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UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI PARMA - IPASVI - La Spezia

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UNIVERSITA’ <strong>DEGLI</strong> <strong>STU<strong>DI</strong></strong> <strong>DI</strong> <strong>PARMA</strong><br />

FACOLTA’ <strong>DI</strong> ME<strong>DI</strong>CINA E CHIRURGIA<br />

Corso di <strong>La</strong>urea in Infermieristica<br />

ANNO ACCADEMICO 2008/2009<br />

ELABORATO FINALE<br />

CAN<strong>DI</strong>DATO: CASETTI MATTEO<br />

TITOLO DELL'ELABORATO:<br />

LA PROMOZIONE DELLA PROFESSIONE INFERMIERISTICA<br />

PAROLE CHIAVE:<br />

promozione, professione, carenza, personale, immagine, reclutamento<br />

1


Indice<br />

Riassunto Pag. 3<br />

Presentazione Pag. 5<br />

Introduzione: materiali e metodi Pag. 13<br />

Capitolo 1: perché promuovere la professione infermieristica Pag. 16<br />

Perché promuovere la professione infermieristica:<br />

1- la carenza mondiale di infermieri Pag. 21<br />

<strong>La</strong> carenza di infermieri negli Usa Pag. 23<br />

<strong>La</strong> situazione nei Paesi poveri: infermieri in fuga, sanità al collasso Pag. 26<br />

Più medici che infermieri: il paradosso della sanità italiana Pag. 30<br />

Perché promuovere la professione infermieristica:<br />

2- migliorare l'immagine dell'infermiere nella società Pag. 38<br />

<strong>La</strong> professione vista dalla rete Pag. 38<br />

Riconoscimento sociale e legislativo Pag. 41<br />

L'immagine dell'infermiera al cinema e in tv Pag. 47<br />

Capitolo 2: chi promuove la professione infermieristica Pag. 59<br />

Le campagne nell'ultimo decennio Pag. 62<br />

Il punto di vista dei Collegi provinciali Pag. 72<br />

Bibliografia Pag. 80<br />

Web-grafia Pag. 82<br />

2


Riassunto<br />

Le ragioni per cui occorre promuovere la professione infermieristica possono sostanzialmente<br />

essere ridotte a due, tra loro collegate:<br />

1) la carenza a livello mondiale di personale infermieristico, che comporta ulteriori gravi<br />

conseguenze dovute alla migrazione di infermieri dai paesi poveri verso quelli più ricchi, e<br />

che nella particolarità del caso italiano si associa alla presenza di personale medico ben oltre<br />

la media degli altri paesi;<br />

2) l'immagine degli infermieri nella società, ancora fortemente influenzata da vecchi stereotipi<br />

e che, nonostante il riconoscimento legislativo avvenuto nel corso degli anni '90, fatica ad<br />

adeguarsi al nuovo ruolo connesso alla professione.<br />

Concentrandoci sulla situazione italiana, nel nostro paese chi si occupa di promozione della<br />

professione infermieristica in modo programmatico è la Federazione nazionale dei Collegi<br />

Provinciali (Ipasvi) tramite:<br />

– pubblicazioni (la rivista L'infermiere);<br />

– un sito internet, http://www.ipasvi.it/;<br />

– campagne pubblicitarie volte ad avvicinare i giovani alla professione (come nel caso del<br />

2007 con Infermiere. Protagonista nella vita vera);<br />

– convegni dedicati ad alcuni aspetti della tematica.<br />

3


Si è cercato di approfondire uno per uno gli strumenti qui elencati ripercorrendo il lavoro intrapreso<br />

nell'ultimo decennio non solo dagli infermieri, ma anche da giornalisti, storici, antropologi e<br />

sociologi. Si è quindi provato a contattare direttamente i collegi provinciali Ipasvi e, tramite un<br />

questionario, interpellarne gli associati per comprendere il grado di soddisfazione circa le politiche<br />

della Federazione in tema di promozione nell'ultimo decennio: se pare diffusa una certa<br />

consapevolezza circa il proprio ruolo, in relazione al riconoscimento professionale, dall'altra parte<br />

occorre tuttavia evidenziare come l'immagine degli infermieri nella società venga ancora percepita<br />

come riduttiva, inadeguata al ruolo e falsata da stereotipi. Se sono stati registrati passi avanti in<br />

termini di reclutamento (gli iscritti al test d'ingresso per il Corso di <strong>La</strong>urea in Infermieristica sono in<br />

costante aumento da alcuni anni), molto resta ancora da fare per migliorare l'immagine della<br />

professione nella società, dove non appaiono tutt'ora chiari ruolo e competenze degli infermieri.<br />

4


Presentazione<br />

L'idea di un elaborato che si occupasse della promozione della professione infermieristica mi venne<br />

in mente lo scorso 12 maggio quando, durante una delle ultime lezioni del corso, fu letta in classe<br />

una lettera apparsa il giorno stesso sulla Gazzetta di Parma.<br />

Lettera ai Cittadini<br />

Oggi è un giorno di festa per celebrare insieme ai cittadini i valori della professione infermieristica<br />

e il ruolo degli infermieri nel prendersi cura del singolo, della famiglia, della comunità, nel rispetto<br />

dei valori deontologici.<br />

Grazie alla Giornata Internazionale dell'Infermiere, i professionisti iscritti al Collegio Infermieri di<br />

Parma, si presentano alla comunità locale per descrivere i valori e i principi guida della<br />

professione.<br />

Lo slogan di quest'anno è: Noi infermieri con i nostri valori, dalla vostra parte. Sempre.<br />

I valori sono una componente fondamentale di una professione, anzi si può dire che le professioni, in<br />

quanto tali, nascono e si sviluppano a partire dai valori assunti a riferimento. Sono questi che<br />

muovono le azioni, le scelte, le decisioni di qualsiasi individuo.<br />

Il Codice Deontologico, di cui l'ultimo approvato nel gennaio 2009 dalla Federazione Nazionale<br />

Collegi Ipasvi, è il manifesto dichiarativo dei valori di una professione: fissa le norme dell'agire<br />

professionale e definisce i principi guida che strutturano il sistema etico in cui si svolge la relazione<br />

con la persona-assistito.<br />

Relazione che si realizza attraverso interventi specifici, autonomi e complementari di natura<br />

intellettuale tecnico-scientifica, gestionale, relazionale ed educativa.<br />

I termini utilizzati per definire gli interventi assistenziali contengono le chiavi interpretative e della<br />

natura dell'atto infermieristico che ricerca e persegue, nelle diverse fasi del percorso assistenziale,<br />

appropriatezza e pertinenza nell'interesse primario della persona.<br />

5


“Specifici” sta per “propri”, ossia interni alla professione in quanto patrimonio di peculiari<br />

competenze ed esperienze infermieristiche.<br />

“Autonomi” sta per “di decisione propria” rispetto ad altre figure professionali.<br />

“Natura intellettuale, tecnico-scientifica, gestionale, relazionale ed educativa” sta per saperi<br />

disciplinari che sostengono le diverse funzioni infermieristiche e per l'irrinunciabilità della<br />

relazione, dell'educazione e dell'informazione.<br />

Anche la responsabilità, collegata all'autonomia è intesa come un principio guida dell'agire<br />

professionale. L'assunzione di responsabilità pone l'infermiere in una condizione di costante<br />

impegno: quando assiste, quando cura e si prende cura della persona nel rispetto della vita, della<br />

salute, della libertà e della dignità dell'individuo.<br />

I valori della nostra professione sono stati precursori di quello che la società moderna sta<br />

realizzando e richiedendo: il rispetto della persona assistita, la sua espressione e libera scelta verso<br />

i trattamenti sanitari, il suo coinvolgimento nel percorso di trattamento.<br />

<strong>La</strong> tutela della professione, dell'esercizio professionale, e la vigilanza affinché siano rispettate le<br />

norme deontologiche, sono in capo al Collegio Infermieri.<br />

In questa accezione il Collegio non è solo uno strumento di disciplina ma è soprattutto uno<br />

strumento di difesa della salute dei cittadini e degli interessi della categoria professionale.<br />

[…] Nel congedarsi dai lettori, gli infermieri colgono l'occasione della GIORNATA<br />

INTERNAZIONALE, per rinnovare il loro impegno sociale e professionale nel promuovere azioni a<br />

favore del benessere e della qualità della vita di tutti i cittadini.<br />

Firmato<br />

Il Presidente e il Consiglio Direttivo del Collegio di Parma<br />

Dopo averla letta, il professore chiese a noi studenti un commento a riguardo. Anziché soffermarmi<br />

sul suo contenuto in quanto futuro professionista (e da questo punto di vista il messaggio è chiaro:<br />

gli infermieri si presentano e prendono la parte dei cittadini perché la tutela della salute è un valore<br />

6


connesso alla natura stessa dell'essere infermiere), provai a mettere in pratica una di quelle<br />

attenzioni che durante il corso ci è stato più volte raccomandato di fare nel nostro agire quotidiano,<br />

ossia cercare sempre di mettersi nei panni di chi si ha di fronte. Ecco, in quella situazione ho<br />

provato ad indossare i panni del lettore tipo del quotidiano locale, ad immaginare la sua reazione di<br />

fronte alla pagina intera occupata dalla lettera di fianco ad uno dei manifesti per la Giornata<br />

dell'Infermiere. E mi sono chiesto in quanti avrebbero iniziato a leggerla, in quanti sarebbero<br />

riusciti a terminare la lettura prima di voltare pagina, e ancora se sarebbe rimasto qualcosa, e che<br />

tipo di messaggio, in chi fosse riuscito a finire di leggerla. Ovvio che non vi sarebbe stato modo<br />

alcuno di verificare quella che fu solo una mia percezione: il lettore medio della Gazzetta di Parma<br />

(e non me ne vogliano gli abituali lettori del quotidiano più vecchio d'Italia, ma avrei azzardato la<br />

stessa ipotesi per qualsiasi altro giornale) avrebbe letto al massimo qualche riga della lettera, per poi<br />

voltar pagina e passare ad altro. E non me ne vogliano neppure il Presidente e il Consiglio Direttivo<br />

del Collegio Ipasvi di Parma, la cui iniziativa nasce sì con un intento lodevole, quello di avvicinare i<br />

cittadini alla professione (e di simili iniziative, è evidente, nel Collegio ne avvertono continuamente<br />

il bisogno, potendo “misurare” ogni giorno la distanza tra infermieri e gente comune), ma a mio<br />

avviso lo fa con modalità inadeguate ed usando un linguaggio fin troppo tecnico (anche se, va<br />

ammesso, le parole sono “pesate” e addirittura spiegate nel loro specifico significato all'interno del<br />

contesto di cui sopra) per riuscire a catturare e coinvolgere nella lettura il fruitore abituale del<br />

quotidiano. È vero, il 12 maggio è una data che è anche occasione di festa per gli infermieri, tuttavia<br />

non posso fare a meno di chiedermi come avrebbe potuto essere “sfruttata” altrimenti quella pagina<br />

di giornale, con tutti i problemi connessi alla professione, dalla difficoltà ad attrarre i giovani, alla<br />

mancanza di peso degli infermieri nelle politiche sulla salute, fino alla mancata conoscenza, tra i<br />

non addetti ai lavori in ambito sanitario, di ciò che realmente loro compete: evidenziare (ancora una<br />

volta) questi ed altri problemi davanti agli occhi dei cittadini avrebbe sicuramente reso meno<br />

leggero il tono rispetto a quello che forse la ricorrenza festosa imponeva.<br />

7


Un'occasione mancata dunque Non credo tuttavia che snocciolare cifre a supporto di quanto detto<br />

appena sopra sarebbe servito ad ingraziarsi i cittadini, né il render loro consci una volta di più di<br />

quali siano le “nostre” battaglie quotidiane avrebbe contribuito a farseli alleati. Anzi, avrebbe forse<br />

costituito un'inopportuna caduta di stile, avrebbe chissà banalizzato la nostra professione e confuso<br />

ancor di più quella pagina tra le altre del giornale, tra l'indifferenza.<br />

Mi sono addentrato fin troppo nelle ipotesi che ancora oggi non sono sicuro di quello che avrei fatto<br />

o scritto io al posto della lettera: probabilmente avrei lasciato perdere il quotidiano per concentrarmi<br />

su mezzi comunicativi più adatti ad un altro target. Ma non voglio soffermarmi oltre su quella<br />

lettera, che nel bene e nel male è stata comunque il punto d'avvio della mia riflessione e del<br />

seguente lavoro.<br />

8


Durante la stesura dell'elaborato, proprio mentre scrivevo circa l'immagine dell'infermiere nella<br />

società, mi sono imbattuto in alcune situazioni che hanno confermato le mie sensazioni (avvertite<br />

prima di me da diversi autori citati nelle pagine seguenti) di trovarci in un periodo transitorio, di<br />

anni di cambiamenti per la professione, alcuni già attuati e ben visibili, altri in corso, altri ancora a<br />

venire. Di fronte alla città tappezzata di manifesti in occasione dell'inaugurazione del nuovo pronto<br />

soccorso, non ho potuto far altro che sorridere compiaciuto nel vedere l'immagine di infermieri veri,<br />

donne e uomini, in divisa, scelti per testimoniare alla cittadinanza questo evento. Un immagine che<br />

ritengo acquisti un valore simbolico notevole, silenziosa ma sempre lì, come gli infermieri,<br />

soprattutto si considera all'opposto la ridondanza e al tempo stesso la vacuità di mille e più parole<br />

(verba volant) spese da politici e politicanti per farsi belli una volta di più di fronte alle televisioni<br />

locali. Ora che il nuovo pronto soccorso è stato inaugurato, resta silenziosa la presenza degli<br />

infermieri ad accogliere i cittadini bisognosi.<br />

9


A riportarmi con i piedi per terra, confermandomi che certi stereotipi sono duri a morire e che per<br />

gli infermieri ci sarà ancora molto da lavorare per promuovere una nuova immagine della<br />

professione, ci ha pensato la campagna pubblicitaria per la nuova linea di abbigliamento di Matteo<br />

Cambi (l'ex di Guru, delle cui vicende personali non intendo trattare in questa sede).<br />

Una camera d'ospedale con il bianco che domina, una figura femminile in un camice () che<br />

evidenzia le curve quanto basta ed ecco servito in una nuova veste un piatto oramai cotto in tutte le<br />

salse: il vecchio stereotipo dell'infermiera sexy, più svestita che vestita, e in questo caso pure con<br />

un'aria un po' maledetta (pupazzo, tatuaggi e allusioni varie fanno il resto). Di fronte a questa<br />

immagine mi sono dapprima chiesto come si potesse pubblicizzare in questo modo una nuova linea<br />

di capi d'abbigliamento; poi, non trovando immediatamente una risposta e concludendo che le vie<br />

della pubblicità, come quelle del Signore, sono probabilmente infinite, mi sono reso conto una volta<br />

di più che è ancora lunga la strada che gli infermieri devono compiere per un pieno riconoscimento<br />

sociale, del proprio ruolo, della propria figura, della professione in generale. Con questo lavoro<br />

spero di poter dare il mio piccolo contributo alla causa.<br />

Per chiudere tuttavia con una nota positiva, mi pare significativo segnalare un paio di iniziative a<br />

favore della professione. <strong>La</strong> prima viene da un ospedale della Liguria, dove è stato introdotto un<br />

10


sistema a divise di colore diverso per ogni figura operante all'interno di una nuova struttura<br />

sanitaria. Cartelli/legenda come quello che riproponiamo sono stati collocati all'ingresso e nei punti<br />

strategici dell'edificio in questione.<br />

L'argomento della ''facile'' identificazione di quale ruolo ricopre il dipendente è stato spesso sollevato<br />

come un reale problema nelle strutture sanitarie, e naturalmente lo è. In non molte realtà del Paese<br />

esiste già una simile impostazione, mentre nella maggior parte delle realtà (pubbliche e private)<br />

persiste una certa noncuranza, ne' regole al riguardo. Questo comporta attribuzioni scorrette di<br />

responsabilità, confusione, scarsa chiarezza, che -in certe circostanze particolari- possono arrivare a<br />

favorire perfino l'errore assistenziale. Ma, soprattutto, l'assenza di regole sulle divise di lavoro<br />

11


alimenta confusione e percezioni sbagliate nel pubblico, quel meccanismo che fa chiamare,<br />

impropriamente, tutti a rispondere della qualifica di ''Infermiere', quando è evidente che non è così 1 .<br />

<strong>La</strong> seconda ci conferma il riconoscimento, da parte delle istituzioni, dell'importanza del ruolo<br />

ricoperto dagli infermieri nella società.<br />

Un francobollo sarà dedicato agli infermieri italiani: l’iniziativa promossa dal Ministro dello<br />

Sviluppo economico, On. Claudio Scajola, attesta la volontà di manifestare in modo evidente il<br />

riconoscimento del Paese per la funzione sociale svolta da questa professione. L’importanza della<br />

scelta è ulteriormente sottolineata dal fatto che è la prima volta che un francobollo della serie<br />

filatelica “Istituzioni” verrà dedicato ad una professione, quella infermieristica.<br />

