capelli devono
andare ad occupare il solo posto sfruttabile non
tiranneggiato dalla massiccia porta ad ali di gabbiano.
Grazie al predellino rastremato, salire e uscire dall’auto non
richiede più un diploma in snodabilità. È abituale, ad ogni
lancio di modelli Ferrari, essere richiamati ai box dopo
cinque giri di pista, assistere al brulicante sciame di
meccanici che regolano la pressione gomme, verificano la
temperatura dei freni, puliscono il parabrezza e fanno
domande al pilota. Oggi, ho bisogno di più tempo per
adattarmi: alla macchina, alle condizioni meteo,
all’inquietudine che ho dentro. Se soltanto ci fosse maggior
spazio per allungarsi! La cabina è familiare, ma nemmeno
poi tanto. Lo sterzo con il contagiri a LED integrati mi
trasmette un qualche turbamento, in parte a causa degli
ingranaggi sempre più tempestivi, un 45% in più rispetto
alla Enzo. Così, la torsione sul lato opposto si riduce ad un
gesto nominale, specialmente mentre piove, quanto non c’è
sufficiente presa frontale per stabilire una rassicurante
manovrabilità. Le snelle palette del cambio sono le più
lunghe dell’ambiente motoristico, ma vanno bene giacché
tutte le levette dei comandi sono state convertite in tasti e
interruttori a portata di mano. I regimi di rotazione si
bloccano sulle cime arrossate dei 10.000 giri al minuto, il
contatore supplementare di carica dislocato in orizzontale è
costituito da una banda verde che può venir accorciata con
prolungate raffiche di acceleratore, e c’è pure un display
circolare del flusso elettrico che fa illuminare diversi
segmenti a seconda che ci si trovi in fase di spinta, ricarica
veloce, pre-caricamento e rigenerazione tramite frenata o
differenziale elettronico. I cinque giri preliminari sono
vergognosamente lenti. Mi rivolgo ai freni troppo in anticipo,
mi infilo in curva troppo presto, pesto il gas troppo tardi.
Anche se il manettino è in Sport, subiamo problemi di
trazione all’uscita di ogni curva, ad ogni pozzanghera e su
ogni cordolo. Le cinque tornate successive sono più fluide.
La LaFerrari dirige la straripante coppia alle ruote
posteriori con pneumatici Pirelli 345/30 R20 fresche
d’ordinazione, e mentre le calzature di dietro si scaldano in
un amen, la gommatura anteriore lotta per trovare grip,
facendo sottosterzare la biposto un po’ di più ad ogni giro. Il
fenomeno può essere seguito sul dispositivo di misurazione
per la pressione e la temperatura, che ci mostrerà una
disparità del 100% tra il muso e il retro. Rientro per
chiedere suggerimenti. “Devi zig-zagare per tutto il rettifilo
come fanno i professionisti della F1 e facilitare l’aderenza sul
terreno” mi consiglia Raffaele. “E poi, cerca di procastinare
la frenata, e vacci duro. Inoltre tieni conto che stiamo per
togliere un paio di libbre per pollice quadrato dagli
pneumatici anteriori”.
Tre giri più tardi, l’anima della macchina in effetti è
cambiata. L’inserimento in curva adesso è molto più
positivo, la morsa dell’anteriore è passata da esitante ad
ardimentosa, il brusco cambio di direzione nelle esse in
terza marcia ha cessato di disturbare la compostezza della
vettura. Al raggiungimento di temperature a tre cifre su
tutti i punti di contatto con la superficie, le Pirelli P Zero
cominciano a vincere l’umidità, perciò alla fine del giro
numero 15 mi avventuro dalla taratura Sport alla Race, che
opera in maniera fine fintanto che si va coi piedi di piombo
nelle sezioni lente del tracciato. Superata la svolta Shell e
dirigendomi verso i box, oso spremere il possente V12 sino
ai 9.250 giri del limitatore per la prima volta in terza e in
quarta, finché la martellata non si arresta e si affievolisce
Dunque, abbiamo
963 cv, un peso
vettura irrilevante,
una pista liscia
come il vetro, e tutti
gli ingegneri Ferrari
che ci stanno
guardando…
Un’aerodinamica
favolosamente
complessa che si
compone di cinque
alette inferiori (tre
davanti, due dietro)
che rettificano
costantemente i
flussi d’aria
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it 59

LaFerrari: l’altra opinione
La forma è simile a
quella del volante della
Allegro, ma qui c’è un
manettino a cinque stadi
e un tasto per la
partenza assistita
All’incirca 20 cm
più piccolo di
Georg, e con piedi
più corti dei suoi, io
non riscontro
problemi a
sistemarmi in
ognuna di queste
macchine. La
combinazione
sedile fissopedaliera
mobile
della Ferrari
funziona bene, ma
essendomi seduto
in un bolide di
Formula Uno, posso
confermare che
tutta quell’enfasi
propagandistica
sulla posizione di
guida reclinata a
gambe rialzate da
conformazione
Alonso, è solo
spazzatura.
Questa, però, è
l’unica osservazione
rinfacciabile alla
LaFerrari. Non
impressiona
soltanto
l’oltraggiosa
accelerazione della
macchina, bensì
tutto l’insieme.
È il suono, la
sensazione nella
sterzata, il fatto che
la si può lanciare su
strade ridicolmente
strette poiché è
proprio quello che
le grosse e paurose
supersportive
osavano promettere
ai vecchi tempi, ma
che raramente
esaudivano dal
punto di vista delle
prestazioni e della
godibilità. La
LaFerrari ha tutto il
meglio che rende
eccezionale la 458,
la più grande
supercar dell’epoca
moderna, ma
l’orologio mi sta
indicando che è il
momento per un
secondo giro.
CHRIS CHILTON
nuovamente in preparazione della curva a destra che segue.
Certo, è un’ibrida, ma il motore elettrico non arriva
all’orecchio, e non ci arriva anche perché i 163 cv di potenza
sono a richiesta, disponibili in qualunque momento per
costanti variazioni di intensità. Il fattore dominante tra
questi accorgimenti coesitenti è ancora il 6.3 litri V12
provvisto di collettori d’aspirazione a lunghezza variabile,
camera di compressione ingrandita, terminale di scarico a
flusso libero da sei-uscite-in-una, albero motore alleggerito,
accensione a scintilla multipla e camme con lobi a basso
attrito per incrementare l’erogazione di potenza dai 740 cv
della F12 ai megagalattici 800 cv di questa. Mentre il motore
a combustione genera un ruggito significativamente più
elevato, l’unità elettrica rinforza il margine inferiore della
curva di coppia.
La scheda tecnica se la combatte con la P1: 0-100 sotto i
3,0 secondi, 0-200 km/h in meno di 7,0, 0-300 km/h in 15,0,
picco di velocità sopra i 350 km/h. Proverò a verificare i dati
ufficiali, ma è più facile a dirsi che a farsi. A ridosso della
Curva Uno, dove i professionisti azzannano i 260 km/h, sul
viscido, perfino un moderato 230 km/h è per me insidioso.
Attraverso le curve successive, la sibilante e ringhiante
LaFerrari tira fuori dal cilindro un decimo di forza g
addizionale in modalità effetto-suolo e tirando di apice in
apice come attratta a terra da un’invisibile calamita. Il
segreto dietro questa inconcepibile stabilità aerodinamica è
un complesso di alette e deviatori di flusso ad azionamento
motorizzato che dosano automaticamente il bilanciamento
dalla minima resistenza all’avanzamento al massimo della
La LaFerrari dà il
meglio di sè sopra i
6.000 giri e sopra i
200 km/h, il che
significa
l’improbabilità di
sfruttarla appieno
su strada, anche per
il nostro Georg
forza a terra. Ci sono due ali regolabili, una di piccole
dimensioni incorporata nel cono del muso e una più ampia
sul bordo posteriore dell’auto. L’intervento di supporto è
effettuato da cinque alette sul fondo vettura che modulano i
flussi d’aria per consolidare l’aderenza in curva o per
ottenere il massimo della velocità. A 200 km/h, il kit
aerodinamico può accrescere il carico verticale di 360 kg. Ci
vuole un po’ di tempo per abituarsi a queste sottigliezze
tecniche, ma lentamente comincio a impratichirmi.
È sempre così, la fiducia porta alla sicurezza, la sicurezza
alimenta il coraggio, e il coraggio è ciò che è richiesto per
esplorare i confini del conoscibile. Ancorché stia tuttora
diluviando, io e la LaFerrari ogni tanto oltrepassiamo il
segno, andiamo di traverso col controllo di trazione
annullato, affiniamo la sequenza frenata-entrata in curvaaccelerazione.
Pur volendola comparare alla 458, la sterzata
è superimmediata, la reattività dell’acceleratore viene
elogiata per doppiare in rapidità quella della Enzo del 2003,
e l’azione concertata della consistenza di coppia, della
perseverante potenza elettrica, dell’opera del differenziale
elettronico, più la prestanza del V12, incrementano la
velocità d’uscita nei confronti della F12 di un cospicuo 35%.
Per giunta, il rapporto peso-potenza emerge come il
migliore della categoria.
A dispetto dell’appellativo ecologico di “Veicolo Ibrido”
accanto al numero di telaio, la LaFerrari è verde più o meno
quanto un pomodoro maturo. Ovviamente la Ferrari farebbe
obiezioni contro tale affermazione, sostenendo che è stato
conseguito un rilevante risparmio di carburante rispetto
60
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it

cover story
Le ipersportive del 2014
Una creazione
ogni due giorni
Ogni LaFerrari è costruita nel
“pilotino”, uno speciale laboratorio
sterilizzato, climatizzato e silenzioso
Gli specchietti
retrovisori non
hanno bisogno di
essere mossi, se
state trainando
una roulotte. La
Ferrari ha pensato
proprio a tutto
alla F12 e alla Enzo. Tuttavia, con un dato di 330g/km di
CO2, è di una chiarezza cristallina che la massima
prestazione abbia avuto la priorità sulla massima efficienza.
Siccome l’energia per imprimere spinta al motore elettrico è
prodotta dal V12, anche il nuovo ecologico ciclo di
omologazione europea non può oscurare il fatto che la
LaFerrari brucia più dei presunti 7,04 km/l ufficiali quando
è trascinata al limite. Detto ciò, la Ferrari merita credito per
aver mantenuto magnificamente esiguo il peso combinato
delle componenti ibride, fermandolo a 146 kg. Tale quota
include il generatore ad alto voltaggio che rimpiazza
l’alternatore, il pacco batterie agli ioni di litio da 2.3kWh, la
trasmissione doppia frizione abbinata al motore elettrico, il
sistema di raffreddamento e l’elettronica per la fornitura di
potenza, completa di inverter e convertitori. Benché non sia
collegabile alla presa di corrente, l’auto utilizza l’elettricità
per dare spinta, stabilizzare, decelerare e riguadagnare
forze. Dopo pranzo, andiamo ad effettuare una volata di tre
ore nei dintorni di Maranello, una piccola baldoria di pallini
rossi sul cruscotto in mezzo alle verdi colline adagiate da
Vignola a Pavullo, e ritorno. Sulla superstrada nei pressi di
Sassuolo smette di piovere giusto il tempo di un respiro,
allora la LaFerrari si tramuta per un attimo in un rapace a
caccia di prede. Mi piacerebbe davvero tanto poterla
guidare a lungo sull’asciutto, ma purtroppo per me tutti i
499 esemplari programmati sono stati prenotati da
parecchio tempo, malgrado il salatissimo prezzo richiesto di
1.190.000 Euro, quindi dovrò tener duro per una gitarella
nella Spider del 2015.
Il V12 viene fabbricato in
un’area separata da una squadra
di specialisti in cui ciascuno è
responsabile di qualcosa
La linea è divisa in due binari
paralleli: assemblaggio della
carrozzeria da una parte,
meccanici dall’altra
Mentre il basamento, le
portiere e il motore vengono
unite, l’auto riceve un completo
di ruote provvisorie in lega
Entro il completamento della
vernciatura, il V12 è stato già
concluso. Pronta all’uso!
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it 61

Georg vs 918:
“La zona piedi è
un’opprimente
camera delle
torture per la mia
zampa schiacciaacceleratore
taglia
46 e la mia fettona
abbattifreno”
Georg vs P1: “Il
sedile da corsa
è un arnese
ancor più
aderente di un
paio di mutande
elasticizzate”
Conclusioni
Le prove che Georg non
scorderà mai
62
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it

Ebbene, qualche guida l’ho
depositata in cassaforte. Al di là delle due
maledizioni dovute al tempo cattivo e
all’incompatibilità della mia ossatura con le
moderne supersportive, mi ritengo un
privilegiato, in pochi potranno fare quello
che ho potuto io. Ma potrebbe darsi che la
sola cosa più straordinaria di stare al volante di tali
autovetture, sia il compito di riassumerne le prerogative.
Le supercar di ultima generazione testate qui sono state
immaginate per contrastare le emissioni di CO2: i giganti
dell’industria automobilistica sportiva (McLaren, Porsche,
Ferrari) hanno scelto le loro portabandiera per dimostrare il
desiderio di arrivare a quella finalità. È un’enorme mutazione
di prospettive, e la 918 ha giocato le sue carte meglio delle
altre due. Sennonché affiora pure un altro aspetto: con
l’adozione sempre più invasiva di tecnologia d’avanguardia, le
auto contemporanee rischiano di diventare sempre più
digitali e meno emozionali. Serve un equilibrio tra le
sensazioni analogiche che le sportive passate ci facevano
amare e le opportunità tecnologiche in arrivo di qui a breve.
A parte ciò, queste macchine non infliggono immagini
paurose nei nostri occhi, come fece la F40.
Mi sono allontanato dalla fiera dipinta di rosso dopo otto
ore di pioggia, a capo chino e spalle incurvate, somigliando a
un topo bagnato e sentendomi come un cretino che non ha
saputo rendere giustizia ad un capolavoro ingegneristico. Ma
l’umore tracolla quando il terreno di sfida continua a riempirsi
di acqua, quando l’aderenza su strada e su pista è anche più
bassa della pur misera temperatura atmosferica, quando tutti
gli sguardi sono sull’uomo la cui missione prevede sovrasterzi
da tenere a freno, sottosterzi da aquaplaning e ostentare
scivolate anomale a beneficio del teleobiettivo. Nel giorno del
mio incontro con la LaFerrari, 400 cv sarebbero stati
sufficienti a farmi impennare la pressione sanguigna. Ma il
V12 non ha mancato di impressionarmi con 800 cavalli di
cover story
Le ipersportive del 2014
forza bruta e 700 Nm di coppia. Per non menzionare la quasi
silente persistenza elettrica che è incline a issare un extra di
163 cv. Uno potrebbe apprezzare la sferzante progressione
derivante dalla coalizione degli apparati in un ambiente
aperto tipo la spianata salata dello Utah, ma quel giorno, a
Maranello, la LaFerrari e il suo pavido compagno non hanno
colpito duro come avrebbero dovuto. No, il problema non è
stata la mancanza di ambizione. È indubbio, però, che è
venuta a galla una netta discrepanza di abilità.
Sono stato il primo giornalista a mettere alla frusta la 918
Spyder sui sentieri di campagna, nei centri urbani, lungo le
autostrade e sull’Autodromo di Valencia, coprendo un totale
di oltre 1.600 chilometri in tutte le situazioni climatiche, dalle
grandinate alla neve, dalle tempeste d’acqua al sole a picco. I
tre giorni di viaggio mi hanno insegnato parecchio sul
recupero energetico, sulla ricarica in marcia, sui cavi elettrici
incrostati di sporcizia e sulla trazione quasi troppo complicata
per essere vera. Sulle autobahn tedesche, questa Porsche è
praticamente invincibile. Il suo prestigio superiore spazza la
corsia di sorpasso come una bacchetta magica, l’accelerazione
scalcia-sedere al di sopra dei 250 km/h non cessa mai di
sgomentare, la tenuta di strada e l’effetto frenante aprono la
via per un nuovo universo di leggi dinamiche. Ma non appena
entrano in vigore i limiti di velocità, la Spyder viene ridotta ad
auto sportiva rumorosa, nervosa e non particolarmente
confortevole, che sembra denunciare il sottoimpiego delle sue
intrinseche qualità. C’è poco da dubitare che il vero dominio
della 918 sia il circuito da gara. Il suo tempo sul giro di 6:57
min al Nordschleife ha ammutolito la concorrenza, il nostro
primo contatto ravvicinato sull’impianto di prova di Lipsia è
stato un evento da occhi sbarrati, e sul tracciato di Valencia
questa sportiva comunicativa e benigna si è comportata come
la creta nelle mani di uno scultore. Con 2,6 secondi sullo 0-
100, riesce addirittura a vincere la triplice sfida sul
cronometro, un ottimo risultato in mezzo a questa illustre
compagine. Allo stesso modo della LaFerrari, la McLaren P1
Queste auto sono molto più che un’eccitante
gradazione del concetto di “veloce”. Contano il senso
di tempestosità e gli atteggiamenti, non i numeri
Georg vs LaFerrari:
“Il solo modo che
ho di guidarla è
senza l’imbottitura
del sedile

