Il Raku come tecnica di cottura degli smalti sulla ceramica si è molto diffuso in occidente, particolarmente negli Stati Uniti, Gran Bretagna, Canada, Australia, Nuova Zelanda e, negli ultimi anni, anche in Italia, Francia, Germania, Olanda. Iniziatore della diffusione della cermica Raku in occidente è il ceramista inglese Bernard Leach che scoprì la tecnica nel 1911 a Tokio. Il suo libro “Potter’s Book” svela le tecniche Raku apprese in nove anni vissuti tra Cina e Giappone a fare sperimentazione, ricerche, apprendistato. Bernard Leach è morto nel 1979 all’età di 92 anni. Negli anni 60 alcuni ceramisti americani, per primo Paul Soldner, cominciarono nuove sperimentazioni del Raku scoprendo tecniche di ossidazione con il fumo di materiali organici: foglie secche o umide, erbe, carta, trucioli di legno, segatura, stracci, paglia, letame. Sperimentarono diverse modalità di raffreddamento repentino nell’acqua, nel thè, nel sale, nella sabbia. Sperimentarono nuovi impasti di ceramiche, aggiungendo materiali come la Chamotte, la sabbia silicea, la cenere vulcanica (pomice), il talco, l’allumina, il Ball Cay, la bentonite (materiali che si possono trovare facilmente presso i rivenditori di prodotti ceramici) al fine di far diventare le argille più refrattarie. Sperimentarono nuovi smalti, nuove decorazioni e forme, nuovi effetti di craclè. La cottura Raku realizzava non solo oggetti funzionali, ma apriva la strada alla produzione di particolarissimi oggetti d’arte, e divenne un happening pubblico di grande suggestione. Raku vuol dire “gioire il giorno”. La ciotola, oggetto d’arte da cui si beve il thè con profonda religiosità, scaturita dalle mani esperte di un artigiano che in essa ha riversato tutti i segreti della sua arte e la cui fama di bocca in bocca si è diffusa in ogni regione, mette in risalto la bellezza, l’evento particolarissimo di bere il thè in modo ceriomoniale circondati da ospiti di riguardo. Il fuoco, l’acqua, l’aria, la terra, il thè, e l’uomo con le sua mani di artigiano, simbolicamente e fisicamente si mescolano nella ciotola che diventa nella cerimonia una sorta di inno alla vita: gioire il giorno appunto. Si narra che imperatori, principi, militari avessero l’usanza di usare una ciotola Raku solo una volta nella cerimonia del thè. I vasai furono coinvolti a costruirne a migliaia per poter soddisfare questa richiesta. Un oggetto d’arte usato soltanto una volta, solo per una precisa occasione, e poi distrutto o messo da parte, ricercato da collezionisti e amatori, non può che aumentare di preziosità e valore. Ciò che rende prezioso il manufatto Raku è anche la sua unicità. Non esitono infatti due pezzi “uguali” tante sono le varianti che possono intervenire nel processo di lavorazione, di cottura, di raffreddamento (spessori, forme, tipi di argilla, smalti, effetti craclè, umidità, ossidazione…). Finché il pezzo non è stato tolto dal fuoco, raffreddato, lavato, pulito, asciugato, non si può prevedere esattamente come sarà. Questa “alea”, e l’unicità che ne deriva, rende la ceramica Raku, e la sua cottura, un happening affascinante contribuendo all’aumento della sua preziosità. Una storia zen narra di un bambino di nome Ikkyu che viveva in un monastero per diventare monaco. Era molto intelligente. Il suo insegnante aveva una preziosa tazza da thè; un oggetto di ceramica molto antico. Sfortunatamente Ikkyu ruppe questa tazza. Ne fu molto imbarazzato. Sentendo i passi dell’insegnante giungere dal corridoio nascose i cocci della tazza dietro la schiena. Quando il maestro comparve, il bambino gli domandò: “Perché, maestro, la gente deve morire?” “Questo è naturale - spiegò il vecchio - ogni cosa deve morire, e deve vivere per il tempo che le è stato destinato”. Ikkyu mostrando la tazza rotta disse: “Per la tua tazza era venuto il tempo di morire”. 2
<strong>RAKU</strong>HAIKU di <strong>Cascina</strong> <strong>Macondo</strong> Da quindici anni nei laboratori di <strong>Cascina</strong> <strong>Macondo</strong> si sperimenta la ceramica Raku. Tre ciotole Raku, cotte il giorno della premiazione, sono il riconoscimento spettante ai primi tre classificati del Concorso Internazionale di Poesia Haiku in Lingua Italiana che <strong>Cascina</strong> <strong>Macondo</strong> bandisce ogni anno. Il Rakuhaiku è un manufatto tipico di <strong>Macondo</strong>, risultato di una sperimentazione strettamente connessa con la poetica Haiku. E’ una ciotola. Un Haiku interpretato con l’arte della ceramica Raku o, meglio, un Haiga dove l’immagine a cui viene abbinato l’Haiku è un’immagine che consiste in un manufatto Raku tridimensionale, con le sue forme, le sue macchie di colore, i suoi effetti craclè, i suoi smalti, il suo rituale. Nella produzione di ciotole Rakuhaiku sono coinvolti i canoni estetici della poesia Haiku (semplicità, essenzialità, concentrazione…) e i canoni estetici del Raku (unicità, colore, forma, manufatto…). L’artigiano entra in comunicazione ideale e profonda con l’Haijin per trasformare l’Haiku da lui prodotto in un piccolo oggetto d’arte, unico e irripetibile. E’ un passaggio: il testo haiku viene reinterpretato, rivisitato, trasformato dalla libertà, dalla visione, dalla sensibilità del vasaio in forma, colore, oggetto Un Haiku che gioisce al giorno. <strong>Cascina</strong> <strong>Macondo</strong> - Haiku Poesia del Futuro - Seconda Conferenza Italiana Haiku domenica 28 giugno 2009, Circolo dei Lettori, Torino - Italy 3