<strong>La</strong> presentazione del francobollo avrà significativamente luogo il 12 maggio 2010, in occasione della<br />

prossima Giornata internazionale dell’Infermiere. Contestualmente dovrebbero svolgersi, secondo il<br />

programma in via di definizione con il Ministero dello Sviluppo economico, una serie di<br />

manifestazioni volte a sollecitare l’attenzione dell’opinione pubblica sull’evento, anche attraverso il<br />

coinvolgimento dei media 2 .<br />

Proprio a proposito di quanto affermato in chiusura del breve brano di cui sopra, sarà interessante<br />

notare come e se la vetrina del 12 maggio verrà utilizzata e se ciò riuscirà a portare qualche buona<br />

notizia per la professione. Da questo punto di vista, come avremo modo di far notare più volte nel<br />

corso dell'elaborato, gli ultimi anni lasciano ben sperare, sia dal punto di vista dell'immagine degli<br />

infermieri nella società, che per quanto riguarda le politiche di reclutamento di nuovi studenti per i<br />

corsi di laurea. Non è tuttavia tempo di sedersi sugli allori: c'è ancora molto da lavorare su entrambi<br />

i fronti, fermarsi ora sarebbe inopportuno e controproducente.<br />

1 Newsletter n. 83, Collegio Ipasvi di <strong>La</strong> <strong>Spezia</strong>.<br />

2 Emma Martellotti, Un francobollo dedicato agli infermieri, in L'infermiere, 5-6/2009, pag. 8.<br />

12


Introduzione: materiali e metodi<br />

Le tematiche connesse alla promozione dell'infermieristica sono divenute oggetto di studio<br />

sistematico solo negli ultimi anni, parallelamente all'evoluzione autonoma della disciplina e<br />

soprattutto a partire dalla metà degli anni '90, cioè da quando questa è stata riconosciuta come<br />

professione. Il passaggio da mansione a professione, oltre a sancire dal punto di vista legislativo<br />

l'indipendenza dell'infermieristica dalle discipline ad essa storicamente associate (in primis la<br />

medicina), ha anche coinciso con l'inizio di una lunga riflessione circa l'identità dell'infermiere in<br />

quanto professionista, il suo ruolo nella sanità e nella società, i punti deboli e i punti di forza della<br />

professione.<br />

Altro aspetto da tenere in considerazione è, per il periodo in questione, il contemporaneo sviluppo<br />

della rete a livello mondiale: ciò ha permesso di allargare la portata della riflessione da una<br />

dimensione locale/nazionale ad una internazionale, e di farlo in tempi brevissimi. L'accesso<br />

facilitato a dati di realtà tra loro fisicamente distanti consente un confronto costante, il quale non<br />

può che fungere da stimolo al miglioramento della professione: ne è un esempio la crescita del<br />

movimento EBN (Evidence Based Nursing), che sostiene la diffusione di pratiche cliniche fondate<br />

su basi scientifiche, ma anche lo sviluppo della ricerca infermieristica stessa deve molto al notevole<br />

peso specifico acquisito dalla rete negli ultimi anni.<br />

Proprio per ciò che concerne la ricerca, la rete facilita l'accesso alle fonti, incrementa le possibilità<br />

di contatti, amplifica la diffusione dei risultati degli studi: per una disciplina giovane come<br />

l'infermieristica il rapporto con internet è quasi simbiotico, tanto da poter affermare che ad oggi la<br />

rete rappresenta un passaggio obbligato, spesso e volentieri il punto di partenza di ogni indagine che<br />

voglia prendere in considerazione questo o quell'aspetto legati alla professione.<br />

13


Così è stato anche per questo lavoro. Tramite la rete è stato possibile anzitutto farsi un'idea circa la<br />

promozione della professione, capire che già da qualche anno gli infermieri stessi, ma non solo, si<br />

stanno interrogando e confrontando circa la percezione della propria immagine professionale nella<br />

società, ma anche tra di loro, supportati in questo da un numero crescente di studi da parte di<br />

sociologi, antropologi, storici e altri professionisti ancora. Grazie alla rete si è riusciti ad accedere a<br />

documenti, articoli di riviste, atti di convegni archiviati online e quindi facilmente reperibili da parte<br />

di chiunque voglia approfondire una specifica tematica. E sempre in rete è stato possibile trovare i<br />

contatti per interpellare direttamente alcuni dei professionisti che già si erano occupati di<br />

promozione e comunicazione relativa all'infermieristica in passato. L'inevitabile conseguenza di<br />

questo congruo ricorso alla rete è, se non un diretto incremento della web-grafia (o sitografia), in<br />

questo caso ancora limitata, quella di avere una bibliografia formatasi per la maggior parte grazie a<br />

riferimenti e rimandi trovati online.<br />

Tra le fonti prese in considerazione, quelle quantitativamente più rilevanti sono gli articoli di riviste<br />

di infermieristica e tra questi la maggior parte sono quelli pubblicati sulla rivista ufficiale<br />

dell'Ipasvi, L'infermiere: passandoli in rassegna è stato inoltre possibile individuare quelle figure<br />

che, all'interno della Federazione, più di altre negli ultimi anni si sono occupate di promozione e<br />

comunicazione, ossia la Presidente Annalisa Silvestro e la Responsabile dell'Ufficio Stampa Emma<br />

Martellotti.<br />

Altra fonte “di peso” sono gli atti dei diversi convegni tenutisi nell'ultimo decennio ed aventi per<br />

tema l'immagine degli infermieri nella società, la professione e la comunicazione, i media: è stato<br />

possibile consultare la trascrizione dei diversi interventi contattando direttamente alcuni dei<br />

professionisti coinvolti, i quali hanno gentilmente inviato via mail il materiale richiesto.<br />

Ulteriori documenti recuperati online sono i rapporti di organizzazioni internazionali (OMS, OCSE,<br />

UNFPA), soprattutto per quanto riguarda la carenza di personale sanitario e infermieristico in<br />

14


particolare, la migrazione di infermieri dai paesi poveri ed il loro reclutamento nei paesi più ricchi,<br />

le stime e le previsioni del fenomeno per gli anni a venire.<br />

Pochi sono i libri consultati, per lo più circa la realtà italiana e l'evoluzione dell'infermieristica nello<br />

specifico degli ultimi anni, alla luce delle novità introdotte dalle leggi degli anni '90.<br />

Si è poi voluta testare direttamente l'efficacia di alcuni canali comunicativi proposti dal sito<br />

dell'Ipasvi, quali i link agli indirizzi e-mail dei collegi provinciali, somministrando un semplice<br />

questionario circa la percezione della Federazione da parte delle sue componenti: di questo<br />

tratteremo nello specifico nel secondo capitolo, dopo esserci interrogati, nel primo, circa le<br />

motivazioni che stanno alla base della promozione della professione.<br />

Occorre infine premettere che il presente lavoro, nonostante sia nato con le migliori intenzioni, resta<br />

pur sempre un'opera parziale e limitata a fronte dell'ampiezza del campo che si prefigge di indagare:<br />

diverse critiche sono giunte già in corso d'opera da parte di alcuni dei collegi contattati e non<br />

eviterò di ometterle, ribadendo una volta di più quelle che sono le imperfezioni, pur in buona fede,<br />

dell'elaborato. Anzi, sarebbe bene se possibile riuscire a stimolare ulteriori ricerche e discussioni, in<br />

quanto trattasi di argomento vasto, ma a mio avviso di notevole interesse per la professione, in un<br />

periodo dove riflettere una volta di più su chi sono gli infermieri e cosa auspicano per il proprio<br />

futuro non costituisce, a mio avviso, tempo sprecato.<br />

15


Capitolo 1: perché promuovere la professione infermieristica<br />

Il verbo promuovere deriva dal latino pro- 'avanti' e movēre 'muovere', e significa letteralmente<br />

“muovere innanzi”; in italiano assume diversi significati:<br />

1. conferire un grado superiore nell'ambito di un ordinamento gerarchico<br />

2. nelle scuole, ammettere, mediante scrutinio o esame, alla classe immediatamente superiore<br />

3. in alcune locuzioni del linguaggio medico stimolare, eccitare<br />

4. sollecitare, spingere<br />

5. far avanzare, progredire, dare inizio, proporre<br />

Tralasciando i primi tre punti, ci concentreremo in particolar modo sugli ultimi due significati,<br />

quelli pertinenti a questo studio. Cosa significa dunque promuovere la professione infermieristica<br />

Cosa implica E cosa vuol dire, per un infermiere, fare promozione Rispondendo nella maniera più<br />

immediata e diretta potremmo affermare che un infermiere fa promozione semplicemente<br />

esercitando bene la sua professione (e si badi: non ho detto facendo bene il suo lavoro!), il che<br />

sottende già di per sé tutta una serie di implicazioni connesse ai significati di cui sopra: alla pratica<br />

infermieristica così come alle attività di ricerca, ad oggi legate tra loro da un filo doppio, sono<br />

inevitabilmente connesse le proposte, l'idea di progresso e avanzamento della professione, la spinta<br />

verso un continuo miglioramento. E quale sarebbe il metro per valutare se un infermiere è o non è<br />

un buon professionista Innanzitutto il rispetto delle norme che ne regolano l'operato, in primis il<br />

Codice Deontologico nella sua versione più aggiornata ossia quella approvata dal Consiglio<br />

nazionale della Federazione Nazionale Collegi <strong>IPASVI</strong> nella seduta del 17/01/2009. Se passiamo in<br />

rassegna i 51 articoli che lo compongono troviamo conferma della bontà di quanto sino ad ora<br />

16


sostenuto e del fatto che tocca all'infermiere stesso occuparsi in prima persona in attività di<br />

promozione legate all'agire professionale:<br />

art. 11 L'infermiere […] progetta, svolge e partecipa ad attività di formazione. Promuove, attiva e<br />

partecipa alla ricerca e cura la diffusione dei risultati.<br />

art. 16 L'infermiere si attiva per l'analisi dei dilemmi etici vissuti nell'operatività quotidiana e<br />

promuove il ricorso alla consulenza etica, anche al fine di contribuire all'approfondimento della<br />

riflessione bioetica.<br />

art. 19 L'infermiere promuove stili di vita sani, la diffusione del valore della cultura della salute e<br />

della tutela ambientale, anche attraverso l'informazione e l'educazione […].<br />

art. 29 L'infermiere concorre a promuovere le migliori condizioni di sicurezza dell'assistito e dei<br />

familiari e lo sviluppo della cultura dell'imparare dall'errore […].<br />

art. 32 L'infermiere si impegna a promuovere la tutela degli assistiti che si trovano in condizioni<br />

che ne limitano lo sviluppo o l'espressione, quando la famiglia e il contesto non siano adeguati ai<br />

loro bisogni.<br />

Così l'attività di promozione è strettamente collegata e pertinente all'agire professionale<br />

dell'infermiere, il quale è dunque in prima istanza responsabile e promotore di sé stesso e di<br />

conseguenza della professione. Più avanti in questo elaborato torneremo sulla questione e avremo<br />

modo di rispondere in maniera più approfondita alle domande legate a CHI, nello specifico, si<br />

occupa della promozione della professione infermieristica e COME, cioè attraverso quali strumenti;<br />

cercheremo invece in questo capitolo di analizzare il PERCHÉ promuoverla, ossia quali sono le<br />

ragioni a fronte delle quali la promozione risulta necessaria quando non addirittura urgente.<br />

<strong>La</strong> revisione della letteratura sul tema permette di ridurre sostanzialmente a due i motivi che stanno<br />

alla base della questione:<br />

17


1- la carenza di personale infermieristico<br />

2- l'immagine sociale della professione<br />

I due punti sono tra loro collegati e si può anche facilmente capire come: l'immagine dell'infermiere<br />

percepita nella società è determinata in senso negativo da stereotipi, falsi miti, idee confuse o<br />

sbagliate che minano alla base le possibilità di aumentare considerevolmente il numero di nuove<br />

reclute, causa prima della mancanza di infermieri a livello internazionale. In questo quadro, gli<br />

infermieri sono spesso non solo i primi a denunciare ciò che non va, ma anche i primi dopo i<br />

pazienti a subire le conseguenze del perpetuarsi di politiche sbagliate o dell'inerzia decisionale dei<br />

governanti.<br />

Iniziamo col considerare il perché fare promozione a fronte di un'immagine della professione non<br />

sempre veritiera e scegliamo come punto di partenza uno studio del Censis risalente al 1996, nel<br />

quale la professione veniva fotografata da un punto di vista privilegiato, cioè quello degli stessi<br />

infermieri, in un periodo per loro di grandi cambiamenti: da pochi anni era entrata in vigore la legge<br />

502/92 che trasformava gli ospedali in aziende con immediate ripercussioni sul personale<br />

dipendente soprattutto in termini di nuove assunzioni (o, come accadde di frequente, di blocco delle<br />

stesse) e gestione delle risorse umane 3 ; con la medesima legge, d'altra parte, veniva pure sancito il<br />

definitivo passaggio alla formazione universitaria, perfezionata dalla stipula di protocolli d'intesa tra<br />

Regioni e Università negli anni successivi 4 ; del 1994 è invece il Decreto Ministeriale che approva<br />

l'introduzione del Profilo Professionale dell'infermiere (che verrà successivamente completato<br />

dall'abrogazione del mansionario del 1999). L'indagine del Censis coglie alcuni aspetti<br />

dell'evoluzione che ha interessato la professione e che per molti versi la sta ancora toccando, aspetti<br />

particolarmente significativi proprio perché visti con gli occhi degli stessi infermieri, anche se<br />

3 Nerina Dirindin, Paolo Vineis, Elementi di economia sanitaria, ed. Il Mulino, 2004<br />

4 http://www.ipasvi.it/formazione/content.aspID=27<br />

18


sarebbe ancor più significativo poter comparare le rilevazioni del 1996 con dati più recenti proprio<br />

per poter valutare l'entità dello sviluppo della professione. Nello specifico, gli infermieri oggetto<br />

dell'inchiesta risposero a questionari circa il proprio ruolo in ambito lavorativo, la partecipazione ai<br />

processi decisionali, la percezione della categoria d'appartenenza e l'immagine esterna della<br />

professione; nell'introduzione vengono anticipati alcuni risultati del lavoro<br />

Se il generico coinvolgimento nella gestione delle attività è comunque considerato scarso o appena<br />

sufficiente, la totale insufficienza del coinvolgimento nelle scelte di politica sanitaria e in quelle di<br />

gestione finanziaria (relativamente al proprio ambito di lavoro) dell'infermiere è emersa chiaramente<br />

dalle indicazioni raccolte durante l'indagine.<br />

Non deve dunque stupire il fatto che la stragrande maggioranza degli intervistati abbia espresso<br />

valutazioni negative circa l'adeguatezza della valorizzazione dell'infermiere nell'ambito lavorativo, e<br />

neppure che i soggetti intervistati siano convinti che l'immagine esterna dell'infermiere – quella che<br />

della professione infermieristica ha la gente comune – non sia quella corrispondente a ciò che è la<br />

realtà concreta del loro lavoro.<br />

L'influenza del contesto lavorativo su tali opinioni è comunque forte ed evidente, e contribuisce ad<br />

indebolire l'auto-percezione del ruolo e dell'identità degli infermieri:<br />

– il numero di infermieri è considerato insufficiente da larga parte del campione intervistato, ed è<br />

pertanto inadeguato per rispondere alle esigenze dei pazienti;<br />

– l'organizzazione del lavoro non favorisce l'armonizzazione delle varie professionalità presenti nelle<br />

strutture sanitarie;<br />

– la stessa organizzazione risponde di più ai bisogni del personale medico e amministrativo che non a<br />

quelli degli infermieri e dei pazienti;<br />

– l'aspetto gestionale favorisce sprechi di risorse umane e materiali.<br />

È chiaro allora come l'auto-percezione di ruolo e la stessa definizione dell'identità professionale si<br />

leghino inscindibilmente ai vissuti quotidiani, i quali, ovviamente, producono livelli di soddisfazione<br />

19


contenuti (pochi sono gli infermieri che si sono dichiarati pienamente soddisfatti del proprio<br />

ambiente di lavoro) 5 .<br />

Date tali premesse, le conclusioni dello studio non potevano che essere in chiaroscuro, con gli<br />

aspetti positivi che, pur non mancando, vengono tuttavia messi in secondo piano dal persistere di<br />

problematiche che in molti casi non dipendono dalla volontà e dalle scelte degli infermieri.<br />

Ci sono, dunque, le premesse “interne” per una crescita e una maturazione della categoria. Quello<br />

che ancora manca è tutto un processo di valorizzazione della specificità e delle competenze della<br />

professione infermieristica.<br />

Tale processo, legato inevitabilmente ad aspetti “esterni” alla categoria, (aspetti che si esplicano<br />

infatti sul livello politico, normativo ed amministrativo), risulta quindi tanto più necessario quanto<br />

più si capisce che un corretto ed adeguato riconoscimento della professione porterebbe con sé<br />

indubbi correlati positivi per tutto ciò che attiene all'efficacia e all'efficienza dei servizi sanitari, alla<br />

qualità delle prestazioni erogate, ad una razionale utilizzazione delle risorse (umane, materiali e<br />

finanziarie) e, in definitiva, ad una crescita della stima e del riconoscimento di una professione così<br />

determinante nell'assetto dei servizi di offerta sanitaria 6 .<br />

Analizzeremo in modo più approfondito l'immagine e la percezione della professione<br />

infermieristica nella società più avanti nel corso del capitolo; basterebbero tuttavia le diverse<br />

opinioni degli infermieri oggetto dello studio del CENSIS a motivare importanti provvedimenti in<br />

tema di promozione della professione.<br />

5 Una professione allo specchio. L'evoluzione della professione infermieristica nel sistema sanitario, CENSIS –<br />

Centro Studi Investimenti Sociali, edizioni Franco Angeli, 1996, pag. 9.<br />

6 Vedi nota precedente, pag. 12.<br />

20


Perché promuovere la professione infermieristica:<br />

1- la carenza mondiale di infermieri<br />

Diversi ad oggi sono gli studi che documentano come la mancanza di personale infermieristico sia<br />

direttamente correlata alla qualità dell'assistenza, ad un'aumentato rischio di complicanze per il<br />

paziente e per gli infermieri stessi<br />

<strong>La</strong> carenza di personale può portare ad un aumento degli errori e portare gli infermieri a non<br />

rispettare alcune comuni norme o non aderire agli standard di comportamento. In un ambiente di<br />

lavoro concitato sono più frequenti le incomprensioni, la mancanza di comunicazione, le<br />

sostituzioni di personale con altro personale magari anche qualificato, ma senza esperienza di lavoro<br />

in quel contesto, ed al quale vengono subito affidate responsabilità, senza un periodo sufficiente di<br />

inserimento […] <strong>La</strong> mancanza di personale può essere facilmente associata a mancanza di rispetto<br />

di regole e prassi assistenziali che ad errori legati alla mancanza di conoscenze 7 .<br />

Più infermieri significa lavorare con meno pazienti, un rapporto numerico più vantaggioso,<br />

migliorare la qualità dell'assistenza per ciascuno.<br />

Stare con pochi pazienti, infatti, permette agli infermieri di conoscerli bene, di individuare<br />

precocemente variazioni cliniche, di monitorarle, di ipotizzare problemi potenziali e di attivare<br />

strategie efficaci. Un buon rapporto infermieri/pazienti dovrebbe aggirarsi su 1 a 5 o comunque<br />

inferiore a 6, per ridurre il rischio di complicanze e di mortalità dei pazienti […] I rischi non<br />

7 Gli effetti della carenza di infermieri, a cura della Redazione, in Assistenza infermieristica e ricerca, 2002, 21, 3,<br />

pag. 139-142.<br />

21


iguardano solo i pazienti: l'incremento del numero di pazienti per infermiere, infatti, aumenta il<br />

rischio di burnout, di insoddisfazione lavorativa e di abbandono della professione 8 .<br />

