STRATEGIA NAZIONALE D'INCLUSIONE DEI ROM, DEI SINTI E ...
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<strong>STRATEGIA</strong> <strong>NAZIONALE</strong> 2012-2020 (28.02.2012)<br />
UNAR – PCN RCS<br />
della cittadinanza del Paese di provenienza o degli Stati, con i quali il soggetto abbia intrattenuto rapporti<br />
rilevanti. L’Ordinamento italiano rivolge una particolare considerazione alla condizione dell’apolidia. Con legge<br />
1° febbraio 1962, n. 306 l’Italia ha infatti, reso esecutiva la citata Convenzione di New York del 1954. Nel nostro<br />
Paese la condizione di apolidia può essere: 1. certificata in via amministrativa ai sensi dell’art.17 del D.P.R. 12<br />
ottobre 1993, n. 572, “Regolamento di esecuzione della legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla<br />
cittadinanza”; 2. oppure accertata dal giudice ordinario. Il Ministero dell’Interno ha la competenza a certificare la<br />
condizione di apolidia. L’ambito della discrezionalità tecnica del Ministero dell’Interno è, per consolidato<br />
orientamento giurisprudenziale, circoscritto alla valutazione dei documenti prodotti dall’interessato, per provare la<br />
situazione di apolidia dedotta in domanda, ma una volta ritenuta esistere la prova documentale di tale condizione,<br />
con l’ausilio degli elementi forniti dal Ministero degli Affari Esteri, l’Amministrazione deve attestare lo stato di<br />
apolidia, quale organo dello Stato che ospita l’istante. L’accertamento dell’apolidia può intervenire anche in sede<br />
giurisdizionale proprio allorquando (Cassazione: cfr. sentenza n. 28873/2008) “la prova documentale manchi,<br />
potendo il giudice ordinario avvalersi di ogni strumento istruttorio per accertare lo stato del ricorrente ….”.<br />
La Corte Costituzionale ha, infatti, affermato il principio che l’apolide ha la ulteriore possibilità di ottenere il<br />
riconoscimento giudiziale della sua condizione, in assenza di certificazione amministrativa.<br />
La legge 5 febbraio 1992, n. 91 contempla una condizione di vantaggio per colui che, riconosciuto apolide, intenda<br />
acquistare il nostro status civitatis. L’art. 9, comma 1 lett. e) della citata Legge n. 91/92 stabilisce infatti per<br />
l’apolide, la riduzione a cinque anni del periodo di residenza legale sul nostro territorio, utile ai fini della<br />
presentazione dell’istanza di concessione della cittadinanza italiana. In entrambi i casi, le procedure possono<br />
riguardare anche i Rom provenienti dalla Ex- Jugoslavia, entrati in Italia non oltre il 1° gennaio 1996, data di<br />
sottoscrizione degli accordi di pace.<br />
In materia di apolidia, l’Italia ha firmato ma non ratificato la Convenzione ONU del 1961 sulla riduzione<br />
dell’apolidia. In ordine a tale possibilità, l’applicazione della Convenzione nel nostro Ordinamento appare<br />
complessivamente conciliabile con la legislazione nazionale, che risulta peraltro maggiormente garantista. Infatti<br />
la Legge n. 91/1992, pur se caratterizzata dal principio volontaristico, contiene norme che prevedono forme di<br />
automatismo, a tutela dei minori.<br />
L’art. 14 disciplina l’acquisto della cittadinanza da parte dei figli minori conviventi di chi acquista o riacquista il<br />
nostro status civitatis, salvaguardando il principio volontaristico con la possibilità di rinuncia da parte<br />
dell’interessato, una volta raggiunta la maggiore età, sempre che sia in possesso di altra cittadinanza.<br />
Contrariamente a quanto prevede la Convenzione in relazione alla possibilità di acquisire la cittadinanza,<br />
subordinandola alla circostanza che l’interessato sia sempre stato apolide, il nostro Ordinamento prende in<br />
considerazione tale status, indipendentemente da quando lo stesso si è verificato, purché sia decorso un<br />
determinato arco temporale dal momento del riconoscimento. La predetta Legge n. 91/1992, risulta inoltre, del<br />
tutto garantista, sotto il profilo del mantenimento dello status civitatis: l’Ordinamento italiano non prevede<br />
fattispecie, quali quella di cui al comma 4, art. 7 della Convenzione, con la quale viene introdotta una forma di<br />
automatismo nella perdita della cittadinanza a seguito di residenza all’estero per un periodo non inferiore a 7 anni.<br />
Per la maggior parte dei Rom di ultimo ingresso, resta poi pendente la questione<br />
fondamentale della regolarizzazione. Per esempio per coloro che sono nati in Italia e vissuti nei<br />
campi, l’acquisizione della cittadinanza italiana, al compimento del diciottesimo anno, è ostacolata<br />
dall’impossibilità di produrre apposita documentazione, che attesti la residenza continuativa in<br />
Italia, per tutti i 18 anni. Per quanto riguarda gli apolidi “di nazionalità non determinata”, che sono<br />
privi di permesso di soggiorno, è necessario che siano regolarizzati o che ricevano documenti non in<br />
deroga, ma identici a quelli degli altri cittadini.<br />
La minaccia costante di espulsione dall’Italia, la relazione stretta tra permesso di soggiorno<br />
e contratto di lavoro, le difficoltà di accesso ai servizi di base (tra cui quelli socio-sanitari)<br />
costituiscono ostacoli concreti ad una positiva integrazione/inclusione sociale.<br />
La presenza significativa di non italiani tra i Rom, Sinti e Caminanti solleva dei quesiti non<br />
solo relativi all’integrazione, ma anche e soprattutto con riguardo agli istituti dell’ammissione e<br />
della permanenza sul territorio nazionale.<br />
Ricordando la cornice normativa internazionale ed interna, si riassumono di seguito le<br />
diverse situazioni giuridiche, relative a:<br />
• RSC fuggiti dai Paesi extra-comunitari, in quanto vittime del conflitto o di persecuzioni<br />
interne, i quali hanno accesso a: il diritto di asilo; o a protezione sussidiaria; o a permesso di<br />
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