ha un sistema ibrido in parallelo. Come la Porsche, il modello
di Woking offre una modalità plug-in. Dal lato della
percorrenza elettrica, la Germania eclissa l’Inghilterra per 30
km a 10, con l’Italia neanche in corsa.
Ma non è un vantaggio cruciale: alla pari della
performance pura e semplice, l’autonomia in elettrico non è il
punto principale del discorso.
D’altronde, queste tre auto sono molto più che eccitanti
gradazioni del concetto di “veloce”. Alla fine della giornata,
sono la sensazione di tempestosità e gli atteggiamenti emersi
che contano sul serio, non i numeri che stanno dietro l’azione
pratica. La Ferrari forse può vantare il baricentro più basso, e
la Porsche può essere l’unica protagonista nel campo della
trazione integrale, ma in termini di pelle d’oca per
centimentro quadrato e di sudorazione fredda al minuto, la
P1 fa sentire la sua. Impostatela su Race, avvertite le
sospensioni assottigliare la distanza da terra, assimilate i
suoni del sibilo e dello slancio a schiaffo, controllate l’alettone
posteriore che ostruisce lo specchietto con la sua grandezza.
Ora datele spunto, e tenetevi stretti appena le cose
iniziano a diventare esaltanti. Come quando lo spoiler
posteriore si duplica per dare forza frenante a fine rettilineo,
quando il tasto di sovraspinta libera temporaneamente un
surplus di rabbia dalle batterie, quando il DRS taglia al
minimo la deportanza e la zona di demarcazione tra decollo
aereo e schiacciamento a terra appare indefinibile.
Nella maggior parte delle auto, le circostanze potrebbero
lasciarvi a corto di potenza e di coppia: sulle strade
britanniche, e sul tracciato di test di Chobham, la P1 non mi
ha mai messo in questa situazione. Non esiste nessuna voce
individuale in cui la McLaren regni suprema. Ma fra le tre
Con 2,6 secondi sullo scatto 0-100, la
Porsche riesce a vincere la sfida sul
cronometro, un ottimo risultato in mezzo
a questa compagine
prove irripetibili che ho compiuto, il breve turno sulla P1
continua a evocare ricordi particolarmente vividi.
Al di sopra dei 200 km/h, l’accelerazione di queste vetture
è strabiliante, però c’è la Bugatti Veyron che sembra
appartenere ad un campionato differente.
Valica la regione dei 300km/h, accende i suoi post
bruciatori e acquisisce ancor maggior velocità.
È un risultato che nessun’altra macchina al mondo può
equiparare.
Se al momento non avete ancora scelto il vostro acquisto,
la decisione si restringerà inevitabilmente sulla Porsche. La
LaFerrari non è mai stata disponibile per i comuni mortali,
soltanto per fedeli collezionisti con record su pista. La P1 è
andata esaurita in tempi brevi, ma almeno tutti hanno potuto
richiederla.
Fra le 918 che dovranno essere realizzate, più di 200
rimarranno invendute, il che è un gran mistero, considerando
le qualità dell’auto, la forte immagine del marchio e il prezzo
tutto sommato moderato. Intanto, i ricchi clienti con le
opportune conoscenze, sono invitati ad apporre il propro
nominativo sulla lista riservata alla McLaren P1 GT-R da
1.000 cavalli, oppure alla risposta Ferrari: la super limitata
FXX ad esclusivo uso su pista. Anche quando ci pare di aver
trovato la verità definitiva, spunta sempre qualcosa di più.
In conclusione, sono contento di essere rimasto sbigottito
da ciò che questi tre giganti delle prestazioni sportive hanno
saputo concretizzare.
Sono stati già spillati abbastanza superlativi, limitiamoci a
dire soltanto che siamo arrivati in cima ad una vetta che
nessuno di noi avrebbe mai creduto di poter raggiungere. E la
vista da quassù è sconcertante.
porsche 918 spyder
Prezzo 791.426 Euro
Motore 4.593cc 32v V8, 602 cv @ 8.700 giri/min,
500 Nm @ 6.500 giri/min, più 156 cv di modulo ibrido
e 129 cv di motore elettrico, totale 887 cv
Trasmissione Doppia frizione a 7 rapporti, trazione
integrale
Prestazioni 0-100 in 2,6 secondi, 345 km/h, 32
km/l, 72g/km CO2
Sospensioni Avantreno MacPherson a bracci
trasversali, retrotreno multi-link
Peso/materiali 1.674kg/fibra di carbonio
Voto HHHHH
mclaren p1
Prezzo 860.000 Euro
Motore 3.799cc 32v biturbo V8, 737 cv @ 7.300
giri/min, 720 Nm @ 4.000 giri/min, più 179 cv di
motore elettrico, totale 916 cv
Trasmissione Doppia frizione a 7 rapporti, trazione
posteriore
Prestazioni 0-100 in 2,8 secondi, 350 km/h, 12
km/l, 194g/km CO2
Sospensioni Indipendenti regolabili, molle e
ammortizzatori idropneumatici
Peso/materiali 1.395kg (a vuoto)/ fibra di carbonio
Voto HHHHH
ferrari laferrari
Prezzo 1.190.000 Euro
Motore 6.262cc 48v V12, 800 cv @ 9.000 giri/min,
700 Nm @ 6.750 giri/min, più 163 cv di motore
elettrico, totale 963 cv
Trasmissione Doppia frizione a 7 rapporti, trazione
posteriore
Prestazioni 0-100 in 3,0 secondi, oltre i 350 km/h,
7,04 km/l, 330g/km CO2
Sospensioni Anteriore a quadrilaterlo, posteriore
multi-link
Peso/materiali 1.425kg (a vuoto)/ fibra di carbonio
Voto HHHHH
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SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it

cover story
Le ipersportive del 2014
Gli uomini dietro le ipersportive. Cosa stanno architettando e cosa gli è riuscito.
testo di john mahoney
Paul Mackenzie
Direttore esecutivo
alla sezione Operazioni
Speciali McLaren
Qual era l’intento
dietro la P1?
“Avevamo un obiettivo chiaro: essere la
migliore auto del mondo sia su strada che
su pista. Volevamo progettare una macchina
che combinasse elevati livelli di comfort e
di affinamento tecnico con prestazioni di
levatura da gara”.
Qual è stata la sfida maggiore?
“La P1 è stata la prima avventura nell’uso
della tecnologia ibrida per incremenatre
la perfomance e migliorare l’efficienza, e
noi non avevamo alcuna esperienza nel
campo dell’ibrido in azienda. Comunque
eravamo in una posizione forte e abbiamo
recepito le conoscenze necessarie dal
reparto Corse che aveva lavorato sul
programma KERS. La difficoltà successiva
è stata quella di integrare dolcemente il
sistema con la guidabilità della vettura senza
compromettere le prestazioni e il piacere di
guida”...
Di quale particolare siete più
orgogliosi?
“Non c’è un singolo elemento. La cosa di
cui vado più fiero è che ogni team al lavoro
sulla macchina sia riuscito a creare delle
soluzioni ingegneristiche superiori a ciò che
credevamo fosse possibile. La F1 ha riscritto
le regole inerenti le prestazioni ottenibili
da una sportiva, e ha stravolto il paeasggio
automobilistico. Dopo vent’anni, è ancora
una delle più veloci auto nel consesso
mondiale, una vera icona. Penso che la P1 si
dimostrerà una valida discendente”.
Dr Frank Walliser
Vice Presidente Senior,
responsabile del
Progetto 918 Spyder
Qual era l’intento
dietro la 918 Spyder?
“In un contesto di crescenti pressioni sociali
e di diffuso dibattito sulle emissioni di
CO2, volevamo lanciare un chiaro segnale
agli appassionati di auto sportive di tutto il
mondo. Le supercar avrebbero continuato
a vivere. Non solo a sopravvivere, ma che
sarebbero divenute più forti di prima. Per far
avverare il nostro obiettivo, ci siamo prefissati
due mete: un’efficienza di consumi entro i 3
l/100km e un tempo sul giro inferiore ai 7:30
minuti al Nürburgring”.
Qual è stata la sfida maggiore che
avete dovuto affrontare durante lo
sviluppo?
“Principalmente, una tempistica di sviluppo
davvero stretta entro la quale dovevamo
fabbricare il più complesso impianto
di trazione mai portato a termine per
un’automobile. A ciò bisogna aggiungere
l’innumerevole quantità di nuove parti che
dovevamo progettare e costruire, oltre
naturalmente a dover organizzare una nuova
struttura produttiva”.
Ora che la vettura è in commercio,
quale singolo dettaglio della 918
Spyder le dà più orgoglio?
“Non c’è storia: gli scarichi in posizione
rialzata. Spettacolari, rimbombanti, unici!”
Roberto Fedeli
Direttore tecnico
della Ferrari SpA
Qual’era l’intento
dietro la LaFerrari?
Come con i precedenti
modelli Ferrari a serie limitata, l’intenzione è
stata quella di ingegnerizzare e produrre un
veicolo che avrebbe dovuto rappresentare
l’ultimo picco dell’innovazione tecnologica
Ferrari, una macchina che avrebbe dovuto
essere vista come la Supercar suprema della
sua epoca e un sommo esempio per un futuro
prevedibile”.
Qual è stata la sfida maggiore che
avete dovuto affrontare durante lo
sviluppo?
L’unica questione su cui ci siamo concentrati
dal giorno iniziale è stata in che modo
controbilanciare il peso extra del sistema ibrido.
Questo ha significato un approccio meticoloso,
rivolto al design e alla fase ingegneristica di
ogni singolo particolare riguardante telaio,
scocca, apparato propulsivo e impianto batterie
della vettura finale, mirato a eliminare l’eccesso
di massa indesiderato”.
Quale singolo dettaglio della macchina
le dà più orgoglio?
“La cosa che mi rende più orgoglioso è il
feedback su come le prestazioni reali percepite
sorpassino persino i dati delle misurazioni
nominali. È stato il riflesso premiante dei nostri
vincenti sforzi tecnici, così come l’elogio che
abbiamo ricevuto per esser riusciti a integrare
il motore elettrico e il V12, sia dal punto di vista
dell’efficienza e della semplicità d’applicazione,
sia sul versante delle metodologie impiegate
per ottenere tale risultato”.
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it 65

Un colpo
all’Italiana
Nel 1966 Lamborghini inventò le supercar realizzando la Miura.
Negli anni ‘70 reinventò il concetto con la Countach.
Arriverà mai il giorno in cui perderanno il loro fascino?
Testo: Chris Chilton I Foto: John Wycherley
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SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it

speciale
Storia delle Supercar
LAMBORGHINI HA INVENTATO il concetto di
auto sexy e veloce tanto quanto si potrebbe dire che
Jean Harlow ha inventato quello di bomba sexy.
C’erano già state auto veloci molto prima della Miura,
come la SSJ di Duesenberg prima della guerra; la DB4
GT di Aston o la Iso Grifo. Ed erano anche esageratamente
belle, nessuno poteva negarlo guardando ad esempio la
stupenda Talbot Lagos di Figoni Falaschi, o l’incredibile
Mercedes 300SL Gullwing. Lo stesso valeva per le vetture a
motore centrale, visto che Porsche, ATS e De Tomaso le
costruivano prima che Lamborghini avesse creato quella che
oggi è considerata la prima supercar moderna.
Ma in qualche modo, con la Miura, le stelle si allinearono
perfettamente, più delle targhe d’ottone nella Walk of Fame di
Hollywood. Tutto era pronto per la creazione di qualcosa che
fu molto di più della semplice somma delle sue spettacolari
parti. Non soltanto un’auto veloce, o bella da vedere, ma una
che gettò le basi per una razza a parte di vetture. La Miura
cambiò Lamborghini per sempre, dribblando la sua mancanza
di un pedigree sportivo, facendole spiccare il volo, e
cambiando il concetto stesso di automobile.
Il punto fondamentale della Miura è che, sebbene
sembrasse scappata dalla griglia di una Le Mans della metà
degli anni ‘60, non aveva origine dal motorsport, e Ferruccio
Lamborghini non aveva alcuna intenzione di andarci in pista.
Questa era una spudoratissima auto stradale. Praticamente la
più eccessiva, oltraggiosa, che uno avrebbe potuto acquistare
negli anni ‘60, e sicuramente una delle più belle. Ma la Miura
creava già interesse prima ancora che Ferruccio avesse
contattato qualcuno per vestirne il telaio nudo, che mostrò
nel Motor Show di Torino nel 1965. Bastarono le sue viscere
per mandare in fibrillazione gli spettatori.
Con il suo V12 piazzato trasversalmente dietro i due posti
COSA SCRISSE
CAR NEL
DICEMBRE DEL
1967
Ricordiamo il nostro
viaggio a Sant’Agata
Bolognese per
ritirare una delle
prime Miura in
circolazione.
“Esistono auto a
trazione posteriore
con motore montato
trasversalmente,
nessuna di queste
però. è capace di
fare i 290 km/h”
scrisse Leonard.
“E nessuna costa
così poco” (costava
poco più di 7.000.000
delle vecchie Lire)
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it 67

Il nome derivava da
un’esclamazione di
stupore opportunamente
pronunciata alla vista di
una bella donna
e sopra alla trasmissione, con cui condivideva anche lo stesso
olio nelle prime versioni, come una Mini, la Miura era già
come nessun’altra vettura stradale al mondo. Lamborghini
ottenne 10 ordini solo per quel telaio nudo mostrato a Torino,
e quando l’auto sportiva vera e propria, vestita di acciaio e
alluminio, battuti a mano da Marcello Gandini, fece il suo
debutto a Genova il marzo seguente, il suo telefono non smise
più di suonare.
Se pensiamo che ancora oggi, quasi 50 anni dopo, la Miura
è ancora considerata una delle forme automobilistiche più
belle, è difficile immaginare come potesse essere stato
guardarla per la prima volta, osservare quel delicato muso da
squalo, quelle curve eleganti e la struttura delle porte che
Gandini avrebbe poi riutilizzato per la Lancia Stratos dieci
anni dopo. La E-type di Jaguar, neanche sei anni prima,
l’icona eroica di cui tutti avevano il poster in cameretta,
all’improvviso sembrò decisamente squadrata.
La prima impressione che dà, a parte quella di estrema
bellezza, è di quanto sia piccola. La Miura è minuscola, una
sorta di modello in scala tre quarti costruito per il test in
galleria del vento, qualcosa in cui possessori avrebbero poi
visto manifestarsi il cronico sollevamento del frontale
esplorando la velocità massima dei 280 km/h.
A 1.050 mm, è di 86 mm più bassa di una Aventador, e di
quasi 195 mm più vicina al terreno della sua rivale del
periodo, la Ferrari 275. Giusto per mettere ulteriormente il
dito nella piaga, il V12 di progettazione Bizzarini che la Miura
ereditò dalla Lamborghini 400GT aveva ben due alberi a
camme per bancata di cilindri, mentre la Ferrari ne aveva
uno solo, e dichiarava 350 cv, 70 in più della rivale
corregionale.
Queste cifre erano sì un po’ troppo ottimistiche, come il
pensiero di utilizzare la Miura come mezzo per tutti i giorni,
ma non c’è dubbio che erano prestazioni elevatissime per gli
standard di quel periodo. Sebbene la P400S che arrivò nel
1968 poteva vantare una portata maggiorata e camere di
combustione modificate che pompavano 370 cv, La Miura
definitiva fu la SV. Svelata a Genova nel marzo del 1971, fu
una Miura veramente tosta, spogliata dalle ciglia femminili e
dotata di passaruota posteriori muscolosi che ospitavano
Anche un
marziano appena
sbarcato sulla Terra
potrebbe dire quale
di queste due
bellezze provenga
dagli anni ‘60 e
quale dai ‘70
Il V12 montato
centralmente aveva
due alberi a camme
per bancata di cilindri,
il doppio di una
Ferrari
68
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it