<strong>La</strong> stessa Presidente dell'Ipasvi Annalisa Silvestro si era espressa sul tema nel 2007, motivando le<br />

sue posizioni con tutta una serie di dati che rendono le dimensioni del fenomeno.<br />

Negli ospedali si registra un sovraccarico di lavoro per gli infermieri, mentre sul territorio non<br />

possono essere sviluppati servizi essenziali quali l'assistenza domiciliare e le residenze sanitarie. È<br />

stato dimostrato che la carenza di personale infermieristico determina l'allungamento cospicuo del<br />

periodo di degenza e l'incremento di eventi avversi facilmente evitabili, con effetti sulla mortalità e<br />

sulla morbilità dei pazienti. Un inadeguato rapporto pazienti/infermieri contribuisce al 24% di tutti<br />

gli eventi sentinella che occorrono in un ospedale. Ogni paziente aggiunto per infermiere è<br />

associato ad un incremento del 7% del tasso di mortalità a 30 giorni e ad un aumento del 7% della<br />

probabilità di failure – to – rescue. Inoltre, un rapporto infermieri/pazienti insufficiente si riflette<br />

negativamente sugli stessi infermieri, esposti a un rischio superiore di stress, insoddisfazione ed<br />

esaurimento psicofisico. Fattori che a loro volta si riverberano sulla qualità dell'assistenza e sulla<br />

salute dei pazienti.<br />

Non tralasciando gli effetti negativi a lungo termine<br />

Senza un adeguato numero di infermieri viene a mancare una delle basi della futura assistenza<br />

sanitaria. [...] Di fronte a una popolazione che invecchia e che ha bisogno di cure continue e a lungo<br />

termine, la carenza di infermieri mette a rischio la sostenibilità e l'efficienza dei servizi sanitari 9 .<br />

8 Carenza di infermieri, standard assistenziali, sicurezza dei pazienti, di Alvisa Palese e Luisa Saiani, in Assistenza<br />

infermieristica e ricerca, 2006, 25, 4, pag. 202-205.<br />

9 http://ilcorrieredelweb.blogspot.com/2007/04/ipasvi-piu-infermieripiu-salute.html<br />

22


Questo per quanto concerne gli effetti e le conseguenze della carenza di infermieri. Concentriamo<br />

ora la nostra attenzione sull'entità del fenomeno e sulle sue dimensioni internazionali, cercando di<br />

fornirne una seppur breve e limitata panoramica prendendo in considerazione la situazione<br />

dapprima negli USA, quindi nei paesi poveri ed infine focalizzandoci sulle peculiarità della realtà<br />

italiana.<br />

<strong>La</strong> carenza di infermieri negli Usa<br />

<strong>La</strong> mancanza di personale infermieristico negli Stati Uniti rappresenta un problema di primo piano<br />

se lo stesso presidente Barack Obama, in una delle sue conferenze pubbliche tenuta su internet il 26<br />

marzo 2009, ha dichiarato che “gli infermieri negli Usa sono troppo pochi, sono sottopagati e hanno<br />

carichi di lavoro pesanti ed una cattiva qualità di vita”; ha inoltre espresso grandi apprezzamenti<br />

verso gli infermieri, sostenendo che su di loro si dovrà puntare molto nel tentativo di rafforzare la<br />

sanità pubblica americana. Implementare il numero degli infermieri non è tuttavia la sola priorità<br />

del presidente:<br />

“chi forma gli infermieri è persino peggio pagato degli infermieri stessi. Questo crea<br />

un collo di bottiglia nel loro addestramento. Tutto ciò fa parte delle inefficienze del<br />

nostro sistema sanitario che devono essere colmate. E più diamo importanza alla<br />

prevenzione e alla tutela della salute, tutte cose che ci consentiranno risparmio di<br />

denaro pubblico nel lungo periodo, più dobbiamo schierare gli infermieri in prima<br />

linea” 10 .<br />

10 Emma Martellotti, Gli infermieri sono il motore della riorganizzazione sanitaria, in L'infermiere 2/2009, pag. 26.<br />

23


Con le sue parole Obama ha toccato il nocciolo della questione: la carenza di personale coinvolge<br />

inevitabilmente anche i docenti, con prospettive ancor più preoccupanti nel medio-lungo termine.<br />

Uno studio italiano 11 del 2006, pubblicato dalla rivista Assistenza infermieristica e ricerca, indaga la<br />

tematica individuando quattro fattori correlati alla carenza di infermieri:<br />

1. L'invecchiamento della popolazione infermieristica. Dagli anni '60 e '70, quando si è<br />

registrata la maggior affluenza, il numero di infermieri è in continuo decremento: il 90% della forza<br />

lavoro infermieristica negli Usa è costituito da donne, per le quali negli ultimi decenni le possibilità<br />

di carriera in altri contesti lavorativi si sono moltiplicate. Di conseguenza, l'età media degli<br />

infermieri sta aumentando, con ripercussioni anche sui docenti di infermieristica, che risulta sempre<br />

più difficile reclutare (ed il fenomeno si registra pure in altri paesi). Allo stesso modo, cresce anche<br />

l'età media degli studenti, che frequentano i corsi più tardi rispetto alle altre professioni o dopo aver<br />

già conseguito un altro titolo.<br />

2. <strong>La</strong> riduzione delle iscrizioni ai corsi di formazione. Dal 1995 al 2000 le iscrizioni ai corsi di<br />

laurea sono diminuite del 21.1% e il numero degli infermieri laureati del 26%.<br />

3. Il mutamento delle condizioni lavorative. Negli ultimi decenni la pratica infermieristica si<br />

sta evolvendo in un quadro sempre più complesso verso una maggiore specializzazione che sta<br />

comportando una diminuzione di infermieri generalisti. Questo fattore sembra giocare un ruolo<br />

determinante nella percezione che hanno gli infermieri circa il proprio lavoro (il 50% afferma di<br />

essere meno soddisfatto rispetto agli inizi) e la qualità dell'assistenza (il 75% dichiara che sta<br />

diminuendo).<br />

4. L'immagine scadente della professione infermieristica. Pur essendo negli Usa una tra le<br />

professioni più richieste, quella dell'infermiere è spesso sottovalutata e molta incomprensione<br />

permane su quali siano le reali attività che gli competono. A ciò contribuisce il fatto che negli Usa<br />

11 Grazia Cengia, Beniamino Micheloni, Lorella Tessari, Oriano Tosi, <strong>La</strong> carenza di infermieri e le strategie per<br />

affrontarla, in Assistenza infermieristica e ricerca, 2006, 25, 1, pag. 14-20.<br />

24


vi sono tre diversi livelli di preparazione professionale (infermiere associato, diplomato e laureato)<br />

e che, forse proprio per questo, gli insegnanti che si occupano di orientamento dei giovani sul futuro<br />

lavorativo tendono a non considerare l'infermieristica come professione intellettuale.<br />

Lo studio analizza anche alcune strategie che sono state individuate per affrontare la carenza di<br />

personale infermieristico, tra cui:<br />

– trattenere gli infermieri in attività (considerata tuttavia una misura efficace solo nel breve<br />

termine);<br />

– attuare politiche per l'inserimento di infermieri disoccupati o immigrati;<br />

– attuare politiche di reclutamento (aprire maggiormente la professione ai maschi e agli<br />

stranieri; attivare percorsi di studio flessibili, serali o durante i week-end; coinvolgere i giovani<br />

delle zone meno raggiungibili; migliorare la promozione nelle scuole superiori; offrire concessioni<br />

governative alle università per facilitare la formazione superiore o il baccalaureato in<br />

infermieristica; sostenere economicamente gli studenti in infermieristica);<br />

– attivare l'educazione continua, incoraggiando gli infermieri a proseguire nella formazione<br />

con master o dottorati;<br />

– migliorare l'immagine della professione, cui devono contribuire in primis gli infermieri<br />

stessi, ma anche prevedendo salari differenziati;<br />

– rendere evidente/esplicita la carenza infermieristica, documentandola e proponendo<br />

soluzioni percorribili.<br />

Sarà interessante valutare se la riforma sanitaria, vero e proprio cavallo di battaglia durante la<br />

campagna elettorale del presidente Obama ed in via di approvazione nei primi mesi del 2010, sortirà<br />

effetti sostanziali anche sul numero di infermieri negli USA; di certo, qualunque tentativo per<br />

25


garantire ed estendere l'assistenza sanitaria ad un maggior numero di cittadini americani dovrà<br />

giocoforza prevedere un parallelo incremento del numero di infermieri in campo.<br />

<strong>La</strong> situazione nei Paesi poveri: infermieri in fuga, sanità al collasso<br />

Se la situazione appare problematica ed urgente per la prima potenza mondiale, la mancanza di<br />

infermieri assume le dimensioni di un cataclisma se si prende in considerazione il quadro<br />

dell'Africa (in special modo quella sub-sahariana) e di diversi stati di Asia, America <strong>La</strong>tina, Caraibi.<br />

Da qui sono in molti a partire verso USA, Canada e UE, attratti da migliori condizioni di lavoro e di<br />

vita in generale, e in questo facilitati da scelte politiche che agevolano l'inserimento di infermieri<br />

stranieri per far fronte all'insufficiente offerta di forza lavoro infermieristica nelle realtà più ricche.<br />

L'importazione di infermieri da altre nazioni è ormai un fenomeno conosciuto, tanto che ne<br />

discutono anche prestigiose riviste mediche, per metterne in luce le numerose implicazioni, non<br />

ultime quelle etiche dato che, importando infermieri (in altri contesti il fenomeno riguarda anche i<br />

medici) da nazioni “povere”, si sottraggono risorse in quei paesi. Infatti l'emorragia di infermieri sia<br />

dai paesi meno abbienti che da quelli in via di sviluppo, rischia di mettere in ginocchio il sistema<br />

sanitario dei paesi “donatori” e le iniziative di salute pubblica attivate 12 .<br />

Nei paesi più poveri, proprio dove sarebbe necessario concentrare maggiormente sforzi e risorse per<br />

far fronte alle diverse emergenze di tipo sanitario, si registra invece il numero più basso di<br />

infermieri e di personale medico e paramedico in generale in rapporto alla popolazione. Il Rapporto<br />

sullo stato della popolazione nel mondo 2006 del Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione<br />

(UNFPA) delinea i contorni di questo quadro per gli stati dell'Africa nera<br />

12 Il reclutamento di infermieri dai paesi extracomunitari, a cura di Michele Piccoli, Alvisa Palese, Paola Di Giulio, in<br />

Assistenza infermieristica e ricerca, 2005, 24, 3, pag. 148-152.<br />

26


1,3%<br />

25%<br />

75%<br />

98,7%<br />

Il carico di malattia dell'Africa<br />

<strong>La</strong> percentuale di professionisti sanitari<br />

mondiali presenti in Africa<br />

Benché oggi vacilli sotto un fardello di malattie infettive che è il più pesante del pianeta (25 per<br />

cento), l’Africa Sub-Sahariana possiede soltanto l’1,3 per cento degli operatori sanitari del mondo.<br />

In alcuni paesi, la disponibilità di personale infermieristico e medico è stata gravemente ridotta. Ne<br />

sono parzialmente responsabili le aggressive politiche di reclutamento da parte dei paesi<br />

industrializzati che cercano di risolvere così la scarsità di personale qualificato tra la propria forza<br />

lavoro 13 .<br />

Significativo è anche il dato che riguarda i Paesi maggiormente colpiti dall'HIV/AIDS, come lo<br />

Zimbabwe e l'Uganda, dove rispettivamente il 68% ed il 26% degli operatori sanitari ha espresso il<br />

desiderio di lasciare il proprio paese per andare a cercar lavoro all'estero. Ma anche altre ragioni<br />

permangono alla base della decisione di partire per andare a vivere e cercarsi un lavoro altrove.<br />

<strong>La</strong> principale spinta all’emigrazione viene tuttavia dalla mancanza di attrezzature: in molti paesi<br />

poveri i sistemi sanitari sono al collasso, i finanziamenti su cui possono contare sono del tutto<br />

insufficienti e sono costantemente alle prese con la mancanza di materiali e farmaci essenziali,<br />

attrezzature e personale, il tutto esacerbato dalla fortissima pressione degli enormi bisogni sanitari<br />

13 Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione, Lo stato della popolazione del mondo 2006. In movimento verso il<br />

futuro. Donne e migrazione internazionale, pag. 7-8. Edizione italiana a cura di AIDOS – Associazione italiana<br />

donne per lo sviluppo.<br />

27


[…] Più ancora dei medici, sono le infermiere a costituire le “truppe di prima linea” nelle cure<br />

sanitarie: quando levano le tende, spinte da bassi salari, cattive condizioni di lavoro e mancanza di<br />

opportunità, sono i pazienti a soffrire e il sistema sanitario a sgretolarsi. Nel 2000, per esempio, le<br />

infermiere che hanno lasciato il Ghana sono state il doppio dei laureati. Due anni dopo, il Ministero<br />

della salute stimava la mancanza di personale paramedico al 57 per cento. Nel 2003, Giamaica e<br />

Trinidad e Tobago denunciavano una mancanza di infermiere del 58 e del 53 per cento<br />

rispettivamente. Sempre nel 2003, la percentuale di infermiere filippine occupate all’estero era<br />

stimata intorno all’85 per cento 14 .<br />

Un carico di lavoro eccessivo a fronte di una remunerazione insufficiente, le scarse opportunità di<br />

promozione, la mancanza di supporto gestionale sono i principali fattori che spingono le infermiere<br />

ad emigrare: il flusso migratorio del personale infermieristico è uno dei pochi che offre alle donne<br />

opportunità di occupazione e stipendi dignitosi 15 . Il rovescio della medaglia, stando alle pagine del<br />

Rapporto Unfpa, resta “una delle sfide più difficili poste oggi dalla migrazione internazionale”,<br />

soprattutto se rapportata agli obiettivi di sviluppo delle Nazioni Unite per ridurre l'HIV, la mortalità<br />

materna e quella infantile entro il 2015 nell'Africa sub-sahariana: per poter ottenere risultati concreti<br />

mancano all'appello un milione di operatori sanitari, di cui 620mila infermieri.<br />

Dati allarmanti in linea con quelli visti sopra vengono confermati, sempre per il 2006, dal rapporto<br />

annuale sullo stato di salute del pianeta dell'Organizzazione Mondiale della Sanità: anche in questo<br />

caso vengono presi in considerazione medici, infermieri e operatori sanitari in generale.<br />

In tutta l'Africa sub sahariana, in India, Pakistan, Indonesia, Perù e regioni dell'istmo<br />

centroamericano, la carenza di medici sta provocando enormi problemi. L'Oms fornisce statistiche<br />

drammatiche: in Africa ci sono in media 2,3 operatori sanitari ogni mille abitanti, in Europa ce ne<br />

sono quasi 19 e nelle Americhe quasi 25. Ma proprio le Americhe sopportano solo il 10 per cento del<br />

14 Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione, Lo stato della popolazione del mondo 2006. In movimento verso il<br />

futuro. Donne e migrazione internazionale, Sintesi per la stampa, pag. 2. Edizione italiana a cura di AIDOS –<br />

Associazione italiana donne per lo sviluppo.<br />

15 Ester Maragò, <strong>La</strong> “fuga” degli infermieri dai Paesi poveri, in L'infermiere 7/2006, pag. 7.<br />

28


carico di malattie del mondo, ma hanno il 37 per cento dei lavoratori sanitari e il 50 per cento delle<br />

risorse finanziarie mondiali destinate alla salute. L'Africa, al contrario, sopporta il 24 per cento del<br />

carico di malattie del mondo ma ha solo il 3 per cento dei lavoratori sanitari e meno dell'uno per<br />

cento dei finanziamenti mondiali. Questa situazione, sostiene il rapporto, provoca un rallentamento<br />

se non il fallimento delle grandi campagne di salute, da quelle contro le malattie infettive a quelle per<br />

evitare i comportamenti a rischio. Proprio qualche giorno fa la stessa Organizzazione Mondiale della<br />

Sanità spiegava che la campagna per diffondere le terapie antiretrovirali contro l'AIDS va bene<br />

ovunque tranne che nei paesi dell'Africa sub-sahariana e dell'Asia sud orientale dove procede molto<br />

lentamente. E così per le vaccinazioni e per altre campagne […] Questa carenza di personale<br />

sanitario è in realtà frutto dei tagli che molti di questi paesi hanno fatto proprio negli investimenti<br />

pubblici in istruzione e in sanità. Tagli dovuti ai deficit dei bilanci pubblici e alle indicazioni del<br />

Fondo Monetario Internazionale. Questo ha comportato due cose. <strong>La</strong> prima, una carenza di giovani<br />

con una laurea medica o una buona formazione da infermieri. <strong>La</strong> seconda, il mancato aggiornamento<br />

del personale sanitario rispetto al cambiamento dei problemi sanitari. Perché spesso non solo<br />

mancano gli operatori sanitari, ma quelli che esistono sono specializzati in malattie che sono<br />

diventate meno importanti e non sono preparati per affrontare le nuove emergenze 16 .<br />

