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introduzione al cheratocono e cheratoplastica - PO Professional ...

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La contattologia in casi particolari:<br />

<strong>introduzione</strong> <strong>al</strong> <strong>cheratocono</strong> e <strong>cheratoplastica</strong><br />

Francesco S<strong>al</strong>a, docente di Optometria e Contattologia, Istituto Benigno Zaccagnini, Bologna; Optometrista S.Opt.I.<br />

Il <strong>cheratocono</strong><br />

Consiste in una distrofia corne<strong>al</strong>e non infiammatoria<br />

e con la possibile evoluzione l’ectasia subisce una protrusione<br />

verso l’esterno, progressivamente il tessuto si<br />

assottiglia riducendo lo spessore dell’area interessata. 1<br />

La “spinta” in avanti del tessuto modifica la morfologia<br />

della cornea che assume l’aspetto di un cono<br />

(Fig. 1), questo produce un sensibile cambiamento<br />

dello stato rifrattivo oculare che a seconda dello stadio<br />

del <strong>cheratocono</strong> riduce la prestazione visiva in<br />

modo più o meno marcato. 2 Durante la fase inizi<strong>al</strong>e la<br />

correzione del difetto rifrattivo può essere re<strong>al</strong>izzata<br />

anche senza l’ausilio di lenti a contatto gaspermeabili,<br />

l’eventu<strong>al</strong>e avanzamento dell’ectasia introduce un aumento<br />

del potere oculare e una forma di astigmatismo<br />

irregolare da rendere indispensabile l’impiego di<br />

LaC GP. 3 Riconoscere la patologia 4 quando è in uno<br />

stadio avanzato è molto semplice mentre individuare<br />

la presenza del <strong>cheratocono</strong> nella fase inizi<strong>al</strong>e è più<br />

complesso, un notevole aiuto è dato d<strong>al</strong>la possibilità<br />

di eseguire la topografia corne<strong>al</strong>e, strumento insostituibile<br />

per la gestione e il trattamento.


Il <strong>cheratocono</strong> è una condizione relativamente rara<br />

dove in letteratura l’incidenza sulla popolazione è<br />

caratterizzata da differenti considerazioni, i fattori<br />

che influenzano i risultati sono molteplici e sicuramente<br />

includono: la popolazione studiata; gli esami<br />

eseguiti; i criteri utilizzati per riconoscere e classificare<br />

l’ectasia.<br />

Nel 1959 Hofstetter 5 individua un’incidenza sulla<br />

popolazione di 600 per 100.000 (0,6%), mentre<br />

poco dopo nel 1965 Duke-Elder e Leigh 6 pubblicano<br />

un v<strong>al</strong>ore notevolmente diverso di 4 per<br />

100.000 (0,004%).<br />

Nel 1986 Kennedy 7 indica una distribuzione statistica<br />

di 54,5 per 100.000 (circa 0,055%).<br />

L’incidenza del <strong>cheratocono</strong> tra maschi e femmine<br />

è presa in considerazione da molti lavori: nel 1963<br />

H<strong>al</strong>l 8 trova una distribuzione equa tra i due sessi<br />

studiando un gruppo di 288 pazienti; Buxton 9<br />

(1973) trova in 140 casi una percentu<strong>al</strong>e del 62%<br />

a favore degli uomini e Woodword 10 (1984) individua<br />

il 61% dei maschi in 150 pazienti.<br />

Per quanto riguarda l’età media dei pazienti è significativo<br />

il dato pubblicato da Mood<strong>al</strong>ey 11 nel 1992:<br />

considera 337 casi dei qu<strong>al</strong>i 279 (83%) hanno una<br />

età media di 45 anni.<br />

Il sistema più semplice 12 per classificare la distrofia<br />

è attraverso il v<strong>al</strong>ore della cheratometria (Tab. 1),<br />

ma l’impiego della topografia offre la possibilità di<br />

approfondire la conoscenza di forma e <strong>al</strong>timetrica<br />

dell’area affetta da <strong>cheratocono</strong>.<br />

L’ectasia è classificata anche mediante la sua morfologia<br />

(Tab. 2) e integrando i due sistemi è possibile<br />

descrivere la maggior parte dei cheratoconi.<br />

La raccolta di maggiori informazioni aiuta l’applicatore<br />

a individuarne le peculiarità e ottenere i parametri<br />

necessari per la scelta della prima lente di<br />

prova.<br />

L’archiviazione delle topografie aiuta a controllare<br />

le eventu<strong>al</strong>i modifiche indotte d<strong>al</strong>la LaC e inoltre è<br />