speciale
Storia delle Supercar
grassi pneumatici a rapporto di sezione 60.
Valvole di aspirazione più grandi, fasature delle camme
riviste e getti maggiorati del quartetto di Webers rovesciati, il
tutto separato dalle vostre orecchie da un semplice strato di
Perspex, portarono la potenza a presunti 385 cv, con la
velocità massima che superava i 280 km/h.
La Miura non è proprio veloce come una supercar per gli
standard attuali, ma di sicuro suona come una di queste. La
prima Lamborghini a motore centrale sarà pur stata
progettata per la strada, senza avere la pista in mente, ma per
tutte le sue intelligenti finiture in pelle e gli interruttori
alzacristalli elettrici, l’abitacolo rimane caldo e rumoroso, con
l’aroma inebriante di carburante che non fa che aggiungere
emozioni mentre i carburatori ringhiano e sputacchiano
proprio dietro la vostra testa. L’esperienza di guida è piena di
sorprese, sia buone che cattive. Montanti leggeri, vibrazioni
basse e un sedere stretto la rendono un gioco da ragazzi da
piazzare su strada; anche la visibilità posteriore non è male.
Ma il bilanciamento dei pesi è un caos. Il volante, leggermente
angolato verso l’alto, è piacevolmente leggero e comunicativo,
Una marea di
vetture sono state
sviluppate dopo di
lei. Come mai
nessuna è
altrettanto bella?
ma i freni a disco sulle quattro ruote hanno bisogno di esser
strizzati troppo ed il pedale del gas richiede i quadricipiti di
uno sollevatore di pesi olimpionico. È un’esperienza fisica
veramente intensa, e pure difettosa, ad essere onesti, e per
quelli che come noi sono stati svezzati sulle supercar
moderne, la Miura è un’auto difficile da guidare bene e
velocemente allo stesso tempo.
Ma questo ovviamente non riuscirà a diminuire la voglia di
volerne una. Dimenticatevi di poterla maltrattare come una
458, o come una LaFerrari. Eppure la sensazione di innestare
la marcia giusta, è cento volte più soddisfacente che premere
il pulsante di controllo di trazione di una supercar moderna.
Riuscite a immaginare come ci si poteva sentire a guidare
un’auto così quando metà delle vetture per strada facevano
fatica a raggiungere il limite di velocità? Non c’è dubbio che la
Miura appariva come qualcosa fuori dal mondo, in
quell’epoca. Eppure stava arrivando qualcosa che l’avrebbe
fatta sembrare moderna quanto il triciclo di Karl Benz.
Nello stesso salone di Genova del 1971 in cui Lamborghini
svelò la Miura più stratosferica, la SV, il pubblico ebbe anche il
primo contatto con la Countach. Le due vetture non potevano
sembrare più diverse, la Miura tutta dolci curve in tensione, il
riassunto di tutto quello che consideriamo bellezza
convenzionale automobilistica; la Countach invece una
brutale espressione di un nuovo mondo di design, controverso
e scioccante, con le sue arcate mozzate e il caratteristico
design a cuneo, che vennero poi riprese in tutto il mondo
edile come esempio di struttura.
Non importava che quel design netto ed angolare
l’avessimo già visto prima, così come quel muso pizzicato
dallo scalpello e i fari ad apparizione, o anche quelle
incredibili porte ad apertura a forbice verticale, che avevamo
già visto sul concept Carabo basato su l’Alfa Stradale del 1968,
anch’esso non sorprendentemente sviluppato da Marcello
Gandini per Bertone. La Countach era al posto giusto nel
DAI
POSSESSORI
Comprare una Miura?
“Ci vorrebbero
almeno 900 mila
Euro per una P400
completamente
restaurata, più altri
7/8 mila all’anno di
manutenzione, ma
è un investimento
astuto”. “Le SV
sono i modelli più
ricercati, passano
di proprietà molto
raramente, quindi
prevedo qualcosa
intorno ai 1,5-2
milioni di Euro”.
Comprare una
Countach?
Mark Hart
acquistò la sua
QV verso la fine
del 1998. Tassista
londinese, Hart ha
risparmiato per
anni per soddisfare
la sua voglia di
Lamborghini.
“Era in ottime
condizioni ma
mi presi un bel
rischio,” ci dice.
Da allora, gli è
costata parecchio
di manutenzione.
Costosa, si, ma è
un patrimonio, che
oggi vale più di
200.000 Euro.
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it 69

speciale
Storia delle Supercar
countach (1974-1990)
Motore V12 5167cc 48v, 455 cv, 500 Nm
Trasmissione Cambio manuale a 5 rapporti,
trazione posteriore
Prestazioni 4,8 sec 0-100 km/h, 300 km/h
Peso/Materiali in 1.200 kg / acciaio
miura (1966-1972)
Motore V12 3.929cc 24v, 350 cv, 380 Nm
Trasmissione Cambio manuale a 5 rapporti,
trazione posteriore
Prestazioni 6,3 sec 0-100 km/h, 280 km/h
Peso/Materiali in 1.295 kg/acciaio
Dall’Italia a
Brands Hatch,
passando attraverso
il muro della tua
cameretta
1971, ed era nettamente diversa dalla bellissima ma troppo
convenzionale Ferrari 365 GTB/4 Daytona. Rendeva
perfettamente giustizia al suo nome, un’espressione in
dialetto piemontese, Countach, che viene utilizzato come
esclamazione di stupore opportunamente pronunciato alla
vista di una bella donna. “Ciao bellezza” non avrebbe proprio
lo stesso suono.
La Countach non aveva solo il look a differenziarla dalla
Miura. Era radicalmente nuova anche sotto pelle. Al posto del
telaio a sezione della Miura, la Countach era costruita intorno
ad una struttura tubolare in acciaio. Il V12 era lo stesso, ma
fu montato longitudinalmente invece che trasversalmente. A
differenza però di molte vetture a motore centrale, a partire
dalla GT40 fino alla 458, che avevano il cambio montato
dietro il motore ad agire direttamente sulle ruote posteriori,
tutta la trasmissione della Countach era ruotata di 180 gradi,
come una 911 tamponata da un camion.
Arrivò il 1974 e la vettura entrò in produzione, sfoggiando
prese d’aria maggiorate per raffreddare meglio l’affamato V12
ma rinunciando al cruscotto digitale e allo specchietto
retrovisore a periscopio.
“Imparavamo strada facendo,” ricorda Valentino Balboni,
ex test driver di Lamborghini, allora nel team di sviluppo
della Countach. “Le prime vetture erano piuttosto instabili a
causa dell’eccessiva potenza, della scarsa rigidità del telaio,
della distribuzione dei pesi errata e per gli pneumatici ad alto
profilo. In effetti non erano proprio il massimo da guidare.
La Miura era molto meglio”.
Ma nel 1978 Lamborghini fece centro. Traendo il massimo
dall’esperienza guadagnata dal costruire una Countach
speciale per l’allora boss F1 Walter Wolf, creò la LP400S.
Tutto quello che la nuova, slargata vettura perse in
purezza di design e potenza, scendendo di 15 cv a 355 cv,
venne riguadagnato in presenza. Ma anche in stabilità, quei
grassi estensori di arcata coprivano i leggendari Pirelli P7 a
profilo 50 che erano di 10 mm più larghi anche di quelli della
Aventador attuale. Opzionale c’era anche l’alettone che
incollava ulteriormente il posteriore all’asfalto. Non importa
che i test dimostrarono effettivamente una perdita di 15 km/h
alla velocità massima, rendendola significativamente più lenta
di una Miura: la sensazione era invece che ne aggiungesse 30.
Il V12 fu potenziato a 4.8 litri per la LP500S del 1982, ma
fu la 5000 Quattrovalvole di tre anni dopo che, per molti,
resterà quella definitiva. La Countach aveva già dieci anni sul
groppone, e si sentivano pure, scivolandoci dentro sotto quel
portellone, sempre con un pizzico di timore verso il giorno in
cui il puntone esalerà l’ultimo respiro facendotelo crollare in
testa. Il cruscotto angolare sembrava qualcosa che ti saresti
aspettato di vedere in una replica kit-car che giravano in quel
periodo, con la frizione ed il cambio che noti
sconcertantemente rigidi già al tuo primo tentativo di
innestare una marcia.
Uno sguardo allo specchietto retrovisore faceva vedere
poco della strada dietro di voi ma molto dell’auto, visto che la
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SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it

E poi Lamborghini fece un passo falso
La farsa dell’M1 e le altre supercar disastrose
Lo sterzo della Miura,
con la sua strana
pendenza, era
sorprendentemente
leggero. I freni invece
non sorprendentemente
erano terribili
Più che guidare la
Countach, pareva
di lottarci contro
in incontro di
wrestling
visuale si riempie dell’enorme gobba che copriva i carburatori
Weber rovesciati, visto che il V12 portato a 5.2 litri vantava
quattro valvole per cilindro.
La Ferrari Testarossa introdotta solo l’anno prima, aveva
390 cv. La Countach invece ne faceva 455.
Anche oggi, nel contesto di un mondo tanto distorto per
cui anche le hot hatch se ne escono con 350 cv, la
Quattrovalvole ci sembra veloce. Molto veloce. Test attuali la
vedono farsi da zero a 100 km/h in meno di 5 secondi.
Ma non era semplicemente veloce, la Countach ci sembra
arrabbiata, come se ci rimproverasse ad ogni cambiata moscia
o ad ogni frenata anticipata. Il sound poi è un discorso a
parte. Quando così tante auto moderne ad alte prestazioni si
danno ai suoni generati al computer sparati attraverso gli
speakers, che gioia sentire un mucchio di carburatori che
risucchiano come se stessero cercando di inghiottire il
motore stesso.
L’apparenza non inganna: guidare la Countach richiede
veramente un immenso sforzo fisico. Come la Miura, riuscire
a guidarla come si deve è una vera sfida. Trattatela come
fareste con una Huracán moderna e odierete ogni minuto
speso li a lottare col peso dei comandi. Richiede pazienza,
resistenza e concentrazione, ma è assurdamente gratificante
quando si capisce come prenderla. Si capisce come mai le
supercar si sono dovute evolvere da semplici purosangue,
cosa che hanno fatto, ma l’hanno fatto evolvendosi sullo
schema, sui principi di Lamborghini: stile, velocità e
spavalderia. Senza neanche bisogno di andare in pista.
La Countach non è la supercar più veloce mai esistita, e
neanche la migliore da guidare. Nessuna di queste due
vetture lo è. Eppure una cambiò il corso della storia e l’altra lo
rivoluzionò di nuovo poco dopo. E per questo ogni
Koenigsegg, Veyron, McLaren e si, anche ogni Ferrari, oggi, è
in debito nei loro confronti.
bmw m1
CATENA DI MONTAGGIO “Numero
Tre”, fabbrica di Lamborghini,
Sant’Agata: è qui che la prima supercar
di BMW avrebbe dovuto prendere
forma. Intorno agli anni ‘70 BMW volle
gettarsi in pista ma le regole della FIA
gli imponevano di omologare almeno
400 vetture per competere. Senza
alcuna esperienza nel costruire potenti
supercar a motore centrale, chiese
aiuto a Lamborghini, che aveva appena
lanciato la Countach.
La strana collaborazione iniziò bene
con Giugiaro che sviluppò le linee
spettacolari della M1 e gli ingegneri
Lamborghini che iniziarono a testare
a Nardò sei prototipi velocissimi che
montavano il sei cilindri in linea 3.5 litri
da 277 cv di BMW.
Panther 6 (1977)
ISPIRATA DALLA vettura di F1
Tyrrell, la Panther 6 a sei ruote
sosteneva che il suo enorme V8
turbo 8.2 litri appeso sopra l’assale
posteriore producesse 600 cv e
superasse i 320 km/h, grazie al peso
leggero. Ne fu costruita solo una.
Cizeta V16T (1989)
DISEGNATA DA Gandini
e sviluppata da ex ingegneri
Lamborghini, la Cizeta da 540 cv
aveva un suo personalissimo V16
6.0 litri. Toccava i 330 km/h, ma
l’equivalente di 450.000 euro non
erano una buona idea nel pieno di
una crisi mondiale.
Poi tutto andò a rotoli quando
Lamborghini finì a corto di quattrini.
Con l’ordine rigoroso “niente
prestiti a Lambo” dai piani alti di BMW,
il progetto fu lasciato a se stesso,
e la M1 fu riportata malvolentieri in
Germania. Venne completamente riingegnerizzata
da BMW e costruita dai
carrozzieri Baur di Stoccarda.
Questo purtroppo non risparmiò
l’esperimento chiamato M1 dall’essere
un disastro. Non solo BMW fallì nel
riuscire a soddisfare le rigide regole
di omologazione, ma dovette creare
una propria serie di gare per farci
competere le originali vetture proCar,
che durarono un anno prima di venir
cancellate. Alla fine, vennero costruite
453 vetture.
Vector W8 (1990)
L’IDEA FU di produrre una supercar
americana economica, ma ci vollero
nove anni ed il prezzo fu di $400,000.
Sostenevano che arrivasse ai 350
km/h grazie ad un V8 di Chevy
sparato a 650 cv e incanalato
attraverso un cambio a tre rapporti.
Yamaha OX99-11 (1992)
MOLTE CASE automobilistiche
affermano che le proprie vetture
vantano tecnologia da F1, ma questa
ce l’aveva veramente. La OX99 da
350 km/h aveva un vero telaio di F1 ed
era spinta da un motore V12 3.5 litri
F1 depotenziato. Prezzo: 1 milione di
dollari. Solo tre videro la luce.

Quando
eravamo Re
La prima fu omaggio al passato, l’altra precursore del futuro delle supercar,
ed insieme si ritrovarono sulle copertine delle principali riviste.
Oggi riuniamo i membri del club dei 320 km/h: Ferrari F40 e Porsche 959.
Testo: Gavin Green I Foto: Greg Pajo
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SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it

Speciale
Storia delle Supercar
“I
l cielo sopra il quartier generale di
Ferrari a Maranello era grigio piombo e minacciava
pioggia, quando ci arrivammo con la nostra Porsche 959
in bianco Colgate”. Era il 1988 e dovevamo fare allora
come oggi un servizio comparativo.
La Ferrari F40 era la più veloce, selvaggia e spartana
supercar della sua epoca. Era anche l’ultima Ferrari ad essere
stata approvata personalmente da Enzo Ferrari, che morì nel
1988. Non aveva ABS, non aveva alcun controllo di stabilità o
di trazione elettronico, nessuna servoassistenza allo sterzo o
ai freni. Non aveva tappetini, non aveva smorzamento del
suono, non aveva neanche un rivestimento alle portiere, che
al posto della maniglia di apertura avevano semplicemente
un cordino da tirare.
I finestrini erano in plexiglas fatti scorrere all’interno: non
c’erano pulsanti elettrici, anzi, non c’erano proprio gli
alzacristalli.
La F40 era una vettura da pista completamente spogliata,
anche se non ha mai messo piede in nessuna competizione
(almeno, nessuna delle principali). È stata l’ultima Ferrari
dura e pura. Dopo la dipartita di Enzo si sono rilassati, e non
tornarono più quelli di una volta.
Le Ferrari successive furono disegnate per una nuova
razza di compratori internazionali, che preferivano guidare
fino a St. Andrews per farsi due tiri a golf, piuttosto che girare
per Silverstone.
Va detto che poi i modelli Stradale e Speciale avevano una
spruzzata del DNA della F40; così come la Enzo e la
LaFerrari. Ma restano comunque più docili, meno selvagge.
La 959, arrivata da Stoccarda grazie a Georg Kacher,
seppur contemporanea della F40, era una bestia con tutta
un’altra mentalità. La 959 era la capostipite di una
generazione moderna di supercar – tecnicamente avanzata,
elettricamente modulata sia per velocità che per sicurezza,
controllata al computer, veloce ma confortevole, facile da
guidare come una Fiesta ma, se ne avessimo voglia, veloce
come una Ferrari. La Skyline GT-R, l’Honda NSX e tante altre
supercar del genere discendono direttamente dalla 959.
Una vettura celebrava in maniera magnifica il passato,
l’altra prevedeva meticolosamente il futuro. Furono anche i i
modelli protagonisti degli anni ‘80, la decade più folle, cattiva
e fantastica di sempre, per le supercar. La frenesia iniziò,
com’era spesso il caso allora, da nuove regole al motorsport.
Nel 1982 la FIA annunciò un nuovo standard di omologazione
del Gruppo B per vetture sportive da corsa e per il rally.
Questo venne incontro alle Case automobilistiche,
facilitandogli il processo di introduzione di macchine in
edizioni limitate ad alte prestazioni, con la possibilità anche di
competere negli eventi di fascia alta del motorsport. In
quell’era del viva-l’avidità in stile Gordon Gekko, parecchi
costruttori lanciarono in fretta le proprie auto più veloci solo
per poter accedere ai bonus delle banche e magari cercare
gloria in pista o nelle foreste. Fra le vetture famose del
Gruppo B figurano Audi Quattro S1, Ferrari 288 GTO, Ford
RS200, Lancia Rally 037, Peugeot 205 T16 e la folle Metro 6R4
a motore centrale (che poi finì per alimentare la Jaguar
XJ220), più tutta una serie di Mazda, Mercedes, Mitsubishi,
Talbot e Toyota modificate.
L’auto sportiva più bella di quell’epoca era la Ferrari 288
GTO. Ebbi la fortuna di portarne uno dei primi esemplari fino
in Gran Bretagna, in quelli che ricordo esser stati due giorni
stupendi nel 1985. Quella GTO è ancora ricordata con affetto
e, come tutte le grandi Ferrari del passato, ha un valore
elevato. Eppure per un ormai malato Enzo Ferrari e per gli
altri puristi del cavallino rampante, la GTO aveva un
gravissimo problema: era una vettura del Gruppo B che non
vinceva niente. Peggio ancora, fu sconfitta, sia in pista che in
allungo su un rettilineo, dalla rivale per eccellenza, la Porsche
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it 73