Quello delineato dai rapporti di UNFPA e OMS è un quadro che impone decisioni immediate, scelte<br />

ad ampio raggio d'azione, coinvolgimento di governi sia dei paesi poveri che di quelli<br />

industrializzati; ma mentre gli organismi internazionali studiano un piano d'azione e riflettono sul<br />

cosa fare e su come farlo, ci si accorge che gli obiettivi per la salute fissati solo una decina di anni<br />

fa appaiono, man mano che la loro scadenza si avvicina, sempre più irraggiungibili e lontani nel<br />

tempo. Forse la prima cosa buona da fare da parte dei rappresentanti di suddetti organismi sarebbe<br />

semplicemente ammettere di aver elaborato previsioni troppo ottimistiche basandosi su dati che non<br />

rispecchiavano la reale entità del problema.<br />

16 portale.fnomceo.it/Jcmsfnomceo/cmsfile/attach_2465.pdf<br />

29


Più medici che infermieri: il paradosso della sanità italiana<br />

Concentriamo ora la nostra attenzione sulla realtà italiana, dove la carenza di infermieri costituisce<br />

un problema di lunga data, con le rappresentanze del Collegio Ipasvi in più occasioni impegnate a<br />

sottolineare la necessità di concreti interventi su più livelli da parte degli organi istituzionali. In<br />

primis la Presidente nazionale della Federazione Annalisa Silvestro, che puntualmente negli ultimi<br />

anni è tornata a più riprese sul tema, avvertito evidentemente come prioritario da più parti: ecco<br />

come delineava le dimensioni della questione in un'intervista apparsa sul Corriere del Web il 24<br />

aprile 2007<br />

In Italia oggi le persone che svolgono la professione di infermiere sono circa 340 mila: ciò equivale<br />

a un rapporto di circa 5,4 infermieri per mille abitanti, contro i 9,8 della Germania, i 12,8<br />

dell'Olanda o, addirittura, i 14,8 dell'Irlanda. Sulla base dei parametri dell'OCSE, per soddisfare le<br />

esigenze dell'assistenza sanitaria italiana ne occorrono almeno altri 60mila. Un fabbisogno che non<br />

si riesce a colmare né con l'ingresso nella professione dei giovani laureati, né con l'immissione di<br />

infermieri provenienti da paesi extracomunitari. È un problema, non solo italiano, che deve essere<br />

affrontato alla radice. Non ci può essere buona assistenza se non ci sono gli infermieri che la<br />

garantiscono. O, per dirla con un nostro slogan, "più infermieri" significa "più salute" 17 .<br />

Analizzando in seguito le cause del fenomeno ci si accorge tuttavia che sono diversi i fronti sui<br />

quali occorre intervenire come diversi sono gli attori coinvolti<br />

<strong>La</strong> ragione fondamentale sta nel ridotto numero di giovani che scelgono di fare questa professione e<br />

che si traduce in una incompleta copertura dei posti disponibili per il corso di laurea. Cosa che<br />

avviene soprattutto al Nord e al Centro. Va detto, però, che gli accessi ai corsi sarebbero<br />

17 http://ilcorrieredelweb.blogspot.com/2007/04/ipasvi-piu-infermieripiu-salute.html<br />

30


insufficienti a garantire il fabbisogno anche qualora venissero coperti al 100 per cento. Ogni anno<br />

sono previste circa 13 mila immatricolazioni, mentre secondo noi ce ne vorrebbero oltre 18 mila.<br />

Abbiamo quindi due problemi: da un lato, incentivare i giovani a iscriversi al corso di laurea,<br />

dall'altro aumentare il numero dei posti disponibili. Decisione, quest'ultima, che spetta al Ministero<br />

dell'Università di concerto con le Regioni.<br />

<strong>La</strong> questione non è di poco conto: difficile che i Governi Statale e Regionale intervengano<br />

potenziando strutture e risorse in dotazione agli Atenei senza che si sia registrata per lo meno<br />

un'inversione di tendenza, quindi un maggior numero di iscritti al test di ammissione rispetto ai<br />

posti effettivamente disponibili nei Corsi di <strong>La</strong>urea, cosa che metterebbe gli amministratori di fronte<br />

ad un dato di fatto che renderebbe così il loro intervento improcrastinabile. Da questo punto di vista<br />

però forse qualcosa sta cambiando, ma ritorneremo sull'argomento più avanti.<br />

Che la questione stia a cuore all'Ipasvi quanto al suo Presidente lo si evince pure dai diversi<br />

editoriali de L'infermiere, rivista ufficiale della Federazione, attraverso i quali la Silvestro è a più<br />

riprese tornata sulla questione più scottante: Carenza di infermieri. Chiediamo risposte vere,<br />

titolava l'articolo di apertura al numero 3 del 2007. L'occasione coincideva con l'arrivo dell'estate,<br />

periodo di riposo e vacanze, che per alcuni infermieri vuol dire al contrario straordinari o doppi<br />

turni: situazioni in cui, stando alle parole della Presidente Silvestro, la mancanza di infermieri, già<br />

evidente agli occhi di tutti, si manifesta come concreta emergenza, per poi essere nuovamente<br />

accantonata al rientrare dell'emergenza stessa senza che siano stati presi provvedimenti per il<br />

medio/lungo termine 18 .<br />

Poche pagine più avanti ecco un esempio calzante di quanto detto sopra: infermieri costretti a<br />

straordinari e turni massacranti perché in numero insufficiente rispetto alle effettive esigenze dei<br />

reparti in cui lavorano.<br />

18 Annalisa Silvestro, Carenza di infermieri. Chiediamo risposte vere, in L'infermiere, 3/2007, pag. 3.<br />

31


Nelle 384 Unità di terapia intensiva cardiologica (Utic) degli ospedali italiani lavorano più di 7.000<br />

infermieri. Ma ne servono almeno 1.000 in più. In quasi la metà delle Utic c’è carenza di organico e<br />

solo 2 strutture su 10 hanno personale esclusivamente dedicato. Intanto, le Utic vanno avanti a<br />

straordinari, grazie anche alla grande volontà e professionalità degli infermieri che attualmente vi<br />

lavorano 19 .<br />

Questi i risultati che emergono dal primo censimento nazionale delle Unità di terapia intensiva<br />

cardiologica italiane, promosso dall'Associazione nazionale dei medici cardiologi ospedalieri<br />

(Anmco) e presentati nel corso del Congresso nazionale svolto a Firenze dal 3 al 5 giugno 2007.<br />

Tornando agli interventi della Presidente Silvestro, in un'editoriale successivo il tono cambia<br />

leggermente e si fa più diplomatico: è l'autunno 2008, periodo di incontri tra i rappresentanti del<br />

Governo e la Federazione Ipasvi. L'agenda è fitta di impegni sui diversi temi legati al mondo<br />

sanitario e tra questi la carenza di infermieri a fronte di una sempre maggiore richiesta è ancora in<br />

primo piano, assieme all'insufficiente offerta formativa delle diverse sedi universitarie, alla<br />

valorizzazione del ruolo e delle funzioni infermieristiche, alla formazione continua e<br />

all'innovazione dei modelli assistenziali territoriali e ospedalieri 20 . Che qualcosa stia cambiando lo<br />

si può dedurre confrontando le righe di chiusura di questo editoriale con quello dell'estate 2007: se<br />

prima si chiedevano “scelte rapide e fatti concreti” perché “sarebbe grave si si spostasse ancora<br />

l'analisi risolutoria dei problemi, magari fino alla prossima inevitabile emergenza”, ora si pone<br />

invece l'accento sulla centralità della rivista come “momento di informazione, riflessione e<br />

aggiornamento e luogo di incontro e scambio di tutti gli infermieri italiani al di là delle loro<br />

diversificazioni territoriali, formative e professionali”, concludendo infine con un cauto ottimismo<br />

(la Presidente Silvestro prende commiato con le seguenti parole: “anche questo è un modo per<br />

19 Infermieri del “cuore”: 7000 ma non bastano, in L'infermiere, 3/2007, pag. 16.<br />

20 Annalisa Silvestro, Un nuovo anno per promuovere l'Infermieristica, in L'infermiere, 5/2008, pag. 3.<br />

32


guardare avanti, comunque, con fiducia”) che non traspariva neppure lontanamente tra le righe del<br />

precedente intervento.<br />

Cosa sta cambiando Perché di cambiamento, in corso, si tratta: pare che anche chi non è infermiere<br />

si stia rendendo conto che se mancano i professionisti dell'assistenza la sanità rischia di non poter<br />

più garantire gli attuali standard qualitativi. Il Ministro del Welfare Maurizio Sacconi, in<br />

un'intervista apparsa nel 2008 sempre su L'infermiere dal titolo emblematico Il Governo si impegna<br />

a valorizzare gli infermieri, descrive un quadro di ideale evoluzione della professione<br />

nell'immediato futuro, partendo da un confronto con la situazione negli altri Paesi dell'UE<br />

L’infermiere italiano non ha un ruolo di minor prestigio di quello dei suoi colleghi dell’UE, e<br />

dell’importanza della sua funzione nell’ambito del sistema salute italiano è ben conscio il<br />

legislatore. Basti pensare agli importanti interventi normativi che, nel corso degli anni, hanno<br />

riguardato la professione, con l’obiettivo di migliorare gli standard formativi e di assegnare a questa<br />

figura compiti operativi di responsabilità. Per quanto riguarda nello specifico le funzioni<br />

dirigenziali, ritengo che l’Accordo Stato-Regioni del novembre 2007 sulla dirigenza delle<br />

professioni sanitarie, reso esecutivo nel gennaio 2008, superi una fase transitoria durata troppo a<br />

lungo, e sia un punto fermo di grandissima rilevanza proprio nell’ottica di consentire agli infermieri<br />

l’accesso ad una dirigenza di ruolo e non più connotata dalla temporaneità dell’incarico.<br />

Ovviamente si tratta di una tappa, un passaggio importante che va visto non già come un traguardo<br />

bensì come uno strumento per la crescita professionale, e che comunque dimostra come l’intento sia<br />

quello di assegnare all’infermiere un ruolo qualificato, che potrà esprimersi nelle nuove forme di<br />

organizzazione dei servizi ospedalieri e territoriali. Penso, ad esempio, agli ospedali per intensità di<br />

cura e alle proposte in campo per la riforma dell’assistenza primaria 21 .<br />

In questo caso è quindi un rappresentante del Governo a promuovere una professione che nel nostro<br />

Paese ha bisogno di crescere e per la quale prospetta un futuro con maggiori competenze e<br />

21 Il Governo si impegna a valorizzare gli infermieri, in L'infermiere 6/2008, pag. 4-5.<br />

33


esponsabilità. Tuttavia solo poche pagine oltre sempre nello stesso numero della rivista si parla<br />

ancora di “emergenza infermieri”: in questo caso l'Ipasvi si spinge pure oltre, poiché essa stessa si<br />

fa promotrice di uno studio osservazionale multicentrico “per definire il fabbisogno di infermieri e<br />

di operatori socio sanitari basato sulla valutazione della complessità assistenziale del ricoverato”.<br />

MAP, ossia Metodo Assistenziale Professionalizzante, è il nome dello studio che coinvolge 120<br />

Aziende sanitarie e ospedaliere distribuite su tutto il territorio nazionale, messo a punto da tre<br />

dottori magistrali in scienze infermieristiche, un metodologo, uno statistico e un informatico,<br />

promosso anche dalle parole della Presidente Silvestro<br />

<strong>La</strong> carenza di infermieri è una delle questioni aperte per il Servizio sanitario nazionale e potrebbe<br />

anche essere collegato a modalità non omogenee e non razionali di definire il fabbisogno. Spesso si<br />

rilevano un’assegnazione e una distribuzione inadeguata delle risorse e anche questo può<br />

costringere gli infermieri a un surplus di lavoro, con il ricorso a straordinari e doppi turni e produrre<br />

un abbassamento dei livelli di assistenza. Quello del fabbisogno di infermieri è un tema complesso,<br />

che richiede criteri oggettivi di computo e metodi razionali per la distribuzione e redistribuzione<br />

delle risorse professionali: con questo metodo proponiamo un approccio scientifico, basato sulla<br />

centralità del paziente e sulle sue effettive esigenze.<br />

Ma in pratica come funziona il MAP Quali sono i parametri che prende in considerazione<br />

Per capire che tipo di impegno richiede un paziente non basta individuare le prestazioni da erogare,<br />

ma è necessario anche incrociare una serie di elementi che tengano conto di altri fattori tra cui<br />

l’autonomia del paziente, il suo grado di coscienza, la sua capacità di orientare le scelte del team<br />

assistenziale e la sua cooperazione. In tutto sono oltre 60 le dimensioni della persona assistita<br />

considerate nel metodo di calcolo Ipasvi. Immettendo, con un impegno temporale minimale, i dati<br />

in un software, gli infermieri potranno definire quanto “pesa” in termini di complessità assistenziale<br />

ogni singolo ricoverato e i loro dirigenti potranno evidenziare l’impegno richiesto – anche in<br />

termini di tempo – e quindi computare oggettivamente quanti infermieri sono necessari in ogni<br />

34


struttura. Grazie al metodo MAP le strutture sanitarie potranno monitorare giorno per giorno, e<br />

anche ora per ora, le effettive necessità assistenziali di ogni struttura. Questo permetterà di<br />

assegnare più infermieri laddove c’è maggiore necessità; e, se adottato su larga scala, il metodo<br />

potrà dare un’indicazione precisa, su base statistica, di quanti infermieri effettivamente occorrono al<br />

Servizio sanitario nazionale 22 .<br />

Dunque uno studio all'avanguardia per capire esattamente di quanti infermieri c'è bisogno, ma<br />

anche uno strumento in grado di ottimizzare al meglio le risorse umane a disposizione. Restando in<br />

tema di risorse umane, non serve invece uno studio per capire quella che costituisce una peculiarità<br />

rilevante (per non dire una vera e propria anomalia) del nostro Paese: rispetto al resto del mondo<br />

sviluppato l'Italia vanta una maggiore disponibilità di medici a fronte di un minor numero di<br />

infermieri. Nel 2003 l'Italia aveva una media di 5,9 medici ogni 1000 abitanti, praticamente il<br />

doppio della media dei 25 paesi OCSE (3 ogni 1000 abitanti) e seconda solo al Portogallo: un dato<br />

che stride soprattutto se raffrontato con quelli relativi alla minore disponibilità di personale<br />

infermieristico e paramedico in genere.<br />

Nel corso degli anni, il sistema sanitario sembra aver assecondato le richieste del crescente numero<br />

di laureati desiderosi di esercitare la professione medica; la forza politico-sindacale delle<br />

associazioni professionali e l'ampia possibilità di nuovi interventi hanno favorito l'impiego di<br />

medici in misura verosimilmente superiore a quanto sarebbe potuto accadere in un mercato<br />

concorrenziale 23 .<br />

Due anni più tardi l'Italia soffriva ancora di un eccesso di medici (4,1 per 1.000 abitanti, contro i 3,4<br />

di Francia e Germania, i 3,2 della Spagna e i 2,2 del Regno Unito) e una carenza di infermieri (5,4<br />

22 Emma Martellotti, MAP: l'indagine “made in Italy” per quantificare la carenza di infermieri, in L'infermiere,<br />

6/2008, pag. 21.<br />

23 Nerina Dirindin, Paolo Vineis, Elementi di economia sanitaria, ed. Il Mulino, 2004, pag. 158. Fonte: OECD, Health<br />

Data, 2003.<br />

35


per 1.000 abitanti, contro i 7,3 della Francia, i 7,5 della Spagna, i 9,1 della Germania e i 9,7 del<br />

Regno Unito 24 .<br />

Eppure, come già anticipato sopra, qualcosa negli ultimi anni sta cambiando: nel 2006 un articolo di<br />

Emma Martellotti fa il punto della situazione circa le iscrizioni al test di ingresso ai Corsi di <strong>La</strong>urea<br />

in Infermieristica, prendendo anche in considerazione le cifre del rapporto OCSE relative al 2005.<br />

Nell’A.A. 2006-2007 per la prima volta le domande per accedere al corso di laurea in<br />

Infermieristica sono state il doppio rispetto ai posti disponibili: 26.373 domande su 13.423 posti. Si<br />

sta così affermando un trend positivo, di cui alcuni segnali si erano già avvertiti negli anni<br />

precedenti 25 .<br />

L'articolo evidenzia come il nostro Paese sia ancora una volta spaccato in due: lo squilibrio nella<br />

distribuzione territoriale dei posti assegnati agli atenei vede ancora una volta penalizzate le regioni<br />

del Sud, dove è invece molto alto il numero delle domande rispetto all'offerta di posti (3,9 a 1). Ma<br />

ci sono anche buone notizie.<br />

<strong>La</strong> prima conseguenza determinata dall’incremento delle domande sta nella possibilità di operare<br />

una fisiologica selezione dei candidati, piuttosto che accettarli indipendentemente dai risultati della<br />

prova che dovrebbe valutarne capacità e attitudini. Indubbiamente si tratta di un passaggio<br />

significativo per la crescita del livello qualitativo dei futuri professionisti e, quindi, per un migliore<br />

funzionamento dell’intero sistema sanitario. E si tratta di un primo risultato da consolidare nel<br />

tempo.<br />

Un risultato da consolidare proprio perché le stime OCSE 2005 parlano chiaro: l'Italia è ancora<br />

lontana dallo standard europeo auspicato di 6,9 infermieri per 1000 abitanti e nel Paese mancano<br />

24 OCSE. Sanità italiana: buon rapporto qualità/prezzo,<br />

www.societasalutediritti.comwww.societasalutediritti.com/documenti/20070403OCSE.htm<br />

25 Emma Martellotti, Sempre più giovani vogliono diventare infermieri, in L'infermiere, 7/2006, pag. 4-6.<br />

36


circa 68mila infermieri. I neolaureati non bastano neppure a ricoprire il turn over professionale,<br />

stimato intorno alle 13-15mila unità.<br />

Anno 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005<br />

N. laureati 2430 2590 3250 4700 5700 6250 6700 9839<br />

Fonte: Ipasvi<br />

Il problema, come già ribadito, è internazionale, anche se più evidente in Italia rispetto ad altri<br />

Paesi: l'OMS invita i Governi a mettere in atto politiche tese a valorizzare il personale sanitario e, in<br />

particolare, quello infermieristico, considerato “lo strumento principale per migliorare speranza e<br />

qualità di vita delle popolazioni in tutto il mondo”; aggiunge inoltre un monito affinché non si<br />

ricorra al reclutamento di infermieri dall'estero “poiché i flussi migratori di personale sanitario<br />

qualificato continuano a impoverire di risorse proprio i Paesi che ne hanno bisogno in maniera<br />

drammatica” (vedi sopra). Andrebbero quindi incoraggiati e sostenuti anche economicamente gli<br />

Atenei che implementano il numero di posti destinati al Corso di <strong>La</strong>urea in Infermieristica, ed in<br />

questo senso c'è ancora molto da lavorare nonostante negli ultimi anni si registri anche qui un trend<br />

positivo: nel 2008 i posti sono cresciuti del 3,1% rispetto all'anno precedente, ma per l'Ipasvi non<br />

bastano. <strong>La</strong> Federazione ne chiede quasi 22mila e le Regioni oltre 18mila a fronte dei 14635<br />

effettivi stabiliti dal decreto del MIUR (Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca) 26 :<br />

se si pensa che nel 2006 le differenza tra gli iscritti Ipasvi e lo standard OCSE atteso era di 12800<br />

unità per la sola Lombardia si può non solo fare un'ulteriore stima del fenomeno e ravvisarne la<br />

drammaticità qualora ce ne fosse ancora bisogno, ma anche comprendere perché l'Ipasvi, in linea<br />

con l'OMS, chieda un significativo aumento dei posti disponibili per l'accesso ai corsi di laurea.<br />