possibile osservare l’evoluzione nel tempo confrontando<br />

le mappe eseguite durante i controlli.<br />

Un <strong>al</strong>tro strumento indispensabile è il biomicroscopio<br />

lampada a fessura (LaF) che abbinato <strong>al</strong>le<br />

moderne apparecchiature digit<strong>al</strong>i rende possibile<br />

fotografare, filmare i segni e gli aspetti di maggiore<br />

importanza durante l’ispezione del segmento anteriore<br />

o durante le fasi di adattamento delle LaC.<br />

La maggior parte dei pazienti affetti da <strong>cheratocono</strong><br />

forma l’ectasia in età compresa tra 12 e 20 anni 15 ,<br />

solitamente si sviluppa prima in un occhio poi nel<br />

tempo di 5 o 6 anni si forma anche nell’<strong>al</strong>tro 16 .<br />

H<strong>al</strong>l 8 in 288 casi individua solo 8 pazienti che a<br />

dossier<br />

Figura 1. Sezione ottica del <strong>cheratocono</strong><br />

eseguita mediante il<br />

biomicroscopio lampada a fessura<br />

(LaF).<br />

DOSSIER<br />

16


EVOLUZIONE<br />

PRIMO STADIO<br />

CHERATOMETRIA<br />

52.00D<br />

>62.00D<br />

Tabella 1. Classificazione del <strong>cheratocono</strong> in funzione della cheratometria<br />

secondo Buxton 13 .<br />

MORFOLOGIA<br />

ROTONDO<br />

OVALE<br />

CHERATOGLOBO<br />

QUARTO STADIO<br />

DESCRIZIONE<br />

circolare e di diametro<br />

piccolo<br />

ellissoid<strong>al</strong>e, di diametro<br />

maggiore e decentrato nel<br />

quadrante inferiore<br />

i 2/3 della cornea sono<br />

affetti d<strong>al</strong>l’ectasia<br />

>62.00D<br />

Tabella 2. Classificazione del <strong>cheratocono</strong> in funzione della morfologia<br />

secondo Caroline 14 .<br />

distanza di anni non sviluppano la distrofia nel<br />

secondo occhio, Tuft 17 nel 1994 indica che solo il<br />

4,3% dei casi dopo 3 o più anni di osservazione<br />

forma il <strong>cheratocono</strong> in un solo occhio.<br />

La possibilità di prevedere l’evoluzione per ogni<br />

singolo caso è molto difficile anche se per <strong>al</strong>cuni<br />

pazienti le modifiche di maggiore rilievo sono concentrate<br />

in un periodo di 6 mesi <strong>al</strong>l’anno 18 .<br />

Dopo il periodo nel qu<strong>al</strong>e si verificano le modifiche<br />

più sensibili seguono diversi mesi senza cambiamenti<br />

particolari per <strong>al</strong>ternarsi ad <strong>al</strong>tri dove<br />

l’evoluzione riprende a modificare l’ectasia, questo<br />

comportamento sinusoid<strong>al</strong>e può ripetersi più volte<br />

nel corso del tempo 18 .<br />

Nel 1981 Pouliquen 18 pubblica i risultati di uno<br />

studio retrospettivo sul carattere evolutivo del<br />

<strong>cheratocono</strong> in 187 casi considerando il tempo intercorso<br />

d<strong>al</strong>la diagnosi <strong>al</strong>l’intervento di <strong>cheratoplastica</strong>,<br />

nelle conclusioni individua un tempo medio<br />

di 10 anni.<br />

Secondo Bennett 19 e Reinke 20 il periodo di fase<br />

acuta dell’evoluzione dura da 5 a 7 anni e successivamente<br />

la condizione rimane stabile per molto<br />

tempo, pur rimanendo il fatto che possono intervenire<br />

delle modifiche ma clinicamente poco significative;<br />

per Ridley 21 difficilmente il <strong>cheratocono</strong> si<br />

sviluppa dopo i 30 anni.<br />

Woodward 22 considera un gruppo di 70 pazienti affetti<br />

da <strong>cheratocono</strong> (139 occhi) dove per il 16,5%<br />

(23 occhi) è stato necessario eseguire il trapianto di<br />

cornea, il tempo intercorso d<strong>al</strong>la diagnosi è stato di<br />

6 anni per 21 occhi e di 10 anni per gli <strong>al</strong>tri 2.<br />

L’autore individua una sola relazione tra il momento<br />

della diagnosi e quello dell’intervento dove l’aspetto<br />

più significativo dipende d<strong>al</strong>la curvatura corne<strong>al</strong>e.<br />

In quei pazienti Woodward adatta lenti a contatto<br />

con design specifico per <strong>cheratocono</strong> dove<br />

la curvatura della zona ottica è pari o inferiore a<br />

6,00mm, in conclusione ritiene che in questi casi<br />

la possibilità di arrivare <strong>al</strong>l’intervento di <strong>cheratoplastica</strong><br />