Pur essendo contemporanea
della F40, La 959 era una bestia
con tutta un’altra mentalità
I cerchi saranno
pur piccoli, ma
guardate che
rivetti!
Gavin ci dà
dentro come
se fosse il
1988. La
Porsche è
facile da
guidare, la
Ferrari è una
bestia vecchio
stile
Come la F40,
la 959 aveva i
cerchi da 17
pollici
74
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it

959. Se la 288GTO era l’auto sportiva del Gruppo B più
seducente, allora la 959 era la più veloce, oltre che quella
tecnologicamente più avanzata. La Ferrari rispose con la F40.
Era più veloce e più potente. Era la prima auto stradale a
superare i 320 km/h quando la produzione iniziò nel 1988, la
959 ufficialmente dichiarava di arrivare a 317 km/h.
Quindi, 26 anni dopo, rieccole entrambe testa a testa.
Siamo a Rockingham, Northants, davanti a delle vaste
tribune vuote, e di fronte mi ritrovo una Ferrari F40, della
stessa tonalità rosso sangue della vettura che provai tanti
anni fa, ed una Porsche 959, in una tetra veste nera invece
del bianco Colgate. Il proprietario della F40, Peter Bullard, ci
ha guidato sopra fin qui da casa sua nell’Hertfordshire.
Afferma che guida la sua Ferrari regolarmente, e che l’ha
comprata proprio per utilizzarla. Ci ha percorso quasi 30.000
chilometri e ce l’ha da 10 anni. “La pagai £137,500 (circa
171.000 Euro). Oggi probabilmente ne vale £700,000 (circa
872.000 Euro), o forse di più”. Non è in vendita, comunque.
Peter ha sempre adorato le Ferrari. Fu impiegato come
lavamacchine per Modena Engineering, un rivenditore
Ferrari. Oggi è proprietario di una delle più grandi Ferrari di
sempre; il ragazzo ha fatto strada.
Ci dice che ogni viaggio è un’emozione ma quelli più
lunghi sono troppo faticosi. Il suo percorso più lungo è stato
di 350 chilometri. “È incredibilmente rumorosa e rigida. Ogni
volta che esco da una F40 per entrare nella mia 993 è come
sedersi in una Classe S. Un paio di volte ci ho beccato anche
delle terribili piogge torrenziali. Se esistesse una vettura più
infelice da guidare sul bagnato, la devo ancora conoscere. Il
fatto poi che ti ci vogliono dai due ai tre giorni lavorativi poi
per ripulirla come si deve aggiunge solo benzina sul fuoco”.
La 959 ci è stata data in prestito da Specialist Cars di
Malton, il rivenditore specializzato in Porsche dello Yorkshire.
Si tratta della versione Komfort della 959, Porsche ne fece
anche una più hardcore dal valore ancora più alto. Ha fatto
meno di 50.000 chilometri ed è attualmente in vendita per
£650,000 (circa 800.000 Euro). Delle due vetture, la F40 è
quella invecchiata meglio. A parte i cerchi modesti, da soli 17
pollici, potrebbe tranquillamente essere una supercar
moderna, almeno stilisticamente. Muso cuneiforme, mento a
spoiler profondo, minigonne e grande alettone che si erge
orgoglioso, è un’auto semplice ma mozzafiato, uno dei design
migliori di Pininfarina, aggraziato e senza età. Accanto ad
essa, la Porsche sembra una specie di tozzo rimasuglio
vegetale: una zucchina accanto ad un missile. Il muso grezzo,
eretto e con una sgraziata sporgenza posteriore, ci sembra
esattamente la speciale in edizione limitata degli anni ‘80,
COSA SCRISSE
CAR NEL
Luglio del
1988
Mentre la stampa
internazionale
smaniava per un
giro sulla F40, CAR
l’aveva già provata.
Georg Kacher portò
la 959 da Stoccarda
a Maranello e la
mise a confronto
con la F40, insieme
a Gavin Green sul
circuito di Fiorano.
La 959 verrà
ricordata come la
migliore sportiva
degli anni ‘80, la
Ferrari come la più
veloce.
Rockingham non
esisteva ancora
quando queste due
erano le padroni
del mondo. Siete i
testimoni di questa
loro ennesima
conquista, oggi
Speciale
Storia delle Supercar
una 911 col body kit.
Così come la F40, viaggia su cerchi da 17 pollici, ma con
pneumatici più larghi al posteriore. A differenza della Ferrari
però, ha le quattro ruote motrici, la prima 911 basata su
quest’assetto, precursore di tante 911 a trazione integrale che
seguirono. La trazione controllata al computer, che ripartisce
magistralmente la potenza alla ruota che più ne ha bisogno, è
uno dei motivi della sua incredibile abilità in pista. Questa è
una vettura perfetta per i viaggi lunghi, confortevoli ma
veloci, un’ottima opzione per farsi casa lavoro. La F40, al
contrario, è un’auto che guidi per le emozioni, non per andare
da A a B.
All’interno il contrasto è aspro. Nella F40 ti devi
arrampicare su un davanzale in carbonio composito per poi
farti scivolare sul grande e profondo sedile da corsa, completo
di ripidi sostegni laterali e di fissaggi per l’imbracatura
sportiva. L’auto di Peter usava delle convenzionali e più
pratiche cinture a tre punti, che penzolavano debolmente dai
grandi sedili sportivi. Un piacevole sterzo Momo nero ti
invitava a toccarlo ed accarezzarlo. Oltre a questo, la
strumentazione era funzionale ed attraente, col tachimetro
nel suo posto d’onore e col cruscotto stranamente rivestito in
lana, morbido al tocco.
Un’alta e cromata leva del cambio spunta fuori da una
grata di metallo a sei solchi. Ci si accorgerà in seguito che il
cambio è preciso ma molto rigido. Accelerazione, freno e
frizione – tutti e tre i pedali sono in metallo forato e
visibilmente decentrati dall’asse della vettura – sono
straordinariamente pesanti, per uno che ha le gambe abituate
ai controlli ultraleggeri delle automobili moderne. Ci vuole
parecchia forza per azionarli. Quest’auto la devi veramente
maltrattare. I clienti attuali di Ferrari sarebbero sicuramente
inorriditi. Eppure, una volta in pista nel circuito di
Rockingham, tutto sembra al posto giusto. Il volante, più
orizzontale di quanto ricordassi, si sterza leggermente con la
base dei palmi, ti fa il resoconto di ciascun minuscolo detrito
sull’asfalto, ed è deliziosamente immediato nelle risposte e
comunicativo quando si è impegnati in curva. I freni non
assistiti sono pesanti ma potenti e precisi, con un’ottima
sensazione del pedale.
Quel magnifico V8 biturbo, che tutti gli astanti possono
vedere sotto il suo coperchio in plexiglas, canta e ruggisce
dietro di voi, con una delle coperture delle camme a pochi
centimetri dalla tua spina dorsale. Una volta che i due
turbocompressori, made in Japan, entrano in funzione, lo
strappo di potenza è istantaneo e brutale, la risposta al gas
ardente, ed il rumore del motore ammutolisce sia gli schiaffi
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it 75

Strano tessuto del
cruscotto, sedili
avvolgenti in
carbonio e una
leva del cambio
incredibilmente
lunga
Classico abitacolo
Porsche, con in più la
strumentazione per la
ripartizione della
coppia alla
trasmissione e della
pressione degli
pneumatici
Se questo fosse un
semplice concorso
di bellezza, la goffa
959 non avrebbe
alcuna chance
76
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it

Grazie a: peter bullard, per la ferrari f40. specialist cars di malton per la 959
degli pneumatici che il suono a mitragliatrice che le pietruzze
ed i detriti in gomma fanno contro il grosso e piatto pianale
(la maggior parte della carrozzeria della F40 è in un
composito rinforzato in kevlar).
Ah, e questi cambi di marcia in punta-tacco! Tante Case
automobilistiche oggi non sanno neanche cosa sia, e
probabilmente non gliene potrebbe fregare di meno. Ma
Ferrari lo sa, ed il modo in cui si può far perno con la pianta
del piede destro dal pedale del freno per poi pizzicare il gas
nelle scalate, il tutto accompagnato da un ringhio dal V8, è
qualcosa di veramente magico.
Ventisei anni dopo la F40 è ancora fantastica. A dire il
vero, con l’ammorbidirsi delle auto stradali moderne, per
abituarsi ai boulevard d’alta società di Pechino o Beverly Hills,
la F40 con tutti i suoi pregi e difetti mi sembra ancor meglio
di come me la ricordavo; una supercar che fa categoria a
parte.
La 959 è una bestia del tutto diversa. L’abitacolo è avvolto
in pelle, invecchiato molto bene nell’auto che abbiamo
noleggiato, ed i tappetini sono normali. Ci sembra un po’
prosaica all’interno, come una 911 alla quale è stata aggiunta
la strumentazione necessaria per tenere sotto controllo le
innovazioni tecnologiche in più, fra cui la ripartizione della
coppia e la pressione degli pneumatici. Queste sono tutte
aggiunte che oggi sono comuni nelle vetture sportive ad alte
prestazioni, ma erano novità assolute nel 1986 quando iniziò
la produzione della 959.
Il motore ha l’adorabile e classico grido tipico dei sei
cilindri Porsche, col biturbo che fischia quando aumentano i
giri. I controlli sono morbidi come la seta e facili da utilizzare.
È un’auto veloce, ma gli manca la spigolosità e l’eccitazione
nervosa della F40, in parte anche per colpa del maggior peso
(quasi 300 kg in più). È anche più docile alle alte velocità in
pista: c’è rollio, condiscendenza ed anche un pizzico di
sciatteria. La F40 è più veloce, più emozionante, più
impaziente.
Purtroppo poi, non ho Georg Kacher al mio fianco oggi, a
differenza del 1988. Gli faccio uno squillo e scopro che, per
puro caso, anche lui ha riprovato di recente sia la 959 che la
F40. La sua conclusione: “Quando guidi una 959 oggi ti
sembra come di stare al volante di un qualcosa che è simile,
ma chiaramente inferiore ad una Carrera 4. La F40 invece
continua a darci la sensazione di guidare la carrozza del
Demonio in persona, una delle vetture più entusiasmanti mai
costruite”.
Un aneddoto legato a quel test comparativo del 1988? “Ho
portato la 959 da Stoccarda, ed ero terrorizzato che qualcuno
me la rubasse durante il viaggio. Per cui, nella via di ritorno,
ci dormii dentro”.
Oggi come oggi, siamo d’accordo che la F40 è la vettura
più impressionante, ed anche di molto. Eppure quando
un’auto rappresenta l’ultimo esponente di una grande razza,
quella della Berlinetta rosso sangue senza compromessi, e gli
mettiamo contro il primo esemplare di un genere moderno
più conosciuto, tutto questo pregiudizio a favore della bestia
vecchio stile è probabilmente una cosa naturale.
La F40 è stata l’ultimo baluardo di un’era ormai passata, e
gran parte della sua magia deriva anche dal suo stile
drammatico. La 959 rappresenta invece il titano tecnologico,
il precursore di una nuova generazione: il capo branco a cui
tutte le supercar seguenti devono rendere omaggio. È la
vettura più importante, anche se, con gli occhi di oggi, è
anche la meno speciale.
La Honda NSX ristabilì le
regole, facendo migliorare
tutte le altre supercar
LA Honda NSX distrusse il
misticismo attorno alle supercar.
Secondo i luoghi comuni di allora,
dovevano essere vetture veloci,
dal carattere obbligatoriamente
capriccioso, crepitante, con una
spiccata predisposizione nel
guastarsi, difficili da guidare e
che necessitavano di parecchia
forza fisica per essere manovrate.
In sostanza, automobili macho
dedicate solo ai piloti maschi alfa.
Le italiane, che avevano
il maggior fascino mistico,
erano quelle che tipicamente
proponevano il compromesso
migliore. Poco dietro venivano
le supercar britanniche – Aston
Vantage, Esprit Turbo. Le tedesche
solitamente erano più affidabili
ma anche loro avevano le loro
stranezze, fra cui la tendenza
della Porsche 911 a sbandare
scodinzolando col posteriore.
Quando ciò avveniva, era tutto
tranne che il miglior amico
dell’uomo.
L’Honda NSX cambiò questo
preconcetto. In vendita verso
la fine degli anni ‘80, fu l’esatto
contrario di molte delle sue folli
contemporanee del Gruppo
B. Solo la Porsche 959 gli
assomigliava, anche se costava
quattro volte di più.
La NSX era facile da guidare,
teneva bene la strada, era dotata di
Speciale
Storia delle Supercar
buona visibilità e allo stesso tempo
riusciva ad andare veloce quanto le
Ferrari di quel periodo (l’imperfetta
348) pur avendo anche una
maneggevolezza maggiore. In
più, era anche finemente avvolta
da una seducente monoscocca
in alluminio e vantava delle
sospensioni in lega forgiata. Le
Ferrari, al contrario, erano tutt’al più
costruite in prosaici tubi d’acciaio,
coi pannelli anch’essi in acciaio
saldati fra loro.
Per aggiungere carne al fuoco,
Ayrton Senna, che vinse tutti e tre
i titoli mondiali sfruttando motori
Honda, ebbe anche un ruolo nel
suo sviluppo. Fu anche disponibile
con cambio automatico, per
accattivarsi gli americani, anche se
era meglio evitare quella versione.
La NSX ebbe un’enorme
influenza. Una volta infranto
il tabù, anche le Ferrari
divennero più affidabili, più
utilizzabili nell’uso quotidiano e
migliorarono pure in qualità di
costruzione. Le Porsche riuscirono
gradualmente ad ammaestrare
la loro guidabilità imprevedibile.
Anche le Lamborghini offrirono
occasionalmente delle auto
affidabili.
Grandi supercar adatte all’uso
di tutti i giorni, come la Audi R8,
furono proprio ispirate dall’epocale
lezione impartita dalla NSX.
GAVIN GREEN
Facile da guidare,
affidabile, piena di
tecnologie e veloce
come una Ferrari.
Dopo la NSX le
supercar non
furono mai più le
stesse

The One
and Only
Nel 1994 la McLaren F1 procurò uno shock di
proporzioni bibliche. La parola agli uomini che
l’hanno creata, in queste interviste esclusive
Testo: Ben Barry I Foto: Wilson Hennessy
Gordon Murray
L’ingegnere
1989 decisi che avrei lasciato la Formula
1 dopo 20 anni, ma Ron Dennis voleva che
rimanessi. Voleva espandere McLaren; ed
un’auto stradale era parte di quell’espansione,
“Nel
una mossa logica.
Si partì avviando la compagnia, equipaggiando la sede
col primo prototipo, con un budget minuscolo. Ero
piuttosto bolscevico coi fornitori. Dicevo, ‘Stiamo per
costruire l’automobile più ingegnerizzata del mondo, la
migliore per qualsiasi pilota esistente, non ho alcun
dubbio a riguardo, e a me questa roba mi serve gratis’.
Molti se ne andarono sbattendo la porta, ma funzionò
abbastanza bene con quelli che alla fine restarono, per
nostra fortuna.
78
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it

