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intervista Valérie Donzelli<br />

FILMOGRAFIA - La reine des pommes (2009), La guerra è dichiarata (2011)<br />

Jérémie Elkaïm e Valérie Donzelli<br />

Senza arrendersi mai<br />

Rie<strong>la</strong>borazione di un’esperienza tragica dal<strong>la</strong> quale <strong>la</strong> coppia di cineasti-genitori è<br />

uscita rafforzata, “La guerra è dichiarata” è un caso cinematografico che ha<br />

conquistato pubblico e critica in Francia. Con lieto fine…<br />

••• Un film straordinario nato da<br />

un’esperienza indelebile. La guerra è<br />

dichiarata dal<strong>la</strong> coppia (ora ex) Donzelli-<br />

Elkaïm, un full frontal con più obiettivi: il<br />

tumore al cervello che colpisce il figlio a un<br />

anno e mezzo, le burocrazie che aggravano il<br />

processo di cura, un contorno umano e sociale<br />

che li vede come “alieni” <strong>la</strong>ddove invece<br />

tentano di attraversare (e superare) quanto di<br />

peggio <strong>la</strong> vita reale possa offrire. Ed è<br />

soprattutto <strong>la</strong> lotta estrema ad impedire che <strong>la</strong><br />

ma<strong>la</strong>ttia del bimbo possa allontanarli,<br />

spegnendo quell’amore che è il motore di<br />

ogni gesto. La guerre est dec<strong>la</strong>rée è il racconto<br />

autobiografico di questi eventi, rie<strong>la</strong>borati<br />

anni dopo <strong>la</strong> guarigione del piccolo Gabriel<br />

che nel film porta il nome simbolico di Adam,<br />

così come Valérie e Jérémie diventano gli<br />

innamorati per eccellenza, Giulietta e Romeo.<br />

C’è una dichiarazione significativa che<br />

avete ri<strong>la</strong>sciato a commento di questo<br />

film-esperienza: “Ci siamo liberati del<strong>la</strong><br />

parte brutta per tenerci solo il bello”.<br />

Vale a dire?<br />

Partiamo da un presupposto: questo film<br />

esiste perché nostro figlio è guarito. Da quel<br />

momento in poi è trascorso il tempo<br />

necessario di e<strong>la</strong>borazione del dolore, il<br />

cosiddetto distacco fisiologico per guardarsi<br />

indietro – e dentro – e capire cosa<br />

quell’esperienza atroce aveva significato per<br />

ciascuno di noi, come esseri umani, come<br />

coppia e come genitori. Ne abbiamo raccolto<br />

una ricchezza straordinaria, incontenibile in<br />

un’eventuale altra vita, figuriamoci in un film.<br />

Il procedimento che abbiamo scelto di<br />

adottare è stato quello di filtrare ciò che di<br />

buono è uscito dall’inferno e di restituire<br />

cinematograficamente il dolore insito nel<strong>la</strong><br />

vicenda attraverso un tono energetico,<br />

appunto di sfida, come dovessimo andare in<br />

guerra, mai ripiegandoci su noi stessi. Per<br />

questo abbiamo raccontato <strong>la</strong> storia come se<br />

non fosse nostra, utilizzando dei nomisimbolo,<br />

universalmente riconducibili alle<br />

icone dell’amore per eccellenza.<br />

In termini più cinematografici cosa<br />

significa un film dai toni energetici?<br />

Perché molti tratti di La guerra è<br />

dichiarata si iscrivono perfettamente<br />

nel<strong>la</strong> commedia…<br />

Certamente. C’è <strong>la</strong> commedia, c’è il dramma<br />

realistico, c’è il war movie come il mélo<br />

sentimentale (perché è fondamentalmente<br />

una storia d’amore), il musical e il fantasy. In<br />

realtà c’è di tutto, tranne, forse, il cancer<br />

movie, che in realtà è un genere inesistente<br />

