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Il Risorgimento a Verona e nel Veronese - Circolo didattico Legnago 1

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<strong>Il</strong> <strong>Risorgimento</strong> a <strong>Verona</strong><br />

e <strong>nel</strong> <strong>Veronese</strong><br />

provincia<br />

verona<br />

di<br />

ASSESSORATO CULTURA, IDENTITÀ VENETA<br />

E BENI AMBIENTALI<br />

FONDAZIONE FIORONI<br />

MUSEI E BIBLIOTECA PUBBLICA


<strong>Il</strong> <strong>Risorgimento</strong> a <strong>Verona</strong><br />

e <strong>nel</strong> <strong>Veronese</strong><br />

Coordinamento provinciale per il 150° anniversario dell’unità d’Italia<br />

A cura di<br />

Andrea Ferrarese<br />

provincia<br />

verona<br />

di<br />

ASSESSORATO CULTURA, IDENTITÀ VENETA<br />

E BENI AMBIENTALI<br />

FONDAZIONE FIORONI<br />

MUSEI E BIBLIOTECA PUBBLICA


Coordinamento provinciale<br />

Comune di <strong>Verona</strong><br />

Comune di Bardolino<br />

Comune di<br />

Castelnuovo del Garda<br />

Comune di <strong>Legnago</strong><br />

Comune di Pastrengo<br />

Comune di Peschiera<br />

Comune di Rivoli<br />

Comune di<br />

Sommacampagna<br />

Comune di Sona<br />

Comune di<br />

Valeggio sul Mincio<br />

Comune di Villafranca<br />

FONDAZIONE FIORONI<br />

MUSEI E BIBLIOTECA PUBBLICA<br />

COMFOTER<br />

ISTITUTO STORICO<br />

ARCHITETTURA MILITARE<br />

CON IL PATROCINIO DEL<br />

CONSIGLIO REGIONALE DEL VENETO


Giovanni Miozzi<br />

Presidente<br />

della Provincia<br />

di <strong>Verona</strong><br />

Marco Ambrosini<br />

Assessore alla<br />

Cultura, Identità Veneta<br />

e Beni Ambientali<br />

della Provincia<br />

di <strong>Verona</strong><br />

Dalla primavera del 2010 l’Assessorato alla Cultura e<br />

Identità Veneta della Provincia di <strong>Verona</strong> ha promosso,<br />

<strong>nel</strong>l’ambito del 150° anniversario dell’unità d’Italia che<br />

corre quest’anno, un progetto di coordinamento tra le principali<br />

realtà territoriali veronesi interessate da momenti ed<br />

episodi salienti per la storia del <strong>Risorgimento</strong> a <strong>Verona</strong> e<br />

<strong>nel</strong> <strong>Veronese</strong>.<br />

Fin dai primi incontri e confronti nei mesi che hanno scandito<br />

l’avvicinarsi di ‘Italia 150’, è emersa con chiarezza la<br />

necessità di dare vita ad una “rete” di idee tra le amministrazioni<br />

comunali e gli enti coinvolti <strong>nel</strong>la complessa progettualità<br />

dell’evento, una rete in grado di promuovere e<br />

coordinare le sinergie culturali ed i programmi dei vari comuni,<br />

per avvicinare il pubblico ai momenti salienti della<br />

storia risorgimentale.<br />

Una storia che <strong>nel</strong>le date più significative ha toccato molte<br />

volte il territorio veronese, teatro di epiche battaglie rimaste<br />

fortemente radicate <strong>nel</strong>la memoria collettiva, fulcro di<br />

quel “Quadrilatero” che per decenni costituì la chiave di<br />

volta del sistema difensivo del Lombardo-Veneto.<br />

È forse possibile affermare, senza temere di esagerare, che<br />

una parte consistente dell’intero <strong>Risorgimento</strong>, quella prettamente<br />

militare e strategica, sia stata “scritta” tra le pietre<br />

delle fortezze di <strong>Verona</strong>, di <strong>Legnago</strong> e di Peschiera, senza dimenticare<br />

i paesaggi mossi delle colline moreniche, scenario<br />

di combattimenti cruenti e vorticosi passaggi di più eserciti.<br />

È quindi in considerazione di questa importante eredità<br />

storica che la Provincia di <strong>Verona</strong>, attraverso l’Assessorato<br />

alla Cultura e Identità Veneta, ha ritenuto doveroso patrocinare<br />

un’intensa attività di organizzazione che ha coinvolto<br />

le amministrazioni comunali di <strong>Verona</strong>, Bardolino, Castelnuovo<br />

del Garda, <strong>Legnago</strong>, Pastrengo, Peschiera del Garda,<br />

Rivoli, Sommacampagna, Sona, Valeggio sul Mincio,<br />

Villafranca, affiancate e guidate dalla Fondazione Fioroni<br />

di <strong>Legnago</strong>, capofila dell’intero coordinamento, dal COM-<br />

FOTER di <strong>Verona</strong> (Comando Operativo Forze Terrestri) e<br />

dall’ISAM (Istituto Storico Architettura Militare).<br />

Alle amministrazioni veronesi e agli enti coinvolti va il<br />

nostro ringraziamento per il loro fondamentale contributo<br />

che trova in questa preziosa pubblicazione un primo importante<br />

tassello, in grado di rendere fruibile la dettagliata<br />

programmazione di mostre, convegni, rievocazioni storiche<br />

ed itinerari guidati, con cui l’intera provincia di <strong>Verona</strong><br />

cercherà di interrogarsi sul proprio passato, cercando di<br />

comprendere meglio le vicende risorgimentali che l’hanno<br />

vista protagonista.


Luciana Baratella<br />

Presidente<br />

Fondazione Fioroni<br />

Andrea Ferrarese<br />

Direttore<br />

Fondazione Fioroni<br />

Al momento della sua istituzione <strong>nel</strong> 1958, la Fondazione<br />

Fioroni raccolse la preziosa eredità di quello che a<br />

tutti gli effetti fu il primo Museo del <strong>Risorgimento</strong> sorto in<br />

provincia di <strong>Verona</strong>. Una raccolta privata – frutto di anni di<br />

pazienti ricerche, di preziose trouvaille, di recuperi inaspettati,<br />

di passioni forti per la storia della nazione – allestita<br />

agli inizi degli anni ’30 tra le sale ottocentesche di palazzo<br />

Fioroni, qualche anno prima che venisse inaugurata <strong>nel</strong><br />

1938 la più celebre sezione risorgimentale di Castelvecchio,<br />

curata da Antonio Avena.<br />

<strong>Il</strong> <strong>Risorgimento</strong> fu indubbiamente il primo grande “amore”<br />

di Maria Fioroni (1877-1970). Ne aveva respirato gli a<strong>nel</strong>iti<br />

in una famiglia che tra Milano, Brescia e <strong>Legnago</strong> aveva<br />

partecipato attivamente agli eventi cruciali che avevano<br />

fatto nascere l’Italia: il padre Enrico era stato tra i valorosi<br />

combattenti di Bezzecca, il prozio Marino Bevilacqua, intimo<br />

del generale Garibaldi e di Giuseppe Mazzini, aveva<br />

retto le sorti di molti dei comitati segreti che contribuirono<br />

a tenere unite le fila dei fuoriusciti veneti in Lombardia.<br />

Senza alcun dubbio, la storia della Fondazione Fioroni fa<br />

tutt’uno con un <strong>Risorgimento</strong> che tra le ampie sale della<br />

casa-museo di <strong>Legnago</strong> rivive <strong>nel</strong>le suggestive ambientazioni<br />

di un passato intriso della quotidianità di una borghesia<br />

di provincia del secondo Ottocento.<br />

È quindi con particolare soddisfazione che la Fondazione Fioroni<br />

ha accettato l’invito della Provincia di <strong>Verona</strong> a coordinare<br />

<strong>nel</strong>l’ambito delle iniziative previste in occasione di “Italia<br />

150”, il gruppo di amministrazioni comunali e di enti che hanno<br />

deciso di mettere in comune le loro esperienze culturali e<br />

un’articolata programmazione che coprirà tutto il 2011.<br />

Questa pubblicazione costituisce appunto la prima tappa<br />

di un più ampio progetto di valorizzazione dell’eredità<br />

culturale, storica, museale del <strong>Risorgimento</strong> a <strong>Verona</strong> e<br />

<strong>nel</strong>la sua provincia; un progetto che culminerà <strong>nel</strong> corso<br />

dell’anno con la realizzazione del Museo diffuso del <strong>Risorgimento</strong><br />

veronese, un web site con multiformi funzionalità in<br />

grado di “mappare” virtualmente luoghi, eventi, momenti<br />

e monumenti della memoria risorgimentale veronese attraverso<br />

la realizzazione di schede, di percorsi, di raccolte<br />

di immagini. <strong>Il</strong> Museo diffuso del <strong>Risorgimento</strong> veronese<br />

si propone quindi come un motore culturale incentivante<br />

che, partendo da un’impostazione didattica rigorosa,<br />

quanto facilmente accessibile, permetta di sviluppare le<br />

potenzialità culturali del <strong>Risorgimento</strong> veronese, aprendole<br />

a nuove prospettive di fruizione, di valorizzazione (ad<br />

esempio turistica) e di conoscenza territoriale.


IL RISORGIMENTO A VERONA E NEL VERONESE<br />

FEDERICO MELOTTO<br />

<strong>Il</strong> fil rouge di un’idea<br />

Le date, si sa, sono una debolezza dello storico. Dovessimo ridurre il <strong>Risorgimento</strong><br />

ad una pura e semplice questione cronologica dovremmo<br />

accettare il curioso paradosso di farlo durare nemmeno due anni. All’inizio<br />

dell’aprile 1859, infatti, la penisola italiana risultava ancora divisa in sette<br />

Stati principali, sei di questi erano Stati sovrani a tutti gli effetti, mentre il<br />

settimo, il Lombardo-Veneto, era parte dell’impero austriaco. Alla fine degli<br />

anni cinquanta dell’800 dunque l’Italia ancora non esisteva e lo stivale presentava<br />

un assetto politico che non differiva di molto, <strong>nel</strong>le sue linee essenziali,<br />

da quello dei secoli precedenti. Eppure, il 17 marzo 1861 – nemmeno<br />

due anni dopo – Vittorio Emanuele II veniva proclamato dal nuovo parlamento<br />

re d’Italia. Un risultato inaspettato e per nulla scontato, che sorprese<br />

anche molti osservatori stranieri e al raggiungimento del quale –continuando<br />

col paradosso – vi concorsero una breve guerra, una spedizione militare<br />

“clandestina” guidata da un condottiero entrato <strong>nel</strong> mito, una buona attività<br />

diplomatica e un destino sostanzialmente benevolo.<br />

La storia però è fatta anche, e forse soprattutto, di interstizi apparentemente<br />

secondari che nascondono quasi sempre una realtà più complessa di quella<br />

rivelata da poche date. Quelle segnalate poco sopra, come ricordato, rendono<br />

conto più di un paradosso che non della concretezza delle cose, ovvero<br />

– oltre a non prendere in considerazione l’annessione del Veneto che avverrà<br />

da lì a qualche anno <strong>nel</strong> 1866 – portano ad appiattire il <strong>Risorgimento</strong> ad una<br />

mera successione di battaglie, di spedizioni militari e di decisioni diplomatiche,<br />

perdendo di vista il fil rouge creato da un’idea, quella nazional-patriottica,<br />

la cui genesi più lontana può essere addirittura ritrovata alla fine del<br />

diciottesimo secolo. Ecco perché in questo breve contributo, focalizzato in<br />

prevalenza sugli eventi locali e specificatamente veronesi, si è scelta, in linea<br />

con le tendenze attuali della storiografia, una datazione ampia dando vita<br />

ad un racconto che per quanto sintetico ed intento a fornire delle linee guida<br />

essenziali, prendesse le mosse proprio dalla fine del Settecento; quando cioè<br />

a causa, o per merito, delle armi francesi e di Napoleone Bonaparte (capace a<br />

distanza di due secoli di suscitare ancora entusiasmi e condanne) gli Italiani<br />

e gli stessi Veronesi conobbero la fine dell’ancien régime e poterono sperimentare<br />

spazi nuovi di partecipazione politica.<br />

Napoleone: tiranno o liberatore?<br />

<strong>Il</strong> 1796 fu un anno importante, non solo per la storia d’Italia ma anche per<br />

la storia del <strong>Veronese</strong>. Se fino ad allora gli avvenimenti d’oltralpe avevano<br />

infatti acceso gli animi soltanto di alcuni intellettuali traviati dal sogno rivo-<br />

7


luzionario, mentre la maggior parte dei veronesi continuò a vivere tranquilla<br />

sotto le insegne veneziane, le notizie che cominciarono ad arrivare dal<br />

Piemonte e dalla Lombardia che narravano delle grandi vittorie francesi e<br />

del mito di Bonaparte, nonché di un’armata vorace e razziatrice, iniziarono<br />

a preoccupare non poco anche i distratti abitanti di <strong>Verona</strong>. E la loro preoccupazione<br />

aumentò ancora quando si seppe che Napoleone, dopo aver<br />

sottoscritto accordi di tregua con i ducati della bassa pianura padana, verso<br />

la fine del maggio 1796, aveva deciso di iniziare una campagna di inseguimento<br />

degli Austriaci in ritirata dalla Lombardia, attuando così una progressiva<br />

marcia verso il <strong>Veronese</strong> che in breve lo portò ad occupare prima<br />

la piazzaforte di Peschiera, posta strategicamente <strong>nel</strong> punto di confluenza<br />

del Garda in Mincio, e poi, il primo di giugno, la stessa <strong>Verona</strong> con 12.000<br />

uomini al seguito.<br />

La Repubblica di Venezia, dichiaratasi neutrale, concesse il passaggio delle<br />

truppe francesi sul suo territorio, permettendo a Napoleone di arrivare <strong>nel</strong><br />

capoluogo scaligero senza difficoltà alcuna. Giunto <strong>nel</strong>la città atesina non<br />

si dimostrò peraltro troppo ossequioso nei confronti delle autorità veneziane<br />

che furono <strong>nel</strong>la sostanza esautorate dal comando militare transalpino.<br />

D’altra parte, i Veneziani sapevano bene che a <strong>Verona</strong> c’era un problema<br />

politico di non poco conto legato alla presenza del conte di Lilla, fratello del<br />

ghigliottinato re di Francia Luigi XVI e legittimo erede al trono, stabilitosi<br />

in città dal 1794. Egli aveva raccolto accanto a sé un nutrito gruppo di antirivoluzionari<br />

che al momento dell’arrivo di Napoleone finirono coll’essere<br />

una presenza imbarazzante per le autorità della Serenissima. Per non complicare<br />

ulteriormente i rapporti con la Francia, i rappresentanti veneziani<br />

furono costretti ad accettare l’ordine del generale corso e a far sloggiare il<br />

conte altrove.<br />

Nel suo complesso la città scaligera accolse piuttosto freddamente l’armée,<br />

fatta eccezione per quei pochi, ma non trascurabili, giacobini che da quasi un<br />

decennio erano presenti in città e che gravitavano intorno al mondo delle tre<br />

logge massoniche; tra di loro troviamo alcuni nobili provinciali, vari esponenti<br />

del mondo delle libere professioni, medici e avvocati, un certo numero<br />

di ufficiali, alcuni possidenti, intellettuali (come non segnalare il poeta Ippolito<br />

Pindemonte), insegnanti ed infine anche qualche ecclesiastico.<br />

<strong>Il</strong> resto della città viveva le contingenze e le novità politiche in maniera<br />

diversa. Ben 5.000 nobili si affrettarono a lasciare <strong>Verona</strong> per rifugiarsi in<br />

campagna, così come racconta l’aristocratico Girolamo de’ Medici <strong>nel</strong>la sua<br />

cronaca: tutta la cittadinanza che rimase entro le mura dovette invece subire<br />

i disagi tipici di un’occupazione militare, acuiti dal fatto che l’armée,<br />

per espressa volontà del Direttorio, doveva approvvigionarsi in loco di cibo,<br />

vestiario, cavalli e carriaggi.<br />

Fin da subito si pose peraltro la grave questione di dover reperire gli alloggi<br />

per gli ufficiali: si pensò così di usufruire delle case lasciate libere da coloro<br />

che erano scappati, ma queste ben presto si dimostrarono insufficienti. Lo<br />

stesso problema si presentò anche per la dislocazione della truppa che «non<br />

conosceva l’uso delle tende, onde convenne alla meglio ricovrarla in luoghi<br />

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chiusi». Si dovette anche risolvere la questione del vettovagliamento che<br />

sarebbe stato a carico del governo cittadino e quindi dei Veronesi.<br />

Pur lasciando sullo sfondo le vicende belliche molto complesse in questi<br />

mesi, alcuni dati annotati dal de’ Medici, relativi alla fine del settembre 1796,<br />

illustrano bene come la presenza militare pesasse sulle precarie “economie<br />

civiche”: all’interno delle mura vi erano circa 50.000 abitanti più «14.500<br />

francesi, de’ quali 7.050 alloggiati <strong>nel</strong>le case, 4.000 negli ospitali e 1.500 soldati».<br />

Sebbene la maggior parte del contingente napoleonico si fosse concentrato<br />

a <strong>Verona</strong>, <strong>nel</strong> territorio esistevano altre due piazzeforti, Peschiera<br />

e <strong>Legnago</strong>, che subirono lo stesso processo di militarizzazione del capoluogo.<br />