26 Pochi posti per diventare infermieri, in L'infermiere, 4/2008, pag. 7.<br />

37


Perché promuovere la professione infermieristica:<br />

2- migliorare l'immagine dell'infermiere nella società<br />

Abbiamo già visto come, stando allo studio del CENSIS del 1996, gli infermieri italiani siano<br />

convinti che l'immagine esterna della loro professione non corrisponda alla realtà dei fatti, così<br />

come negli USA, dove pure la professionalità degli infermieri è sancita ormai da decenni dalla<br />

formazione universitaria, persistano confusione e incomprensione circa il loro ruolo e le loro<br />

effettive competenze. Quali sono dunque i fattori che hanno contribuito e contribuiscono alla<br />

diffusione di un'idea discrepante della professione nella società Come si sono diffusi stereotipi e<br />

falsi miti sugli infermieri Quali mezzi contribuiscono maggiormente alla disinformazione in questo<br />

campo e quali invece riescono a rendere loro giustizia<br />

Addentrarsi nel mondo dei media può rivelarsi un'impresa delicata quanto rischiosa, ma può anche<br />

riservare sorprese inaspettate. Cercheremo nelle pagine seguenti di cogliere l'immagine<br />

dell'infermiere così come viene diffusa attraverso internet, cinema e televisione, di capire come i<br />

media influenzino la percezione sociale della professione e come gli infermieri affrontino la<br />

questione prendendo delle contromisure.<br />

<strong>La</strong> professione vista dalla rete<br />

Sul numero 3 del 2008 della rivista Nursing Oggi è stato pubblicato un interessante articolo di<br />

Giorgio Giuliano dal titolo <strong>La</strong> professione e i nuovi media: l'infermieristica sul web 27 . Lo studio si<br />

propone di valutare la percezione sociale dell'infermiere attraverso i nuovi canali di comunicazione,<br />

27 Giorgio Giuliano, <strong>La</strong> professione e i nuovi media: l'infermieristica sul web, in Nursing Oggi, 3, 2008, pag. 16-19.<br />

38


soffermandosi in particolare su YouTube, tra i più importanti e conosciuti servizi di condivisione di<br />

file video del web: l'autore ha immesso le parole chiave infermiere, infermiera, infermieristica,<br />

infermieristico nel motore di ricerca e analizzato i risultati, suddividendo i video collegati in<br />

categorie a valore positivo e negativo. Dopo una scrematura iniziale dei video ritenuti non<br />

pertinenti, dei 155 filmati presi in considerazione 47 (il 30%) propongono contenuti positivi sulla<br />

percezione sociale della professione e ben 108 (il 70%) hanno invece un valore negativo. Questi<br />

dati risultano ancor più significativi se si considera il totale delle visualizzazioni: una media di 59 a<br />

settimana per i primi contro le 844 dei secondi, che significa una sola visualizzazione di filmati a<br />

contenuto positivo ogni 14 di filmati a contenuto negativo. A fronte di questi risultati, Giuliano<br />

giunge alla seguente conclusione.<br />

I file caricati sul sito di condivisione Youtube possono influire sulla percezione sociale della<br />

professione infermieristica, in relazione alla quantità e al numero di visualizzazioni di filmati a<br />

contenuto negativo per i professionisti. Tali contenuti si trovano spesso nelle trasmissioni televisive e<br />

vengono amplificati da questo nuovo mezzo di informazione e intrattenimento: non è dunque il<br />

mezzo che di per se è sfavorevole per la percezione sociale della professione, bensì lo stereotipo<br />

sociale – riduttivo, svalorizzante e maschilista – che continua ad essere attuale e quindi riproposto dai<br />

media con vantaggi in termini di audience.<br />

900<br />

800<br />

30%<br />

700<br />

600<br />

70%<br />

Positivo (47)<br />

Negativo<br />

(108)<br />

Classificazione dei filmati per tipo di messaggio<br />

(valore positivo o negativo)<br />

500<br />

400<br />

300<br />

200<br />

100<br />

0<br />

positivo - 59 negativo - 844<br />

Numero medio di visualizzazioni settimanali per video<br />

con valore positivo o negativo<br />

39


Tipo e numero di visualizzazioni dei filmati a valore positivo<br />

Filmati a valore positivo Numero video Numero medio di visualizzazioni<br />

settimanali<br />

Attività di volontariato, in associazioni umanitarie e nonprofit<br />

12 59<br />

Discussione di Tesi di <strong>La</strong>urea 12 50<br />

Procedure infermieristiche 8 52<br />

Clip registrati da trasmissioni televisive 6 27<br />

Video di promozione dell'immagine dell'infermiere 4 21<br />

Clip tratti da film 3 570<br />

Clip con contenuti positivi vari 2 115<br />

Totale 47 59<br />

Tipo e numero di visualizzazioni dei filmati a valore negativo<br />

Filmati a valore negativo Numero video Numero medio di visualizzazioni<br />

settimanali<br />

Canzoni riproposte amatorialmente con tema offensivo<br />

per la professione<br />

34 64<br />

Clip registrati da trasmissioni televisive 15 2143<br />

Video amatoriali, scenette comiche amatoriali o da teatro 15 168<br />

Clip tratti da film 14 3516<br />

Spot pubblicitario offensivo per la professione 9 54<br />

Video amatoriali con infermieri in divisa 8 58<br />

Video di studenti di infermieristica in atteggiamenti<br />

sconvenienti<br />

8 58<br />

Feste in costume o ragazze immagine in discoteca 5 23<br />

Totale 108 844<br />

Dopo aver letto l'articolo di cui sopra, ho voluto provare in prima persona un analogo esperimento,<br />

inserendo nel motore di ricerca Google/Immagini la parola infermiera anche tradotta in inglese,<br />

francese e spagnolo, limitandomi poi ad analizzare la sola prima pagina dei risultati 28 . Dati gli esiti<br />

28 Simile fu l'esperimento provato alcuni anni or sono dall'antropologo Roberto Lionetti “Del resto, una rapida<br />

ricognizione su internet, utilizzando, come parole-chiave per la ricerca, infermiera e immagine, hanno fatto<br />

comparire sullo schermo del mio computer fotografie e fumetti raffiguranti giovani donne bianco(s)vestite (alcune di<br />

queste immagini sono utilizzate per pubblicizzare la vendita on line di tutto ciò che occorre per tattoo e piercing, e<br />

mi sono imbattuto in un sito specializzato in biancheria intima che offre addirittura, a 174.812 lire, il “costume sexy<br />

dell’infermiera”). E “Il Piccolo”, quotidiano di Trieste, dava anni fa (16 luglio 1987) una curiosa notizia: sotto il<br />

titolo In bikini o licenziata, il giornale riferiva di una giovane cameriera che all’alternativa datale dal proprietario di<br />

un sexy-bar di servire in bikini o essere licenziata, aveva fatto come controproposta quella di servire ai tavoli vestita,<br />

appunto, con la divisa infermieristica”. Roberto Lionetti, L'immagine dell'infermiere tra stereotipi e folklore. Miti e<br />

simboli di una professione moderna, in L'immagine sociale dell'infermiere, Atti del convegno, pag. 5.<br />

40


dello studio su youtube mi sarei aspettato di trovare numerose immagini di infermiere sexy e<br />

provocanti, cosa che puntualmente si è verificata, anche se non nella maggioranza dei casi. Ciò che<br />

però mi ha maggiormente stupito è il fatto che se per la ricerca in italiano le immagini di infermiere<br />

in abiti succinti erano 3 su 21 (il 14%), il numero di esse aumentava digitando la parola chiave nelle<br />

altre lingue: in inglese (nurse, 8 su 21, il 38%), in spagnolo (enfermera, 7 su 21, il 33%) e infine in<br />

francese (infirmière 11 su 21, il 52%). Ciò a testimonianza che certi stereotipi non sono esclusivi<br />

della società italiana, ma sono presenti anche oltre i confini nazionali, interessando pure quei paesi,<br />

e mi riferisco in particolar modo alle aree di cultura anglo-sassone, dove la professione è già da<br />

tempo riconosciuta come tale anche perché, ormai da decenni, associata ad una formazione di tipo<br />

universitario.<br />

Riconoscimento sociale e legislativo<br />

Al tema della percezione del ruolo infermieristico il Collegio Ipasvi di Trieste dedicò nel 2002 un<br />

convegno dal titolo L'immagine sociale dell'infermiere, con relazioni ed interventi non limitati ai<br />

soli professionisti sanitari, ma aperti anche a discipline quali la sociologia, l'antropologia e la storia<br />

del cinema. Punto di partenza è il riconoscimento sociale ancora parziale raggiunto dalla<br />

professione, in quanto ancora collegata a stereotipi e luoghi comuni che piccolo e grande schermo<br />

contribuiscono a diffondere anziché limitare; con una prima considerazione.<br />

<strong>La</strong> professione, pur reclamizzata parecchio, non è attraente perché tuttora poco valorizzata nelle<br />

strutture sanitarie in rapporto al notevole spessore di contenuti teorico-pratici acquisiti durante il<br />

percorso formativo e che trovano scarsa rispondenza nell'organizzazione e nei livelli retributivi 29 .<br />

29 Daniela Samassa e Lorella Bucci, Presentazione, in L'immagine sociale dell'infermiere, Atti del convegno, pag. 1.<br />

41


Le prime pagine dei risultati visualizzati col motore di ricerca Google-immagini alle parole chiave<br />

infirmière (sopra) e enfermera (sotto).<br />

42


Se da un lato certi stereotipi legati agli infermieri (e soprattutto alle infermiere) sono duri a morire,<br />

dall'altro si riconosce che tuttavia notevoli passi in avanti sono stati fatti negli ultimi anni dal punto<br />

di vista del riconoscimento legislativo.<br />

<strong>La</strong> Federazione dei Collegi Ipasvi, in questi anni, ha concentrato le proprie energie per incidere<br />

sull'emanazione ed attuazione di norme di valorizzazione delle funzioni infermieristiche ai vari livelli<br />

organizzativi e assistenziali del servizio sanitario nazionale. I risultati notevoli ottenuti in tal senso e<br />

nell'arco di pochi anni non solo agiscono positivamente sull'immagine sociale dell'infermiere, ma<br />

testimoniano il fatto che questa immagine è già migliorata poiché il legislatore traduce in norma le<br />

istanze sociali emergenti […] Oggi il legislatore ci riconosce un'elevata professionalità e notevoli<br />

responsabilità. L'infermiere si assume in prima persona la responsabilità degli atti e delle risposte ai<br />

bisogni del cittadino, della qualità dell'assistenza erogata e dell'uso delle risorse. Per l'assistenza<br />

infermieristica si apre a tutti gli effetti la stagione del pieno riconoscimento dei propri ambiti di<br />

autonomia e responsabilità 30 .<br />

Le tappe di questo riconoscimento normativo vengono individuate dapprima nel profilo<br />

professionale del 1994, che “inizia a parlare di responsabilità ed avvia i primi veri cambiamenti<br />

qualitativi che interessano la professione legittimando il processo di nursing”; poi nel codice<br />

deontologico, che regola l'esercizio professionale guidando “nell'agire quotidiano e nei momenti in<br />

cui la scelta di comportamento da adottare risulta complessa”; quindi nella legge n. 42 del 26<br />

febbraio 1999 con la quale fu abrogato il mansionario, sostanziando definitivamente il passaggio dal<br />

concetto di mansione a quello di responsabilità; infine con la legge 251 del 10 agosto 2000, che<br />

“riconosce la possibilità di una progressione di carriera ed apre l'accesso ai più alti livelli di<br />

istruzione, unitamente alla possibilità di organizzare e gestire autonomamente l'assistenza”.<br />

30 Mario Schiavon, Il ruolo della Federazione Ipasvi, in L'immagine sociale dell'infermiere, Atti del convegno, pag. 2-<br />

4.<br />

43


Secondo Mario Schiavon, Presidente del Collegio Ipasvi di Gorizia e coordinatore dei Collegi<br />

Ipasvi del Friuli Venezia Giulia, autore dell'intervento in questione,<br />

sotto la spinta della Federazione dei Collegi Ipasvi, il Legislatore italiano ha dunque posto le<br />

premesse affinché l'immagine sociale dell'infermiere possa rapidamente emanciparsi da vecchi<br />

stereotipi; serve ora sostenere le norme esercitando un buon livello di responsabilità individuale e di<br />

gruppo nelle nostre azioni quotidiane 31 .<br />

Sei anni più tardi, alla luce dello studio di Giuliano circa la percezione dell'infermiere su Youtube,<br />

le parole di Schiavon suonano un po' troppo ottimistiche nonostante i passi in avanti fatti dalla<br />

professione.<br />

Il punto della situazione sul tema venne fatto anche a margine del XIV Congresso Nazionale Ipasvi<br />

del 2005 con un incontro dal titolo Percezione, immagine, aspettative sociali: l'infermiere nella<br />

società contemporanea, alla presenza, tra gli altri, di Luciano Onder, vicedirettore del Tg2 e<br />

moderatore della tavola rotonda; Sandro Spinsanti, bioetico e direttore dell’Istituto Giano di Roma;<br />

Annalisa Silvestro e Gennaro Rocco, presidente e vicepresidente della Federazione dei Collegi<br />

Ipasvi. Il cuore degli interventi è stato raccolto da Lucia Conti in un articolo pubblicato su<br />

L'infermiere dal titolo emblematico Ma la gente comune sa davvero cos'è un infermiere nel quale,<br />

sebbene emergano da più parti apprezzamenti per gli sforzi fatti ed i risultati ottenuti, in molti<br />

sembrano essere concordi sul fatto che occorre ancora lavorare parecchio per superare i vecchi<br />

stereotipi e diffondere tra la gente una nuova immagine dell'infermiere in sintonia con la<br />

professionalità e le responsabilità che al giorno d'oggi gli competono.<br />

Onder ha sottolineato la necessità che gli infermieri stessi si facciano promotori di una nuova<br />

immagine della loro professione nei confronti delle istituzioni e dell’opinione pubblica. “Avete<br />

31 Vedi nota precedente.<br />

44


aggiunto negli ultimi anno grandi risultati – ha affermato il vicedirettore del Tg2 – e con la stessa<br />

forza è il momento di chiedere più visibilità dei mass media per mostrare come si è evoluta la vostra<br />

professione”. Per superare i pregiudizi, secondo Onder, è inoltre necessario che le istituzioni<br />

mostrino una reale volontà di valorizzare le capacità degli infermieri 32 .<br />

Che manchi consapevolezza (e non solo tra la gente comune, ma a quanto pare anche tra i lavoratori<br />

in ambito sanitario) circa il ruolo effettivo degli infermieri viene confermato da un intervento<br />

successivo.<br />

Per Spinsanti c’è tra gli italiani una certa confusione tra “infermiere buono e buon infermiere.<br />

L’immagine dell’infermiere buono, ancora predominante, è piena di tanta retorica sui buoni<br />

sentimenti e sull’umanizzazione, ma resta un contenitore vuoto. Chi deve farsi curare non vuole un<br />

professionista buono, ma un buon professionista, e questo vale anche per gli infermieri. E il buon<br />

infermiere è un professionista che conosce la teoria e la pratica del nursing, che certamente<br />

comprende anche la gestione degli ambiti emozionali, che è però ben diverso dalla compassione e il<br />

buonismo. Ciò che deve essere insegnato agli infermieri è relazionarsi con le persone e con le<br />

emozioni in maniera qualificata, per aiutare le persone a comprendere cosa accade al proprio corpo,<br />

gestire la malattia e accettare anche i limiti della medicina”. Tuttavia Spinsanti ha voluto esporre<br />

qualche perplessità e preoccupazione. “<strong>La</strong> formazione che ricevete adesso nelle università – ha<br />

chiesto – è quella che farà di voi dei buoni infermieri Io ho dei dubbi, a partire dal fatto che in<br />

qualche università l’insegnamento del nursing è affidato ai medici. Le competenze sono diverse e<br />

diversi devono essere gli insegnanti e gli insegnamenti”.<br />

L'ultimo punto toccato da Spinsanti è particolarmente caro agli infermieri, che negli ultimi anni da<br />

più parti sono tornati in diverse occasioni sulla questione dell'insegnamento per ribadire, così come<br />

in ambito lavorativo, l'indipendenza della disciplina infermieristica dalla medicina. <strong>La</strong> chiusura<br />

32 Lucia Conti, Ma la gente comune sa davvero cos'è un infermiere in L'infermiere, 9, 2005, pag. 4.<br />

45


dell'incontro tocca ai rappresentanti degli infermieri con la presidente della Federazione Ipasvi<br />

Silvestro<br />

“Sappiamo di essere noi i primi comunicatori di quello che facciamo e di chi siamo 33 , ma in Italia<br />

l’opinione pubblica ha ancora una percezione inadeguata del ruolo e dell’attività degli infermieri, e<br />

questi sono luoghi comuni difficili da scardinare”. Per questo Silvestro ha chiesto la collaborazione<br />

dei mass media, affinché promuovano un’informazione veritiera sulla professione infermieristica.<br />

A tal proposito, tornando al Convegno di Trieste del 2002, ci accorgiamo che la collaborazione dei<br />

mass media, invocata in Italia, è invece una realtà oltreoceano, dove esistono organi preposti alla<br />

sorveglianza e alla tutela dell'immagine della professione<br />

Le associazioni professionali che raggruppano gli infermieri americani, confrontate con analoghi<br />

problemi di immagine pubblica, hanno costituito in questi ultimi decenni gruppi di studio e<br />

commissioni di vigilanza incaricate di monitorare l’immagine che della loro professione offrono i<br />

diversi mezzi della comunicazione di massa. A queste commissioni è demandato spesso anche il<br />

compito di intervenire presso i mass media, denunciando quelle rappresentazioni e quel modo di<br />

fornire le notizie che possono ledere gravemente all’immagine pubblica dell’infermiere 34 .<br />