Speciale
Storia delle Supercar
“Mi venne poi in mente: siamo
un team di Formula 1, i nostri
amichetti si siedono tutti al centro,
è la soluzione migliore!”
Gordon Murray:
“Penso che sia il
miglior V12 di
sempre. Dal punto
di vista del carattere
e della coppia, non
esiste niente del
genere”
È stato liberatorio poter iniziare praticamente
partendo da zero. Fin dall’inizio dissi a Peter Stevens che
volevo un look estremamente pulito davanti, ma
spostandoci sul posteriore servivano fumaiole e scarichi
statici dell’aria calda. Nei primi sketch uscì qualcosa in cui
potevi vedere le sospensioni posteriori e tutto il resto
attraverso la maglia a rete, ma ci eravamo dimenticati che
avremmo avuto bisogno di una marmitta piuttosto grossa;
solo quella bloccò tutto il resto!
Non ho mai pensato alla F1 come una vettura da pista,
doveva essere accessibile, con l’aria condizionata, un
impianto audio, tappetini e spazio nel bagagliaio. Dissi a
Mansour Ojeh e a Ron Dennis che se doveva essere una
vettura da corsa, dovevamo sacrificare bagagliaio e
comfort. Ma se non avesse dovuto competere, mi sarei
focalizzato completamente nel creare un’auto stradale.
In Formula 1 dicono che ho odiato tutte le norme per
le auto stradali. Sì, ci sono delle leggi, ma non c’è nessuna
regolazione per le prestazioni.
Perciò mi scatenai, avevamo le aerodinamiche attive,
raffreddamento dei freni automatico e l’effetto suolo
regolato per il diffusore.
La disposizione a tre posti è stata una combinazione
fra marketing ed esorcismo dell’immondizia di quel
periodo. C’erano cose come la Countach, la Jaguar XJ220
e la F40 coi pedali fuori asse o con lo sterzo angolato;
roba impura. Una posizione di guida centrale ti evita tutto
ciò, e offre anche una visibilità fantastica. Ho pensato
inoltre che siamo un team di Formula 1, i nostri amichetti
si siedono tutti al centro, è la soluzione migliore!
L’impostazione a sedile centrale non avrebbe mai
funzionato coi portelloni se non avessi avuto una
monoscocca in carbonio: sarebbe stato troppo sfibrato
altrimenti. Avremmo dovuto rimuovere una grossa
porzione del tetto per far ruotare le porte in quel modo,
ed era molto più facile se avessimo rimosso anche alcune
soglie. Poi ho visto le portiere a diedro in una rivista di
stile, e abbiamo scoperto che la Toyota Sera impiegava
proprio quell’impostazione.
L’accordo per il motore arrivò molto tardi. Ci siamo
incontrati con Honda due volte per discutere un V10 o
V12 4.5 litri, poi improvvisamente qualcuno alla Honda
decise che era un passo troppo rischioso per il marketing.
Lo sviluppo della vettura stava comunque andando
avanti, per cui ho cercato di lasciare spazio al motore! Ero
a Hockenheim nel 1990 quando ho incontrato Paul Rosche
di BMW. Disse, ‘Te lo farò io un motore’.
BMW è stata fantastica. Volevo che avesse l’aspetto di
un motore degli anni ‘60, perciò gettarono tutta la
tubatura di plastica nella testa del cilindro. Paul non
voleva utilizzare un singolo componente del 12 cilindri;
niente era abbastanza leggero.
Ancora oggi sono convinto che sia il miglior V12 di
sempre. La potenza specifica è migliore coi motori
moderni, ma dal punto di vista del carattere e del punto
della coppia, non esiste niente del genere. Quando
abbiamo provato un prototipo a Silverstone, non
credevamo ai nostri occhi: sovrastò una vettura di
Formula 1 a 210 km/h. Ero presente a Le Mans nel 1995
quando abbiamo vinto. Andare lì con un’auto stradale con
solamente un roll-bar ed un estintore ed arrivare primi,
terzi, quarti e quinti penso che sia un qualcosa di
fenomenale per qualsiasi vettura”.
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it 79

Peter Stevens
The Designer
“A
Peter Stevens:
“McLaren non
poteva permettersi
un gruppo ottico
posteriore su
misura; li abbiamo
presi da una vettura
italiana”
vevo già lavorato con Gordon alla Formula
1 di Brabham, e quando partì il progetto F1, mi
chiese se conoscevo un buon designer. Mi offriì
volontario. Gordon era convinto che le leggi non
facevano per lui, perciò era uno che metteva in
discussione parecchie cose. Quel modo di fare si trasmise a
praticamente tutto ciò che abbiamo fatto. Gordon voleva
l’impostazione a sedile centrale con due passeggeri dietro. Ne
abbiamo fatto un modello, per assicurarci che l’auto non
venisse troppo larga, che il parabrezza e i vetri laterali non
risultassero orribilmente dritti, e per capire come ci si
potesse entrare.
Decisi deliberatamente di non disegnare nulla per quasi
un anno, mentre stavamo ancora capendo dove e come il
motore e la trasmissione sarebbero stati implementati.
Finché non sai quello, stai semplicemente disegnando per
divertimento. Perciò nel frattempo realizzai un modello in
larga scala di una galleria del vento, che era pure parecchio
regolabile, prima di iniziare a disegnare il look della vettura.
Penso che rilassò tutto lo staff perché capirono che non ero
solo uno stilista da quattro soldi.
Sapevamo che ci servivano due radiatori, per cui ci
volevano due prese d’aria frontali, e quest’aria doveva poi
uscire da qualche parte, quindi quelle nervature particolari
che vedete dietro i passaruota anteriori sono il risultato di
quello che ci serviva. Ma tu poi ne puoi disegnare sia di belle
che di brutte. Ci abbiamo sgobbato parecchio, ma non le
considero niente di che. I dettagli si fanno molto più
complicati verso il posteriore, perché è li che risiede
parecchia della “roba” tecnica. L’assorbimento del calore è
enorme; i silenziatori possono arrivare a 700 gradi. Tutte le
cifre in gioco sono enormi. Ad esempio, se ti trovi
sull’autostrada tedesca ad oltre 320 km/h ed un camion
cambia corsia a mezzo chilometro di distanza, ci andrete
COSA SCRISSE
CAR NEL
GIUGNO 1994
CAR fu la prima
rivista a provare la
McLaren F1 (è
anche una delle
sole due riviste ad
aver avuto accesso
alla fabbrica), il
fortunato pilota fu
Roger Bell. Non c’è
nulla che si possa
avvicinare a
quest’auto, disse
Roger. Non sono
sicuro di cosa mi
abbia colpito di più,
se l’effetto
mazzafionda o il
rombo da togliere il
fiato.
80
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it

Speciale
Storia delle Supercar
“Ron si fidava di noi. Non aveva
nessuna idea di cosa stessimo
facendo, Finché non ha visto
l’auto definitiva”
addosso, non avete scelta, dovete schivarlo, non potete
frenare. Vi dovete concentrare se ci invitate qualcuno a farvi
compagnia, perché è dannatamente veloce.
Gordon voleva che quest’auto fosse più ‘analogica’, perciò ti
dà pochi messaggi se decidi di andare troppo veloce... il che
farebbe di te un imbecille, ma abbiamo ipotizzato che questo
tipo di persone non avrà mai l’equivalente di 840.000 Euro!
La McLaren è stata la prima auto con una monoscocca
completamente in fibra di carbonio, perciò era costosa, e non
avevamo modo di cambiare qualcosa una volta datagli forma.
È stata disegnata a mano, poi vennero fatti i master. Solo le
parti in vetro dietro le teste dei passeggeri sono state fatte in
CAD. McLaren non poteva permettersi un gruppo ottico
posteriore su misura; li abbiamo presi da una vettura italiana.
Li stava utilizzando TVR, perciò tutta l’omologazione doveva
esser già stata fatta; ma nessuno se ne prese mai la briga!
Volevamo un pizzico di teatralità all’apertura delle porte, e
avevamo visto delle interessanti porte ad apertura verticale
su una Toyota da mostra. Ho anche lavorato alla Porsche 962,
già sapevo che quei portelloni sarebbero rimasti chiusi a 355
km/h solo se ci fosse stato un tetto molto resistente, cosa che
avevamo. Abbiamo creato un piccolo cordolo e lavorato su
una geometria della porta che potesse funzionare.
La mia caratteristica preferita è il tetto e la spina dorsale,
perché l’ingresso di aria dall’alto era una novità in quel
periodo, e riuscire a renderla parte del design, renderla
strutturale per il modo in cui scende verso il posteriore con i
suoi punti di uscita è decisamente complicato, e penso che la
grafica dei fori e dei vetri funzioni molto bene. Inoltre, quando
apri entrambe le porte, dal frontale spunta una curvatura
visibile attraverso il parabrezza, che va su fino ai vetri laterali.
Rende l’idea di questa larga figura in picchiata; non l’ho
disegnato per fare quest’effetto, è semplicemente una
conseguenza.
C’è solo un punto che mi irrita: la nervatura centrale che
parte dalla ruota anteriore. Va su verso la porta, sfiora il
passaruota posteriore, poi fa questa brutta piccola deviazione
all’insù.
Ron era straordinario: non conosceva veramente bene
nessuno di noi della squadra di design, ma ci affidò i suoi
soldi, e finché non ha visto l’auto definitiva, non aveva
nessuna idea di cosa stessimo facendo. Ci ha dato il 100% del
supporto, avevamo una struttura eccezionale... e gran cibo! La
nomea della McLaren è spesso criticata, ma dall’interno è
calorosa ed amichevole. Giocò un ruolo decisivo nel
rendere la F1 l’auto che è stata”.
mclaren f1 (1994-’98)
PREZZO ALLORA 840.000 Euro
MOTORE V12 6.064cc 48v, 627 cv, 650 Nm
TRASMISSIONE Cambio manuale a 6 rapporti,
trazione posteriore
PRESTAZIONI 3,2 sec 0-100 km/h, 380 km/h
PESO/MATERIALI 1.140kg/fibra di carbonio
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it 81

Paura
Primordiale
Chi ha più paura della Bugatti Veyron? Quelli che l’hanno sviluppata?
Le persone che l’hanno dovuta pagare? Gli azionisti del gruppo VW?
No. Il più spaventato è il nostro Anthony, e questa è la sua esperienza
Testo: Anthony ffrench-Constant I Foto: Mark Bramley
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SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it

N
ERVOSO? È OVVIO che sono
dannatamente nervoso. Se parliamo di
imprese automobilistiche, sparare una
Veyron Grand Sport Vitesse oltre i 320
km/h ci fa un po’ sentire come il buon
Andy Green quando ha sfondato la
barriera del suono, con “giusto un pizzichino di controsterzo”.
Ma il signor Green aveva una contea intera nel deserto di
sale del Nevada, mentre io me la devo giocare nel traffico di
tutti i giorni e contro l’imprevedibilità di mr e miss “lunatici
della corsia centrale”, che si vedranno sorpassare da un
granchione di due tonnellate, a pochi cm da loro, e a circa 310
km/h...
A dire il vero, comunque, quello che mi preoccupa di più è
che il mio copilota, il pilota ufficiale della Bugatti Andy
Wallace (sì, proprio quell’Andy Wallace, il vincitore di Le Mans
del 1988 e, cortesia di non poche vittorie al Bruckyard,
possessore di quattro Rolex Daytona che non hanno mai
visto la luce del giorno perché non gli piace indossare orologi),
avrà il ruolo del “è l’ora delle foto”: un eufemismo che sta per
“Cristo, fai schifo, togliti che ci penso io”.
Per me sarebbe una vergogna veramente grande.
Considerando che tutti e 300 le coupé sono già state vendute,
e visto che dei modelli Gran Sport Vitesse ne restano meno di
20, incluse le 18 Legends in edizione limitata, questa è senza
ombra di dubbio la mia prima ed ultima chance di guidare
questo metallo pressato, personificazione dei sogni irrequieti
di Ferdinand Piëch.
Speciale
Storia delle Supercar
Almeno ai miei occhi non è proprio la cosa più bella mai
vista su quattro ruote. In ogni caso la sua compatta e
muscolosa presenza è senza dubbio rafforzata dall’avere
un’idea delle sue prodigiose prestazioni: la Veyron cattura
genuinamente l’attenzione non appena entra nel campo visivo
di chiunque. Quello stupendo motopropulsore W16 8.0 litri
quadriturbo romba con un caratteristico ed intenzionale
ringhio martellante, che risuona attraverso il serbatoio che
separa a doppia paratia l’abitacolo dal predominante vano
motore aperto verso l’alto.
Scivolando giù per le strade di Molsheim, che hanno già
visto di tutto, la Grand Sport Vitesse non brontola come
farebbe una Ferrari o una Lamborghini con il loro rauco
“aaaahhh” che somiglia al verso che farebbe Louis Armstrong
quando va dal dottore. No, la Veyron fa semplicemente le fusa
con intenzioni malefiche: tutto l’ardore e la furia soppressa di
un’enorme alveare pronto ad eruttare al tocco di un bastone;
energia colossale che si trattiene dall’esplodere; un ronzio
meccanizzato proveniente da un altro pianeta.
Eppure, nel traffico, i 1.200 cv si dimostrano
incredibilmente docili e facili da gestire. Anche se gigantesco,
il W16 genera qualcosa come 75 cv per cilindro (più o meno
gli stessi di una VW Golf R), lasciando il motore libero da
stress inutili e, come conseguenza, rendendolo più durevole
ed allo stesso tempo deliziosamente docile mentre si è
impantanati nel traffico.
Ho detto veramente docile? Oh. Mio. Dio. Penso di aver
inavvertitamente terminato il mio intero reparto espressivo
con i primi due secondi in cui Mr Wallace ha scatenato la
Veyron per la prima volta. L’accelerazione è oltre lo
straordinario. Da capogiro. Talmente tanto oltre il termine
“rapido” da essere pietrificante. È come se la vettura
teletrasportasse la strada di fronte pezzo per pezzo.
COSA SCRISSE
CAR
NELl’ottobre
del 2005
Come al solito CAR
è stata la prima a
parlare della Veyron
e Georg Kacher è
stato il primo a
provarla su strada
prima del lancio.
Hanno cambiato il
volto del mondo
delle auto, per
sempre, disse
Georg. E la storia la
ricorderà per
questo.