Di Peschiera già si è detto, mentre <strong>Legnago</strong>, fortezza posta all’estremo<br />

confine meridionale del territorio della Repubblica, lambendo l’immensa<br />

area paludosa delle Valli Grandi, si dimostrò un punto di snodo importante<br />

<strong>nel</strong> momento in cui il generale, consolidata la posizione veronese, rivolse<br />

l’attenzione verso Mantova. Per attaccare celermente e senza difficoltà la<br />

cittadina lombarda doveva infatti proteggersi con un entourage difensivo<br />

adeguato, occupando la fortezza di <strong>Legnago</strong>, strategia che mise in atto a<br />

partire dalla fine di giugno.<br />

<strong>Il</strong> furore di una città: le Pasque veronesi<br />

Nella seconda metà del 1796 il territorio veronese fu travolto dagli scontri<br />

bellici. La situazione si normalizzò, anche se per breve tempo, soltanto<br />

dopo la battaglia di Rivoli, avvenuta alla metà di gennaio 1797, in seguito alla<br />

quale cadde anche Mantova e i Francesi si aprirono la strada per Vienna.<br />

I lunghi mesi di guerra e il consolidamento del controllo transalpino sul<br />

<strong>Veronese</strong> trasformarono l’iniziale diffidenza nei confronti dei napoleonici in<br />

ostilità diffusa. In poche settimane, fu inoltre evidente che la reapolitik francese,<br />

archiviati definitivamente i principi democratici del primo giacobinismo,<br />

puntava ad utilizzare la penisola come terreno di conquista e la rivoluzione<br />

era da considerarsi ormai un momento storico concluso. Dal punto<br />

di vista sociale, come già accennato, la presenza dei militari transalpini si<br />

fece giorno dopo giorno più pesante da sopportare e ai disagi economici si<br />

unirono quelli “spirituali”: l’arrivo di quella «ciurma di ateisti, di barbari, di<br />

ladroni, e di malnatti» – come la definì <strong>nel</strong>la sua cronaca Ignazio Menin, un<br />

osservatore contemporaneo ai fatti, fieramente antifrancese – aveva sconvolto<br />

gli equilibri secolari di una comunità arcaica, basata in gran parte su<br />

usi sociali, pratiche e consuetudini che il vento rivoluzionario pretendeva<br />

di spazzare via.<br />

L’atteggiamento nei confronti della religione e dei luoghi di culto saccheggiati<br />

e divenuti fonti di bottino o più in generale la nazionalizzazione di<br />

molti beni ecclesiastici montò <strong>nel</strong>la popolazione veronese un risentimento<br />

sfociante in uno dei più importanti episodi di insorgenza antifrancese di<br />

questo periodo. Le Pasque veronesi scoppiarono il 17 aprile 1797 al grido<br />

di “Viva San Marco” e si conclusero otto giorni dopo, il 25 aprile, quan-<br />

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do l’esercito francese riconquistò il controllo della città in seguito ad un<br />

martellante cannoneggiamento. In quella settimana <strong>Verona</strong> dimostrò tutto il<br />

proprio furore: l’oste Valentino Alberti <strong>nel</strong> suo diario segnalava il massacro<br />

di addirittura 500 francesi. <strong>Il</strong> già citato Girolamo de’ Medici, attento osservatore,<br />

fermo oppositore dei francesi ma allo stesso tempo sostenitore di una<br />

società ordinata e rispettosa delle gerarchie, guardò all’insurrezione popolare<br />

con grande sospetto proprio per il diffuso clima di anarchia. Inoltre, con<br />

una buona dose di onestà intellettuale, mostrò come all’interno del variegato<br />

movimento degli insorti, si evidenziasse una certa confusione negli intenti,<br />

peraltro tipica di questi moti popolari d’antico regime. Anche a <strong>Verona</strong>, si<br />

verificarono infatti episodi di sciacallaggio: non mancarono quelli che adducendo<br />

di andare alla ricerca dei Francesi, si introdussero <strong>nel</strong>le case «a portar<br />

via anche quello che de’ nemici non era».<br />

La “Società patriottica” e la “Municipalità democratica”<br />

Un fatto così grave come le Pasque veronesi non poteva<br />

restare ovviamente impunito ed infatti i Francesi<br />

richiesero il pagamento di 40.000 ducati e saccheggiarono<br />

il Monte di Pietà. Tuttavia la conseguenza più rilevante<br />

fu la decisione di Napoleone di liquidare la Repubblica<br />

veneta occupando Venezia e di “democratizzare” il maggior<br />

consiglio.<br />

Con un colpo di mano, esautorati i rettori, venne istituita<br />

anche a <strong>Verona</strong> una municipalità democratica sotto la tutela francese alla<br />

quale si affiancò un’istituzione, la Società patriottica, del tutto nuova per<br />

i Veronesi, figlia in parte della nuova libertà francese che avrebbe dovuto<br />

avere il compito di coadiuvare – quantomeno in termini teorici – l’attività dei<br />

municipalisti. Inaugurata il 27 aprile 1797 ebbe la propria sede <strong>nel</strong> “ridotto”<br />

del Teatro Filarmonico; lì si svolgevano le sedute durante le quali venivano<br />

proposte e discusse delle mozioni di interesse generale. Anche se l’importanza<br />

reale di questa Società non fu così decisiva, ma non del tutto irrilevante,<br />

<strong>nel</strong> concreto del panorama politico bisogna forse sottolinearne almeno la rilevanza<br />

simbolica, dal momento che tra i vari argomenti affrontati uno dei<br />

più interessanti fu sicuramente quello “unitario”, concetto ancora avvolto<br />

da una certa nebulosità – è pur vero – ma in ogni caso posto all’ordine del<br />

giorno e discusso.<br />

<strong>Il</strong> “grande tradimento”<br />

Le speranze di quanti avevano creduto <strong>nel</strong>la possibilità di dar corso concretamente<br />

anche in Italia agli ideali della rivoluzione dell’89 andarono<br />

definitivamente deluse il 17 ottobre 1797. Quel giorno avvenne infatti la firma<br />

del trattato di Campoformio, il “grande tradimento” come lo definì Ugo<br />

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I luoghi del <strong>Risorgimento</strong><br />

<strong>Il</strong> Museo del <strong>Risorgimento</strong> della Fondazione Fioroni di <strong>Legnago</strong><br />

<strong>Il</strong> Museo del <strong>Risorgimento</strong> della Fondazione<br />

Fioroni di <strong>Legnago</strong> costituisce<br />

uno degli esempi più suggestivi e significativi<br />

di casa-museo <strong>nel</strong> panorama museale<br />

del Veneto. <strong>Il</strong> primo allestimento<br />

dell’ingente collezione di preziosi e unici<br />

cimeli risorgimentali, raccolta a partire<br />

dagli ultimi decenni dell’Ottocento<br />

dalla famiglia Fioroni, risale agli inizi<br />

degli anni ’20 del Novecento. <strong>Il</strong> desiderio<br />

di rendere fruibili per la comunità legnaghese<br />

i risultati di un collezionismo<br />

paziente e rigoroso, quanto soprattutto<br />

la precisa volontà di stimolare, con la<br />

creazione di un vero e proprio Museo<br />

del <strong>Risorgimento</strong>, ulteriori acquisizioni<br />

e donazioni, concretizzò <strong>nel</strong>la famiglia<br />

Fioroni l’idea di adibire una porzione<br />

dell’ottocentesco palazzo di <strong>Legnago</strong> a<br />

sede espositiva permanente delle proprie<br />

raccolte.<br />

Nei due decenni che precedettero il secondo<br />

conflitto mondiale, l’allestimento<br />

delle collezioni risorgimentali di casa<br />

Fioroni attirò un vasto interesse e suscitò<br />

un’ampia eco <strong>nel</strong> contesto culturale veronese<br />

e veneto, imponendosi fin dagli<br />

esordi come una delle aggregazioni più<br />

interessanti per la qualità e per l’unicità<br />

dei materiali. <strong>Il</strong> caratteristico contesto<br />

espositivo di palazzo Fioroni attirò l’attenzione<br />

della stampa dell’epoca e dei<br />

visitatori, in primo luogo per il ricercato<br />

e peculiare accostamento tra gli oggetti<br />

museali, gli arredi, le ambientazioni<br />

d’epoca, quanto soprattutto per il sapiente<br />

e continuo incremento delle collezioni<br />

che Maria Fioroni seppe portare<br />

avanti attraverso una capillare rete di<br />

relazioni con i più importanti antiquari<br />

e connoisseurs del paese. Dal “Gazzettino”<br />

al “Corriere della Sera”, da “<strong>Verona</strong><br />

e il Garda” alla diffusissima “L’Arena”,<br />

il Museo del <strong>Risorgimento</strong> di casa Fioroni<br />

raccolse plausi ed incitamenti, imponendosi<br />

<strong>nel</strong> Veneto pre-bellico come una<br />

delle contestualizzazioni museali private<br />

più rappresentative.<br />

In seguito all’armistizio dell’8 settembre<br />

1943, <strong>nel</strong> timore che l’imminente conflitto<br />

avrebbe potuto coinvolgere molto da<br />

vicino <strong>Legnago</strong>, il museo venne completamente<br />

smantellato e le raccolte risorgimentali<br />

poste in salvo <strong>nel</strong>la residenza<br />

milanese della famiglia Fioroni: si trattò<br />

di una scelta provvidenziale e tempestiva,<br />

dal momento che palazzo Fioroni<br />

venne quasi completamente distrutto <strong>nel</strong><br />

corso di una incursione aerea alleata <strong>nel</strong><br />

settembre 1944. Al termine dei dolorosi<br />

eventi bellici, le ultime eredi della famiglia<br />

Fioroni, Gemma e Maria, decisero<br />

che la ricostruzione del palazzo legnaghese<br />

coincidesse con la sua completa<br />

trasformazione in una esposizione permanente<br />

dedicata alla storia di <strong>Legnago</strong><br />

e della pianura veronese.<br />

Nel nuovo allestimento post-bellico le<br />

collezioni risorgimentali costituirono il<br />

fulcro espositivo della rinata casa-museo,<br />

riedificata con pazienza e restaurata<br />

con cura <strong>nel</strong>l’intento di recuperare<br />

fin nei minimi particolari i pregiati dettagli<br />

dell’ambientazione caratteristica<br />

di un’abitazione borghese del secondo<br />

Ottocento: «dedicai una cura particolare<br />

– ricordava Maria Fioroni <strong>nel</strong> 1965<br />

– al Museo del <strong>Risorgimento</strong>; ai vecchi<br />

mobili di casa, altri ne aggiunsi, studiai<br />

fotografie, stampe, per creare l’ambiente<br />

dove vivevano i patrioti, e il salotto<br />

dove le belle dame ricevevano gli amici,<br />

ma dove anche si congiurava, quando<br />

l’amor di patria non era una vana paro-<br />

11


la. Se qualche visitatore, entrando <strong>nel</strong>le<br />

sale, accenna a Gozzano o alla contessa<br />

Maffei, mi sembra di essere riuscita <strong>nel</strong><br />

mio intento. Tutto è autentico, dai mobili<br />

ai lampadari, e per rompere il meno<br />

possibile l’armonia dell’ambiente, mi<br />

sono limitata a mettere i cimeli, sotto vetro,<br />

sui tavoli a muro, mentre su quelli<br />

rotondi ho affastellato quei graziosi ninnoli<br />

che non mancavano mai nei salotti<br />

ottocenteschi».<br />

Dopo la ricostruzione iniziata già<br />

<strong>Legnago</strong>, primi anni ’30: una suggestiva immagine del primo Museo<br />

del <strong>Risorgimento</strong> di casa Fioroni.<br />

<strong>nel</strong>l’estate del 1945, il rinnovato Museo<br />

del <strong>Risorgimento</strong> di palazzo Fioroni venne<br />

ufficialmente inaugurato <strong>nel</strong> 1948 dal<br />

senatore Guido Go<strong>nel</strong>la, allora ministro<br />

della Pubblica Istruzione, con una significativa<br />

mostra allestita per il centenario<br />

dei moti che diedero avvio alla grande<br />

epopea del <strong>Risorgimento</strong> nazionale.<br />

L’esposizione di proclami e di cimeli<br />

storici di straordinaria importanza e valore<br />

produsse anche in questa occasione<br />

ampi consensi, attirando l’attenzione di<br />

visitatori illustri, tra i quali, va ricordato,<br />

il senatore Umberto Terracini, al tempo<br />

presidente dell’Assemblea Costituente.<br />

La disposizione delle sale e degli ambienti<br />

studiata e voluta da Maria Fioroni<br />

per il nuovo Museo del <strong>Risorgimento</strong> –<br />

ad oggi rimasta volutamente inalterata a<br />

testimonianza della sensibilità museale<br />

di un’epoca – rispondeva, in primo luogo,<br />

ad un criterio cronologico basato sulle<br />

grandi scansioni storiche dell’epopea<br />

risorgimentale. <strong>Il</strong> 1848, il 1859, il mito di<br />

Giuseppe Garibaldi costituivano (e costituiscono)<br />

alcuni dei fondanti leit-motive<br />

su cui si articola la struttura espositiva<br />

portante delle raccolte<br />

fioroniane, l’ossatura<br />

di un percorso storico<br />

e <strong>didattico</strong> volutamente<br />

pensato per “avvolgere”<br />

il visitatore in<br />

un’atmosfera.<br />

Uno degli aspetti più<br />

interessanti e indubbiamente<br />

caratteristici del<br />

Museo del <strong>Risorgimento</strong><br />

della Fondazione<br />

Fioroni (per una superficie<br />

espositiva di oltre<br />

600 mq.) è appunto<br />

legato alla voluta contestualizzazione<br />

degli<br />

oggetti e dei cimeli attraverso<br />

una complessa<br />

operazione di “ambientazione”, concretamente<br />

ispirata agli stilemi scenografici<br />

del notissimo allestimento creato da Antonio<br />

Avena a Castelvecchio, prima degli<br />

interventi scarpiani.<br />

Tra le sale risorgimentali di palazzo Fioroni<br />

gli arredi rigorosamente d’epoca, gli<br />

arazzi, i tappeti, i tendaggi, i lampadari,<br />

contribuiscono <strong>nel</strong> complesso ad una<br />

sorta di mise en scene storica per le collezioni<br />

vere e proprie, alla creazione cioè<br />

di uno sfondo in grado di valorizzare,<br />

storicizzandola, la multiforme congerie<br />

dei preziosi oggetti esposti. <strong>Il</strong> percorso<br />

espositivo sviluppato in otto ambienti<br />

12


contigui risponde, come accennato, ad<br />

una peculiare visione della storia nazionale<br />

e delle sue vicende. Una visione di<br />

lunghissimo respiro che individua specificatamente<br />

<strong>nel</strong>la campagna d’Italia di<br />

Napoleone Bonaparte l’evento catalizzatore<br />

del complesso momento risorgimentale,<br />

scandito di sala in sala attraverso la<br />

tematizzazione di altrettanti momenti<br />

fondanti.<br />

Nella “sala napoleonica”, l’arredamento<br />

in stile primo impero fa da cornice ad<br />

una cospicua collezione<br />

di stampe originali<br />

dedicate al generale<br />

corso, alle sue più<br />

importanti campagne<br />

militari e alla famiglia<br />

Bonaparte; di particolare<br />

pregio, oltre ai servizi<br />

d’epoca in porcellana,<br />

la pregiatissima<br />

coperta nuziale appartenuta<br />

a Maria Luigia<br />

d’Austria duchessa di<br />

Parma e moglie di Napoleone.<br />

<strong>Il</strong> “corridoio del <strong>Risorgimento</strong>”<br />

introduce ad<br />

una sequenza espositiva<br />

con i manifesti e i<br />

proclami relativi ad alcuni degli episodi<br />

salienti del “primo” <strong>Risorgimento</strong>, en<br />

guise d’introduzione agli ambienti prospicienti<br />

e successivi. Gli esemplari più<br />

antichi risalgono all’effimera repubblica<br />

emiliana delle Province Unite (1831),<br />

culminata con la sentenza di morte<br />

emessa da Francesco IV contro Ciro<br />

Menotti (20 maggio 1831), della quale è<br />

esposto il rarissimo proclama originale.<br />

Si distinguono, per il significativo valore<br />

storico e documentario numerosi bollettini<br />

straordinari emessi, dal governo<br />

provvisorio della Lombardia durante la<br />

prima guerra d’indipendenza, l’originale<br />

proclama costitutivo della Repubblica<br />

di Venezia di Daniele Manin (23 marzo<br />

1848) e, non da ultimo, la straordinaria<br />

raccolta completa di tutti i proclami ed<br />

editti a stampa emessi dalla Repubblica<br />

Romana (1848-1849).<br />

La “sala del 1848” costituisce l’ambiente<br />

centrale della casa-museo di <strong>Legnago</strong>; assieme<br />

agli arredi dell’epoca, conserva, in<br />

eleganti bacheche, numerosi documenti<br />

e cimeli tra i quali una vasta collezione<br />

di medaglie commemorative, alcune<br />

<strong>Legnago</strong>, Museo del <strong>Risorgimento</strong> della Fondazione Fioroni: uno scorcio<br />

della sala del 1848.<br />

cartelle del prestito mazziniano, rarissimi<br />

oggetti relativi alle “cinque giornate”<br />

milanesi e una collezione integrale di<br />

tutte le onorificenze e le decorazioni militari<br />

delle campagne risorgimentali. Le<br />

pareti, decorate in stile, sono arricchite<br />

da numerose e pregevoli litografie. Ai<br />

ritratti di protagonisti di questo annus<br />

mirabilis per la storia italiana ed europea<br />

si accompagnano alcune carte topografiche<br />

coeve che illustrano le strategie militari<br />

adottate dall’esercito piemontese e<br />

austriaco <strong>nel</strong>le campagne militari.<br />

Di indubbio interesse è la collezione di<br />

armi bianche e da fuoco risorgimentali,<br />

13


<strong>Legnago</strong>, Museo del <strong>Risorgimento</strong> della Fondazione Fioroni: sala<br />

della moda femminile.<br />

ricca di alcune centinaia di pezzi: fucili,<br />

baionette, pistole, fiasche da polvere,<br />

sciabole e daghe che documentano l’evoluzione<br />

degli equipaggiamenti dell’ordinanza<br />

militare ottocentesca degli eserciti<br />

coinvolti negli scenari bellici risorgimentali,<br />

come pure le spesso improvvisate<br />

armi “civili” adattate dai volontari che<br />

portarono il loro valoroso contributo alla<br />

storia del <strong>Risorgimento</strong>.<br />

L’attigua “sala Bonomi” dedicata alla<br />

seconda guerra d’indipendenza, è arredata<br />

con mobili provenienti dal palazzo<br />

ottocentesco della famiglia legnaghese<br />

Bonomi: sono esposti importanti documenti<br />

tra i quali alcune lettere autografe<br />

di Giuseppe Garibaldi, di Carlo Montanari<br />

(martire a Belfiore), di Carlo Alberto<br />

di Savoia e di Vittorio Emanuele II.<br />

Alle pareti trovano spazio decine di litografie,<br />

alcune ad opera del celeberrimo<br />

illustratore Gustave Dorè, dedicate alle<br />

battaglie salienti della guerra di Crimea,<br />

della seconda guerra d’indipendenza e<br />

dell’impresa dei Mille.<br />

La “sala dei patrioti” introduce all’epopea<br />

degli oltre duecento legnaghesi che<br />

tra il 1848 e il 1866 presero parte ai fatti<br />

d’arme più significativi del <strong>Risorgimento</strong>:<br />

le numerose stampe e le fotografie<br />

commemorative dell’epoca ritraggono i<br />

volontari che condivisero, talvolta fino<br />

alla morte (come <strong>nel</strong> caso dei “martiri”<br />

di Belfiore Pier Domenico Frattini e Angelo<br />

Scarsellini, del garibaldino Girolamo<br />

Gilieri morto a Calatafimi), gli ideali<br />

di Garibaldi e Mazzini. Dei “padri” del<br />

<strong>Risorgimento</strong>, oltre a numerosi ritratti<br />

fotografici (in alcuni casi accompagnati<br />

da firme autografe),<br />

si conservano cimeli di<br />

particolare valore come<br />

la maschera funeraria in<br />

gesso di Giuseppe Mazzini,<br />

donata al museo<br />

dallo scultore Foscolo<br />

Gangeri e alcuni oggetti<br />

personali appartenuti<br />

alla marchesa Giuseppina<br />

Raimondi, seconda<br />

moglie di Giuseppe Garibaldi.<br />

All’eroe dei “due mondi”<br />

è dedicata l’omonima<br />

sala <strong>nel</strong>la quale sono stati<br />

ricollocati gli arredi originali<br />

della stanza dell’albergo<br />

alla “Paglia” di<br />

<strong>Legnago</strong> <strong>nel</strong>la quale il generale dormì il<br />

10 marzo 1867. La ricostruzione dell’ambiente<br />

funge da “supporto” espositivo<br />

per alcuni significativi oggetti appartenuti<br />

al generale – uno dei suoi caratteristici<br />

fez, un bastone “animato” da passeggio<br />

– e donati a Marino Bevilacqua, il<br />

facoltoso patriota milanese che contribuì<br />

in modo cospicuo al finanziamento di<br />

numerose imprese militari del <strong>Risorgimento</strong>.<br />

Tra le vetrine in stile di questa<br />

sala spiccano, oltre a tre “camicie rosse”<br />

appartenute ad altrettanti volontari legnaghesi,<br />

una decina di lettere autografe<br />

del generale e un suo ritratto a matita<br />

14


opera del celebre Gerolamo Induno, par<br />

exellence uno dei pittori più significativi<br />

del <strong>Risorgimento</strong>.<br />

Completa il percorso espositivo la “sala<br />

della moda”: anche se in parte tematicamente<br />

svincolata dalle raccolte risorgimentali<br />

di palazzo Fioroni, questo<br />

ambiente ne costituisce una indispensabile<br />

appendice, pensato e predisposto da<br />

Maria Fioroni come necessario complemento<br />

di un racconto della quotidianità<br />

domestica della borghesia legnaghese<br />

all’insegna di “a<strong>nel</strong>anti” aspirazioni, la<br />

cui esemplificazione più evidente è indubbiamente<br />

il “tricolore Guarienti”,<br />

cucito in segreto sperando <strong>nel</strong>l’arrivo<br />

imminente delle truppe italiane <strong>nel</strong> 1866<br />

ed esposto assieme ad altre decine di<br />

bandiere d’epoca <strong>nel</strong>le sale del Museo.<br />

Abiti femminili, corpetti e corsetti, trine,<br />

gioielli, una straordinaria collezione di<br />

utensili per il cucito, ventagli, ombrelli<br />

da passeggio e quant’altro richiamano<br />

volutamente quel “gusto” borghese muliebre<br />

di metà Ottocento che fa appunto<br />

da sfondo alle vicende del <strong>Risorgimento</strong><br />

legnaghese.<br />

Andrea Ferrarese<br />

Direttore – Fondazione Fioroni<br />

Museo<br />

del <strong>Risorgimento</strong><br />

Fondazione Fioroni – Musei e Biblioteca pubblica<br />

Via G. Matteotti, 39 – <strong>Legnago</strong> • www.fondazione-fioroni.it<br />