33 Le parole della presidente Silvestro vengono confermate dal Codice Deontologico dell'Infermiere, approvato dal<br />

Consiglio nazionale della Federazione Nazionale Collegi <strong>IPASVI</strong> nella seduta del 17/01/2009, in particolare<br />

nell'articolo 47 “L'infermiere, ai diversi livelli di responsabilità, contribuisce ad orientare le politiche e lo sviluppo<br />

del sistema sanitario, al fine di garantire il rispetto degli assistiti, l'utilizzo equo ed appropriato delle risorse e la<br />

valorizzazione del ruolo professionale”.<br />

34 Roberto Lionetti, L'immagine dell'infermiere tra stereotipi e folklore. Miti e simboli di una professione moderna, in<br />

L'immagine sociale dell'infermiere, Atti del convegno, pag. 5.<br />

46


L'immagine dell'infermiera al cinema e in tv<br />

Il quadro della situazione italiana che invece emerge dall'analisi di Emma Martellotti, durante il suo<br />

intervento al Congresso Nazionale del 2005, sembra essere ancora lontano dai provvedimenti a<br />

tutela della professione che le associazioni infermieristiche hanno messo in atto negli Usa. <strong>La</strong><br />

responsabile dell'Ufficio stampa dell'Ipasvi punta il dito contro cinema e televisione, responsabili<br />

della diffusione di un'immagine dell'infermiere approssimativa, lontana dalla realtà e poco<br />

edificante<br />

L’opinione pubblica italiana ha ancora una percezione inadeguata del ruolo e dell’attività degli<br />

infermieri. Sulla professione pesa un fardello di stereotipi e di luoghi comuni che, nonostante la<br />

costante crescita del gruppo professionale, si ripropone come un’eredità tanto anacronistica quanto<br />

difficile da scardinare. Un certo tipo di produzione cinematografica e televisiva presenta la figura<br />

dell’infermiere in modo addirittura offensivo, associandola all’erotismo e al sesso. Neppure la fiction<br />

rende giustizia agli infermieri: i protagonisti del mondo sanitario continuano ad essere i medici, ai<br />

quali vengono affidati sempre i ruoli di maggior spessore. Gli infermieri invece, nel migliore dei<br />

casi, vengono rappresentati come persone dal grande cuore, ma mai come professionisti con<br />

responsabilità e competenze.<br />

Ma perché i media propongono al pubblico un’immagine così lontana dalla realtà In termini di<br />

audience è più facile assecondare quella che si ritiene l’opinione corrente. Ma riproporre stereotipi<br />

negativi non fa che alimentare una percezione penalizzante per il mondo infermieristico. Non c’è da<br />

meravigliarsi, quindi, se alcuni giovani sono poco propensi ad intraprendere questa scelta<br />

professionale! Sui nostri schermi continuano ad apparire personaggi che interpretano infermieri<br />

subordinati al medico, infermieri che per curare i pazienti usano tutto tranne che competenze e<br />

conoscenze professionali, infermieri frustrati, infelici e che prendono con leggerezza la loro<br />

professione.<br />

47


Un tema, quello dell'immagine dell'infermiere proposta dai mass media, che già era stato affrontato<br />

anche dalla Presidente Silvestro nell'introduzione di Diventare infermieri. Una professione<br />

emergente tra assistenza e management del 2002. Il testo si propone lo scopo di “fotografare” la<br />

professione alla luce dei cambiamenti normativi degli anni '90, prendendo in considerazione<br />

l'offerta formativa universitaria, i diversi sbocchi professionali che si prospettano ai neolaureati,<br />

l'ambito legislativo che definisce il contesto operativo. Un'opera che non solo fa il punto della<br />

situazione di una professione in rapida evoluzione, ma cerca essa stessa, a scanso di equivoci, di<br />

promuovere un'immagine dell'infermiere nuova e più ricca di sfaccettature, in linea con l'aumentata<br />

complessità dell'ambito sociale e lavorativo. Date queste premesse, non sorprende ritrovare tra gli<br />

autori la stessa Emma Martellotti, a conferma del suo impegno su più fronti e in più momenti dello<br />

scorso decennio per rendere e diffondere un'immagine professionale più equa e corrispondente<br />

quanto più possibile alla realtà. Come già riscontrato per altri studi, anche in questo caso il punto di<br />

partenza dell'introduzione della Silvestro è dato dalla carenza di personale infermieristico: siamo<br />

ancora negli anni in cui le domande per iscriversi ai test di ammissione non superano i posti<br />

effettivamente disponibili nei Corsi di <strong>La</strong>urea e la Presidente dell'Ipasvi prova a formulare una sua<br />

ipotesi a riguardo<br />

Per quali motivi, allora, i giovani non sembrano attratti dalla professione infermieristica Forse<br />

perché non la conoscono bene o ne hanno un'idea approssimativa o distorta: “angeli” o “gendarmi”<br />

della corsia, figure ausiliarie del medico, “tuttofare” del reparto ecc. Nell'immaginario comune non si<br />

pensa mai agli infermieri come a professionisti a tutto tondo, con competenze complesse e<br />

responsabilità importanti a livello clinico e organizzativo. Qualche fortunata trasmissione televisiva<br />

ne restituisce oggi un'immagine più accattivante rispetto al passato, ma in genere si tratta di<br />

produzioni americane. I telefilm “nostrani” continuano invece a propinarci personaggi anacronistici:<br />

48


infermieri un po' rozzi, nel migliore dei casi dal “cuore d'oro”, o belle ragazze impegnate più in affari<br />

di cuore che di servizio 35 .<br />

<strong>La</strong> Silvestro e la Martellotti sono dunque concordi nel ritenere che l'immagine professionale diffusa<br />

dai mass media sia il più delle volte fuorviante e incida negativamente sulla percezione sociale della<br />

stessa, in primis sui giovani che in questo modo vengono allontanati dalla professione anziché<br />

esserne attratti. E di fronte allo strapotere comunicativo quanto spesso arbitrario dei media, in<br />

mancanza di organismi di tutela del buon nome della professione come in America, agli infermieri<br />

resta solo la nuda e “silenziosa” realtà dei fatti a render loro giustizia<br />

Da noi molte persone riescono a capire ciò che gli infermieri sono, fanno e conoscono, solo nel<br />

momento in cui li incontrano sul loro cammino. Si rendono allora conto che in una corsia d'ospedale<br />

la qualità di vita del paziente dipende in larga misura da questi professionisti dell'assistenza,<br />

scoprono l'importanza del ruolo dello “strumentista” di sala operatoria, apprezzano il sostegno di chi<br />

li aiuta ad affrontare una gravidanza difficile e a prendersi cura di un bambino o di un anziano,<br />

capiscono che in una situazione di emergenza la vita stessa di una persona è legata alle capacità di<br />

chi presta il primo soccorso e che proprio quando la medicina è costretta ad arrendersi diventano<br />

fondamentali l'assistenza, il controllo del dolore, il sostegno psicologico, elementi che costituiscono<br />

nel loro insieme l'essenza dell'essere infermieri.<br />

Ma di tutto ciò non vi è traccia sui giornali, sempre a caccia di “colpevoli” e di notizie sensazionali,<br />

magari di “malasanità”. Quando questi casi si verificano vanno denunciati con forza, ma non<br />

pensiamo che sia giusto fare generalizzazioni, anche perché l'Italia è tra i Paesi che registrano<br />

un'incidenza molto bassa di errori nelle prestazioni sanitarie e un indice contenuto di comportamenti<br />

scorretti nei confronti dei pazienti 36 .<br />

35 Emma Martellotti, Danilo Massai, Loredana Sasso, Diventare infermieri. Una professione emergente tra assistenza<br />

e management, Carocci Faber 2002, pag. 10.<br />

36 Vedi nota precedente, pag. 10-11.<br />

49


Sulla stessa lunghezza d'onda si pone il teorico e storico della comunicazione Salvatore Gelsi con il<br />

suo studio dal titolo Lo schermo in camice bianco, presentato anch'esso al convegno di Trieste del<br />

2002. Tentando di evidenziare il ruolo che il grande ed il piccolo schermo rivestono nella creazione<br />

o nel rafforzamento dell'immaginario collettivo popolare, l'autore ha preso in considerazione un<br />

secolo di storia del cinema e della televisione passando in rassegna tutte quelle pellicole e serie tv in<br />

cui il personaggio dell'infermiera (più che dell'infermiere) riveste un ruolo di un certo rilievo ai fini<br />

della narrazione filmica; quindi<br />

ha analizzato e suddiviso le diverse tipologie di figure<br />

raggruppandole poi in quattro categorie.<br />

1) Il primo modello di infermiera cinematografica ad essere indagata è quello denominato “angelo<br />

bianco, eterno consolatore”:<br />

Lo scenario è quello della guerra, il topos, la pausa-ferita che permette di ricostruire il dramma<br />

esteriore, quello che si svolge in trincea o sulla prima linea del fronte, in quello interiore che si<br />

stanzia nell'ospedale o nelle retrovie.<br />

Se il cinema ebbe un ruolo decisivo nella guerra totale, cioè nel rendere la Grande guerra un evento<br />

bellico combattuto nelle retrovie attraverso i cinegiornali e la propaganda, ecco che la donna del<br />

soldato non poteva che essere l'infermiera 37 .<br />

Tutta la storia del cinema hollywoodiano è percorsa da figure femminili che hanno nell'infermiera<br />

inglese Catherine Barkley di Addio alle armi di Hemingway il loro capostipite letterario, ma che<br />

simbolizzano al tempo stesso il nuovo ruolo della donna all'interno della società in cui la guerra<br />

accelerò i processi di mutamento in atto.<br />

37 Salvatore Gelsi, Lo schermo in camice bianco, in L'immagine sociale dell'infermiere, Atti del convegno, pag. 11.<br />

50


<strong>La</strong> mobilizzazione dell'intera società civile, sia come sostituzione (donne e bambine, contadine e<br />

operaie al posto del loro mariti nei campi e nelle fabbriche) sia come assistenza, coniò la figura<br />

dell'angelo consolatore. Già le giovani della media e grande borghesia avevano una loro funzione<br />

sociale nelle attività socio-assistenziali, in quelle società di beneficenza che gli permettevano di<br />

ottenere uno spazio e una visibilità-identità sessuale in un mondo professionale al maschile. Così la<br />

pratica infermieristica e assistenziale ne fu l'immediata conseguenza a conflitto scoppiato. Dal punto<br />

di vista dell'immagine avrebbe sostituito quella della ballerina o della femme fatale, non più<br />

moralmente visibili in un simile contesto visto che la Belle Époque era definitivamente tramontata 38 .<br />

I film dove è possibile trovare protagoniste femminili con simili caratteristiche attraversano tutta la<br />

storia del cinema americano (soprattutto, ma non solo) a partire dalla fine degli anni '20, con un<br />

picco nelle produzioni degli anni '40 e '50: L'angelo bianco (1936), Le bianche scogliere di Dover<br />

(1944), Stringimi forte tra le tue braccia (1951), la stessa trasposizione su grande schermo di Addio<br />

alle armi (nelle due versioni del 1932 e del 1951), Essi vivranno (1953), Da qui all'eternità (1953),<br />

fino ai più recenti Tornando a casa (1978), Il paziente inglese (1996) e Pearl Harbor (2001) sono i<br />

titoli più famosi di una serie di pellicole di guerra con inevitabili risvolti sentimental-amorosi tra il<br />

soldato (spesso ufficiale e altrettanto spesso ferito) e la giovane amante infermiera.<br />

Da sinistra: le locandine di Addio alle armi (1951) e Il paziente inglese (1997); Kate Beckinsale interpreta<br />

l'infermiera Evelyn Johnson in Pearl Harbor (2001).<br />

38 Vedi nota precedente, pag. 11.<br />

51


Eccole, sorridenti e disponibili, tra la sofferenza di quei soldati feriti o mutilati, lontane da mamme,<br />

mogli, sorelle o fidanzate a patire il dolore. Ruoli sintetizzati dal camice bianco e<br />

dall'accondiscendente premura. E che fa l'eroe, sospeso nel tempo, lontano dalla battaglia Le ama,<br />

le guarda sotto il camice, le spoglia per ritrovare in unico corpo l'intero universo femminile 39 .<br />

2) Il secondo modello vede l'infermiera come un oggetto sessuale deviato:<br />

Tema chiave della commedia all'italiana, del soft e del porno che da sempre hanno evocato la figura<br />

della disinibita infermiera pronta a ogni cura-prestazione sessuale, in grado di far resuscitare l'inerzia<br />

dell'indolenza maschile […] Non più sorella, madre, fidanzata o moglie, cioè la dimensione della<br />

normalità relazionale, ma su di lei scattano fantasie morbose: sotto il camice spuntano giarrettiere e<br />

calze bianche, indumenti intimi che oggettivizzano una dimensione puramente sessuale e per di più<br />

sfrenata. Facile e ingorda la fantasia sessuale del paziente mostra tutta la sua impazienza. Ovvio, la<br />

sublimazione è una perversione che rimuove e svela il pericolo della castrazione. Il ruolo e il<br />

travestimento sembrano fare il resto 40 .<br />

Trattasi dello stereotipo che più degli altri ha fatto breccia nell'immaginario collettivo (per lo meno<br />

maschile) potendo contare di volta in volta sulle grazie dell'attrice di turno, facilitato pure da un<br />

contesto narrativo che è ben lontano dal poter essere definito drammatico o serioso. In Italia l'età<br />

d'oro della commedia sexy coincide con gli anni '70 e nel nostro caso non si limita a coinvolgere<br />

loro malgrado le infermiere, ma investe anche la figura (cinematograficamente) affine della<br />

dottoressa. Il fatto che spesso e volentieri il termine infermiera (o dottoressa) compaia nei titoli<br />

delle pellicole in questione rafforza e rende ancor più indelebile un'immagine che le curve di Gloria<br />

Guida, Nadia Cassini, Edwice Fenech (qualora ce ne fosse stato bisogno), ammiccando dalle<br />

39 Vedi nota precedente, pag. 11.<br />

40 Vedi nota precedente, pag. 12.<br />

52


locandine, avevano già loro malgrado consegnata ai posteri. Ma chi pensa che si tratti di un<br />

fenomeno esclusivamente italiano si sbaglia: prima delle “infermiere” nostrane sui grandi schermi<br />

americani era apparsa “Bollore” (interpretata da Sally Kellermann), capo infermiera e attrazione<br />

erotica niente meno che in MASH, cult movie di Robert Altman del 1970. Uno stereotipo il cui<br />

successo ha superato i confini del genere, trovando terreno fertile sia nel porno 41 , sia nei fumetti<br />

(soprattutto i Manga giapponesi 42 ), sia su internet dove, come già dimostrato in precedenza,<br />

imbattersi in immagini di infermiere sexy è altrettanto facile che reperire informazioni veritiere ed<br />

attendibili circa la professione infermieristica.<br />

Da sinistra: le locandine di L'infermiera nella corsia dei militari (1979) e L'infermiera di notte (1979); Sally<br />

Kellermann interpreta Bollore (Hot lips nella versione originale) in MASH (1970).<br />

3) <strong>La</strong> figura dell'angelo della morte, sadica e assassina, all'opposto rispetto all'angelo bianco, eterno<br />

consolatore.<br />

41 “Scivolando verso il porno, dall'ormai storico Gola profonda (1972) di G. Damiano che rappresentò l'uscita dalla<br />

clandestinità del genere, fin dai suoi primi passi ecco apparire in quel niente che c'è di narrazione o di contesto,<br />

cliniche del sesso con procaci, insaziabili, vogliose infermiere per una lunghissima filmografia.” Vedi nota<br />

precedente, pag. 13.<br />

42 Gelsi fa riferimento soprattutto alla fortunata serie del dottor Sawaru Ogekuri ed alla figura della formosa infermiera<br />

Ruko Tatase.<br />

53


Sotto il camice immacolato si può nascondere o mascherare una spietata dark lady. Il possesso come<br />

immagine del potere pare essere il suo obiettivo. Un potere rappresentato come un grande delirio di<br />

onnipotenza che rivela frustrazione e rigidità, quando non uno sdoppiamento della personalità di<br />

carattere psicotico 43 .<br />

Sono sicuramente minori dal punto di vista quantitativo gli esempi cinematografici riconducibili a<br />

questo stereotipo, ma alcune di queste figure sono entrate di diritto nella storia del cinema poiché<br />

rivestono un ruolo di notevole impatto ed esercitano una forte presa sull'immaginario evocativo<br />

dello spettatore: esempio cardine di infermiera sadica è il personaggio di Annie Wilkis<br />

(magistralmente interpretato da Kathy Bates, che per questo ruolo vinse anche un Oscar) in Misery<br />

non deve morire (1990), tratto dall'omonimo romanzo di Stephen King. E come non citare<br />

l'indimenticabile Elle Driver (una formidabile Daryl Hannah) di Kill Bill, che fa la sua comparsa<br />

nella saga tra le corsie di un ospedale, vestita da impeccabile infermiera con tanto di benda da<br />

crocerossina sull'occhio mancante, fischiettando un celebre motivetto preludio ai suoi intenti<br />

assassini Gelsi non la nomina solo perché il suo saggio è di un anno precedente l'uscita del film (il<br />

Vol. I, primo episodio della saga diretta da Quentin Tarantino, risale al 2003), ma se avesse potuto<br />

l'avrebbe di sicuro annoverata tra gli esempi più significativi di questa categoria.<br />

A sinistra: la locandina di Misery non deve morire (1991); a destra: Daryl Hannah, Elle Driver in Kill Bill, vol.I<br />

(2003).<br />

43 Salvatore Gelsi, Lo schermo... , pag. 14.<br />

54


4) <strong>La</strong> figura di mediatrice terrena, che si prende cura dei bisognosi<br />

Ancora angelo, ma questa volta caduto in terra e abituato a lottare con il compito di vegliare (come il<br />

custode alato) e prendersi cura di chi non lo può fare da solo: uomini, donne, bambini, anziani.<br />

Ipotenusa di un triangolo, inscindibile storicamente nel delinearsi della sua stessa professionalità, che<br />

ha come cateti l'ospedale e la figura del medico. Base, quindi, su cui ha poggiato l'esercizio della<br />

salute nella pratica della cura dell'ultimo secolo e mezzo 44 .<br />

Indubbiamente, tra tutte quelle presentate fin'ora è la categoria che meglio sembra rappresentare da<br />

un punto di vista fedelmente realistico la professione sul grande schermo, ma forse (e proprio per<br />

questo) di gran lunga anche quella meno presa in considerazione nelle varie pellicole.<br />