Speciale
Storia delle Supercar
E non c’è alcun ringhio, grido o ruggito. La Veyron si
proietta in avanti con una fusione meccanica di fresatrici
oleose, tenute insieme con un soffio di qualcosa di
indefinibile, come la trebbiatura di un gigantesco tosasiepi, il
tutto sovrastato dal crescente rumore del passaggio dell’aria.
In poche parole, un whoooosh assolutamente coinvolgente da
2.3 milioni di Euro.
Arriva il mio turno. Dopo un paio di appoggi esplorativi al
forte pedale ed al timone deliziosamente espressivo, la buona
notizia è che Mr Wallace non mostra alcuna intenzione di
richiedere il time out in stile “è ora delle foto”. La cattiva
notizia è che invece mi comunica che “ci vai troppo leggero
col gas...” Il problema, sapendo che il massivo grip meccanico
unito ad una trazione integrale bilanciata in modo da
eliminare completamente la possibilità di sovrasterzo,
equipaggia la Bugatti con un coraggio infinitamente maggiore
di quello di cui sono dotato, sono i cartelli dei limiti di
velocità.
Non essendo del tutto convinto di voler passare la notte a
chiacchierare amabilmente con l’ispettore Marigold o chi per
lui, chiedo a Mr Wallace se la Bugatti sia, a tutti gli effetti,
riconosciuta dalla gendarmeria locale. “Se dovessero fermare
me, mi basterebbe una telefonata,” replica. “Ma se fermano
te...”
Passiamo il Reno fino alla Germania ma non prima di
provare la Veyron senza il tetto, occasione in cui il
divertimento aereo raggiunge nuove e magnifiche dimensioni
mai provate prima. Il ronzio simil-trebbiatura viene sostituito
dal suono che fa l’aria quando viene risucchiata al ritmo di
oltre 47.000 litri al minuto, con l’oooooof dei quattro
Sistemate il sedile
abbastanza indietro
vi ritroverete
appoggiati ad un
motore a sedici
cilindri quadriturbo.
Nel vero senso della
parola!
Questi ignari
operatori di gru
stanno per
assaggiare
un’onda d’urto
spaventosa
84
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it

SEGUONO
AL PASSO
4 candidate
al club dei
400 km/h
Accettate le mie
scuse per il
linguaggio scurrile
Non si è mai vista
nella storia una
lancetta del
tachimetro fare
tanta strada
SSC Ultimate Aero
412,22 km/h
L’Aero di Jerod
Shelby, spinta da un
V8 biturbo di Chevy
da 1.200 cv,
sconfisse il record
di 407,16 km/h della
Veyron nel 2007.
Secondo i calcoli di
Shelby poteva
arrivare a 420 km/h
nelle condizioni
giuste.
I suoni si mischiano ribollendo come il caos di un drago
gigantesco in preda al peggior raffreddore stagionale
turbocompressori che esalano in tandem. I suoni si mischiano
ribollendo come dei vigili del fuoco che provano a spegnere il
caos di un drago gigantesco in preda al peggior raffreddore
stagionale. Meraviglioso.
Tiriamo di nuovo su il tetto e via verso l’autostrada
tedesca; abbiamo anche il tempo di rivedere i due punti
chiave di ingegneria che hanno permesso al W16 coi suoi 12
radiatori di riuscire a raggiungere la velocità massima di
408,84 km/h;. aerodinamica e pneumatici.
La deportanza aumenta al quadrato della velocità, in
pratica, laddove l’aria è una brezza mattutina a 160 km/h, essa
si trasforma in un muro di cemento al doppio della velocità.
Perciò la Veyron deve operare due significative metamorfosi
aerodinamiche sulla strada verso i 408,84 km/h. A 180 km/h,
la vettura si trasforma automaticamente in modalità
“maneggevole”. Abbassandone l’altezza da terra e con
l’alettone posteriore spiegato, la carrozzeria genera una
deportanza di 125 kg all’anteriore e un mastodontico 400 kg
al posteriore, in tutto questo l’auto sarà capace di arrivare a
circa 375 km/h.
Il difficile, comunque, è riuscire a scavalcare quel muro
d’aria solida in cerca dei restanti 33 km/h circa per
raggiungere la velocità massima: la resistenza all’aria deve
diminuire di nuovo per minimizzare la deportanza. Per fare
tutto ciò, bisogna fermarsi ed inserire la “speed key” in fondo,
che riduce ulteriormente l’altezza da terra modificando allo
stesso tempo l’angolo dell’alettone a tre gradi in meno,
chiudendo poi anche i diffusori dietro le griglie frontali in
titanio, se dovesse capitare di urtare un uccello a 410 km/h,
gli ingegneri hanno voluto che l’impatto fosse su qualcosa di
importante quanto una patatina fritta, piuttosto che rischiare
tutto il resto.
Poi c’è il problema degli pneumatici. Tanto tempo fa,
quando Mr Wallace guidava la McLaren F1 a circa 385 km/h,
Michelin gli riferì che se fosse andato oltre i 400 i loro
pneumatici radiali sarebbero semplicemente esplosi.
L’anteriore è stato migliorato di soli 9 km/h da quel dì, ma
questi Michelin PAX sono stati sviluppati per resistere per,
ehm, 15 minuti a quella velocità prima di fare una brutta fine.
Questo ovviamente non avverrà mai, visto che anche a
pieno carico, andando al massimo la Veyron consumerebbe il
suo serbatoio da 100 litri in soli 12 minuti, percorrendo 100
tremendi chilometri di strada.
Il che, come detto prima, a meno che tu non possegga un
Paese tutto per te, non avverrà mai, perché anche sulle
autostrade tedesche senza restrizioni, andare a tutto gas per
anche solo 12 secondi è qualcosa di piuttosto sconsigliato.
“Bene, provala adesso,” Comanda Wallace appena la
carreggiata di fronte si libera improvvisamente. Mentre già
passeggiava a oltre 160 km/h, la Bugatti erutta in una carica
tremenda che svernicerebbe una Formula 1. Wallace afferma
che laddove la McLaren F1, avvicinandosi alla sua velocità
massima, “non riusciva a stare ferma”, la Veyron invece resta
piantata a terra come una quercia vecchia 100 anni,
assolutamente imperturbabile.
Ed in effetti tutta la drammaticità risiede negli occhi e
9ff GT9
409 km/h
Derivata dalla
Porsche GT9 su
base 911, montava
un motore 996 turbo
da 987 cv, e toccò i
409 km/h nel 2008.
La SSC mantenne di
poco il record, ma 9ff
stava lavorando ad
una versione da
1.362 cv capace di
437 km/h.
Poi la crisi la uccise.
Hennessey Venom GT
435,31 km/h
Il tuner americano
John Hennessey,
che fallì con la sua
Dodge Viper V10
biturbo da 1.115 cv,
decise di montare
un V8 7.0 litri su una
leggerissima Lotus
Exige.
La Venom GT da
1.260 cv che ne uscì
fuori quest’anno ha
fatto registrare i
435,31 km/h.
Koenigsegg One:1 439
km/h (dichiarati)
Prima della Veyron, a
stabilire il record è
stata la Koenigsegg,
che quest’anno mira di
nuovo allo scettro con
questa One:1. Con un
rapporto potenza/peso
pari a 1 cv per kg,
questo mostro da
1.350 cv è stato
sparato a 439 km/h.
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it 85

nella ghiandola adrenalinica del pilota, visto che la vettura
subisce tutto il suo progresso con sorprendente noncuranza,
bilanciandosi semplicemente sui tacchi ed esplodendo in
avanti in un impeto continuo di implacabile potenza, con le
seconde e terze cifre del tachimetro digitale che scorrono alla
stessa velocità dei centesimi su una pompa di benzina in
rifornimento.
Il ruolo che svolge in tutto questo l’eccezionale
trasmissione a sette rapporti a doppia frizione non è da
sottovalutare. Viene spontaneo chiedersi come avranno fatto
gli ingegneri di Ricardo a generare una trasmissione capace
di gestire i 1.490 Nm di coppia ed allo stesso tempo avere la
stessa consistenza di un gomitolo di lana: è qualcosa di
incredibile. Prendete una damigella col suo dolce pigiama di
seta e fatela scivolare per una balaustra di un palazzo
ottocentesco francese, e lei avrà un’esperienza decisamente
più convulsa di quella a cui questo cambio potrà mai
sottoporvi.
Questo sicuramente gioca un ruolo determinante nel
rendere l’accelerazione un’esperienza tanto unica. Non è
semplicemente per il modo esilarante in cui va avanti ed
avanti ed avanti in maniera precisa... è anche incredibilmente
morbido. Si fa una fatica enorme ad avvertire i cambi di
rapporti. Ogni volta che stai lì che ti aspetti il movimento di
un ingranaggio, col conseguente calo nella spinta del motore
ad indicare un raccoglimento delle forze sotto la fascia di giri,
questo ha già fatto tutto, l’accelerazione in poche parole
continua ininterrotta, immutata e incedibile nella sua
autorità.
L’unico momento in cui ti si piega il capo è quando,
avvistando un’auto davanti avvicinarsi così velocemente al
BUGATTI
VEYRON 16.4
GRAND SPORT
VITESSE
PREZZO
2.3 milioni di Euro circa
MOTORE
W16 7.993 cc
quadriturbo, 1.200 cv,
1.490 Nm
TRASMISSIONE
Cambio a 7 rapporti a
doppia frizione, trazione
integrale
PRESTAZIONI
2,6 sec 0-100 km/h,
408,84 km/h
PESO/MATERIALI
1.990 kg/fibra di
carbonio
parabrezza che giureresti sia contromano in autostrada, ti
tocca pigiare sui freni prodigiosamente potenti. L’alettone
posteriore è un aiuto decisivo in questo caso: piegato a 55
gradi, genera una potenza frenante di 0.8 g, più o meno quello
che si esercita calpestando il pedale di una hatchback
familiare.
Ripeschiamo le tonsille finite nel cassetto portaoggetti.
289 km/h e sono riuscito a stare col gas a tavoletta per
un’eternità fatta da, ah, circa 5 secondi. “Ecco, vedi,” ringhia
Wallace. “Questo è quello che mi infastidisce dei possessori di
supercar che si vantano di guidare a 320 km/h. Noi li
vorremmo raggiungere i 320 km/h, ma ci manca lo spazio per
farlo”.
In effetti, pur spingendo, la velocità di crociera della
Bugatti andando a tavoletta ogni tanto, e nonostante il fatto
che pare esserci pochissima differenza fra la furia
accelerativa da 0-160 km/h e 160-320 km/h, trovare lo spazio
necessario per viaggiare a 100-110 km/h in più si sta
dimostrando una sfida dura da vincere. Considerato che a
320 km/h la Veyron si divora la lunghezza di un campo di
football ogni secondo, la cosa non ci sorprende, ma rimane
comunque frustrante. E sempre più snervante.
A queste velocità non vale neanche la pena di immaginare
quello che accadrebbe se uno di questi sfortunati che stiamo
superando decidesse di guizzare nella nostra corsia. In effetti
Potrei aver appena provato il mio
“vedi Napoli e poi muori”
86
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it

Speciale
Storia delle Supercar
Ferrari Enzo
L’icona che venne schiacciata
dalla Veyron
Gli pneumatici
esploderanno dopo
15 minuti a velocità
massima.
La benzina finirà
molto prima
A quanto pare
questo vale
quanto un 0.8 g
extra di potenza
frenante
non ha neanche senso preoccuparsi di quest’evenienza, visto
che l’ipotetico impatto, con o senza telaio in fibra di carbonio,
sarebbe senza alcun dubbio fatale, e Wallace è d’accordo.
Mezza dozzina di tentativi dopo, stiamo ancora a meno di
25 km/h dai magici 320. Anche se uno non si abituerà mai
alla potenza assoluta di quest’auto, mi ritrovo a schiacciare
freno ed acceleratore con sempre più confidenza: questa è
una macchina straordinariamente accomodante.
Il traffico sta aumentando, quindi proviamo un ultimo
tentativo. Tenendo il gas per solo un mezzo secondo di più di
quanto sarebbe saggio, riesco a vedere la prima cifra del
tachimetro finalmente passare a “3” e immediatamente tiro
giù i freni. Riesco in qualche modo a rallentare in tempo, e se
l’auto di fronte avesse seguito il mio esempio probabilmente si
sarebbe ritrovata un bel barcone nel bagagliaio.
“312 km/h... non penso che riusciremo a fare di meglio in
questo traffico”, borbotta Wallace, riconoscendo al volo il
luccichio crescente ed il sogghigno di chi si sta rapidamente
abituando alle esilaranti velocità raggiunte. È ora di
tornarsene a casa. Gorgogliando indietro al Reno, mi accorgo
che potrei aver appena gustato il mio istante in stile “vedi
Napoli e poi muori”: come farò ad avere un’esperienza
automobilistica in grado di battere questa appena vissuta? La
Veyron ha regnato nel pollaio delle über-prestazioni per nove
anni ormai, e sicuramente nessun modello sarà più
disponibile entro il suo decimo compleanno. Mi permetto di
suggerire a Wallace che non rivedremo mai più niente del
genere.
“Ah, non saprei”, sghignazza. “C’è un’auto nuova in
cantiere, non penso che la faranno più lenta, tu che dici?”.
”LA Più grande Ferrari di
sempre” dichiarò Mark Walton
a CAR, dopo aver guidato
la Ferrari Enzo nel circuito di
Fiorano.
“Stupenda da togliere il fiato”,
fu come Walton descrisse la
Supercar di Ferrari del duemila,
una vettura che introdusse tutta
una serie di nuove tecnologie
che aiutarono a ridefinire quella
che oggi consideriamo una
supercar, vantando anche
parecchie “prime volte” di
Ferrari.
Tanto per cominciare, fu
la prima Ferrari stradale ad
avere i freni in ceramica. Inoltre
scartò, in maniera controversa,
la trasmissione manuale a leva
aperta in favore del manuale
automatizzato F1 derivato dalla
355 e 360 Modena – che qui
però cambiava violentemente
marcia in 150 millisecondi.
All’interno, lo sterzo della
Enzo è stato il modello per il
moderno “manettino” Ferrari –
sebbene ci fossero dei tasti al
posto della manopola rotativa
a controllare la stretta mortale
del controllo di trazione. Ma
sì, c’era anche una modalità
“Race”.
Poi c’erano le aerodinamiche.
Dimenticate l’enorme alettone
dell’F50, la Enzo la rimpiazzò
con due enormi diffusori, con
piccole alette davanti alle
ruote anteriori che lavoravano
all’unisono con lo spoiler
posteriore per aggiustare il
bilanciamento aerodinamico.
Il cuore era un bestione V12
6.0 litri da 660 cv che girava
fino ai 8.200 giri/min tuonando
come una vettura da Le Mans.
Gli ci volevano solo 3,7 secondi
per toccare i 100 km/h, ed era
anche più rapida a sfiorare i
200 km/h (9,5sec) di una F1
McLaren.
Il colpo di fulmine continuò
per Walton quando andò su
strada. Descrisse la Enzo come
“una mostruosa Elise larga
1,8 metri”, qualcosa come
“Delicatissima nei controlli, ma
che allo stesso tempo ti puniva
con violenza in uscita di curva”.
Riassumendo, disse che era
più divertente di una F1 perché
semplicemente più guidabile.
Walton elesse la Enzo come
la supercar preferita di tutti i
tempi.
Eppure come mai non ci
sembra più così eclatante nel
2014? Tutta colpa della Bugatti
Veyron.
L’interpretazione del 21esimo
secolo della McLaren F1
improvvisamente rese la Enzo
lenta ed arcaica. Dopotutto,
come può competere contro un
W16, quasi di un secondo più
veloce alla prova dello 0-100
km/h e dalla velocità massima
virtualmente-impossibile-dacomprendere
di 407 km/h?
Il mondo fu sedotto dalla
velocità pura e semplice e la
miglior Supercar Ferrari che
avessimo mai guidato divenne
una gloriosa nota in calce della
storia delle Supercar.
JOHN MAHONEY
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it 87

Le Nostre
Auto
Questo mese:lamborghini aventador roadster
/// dacia duster brave /// subaru outback
/// kia pro cee’d gt /// mini cooper s
/// peugeot 2008 /// nissan leaf ///
88
CAR-MAGAZINE.it I SETTEMBRE 2014