ma con ovvie motivazioni per esser definito<br />

tale. Tutti i generi e nessuno, come si suol dire.<br />

Volevamo un film vibrante, realistico sui fatti<br />

che raccontiamo ma con adatte ellissi per<br />

aiutare lo spettatore a tenere alti i ritmi di<br />

attenzione su ciò che conta veramente. Ci<br />

sono poche mezze misure: musica o silenzi,<br />

montaggio veloce o immagini fisse e ralenti.<br />

C’è <strong>la</strong> nostra interpretazione cinematografica<br />

del<strong>la</strong> vita, insomma. Che non prescinde<br />

dall’umorismo di cui non possiamo fare a<br />

meno.<br />

Inevitabile chiedervi quanto sia stato<br />

doloroso rivivere quei momenti mentre<br />

<strong>la</strong>voravate sul film. Così come viene<br />

spontaneo capire quanto per voi il<br />

cinema sia stato terapeutico rispetto a<br />

questo episodio tragico.<br />

Abbiamo tenuto un diario durante <strong>la</strong> ma<strong>la</strong>ttia.<br />

Basandoci sui materiali di quel testo abbiamo<br />

proceduto con <strong>la</strong> scrittura del<strong>la</strong> sceneggiatura,<br />

che al<strong>la</strong> fine è stato il momento più denso di<br />

ricordi, di vissuto. Quando siamo passati alle<br />

riprese, quindi, il peggio era passato… Siamo<br />

usciti dal film con una consapevolezza<br />

maggiore, che se vogliamo può essere intesa<br />

come forma terapeutica. Ma non<br />

dimentichiamoci che noi siamo sceneggiatori,<br />

attori, registi e che questo è il nostro <strong>la</strong>voro.<br />

Eravamo animati dal<strong>la</strong> ferma volontà di<br />

evitare sia il ricatto morale sul pubblico, sia di<br />

dar respiro al<strong>la</strong> nostra compiacenza del<br />

vissuto. Volevamo puntare essenzialmente<br />

sul<strong>la</strong> storia d’amore e sul<strong>la</strong> profonda umanità<br />

che è insita in questa nostra esperienza.<br />

Il film l’avete scritto e interpretato<br />

insieme. Ma <strong>la</strong> regia risulta firmata da<br />

Valérie. Jérémie non ha partecipato alle<br />

decisioni in fase di riprese?<br />

Diciamo che <strong>la</strong> firma in questo caso è più un<br />

pro forma, perché il <strong>la</strong>voro è stato totalmente<br />

condiviso in ogni fase: era inevitabile.<br />

Sul finale compare vostro figlio Gabriel,<br />

ormai cresciuto e ovviamente guarito.<br />

Perché avete scelto di metterlo in scena?<br />

Non temevate di esporlo troppo?<br />

Quando Gabriel ci ha chiesto chi avrebbe<br />

interpretato il suo ruolo da bimbo cresciuto,<br />

gli abbiamo detto che stavamo cercando un<br />

attore che gli somigliasse. A quel punto lui si è<br />

offerto e lo abbiamo accontentato, d’altra<br />

parte perché non avremmo dovuto? Sul set si<br />

è sentito perfettamente a suo agio, quindi<br />

forse è stata <strong>la</strong> decisione migliore. Non<br />

eravamo sicuri, invece, di farglielo vedere.<br />

Però, quando il film è uscito in Francia c’è<br />

stato un certo tam tam negli ambienti parigini<br />

e se n’è par<strong>la</strong>to anche nelle scuole, tanto che i<br />

suoi compagni gli facevano domande. Per<br />

questo abbiamo deciso che fosse meglio<br />

mostrarglielo, sarebbe stato assurdo che ne<br />

sentisse par<strong>la</strong>re dagli altri rimanendo l’unico a<br />

non averlo visto. E anche in quest’occasione<br />

non si sono verificati traumi, anzi ha reagito<br />

con maturità e serenità.<br />

• ANNA MARIA PASETTI<br />

8 VIVILCINEMA maggiogiugno12

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