Immagine che fatica ad essere polo d'attrazione dei media, perché lo stereotipo del messaggio<br />

mediatico se può riconoscere con facilità questa incontrovertibile realtà, la ritiene scarsamente<br />

interessante, poco rappresentabile dentro i confini del proprio mondo visivo e narrativo 45 .<br />

Da sinistra: la locandina di Persona (1966) e quella di Betty love (2001).<br />

44 Vedi nota precedente, pag. 14.<br />

45 Vedi nota precedente, pag. 15.<br />

55


Pochi sono dunque i film nei quali è possibile ritrovare personaggi di infermiere rappresentati con<br />

tratti ben più vicini alla realtà delle cose di quanto non lo siano quelli appartenenti alle precedenti<br />

categorie trattate: qualche pellicola hollywoodiana degli anni '40, Persona di Ingmar Bergman del<br />

1966 (la giovane infermiera Alma che assiste un'attrice chiusasi in un improvviso silenzio è<br />

interpretata da Bibi Andersson), e in tempi più recenti Betty Love del 2001 (titolo originale Nurse<br />

Betty, solo per rimarcare come anche la traduzione possa a volte sfalsare la percezione stessa di una<br />

pellicola 46 ), con l'attrice Renée Zellwegger nel ruolo di Betty, cameriera in un fast food che coltiva<br />

il sogno di diventare infermiera.<br />

Con questa figura simpatica e sognatrice si chiude la panoramica di Gelsi intorno alle infermiere sul<br />

grande schermo. Resta a mio avviso da aggiungere ancora qualche riga circa il saggio dello storico<br />

del cinema: le figure prese in considerazione nello studio presentato al convegno di Trieste del 2002<br />

sono esclusivamente femminili, a testimonianza del fatto che nel mondo del cinema (quasi come<br />

nella realtà) i personaggi di infermiere rappresentanti del gentil sesso detengono un monopolio<br />

pressoché totale del ruolo sullo schermo. Con qualche eccezione, che potremmo raggruppare in<br />

un'ulteriore categoria, quella degli infermieri maldestri nel filone delle commedie demenziali. In Ti<br />

presento i miei (2000) e nel seguito Mi presenti i tuoi (2004) Ben Stiller interpreta l'infermiere<br />

Greg Fotter che fa conoscenza dei genitori della fidanzata, tra cui Robert De Niro nei panni di Jack<br />

Byrnes, convinto che il futuro genero lavori nella sanità solo per poter avere facilmente accesso a<br />

sostanze psicotrope. In Italia troviamo Renato Pozzetto e Paolo Villaggio, due infermieri disastrosi<br />

e arroganti in un episodio de Le comiche 2 (1991) alle prese con un soccorso in ambulanza tanto<br />

complicato quanto improbabile.<br />

46 A tal proposito mi pare pertinente ricordare come la fortunata serie televisiva americana E.R. (che sta per<br />

Emergency room) in Italia sia uscita corredata di un sottotitolo (Medici in prima linea) inesistente nella versione<br />

originale USA: l'argomento è stato oggetto di discussione informale con diversi infermieri, i quali lamentano come<br />

nessun film o serie tv annoverino tra le loro fila degli “infermieri in prima linea”, quasi a rimarcare che sullo<br />

schermo a loro toccano solo le retrovie, pur sapendo che nella realtà le cose vanno spesso diversamente.<br />

56


A sinistra: Robert De Niro e Ben Stiller in Ti presento i miei (2000); a destra: Paolo Villaggio e Renato Pozzetto in<br />

Le comiche 2 (1991).<br />

Passando al piccolo schermo, Gelsi sceglie di elencare velocemente le figure infermieristiche che si<br />

sono succedute in telefilm, sit-com e sceneggiati senza addentrarsi in un'analisi dettagliata; optando<br />

per le medesima scelta date la notevole mole di materiale che andrebbe visionato, posso affermare<br />

di essere con lui concorde circa alcune sue considerazioni. Innanzitutto la constatazione di un dato<br />

di fatto, ossia che dopo il genere poliziesco-investigativo la fiction che ricorre più frequentemente<br />

in tv è quella d'ambito medico-ospedaliero. Detto questo, va tuttavia rimarcato come nelle suddette<br />

trasmissioni la figura dell'infermiere sia praticamente sempre in secondo piano rispetto a quella del<br />

medico di turno, che ne rimane il protagonista indiscusso: non mi pare dunque un'eresia affermare<br />

che fino ad ora le produzioni televisive, e tra queste quelle italiane ancor più di quelle<br />

d'oltreoceano, abbiano riservato ai personaggi infermieristici solo ruoli da comprimari, quando non<br />

da mera comparsa. <strong>La</strong> chiave di lettura del fenomeno sta, secondo Gelsi, nella natura stessa della<br />

fiction televisiva e nei meccanismi che le permettono di riscuotere successo e consenso.<br />

Un telefilm per diventare serie, dopo le prime puntate pilota, deve ottenere immediatamente<br />

consenso. Inevitabile, allora, che i telefilm agiscano per luoghi comuni, per situazioni accettate,<br />

diffondendo modelli e comportamenti già diffusi, e che ci presentino aspetti della realtà di secondo<br />

grado, proprio quella che può in particolare soddisfare in anticipo le attese dello spettatore 47 .<br />

47 Salvatore Gelsi, Lo schermo... , pag. 16.<br />

57


Infine mi trovo d'accordo ancora una volta con Gelsi quando afferma che occorrerebbe una<br />

riflessione più approfondita, anche perché, va aggiunto, dalla pubblicazione del suo studio nel 2002<br />

ad oggi le fiction e serie tv ambientate negli ospedali di produzione italiana così come americana,<br />

si sono ulteriormente moltiplicate, andando ad allungare una lista già di per sé alquanto folta.<br />

58


Capitolo 2: chi promuove la professione infermieristica<br />

All'inizio del precedente capitolo si è accennato al fatto che sono gli infermieri stessi i primi a<br />

promuovere la loro professione nella società. Potremmo precisare questa affermazione specificando<br />

che tale attività di promozione avviene secondo due modalità distinte:<br />

1. implicitamente (e spesso inconsapevolmente), esercitando la professione nel rispetto delle<br />

norme che ne regolano l'operato (di questo già si era trattato all'inizio del capitolo 1);<br />

2. in modo esplicito, attraverso l'organismo di rappresentanza degli infermieri, la Federazione<br />

nazionale dei Collegi <strong>IPASVI</strong>.<br />

Appare evidente che, delle due modalità, solo la seconda può divenire oggetto di studio, attraverso:<br />

a) una rassegna degli strumenti di cui si serve l'<strong>IPASVI</strong> per far conoscere la professione<br />

e la figura dell'infermiere;<br />

b) l'analisi delle precedenti campagne pubblicitarie della professione;<br />

c) il punto di vista e le opinioni di chi, all'interno della Federazione, si occupa<br />

specificamente dell'ambito promozionale e del settore comunicazione.<br />

Nelle pagine seguenti cercheremo di approfondire questi aspetti soffermandoci dapprima su quelli<br />

che nell'ultimo decennio hanno maggiormente contribuito allo sviluppo e alla crescita della<br />

professione per poi considerare il quadro di una possibile evoluzione dell'attuale situazione e le<br />

prospettive future nel medio e lungo termine.<br />

59


Procediamo con ordine: supponiamo di essere utenti di internet in cerca di informazioni e digitiamo<br />

la parola infermiere nel nostro motore di ricerca. Il sito dell'<strong>IPASVI</strong> è, con la pagina di Wikipedia<br />

contenente la voce dedicata, tra i primi ad apparire nell'elenco dei risultati.<br />

<strong>La</strong> home page del sito dell'<strong>IPASVI</strong> http://www.ipasvi.it/<br />

<strong>La</strong> pagina di apertura si propone con una veste grafica che ricorda un'agenda, la quale presenta a<br />

sinistra differenti segnalibri colorati che fungono da link per le rispettive macrosezioni all'interno<br />

del sito.<br />

CHI SIAMO si spiega che la Federazione è l'organo di rappresentanza degli infermieri italiani e che<br />

coordina i Collegi provinciali; vengono elencati i diversi organi che ne fanno parte e le funzioni di<br />

ciascuno, a livello centrale e provinciale; si definiscono i meccanismi di iscrizione, cancellazione e<br />

trasferimento; nella sezione dedicata agli iscritti è possibile risalire agli infermieri che ne hanno<br />

fatto parte dal 1956 (due anni dopo la costituzione dei primi collegi) ad oggi; c'è poi un'archivio con<br />

foto e immagini degli eventi più significativi per la storia degli infermieri italiani.<br />

60


ATTUALITÀ è il “segnalibro” riservato alle ultime notizie significative per la professione, che<br />

spesso coincidono con provvedimenti normativi che la riguardano direttamente.<br />

PROFESSIONE contiene i link per le versioni integrali del Codice Deontologico e del Patto<br />

Infermiere-Cittadino, oltre a quelli per leggi che hanno avuto notevole importanza per la<br />

professione, come il Dm 739/94 e il Dm 70/97 e altre disposizioni pertinenti. Vi sono inoltre parti<br />

dedicate al sistema ECM, al tariffario professionale e all'assicurazione.<br />

FORMAZIONE viene spiegato come sono articolati i corsi di laurea di base e specialistica, i master,<br />

e quali sono i provvedimenti legislativi alla base dell'attuale organizzazione ad essi relativa.<br />

Vengono inoltre elencate le diverse sedi universitarie per i corsi.<br />

PUBBLICAZIONI è la sezione contenente la versione online della rivista dell'<strong>IPASVI</strong>,<br />

L'infermiere 48 , oltre ad una serie di riflessioni confluite nei Quaderni, ad un elenco di link per<br />

accedere ai siti più utili per fare ricerca (EBN, Medline e altri ancora) e visionare articoli di<br />

interesse infermieristico ed alle norme editoriali per poter inviare articoli da pubblicare.<br />

Qualsiasi finestra venga aperta, restano sempre sullo schermo i link per la home page, quelli per la<br />

redazione, l'ufficio stampa e la mappa del sito, che è inoltre possibile visitare anche nella sua<br />

versione in inglese. Possiamo affermare che la veste grafica semplice e intuitiva facilita la<br />

navigazione al suo interno; sono state volutamente tralasciate immagini “accattivanti” (se si<br />

eccettua quella grande con un'infermiera sorridente presente nella home page) per far posto a<br />

contenuti che riguardano la professione a 360°, ed in effetti pare che nessun aspetto ad essa<br />

collegato sia stato trascurato. Sempre dalla pagina principale si può accedere alla rassegna stampa<br />

degli articoli di interesse infermieristico apparsi sui quotidiani, così come alla sezione dedicata alle<br />

news relative ai Collegi provinciali. Dal link dello Spazio Giovani si può infine visionare un filmato<br />

promozionale realizzato in occasione della campagna Infermiere protagonista nella vita vera del<br />

48 Dal sito si può accedere ad un archivio online della rivista e scaricare gratuitamente articoli apparsi sui numeri a<br />

partire dal 2005.<br />

61


2007, della quale ci occuperemo in seguito. Il video, che è stato realizzato dall'Ipasvi con il<br />

patrocinio del Ministero della Salute e del Ministero dell'Università e della Ricerca, propone<br />

spezzoni di vita lavorativa di tre infermieri ed una tirocinante, i quali ribadiscono in più occasioni<br />

quali siano le ragioni alla base della loro scelta: responsabilità, professionalità, autonomia sono le<br />

parole che vengono messe maggiormente in risalto nel loro pur breve racconto. Il video infatti ha il<br />

pregio di essere sintetico e durare solo pochi minuti: esso rappresenta di sicuro uno dei mezzi più<br />

diretti per parlare ai giovani e cercare di avvicinarli alla professione (“scegli il corso di laurea in<br />

infermieristica” è l'invito che appare in una delle schermate finali); personalmente, tuttavia, da<br />

questo punto di vista cercherei di far leva pure su elementi che invece non vengono presi in<br />

considerazione. Mi riferisco in particolare al rendere evidente la situazione attuale della professione<br />

in Italia, condizionata dalla carenza di personale, ma anche con gli aspetti positivi connessi a ciò,<br />

come quello di poter ottenere presto un impiego dopo la laurea rispetto ad altre professioni 49 ,<br />

nonché l'offerta assai diversificata di opportunità lavorative. Basterebbe a mio avviso dedicare<br />

qualche riga introduttiva della questione all'interno dello Spazio Giovani (che risulta invece<br />

limitato al solo link per visionare il video promozionale) per perfezionare un sito comunque già di<br />

per sé abbastanza completo ed esauriente.<br />

Le campagne nell'ultimo decennio<br />

Negli ultimi anni gli sforzi compiuti dall'Ipasvi per sensibilizzare i giovani ed incoraggiarli ad<br />

intraprendere la professione infermieristica si sono concretizzati principalmente in occasione della<br />

già citata campagna nazionale di comunicazione Infermiere. Protagonista nella vita vera, promossa<br />

49 “L'attesa di un giovane diplomato infermiere per ottenere una collocazione lavorativa soddisfacente attualmente non<br />

supera i sei mesi: un vero record per l'Italia, che registra per altre professioni tempi d'inserimento molto più lunghi.<br />

Un medico, per esempio, deve aspettare almeno 4 o 5 anni per riuscire ad avere un posto fisso.” A. Silvestro, in<br />

Diventare infermieri. Una professione emergente tra assistenza e management, di E. Martellotti, D. Massai, L.<br />

Sasso, ed. Carocci Faber, 2002, pag. 10.<br />

62


nella primavera del 2007 con il ministero della Salute e con la partnership del ministero<br />

dell’Università e la collaborazione del ministero della Pubblica Istruzione. Così veniva presentata<br />

su “L'infermiere”.<br />

L’obiettivo dell’iniziativa è quello di incentivare i giovani a iscriversi al corso di <strong>La</strong>urea in<br />

Infermieristica sulla base di una informazione corretta sul ruolo attuale della professione<br />

infermieristica, sui percorsi formativi, sugli sbocchi lavorativi e anche sulle nuove opportunità che<br />

oggi offre in termini di carriera.<br />

Il progetto, elaborato dall’Ipasvi e fortemente voluto dal ministro Turco, è nato dalla considerazione<br />

che mentre l’opinione pubblica è ancora poco informata di quanto la professione infermieristica sia<br />

cresciuta nell’ultimo decennio, i media continuano in più occasioni a riproporne un’immagine<br />

riduttiva, ormai del tutto superata 50 .<br />

<strong>La</strong> campagna ha toccato tutte le regioni italiane con oltre 250 incontri di sensibilizzazione e<br />

orientamento, attraversando 42 città e coinvolgendo circa 18mila studenti delle scuole superiori; per<br />

poter rispondere al meglio alle esigenze dell'iniziativa, i Collegi Ipasvi hanno predisposto la<br />

formazione di una cinquantina di squadre (cui poi altre si sono aggiunte spontaneamente in un<br />

secondo momento), ciascuna composta da un infermiere ed uno studente del Corso di <strong>La</strong>urea in<br />

Infermieristica, i quali hanno proiettato il video 51 nelle scuole, commentandolo, fornendo<br />

informazioni e rispondendo alle domande degli studenti.<br />

Un ulteriore sostegno alla visibilità della campagna è stato offerto dalla pubblicità radiofonica: sui<br />

network più ascoltati dai ragazzi (Radio Dee-Jay e Radio Dimensione Suono) sono stati trasmessi<br />

oltre 300 spot ascoltati ogni giorno da oltre 4,5 milioni di persone e da circa un milione di giovani<br />

della fascia di età 18-24 anni. <strong>La</strong> campagna ha avuto un’eco rilevante sulla stampa, in particolare<br />

50 Emma Martellotti, A lezione di “vita vera”, in L'infermiere, 3/2007, pag. 4-6.<br />

51 Il video è lo stesso che si può tutt'ora guardare accedendo allo Spazio Giovani all'interno del sito dell'Ipasvi.<br />

63


sulle testate locali, anche grazie all’organizzazione di 20 conferenze stampa regionali, in cui<br />

rappresentanti dei Collegi Ipasvi, assessori alla Sanità ed esponenti del mondo universitario e<br />

scolastico hanno avuto modo di confrontarsi con i giornalisti per promuovere attenzione e interesse<br />

per la “questione infermieristica” e per focalizzare aspetti legati alle specificità territoriali 52 .<br />

Altro punto forte della campagna è stata la creazione di un apposito sito internet<br />

www.infermiereprotagonista.it, a mio avviso tanto semplice quanto efficace per poter meglio<br />

rispondere alle domande dei giovani che intendono avvicinarsi alla professione. Dopo la schermata<br />

introduttiva si accede alla home page dove, tra i volti dei 4 infermieri scelti come testimonial del<br />

video promozionale della campagna, è possibile accedere ad 8 distinte sezioni:<br />

– in basso scorrendo il mouse sulle scritte chi sono gli infermieri, 7 buone ragioni per<br />

scegliere infermieristica e cosa fare per iscriversi si aprono automaticamente delle piccole<br />

finestre di approfondimento;<br />

– in alto<br />

1) la tua futura professione: cerca di rispondere a quesiti di base a proposito di come<br />

lavorano gli infermieri (nelle 4 diverse sezioni dedicate a assistenza, ricerca e qualità,<br />

formazione e gestione), dove lavorano gli infermieri (ospedale, territorio, libera<br />

professione, strutture non sanitarie, associazioni e missioni umanitarie), e percorsi di<br />

carriera (esperto clinico, coordinatore, dirigente, ricercatore);<br />

2) le sedi dei corsi di laurea fornisce una mappa, un elenco dei poli formativi e delle sedi<br />

per ciascuno;<br />

3) come si diventa infermieri, con la sezione dedicata al corso di laurea: al suo interno, dove<br />

si fa riferimento alla selezione, si può provare un fac-simile del test di ammissione<br />

verificandone i risultati; ulteriori link danno accesso alle pagine dedicate a ordinamento<br />

52 Emma Martellotti, A lezione di “vita vera”, in L'infermiere, 3/2007, pag. 4-6.<br />

64


didattico, piano di studi, lezioni e frequenza, tirocinio e laboratori; un'altra pagina fornisce<br />

invece informazioni circa la formazione post-laurea;<br />

<strong>La</strong> home page del sito www.infermiereprotagonista.it<br />

4) video, dove si può visionare in streaming il filmato già citato in più occasioni;<br />