è del 50%.<br />

Nel 1994 Tuft 17 studia 2523 pazienti dove il 21,6%<br />

si è sottoposto <strong>al</strong>l’intervento di <strong>cheratoplastica</strong> con<br />

un tempo medio dopo la diagnosi di 7 anni; la ragione<br />

prev<strong>al</strong>ente (52,6%) che ha motivato l’atto chirurgico<br />

è stata l’impossibilità di applicare le lenti a<br />

contatto, mentre per l’intolleranza <strong>al</strong>le LaC il 6,8%<br />

e il rimanente 40,6% per disordini metabolici senza<br />

mai utilizzare lenti corne<strong>al</strong>i.<br />

L’influenza dell’ectasia sulla prestazione visiva è correlata<br />

<strong>al</strong>la forma irregolare (Fig. 2) della superficie<br />

anteriore della cornea, tenendo presente che sono<br />

diversi i fattori che contribuiscono <strong>al</strong> risultato fin<strong>al</strong>e<br />

e tra i princip<strong>al</strong>i troviamo: lo stadio della m<strong>al</strong>attia;<br />

la collocazione del cono rispetto <strong>al</strong>l’area pupillare; la<br />

dimensione della pupilla durante la visione fotopica<br />

e scotopica; la morfologia del cono.<br />

I segni di riconoscimento princip<strong>al</strong>i rilevabili con la<br />

LaF che caratterizzano una forma avanzata sono: le<br />

strie di Vogt (Fig. 3) sono formate da linee molto<br />

sottili che interessano gli strati più profondi dello<br />

stroma, che “stirato” mostra delle strie di colore<br />

biancastro, e possono collocarsi anche nella membrana<br />

di Descemet.<br />

Solitamente si orientano nella sezione vertic<strong>al</strong>e e per<br />

enfatizzare l’osservazione mediante la LaF è necessario<br />

impostare un’illuminazione diretta a “par<strong>al</strong>lelepipedo”,<br />

dove l’angolo tra il biomicroscopio e la<br />

lampada a fessura è di circa 45°.<br />

Il biomicroscopio deve essere impostato con un ingrandimento<br />

medio <strong>al</strong>to (25-40X), le strie possono<br />

essere confuse con fini cicatrici che si sviluppano<br />

nello strato di Bowman 24 o con i nervi corne<strong>al</strong>i che<br />

appaiono più visibili in caso di <strong>cheratocono</strong>.<br />

dossier<br />

DOSSIER<br />

17


I nervi possono essere differenziati d<strong>al</strong>le strie perché<br />

vengono osservati fino nella zona limbare,<br />

mentre le strie sono presenti solo nell’area centr<strong>al</strong>e<br />

della cornea in prossimità dell’apice del cono.<br />

Il segno di Fleischer 25 è formato da un anello pigmentato<br />

di colore marrone che circonda la base del<br />

cono, è costituito da depositi di emosiderina che si<br />

collocano in profondità dello strato epiteli<strong>al</strong>e.<br />

Viene visu<strong>al</strong>izzato con maggiore facilità se nella<br />

LaF è impostato il filtro blu cob<strong>al</strong>to e l’ingrandimento<br />

medio basso, in questo modo l’anello è percepito<br />

come una linea nera molto fine attorno <strong>al</strong>la<br />

base dell’ectasia 26 .<br />

Inoltre è possibile osservare la modifica qu<strong>al</strong>itativa<br />

dello spessore apic<strong>al</strong>e 27 in “sezione ottica” dove la<br />

sua opacità 28 deriva da cicatrici corne<strong>al</strong>i in caso di<br />

stadio avanzato.<br />

I leucomi possono comparire come un fenomeno<br />

legato <strong>al</strong>la progressione del <strong>cheratocono</strong> e <strong>al</strong> conseguente<br />

assottigliamento del tessuto, l’uso di lenti a<br />

contatto gaspermeabili non correttamente applicate<br />

ne influenza sensibilmente la comparsa.<br />

Le cicatrici solitamente interessano l’apice del cono<br />

e si presentano <strong>al</strong>l’inizio come una linea molto<br />

sottile per trasformarsi in leucomi di aspetto nebulare,<br />

l’inizio della forma cicatrizi<strong>al</strong>e è a livello della<br />

membrana di Bowman.<br />

McMahon 29 (1991) studia 42 pazienti affetti da<br />

<strong>cheratocono</strong> in stadio avanzato dove nel 98% dei<br />

casi trova l’anello di Fleischer; nel 60% le strie di<br />

Vogt e il leucoma dello stroma anteriore è presente<br />

per il 52%.<br />

L’idrope 30 corne<strong>al</strong>e è visibile in lampada a fessura<br />

perché modifica la deturgescenza della parenchima<br />

per la rottura della Descemet e dell’endotelio.<br />

In caso di stadio avanzato è possibile osservare il<br />

segno di Munson 31 (Fig. 4), per visu<strong>al</strong>izzarlo è sufficiente<br />