Orari:<br />

dal lunedì al venerdì, 9.00-13.00, 15.00-17.30;<br />

domenica pomeriggio, 15.00-19.00.<br />

Offerta didattica:<br />

visite guidate per gruppi e scolaresche, percorsi tematici e<br />

laboratori didattici tematici (con particolare attenzione al periodo risorgimentale)<br />

per le scuole di ogni ordine e grado<br />

Per informazioni e prenotazioni si prega di contattare la segreteria didattica<br />

Tel. 0442.20052<br />

museo@fondazione-fioroni.it<br />

15


Foscolo ne Le ultime lettere di Jacopo Ortis, che decretò la cessione di buona<br />

parte del Veneto all’Austria, fissando il confine lungo il corso del fiume Adige<br />

e stabilendo che sia <strong>Verona</strong> che <strong>Legnago</strong>, entrambe tagliate a metà dal<br />

fiume, diventassero per intero austriache. Del resto <strong>nel</strong>le due città l’ingresso<br />

dei soldati asburgici, <strong>nel</strong> gennaio 1798, fu salutato con grandi manifestazioni<br />

di giubilo da una popolazione in buona parte esausta della spogliazione<br />

operata dai Francesi. L’insediamento dell’aquila bicipite comportò il ripristino<br />

<strong>nel</strong> <strong>Veronese</strong> di istituzioni che ricalcavano in sostanza quelle dell’epoca<br />

veneta e così la Municipalità fu abolita e venne sostituita dal Governo della<br />

Provveditoria.<br />

In principio fu l’idea<br />

Come è noto, né il Direttorio francese né Napoleone concepirono<br />

mai l’idea di unificare la penisola in un’unica<br />

compagine statuale. Ciò nonostante è innegabile che l’attività<br />

politica dei “proto-patrioti” italiani, seppur controllata<br />

e moderata dai Francesi, riuscì, soprattutto durante la<br />

prima dominazione, a concepire l’idea di una progressiva<br />

unità regionale. La Repubblica Cispadana prima e la Cisalpina<br />

poi rappresentarono un enorme passo in avanti per le<br />

speranze di chi aveva salutato Napoleone come un liberatore, speranze poi<br />

ampiamente disattese dalla decisione di firmare il trattato di Campoformio,<br />

sacrificando così buona parte del Veneto. Nello specifico anche in seno alla<br />

Municipalità democratica veronese maturò lentamente una duplice consapevolezza<br />

istituzionale. Da una parte si capì che il nuovo assetto politico<br />

scaligero non poteva esistere come unità singola, e dall’altra fu percepito dai<br />

governanti il bisogno di attuare relazioni con le altre municipalità. Queste<br />

nuove sensibilità politiche sono comprovate dallo svolgersi tra il maggio e<br />

il novembre 1797 di ben tre congressi ai quali parteciparono i rappresentanti<br />

di varie città del nord, un dato che aiuta a comprendere il fermento culturale<br />

in atto in quel periodo.<br />

<strong>Il</strong> trattato di Campoformio sembrava apparentemente aver risolto i nodi<br />

più spinosi della politica estera <strong>nel</strong> Veneto di Austria e Francia anche se in<br />

realtà aveva scontentato entrambe. All’inizio del 1799 gli Asburgici erano<br />

riusciti ad organizzarsi dal punto di vista militare concludendo una serie<br />

di alleanze in funzione antifrancese e aprendo un fronte in Italia assieme al<br />

generale russo Suwarow, approfittando del fatto che Napoleone si trovava<br />

in quel momento in Egitto. Le ostilità iniziarono <strong>nel</strong> veronese il 25 marzo da<br />

parte dei Francesi che attaccarono gli Austriaci in direzione di Bussolengo,<br />

<strong>Verona</strong> e <strong>Legnago</strong>; inizialmente le sorti del conflitto sembrarono arridere ai<br />

transalpini ma già il 30 marzo gli Austriaci furono in grado di sferrare una<br />

controffensiva supportata dai Russi che portò alla capitolazione delle armate<br />

francesi un po’ ovunque in Italia. Alla fine del 1799 i Francesi mantenevano<br />

soltanto la città di Genova.<br />

16


La seconda dominazione francese<br />

La conclusione della campagna d’Egitto con la conseguente<br />

nomina di Napoleone a primo console permise<br />

alla Francia di riorganizzare l’esercito. <strong>Il</strong> generale con<br />

al seguito una nuova armée tornò a valicare le Alpi attraverso<br />

il Gran San Bernardo <strong>nel</strong> maggio 1800. Una volta<br />

rientrato in Italia ottenne quasi subito un’importante vittoria<br />

sugli Austriaci <strong>nel</strong>la battaglia di Marengo, mentre<br />

un’altra battaglia, quella di Hohenlinden, permise a Napoleone<br />

di entrare in Lombardia e in Veneto, costringendo gli Austriaci all’armistizio<br />

di Treviso e successivamente alla pace di Lunéville <strong>nel</strong> febbraio 1801.<br />

Quest’ultimo trattato riconfermò le linee essenziali fissate con Campormio<br />

stabilendo che il confine tra la rinata Repubblica Cisalpina e l’Austria doveva<br />

tornare ad essere l’Adige; tuttavia le nuove deliberazioni previdero una<br />

novità rilevante per il territorio veronese dal momento che questa volta il<br />

confine avrebbe letteralmente tagliato in due <strong>Verona</strong> e <strong>Legnago</strong>, determinando<br />

un danno economico e civile enorme per le due cittadine e privando<br />

la pianura veneta dell’Adige <strong>nel</strong>la sua funzione di importante via di comunicazione.<br />

Lunéville diventò operativo solo a partire dal 7 aprile quando gli<br />

Austriaci entrarono in <strong>Verona</strong> da porta Vescovo, occupando la parte sinistra<br />

della città e ripristinando il Governo della Provveditoria. La parte destra del<br />

capoluogo scaligero entrò invece a far parte della Cisalpina e <strong>nel</strong>lo specifico<br />

del Dipartimento del Mincio.<br />

Fin da subito i Francesi si trovarono ad affrontare il problema dell’emigrazione<br />

clandestina di molti veronesi verso i territori austriaci dove l’esazione<br />

fiscale era più bassa. Le autorità napoleoniche cercarono quindi di dare<br />

maggior impulso al debole sistema industriale senza però ottenere risultati<br />

soddisfacenti data l’elevata tassazione e la perdita delle tratte commerciali<br />

verso i mercati del nord. Si impegnarono poi per risolvere il problema della<br />

corretta valutazione del censo, quello della revisione dei beni nazionali<br />

ed infine quello delle acque, soprattutto <strong>nel</strong>la pianura veronese. Un cenno<br />

merita anche la riorganizzazione del sistema giudiziario. Nel febbraio 1803 i<br />

Veronesi ottennero perlomeno di vedersi concessa l’autonomia da Mantova<br />

con l’istituzione del Circondario dell’Adige il cui territorio venne diviso in<br />

undici distretti.<br />

La divisione del capoluogo determinò anche una frattura <strong>nel</strong> clero veronese.<br />

In particolare l’allora vescovo Gian Andrea Avogadro da sempre ostile ai<br />

Francesi – che lo avevano pure inquisito dopo l’episodio delle Pasque veronesi<br />

– decise di lasciare la parte francese della città per ritirarsi in quella austriaca,<br />

spostandovi anche il seminario diocesano. L’ordinario, che si dimetterà<br />

<strong>nel</strong> 1807, prese sede a Monteforte, e la chiesa dei Santi Nazaro e Celso<br />

divenne cattedrale ad interim della <strong>Verona</strong> austriaca. Alla destra dell’Adige<br />

rimase, con il capitolo dei canonici, il vicario Gualfardo Ridolfi, probabilmente<br />

più ben visto dalle autorità transalpine.<br />

L’avvenimento politico più rilevante dopo la pace di Lunéville fu certamente<br />

17


quello rappresentato dai Comizi di Lione ai quali parteciparono circa cinquecento<br />

italiani e quattordici veronesi. Le novità decretate dai Comizi furono<br />

molte cominciando dal cambio di nome della Repubblica Cisalpina che<br />

divenne Italiana, ottenne una costituzione ed ebbe Napoleone stesso presidente.<br />

Dal punto di vista amministrativo importanti poteri vennero conferiti<br />

al prefetto che controllava anche l’attività dei consigli comunali, venne poi<br />

esteso a tutto il veronese un corpus legislativo che portò progressivamente<br />

alla fine dei numerosi privilegi goduti dal clero, dal patriziato e da molti<br />

comuni (si pensi alla vendita di numerosi beni che da secoli erano posseduti<br />

dalle comunità del territorio veronese).<br />

Le scelte di ridefinizione amministrativa plasmarono anche un nuovo assetto<br />

ecclesiastico della città e del territorio con la soppressione delle corporazioni<br />

religiose e la centralizzazione parrocchiale con cura d’anime. Mutarono<br />

anche gli assetti delle istituzioni culturali della città con la realizzazione di<br />

nuove politiche scolastiche e l’applicazione della normativa francese sulla<br />

realizzazione dei licei.<br />

La divisione politica del <strong>Veronese</strong> ebbe termine in seguito alla pace di<br />

Presburgo, firmata <strong>nel</strong> dicembre 1805, che stabilì nuovi assetti territoriali<br />

dopo le importanti vittorie francesi ad Ulma e ad Austerlitz. Tutto il Veneto<br />

fu incorporato al Regno d’Italia, nuova compagine statuale creata dalla<br />

Repubblica italiana proprio in quell’anno. In realtà, le truppe del generale<br />

Massena cacciarono gli Austriaci da <strong>Verona</strong> già <strong>nel</strong>l’ottobre 1805 ma la riunificazione<br />

della città venne sancita con un decreto solo <strong>nel</strong> marzo 1806: le<br />

ex provincie austriache furono trasformate in dipartimenti, conservandone<br />

in confini, mentre la parte veronese oltre il fiume venne aggregata al Dipartimento<br />

dell’Adige.<br />

Nel 1806, dopo la sconfitta di Trafalgar, una Francia non più in grado di contrastare<br />

il dominio inglese sui mari, decise di colpire la Gran Bretagna con<br />

un blocco continentale che avrebbe dovuto piegarne il commercio marittimo.<br />

Gli effetti sull’economia inglese però furono negativi solo in parte, mentre<br />

ne risentirono gravemente le relazioni commerciali del Regno d’Italia, coinvolgendo<br />

anche il <strong>Veronese</strong>, dal quale partivano prodotti tradizionalmente<br />

diretti ai mercati americani e inglesi.<br />

L’imposizione della fastidiosa leva obbligatoria, l’elevata pressione fiscale<br />

per far fronte alle continue guerre e le ricorrenti requisizioni militari portarono<br />

nuovamente i veronesi ad insorgere contro gli occupanti Francesi. Nel<br />

corso del 1809 l’onda delle insurrezioni che avvennero in altre provincie si<br />

estese al Dipartimento dell’Adige. Le rivolte ebbero quale obiettivo principale<br />

l’assalto dei municipi e l’incendio delle liste di leva oppure degli incartamenti<br />

dell’intendente di finanza, tutti episodi sedati dall’esercito francese.<br />

Nel corso del 1813 andò formandosi la sesta coalizione antinapoleonica che<br />

dopo alcune iniziali sconfitte riportò, <strong>nel</strong>l’ottobre, una vittoria schiacciante a<br />

Lipsia. Con l’esercito francese in rotta, gli Austriaci coordinarono un’operazione<br />

per invadere il Regno d’Italia e calare <strong>nel</strong> <strong>Veronese</strong> dove il vicerè Eugenio<br />

Napoleone fu costretto a capitolare <strong>nel</strong> febbraio 1814 lasciando <strong>Verona</strong> in<br />

mano alle truppe asburgiche.<br />

18


I luoghi del <strong>Risorgimento</strong><br />

Villafranca di <strong>Verona</strong> e il suo Museo del <strong>Risorgimento</strong><br />

Pochissime sono le città italiane che<br />

possono vantare il cospicuo primato<br />

che Villafranca ha avuto durante il periodo<br />

del <strong>Risorgimento</strong> sia per la sua posizione<br />

geografica a “ridosso” della linea<br />

del Mincio e quasi al centro della grande<br />

strada postale che univa <strong>Verona</strong> a Mantova,<br />

due delle maggiori città del Quadrilatero,<br />

che per gli importanti ospiti<br />

che si sono avvicendati tra le sue case, le<br />

sue strade, i suoi caffè, i suoi alberghi.<br />

Nel 1848 Villafranca fu sede del quartiere<br />

generale piemontese, sistemato presso<br />

l’albergo “<strong>Il</strong> Sole” che ospitò <strong>nel</strong>le<br />

sue stanze Carlo Alberto re di Sardegna<br />

e suo figlio Vittorio Emanuele, futuro re<br />

d’Italia, mentre dalla “torretta” di palazzo<br />

Gandini Morelli Bugna poi Bottagisio,<br />

in via Pace, il generale toscano Cesare de<br />

Laugier, l’eroe di Curtatone e Montanara,<br />

assisteva impotente alla sconfitta dei<br />

suoi ad opera degli austriaci a Custoza<br />

il 27 luglio.<br />

Nel 1859, Villafranca fu sede del quartiere<br />

generale austriaco e vi dimorò l’imperatore<br />

Francesco Giuseppe nei giorni<br />

che precedettero la sanguinosa battaglia<br />

di Solferino e San Martino del 24 giugno.<br />

L’11 luglio successivo l’incontro tra gli<br />

imperatori Francesco Giuseppe d’Austria<br />

e Napoleone III di Francia, avvenuto<br />

<strong>nel</strong>lo storico palazzo di via Pace, pose<br />

fine alla seconda guerra per l’Indipendenza<br />

nazionale. L’incontro, passato alla<br />

storia come la pace di Villafranca, fu il<br />

preludio all’unità d’Italia.<br />

<strong>Il</strong> 24 giugno 1866, durante la terza guerra<br />

di indipendenza, davanti alla città si<br />

sistemarono le truppe italiane che comprendevano<br />

anche la 16 a divisione di<br />

fanteria al comando del principe Umberto<br />

di Savoia. Attaccata dalla cavalleria<br />

imperiale la fanteria italiana si dispose<br />

in “quadrato” di battaglione. In uno di<br />

questi, il IV del 49° reggimento della brigata<br />

Parma, si rifugiò il principe Umberto<br />

futuro re d’Italia durante una furiosa<br />

carica della cavalleria austriaca la quale,<br />

a prezzo di pesanti perdite, non riuscì<br />

a rompere e a mettere in fuga la fanteria<br />

italiana. A ricordo dell’episodio, nei<br />

pressi dello stesso luogo, un monumento<br />

vi fu innalzato negli anni successivi.<br />

Questi gli avvenimenti, sempre vivi <strong>nel</strong>la<br />

memoria collettiva della comunità<br />

villafranchese, che portarono negli anni<br />

successivi alla costituzione di un museo<br />

destinato a raccogliere e a tramandare le<br />

testimonianze di quell’importante periodo<br />

della nostra storia nazionale.<br />

L’idea di costituire a Villafranca un<br />

museo del <strong>Risorgimento</strong> risale alla fine<br />

degli anni Cinquanta quando l’amministrazione<br />

comunale del tempo curò<br />

l’allestimento, presso la “casa del Trattato”,<br />

di una mostra di stampe, manifesti<br />

e cimeli storici avuta in prestito da un<br />

collezionista di Cavriana. <strong>Il</strong> 1959, primo<br />

centenario dello storico incontro tra<br />

i due imperatori Francesco Giuseppe I<br />

d’Austria e Napoleone III di Francia, risvegliò<br />

l’interesse per questo importante<br />

periodo storico e si prospettò l’occasione<br />

che anche Villafranca potesse vantare un<br />

proprio museo.<br />

Su proposta del sindaco Giovanni Marchi<br />

si progettò di rendere permanente<br />

l’esposizione allestita acquistandone<br />

il materiale dal proprietario. Acquisita<br />

l’anno successivo la collezione fu sistemata,<br />

in qualche modo, in alcuni locali<br />

attigui alla “sala del Trattato”, <strong>nel</strong>lo storico<br />

palazzo di via Pace di proprietà della<br />

famiglia Bottagisio. Per molti anni non<br />

19


Villafranca di <strong>Verona</strong>, Museo del <strong>Risorgimento</strong>.<br />