Aventador Roadster
Di Umberto Circi | Foto di Roberto Paravano
1
Pro: Regala sensazioni fuori dal comune, il sound del motore
Contro: Scrivere i consumi sarebbe scontato, vero?
P
otrei scrivere pagine e pagine per raccontarvi la
mia esperienza con questa Lamborghini Aventador
Roadster, ma probabilmente non basterebbero comunque
per descrivere come si dovrebbe quella miriade di sensazioni che
si prova stando alla guida di questa supercar.
Qualcuno si ricorderà che giusto qualche mese fa sono volato a
Marbella per provare la nuova Huracán, la sorellina della
Aventador, l’ultima uscita dalla fabbrica di Sant’Agata.
Stilisticamente, e sempre secondo me, la piccolina riprende in
maniera piuttosto decisa le linee e l’aggressività stilistica della
Aventador, quasi a sottolineare l’impatto che questo design ha
avuto sul mercato.
Basta guardare, oggi, una Murciélago, per riconoscerle qualche
segno dell’età, i nostri occhi, e gli occhi degli appassionati, ormai
si sono abituati alle linee taglienti e spigolose della Aventador,
uno dei migliori esempi di ciò che noi italiani sappiamo ancora
fare in ambito automobilistico.
Mi viene quindi da chiedermi, si può migliorare ulteriormente
quella che ad oggi è una delle auto più carismatiche del mercato?
La risposta mi è stata subito chiara in mente quando questo
missile a quattro ruote è sceso dal camion che l’ha portata in
redazione. Immaginatevi di non poterla vedere perché ancora
coperta dalle pareti del rimorchio, dal nulla un boato rompe l’aria e
piano piano, a marcia indietro, comincia a palesarsi una sagoma
bassa, larghissima, bianca, il primo cerchio da 21”, il posteriore, la
Finalmente
il vento tra i
capelli
SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it 89

portiera, ancora chiusa, il cerchio anteriore
da 20”, è anche lunghissima, e finalmente
eccola alla luce del sole pronta per me. Sì,
la Aventador si poteva migliorare, e l’hanno
fatto, bastava levarle il tetto!
A dire la verità il tetto c’era, al momento
della consegna, ma è durato davvero
poco.
Basta un attimo per rimuoverlo, ma sono
sicuro che chiunque di voi ci metterebbe
almeno quanto ci ho messo io a riporlo nel
piccolo portabagagli.
Una volta levato, non ho più dubbi. È una
Aventador, e quindi già di per sé
bellissima, ma senza il tettuccio è ancora
più affascinante!
Ho già avuto a che fare con le
Lamborghini dell’era moderna, e questa
Roadster in fin dei conti non è altro che
una Aventador senza il tettuccio, la parte
tecnica è rimasta totalmente invariata,
quindi sedendomi sul sedile di guida già
sapevo cosa aspettarmi, anche se era dai
tempi della Gallardo che non provavo
l’ebrezza di guidare una Lamborghini con il
vento tra i capelli.
La gioia però, si è tramutata ben presto
in ansia a causa dei nuovi cerchi Dione da
20” all’anteriore e 21” al posteriore, che
rendono anche il tragitto casa ufficio un
campo minato di emozioni.
Ogni piccolo avvallamento, ogni radice,
ogni benché minima imperfezione del
manto stradale è sufficiente a rendermi
rigido. Fortunatamente questa sensazione
passa in fretta, eclissata in un batter
d’occhio dalla goduria regalata dai 700 cv
che scalpitano sotto la copertura in vetro
forgiato alle mie spalle.
Voi direte, 700 cv in pista o su qualche
bellissima strada saranno sicuramente
fantastici, io invece voglio sottolineare la
fruibilità di questa Aventador nella vita di
tutti i giorni. Mi spiego meglio.
Di certo il bagagliaio anteriore non è
assolutamente sufficiente per supplire ai
bisogni di carico della vita quotidiana,
soprattutto pensando al fatto che una volta
Da qualsiasi
angolazione la si
guardi, rimane
sempre inquietante.
Ma comunque
bellissima
riposto il tettino anche la sacca per gli
attrezzi fa fatica ad entrare, e di certo la
posizione di guida non è tra le più comode,
come di certo non è neanche troppo facile
salire o scendere, ma incredibilmente
l’Aventador si è dimostrata facile da
domare nel traffico cittadino.
Escludendo la modalità Corsa,
l’acceleratore è abbastanza semplice da
gestire e difficilmente vi ritroverete col
collo spezzato per la violenza
dell’accelerazione o della decelerazione, i
comandi sono tutti a portata di mano, o
meglio di dito, e la strumentazione ha una
grafica accattivante, ma soprattutto non
affatica gli occhi anche dopo qualche
mezz’ora di troppo in coda.
La gestione del sistema di navigazione
ed infotainment potrebbe essere
migliorata, ma sfido chiunque a lamentarsi
di un’inezia del genere su una
Lamborghini.
Dicevo che in città è meglio dimenticarsi
della modalità Corsa se si vuole preservare
90
CAR-MAGAZINE.it I SETTEMBRE 2014

Le Nostre Auto
La Aventador è
davvero larga, le
carreggiate
romane bastano
a malapena
Questi proiettori
posteriori ormai
sono un’icona. E
non potrebbe
essere altrimenti
La strumentazione
LCD fa da sfondo ad
un volante molto
snello
la funzionalità del collo e della spina
dorsale, ma una volta alla guida sarà quasi
impossibile non provare almeno una volta
l’emozione di premere due volte la
freccetta di destra per spostare il selettore
su quella che, almeno graficamente, è la
più estrema delle modalità. Il risultato è un
tono dell’acceleratore da subito più
presente, non tanto in accelerazione (ma si
dai, in fondo ce lo aspettavamo tutti, è una
Lamborghini!), la vera sorpresa è la fase di
rilascio: un boato, grugnito, suono
demoniaco che dal retrotreno si sparge
nell’abitacolo come un tuono in uno dei
temporali peggiori della vostra vita. Un
In città dimenticatevi
la modalità Corsa se
volete mantenere le
funzionalità del collo
e della spina dorsale
suono cupo, terrificante, ma allo stesso
tempo capace di creare dipendenza già
dopo il primo rilascio. Un altro piccolo
inconveniente della modalità Corsa è la
brutalità delle reazioni dell’auto, che sì
diventa precisa come un rasoio in fase di
ingresso in curva e di percorrenza, ma allo
stesso tempo richiede una certa
esperienza per essere domata senza
conseguenze catastrofiche.
L’acceleratore diventa più che altro un
interruttore on/off, tra lo zero ed il 100% di
potenza, non importa la marcia inserita o la
velocità, la Aventador sembrerà sempre
averne ancora, e ancora per parecchio.
Parlo di inconveniente perché all’inizio
può lasciare perplessi, ma in realtà è
esattamente ciò che mi aspetterei da una
Lamborghini, una potenza brutale e quasi
indomabile, che non c’è quasi più sulla
Huracán.
Il giusto compromesso, quindi, per la vita
di tutti i giorni, è la modalità Sport. Avrete il
controllo totale della situazione, una
Lamborghini
Aventador
Roadster LP700-4
Prezzo: 365.000 Euro
Motore: 6.498 cc
V12, 700 cv @ 8.250
giri/min, 690 Nm @
5.500 giri/min
Trasmissione:
Sequenziale a 7
rapporti, trazione
integrale
Prestazioni: 0-100
km/h in 3 secondi,
350 km/h, 6,2 km/l,
370 g/km Co2
Peso: 1.625 kg
In vendita: Ora
cambiata veloce ma non brutale, ed il
sound del V12 sempre ben presente ma
non assordante. Così da farsi notare ma
non arrestare.
Optando per questa situazione potrete
anche permettervi qualche irregolarità
nella guida, come spalancare
l’acceleratore in uscita di curva,
soprattutto nelle curve più lente, e regalarvi
due belle virgole nere sull’asfalto.
Virgole, più che altro pennellate, visto
che gli pneumatici posteriori sono degli
immensi 355/30...
Convivere quotidianamente con una
Aventador è un’esperienza che consiglio a
chiunque, da provare almeno una volta
nella vita e anche se per un giorno
soltanto. Anche se a lungo andare, noi
abitanti del pianeta Terra senza pozzi
petroliferi, potremmo accusare i consumi
decisamente fuori dal comune di questa
Supercar.
Ma d’altronde è una Lamborghini,
sarebbe potuta andare diversamente?.
CAR-MAGAZINE.it I SETTEMBRE 2014 91

Una livrea che
richiama al
concetto di
avventura
Dacia Duster Brave Di Riziero Bellucci | Foto di Urlando
1
Pro: Economica, bella e adatta al fuoristrada
Contro: Sterzo poco preciso
Credo che sia innegabile la
presenza scenica della Duster. Mi
spiego meglio: è qualche anno,
oramai, che per le strade vediamo circolare
mandrie di SUV e nello specifico, dal 2010,
molti di questi sono proprio marchiati Dacia.
Questo successo lo si deve
principalmente al fattore prezzo che
senz’altro ha colpito la maggior parte del
pubblico che poi si è tramutato in clientela.
Ovviamente non si tratta solo di quattrini,
altrimenti a quale presenza scenica mi sarei
riferito in prima battuta? In effetti parlo della
maestosa impressione che questo SUV di
medie dimensioni concede, ad esempio, se
occupa gran parte del proprio specchietto
retrovisore o se vi precede e in questo caso
sarete affascinati dallo scarico cromato.
È inutile girarci molto intorno; la Dacia
Duster, oltre all’economia, mette in campo
un design davvero convincente. Quando
poi, a quattro anni di distanza dal debutto,
sbarca sul mercato il secondo modello,
allora si che la cosa si fa ancora più
interessante.
Pochi dettagli che fanno la differenza,
come in ogni esperimento ben riuscito.
Fondamentalmente è lo sguardo ad essere
cambiato: fari anteriori più aggressivi che
contengono una calandra su due righe, con
ovviamente il marchio in bella vista. Va
detto, però, che questo ultimo particolare
non rende esattamente giustizia a quello
La si guida come
un’utilitaria in citta e
come un fuori strada
duro e puro sulla
terra
che non mi limito a definire un SUV di razza.
Ogni appassionato sa bene quanto conti
lo stile di un Marchio e quanto alcune Case,
senza fare nomi, siano riuscite a
rappresentare un concetto di sportività,
eleganza o sicurezza, in un solo fregio. Non
è proprio il caso dei franco – rumeni, ma
non intendo soffermarmi ancora su questo
punto. Quello che voglio, invece, è
descrivervi la grandezza del mio sorriso, una
volta vista dal vivo, la carnevalesca livrea
della Duster Brave. Si tratta di una versione
Extra Limited Edition.
Camouflage (Artic Mimetic), per non
scivolare nell’obsoleto mimetico, distinto
mediante contorni arancioni. Insomma,
questo si che è un abito adatto ad una
vettura che richiama all’avventura. Il cavallo
pezzato ha le orecchie arancioni, gli zoccoli
grigio canna di fucile e la criniera satinata
color alluminio. Non mi sono confuso! So
bene che si tratta di specchietti retrovisori,
92
CAR-MAGAZINE.it I SETTEMBRE 2014

Le Nostre Auto
La scritta sul retro per
non dimenticare di
essere uno dei 100!
Questa rara
versione la si può
avere solo a
trazione integrale
Le sue orecchie
non passano
inosservate…
cerchi in lega a cinque razze e barre
longitudinali alloggiate sul tetto.
Ma in un certo qual modo i cavalli
c’entrano e sono ben 110 quelli che
corrono sotto il cofano. Il motore non è
cambiato, sempre il solido 1.5 dCi Renault
che, nel caso della versione Brave, viene
accoppiato alla trazione integrale con
differenziale autobloccante identificabile sul
retro con la scritta 4X4.
Trazione che peraltro viene presa in
prestito da un altro SUV, ovvero la X – Trail
che ci dà un bel po’ di garanzie. Del resto
Nissan si occupa da sempre di auto che di
asfalto non ne vogliono sapere, e questo
rassicura parecchio sull’efficacia
dell’aderenza della Duster e su quanto sia
capace di divincolarsi nei percorsi più
impervi.
Attenzione, non pensiate che bastino
quattro ruote a girare per parlare di
fuoristrada; c’è bisogno, oltre alle abilità del
guidatore, anche di misure degne. In questo
caso siamo a posto con angolo d’attacco
29.3 °, d’uscita 34.9 ° e un’altezza da terra
che supera i 20 cm. Il discorso relativo
all’estetica non potrà salvarvi da fango, neve
o quant’altro ma sicuramente fa la sua
figura, soprattutto se si tratta di soli 100
fortunati a poterla possedere. La base su
cui si è deciso di mimetizzarsi è la Laureate
che di serie comprende un bel po’ di
accessori come: ESP, climatizzatore, Navi
da 7 pollici, vetri elettrici anteriori e
posteriori, pedane laterali e anche il volante
in pelle. Insomma, occhi addosso fuori, nel
caso facciate parte di quei famosi cento, e
occhi vostri da non distrarre dentro.
Come ho detto non sono pochi gli
optional presenti all’interno di questo SUV
che, sebbene nasca e cresca come low
cost, riesce comunque a distinguersi per
una certa dotazione.
Se poi si decida di non prendere i figli a
scuola, o di non andare in ufficio e quindi di
avventurarsi in qualche percorso per le
trazioni integrali, allora non si rimarrà delusi,
anzi, sorpresi. Il 4X4 si gestisce attraverso
un selettore collocato ai piedi della plancia
e le possibilità sono tre: 4X2 urbano; Auto
quando non si sa mai e quando lasciamo
decidere all’intelligenza dell’auto per quanto
riguarda la ripartizione della coppia sulle
ruote lock che si schiera con un secco 50%
all’anteriore e il restante al retrotreno. Per gli
scettici ribadisco che misure adatte,
trazione integrale inseribile. e una prima
marcia davvero corta per avere il brio giusto,
bastano a fare una particolare gita fuori
porta in chiave off – road.
Dacia Duster
Brave Extra
Limited Edition
Prezzo: 19.900 Euro
Motore: 1.461 cc 4
cil Diesel, 110 cv @
4.000 giri/min, 240
Nm @ 1.750 giri/min
Trasmissione:
manuale a 6 rapporti,
trazione integrale
Prestazioni: 0-100
km/h in 12,9, 168
km/h, 19,2 km/l, 135
g/km CO2
Peso: 1.395 kg
In vendita: 100
esemplari disponibili
CAR-MAGAZINE.it I SETTEMBRE 2014 93

Subaru Outback di Lorenzo Catini | Foto di Urlando
2
Pro: Motore Boxer e trazione integrale
Contro: Cambio CNT e sistema di infointrattenimento
Non si può chiedere alla
casa delle Pleiadi di progettare,
produrre e infine vendere un’auto
a sole due ruote motrici. O meglio, lo
hanno fatto e i riscontri ci sono pure stati,
ma del vero sangue giapponese ne
scorreva davvero poco. Che non si pensi
che trazione integrale sia
necessariamente associata a fuori strada.
Quattro ruote che trasmettono, come nel
caso dell’Outback che mi sono ritrovato a
provare, sono sinonimo di aderenza e
guidabilità. Vi sto parlando di una vettura
che inganna, o che perlomeno non dà
certezze riguardo agli utilizzi che se ne
possono fare. State sicuri, però, che una
volta alla guida tutto sarà chiaro.
Mi siedo sul sedile di pelle, devo dire
molto comodo, aspetto che le lancette di
contagiri e tachimetro facciano la loro
strada fino a fondo scala e metto in moto.
Non posso dirvi di essere ammaliato dal
sound del motore. Si, è un boxer diesel di
tutto rispetto ma sicuramente non
borbotta come i propulsori alimentati a
benzina.
Questa è una riflessione quasi obbligata
quando dalla stessa casa escono bolidi
impazziti che corrono nei rally come WRX
STI, o una delle ultime arrivate BRZ.
Tuttavia non mi fermo alle apparenze e
senza indugi schiaccio il pedale
dell’acceleratore per vedere di che pasta
è fatta questa wagon con i trampoli. Beh,
niente male per avere un 2.0 D con 150 cv
a 3600 giri/min.
Mi aspettavo di meno, l’avevo
sottovalutata, e invece la spinta in
accelerazione è corposa e il cambio
automatico CVT, che non è proprio il
massimo, anziché deludere, sorprende
per la sua fluidità.
Ma non è finita qui: il bello arriva quanto il
rettifilo lascia spazio a curve importanti e
c’è bisogno di tenersi stretti allo sterzo
che all’aumentare della velocità si
Subaru
Outback 2.0 D
Exclusive CVT
Lineartronic
Prezzo: 43.350 euro
Motore: 1.998 cc 4
cilindri diesel, 150 cv
@ 3.600-4.000 giri/
min, 350 Nm @
1.600-2.400 giri/min
Trasmissione:
Automatico a 6
rapporti lineartronic,
trazione integrale
Prestazioni: 0-100
km/h 9,7 sec, 195
km/h, 15,8 km/l, 166
g/km CO2
Peso: 1.624 kg
In vendita: Ora
L’indole di una
Subaru è sempre
sportiva
94
CAR-MAGAZINE.it I SETTEMBRE 2014