5) domande e risposte, un forum (ora chiuso) per rispondere a quesiti circa formazione e<br />

professione, stimolando la discussione online tra gli utenti.<br />

Sempre in altro troviamo i link ai siti dei tre principali attori coinvolti nella campagna<br />

promozionale: l'Ipasvi, il Ministero della Salute ed il Ministero dell'Università e della Ricerca.<br />

Non si tratta invece di una vera e propria campagna di reclutamento, quanto piuttosto di<br />

un'iniziativa per celebrare il 50° anniversario dell'Ipasvi quella promossa dalla Federazione nel<br />

2004: cinque manifesti per cinque temi diversi (assicurazione, assistenza territoriale, Ipasvi e<br />

65


giornata dell'infermiere, laurea in scienze infermieristiche e direzione infermieristica) che<br />

rappresentano un'ulteriore occasione per avvicinare la professione ai cittadini. Anche se sono passati<br />

alcuni anni, nella sezione del sito della Federazione ad essi dedicata permane la scritta Facciamoci<br />

vedere! che invita ancora a diffondere il messaggio veicolato dai manifesti. Ritengo che siano<br />

immagini che vale la pena mostrare poiché semplici e dirette, quindi colgo l'invito dell'Ipasvi<br />

riproponendole tutte in successione nelle pagine seguenti.<br />

66


Il punto di vista dei Collegi provinciali<br />

Ho provato a contattare le diverse sezioni provinciali dell'Ipasvi tramite l'indirizzo e-mail di<br />

ciascuna presente nella pagina ad esse dedicata nel sito della Federazione, per conoscere il punto di<br />

vista di chi lavora al suo interno e provare a farmi un'idea su quali siano i temi avvertiti come<br />

priorità da chi, direttamente e più di altri colleghi, si occupa di promozione.<br />

Così ho scritto una mail che ho inviata ad ognuno dei 101 collegi presenti nell'elenco: di questi, uno<br />

ha un indirizzo non valido, irraggiungibile. I collegi effettivamente contattati, alcuni dopo<br />

reindirizzo da caselle di posta dismesse, sono stati dunque 100. Nel testo, dopo aver spiegato in<br />

breve in cosa consiste il mio studio, ho chiesto di rispondere ad alcune semplici domande con<br />

multipla opzione di risposta rendendomi disponibile ad inviare copia dell'elaborato con i risultati a<br />

chi ne fosse eventualmente interessato. Ho anche accennato al fatto che avrei preso in<br />

considerazione tutte le critiche ed è quello che mi accingo a fare nelle prossime pagine. Prima<br />

vorrei però soffermarmi su quello che forse appare come il dato più significativo del mio<br />

“esperimento”: dei 100 collegi contattati, solo 38 mi hanno risposto nei termini previsti (10 giorni,<br />

che ragionevolmente mi parevano più che sufficienti per risposte del tipo a crocette).<br />

Hanno risposto<br />

38%<br />

Non hanno<br />

risposto 62%<br />

Percentuali dei collegi che hanno/non hanno risposto alla mail.<br />

72


Una domanda sorge allora immediata, non senza toni di critica: perché dal sito della Federazione si<br />

può facilmente accedere ad indirizzi e-mail che se contattati non forniscono risposta Sono forse<br />

solo per esclusiva comunicazione interna Uno studente che prova a saperne un po' di più per la sua<br />

tesi meritava forse qualche risposta in più.<br />

Presidenti 20 Vicepresidenti 4 Segretari 4 Tesorieri 3 Consiglieri semplici 7<br />

Ruolo occupato nel collegio da chi ha risposto al questionario<br />

Altro dato interessante è notare quale ruolo occupino nel collegio le persone che di volta in volta mi<br />

hanno risposto: su 38, più della metà (20) sono presidenti, 4 vicepresidenti, 4 segretari, 3 tesorieri, 7<br />

consiglieri semplici.<br />

Passando nello specifico delle domande inviate, alla prima, come giudica l’attività di promozione<br />

della professione infermieristica svolta dall’Ipasvi negli ultimi anni le risposte sono state, in<br />

ordine di frequenza decrescente, buona (21 su 38), sufficiente (11), ottima (4), scarsa (2); nessuna<br />

risposta per l'opzione decisamente insufficiente.<br />

<strong>La</strong> seconda domanda si presenta in modo più articolato e in diversi hanno scelto più di un'opzione:<br />

ad oggi, quale ritiene sia il mezzo di comunicazione più idoneo per promuovere la professione<br />

infermieristica Le risposte più frequenti sono state siti internet e incontri/dibattiti/seminari<br />

73


ciascuna col 28%, quindi video (19%) 53 , articoli/pubblicazioni su riviste specializzate (18%), altro<br />

(7%).<br />

Buona 21 Suff. 11 Ottima 4 Scarsa 2<br />

Come giudica l’attività di promozione della professione infermieristica svolta<br />

dall’Ipasvi negli ultimi anni<br />

Siti internet 28%<br />

Articoli/pubblicazioni su<br />

riviste specializzate 18%<br />

Incontri, dibattiti, seminari<br />

28%<br />

Altro 7%<br />

Video 19%<br />

Ad oggi, quale ritiene sia il mezzo di comunicazione più idoneo<br />

per promuovere la professione infermieristica<br />

53 In un caso è stato precisato che la risposta video era intesa come televisione: può essere annoverato tra i difetti del<br />

questionario il fatto che non sia stato specificato quale tipologia di video fosse contemplata nella risposta.<br />

74


Anche alla terza domanda quali ritiene siano i motivi per cui sia necessario fare promozione della<br />

professione infermieristica, alcuni, in mancanza di vincoli precisi da parte mia circa il numero di<br />

scelte possibili, hanno fornito più risposte: quella che ricorre maggiormente è l’immagine della<br />

professione è ancora influenzata da vecchi stereotipi (47%); decisamente minori sono le percentuali<br />

per è una professione ancora poco conosciuta (9%), il numero di studenti che possono accedere ai<br />

corsi universitari è troppo basso (7%), e mancano gli infermieri (2%). Un ulteriore 2% ha scelto la<br />

risposta nessuna delle precedenti/altro, mentre il 33% si è espresso con l'opzione tutte le precedenti,<br />

che risulta dunque la seconda scelta in assoluto.<br />

<strong>La</strong> quarta domanda prevedeva solo due risposte: Per quanto concerne le scelte strategiche nella<br />

promozione della professione, ritiene che rispetto alla Federazione nazionale i singoli Collegi<br />

Ipasvi A) siano troppo vincolati alle decisioni della Federazione o B) siano sufficientemente<br />

autonomi rispetto alle decisioni della Federazione. <strong>La</strong> risposta A è stata scelta nel 12% dei casi, la<br />

B nel restante 88%.<br />

E una professione ancora<br />

poco conosciuta 9%<br />

Il numero di studenti che<br />

possono accedere ai<br />

corsi universitari e troppo<br />

basso 7%<br />

Mancano gli infermieri<br />

2%<br />

Tutte le precedenti 33%<br />

L’immagine della professione<br />

e ancora influenzata<br />

da vecchi stereotipi<br />

47%<br />

Nessuna delle precedenti/altro<br />

2%<br />

Quali ritiene siano i motivi per cui sia necessario fare promozione della professione<br />

infermieristica<br />

75


Siano troppo vincolati alle<br />

decisioni della Federazione<br />

12%<br />

Siano sufficientemente autonomi<br />

rispetto alle decisioni<br />

della Federazione<br />

88%<br />

Per quanto concerne le scelte strategiche nella promozione della<br />

professione, ritiene che rispetto alla Federazione nazionale i<br />

singoli Collegi Ipasvi..<br />

Più equilibrate tra loro si presentano nel complesso le risposte alla quinta e ultima domanda, ossia<br />

Esiste nel vostro Collegio una figura che si occupa in modo specifico della comunicazione, cui<br />

hanno risposto sì nel 32,5% dei casi, no con la medesima percentuale e sì, più di una il 35%.<br />

sì 32,5%<br />

sì, più di una<br />

35%<br />

no 32,5%<br />

Esiste nel vostro Collegio una figura che si occupa in modo specifico<br />

della comunicazione<br />

76


Non intendo addentrarmi in questa sede in analisi particolareggiate dei dati numerici o in commenti<br />

circa le risposte pervenute: lascio ad altri stabilire se questo test abbia una valenza scientificamente<br />

significativa oppure no. Tuttavia non ometterò di aggiungere qualche nota finale. Dei 38 collegi che<br />

mi hanno risposto, 11 mi hanno poi chiesto una copia dell'elaborato finale ed alcuni di questi si sono<br />

mostrati particolarmente interessati (mi auguro non sia solo una questione di circostanza) al<br />

presente lavoro. Diversi hanno poi aggiunto precisazioni o critiche che riproporrò qui di seguito,<br />

ovviamente in modo anonimo:<br />

“Se posso permettermi ti sottolineo la scarsa validità ai fini analitici del tuo<br />

questionario: le risposte sono poche e, in alcuni casi simili, una domanda è<br />

ambivalente... non so quanto questo ti permetta di essere rigoroso e statisticamente<br />

valido per la tua tesi.”<br />

“Caro futuro collega, ho ricevuto la sua E mail ma, non essendomi chiari gli obiettivi<br />

che persegue nel suo lavoro ne' il protocollo di ricerca che sta adottando, mi riservo di<br />

risponderle.”<br />

“Al secondo quesito ho indicato la lettera D (incontri, dibattiti, seminari) come migliore<br />

soluzione solo perché, per esperienza diretta, i colleghi su tutto il territorio nazionale<br />

sono fondamentalmente diffidenti nei confronti dei nuovi mezzi di comunicazione e<br />

divulgazione che la tecnologia propone. Nel nostro Collegio Provinciale, ad esempio, è<br />

bassissima la percentuale di utilizzo dei servizi online.”<br />

“Non posso rispondere subito, prima Lei dovrà aiutarmi su un passaggio o due. Alla<br />

domanda 1, ci riferiamo a quale <strong>IPASVI</strong> Nazionale o provinciale In sintesi,alla<br />

77


attività del collegio che risponde, o a quella federale (nazionale, cioè) Alla 2: una<br />

opzione comprendente TUTTE le precedenti (che è ciò che vorrei rispondere...poiché<br />

non c'è, eventualmente risponderò 2-a/b/c/d/e (perché ho fatto anche ''altro'', tipo premi<br />

e convenzioni, o manifestazioni nelle scuole e nelle strade).”<br />

Più di ogni altra cosa, auspico che il questionario e questo elaborato in generale possano in qualche<br />

modo stimolare una riflessione, una discussione all'interno della Federazione e dei singoli collegi<br />

affinché si faccia il punto sulle scelte strategiche adottate fino ad ora in materia di promozione, per<br />

capire quali strumenti risultino più adatti alle nuove sfide e se invece alcuni di questi si rivelino<br />

ormai superati. In tal contesto di confronto sarebbe a mio avviso importante che il primo passo sia<br />

fatto proprio dall'interno, ossia dalla Federazione o dai collegi provinciali singolarmente, proprio in<br />

quanto promotori della professione in prima istanza e riferimento principale degli infermieri in<br />

materia di organizzazione, pianificazione, programmazione.<br />

In conclusione, dopo la panoramica sulle ragioni alla base della promozione e gli strumenti messi in<br />

atto negli ultimi anni sotto l'impulso decisivo dell'Ipasvi, è possibile descrivere un quadro in<br />

chiaroscuro della situazione in Italia. Dal punto di vista del reclutamento sono stati raggiunti<br />

obiettivi importanti nell'arco di un decennio, con un numero di anno in anno crescente di iscritti al<br />

test d'ingresso, premessa decisiva per ottenere (e questo è uno degli obiettivi primari dichiarati<br />

dall'Ipasvi per i prossimi anni) un aumento dei posti effettivamente disponibili per il corso di laurea<br />

in infermieristica.<br />

C'è invece ancora molto da lavorare per migliorare l'immagine dell'infermiere nella società: occorre<br />

a mio avviso anzitutto adoperarsi affinché tra la gente sia fatta chiarezza circa ruolo e competenze<br />

degli infermieri, far sapere che si tratta di professionisti e che la loro qualifica è provata dal titolo di<br />

dottore conseguito a termine di un percorso di studi universitario. Sono passati già diversi anni dai<br />

cambiamenti che hanno interessato la professione sul finire dello scorso millennio, ma nella società<br />

78


pare che sugli infermieri permangano ambiguità, dubbi, mancanza di conoscenze; al contrario,<br />

ancora molto diffusi e allo stato attuale delle cose difficili da sradicare sono tutta una serie di<br />

pregiudizi, falsi miti, stereotipi che purtroppo influiscono (e, ahimè, parecchio) in negativo<br />

sull'immagine professionale. Temo che dovranno passare diversi anni e che molte energie andranno<br />

investite prima che gli infermieri ottengano a livello sociale quel riconoscimento che loro spetta,<br />

nonostante i più volte citati progressi normativi degli anni passati; ci sarà però bisogno<br />

dell'appoggio decisivo delle istituzioni fino ai gradi più alti affinché gli obiettivi possano essere<br />

raggiunti e gli sforzi compiuti dagli infermieri e dai loro rappresentanti non vengano vanificati.<br />

79


Bibliografia<br />

• Emma Martellotti, Un francobollo dedicato agli infermieri, in L'infermiere, 5-6/2009, pag.<br />

8.<br />

• Una professione allo specchio. L'evoluzione della professione infermieristica nel sistema<br />

sanitario, CENSIS – Centro Studi Investimenti Sociali, edizioni Franco Angeli, 1996, pag.<br />

9/pag. 12.<br />

• Gli effetti della carenza di infermieri, a cura della Redazione, in Assistenza infermieristica e<br />

ricerca, 2002, 21, 3, pag. 139-142.<br />

• Carenza di infermieri, standard assistenziali, sicurezza dei pazienti, di Alvisa Palese e Luisa<br />

Saiani, in Assistenza infermieristica e ricerca, 2006, 25, 4, pag. 202-205.<br />

• Emma Martellotti, Gli infermieri sono il motore della riorganizzazione sanitaria, in<br />

L'infermiere 2/2009, pag. 26.<br />

• Grazia Cengia, Beniamino Micheloni, Lorella Tessari, Oriano Tosi, <strong>La</strong> carenza di infermieri<br />

e le strategie per affrontarla, in Assistenza infermieristica e ricerca, 2006, 25, 1, pag. 14-20.<br />

• Il reclutamento di infermieri dai paesi extracomunitari, a cura di Michele Piccoli, Alvisa<br />

Palese, Paola Di Giulio, in Assistenza infermieristica e ricerca, 2005, 24, 3, pag. 148-152.<br />

• Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione, Lo stato della popolazione del mondo 2006.<br />

In movimento verso il futuro. Donne e migrazione internazionale, pag. 7-8. Edizione italiana<br />

a cura di AIDOS – Associazione italiana donne per lo sviluppo.<br />

• Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione, Lo stato della popolazione del mondo 2006.<br />

In movimento verso il futuro. Donne e migrazione internazionale, Sintesi per la stampa, pag.<br />

2. Edizione italiana a cura di AIDOS – Associazione italiana donne per lo sviluppo.<br />

80


• Ester Maragò, <strong>La</strong> “fuga” degli infermieri dai Paesi poveri, in L'infermiere 7/2006, pag. 7.<br />

• Annalisa Silvestro, Carenza di infermieri. Chiediamo risposte vere, in L'infermiere, 3/2007,<br />

pag. 3.<br />

• Infermieri del “cuore”: 7000 ma non bastano, in L'infermiere, 3/2007, pag. 16.<br />

• Annalisa Silvestro, Un nuovo anno per promuovere l'Infermieristica, in L'infermiere,<br />

5/2008, pag. 3.<br />

• Il Governo si impegna a valorizzare gli infermieri, in L'infermiere 6/2008, pag. 4-5.<br />

• Emma Martellotti, MAP: l'indagine “made in Italy” per quantificare la carenza di<br />

infermieri, in L'infermiere, 6/2008, pag. 21.<br />

• Nerina Dirindin, Paolo Vineis, Elementi di economia sanitaria, ed. Il Mulino, 2004, pag.<br />

158. Fonte: OECD, Health Data, 2003.<br />

• Emma Martellotti, Sempre più giovani vogliono diventare infermieri, in L'infermiere,<br />

7/2006, pag. 4-6.<br />

• Pochi posti per diventare infermieri, in L'infermiere, 4/2008, pag. 7.<br />

• Giorgio Giuliano, <strong>La</strong> professione e i nuovi media: l'infermieristica sul web, in Nursing Oggi,<br />

3, 2008, pag. 16-19.<br />

• Roberto Lionetti, L'immagine dell'infermiere tra stereotipi e folklore. Miti e simboli di una<br />

professione moderna, in L'immagine sociale dell'infermiere, Atti del convegno, pag. 5.<br />

• Daniela Samassa e Lorella Bucci, Presentazione, in L'immagine sociale dell'infermiere, Atti<br />

del convegno, pag. 1.<br />

• Mario Schiavon, Il ruolo della Federazione Ipasvi, in L'immagine sociale dell'infermiere,<br />

Atti del convegno, pag. 2-4.<br />

• Lucia Conti, Ma la gente comune sa davvero cos'è un infermiere in L'infermiere, 9, 2005,<br />

pag. 4.<br />

81


• Emma Martellotti, Danilo Massai, Loredana Sasso, Diventare infermieri. Una professione<br />

emergente tra assistenza e management, Carocci Faber 2002, pag. 10-11.<br />

• Salvatore Gelsi, Lo schermo in camice bianco, in L'immagine sociale dell'infermiere, Atti<br />

del convegno, pag. 11-16.<br />

• Emma Martellotti, A lezione di “vita vera”, in L'infermiere, 3/2007, pag. 4-6.<br />

Web-grafia<br />

Link<br />

Data di download<br />

http://www.ipasvi.it 01/02/10<br />

Newsletter n. 83, Collegio Ipasvi di <strong>La</strong> <strong>Spezia</strong>. 26/03/10<br />

http://www.ipasvi.it/formazione/content.aspID=27 10/01/10<br />

http://ilcorrieredelweb.blogspot.com/2007/04/ipasvi-piu-infermieripiu-salute.html 13/01/10<br />

portale.fnomceo.it/Jcmsfnomceo/cmsfile/attach_2465.pdf 18/01/10<br />

www.societasalutediritti.comwww.societasalutediritti.com/documenti/<br />

28/01/10<br />

20070403OCSE.htm<br />

www.infermiereprotagonista.it 01/03/10<br />

82

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