si pensò, per mancanza di locali idonei<br />

e ristrettezze di bilancio, di istituire un<br />

museo vero e proprio. <strong>Il</strong> materiale rimase<br />

a palazzo Bottagisio fino al 1981 quando,<br />

in occasione della prima mostra-mercato<br />

dell’antiquariato, fu imballato e riposto<br />

in alcuni locali del municipio.<br />

Passò ancora qualche anno prima che le<br />

stampe e l’altro materiale cartaceo fossero,<br />

a cura della Commissione museo<br />

e mostre della locale biblioteca, ripulite,<br />

restaurate, catalogate ed esposte al pubblico<br />

in una mostra tenutasi <strong>nel</strong>l’inverno<br />

1986/1987. Poi fu la volta della radicale<br />

pulizia e catalogazione delle armi e dei cimeli<br />

anch’essi esposti al pubblico in una<br />

mostra tenutasi <strong>nel</strong>l’inverno successivo.<br />

Contemporaneamente l’amministrazione<br />

comunale, con un’apposita delibera,<br />

destinò a museo la restaurata cantoria<br />

della chiesetta del Cristo adiacente al<br />

castello scaligero e provvide all’acquisto<br />

di vetrine e bacheche per una razionale<br />

esposizione dei reperti.<br />

Domenica 19 novembre 1989, con una<br />

cerimonia rimasta celebre per concorso<br />

di personalità e di pubblico, anche alla<br />

presenza dei consoli austriaco e francese,<br />

il Museo del <strong>Risorgimento</strong><br />

di Villafranca<br />

fu solennemente inaugurato<br />

e l’8 dicembre<br />

successivo ebbe l’onore<br />

di essere visitato dal<br />

presidente del Senato<br />

Giovanni Spadolini.<br />

Nelle ampie e luminose<br />

vetrine sono esposte<br />

armi, cimeli e stampe<br />

appartenenti agli opposti<br />

eserciti che combatterono<br />

le guerre<br />

per l’indipendenza e<br />

l’unità d’Italia. Vi sono<br />

conservati, inoltre,<br />

documenti e testimonianze<br />

dei volontari<br />

villafranchesi che presero<br />

parte, tra il 1848 e<br />

il 1866, alle patrie battaglie:<br />

62 uomini e una<br />

donna, Angela Aprili,<br />

vivandiera garibaldina.<br />

E ancora proclami<br />

e lettere della polizia<br />

austriaca, lettere della deputazione comunale<br />

di Villafranca e la dichiarazione<br />

di diserzione dall’esercito austriaco di<br />

Luigi Prina che con Luigi Zanini fu con<br />

i Mille di Garibaldi. Bella e ben conservata<br />

la camicia rossa e il berretto di un<br />

volontario garibaldino del 1866.<br />

Nel corso degli anni l’unico e ampio locale<br />

adiacente al castello, nonostante il<br />

buon numero di visitatori – soprattutto<br />

20


studenti – che lo visitava, metteva in luce<br />

l’esiguità degli spazi espositivi e molte<br />

furono le richieste per ampliarlo.<br />

Nel 2009, in occasione delle celebrazioni<br />

per il 150° anniversario della pace di Villafranca<br />

il museo è stato trasferito in tre<br />

stanze al piano terra della storica “Casa<br />

del Trattato”.<br />

È ritornato <strong>nel</strong>la sua sede naturale, <strong>nel</strong><br />

palazzo dov’è situata la saletta che <strong>nel</strong><br />

luglio del 1859 fu sede del convegno dei<br />

sovrani di due delle maggiori nazioni<br />

europee. Convegno che mise fine alla<br />

sanguinosa guerra di quell’anno e che<br />

l’avvenimento rese per sempre celebre.<br />

Nazario Barone<br />

Presidente del Comitato di gestione<br />

Museo del <strong>Risorgimento</strong> di Villafranca<br />

di <strong>Verona</strong><br />

Museo<br />

del <strong>Risorgimento</strong><br />

Palazzo Bottagisio<br />

Via della Pace, Villafranca di <strong>Verona</strong><br />

Orari:<br />

sabato e domenica pomeriggio, 15.00-19.00;<br />

la seconda domenica di ogni mese, 10.00-12.00.<br />

Possibilità di visite guidate per gruppi e scolaresche<br />

Per informazioni e prenotazioni si prega di contattare la Biblioteca Comunale di Villafranca<br />

Tel. 045.7092901<br />

biblioteca@comune.villafranca.vr.it<br />

21


Austria Felix<br />

Nell’aprile 1814 Napoleone Bonaparte, dopo essere<br />

stato attaccato e quindi sconfitto dalle forze della<br />

sesta coalizione, si trovò costretto ad abdicare e a prendere<br />

la via dell’esilio all’isola d’Elba. <strong>Il</strong> primo novembre<br />

dello stesso anno i principali regnanti europei si riunirono<br />

a Vienna in un importante congresso internazionale<br />

che avrebbe dovuto ridisegnare l’assetto geopolitico del<br />

vecchio continente secondo due principi: riaffermare la<br />

legittimità degli antichi sovrani e delle antiche istituzioni presenti prima<br />

della “bufera” rivoluzionaria e creare un sistema di rapporti in grado di<br />

assicurare un equilibrio che scoraggiasse in futuro iniziative come quella<br />

napoleonica.<br />

<strong>Il</strong> principio per così dire “legittimista” non valse però ovunque, in particolare<br />

subì una deroga rilevante <strong>nel</strong> caso della Repubblica di Venezia che<br />

venne sacrificata per lasciar posto ad un nuovo stato, il regno Lombardo-<br />

Veneto, compagine satellite dell’impero asburgico con una ristretta autonomia<br />

politica e amministrativa.<br />

Per i Veronesi si trattò dunque semplicemente di cambiare governante anche<br />

se quello nuovo, l’aquila bicipite, venne accolto ovunque con grandi<br />

manifestazioni di entusiasmo da parte della popolazione, già dimentica<br />

dei fasti della gloriosa Repubblica e meno che mai appassionata ai valori<br />

nazionali del miglior patriottismo nostrano ma più semplicemente paga di<br />

essersi definitivamente liberata degli odiati Francesi.<br />

A onor del vero, i nuovi dominanti si presentarono con una serie di biglietti<br />

da visita piuttosto accattivanti: ad esempio la riduzione di circa<br />

un terzo della tassa personale e di quella sul prezzo del sale, oppure la<br />

dilazione sul pagamento dell’imposta fondiaria con la possibilità di una<br />

futura diminuzione ed infine l’eliminazione di ogni dazio sul sorgo importato<br />

dall’estero. Negli anni successivi furono poi previste misure di<br />

carattere straordinario come l’occupazione di manodopera nei vari lavori<br />

pubblici, in particolare relativi alle fortificazioni delle principali piazzeforti<br />

che comportarono ad esempio a <strong>Verona</strong> l’impiego di quasi 7.000<br />

operai con salari mediamente più elevati rispetto a quelli dei braccianti<br />

agricoli.<br />

Di fondamentale importanza fu anche il positivo atteggiamento nei confronti<br />

della Chiesa cattolica in grande discontinuità con il periodo francese;<br />

il clero riacquisì parecchi degli antichi privilegi, molti corpi ecclesiastici<br />

furono ricostituiti e molte chiese riaperte.<br />

E così, soddisfatta per il nuovo corso, <strong>Verona</strong> accolse trionfalmente il feldmaresciallo<br />

Heinrich Johann Bellegarde, nuovo governatore, il 12 marzo<br />

festeggiò il compleanno dell’imperatore Francesco I e <strong>nel</strong>l’ottobre il suo<br />

onomastico; durante il 1816 invece i festeggiamenti per la visita della coppia<br />

reale dovettero lasciare il posto al cordoglio per la morte dell’imperatrice<br />

Maria Ludovica.<br />

22


Opposizione municipalistica e opposizione patriottica<br />

Nonostante non si possano riscontrare <strong>nel</strong> <strong>Veronese</strong> reali o consistenti<br />

forme di opposizione ideologizzata almeno fino alla metà degli anni<br />

Trenta, è pur vero che le pieghe della storia, se indagate adeguatamente, restituiscono<br />

una realtà leggermente più complessa.<br />

L’insediamento degli Austriaci in città e in provincia non risultò infatti del<br />

tutto indolore poiché le imponenti guarnigioni militari destinate alle maggiori<br />

piazzeforti, e quindi non solo <strong>Verona</strong> ma anche Peschiera e <strong>Legnago</strong>,<br />

almeno <strong>nel</strong>l’immediato, produssero conseguenze non del tutto diverse da<br />

quelle del passato. Peraltro, parte della nobiltà veronese, che si era opposta<br />

indifferentemente tanto alle ingerenze veneziane quanto a quelle francesi,<br />

diffidò anche delle promesse austriache: un rappresentante importante di<br />

questa corrente di pensiero fu il nobile Francesco Cavazzocca Mazzanti il<br />

quale <strong>nel</strong>le sue memorie scrisse in termini eloquenti: «requisizioni di ogni<br />

natura hanno flagellato sinora questo povero territorio. Le campagne vuote<br />

di tutto per la lunga generale stazione di truppe […] Paesani bastonati e spaventati<br />

[…]. La città è in disperazione».<br />

Nei mesi successivi, secondo i rapporti informativi di polizia, ogni categoria<br />

sociale <strong>nel</strong> <strong>Veronese</strong> aveva di che lamentarsi: le classi popolari rifiutavano ad<br />

esempio il provvedimento della leva obbligatoria imposta dagli Asburgici a<br />

partire dal 1815, la nobiltà lamentava l’eccessiva tassazione e il fatto di essere<br />

tenuta in scarsa considerazione dai nuovi sovrani che spesso dimenticavano<br />

i privilegi e le prerogative dell’aristocrazia veronese. Del clero erano invece<br />

gli Austriaci ad essere diffidenti, in linea con la loro tradizione politica di giurisdizionalismo<br />

e di controllo delle istituzioni ecclesiastiche, considerandolo<br />

troppo poco “austriacante” ed eccessivamente legato al pontefice romano.<br />

Un’opposizione ideologicamente più strutturata, a <strong>Verona</strong> come altrove, bisogna<br />

ricercarla in questi primi anni della Restaurazione negli ambienti degli<br />

ex funzionari napoleonici e degli ex affiliati alla massoneria, diffusa anche in<br />

provincia, e poi successivamente in seno alla neonata carboneria. A partire<br />

già dal 1814, per colpire soprattutto il loro mercato clandestino delle opere<br />

a stampa si era andata irrigidendo la censura, alla quale provvedevano due<br />

funzionari particolarmente attenti a tutte quelle pubblicazioni riguardanti il<br />

periodo francese e la rivoluzione.<br />

Per il resto, la vivacità intellettuale della società veronese fu animata in<br />

questo periodo dall’azione patriottica e carbonara di Anna da Schio Serego<br />

Alighieri, di origine vicentina, che <strong>nel</strong>la città scaligera aveva costruito una<br />

rete di frequentazioni che coinvolgeva esponenti del mondo liberale, della<br />

massoneria e della carboneria; in particolare approfondì molto i rapporti, almeno<br />

fino al 1822, con Camillo Ugoni, carbonaro bresciano in contatto con i<br />

federati milanesi. In seguito, al cenacolo di intellettuali scaligeri si unì anche<br />

Pietro Emilei. <strong>Il</strong> testimone ideale di Anna, morta <strong>nel</strong> 1829, fu raccolto dalla<br />

figlia Maria attiva sia a <strong>Verona</strong> sia, successivamente, a Bologna dove si era<br />

trasferita col marito.<br />

<strong>Il</strong> ristretto ma variegato quadro degli oppositori al principio degli anni ’30 si<br />

23


arricchì delle prime infiltrazioni mazziniane avvenute <strong>nel</strong> Veneto già durante<br />

il 1831, anno di nascita della Giovine Italia il cui motto, “Dio e Popolo”,<br />

preludeva ad un programma chiaro ed essenziale: unire tutti gli stati Italiani<br />

in un’unica repubblica indipendente. Anche in questo caso <strong>Verona</strong> non brillò<br />

per un’intensa attività clandestina ed infatti i nomi da ricordare si riducono<br />

a due: Andrea Simeoni, costretto comunque a scegliere la via dell’esilio svizzero<br />

e Giovanni Vincenti, arrestato e mandato allo Spielberg dove morì il 21<br />

marzo 1845.<br />

Un Papa alla guida della rivoluzione?<br />

Nonostante questi piccoli segnali di dissenso, o i più diffusi motti di insoddisfazione<br />

descritti finora, è un dato di fatto che il sentimento pubblico<br />

veronese negli anni che vanno dal 1814 al 1846 fu abbastanza favorevole agli<br />

Austriaci. Come sempre, quando si cerca di valutare la “temperatura sociale”<br />

di una grande massa di persone che non ha lasciato tracce del proprio<br />

pensiero è difficile affermare se si trattò di silenzioso adattamento o adesione<br />

convinta al nuovo corso; sta di fatto che in provincia non si registrarono disordini<br />

o particolari episodi di dissenso nemmeno in concomitanza ai moti<br />

del 1820-1821 e, successivamente, a quelli del 1830-1831.<br />

<strong>Il</strong> 1846 è però l’anno <strong>nel</strong> quale questa linea di tendenza subisce un arresto improvviso.<br />

Nel giugno venne eletto papa il cardinale Giovanni Maria Mastai<br />

Ferretti con il nome di Pio IX il quale, come è noto, poco tempo dopo attuò<br />

una serie di riforme politiche di ampio respiro in grado di infiammare gli<br />

animi dei liberali italiani. <strong>Il</strong> 16 luglio il nuovo pontefice concedette l’amnistia<br />

ai detenuti politici e agli esiliati, annunciando anche l’istituzione di commissioni<br />

di studio per l’introduzione di riforme istituzionali. Nel marzo 1847<br />

attenuò la censura sulle pubblicazioni di carattere politico e istituì una Consulta<br />

di Stato, un importante organismo consultivo, creato <strong>nel</strong>l’aprile dello<br />

stesso anno.<br />

A <strong>Verona</strong>, così come in tutta Italia, non furono pochi coloro che accolsero<br />

l’elezione di Pio IX con enorme soddisfazione. Lo storico Raffaele Fasanari<br />

non a caso ebbe modo di scrivere che solo dopo questo evento cominciò «una<br />

concorde e collettiva agitazione degli spiriti che accomuna gradualmente liberali<br />

e cattolici, ricchi e poveri, rivoluzionari e moderati». L’adesione ideale<br />

di alcuni cattolici liberali fu sicuramente il tratto nuovo che si impose<br />

alla metà degli anni ’40 e in questo senso le memorie del sacerdote Leopoldo<br />

Stegagnini, che ricevette la notizia dell’elezione del nuovo papa mentre<br />

si trovava a Venezia, sono un ottimo strumento per intuire il clima di quei<br />

giorni: «eccoti il telegramma che annuncia la morte di Papa Gregorio XVI»<br />

scrisse Stegnagnini «e, subito dopo, l’elezione di Mastai col nome di Pio IX.<br />

Era istinto, era presentimento, non so, ma quella nomina destò le più belle e<br />

vive speranze: del Mastai si ricordava qualche bel tratto quando gli Austriaci,<br />

occupata la Romagna, si accostavano a Imola. Aveva saputo tenerli fuori,<br />

essendo vescovo di essa città. Bastava perché si proclamasse poco benevolo<br />

24


allo straniero». Per Stegagnini quell’elezione aveva scatenato una «scintilla<br />

elettrica che scosse prima l’Italia, poi l’Europa, per non dire tutto il mondo<br />

civile».<br />

Tra le voci entusiastiche che si levarono a <strong>Verona</strong> in seguito all’elezione di Pio<br />

IX è necessario segnalare almeno quelle dei poeti che composero odi in suo<br />

onore e tra questi il conte Pietro Emilei, Vittorio Merighi, Aleardo Aleardi ed<br />

infine una donna Caterina Bon Brenzoni che dopo la partenza da <strong>Verona</strong> di<br />

Maria Serego Alighieri aveva raccolto l’eredità del suo salotto, frequentato<br />

fra gli altri dall’Aleardi e dal Messedaglia. Un accenno meritano anche altre<br />

esperienze, come quella di Costantino Ca<strong>nel</strong>la, nato a <strong>Verona</strong> ma trasferitosi<br />

a <strong>Legnago</strong> <strong>nel</strong> 1837 per svolgervi la professione di medico, che <strong>nel</strong>le sue<br />

memorie tracciò un vivace affresco dell’entusiasmo determinato dalle novità<br />

introdotte da Pio IX <strong>nel</strong> suo Stato: un trasporto diffusosi soprattutto tra i giovani<br />

che tra il 1847 e il 1848 decisero di intraprendere viaggi <strong>nel</strong>le principali<br />

città delle Legazioni, cosa che fece anche lui, per provare una libertà sconosciuta<br />

<strong>nel</strong> Lombardo-Veneto.<br />

<strong>Verona</strong>: la bella addormentata del Lombardo-Veneto<br />

La “primavera dei popoli” ebbe l’Italia quale indiscussa protagonista iniziale.<br />

La rivoluzione scoppiò a Palermo, contagiò pian piano le altre città<br />

della penisola dove la pressione popolare costrinse i regnanti a concedere<br />

statuti e riforme liberali ed infine deflagrò nuovamente a Parigi e a Vienna.<br />

Quest’ultima insurrezione ebbe ripercussioni dirette sul Lombardo-Veneto:<br />

approfittando del temporaneo vuoto di potere, in breve tempo insorsero le<br />

due principali città, Milano e Venezia, seguite poi da tutte le altre.<br />

E <strong>Verona</strong>? <strong>Il</strong> 1848 veronese è sintetizzabile in poche righe: il 18 di marzo<br />

giunse da Milano, da dove era fuggito a causa dell’insurrezione popolare, il<br />

vicerè Ranieri Giuseppe d’Asburgo Lorena che subito prese alloggio all’albergo<br />

Due Torri; <strong>nel</strong> pomeriggio si radunò una folla inneggiante a Pio IX e<br />

alla libertà che dopo aver manifestato in piazza delle Erbe e in piazza dei<br />

Signori si diresse verso l’alloggio del vicerè; dopo tre ore di dimostrazione<br />

un grosso temporale disperse la folla e annacquò definitivamente la forza<br />

propulsiva della rivoluzione scaligera.<br />

Si è molto discusso sul grado di “sonnolenza” che pervadeva la società veronese<br />

e sul moderatismo che contraddistinse gli uomini di ispirazione liberale<br />

che si incaricarono di guidare la folla come cause primarie del venir meno di<br />

una possibile insurrezione a <strong>Verona</strong>. Di fatto i Veronesi non erano stati preparati<br />

alla sommossa: erano privi di capi capaci di combattere e in grado di<br />

guidarla <strong>nel</strong>l’unico frangente <strong>nel</strong> quale questa avrebbe avuto reali possibilità<br />

di successo, visto lo sbandamento del comando austriaco che in ogni caso<br />

riuscì a far sempre mantenere alla propria guarnigione un atteggiamento<br />

non aggressivo per evitare che la protesta degenerasse. La mattina del 19<br />

venne istituita una commissione civica che finì però per agire in accordo con<br />

il comando austriaco, convinta che quest’ultimo avrebbe comunque conces-<br />

25


so maggiori libertà. In questo modo il vicerè ottenne del tempo imbrigliando<br />

le spinte più rivoluzionarie, che anche a <strong>Verona</strong> esistevano, grazie all’azione<br />

moderata della commissione.<br />

Dopo il 20 marzo gli Austriaci ridefinirono le loro strategie e rinforzarono le<br />

fortificazioni; il 28 entrava in città la colonna del generale Costantino D’Aspre<br />

in fuga da Padova insorta, dando inizio ad un’imponente concentrazione di<br />

truppe <strong>nel</strong> Quadrilatero che sarebbe terminata il primo aprile con l’arrivo del<br />

feldmaresciallo Radetzky, quest’ultimo, due giorni dopo scioglieva la guardia<br />

civica e proclamava lo stato d’assedio ponendo definitivamente fine a<br />

qualsiasi velleità rivoluzionaria.<br />

Parzialmente diverso fu quello che accadde all’interno della fortezza di <strong>Legnago</strong>.<br />

Quando giunse la notizia della liberazione di Venezia una commissione<br />

di cittadini capeggiati dal “Manin” della bassa Costantino Ca<strong>nel</strong>la si<br />

recò dal comando austriaco e trovandolo completamente in balia degli eventi<br />

prese il controllo della città. L’esperienza legnaghese risultò però troppo<br />

isolata dalle altre città insorte con le quali Ca<strong>nel</strong>la non riuscì a creare dei collegamenti.<br />