Le Nostre Auto
Piccola
maneggevole e
funzionale
Tra tutti i lati
positivi di questa
vettura, l’aspetto
dell’abitacolo non
spicca
Kia Pro Cee’d GT
di Francesco Lopez
1
Pro: Look, Finiture, Prestazioni
Contro: Il feeling non è proprio immediato
irrigidisce al punto da disegnare
traiettorie chirurgiche. La cosa
interessante è che tutto ciò è
avvenuto in una gran bella isola come
la Sardegna, la quale ci ha riservato
strade bianche a dir poco ottimali per
testare l’aderenza della vettura anche
fuori dall’asfalto.
Tutto questo piacere di guida lo si
deve soprattutto al Symmetrical
AWD, ovvero la trazione integrale
permanente che da circa 40 anni
viene abbinata, in Casa Subaru, al
motore Boxer.
Con tutte le ruote che spingono si
ha la possibilità di beneficiare di tutta
la potenza, alcun cavallo escluso, e
allo stesso tempo di contare su
un’aderenza magnetica, come un
bambino che si aggrappa alle gambe
della mamma pur di non andare a
scuola.
Mi raccomando, solo dopo aver
preso confidenza con l’auto, è
importante escludere il sistema di
controllo della dinamica del veicolo
per evitare di farsi rovinare il piacere
di guida. Bello è che a differenza di
molti casi, in cui purtroppo mi sono
trovato, qui il sistema lo si disattiva
L’aggressività del
frontale aumenta
grazie alla presa d’aria
sul cofano big size
una volta per tutte, senza il rischio che
si insinui quando invece il guidatore è
consapevole che deve cavarsela da
solo. Vi sto parlando di un’auto parca
fuori e con un’indole sportiva dentro.
Un’auto dalla doppia anima; che può
essere un’ottima compagna di
viaggio, da notare la comodità del
divano posteriore e soprattutto i 500
e poco più litri di bagagliaio che
offrono la possibilità di alloggiare
bagagli per tutti e cinque i passeggeri.
Ma può anche incattivirsi, a patto
che il piede destro sia deciso nel
pigiare sia l’uno che l’altro pedale. In
questo caso l’Outback risponderà
perfettamente ai vostri comandi senza
sbavature e voi sentirete che anche
una wagon massiccia come questa sa
dire la sua.
Questa è la Kia che vi farà cambiare idea, definitivamente,
sulle auto della Casa Coreana. La Pro Cee'd GT potrebbe
tranquillamente battersela con le più blasonate concorrenti,
riuscendo tra l'altro a dire la sua. La riprova di tutto ciò sono gli sguardi
dei passanti, che continuamente attiro girando con la piccola Kia,
incuriositi da quest'auto così futuristica nonostante quel badge sulla
calandra. I tempi sono cambiati, le vecchie Kia che di certo non hanno
messo in risalto il nome del Marchio sono ormai un lontano ricordo. Il
look è decisamente fuori dal comune, con un frontale arrabbiato, ricco
di linee e volumi che creano un'insieme decisamente dinamico. La
calandra anteriore con griglia a nido d'ape sembra come schiacciata
dall'aria, mentre la presa d'aria poco più sotto sembra capace di
divorare quantità inimmaginabili di moscerini in autostrada. I cerchi
neri con razze diamantate sono un tocco di stile non da poco, e i
dettagli rossi sottolineano il carattere di questa GT.
La scelta del 4 cilindri 1.6 litri GDI da 204 cavalli potrebbe sembrare
remissiva rispetto al look di questa Kia, ma vi posso assicurare che su
strada si comporta egregiamente, ed il cambio manuale a sei rapporti
comanda alla perfezione i 265 Nm di coppia erogati già a 1.750 giri al
minuto. Alla guida si rivela divertente, ed è più precisa di quanto
potessi aspettarmi. I risvolti positivi della scelta di questa
motorizzazione sono sicuramente i consumi, che si attestano su una
media di 13,4 km/l nel ciclo combinato, anche se bisogna stare
parecchio attenti con l'acceleratore per rimanere sui dati dichiarati.
L’abitacolo è
sportivo, ma avrei
preferito meno
ricercatezze
Kia Pro Cee’d GT 1st Edition
Prezzo: 28.000 Euro Motore: 1.591 cc 4 cil GDI, 204 cv @ 6.000 giri/min,
265 Nm @ 1.750-4.000 giri/min Trasmissione: Manuale a 6 rapporti, trazione
anteriore Prestazioni: 0-100 km/h in 7,7 secondi, 230 km/h, 13,4 km/l, 171
g/km Co2 Peso: 1.359 kg In vendita: Ora
CAR-MAGAZINE.it I SETTEMBRE 2014 95

Le Nostre Auto
Mini Cooper S di Riccardo Cacace
1
Pro: Ancora molto divertente da guidare, è più grande anche dentro
Contro: Il bagagliaio non è ancora sufficiente
Devo ammettere sin da subito che
sarò di parte, avendone posseduta
una fino a qualche mese fa, e
proprio per questo ho deciso di requisire,
letteralmente, le chiavi della nuova Cooper
S per il periodo estivo, non appena la MINI è
arrivata nel parcheggio della redazione. Ma
cercherò di essere comunque il più imparziale
possibile, promesso.
Guardandola da fuori l’impressione è
di un’auto più matura, più piazzata, ma
non meno divertente. Nonostante i nuovi
ingombri è comunque riconoscibile, i
proiettori anteriori sono leggermente più
grandi, come anche i posteriori, la griglia
anteriore è più sporgente e le maniglie delle
porte sono state rinnovate. Per il resto si può
dire che è rimasta pressoché invariata.
La prima novità, salendo a bordo, è che il
caratteristico contachilometri centrale non
c’è più, dal momento che è stato rimpiazzato
da un generoso schermo LCD per il sistema
di navigazione ed il computer di bordo. Già
dopo pochi istanti ci si rende conto che la
qualità degli interni è migliorata, e lo spazio a
disposizione del guidatore e dei passeggeri
è aumentato, tanto da chiedersi se ci si trovi
davvero a bordo di una MINI.
Chi ha posseduto uno dei primi modelli,
anche dell’era moderna, potrà confermare
che l’abitabilità non è mai stato il loro punto
di forza.
Spingo le levetta rossa al centro della
console, ed abituato al rombo del 1.6,
un qualcosa di celestiale, rimango quasi
attonito dalla silenziosità del nuovo 2.0
litri TwinPower Turbo, un quattro cilindri
sviluppato appositamente per la nuova
MINI. Per carità, viviamo nell’era del comfort,
ma su una Cooper S io, almeno, voglio
sentire la benzina bruciare ad ogni carezza
sull’acceleratore!
Poco male, la soluzione è stata quella di
cercare di mantenere il 2.0 ad un regime
sempre più o meno elevato, naturalmente a
discapito dei consumi, che si sono rilevati
decisamente superiori ai 17,5 km/l dichiarati
dalla Casa nel ciclo combinato. Colpa mia.
Alla guida, fortunatamente, è rimasta la
solita, divertentissima Mini, ma con 45 kg
in meno sulla bilancia. Mi ero ripromesso
di non usare l’espressione go-kart feeling,
ma non riesco a trovarne un’altra che possa
esprimere così precisamente quello che si
prova guidando questa Cooper S. C’è da
rilevare che è più morbida del modello che va
a sostituire, ma è comunque precisa e ben
incollata a terra. Lo sterzo rimane preciso
ed infallibile, e vi posso assicurare che vi
troverete a pianificare i vostri spostamenti
prediligendo gli itinerari più tortuosi.
Tra le altre cose, per la prima volta sono
riuscito a fare una vacanza con una MINI
grazie al nuovo bagagliaio, che cresce di 51
litri. Parecchi, ma non ancora abbastanza
per far felici anche le vostre compagne.
MINI Cooper S
Prezzo: 26.700 euro
Motore: 1.998 cc 4 cil
TwinPower Turbo, 192
cv @ 4.700-6.000 giri/
min, 280 Nm @ 1.250
giri/min
Trasmissione:
Automatico a 6
rapporti, trazione
anteriore
Prestazioni: 6,5 sec
0-100 km/h, 233
km/h, 19,2 km/l, 122
g/km CO2
Peso: 1.250 kg
In vendita: Ora Il cambio
automatico è un
piacere, ma il
manuale rimane un
altro mondo
I dettagli fanno la
differenza, e sulla
Mini ce ne sono
parecchi
96
CAR-MAGAZINE.it I SETTEMBRE 2014

Peugeot 2008 di Giulia Ivanova
2
Pro: Look da SUV
Contro: Leva del freno a mano e spazi interni rispetto alle apparenze
Qualcuno nella casa del Leoncino
un giorno si è svegliato e ha deciso
che la 208 aveva bisogno di una
sorella maggiore. Ecco a voi la 2008 che
effettivamente eredita molto della sopra
citata. Vediamo cosa, però, le ha conferito
uno zero in più nel nome.
Beh vista di profilo e soprattutto da lontano,
sembrerebbe un SUV, ma vi sbagliereste. Le
dimensioni parlano chiaro: poco più di quattro
metri lunghezza e un metro e mezzo di altezza.
E quindi, no, non può certo essere inserita
nel fascicolo dei SUV che solitamente
vantano misure decisamente maggiori. Va
detto, però, che ci sono alcuni dettagli che
potrebbero farlo pensare. Innanzi tutto c’è un
nuovo sistema di sospensioni rialzate che la
rende effettivamente più alta della 208 e poi
non mancano le barre longitudinali sul tetto
che sono un esplicito riferimento a una vettura
che viene impiegata, o che dovrebbe, per
lunghe distanze.
E ancora i paraurti anteriori e posteriori,
decisamente ingrassati rispetto alla piccola
della Casa Francese.
L’elemento fondamentale, però, seppur
si tratti di una due ruote motrici a trazione
anteriore, è il Peugeot Grip Control. Un
selettore già presente su parte della
gamma che, posto sul tunnel centrale,
regala emozioni da 4X4. Beh, non proprio
ma la trazione si adatta alle condizioni che
vengono impostate dal guidatore, che si tratti
di neve, fango o sabbia, avrete comunque
decisamente più chance di cavarvela
attivandolo piuttosto che senza.
Noi ci abbiamo provato, e siamo riusciti a
tornare in redazione dopo qualche test su
fango senza dover chiamare i rinforzi. Magari
la Dakar è un pò troppo ma il Grip Control
merita decisamente fiducia.
2008 1.2 12V
PureTech 82 CV
Active
Prezzo: 17.100 Euro
Motore: 1.199 cc
benzina, 82 cv @
5,750 giri/min, 118
Nm @ 2.750 giri/min
Trasmissione:
Manuale a 5 rapporti,
trazione anteriore
Prestazioni: 0-100 km/h
in 13,5 sec, 169 km/h,
20,4 km/l, 114 g/km CO2
Peso: 1.120 kg
In vendita: Ora
La pedaliera e da vera sportiva
Nissan Leaf Tekna di Umberto Circi | Foto di Urlando
3
È
sempre un’avventura provare
un’auto elettrica! Voi vi domanderete
cosa c’è di avventuroso nel guidare
un’auto di questo tipo, Il fatto è che per la
capitale le colonnine per la ricarica delle
batterie sono ancora poche e soprattutto
spesso le si trovano occupate, non da
altre auto in carica, ma semplicemente
da automobilisti distratti che posteggiano
la propria vettura indebitamente. L’altro
dettaglio che aumenta la verve è l’assenza di
un mio box indipendente con presa elettrica
e di conseguenza bisogna stare in guardia
per quello che riguarda l’autonomia della
macchina. Superato il capitolo “ricarica
batterie” si potrebbe pensare che le difficoltà
siano finite. Anche qui, però, bisogna tenere
gli occhi aperti ed essere consapevoli che
quando si guida un’auto muta, spesso non
è un vantaggio. La Nissan, a tal proposito,
ha installato un altoparlante nel passaruota
che genera un rumore artificiale sotto i 30
km/h proprio per ovviare a questo problema.
Adesso sembra che io sia un tradizionalista
Pro: Silenziosa, scattante
Contro: Ancora non siamo pronti per le elettriche
che non riesce a guardare al futuro e di
conseguenza alle alimentazioni alternative,
e forse è un po’ così, ma sicuramente la
Leaf è un’auto ben progettata che mi ha
personalmente appagato. A conti fatti il
risparmio c’è purché si rimanga in contesti
urbani e non ci si dimentichi di metterla a
dormire con il caricatore inserito!
Nissan Leaf Tekna Flex
Prezzo: 30.690 Euro
Motore: Elettrico sincrono trifase, 80 kW @
3.000 giri/min, 254 Nm @ 0-3.000 giri/min
Trasmissione: Riduttore a un rapporto, trazione
anteriore
Prestazioni: 0-100 km/h in 11,5 sec, 144 km/h
Autonomia: 199 km
Peso: 1.512 kg
In vendita: Ora
La strumentazione
è classica, forse
anche troppo!
CAR-MAGAZINE.it I SETTEMBRE 2014 97

Top10
Non si può non amare
Honda, hanno speso
milioni per inventare
un barman
Case automobilistiche con una gamma di...
Potresti vantarti della tua Lamborghini senza far capire che si tratta di
un sistema di aria condizionata. Sempre costruita da Ferruccio...
Di Chris Chilton
2
1 6
1 MACCHINE DA SCRIVERE ALPINA
Originariamente costruttrice di
macchine da scrivere, Alpina si è poi
data alle BMW. Queste modifiche al
motore e quei bei cerchi a bobina di
cotone non sono proprio economici,
ma Alpina può anche venderti del
vino per darti il giusto coraggio
per poter confessare a tua moglie
quanto hai speso.
2 Google car
Non contenti di aiutarci a cercare in
rete la nostra prossima automobile,
mostrandoci dove guidarla, Google
ha deciso di costruirne una tutta sua.
Niente sterzo o pedali? Somiglia
ad una tastiera col mouse? Forse
dovevano restare all’ingegnerizzazione
della ricerca su internet.
3 AEROMOTORI DI BMW
Catene di distribuzione che si
spezzano, canne del cilindro che si
usurano prematuramente, alette del
collettore problematiche: l’irregolare
reputazione dell’affidabilità dei motori
BMW non aiuterà di certo a calmare
il nervosismo di chi ha problemi
col volo, se inizieranno a rifornire i
Boeing. In realtà BMW ha prodotto
per molto tempo motori per gli aerei,
anche se l’idea che il marchio bianco
e blu derivasse dai propulsori aerei
arrivò dopo.
4 L’AUTO PER disabili AC
L’AC Cobra era un’auto per uomini
duri, col suo sterzo pesante come
un macigno. AC aveva anche un
contratto DHSS per poter costruire
la famosa auto blu per invalidi, con
una scelta di volanti, manubri o barre
tipo timone. Se nessuna di queste ti
andasse bene, avresti anche potuto
prendere un treno AC.
3
7
4 8 10
5
5 GLI AEREI BRISTOL
L’ex capo della Bristol, Toby
Silverton, non ci avrebbe mai
fatto entrare in fabbrica a causa
di presunti “lavori MoD sensibili”
che sosteneva stessero ancora
portando avanti, visto il passato
dell’azienda. La verità era che
voleva disperatamente impedirci di
entrare e vedere che non stavano
costruendo nessuna automobile
e che la squadra era composta
da scheletri impolverati usciti
direttamente da una cripta di un film
di Indiana Jones.
6 ogni cosa di honda
è difficile trovare qualcosa che
Honda non abbia costruito. Auto,
barche, aerei, falciatrici, quad,
generatori, robots. Se un giorno
riuscissimo a teletrasportarci, state
sicuri che sarà solo grazie ad Honda.
7 MOTOCICLETTE KTM
Un nuovo marchio nel mondo delle
automobili, la KTM è stata una
costruttrice di moto per lunghi anni
prima di regalarci la X-Bow. La rivale
Atom è costruita da Ariel, il cui
nome, è lo stesso di una vecchia
azienda di motociclette ormai
defunta.
8 IL BUS ALFA ROMEO
Oltre a costruire auto sportive
sensuali, inventare le berline sportive
moderne ed accumulare vittorie nel
motorsport, Alfa aveva anche una
sua gamma di vetture a 36 posti.
Quelli che probabilmente sono buchi
da marciume forse permettevano
9
ai passeggeri di salire e scendere
al volo stile autobus a due piani
inglese.
9 Il CARRo ARMATO ROLLS-ROYCE
Costruita come una sorta di carro
armato in abiti civili, una Silver Ghost
fu una vettura vista in azione nella
prima e seconda guerra mondiale.
La penna ferisce più della spada
comunque, e una semplice biro di
VW firmò l’assegno che consegnò
Rolls ai tedeschi nel 1998.
10 CLIMATIZZATORI LAMBORGHINI
Ferruccio Lamborghini al tempo in
cui chiese udienza a Enzo Ferrari già
costruiva trattori, ma faceva anche
vino, buggy da golf ma soprattutto
faceva una fortuna con l’aria
condizionata.
Quando visitammo il museo alla
fabbrica Lamborghini Calor, fuori
facevano 30 gradi, ma per un
qualche scherzo del destino, l’aria
condizionata era guasta.
98
CAR-MAGAZINE.it I Giugno 2014

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