I patrioti legnaghesi finirono mestamente spazzati via dall’arrivo<br />

di uno squadrone di cavalleria croato inviato dallo stesso Radetzky che in<br />

breve riportò il controllo austriaco <strong>nel</strong>la fortezza e si abbandonò alla razzia<br />

del vicino paese di Bevilacqua e del suo castello.<br />

Inizia la guerra<br />

Mentre <strong>Verona</strong> scivolava lentamente dentro il più ferreo controllo asburgico<br />

Carlo Alberto di Savoia decise di rompere gli indugi e di intervenire<br />

<strong>nel</strong> Lombardo-Veneto dichiarando guerra all’Austria il 23 marzo 1848. Tre<br />

giorni dopo entrava trionfante in una Milano già liberata e incassava anche il<br />

sostegno dei vari regnanti italiani che inviarono contingenti regolari e volontari<br />

verso il nord per prendere parte a quella che assomigliava sempre più ad<br />

una guerra di liberazione nazionale e per di più benedetta dal papa. Questo<br />

stato di cose durò fino al 29 aprile quando proprio Pio IX, ampiamente esortato<br />

da Vienna, pronunciò il ‘grande rifiuto’ e ritirò i suoi militi.<br />

Dal punto di vista strettamente militare, anche se la guerra venne dichiarata<br />

con notevole ritardo, iniziò comunque in maniera positiva con una serie di<br />

vittorie importanti da parte dei Piemontesi. Una volta in prossimità del Mincio<br />

e del Quadrilatero, il comando sabaudo mise a punto un piano d’azione<br />

che prevedeva in sostanza l’assedio di Peschiera e un non meglio definito<br />

colpo di mano su <strong>Verona</strong>. Per liberare la cittadina lacustre bisognava però<br />

prima assicurarsi la posizione di Pastrengo dove avvenne la famosa carica a<br />

cavallo dei carabinieri che travolse gli Austriaci. Ben più rilevante, soprattutto<br />

per i suoi infruttuosi e controversi esiti, fu la vittoriosa battaglia di S. Lucia<br />

del 6 maggio, in seguito alla quale Carlo Alberto – constatato che dall’interno<br />

della fortezza di <strong>Verona</strong> non arrivava nessun cenno di sommossa e che gli<br />

Austriaci non avevano intenzione di uscire per scontrarsi in campo aperto<br />

– decise di ritirare l’esercito e di non forzare l’assedio su <strong>Verona</strong> compromet-<br />

26


tendo di fatto le sorti della guerra e permettendo agli Austriaci di ottenere<br />

tempo prezioso per riorganizzarsi. A nulla valse poi la presa di Peschiera<br />

avvenuta il 30 maggio. L’indecisione militare di Carlo Alberto ebbe un esito<br />

infelice dal momento che alla fine di luglio gli Asburgici furono in grado di<br />

sferrare un attacco decisivo contro i Piemontesi che vennero sconfitti a Custoza<br />

il 22 luglio e ricacciati verso Milano.<br />

<strong>Il</strong> <strong>Veronese</strong> era stato teatro anche di uno degli episodi di violenza austriaca<br />

in assoluto tra i più gravi ed efferati del <strong>Risorgimento</strong>. La notte tra il 9 e il 10<br />

aprile, a guerra in corso, circa 450 volontari italiani approdarono a Cisano<br />

di Bardolino da dove decisero un colpo di mano su di una polveriera posta<br />

tra Peschiera e Castelnuovo; venuti a sapere che proprio a Castelnuovo si<br />

intrattenevano circa cento soldati austriaci intenti a foraggiare, gli Italiani<br />

piombarono sul paese e li disarmarono. A quel punto decisero di passare la<br />

notte in paese.<br />

Quando il comando di <strong>Verona</strong> venne a conoscenza del fatto inviò subito sul<br />

posto un notevole numero di soldati al comando del generale Thurn und<br />

Taxis col compito di riportare l’ordine e di punire in maniera esemplare sia<br />

i patrioti sia i Castelnovesi. <strong>Il</strong> generale diede carta bianca ai propri soldati<br />

che riconquistarono la cittadina casa per casa e, dopo che i volontari italiani<br />

furono fuggiti, si abbandonarono ad azioni di rappresaglia che alla fine lasciarono<br />

sul terreno più di 40 morti tra i civili.<br />

La seconda Restaurazione<br />

Come si è visto, il bilancio finale del 1848 veronese non fu per nulla positivo.<br />

La rivoluzione si era spenta sul nascere poiché aveva solleticato<br />

le fantasie soltanto dei pochi patrioti liberali presenti in città ma non aveva<br />

convinto del tutto la massa popolare che, a differenza delle altre piazze del<br />

Lombardo-Veneto, non seppe o non volle sollevarsi a tempo debito. E così,<br />

mentre <strong>nel</strong> resto del nord infuriavano gli eventi, a <strong>Verona</strong> e in tutto il Quadrilatero<br />

già dall’inizio di aprile Radetzky aveva ripreso saldamente il controllo<br />

militare e da lì in poi affrontò la guerra prima con circospezione e poi con<br />

un’aggressività risolutiva a Custoza e a Novara.<br />

Se <strong>Verona</strong> si era arresa senza combattere è pur vero che <strong>nel</strong> resto d’Italia<br />

le cose non andarono molto meglio per il rissoso movimento nazionale <strong>nel</strong><br />

quale tutti indistintamente, dai mazziniani ai cattolici liberali, finirono sconfitti<br />

e delusi.<br />

L’Austria, dopo aver definitivamente piegato il Piemonte e spezzato la resistenza<br />

di Venezia, ne approfittò per consolidare ulteriormente il proprio<br />

controllo diretto e indiretto sul nord della penisola, anche se fu <strong>nel</strong> Lombardo-Veneto<br />

che maggiormente si fece sentire il giogo delle armi imperiali con<br />

lo stato d’assedio imposto fino al 1857. Ai militari venne affidato il compito<br />

di riportare l’ordine <strong>nel</strong>le indisciplinate province italiane e per farlo il primo<br />

passo doveva essere giocoforza la punizione esemplare di chi aveva tradito<br />

cospirando o sollevandosi contro l’aquila bicipite: <strong>nel</strong> giro di un anno,<br />

27


dall’agosto 1848 all’agosto 1849 furono eseguite ben 961 impiccagioni e fucilazioni<br />

e comminate 4.000 condanne al carcere per cause politiche.<br />

Radetzky si convinse in quell’occasione, e su questo Vienna era d’accordo,<br />

che i principali responsabili della rivoluzione, i capi carismatici, appartenessero<br />

alle élites borghesi e nobiliari e proprio su queste, a scopo punitivo,<br />

decise di riversare il peso economico del mantenimento dell’esercito attraverso<br />

l’imposizione di nuove tasse speciali. In seguito, dopo aver constatato<br />

che molti patrioti erano fuggiti lasciando il Lombardo-Veneto, si passò alla<br />

confisca dei loro beni e delle loro proprietà. Con la sua politica punitiva<br />

nei confronti dei ceti abbienti il feldmaresciallo ottenne soltanto l’effetto di<br />

acuire il loro risentimento verso l’Austria, senza riuscire mai ad accattivarsi<br />

completamente il mondo contadino in parte colpito dal rinnovo delle liste<br />

di leva. <strong>Il</strong> governo austriaco ricercò consensi anche attraverso uno dei più<br />

importanti interventi di politica territoriale che il <strong>Veronese</strong> avesse mai conosciuto,<br />

destinato però a partire qualche anno più tardi, e cioè la bonifica<br />

delle Valli Grandi alla quale il governo stesso partecipò anticipando il 10%<br />

della spesa totale.<br />

Dal punto di vista militare il Quadrilatero, durante il corso della guerra,<br />

dimostrò tutta la propria compattezza, malgrado i Piemontesi fossero giunti<br />

senza ostacoli fino alle porte di <strong>Verona</strong> e questo non poteva non rappresentare<br />

un segnale d’allarme rilevante per l’esperto feldmaresciallo austriaco.<br />

Fu quindi disposta la riapertura dei cantieri e la ripresa del piano Sholl per<br />

la costruzione di un campo trincerato a <strong>Verona</strong>, con un imponente sistema<br />

di forti esterni che avevano il compito di bloccare l’avanzata di un esercito<br />

nemico molto prima che questo arrivasse a distanza di tiro dalla cinta<br />

magistrale; allo stesso tempo furono rinforzate le fortezze di Peschiera e di<br />

Mantova.<br />

I patrioti si riorganizzano: il Comitato democratico veronese<br />

Giuseppe Mazzini fu tra i primi a riprendere l’attività cospirativa, dopo<br />

il grave fallimento del ’48 e della Repubblica romana. Dal suo esilio di<br />

Londra aveva istituito un Comitato nazionale in collegamento diretto con<br />

la Svizzera e da lì con il Lombardo-Veneto. <strong>Il</strong> nuovo comitato mazziniano<br />

promosse un prestito nazionale di 10 milioni di Lire da ottenersi mediante<br />

la vendita di cartelle ai vari patrioti sparsi sul territorio italiano.<br />

A <strong>Verona</strong> dopo il 1849 le sparute forze del patriottismo liberale presero a<br />

riunirsi intorno alla libreria di Domenico Cesconi in via Leoni, dove si davano<br />

spesso appuntamento Carlo Montanari, Giulio Faccioli e Aleardo Aleardi.<br />

Cesconi era in rapporti con Luigi Dottesio, figura emblematica della<br />

Tipografia Elvetica di Capolago (sul lago di Lugano) – che pubblicò la collana<br />

dei Documenti della guerra santa d’Italia, un’organica raccolta di opere che<br />

avrebbero ricordato ed esaltato l’eroico biennio 1848-1849 – e proprio con<br />

lui si incontrò <strong>nel</strong> gennaio e <strong>nel</strong>l’agosto 1850.<br />

L’opera di Dottesio, fino al suo arresto avvenuto <strong>nel</strong> gennaio 1851, fu molto<br />

28


I luoghi del <strong>Risorgimento</strong><br />

L’Ossario di Custoza<br />

L<br />

’Ossario di Custoza conserva le<br />

spoglie dei soldati morti <strong>nel</strong>le celebri<br />

battaglie del 1848 e del 1866. <strong>Il</strong><br />

monumento fu costruito per volontà<br />

del parroco di Custoza don Gaetano<br />

Pivatelli, che ottenne da Umberto I re<br />

d’Italia e dall’imperatore Franz Joseph<br />

l’appoggio a raccogliere insieme<br />

le spoglie dei morti austriaci ed italiani<br />

in pietosa commemorazione e<br />

in segno di pacificazione tra i popoli<br />

una volta nemici.<br />

Come scrive il cavalier Renato Adami,<br />

cittadino sommacampagnese con<br />

la passione della storia locale, «don<br />

Pivatelli, spronato da un fraterno<br />

sentimento di pietà, sentì come una<br />

missione il dovere di raccogliere in<br />

maniera più decorosa, in un luogo<br />

più appropriato, quelle misere spoglie».<br />

Pivatelli «scrisse perfino al re<br />

Vittorio Emanuele II, e all’imperatore<br />

Francesco Giuseppe d’Austria,<br />

affinché si degnassero di concorrere<br />

all’erezione di un mausoleo, degno<br />

di accogliere i resti mortali di tutti i<br />

caduti <strong>nel</strong>le battaglie di Custoza del<br />

1848 e 1866, anche se di popoli diversi.<br />

Scrisse a vari giornali. La proposta<br />

trovò notevole consenso. <strong>Il</strong> giornale<br />

l’Arena iniziò una sottoscrizione».<br />

La nascita dell’Ossario<br />

di Custoza fu molto sentita per<br />

il suo alto valore simbolico di<br />

unificazione <strong>nel</strong>la compassione<br />

e <strong>nel</strong>la memoria per i caduti di<br />

entrambi gli schieramenti. Alcune<br />

delle personalità più influenti<br />

della cultura veronese parteciparono<br />

attivamente al percorso<br />

che portò alla costruzione del<br />

monumento. Nel 1875 fu costituito<br />

un comitato promotore presieduto<br />

da Giulio Camuzzoni, senatore<br />

e sindaco di <strong>Verona</strong>. Membri del comitato<br />

furono il poeta veronese Aleardo<br />

Aleardi , il senatore e presidente<br />

dell’Accademia dei Lincei Angelo<br />

Messedaglia ed il generale Giuseppe<br />

Salvatore Pia<strong>nel</strong>l distintosi <strong>nel</strong>la battaglia<br />

di Custoza del 1866.<br />

<strong>Il</strong> giornale ‘L’Arena’ promosse una<br />

sottoscrizione e fu indetto un concorso<br />

di idee vinto dall’architetto Giacomo<br />

Franco. L’Ossario fu costruito<br />

in sedici mesi e venne solennemente<br />

inaugurato il 24 giugno 1879 alla<br />

presenza del duca d’Aosta.<br />

Per la sua particolarità di custodire<br />

indistintamente le spoglie dei caduti<br />

appartenenti ai diversi eserciti che<br />

si scontrarono <strong>nel</strong>le battaglie risorgimentali,<br />

l’Ossario di Custoza può<br />

essere definito un vero e proprio monumento<br />

europeo. È a Custoza che<br />

l’Europa, un tempo terra di scontro<br />

tra poteri e culture, trovò una delle<br />

sue prime e più importanti rappresentazioni<br />

simboliche di quella unità<br />

<strong>nel</strong>la diversità che oggi costituisce il<br />

motto dell’Unione Europea.<br />

Ossario di Custoza, particolare dell’iscrizione dedicatoria.<br />

29


importante per ricompattare i patrioti veronesi e per metterli in collegamento<br />

con gli altri comitati del Lombardo-Veneto e della Svizzera, in un periodo<br />

di relazioni clandestine piuttosto intense.<br />

Come ebbe modo di ricordare il citato Fasanari, con l’arresto di Luigi Dottesio<br />

«si apre un nuovo periodo per la storia patriottica di <strong>Verona</strong>, il periodo<br />

cioè degli arresti, delle prigioni e delle condanne». Solo un preludio dunque<br />

a quello che accadrà <strong>nel</strong> biennio successivo.<br />

Nel corso del 1850 il gruppo veronese che gravitava attorno alla libreria di<br />

Cesconi andò consolidandosi giungendo, verso la fine dell’anno, alla costituzione<br />

del Comitato democratico <strong>nel</strong> quale primeggiavano le figure di<br />

Domenico Cesconi, Giulio Faccioli, Giuseppe Maggi e Carlo Montanari. <strong>Il</strong><br />

comitato veronese rappresentava una costola di quello mantovano, animato<br />

da don Enrico Tazzoli e intimo conoscente di Montanari, e di questo aveva<br />

assunto anche gli indirizzi politici generali improntati al mazzinianesimo<br />

repubblicano.<br />

Scatta la repressione<br />

La rete di collegamenti e di relazioni clandestine <strong>nel</strong> Lombardo-Veneto<br />

aveva assunto ormai proporzioni troppo rilevanti per rimanere nascosta<br />

alla polizia austriaca che dopo 1848 aveva moltiplicato le proprie forze<br />

d’intelligence sul territorio.<br />

L’inizio dell’operazione che portò allo smantellamento dei comitati mazziniani<br />

di Mantova, <strong>Verona</strong> e Venezia avvenne grazie alla scoperta casuale<br />

di una cartella del prestito trovata in casa di Luigi Pesci a Castiglione delle<br />

Stiviere. Attraverso la confessione di Pesci si arrivò a don Tazzoli che teneva<br />

in casa un registro cifrato con i nomi di tutti i contraenti del prestito. La<br />

polizia austriaca ci mise del tempo per decriptare il registro di don Tazzoli<br />

che mantenne a lungo un contegno esemplare durante gli interrogatori. Lo<br />

stesso non fecero altri fermati e così, pedina dopo pedina, vennero scoperti<br />

tutti i principali esponenti dei due comitati tra i quali i veronesi Domenico<br />

Cesconi, Giulio Faccioli e, successivamente, Carlo Montanari, Giuseppe<br />

Maggi e Gerolamo Caliari.<br />

Ci volle parecchio tempo perché gli arrestati cedessero ma alla fine si piegarono<br />

e gli Austriaci ottennero le loro confessioni. <strong>Il</strong> 4 dicembre 1852 venne<br />

pubblicata a Mantova la prima sentenza del processo contro dieci imputati.<br />

<strong>Il</strong> legnaghese Angelo Scarsellini che da tempo agiva presso il comitato veneziano<br />

fu condannato a morte, il veronese Faccioli condannato a dodici<br />

anni di carcere.<br />

Successivamente venne condannato a morte anche Montanari, mentre Cesconi<br />

ebbe dodici anni di carcere e Caliari dieci. L’ultima sentenza, del 19<br />

marzo, condannava a morte il legnaghese Pier Domenico Frattini che da<br />

tempo viveva a Mantova. Maggi usufruì invece del decreto di amnistia<br />

che arrivò lo stesso 19 marzo poco dopo l’esecuzione della condanna di<br />

Frattini.<br />

30


Nasce il Regno d’Italia<br />

Le impiccagioni di Mantova rappresentarono uno<br />

dei momenti più tragici del dominio austriaco <strong>nel</strong><br />

Lombardo-Veneto e segnarono profondamente l’immaginario<br />

popolare. Di ciò si rese conto quasi subito<br />

anche lo stesso governo imperiale che a partire dal<br />

1856 tentò una risposta distensiva. Venne disposta<br />

un’amnistia politica e la cessazione del controllo militare<br />

esercitato da Radetzky con l’invio <strong>nel</strong> corso del<br />

1857, in qualità di nuovo viceré, del fratello dell’imperatore, l’arciduca Massimiliano<br />

d’Asburgo, uomo moderato e avveduto.<br />

Nel frattempo però la grande storia proseguiva il proprio corso fuori dai confini<br />

veronesi. Una sera di gennaio del 1858 l’italiano Felice Orsini, patriota di<br />

antica data, assieme ad altri tre congiurati lanciò alcune bombe all’indirizzo<br />

del nuovo imperatore di Francia Napoleone III. Poco dopo i quattro bombaroli<br />

vennero arrestati e dal carcere Orsini spedì una lettera all’imperatore<br />

francese chiedendogli di farsi carico della triste situazione italiana e della<br />

liberazione della penisola.<br />

<strong>Il</strong> gesto disperato dei quattro italiani convinse Napoleone III che fosse preferibile<br />

guidare il cambiamento <strong>nel</strong>la penisola anziché subirlo. Decise quindi<br />

di invitare a Plombieres il primo ministro piemontese Cavour, di accordarsi<br />

su di un possibile intervento in Italia contro l’Austria, per una ridefinizione<br />

dell’assetto geopolitico della penisola.<br />

A questo punto a Cavour, ottenuto l’appoggio delle armi francesi, mancava<br />

solo il casus belli che sarebbe arrivato di lì a poco tempo quando l’Austria,<br />

stanca dei continui movimenti di militari, regolari e volontari, in prossimità<br />

del confine inviò un ultimatum che Cavour ebbe gioco facile a rifiutare.<br />

Le operazioni belliche iniziarono il 29 aprile quando gli Austriaci invasero<br />

il Piemonte, da dove però furono ricacciati indietro dopo l’arrivo dei primi<br />

contingenti francesi. L’8 giugno Napoleone III e Vittorio Emanuele II entrarono<br />

vittoriosi a Milano dove il municipio votò l’annessione al Piemonte.<br />

<strong>Il</strong> 24 giugno ci furono le due grandi battaglie di S. Martino e Solferino, anche<br />

se di fatto esse rappresentarono varie fasi di un unico grande scontro, il<br />

più grande dopo quello di Lipsia (parteciparono circa 230.000 uomini), che<br />

con il loro carico di morte in grado di impressionare mezza Europa determinarono<br />

le sorti della guerra. È abbastanza noto infatti che in seguito a quei<br />

due episodi, nei quali gli eserciti Franco-Piemontesi avevano “tenuto” nei<br />

confronti degli Austriaci, Napoleone III decise unilateralmente di arrivare<br />

ad un armistizio con l’Austria disposto a Villafranca l’11 luglio con il quale la<br />

Lombardia passò al Piemonte.<br />

In questa occasione la piazza di <strong>Verona</strong> non era stata nemmeno sfiorata dalla<br />

guerra, anche se gli abitanti della fortezza udirono il rombo dei cannoni<br />

in lontananza e videro i carri dei feriti che impietosamente sfilavano verso<br />

l’ospedale militare di S. Spirito. Dopo il 24 giugno, prima che si diffondesse<br />

la notizia dell’armistizio, in molti pensarono che i Franco-Piemontesi avreb-<br />

31


ero tentato l’assedio di <strong>Verona</strong>: ma ovviamente non si vide mai nessun tricolore<br />

all’orizzonte.<br />

All’interno del fronte patriottico la delusione per l’esito della guerra fu enorme<br />

e venne ulteriormente acuita dalle notizie che cominciarono ad arrivare<br />

dalla Sicilia: a partire dalla primavera del 1860, Giuseppe Garibaldi aveva<br />

dato inizio ad una delle epopee militari più famose della storia che lo porterà<br />

a realizzare quello che <strong>nel</strong> nord non era riuscito completamente. La spedizione<br />

del generale nizzardo attirò fin da subito 24 veronesi che si arruolarono<br />

con lui <strong>nel</strong> viaggio verso Marsala e che lo seguirono <strong>nel</strong>la conquista del Regno<br />

delle Due Sicilie fino a giungere a Napoli. Tra l’aprile 1859 e il novembre<br />

1860 - in meno di due anni - la quasi totalità della penisola fu unificata sotto<br />

la guida, talvolta attiva e talvolta passiva, di Vittorio Emanuele II, proclamato<br />

re del nuovo regno dal parlamento sabaudo il 17 marzo 1861.<br />

Ultimo atto: il Veneto<br />

<strong>Il</strong> nuovo Stato era però nato monco: mancavano infatti il Veneto, dove grandissima<br />

era stata la delusione per l’epilogo della seconda guerra d’indipendenza,<br />

e Roma. Per quanto riguarda quest’ultima, il più deluso continuò ad<br />

essere Garibaldi che era stato opportunamente fermato a Teano dalle truppe<br />

piemontesi in un primo momento e che verrà di nuovo fermato <strong>nel</strong> 1862<br />

sull’Aspromonte, questa volta dal regio esercito.<br />

A <strong>Verona</strong> e <strong>nel</strong>l’intera provincia, <strong>nel</strong> periodo compreso tra il 1861 e il 1866 non<br />

ci furono eventi di grande rilievo, anche se esisteva già dal 1859 un comitato<br />

nazionale in collegamento con il comitato centrale di Torino. In questi anni,<br />

a parte il fermento per le gesta garibaldine, l’evento clou fu probabilmente<br />

l’inaugurazione del monumento a Dante Alighieri <strong>nel</strong> sesto centenario della<br />

nascita avvenuta il 14 maggio 1865 e voluta dall’Accademia di Agricoltura e<br />

dalla Società di Belle Arti per rivendicare la propria italianità.<br />

Ancora una volta i patrioti veronesi dovettero confidare in eventi esterni. Nel<br />

corso del 1865 il neonato regno d’Italia si inserì all’interno delle contese politiche<br />

e militari che stavano accompagnando il processo di nascita dello Stato<br />

tedesco mediante un’alleanza con la Prussia in funzione antiaustriaca, dalla<br />

quale ottenne la promessa del Veneto in caso di vittoria militare. Quando <strong>nel</strong><br />

giugno 1866 scoppiò la guerra le forze armate italiane impegnate a Custoza<br />

e <strong>nel</strong>la battaglia navale di Lissa furono in entrambi i casi sconfitte, lasciando<br />

ai corpi volontari di Garibaldi il compito di salvare l’onore con la vittoria di<br />

Bezzecca. Tuttavia le sorti generali del conflitto furono decise dalla vittoria<br />

prussiana a Sadowa che costrinse gli Austriaci all’armistizio e a cedere il Veneto<br />

all’Italia, attraverso la mediazione francese così come era già avvenuto<br />

per la Lombardia.<br />

<strong>Il</strong> 12 agosto venne firmata la tregua tra il governo italiano e quello austriaco<br />

ma la pace venne siglata solo <strong>nel</strong>l’ottobre successivo. Dal giorno 6 di quel<br />

mese il comando militare di <strong>Verona</strong> permise la vendita di oggetti tricolori in<br />

città dove non si verificarono particolari tumulti anche se l’atmosfera ven-<br />

32


ne funestata dall’uccisione da parte degli austriaci della giovane Carlotta<br />

Aschieri.<br />

Dopo l’arrivo del commissario francese che avrebbe dovuto ricevere le piazze<br />

del veronese dalle autorità austriache per girarle agli Italiani si fissò per<br />

l’11 ottobre l’ingresso delle truppe regie <strong>nel</strong>la fortezza di <strong>Legnago</strong> e per il 16<br />

in quella di <strong>Verona</strong>. L’ultimo atto, quello che doveva formalizzare l’annessione,<br />

sarebbe stato il plebiscito popolare convocato per il 21 ottobre e dal quale<br />

uscirono i seguenti risultati: 88.864 “sì” e 5 “no”.<br />

33


Coordinamento provinciale degli eventi culturali<br />

in occasione del 150° anniversario dell’unità d’Italia<br />

• Mostre<br />

• Conferenze e convegni<br />

• Rievocazioni storiche<br />

• Itinerari storico-monumentali


L’Assessore alla Cultura della Provincia di <strong>Verona</strong> e la Fondazione Fioroni desiderano ringraziare<br />

le amministrazioni comunali e gli enti che hanno contribuito alla realizzazione di<br />

questo progetto di coordinamento, mettendo a disposizione i programmi culturali elaborati<br />

in occasione di “Italia 150”.


<strong>Verona</strong><br />

Comune di <strong>Verona</strong><br />

Mostra<br />

Venerdì 13 maggio 2011<br />

Arsenale<br />

<strong>Il</strong> museo del <strong>Risorgimento</strong>: <strong>Verona</strong> dagli Asburgo al regno d’Italia<br />

Una mostra a cura dell’Assessorato alla Cultura<br />

e della Direzione Musei e Monumenti del Comune di <strong>Verona</strong><br />

Durata: fino a domenica 11 settembre 2011<br />

Itinerario storico - monumentale<br />

Sabato 28 maggio 2011, ore 15.00-19.00<br />

Domenica 29 maggio 2011, ore 15.00-19.00<br />

“I tesori veronesi” 2011<br />

I luoghi e le vicende del <strong>Risorgimento</strong> a <strong>Verona</strong> e <strong>nel</strong> <strong>Veronese</strong><br />

Visita guidata a forte Gisella (Dossobuono)<br />

Itinerario storico - monumentale<br />

Sabato 1 ottobre 2011, ore 15.00-19.00<br />

Domenica 2 ottobre 2011, ore 15.00-19.00<br />

“I tesori veronesi” 2011<br />

I luoghi e le vicende del <strong>Risorgimento</strong> a <strong>Verona</strong> e <strong>nel</strong> <strong>Veronese</strong><br />

Visita guidata alla Caserma Dalla Bona (Ospedale Militare Austriaco)<br />

e a Palazzo Carli.<br />

Mostra<br />

Mercoledì 5 ottobre 2011, ore 17.30<br />

Biblioteca Universitaria “Arturo Frinzi”<br />

Vivere in fortezza. La vita quotidiana <strong>nel</strong>le piazzeforti del Quadrilatero<br />

Una mostra a cura della Fondazione Fioroni di <strong>Legnago</strong><br />

Durata: fino a lunedì 31 ottobre 2011<br />

Apertura: tutti i giorni (domenica inclusa), dalle ore 8.15 alle ore 23.45<br />

37


<strong>Il</strong> museo del <strong>Risorgimento</strong>: <strong>Verona</strong> dagli Asburgo al regno d’Italia<br />

<strong>Il</strong> Museo del <strong>Risorgimento</strong> di <strong>Verona</strong>,<br />

inaugurato a palazzo Forti <strong>nel</strong> 1938 dal<br />

ministro Giuseppe Bottai, venne chiuso<br />

<strong>nel</strong>le ristrettezze economiche del dopoguerra.<br />

Nel 1953, in occasione del centenario<br />

della morte del patriota mazziniano<br />

Carlo Montanari, la città partecipò<br />

ad un nuovo taglio del nastro. Ma anche<br />

stavolta la durata fu effimera. <strong>Il</strong> cantiere<br />

di restauro del Museo, iniziato <strong>nel</strong> 1958,<br />

lento e faticoso, giunse a termine il 16<br />

ottobre 1966, con perfetto tempismo sul<br />

giorno dell’anniversario dell’annessione<br />

di <strong>Verona</strong> al Regno d’Italia. L’entusiasmo<br />

del centenario esaurì la sua carica già nei<br />

primi anni Settanta, quando il Museo<br />

chiuse definitivamente, per lasciare progressivamente<br />

sempre più spazio alla<br />

Galleria d’Arte Moderna.<br />

<strong>Il</strong> Museo del <strong>Risorgimento</strong> torna adesso<br />

<strong>nel</strong>la forma più misurata e realistica della<br />

mostra per commemorare il 150° anno<br />

dell’unità d’Italia. Le raccolte, del resto,<br />

si formarono dall’origine con documenti<br />

ufficiali e cimeli dei reduci locali, anche<br />

per essere reliquie da esibire <strong>nel</strong>le liturgie<br />

ufficiali della patria. Senza paura di<br />

inciampare <strong>nel</strong>la retorica e, considerati<br />

i tempi, senza il timore delle critiche<br />

alla retorica del patriottismo. La mostra,<br />

dunque, corre consapevolmente qualche<br />

rischio con l’obiettivo di dimostrare il<br />

valore insostituibile delle collezioni civiche<br />

risorgimentali <strong>nel</strong> narrare anzitutto<br />

un pezzo importante della storia di <strong>Verona</strong>,<br />

che, solo secondariamente, diventa<br />

storia del <strong>Risorgimento</strong>.<br />

L’esposizione avrà luogo <strong>nel</strong>la sede<br />

dell’ex Arsenale austriaco, una delle architetture<br />

militari più importanti della<br />

città asburgica, le cui murature alternano<br />

il cotto e la pietra come le mura<br />

medievali scaligere, in perfetta sintonia<br />

con la tradizione urbana. Questa sede<br />

è testimone della città dell’impero di<br />

Francesco I e di Francesco Giuseppe, il<br />

periodo da cui la mostra inizia il suo percorso.<br />

Un itinerario pensato per essere al<br />

contempo <strong>didattico</strong> e divertente, come<br />

un racconto illustrato, controllato nei<br />

contenuti e, tuttavia, didascalico, corredato<br />

da apparati video, da installazioni<br />

accattivanti, da sequenze fotografiche<br />

per accompagnare il visitatore in modo<br />

piacevole e sorprendente.<br />

La prima sezione è giocata sull’icona<br />

della principessa Sissi, Elisabetta Amalia<br />

di Baviera, documentando il suo passaggio<br />

a <strong>Verona</strong>, quale simbolo della corte<br />

asburgica dell’immaginario, dei palazzi<br />

festosi e dei valzer. L’Austria elegante<br />

e sontuosa che, forse, la città respirò<br />

al tempo del Congresso di <strong>Verona</strong> <strong>nel</strong><br />

1822, quando fu ospitato anche lo zar di<br />

Russia a Palazzo Canossa. <strong>Il</strong> contraltare<br />

38


alla corte del sogno è la cittàfortezza<br />

del quadrilatero<br />

(<strong>Verona</strong>, Mantova, Peschiera<br />

e <strong>Legnago</strong>), il sistema<br />

difensivo del fedelmaresciallo<br />

Radetsky, l’Austria<br />

oppressiva e dei controlli.<br />

Un’Austria dei divieti e<br />

del regime, testimoniata<br />

da stampe, fotografie,<br />

proclami, avvisi, e<br />

da armi bianche e da<br />

fuoco. Questo volto<br />

oppressivo alimentò<br />

un sentimento antiasburgico.<br />

<strong>Il</strong> 1848 fu cruciale<br />

perché molti veronesi<br />

sostennero le iniziative<br />

del papa Pio IX, sognando<br />

di essere liberati dalla sua discesa <strong>nel</strong>la<br />

contesa. Personaggi radicati <strong>nel</strong>la storia<br />

veronese, come Aleardo Aleardi, Francesco<br />

Betteloni, Caterina Bon Brenzoni<br />

dedicarono delle poesie al papa come<br />

angelo liberatore. Le memorie di questo<br />

fervore e della delusione provata quando<br />

Pio IX non corrispose alle attese, prepararono<br />

il terreno all’impegno più laico<br />

di Carlo Montanari e dei suoi compagni.<br />

Le fonti in mostra restituiscono la vita<br />

di Montanari, aristocratico e architetto,<br />

con i suoi progetti per chiese e palazzi,<br />

e la sua adesione coraggiosa alle idee di<br />

Giuseppe Mazzini, fino alla condanna a<br />

morte a Belfiore.<br />

Una sezione speciale riguarda l’impresa<br />

dei Mille. I veronesi che s’imbarcarono<br />

con Giuseppe Garibaldi furono sedici:<br />

Alessandro Barbesi, Antonio Bellini,<br />

Pietro Fiorentini, Pietro Pirolli e Cesare<br />

Zoppi di <strong>Verona</strong>, Gerolamo Barbieri<br />

da Bussolengo, Giovanni Battista Bisi e<br />

Giovanni Battista Fantoni da <strong>Legnago</strong>,<br />

Antonio Butturini da Pescantina, Silvio<br />

Contro da Cologna, Santi Cengiarotti da<br />

Caldiero, Cesare De Paoli da<br />

Parona, Giuseppe Flessati da<br />

Cerea, Luigi Prina e Luigi Zanini<br />

da Villafranca, Antonio<br />

Siliotto da Porto di <strong>Legnago</strong>.<br />

I loro cimeli e quelli dei garibaldini<br />

coinvolti <strong>nel</strong> Corpo<br />

dei volontari <strong>nel</strong> 1866 furono<br />

accolti <strong>nel</strong>le collezioni<br />

civiche con la sacralità<br />

dovuta agli eroi: il<br />

fucile di Pirolli, le<br />

medaglie di Zoppi,<br />

la divisa rossa di Ludovico<br />

Salomoni. Alcune<br />

reliquie di Garibaldi<br />

sono eccentriche,<br />

come un ciuffo di capelli<br />

conservato in una teca e il<br />

menù del pranzo consumato<br />

all’Hotel Due Torri <strong>nel</strong> 1867, quando<br />

venne in visita ufficiale. Questa sezione<br />

propone anche uno dei dipinti più importanti<br />

dell’esibizione, un delizioso acquerello<br />

su cartoncino di Domenico Induno<br />

che raffigura una ragazza intenta a<br />

pulire una fotografia dell’eroe genovese.<br />

Altre opere pittoriche in mostra sono<br />

il quadro Grandi manovre di Giovanni<br />

Fattori, due vedute di <strong>Verona</strong> di Carlo<br />

Ferrari e la Fucilazione di Luigi Lenotti del<br />

1860 di Pino Casarini.<br />

C’è poi il quadro storico di Pietro Rossi,<br />

L’uccisione di Carlotta Aschieri il 6 ottobre<br />

1866. Ultimo ricordo d’Austria, che<br />

caratterizza emotivamente la sezione<br />

conclusiva sulla liberazione di <strong>Verona</strong><br />

dagli Austriaci, in combinazione con il<br />

tavolino originale del bar Zampi di piazza<br />

Bra su cui Carlotta, giovane e incinta,<br />

cadde uccisa da una baionetta austriaca.<br />

<strong>Il</strong> racconto degli ultimi giorni del dominio<br />

asburgico procede tra avvisi del<br />

podestà italiano Edoardo De Betta e del<br />

comandante austriaco Federico Jakobs<br />

in un crescendo drammatico chiuso dal-<br />

39


la proclamazione della liberazione e dai<br />

documenti sul plebiscito di annessione<br />

al Regno d’Italia. Tra i pezzi finali della<br />

mostra ci sono la fascia tricolore del primo<br />

sindaco scaligero, lo stesso Edoardo<br />

De Betta, e le divise della prima legione<br />

della Guardia Nazionale di <strong>Verona</strong>.<br />

Alla mostra forniscono un contributo<br />

anche il Museo di Storia Naturale di <strong>Verona</strong>,<br />

la Biblioteca Civica di <strong>Verona</strong> e il<br />

Museo Fioroni di <strong>Legnago</strong>. <strong>Il</strong> primo per<br />

documentare la campagna archeologica<br />

condotta a Peschiera dall’esercito austriaco<br />

allo scopo di scavare un villaggio<br />

dell’età del Bronzo. La Biblioteca per<br />

integrare le testimonianze di proprietà<br />

comunale prestando le mappe delle fortezze<br />

e alcune lettere di Aleardi. <strong>Il</strong> Museo<br />

Fioroni di <strong>Legnago</strong>, erede della straordinaria<br />

casa-museo di Maria Fioroni,<br />

allestita anch’essa in epoca fascista come<br />

il museo cittadino, mette a disposizione<br />

una bandiera italiana cucita a mano dai<br />

Legnaghesi <strong>nel</strong> 1865, oltre ad altri oggetti<br />

curiosi, tra cui un’ulteriore reliquia,<br />

la teca con il calco funebre del volto di<br />

Giuseppe Mazzini, impressionante, ma<br />

emblematica del sentimento ottocentesco<br />

per la religione della patria.<br />

<strong>Il</strong> museo del <strong>Risorgimento</strong>: <strong>Verona</strong> dagli Asburgo al regno d’Italia<br />

Una mostra a cura dell’Assessorato alla Cultura<br />

e della Direzione Musei e Monumenti del Comune di <strong>Verona</strong><br />

<strong>Verona</strong>, Arsenale<br />

13 maggio 2011 – 13 settembre 2011<br />

40


Comfoter<br />

Istituto Storico<br />

Architettura Militare<br />

Conferenza<br />

Mercoledì 2 marzo 2011, ore 21.00<br />

<strong>Circolo</strong> Ufficiali di Castelvecchio<br />

Le bandiere degli Stati preunitari italiani, 1814-1861<br />

Relatore: Nazario Barone<br />

Itinerario storico - monumentale<br />

Sabato 5 marzo 2011<br />

I luoghi del <strong>Risorgimento</strong> a <strong>Verona</strong><br />

Visita guidata dall’Arsenale dell’Imperatore a Piazza Brà<br />

Relatore: Romana Caloi<br />

Conferenza<br />

Martedì 15 marzo 2011, ore 17.30<br />

<strong>Circolo</strong> Ufficiali di Castelvecchio<br />

La battaglia di Montanara e Curtatone<br />

Relatore: Antonio Badolato<br />

Itinerario storico - monumentale<br />

Venerdì 1 aprile 2011<br />

I luoghi del <strong>Risorgimento</strong> <strong>nel</strong>la provincia di <strong>Verona</strong><br />

Visita guidata a Pastrengo e Rivoli<br />

Relatore: Franco Apicella<br />

Conferenza<br />

Mercoledì 6 aprile 2011, ore 17.30<br />

<strong>Circolo</strong> Ufficiali di Castelvecchio<br />

17 marzo 1861<br />

Relatore: Luciano Tumiet<br />

Conferenza<br />

Venerdì 8 aprile 2011, ore 17.30<br />

<strong>Circolo</strong> Ufficiali di Castelvecchio<br />

I primi passi dell’unità italiana<br />

Relatore: Umberto Bardini<br />

Itinerario storico - monumentale<br />

Sabato 9 aprile 2011<br />

I luoghi del <strong>Risorgimento</strong> a <strong>Verona</strong><br />

Visita guidata da Piazza Brà al Cimitero Austriaco<br />

Relatore: Romana Caloi<br />

41


Conferenza<br />

Giovedì 14 aprile 2011, ore 17.30<br />

<strong>Circolo</strong> Ufficiali di Castelvecchio<br />

<strong>Il</strong> ruolo della cavalleria <strong>nel</strong>le campagne risorgimentali<br />

Relatore: Franco Apicella<br />

Itinerario storico - monumentale<br />

Sabato 30 aprile 2011<br />

I luoghi del <strong>Risorgimento</strong> a <strong>Verona</strong><br />

Visita guidata dall’Adigetto all’Ospedale Militare<br />

Relatore: Romana Caloi<br />

Mostra<br />

Sabato 30 aprile 2011<br />

<strong>Circolo</strong> Ufficiali di Castelvecchio<br />

150 anni di uniformi, 1861-2011<br />

A cura del Gruppo Modellisti Scaligeri<br />

Durata: fino a domenica 8 maggio 2011<br />

Apertura: martedì, 10.00-19.00; dal mercoledì al sabato, 10.00-22.00;<br />

domenica, 10.00-16.00<br />

Itinerario storico - monumentale<br />

Mercoledì 4 maggio 2011<br />

I luoghi del <strong>Risorgimento</strong> a <strong>Verona</strong><br />

Visita guidata a palazzo Carli<br />

Relatore: Romana Caloi<br />

Conferenza<br />

Martedì 17 maggio 2011, ore 21.00<br />

<strong>Circolo</strong> Ufficiali di Castelvecchio<br />

<strong>Il</strong> territorio fortificato veronese dagli Asburgo allo Stato unitario<br />

Relatore: Fiorenzo Meneghelli<br />

Conferenza<br />

Venerdì 27 maggio 2011, ore 17.30<br />

<strong>Circolo</strong> Ufficiali di Castelvecchio<br />

Francobolli: dagli Stati preunitari all’unità d’Italia<br />

Relatore: Ercolano Gandini, Alberto Rossini<br />

Mostra<br />

Martedì 31 maggio 2011, ore 17.30<br />

<strong>Circolo</strong> Ufficiali di Castelvecchio<br />

<strong>Il</strong> territorio fortificato veronese: dall’impero austro-ungarico al regno d’Italia<br />

Una mostra a cura dell’Istituto Storico Architettura Militare<br />

Durata: fino a giovedì 30 giugno 2011<br />

Apertura: martedì, 10.00-19.00; dal mercoledì al sabato, 10.00-22.00;<br />

domenica, 10.00-16.00<br />

42


Conferenza<br />

Giovedì 9 giugno 2011, ore 17.30<br />

<strong>Circolo</strong> Ufficiali di Castelvecchio<br />

Monete: dagli Stati preunitari all’unità d’Italia<br />

Relatore: Antonio Braggio<br />

Itinerario storico - monumentale<br />

Venerdì 10 giugno 2011<br />

I luoghi del <strong>Risorgimento</strong> <strong>nel</strong>la provincia di <strong>Verona</strong><br />

Visita guidata a Custoza e Oliosi<br />

Relatore: Franco Apicella<br />

Conferenza<br />

Giovedì 16 giugno 2011, ore 21.00<br />

<strong>Circolo</strong> Ufficiali di Castelvecchio<br />

Proiezione del documentario “L’inno di Mameli”<br />

Relatore: Mauro Quattrina<br />

Conferenza<br />

Giovedì 29 settembre 2011, ore 21.00<br />

<strong>Circolo</strong> Ufficiali di Castelvecchio<br />

<strong>Verona</strong> 24 giugno-16 ottobre 1866<br />

Relatore: Franco Apicella<br />

Conferenza<br />

Sabato 1 ottobre 2011, ore 20.45<br />

Sala del Consiglio della Provincia di <strong>Verona</strong><br />

Proiezione del documentario sulla caserma “Dalla Bona”<br />

Relatore: Mauro Quattrina<br />

Conferenza<br />

Mercoledì 12 ottobre 2011, ore 21.00<br />

<strong>Circolo</strong> Ufficiali di Castelvecchio<br />

12 ottobre 1866: nasce l’Arena<br />

Relatore: Alessandra Vaccari<br />

Itinerario storico - monumentale<br />

Venerdì 4 novembre 2011<br />

I luoghi del <strong>Risorgimento</strong> a <strong>Verona</strong><br />

Visita guidata a Palazzo Carli e all’Ospedale Militare Austriaco<br />

(Caserma Dalla Bona)<br />

Relatore: Romana Caloi<br />

Convegno<br />

Sabato 5 novembre 2011, ore 9.30<br />

Provincia di <strong>Verona</strong> – Loggia del Consiglio<br />

<strong>Verona</strong> dagli Asburgo al regno d’Italia. Storia e cronaca di una città fortezza<br />

<strong>Il</strong> territorio fortificato veronese: 1815-1915<br />

Relatore: Fiorenzo Meneghelli<br />

43


<strong>Verona</strong> militare dal 1866 al 1900. Rapporti tra civili e militari<br />

Relatore: Leonardo Malatesta<br />

Dall’aquila al tricolore. Lo spirito pubblico a <strong>Verona</strong> negli anni<br />

dell’unità<br />

Relatore: Maurizio Zangarini<br />

<strong>Verona</strong> città fortezza tra cronaca e storia<br />

Relatore: Michele Gragnato<br />

Mostra<br />

Martedì 13 dicembre 2011, ore 17.00<br />

<strong>Circolo</strong> Ufficiali di Castelvecchio<br />

Vivere in fortezza. La vita quotidiana <strong>nel</strong>le piazzeforti del Quadrilatero<br />

Una mostra a cura della Fondazione Fioroni di <strong>Legnago</strong><br />

Durata: fino a domenica 18 dicembre 2011<br />

Apertura: martedì, 10.00-19.00; dal mercoledì al sabato, 10.00-22.00;<br />

domenica, 10.00-16.00<br />

44


<strong>Il</strong> territorio fortificato veronese:<br />

dall’impero austro-ungarico al regno d’Italia<br />

<strong>Il</strong> territorio veronese è stato storicamente<br />

un centro strategico e militare<br />

di primaria importanza per il controllo<br />

dell’area padana e per il suo collegamento<br />

con l’area germanica. È in quest’area<br />

che si concentrò l’enorme impegno finanziario<br />

e militare dell’impero austroungarico<br />

(1814-1866) con <strong>Verona</strong> al centro<br />

della regione fortificata del Quadrilatero<br />

(<strong>Verona</strong>, Peschiera, Mantova e <strong>Legnago</strong>).<br />

Nel 1834 si stimava in circa 6.000 uomini<br />

la numerosa manodopera necessaria<br />

alla costruzione del poderoso sistema<br />

fortificato di <strong>Verona</strong>. La città divenne<br />

una grande caserma in cui trovarono insediamento<br />

tutti i servizi civili e militari<br />

necessari per il mantenimento <strong>nel</strong>la piazzaforte<br />

di una guarnigione che avrebbe<br />

potuto raggiungere i 15.000 soldati. <strong>Verona</strong><br />

si trasformò <strong>nel</strong> centro logistico di<br />

tutto il Quadrilatero dove era stanziata<br />

un’armata di più di 70.000 uomini che<br />

raggiunse le oltre 110.000 unità durante<br />

le vicende militari del 1859.<br />

Gli edifici militari erano costituiti da caserme<br />

di fanteria e cavalleria, da stabilimenti<br />

e da magazzini per i viveri (panificio<br />

militare), per il vestiario, per i finimenti<br />

dei cavalli, ecc.; da un arsenale di<br />

artiglieria, da polveriere, da stabilimenti<br />

pirotecnici, da officine, da comandi militari,<br />

da ospedali, da tribunali, da prigioni,<br />

dalla direzione del genio, ecc.<br />

<strong>Il</strong> generale von Scholl elaborò un piano<br />

difensivo da attuarsi in più fasi, spesso<br />

concomitanti con gli eventi bellici che videro<br />

<strong>Verona</strong> protagonista <strong>nel</strong>le tre guerre<br />

di indipendenza italiana, 1848, 1859 e<br />

1866. La prima fase riguardò l’aggiornamento<br />

ed il rafforzamento delle mura urbane<br />

disegnate dai Veneziani; tra il 1833 e<br />

il 1844 vennero rifatti i bastioni della cinta<br />

45


sanmicheliana e rafforzata quella collinare.<br />

Tra il 1837 e il 1844 vennero costruiti<br />

sulla dorsale collinare tre forti e quattro<br />

torri dette “massimiliane”, nonché altri<br />

due forti staccati dalle mura in destra e<br />

sinistra Adige. Dopo la campagna bellica<br />

piemontese del 1848 venne invece costruita<br />

una prima cerchia di undici forti<br />

(1848-59), posti ad una distanza variabile<br />

dal fronte bastionato compresa tra 1 e 2,4<br />

chilometri.<br />

Con la perdita della Lombardia <strong>nel</strong> 1859,<br />

<strong>Verona</strong> diventò per l’Austria il cardine<br />

difensivo più importante: venne quindi<br />

realizzata la seconda cerchia di nove<br />

forti staccati (1860-66). L’intero territorio<br />

veronese venne fatto oggetto di uno<br />

straordinario piano difensivo che vide la<br />

realizzazione del campo trincerato di Peschiera<br />

con diciassette forti, di Pastrengo<br />

con quattro forti e una torre del telegrafo<br />

e di Rivoli con quattro forti.<br />

Nel corso del <strong>Risorgimento</strong>, <strong>Verona</strong> rappresentò<br />

sempre l’obiettivo “centrale”<br />

di ogni campagna militare; la conquista<br />

della città avrebbe permesso il controllo<br />

di tutta la pianura padana. <strong>Il</strong> 16 ottobre<br />

1866, con la conclusione della terza guerra<br />

d’Indipendenza, le truppe italiane<br />

entrarono in <strong>Verona</strong> ponendo fine al dominio<br />

asburgico della città, iniziato <strong>nel</strong><br />

1814. <strong>Il</strong> plebiscito di annessione chiuse<br />

una fase fondamentale <strong>nel</strong>l’evoluzione<br />

del sistema difensivo dell’area veronese<br />

per aprirne un’altra con nuove prospettive.<br />

<strong>Il</strong> confine con l’Austria venne a trovarsi<br />

sulla linea dell’attuale demarcazione<br />

tra il Veneto e il Trentino Alto Adige,<br />

ponendo la città di <strong>Verona</strong> praticamente<br />

sul limite territoriale del Regno.<br />

Le fortificazioni asburgiche pensate per un<br />

“nemico” proveniente prevalentemente da<br />

ovest e sud vennero considerate obsolete<br />

e inefficaci; per questo si rese necessario<br />

ripensare e riorganizzare le difese a nord<br />

della città.<br />

Lo sbarramento di Rivoli a chiusura della<br />

valle dell’Adige, realizzato <strong>nel</strong> periodo<br />

1849-1852, venne ritenuto ancora valido<br />

sotto il profilo tecnico. Si decise per il suo<br />

aggiornamento (1880-1885) prevedendo<br />

l’inversione (da sud a nord) del fronte<br />

dei forti (forte di Ceraino, batteria bassa<br />

del Forte di Rivoli). Inoltre, allo scopo di<br />

interrompere l’accesso alla riva destra<br />

dell’Adige, venne costruita la batteria<br />

della Tagliata di Incanal (1884). Tra il<br />

1880 e il 1885 vennero realizzati anche i<br />

forti S. Marco e Masua, successivamente<br />

aggiornati <strong>nel</strong> primo Novecento.<br />

Sul lato nord-orientale di <strong>Verona</strong>, sulle<br />

propaggini dei monti Lessini – con<br />

l’obiettivo di controllare le valli alpine<br />

che si aprono verso la pianura – si costruirono<br />

forte Castelletto (1885, rinnovato<br />

<strong>nel</strong> primo Novecento), forte San Briccio<br />

(1885) e la batteria Monticelli (1888) e,<br />

nei primi del Novecento, i forti S. Viola e<br />

Monte Tesoro.<br />

Anche con l’avvento dello stato unitario<br />

italiano l’area veronese mantenne quindi<br />

la sua funzione strategico-militare fino<br />

allo scoppio della prima guerra mondiale.<br />

Scopo della mostra è promuovere la<br />

conoscenza dei forti veronesi, uno dei<br />

più importanti complessi fortificati del<br />

Veneto realizzato in età contemporanea<br />

(i forti austriaci del <strong>Veronese</strong> corrispondono<br />

a circa il 60% di quelli presenti<br />

<strong>nel</strong>l’intera regione). Un grande sistema<br />

difensivo, funzionale al controllo di un<br />

vasto territorio e capace di dissuadere<br />

il “nemico” da un attacco diretto: per<br />

questo motivo le fortificazioni veronesi<br />

non vennero mai coinvolte direttamente<br />

<strong>nel</strong>le azioni belliche – né <strong>nel</strong>le campagne<br />

risorgimentali né tantomeno <strong>nel</strong>la prima<br />

guerra mondiale – mantenendosi in gran<br />

parte fino ai giorni nostri.<br />

L’area veronese che va dal Lago di Garda<br />

alle prealpi del Baldo e dei Lessini, ai<br />

46


fiumi Adige e Mincio può essere definita<br />

proprio in ragione di questo grande sistema<br />

difensivo un “territorio fortificato” che<br />

costituisce un patrimonio storico che per<br />

la sua estensione e diffusione, nonché per<br />

la sua qualità architettonica ed ambientale<br />

non ha eguali in ambito nazionale.<br />

La mostra inserita <strong>nel</strong>le celebrazioni per<br />

i 150 anni dell’unità d’Italia, intende far<br />

conoscere il sistema difensivo veronese<br />

per il ruolo storico <strong>nel</strong>le vicende risorgimentali<br />

che hanno sempre visto <strong>Verona</strong><br />

protagonista di questi eventi. <strong>Il</strong> riconoscimento<br />

di questo importante patrimonio<br />

storico-architettonico profondamente<br />

integrato con le valenze ambientali<br />

del territorio in cui si colloca, consente<br />

di promuovere delle linee d’azione per<br />

la valorizzazione del sistema difensivo<br />

e quindi del territorio veronese ad esso<br />

collegato.<br />

Fiorenzo Meneghelli<br />

Istituto Storico Architettura Militare<br />

<strong>Il</strong> territorio fortificato veronese: dall’impero austro-ungarico al regno d’Italia<br />

Una mostra a cura dell’Istituto Storico Architettura Militare<br />

<strong>Verona</strong>, <strong>Circolo</strong> Ufficiali di Castelvecchio<br />

31 maggio 2011 – 30 giugno 2011<br />

Apertura: martedì, 10.00-19.00; dal mercoledì al sabato, 10.00-22.00;<br />

domenica, 10.00-16.00<br />

<strong>Legnago</strong>, Museo del <strong>Risorgimento</strong> della Fondazione Fioroni<br />

4 settembre 2011 – 16 ottobre 2011<br />

Apertura: dal lunedì al venerdì, 9.00-13.00 e 15.00-17.30;<br />

possibilità di prenotazione per gruppi e scolaresche (Museo della Fondazione<br />

Fioroni tel. 0442.20052, e-mail museo@fondazione-fioroni.it).<br />

Nei pomeriggi di sabato e domenica, 15.00-19.00<br />

47


Bardolino<br />

Comune di<br />

Bardolino<br />

Conferenza<br />

Giovedì 17 marzo 2011, ore 20.30<br />

Chiesa della Disciplina, Borgo Garibaldi<br />

Genealogia del <strong>Risorgimento</strong><br />

Relatore: Alberto Battaggia<br />

Conferenza<br />

Venerdì 8 aprile 2011, ore 20.30<br />

Chiesa della Disciplina, Borgo Garibaldi<br />

Bardolino e le terre del Garda: teatro strategico degli eventi del <strong>Risorgimento</strong><br />

Relatore: Franco Apicella<br />

Conferenza<br />

Martedì 12 aprile 2011, ore 20.30<br />

Chiesa della Disciplina, Borgo Garibaldi<br />

Carlo Cattaneo, scrittore <strong>nel</strong> <strong>Risorgimento</strong><br />

Relatori: Ernesto Guidorizzi, Silvio Pozzani<br />

Conferenza<br />

Giovedì 5 maggio 2011, ore 20.30<br />

Chiesa della Disciplina, Borgo Garibaldi<br />

Le amiche della libertà <strong>nel</strong>la <strong>Verona</strong> del <strong>Risorgimento</strong>:<br />

Caterina Bon Brenzoni e Nina Serego Alighieri<br />

Relatore: Paola Azzolini<br />

Rievocazione storica<br />

Sabato 28 maggio 2011 - Domenica 29 maggio 2011<br />

Calmasino<br />

<strong>Il</strong> combattimento di Calmasino (29 maggio 1848)<br />

Conferenza<br />

Martedì 20 settembre 2011, ore 20.30<br />

Chiesa della Disciplina, Borgo Garibaldi<br />

<strong>Il</strong> clero e il <strong>Risorgimento</strong> veronese.<br />

La figura di don Pietro Castellani, parroco di Bardolino<br />

Relatore: Vasco Senatore Gondola<br />

Conferenza<br />

Giovedì 6 ottobre 2011, ore 20.30<br />

Chiesa della Disciplina, Borgo Garibaldi<br />

Ippolito Nievo a Bardolino<br />

Relatore: Armando Gallina<br />

Strade e piazze di Bardolino intitolate ad eventi e personaggi del <strong>Risorgimento</strong><br />

Relatore: Ernesto Fasoletti<br />

48


Castelnuovo del Garda<br />

Comune di<br />

Castelnuovo del Garda<br />

Convegno<br />

Venerdì 8 aprile 2011, ore 20.45<br />

Sala Civica “11 aprile 1848”<br />

Giornata di studi sul <strong>Risorgimento</strong> veronese<br />

Costantino Nigra e i suoi tempi<br />

Relatore: Sergio Bracco<br />

<strong>Il</strong> clero veronese <strong>nel</strong> <strong>Risorgimento</strong><br />

Relatore: Vasco Senatore Gondola<br />

Poesia e patria in Cesare Betteloni<br />

Relatore: Corrado Viola<br />

Convegno<br />

Sabato 9 aprile 2011, ore 15.30<br />

Sala Civica “11 aprile 1848”<br />

Giornata di studi sul <strong>Risorgimento</strong> veronese<br />

<strong>Il</strong> canto degli Italiani di Goffredo Mameli<br />

Relatore: Mauro Quattrina<br />

Le prospettive dall’unità d’Italia all’Europa<br />

Relatore: Stefano Verzè.<br />

49


<strong>Legnago</strong><br />

Comune di <strong>Legnago</strong><br />

Itinerario storico - monumentale<br />

Sabato 10 settembre 2011, ore 15.00-19.00<br />

Domenica 11 settembre 2011, ore 15.00-19.00<br />

“I tesori veronesi” 2011<br />

I luoghi e le vicende del <strong>Risorgimento</strong> a <strong>Verona</strong> e <strong>nel</strong> <strong>Veronese</strong><br />

Visita guidata all’Ospedale militare austriaco “Alla Prova”<br />

e al Museo del <strong>Risorgimento</strong> della Fondazione Fioroni<br />

Rievocazione storica<br />

Domenica 2 ottobre 2011, ore 15.30<br />

Piazza Libertà-Torrione Veneziano<br />

Momenti e fatti militari <strong>nel</strong>la fortezza del Quadrilatero<br />

durante il 1848<br />

50


Fondazione Fioroni<br />

Fondazione Fioroni<br />

Conferenza<br />

Mercoledì 16 marzo 2011, ore 21.00<br />

Fondazione Fioroni<br />

Presentazione del volume “L’arciprete e il cavaliere.<br />

<strong>Il</strong> Veneto <strong>nel</strong> <strong>Risorgimento</strong>”<br />

Relatore: Federico Melotto<br />

Mostra<br />

Domenica 20 marzo 2011, ore 11.00<br />

Fondazione Fioroni<br />

Inaugurazione delle nuove sale espositive del Museo del <strong>Risorgimento</strong><br />

della Fondazione Fioroni<br />

Mostra<br />

Domenica 17 aprile 2011, ore 11.00<br />

Fondazione Fioroni<br />

Vivere in fortezza. La vita quotidiana <strong>nel</strong>le piazzeforti del Quadrilatero<br />

Una mostra a cura della Fondazione Fioroni di <strong>Legnago</strong><br />

Durata: fino a domenica 29 maggio 2011<br />

Apertura: dal lunedì al venerdì, 9.00-13.00 e 15.00-17.30;<br />

possibilità di prenotazione per gruppi e scolaresche (Museo della Fondazione<br />

Fioroni tel. 0442.20052, e-mail museo@fondazione-fioroni.it).<br />

Nei pomeriggi di sabato e domenica, 15.00-19.00<br />

Mostra<br />

Domenica 4 settembre 2011, ore 11.00<br />

Fondazione Fioroni<br />

<strong>Il</strong> territorio fortificato veronese: dall’impero austro-ungarico<br />

al regno d’Italia<br />

Una mostra a cura dell’Istituto Storico Architettura Militare<br />

Durata: fino a domenica 16 ottobre 2011<br />

Apertura: dal lunedì al venerdì, 9.00-13.00 e 15.00-17.30;<br />

possibilità di prenotazione per gruppi e scolaresche (Museo della Fondazione<br />

Fioroni tel. 0442.20052, e-mail museo@fondazione-fioroni.it).<br />

Nei pomeriggi di sabato e domenica, 15.00-19.00<br />

51


Mostra<br />

Domenica 23 ottobre 2011, ore 11.00<br />

Fondazione Fioroni<br />

Un museo per la città. Maria Fioroni e il Museo del <strong>Risorgimento</strong><br />

di <strong>Legnago</strong><br />

Una mostra a cura della Fondazione Fioroni di <strong>Legnago</strong><br />

Durata: fino a sabato 31 dicembre 2011<br />

Apertura: dal lunedì al venerdì, 9.00-13.00 e 15.00-17.30;<br />

possibilità di prenotazione per gruppi e scolaresche (Museo della Fondazione<br />

Fioroni tel. 0442.20052, e-mail museo@fondazione-fioroni.it).<br />

Nei pomeriggi di sabato e domenica, 15.00-19.00<br />

Mostra<br />

Domenica 6 novembre 2011, ore 16.00<br />

Fondazione Fioroni<br />

Pier Domenico Frattini e i martiri di Belfiore<br />

Una mostra a cura della Fondazione Fioroni di <strong>Legnago</strong><br />

Durata: fino a sabato 31 dicembre 2011<br />

Apertura: dal lunedì al venerdì, 9.00-13.00 e 15.00-17.30;<br />

possibilità di prenotazione per gruppi e scolaresche (Museo della Fondazione<br />

Fioroni tel. 0442.20052, e-mail museo@fondazione-fioroni.it).<br />

Nei pomeriggi di sabato e domenica, 15.00-19.00<br />

52


“Vivere in fortezza”.<br />

La vita quotidiana <strong>nel</strong>le piazzeforti del Quadrilatero<br />

L<br />

’idea di una mostra didattica capace<br />

di raccontare la vita quotidiana nei<br />

luoghi fortificati del <strong>Veronese</strong> – indubbiamente<br />

ben esemplificati <strong>nel</strong>le grandi<br />

strutture militari che costituivano il celeberrimo<br />

Quadrilatero lombardo-veneto<br />

– muove dalla constatazione di trovarsi<br />

in presenza di un tema negletto e non<br />

sufficientemente approfondito dalla storiografia<br />

che da tempo ha affrontato i<br />

temi del <strong>Risorgimento</strong>.<br />

Lo stesso titolo – “vivere in fortezza” –<br />

racchiude, <strong>nel</strong>la sua apparente semplicità,<br />

un’insieme estremamente eterogeneo<br />

di sollecitazioni e di problemi che meritano<br />

senza ombra di dubbio ulteriori<br />

approfondimenti. <strong>Il</strong> tema centrale della<br />

mostra – la vita di ogni giorno <strong>nel</strong>le<br />

piazzeforti del Quadrilatero – costituisce<br />

quindi l’occasione per una narrazione di<br />

lunghissimo periodo, a partire dall’imprescindibile<br />

esperienza veneziana,<br />

dell’eterogeneo rapporto tra le popolazioni<br />

civili e i luoghi fortificati.<br />

53


Un rapporto, quest’ultimo, che spesso<br />

viene letto e percepito dal senso comune<br />

come “scontato” e immediato: la fortezza<br />

richiama alla mente l’immagine della<br />

difesa, del riparo, della sicurezza. Si tratta<br />

in realtà di un punto di vista per molti<br />

aspetti “edulcorato” ed effettivamente<br />

poco corrispondente ad una storia invece<br />

molto più articolata, una storia che<br />

se analizzata attraverso approcci storiografici<br />

recenti, ad esempio quelli della<br />

storia economica o della demografia<br />

storica, lascia emergere una quotidianità<br />

molto più problematica, in cui spesso le<br />

ombre sovrastano le luci. L’intento del<br />

percorso espositivo sarà appunto quello<br />

di sviscerare i dualismi e i contrasti che<br />

da sempre hanno accompagnato e legato<br />

inscindibilmente la storia delle fortezze<br />

e le vicende – in alcuni momenti anche<br />

tragiche – dei loro abitanti. Nel lungo periodo,<br />

all’incirca dal primo Cinquecento<br />

all’unificazione, molti indicatori demografici<br />

ed economici segnalano per le comunità<br />

“fortificate” (<strong>Legnago</strong> e Peschiera<br />

in particolare) perduranti fenomeni<br />

di spopolamento, accompagnati da una<br />

più generale stagnazione economica, facilmente<br />

intuibile <strong>nel</strong> rarefarsi di spinte<br />

imprenditoriali per tutta l’età veneziana<br />

che torneranno solo ad Ottocento inoltrato.<br />

Di fronte a questi dati palesemente<br />

indicatori di un radicato malessere di<br />

fondo, è parso logico interrogarsi se e in<br />

quale modo il “vivere in fortezza” abbia<br />

avuto un ruolo preponderante <strong>nel</strong>l’innescare<br />

dei meccanismi che in termini economici<br />

odierni potrebbero essere definiti<br />

di recessione.<br />

Per rispondere a queste interessanti<br />

54


istanze, la mostra si snoda attraverso<br />

temi che <strong>nel</strong>la loro articolazione complessiva<br />

vorrebbero cercare di descrivere<br />

più in profondità i meccanismi di questo<br />

suggestivo rapporto uomo-fortezza.<br />

Temi che consentissero, in altre parole, di<br />

valutare attraverso precise esemplificazioni<br />

storiche e documentarie se, in quale<br />

modo e fino a che punto il “vivere in<br />

fortezza” abbia vincolato la quotidianità<br />

della vita comunitaria. Dai disagi legati<br />

ai cantieri decennali delle “fabbriche”<br />

cinquecentesche, al reclutamento forzoso<br />

delle popolazioni locali; dagli enormi<br />

impatti della costruzione fortezze sugli<br />

assetti ambientali, agli enormi carichi<br />

economici sopportati dalle comunità per<br />

il loro mantenimento; dai problemi di<br />

approvvigionamento cerealicolo legato<br />

alla presenza di cospicui contingenti militari,<br />

a quelli sanitari.<br />

Tutto un mondo, di antico e nuovo regime,<br />

che si affaccia dalle affascinanti<br />

carte della storia; tutto un brulichio di<br />

uomini “comuni”, di eserciti, di soldati,<br />

di truppe, di vite scandite dalla “noia”<br />

della guarnigione che richiama alla mente<br />

echi di buzzatiana memoria, di vite di<br />

tanto in tanto scosse da tragici e sanguinari<br />

assedi, da roboanti cannoni e da imponenti<br />

macchine da guerra. “Vivere in<br />

fortezza” insomma, <strong>nel</strong> bene e <strong>nel</strong> male.<br />

Andrea Ferrarese<br />

Direttore – Fondazione Fioroni<br />

“Vivere in fortezza”. La vita quotidiana <strong>nel</strong>le piazzeforti del Quadrilatero<br />

Una mostra a cura della Fondazione Fioroni di <strong>Legnago</strong><br />

<strong>Legnago</strong>, Fondazione Fioroni<br />

17 aprile 2011 – 29 maggio 2011<br />

Apertura: dal lunedì al venerdì, 9.00-13.00 e 15.00-17.30;<br />

possibilità di prenotazione per gruppi e scolaresche (Museo della Fondazione<br />

Fioroni tel. 0442.20052, e-mail museo@fondazione-fioroni.it).<br />

Nei pomeriggi di sabato e domenica, 15.00-19.00<br />

Peschiera del Garda, Museo della Palazzina Storica<br />

25 giugno 2011 – 25 settembre 2011<br />

Apertura: sabato e domenica, 10.00-12.00<br />

<strong>Verona</strong>, Biblioteca Universitaria “Arturo Frinzi”<br />

5 ottobre 2011 – 31 ottobre 2011<br />

Apertura: tutti i giorni (domenica inclusa), 8.15-23.45<br />

Villafranca, Palazzo del Trattato<br />

5 novembre 2011 – 20 novembre 2011<br />

Apertura: ogni mattina su prenotazione per gruppi e scolaresche (Biblioteca<br />

Comunale di Villafranca, tel. 045.7902901, biblioteca@comune.villafranca.vr.it).<br />

Nei pomeriggi di sabato e domenica: ore 15.00-19.00<br />

<strong>Verona</strong>, <strong>Circolo</strong> Ufficiali di Castelvecchio<br />

13 dicembre 2011 – 18 dicembre 2011<br />

Apertura: martedì, 10.00-19.00; dal mercoledì al sabato, 10.00-22.00;<br />

domenica, 10.00-16.00<br />

55


Pastrengo<br />

Comune di Pastrengo<br />

Rievocazione storica<br />

Sabato 30 aprile 2011<br />

163° Anniversario della Carica dei Carabinieri a Pastrengo<br />

Itinerario storico - monumentale<br />

Domenica 15 maggio 2011, ore 15.00-19.00<br />

“I tesori veronesi” 2011<br />

I luoghi e le vicende del <strong>Risorgimento</strong> a <strong>Verona</strong> e <strong>nel</strong> <strong>Veronese</strong><br />

Visita guidata ai forti Degenfeld, Leopold e al Telegrafo Ottico<br />

56


Peschiera del Garda<br />

Comune di<br />

Peschiera del Garda<br />

Conferenza<br />

Lunedì 7 marzo 2011, ore 15.30<br />

Sala Civica, Piazza S. Marco<br />

Ippolito Nievo: vocazione letteraria e impegno politico<br />

Relatore: Carlo Bortolozzo<br />

Conferenza<br />

Lunedì 14 marzo 2011, ore 15.30<br />

Sala Civica, Piazza S. Marco<br />

I primi tormentati anni dell’Italia unita<br />

Relatore: Umberto Bardini<br />

Conferenza<br />

Lunedì 21 marzo 2011, ore 15.30<br />

Sala Civica, Piazza S. Marco<br />

Storia e interpretazioni del <strong>Risorgimento</strong> italiano<br />

Relatore: Dennis Borin<br />

Mostra<br />

Sabato 25 giugno 2011<br />

Museo della Palazzina Storica<br />

Vivere in fortezza.<br />

La vita quotidiana <strong>nel</strong>le piazzeforti del Quadrilatero<br />

Una mostra a cura della Fondazione Fioroni di <strong>Legnago</strong><br />

Durata: fino a domenica 25 settembre 2011<br />

Apertura: sabato e domenica, 10.00-12.00<br />

57


Rivoli<br />

Comune di Rivoli<br />

Conferenza<br />

Giovedì 24 marzo 2011, ore 10.30<br />

Palestra Comunale<br />

<strong>Il</strong> territorio prima e dopo l’Unità d’Italia<br />

Lettera del soldato piemontese Pietro Antonio Boggio Bertinetto<br />

spedita da Rivoli il 24 giugno 1848<br />

Relatori: Mirco Campagnari, Enzo Gradizzi, Maurizio Delibori.<br />

Itinerario storico - monumentale<br />

Sabato 14 maggio 2011, ore 15.00-19.00<br />

“I tesori veronesi” 2011<br />

I luoghi e le vicende del <strong>Risorgimento</strong> a <strong>Verona</strong> e <strong>nel</strong> <strong>Veronese</strong><br />

Visita guidata al forte Wohlgemuth<br />

Conferenza<br />

Sabato 14 maggio 2011, ore 21.00<br />

Sala Consiliare di Corte Bramante<br />

I Piemontesi al campo di Rivoli. Testimonianze archivistiche<br />

Relatore: Virginia Cristini<br />

Presentazione del volume “Uragano d’estate” con proiezione di<br />

alcune scene tratte dal film “Senso” di Luchino Visconti<br />

Relatore: Elena Pigozzi<br />

Conferenza<br />

Sabato 23 luglio 2011, ore 17.30<br />

Sala Consiliare di Corte Bramante<br />

Combattimenti a Rivoli e sul Baldo del 22 luglio 1848.<br />

Ricordo di quattro combattenti rivolesi<br />

Relatori: Mirco Campagnari, Mario Ercole Villa, Corinna Campostrini.<br />

58


Sommacampagna<br />

Comune di<br />

Sommacampagna<br />

Itinerario storico - monumentale<br />

Sabato 24 settembre 2011, ore 15.00-19.00<br />

“I tesori veronesi” 2011<br />

I luoghi e le vicende del <strong>Risorgimento</strong> a <strong>Verona</strong> e <strong>nel</strong> <strong>Veronese</strong><br />

Visita guidata all’Ossario di Custoza<br />

Conferenza<br />

Sabato 24 settembre 2011, ore 21.00<br />

Sommacampagna, Azienda Agricola Monte del Frà<br />

Le colline moreniche del Garda e i paesaggi del <strong>Risorgimento</strong><br />

Relatore: Silvino Salgaro<br />

59


Sona<br />

Comune di Sona<br />

Conferenza<br />

Giovedì 17 marzo 2011, ore 11.15<br />

Palazzo Comunale<br />

Tra economia e politica: gli orientamenti delle classi dirigenti<br />

italiane <strong>nel</strong>lo Stato unitario tra il 1861 e la fine dell’800<br />

Relatore: Giorgio Borelli<br />

Rievocazione storica<br />

Domenica 18 settembre 2011, ore 16.00<br />

Località Bosco di Sona<br />

<strong>Il</strong> combattimento di Bosco di Sona (5 aprile 1799)<br />

60


Valeggio sul Mincio<br />

Comune di<br />

Valeggio sul Mincio<br />

Rievocazione storica<br />

Domenica 3 luglio 2011, ore 17.30<br />

Villa Maffei Sigurtà<br />

Momenti e fatti militari della prima e della seconda guerra<br />

d’indipendenza<br />

Itinerario storico - monumentale<br />

Domenica 25 settembre 2011, ore 15.00-19.00<br />

“I tesori veronesi” 2011<br />

I luoghi e le vicende del <strong>Risorgimento</strong> a <strong>Verona</strong> e <strong>nel</strong> <strong>Veronese</strong><br />

Visita guidata a villa Maffei Sigurtà<br />

61


Villafranca<br />

Comune di<br />

Villafranca<br />

Conferenza<br />

Giovedì 10 marzo 2011, ore 20.45<br />

Biblioteca Comunale<br />

Villafranca:<br />

vita quotidiana e società tra Napoleone e l’Austria 1796-1848<br />

Relatori: Luigi Riggi e Andrea Tumicelli<br />

Conferenza<br />

Martedì 15 marzo 2011, ore 20.30<br />

Auditorium Comunale<br />

Le bandiere degli Stati preunitari italiani, 1814-1861<br />

Relatore: Nazario Barone<br />

Mostra<br />

Giovedì 17 marzo 2011, ore 18.00<br />

Palazzo del Trattato<br />

Dalle origini all’unità d’Italia. Nomi e volti di protagonisti<br />

Una mostra a cura di Nazario Barone<br />

Durata: fino a domenica 17 aprile 2011<br />

Apertura: ogni mattina su prenotazione per gruppi e scolaresche<br />

(Biblioteca Comunale di Villafranca, tel. 045.7902901,<br />

e-mail biblioteca@comune.villafranca.vr.it).<br />

Nei pomeriggi dal lunedì al venerdì, 16.00-18.00.<br />

Nei pomeriggi di sabato e domenica, 15.00-19.00<br />

Conferenza<br />

Giovedì 24 marzo 2011, ore 20.45<br />

Biblioteca Comunale<br />

Villafranca <strong>nel</strong> <strong>Risorgimento</strong> italiano, 1848-1870<br />

Relatori: Luigi Riggi e Andrea Tumicelli<br />

Conferenza<br />

Martedì 19 aprile 2011, ore 20.30<br />

Auditorium Comunale<br />

<strong>Il</strong> <strong>Risorgimento</strong> in fotografia<br />

Relatore: Nazario Barone<br />

Rievocazione storica<br />

Domenica 11 settembre 2011, ore 16.00<br />

Castello scaligero<br />

Momenti e fatti militari della seconda guerra d’indipendenza<br />

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Mostra<br />

Sabato 5 novembre 2011, ore 18.00<br />

Palazzo del Trattato<br />

Vivere in fortezza. La vita quotidiana <strong>nel</strong>le piazzeforti del Quadrilatero<br />

Una mostra a cura della Fondazione Fioroni di <strong>Legnago</strong><br />

Durata: fino a domenica 20 novembre 2011<br />

Apertura: ogni mattina su prenotazione per gruppi e scolaresche<br />

(Biblioteca Comunale di Villafranca, tel. 045.7902901,<br />

e-mail biblioteca@comune.villafranca.vr.it).<br />

Nei pomeriggi dal lunedì al venerdì, 16.00-18.00.<br />

Nei pomeriggi di sabato e domenica, 15.00-19.00<br />

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