invitare il paziente a spostare lo sguardo verso<br />

il basso e notare la modifica di forma della rima p<strong>al</strong>pebr<strong>al</strong>e<br />

inferiore che spinta d<strong>al</strong> cono protende sensibilmente<br />

verso l’esterno.<br />

Molti autori 33 hanno cercato i fattori dai qu<strong>al</strong>i dipende<br />

l’eziologia del <strong>cheratocono</strong>, un gran numero<br />

di teorie proposte è basato sull’associazione di <strong>al</strong>tre<br />

condizioni senza però fornire una spiegazione specifica<br />

sulle cause della distrofia.<br />

Teng 34 nel 1963 propone che <strong>al</strong>la base del <strong>cheratocono</strong><br />

ci sia l’azione di <strong>al</strong>cuni enzimi che provocano<br />

la degenerazione delle cellule bas<strong>al</strong>i dell’epitelio,<br />

conseguentemente si verifica la rottura della membrana<br />

bas<strong>al</strong>e, dello strato di Bowman e del collagene<br />

strom<strong>al</strong>e.<br />

Successivamente <strong>al</strong>tri lavori 35 hanno conv<strong>al</strong>idato il<br />

ruolo significativo di enzimi capaci di indebolire il<br />

tessuto corne<strong>al</strong>e favorendo una maggiore instabilità<br />

della membrana di Bowman.<br />

La distrofia è comunemente associata 19 a m<strong>al</strong>attie<br />

sistemiche del tessuto connettivo qu<strong>al</strong>i: Sindrome<br />

dossier<br />

Figura 2. Topografia corne<strong>al</strong>e in<br />

caso di <strong>cheratocono</strong>, rappresentazione<br />

dell’an<strong>al</strong>isi cromatica 32 .<br />

DOSSIER<br />

18


Figura 3. Illuminazione diretta di una sezione del <strong>cheratocono</strong> eseguita<br />

mediante il biomicroscopio lampada a fessura (LaF), sono visibili<br />

le strie di Vogt 23 .<br />

Figura 4. Segno di Munson osservato mediante lo spostamento dello<br />

sguardo verso il basso.<br />

di Ehlers-Danlos; sindrome di Marfan; sindrome<br />

di Crouzon; sindrome di Down e sindrome di<br />

Rieger.<br />

Altri fattori ricorrenti sono le forme <strong>al</strong>lergiche 36 in<br />

bibliografia quelle più presenti sono: l’asma; l’eczema;<br />

la febbre da fieno e le <strong>al</strong>lergie <strong>al</strong>imentari.<br />

La componente ereditaria 33 è presente per il 13,5%<br />

secondo i dati forniti d<strong>al</strong> CLEK (Collaborative<br />

longitudin<strong>al</strong> ev<strong>al</strong>uation of keratoconus).<br />

La compensazione con lenti a contatto (LaC)<br />

In contattologia l’approccio clinico del <strong>cheratocono</strong><br />

deve essere proposto mediante l’ausilio di differenti<br />

design specifici dove la prima scelta è costituita da<br />

LaC corne<strong>al</strong>i gaspermeabili (GP).<br />

Le mod<strong>al</strong>ità di adattamento della lente possono<br />

essere diverse a seconda del tipo di forma dell’area<br />

ectasica: contatto su tre punti; sollevamento apic<strong>al</strong>e<br />

e appoggio sull’apice del cono.<br />

L’applicazione della LaC deve ripristinare un’acuità<br />

visiva sufficiente per le esigenze del paziente, senza<br />

dimenticare che tra gli aspetti di maggiore rilevanza<br />

clinica quello di preservare l’apice è essenzi<strong>al</strong>e.<br />

Evitare la formazione di leucomi diventa uno dei<br />

princip<strong>al</strong>i obiettivi durante la fase di adattamento<br />

delle lenti a contatto, la tecnica di “sollevamento<br />

apic<strong>al</strong>e” offre maggiori garanzie di preservazione<br />

dell’area apic<strong>al</strong>e del <strong>cheratocono</strong> 37 .<br />

Quando non è possibile applicare lenti corne<strong>al</strong>i il<br />

professionista deve adottare sistemi <strong>al</strong>ternativi: lente<br />

ibrida (formata da una parte centr<strong>al</strong>e GP e una periferica<br />

morbida); lente gemellata (la LaC morbida<br />

presenta una “tasca” centr<strong>al</strong>e dove applicare una<br />

GP di piccolo diametro); piggyback (lente morbida<br />

senza “tasca” sulla qu<strong>al</strong>e è applicata una GP di piccolo<br />

diametro); lente scler<strong>al</strong>e.<br />

Tra i sistemi <strong>al</strong>ternativi menzionati quello definito<br />

“piggyback” negli ultimi anni ha fatto notevoli<br />

passi in avanti, poiché la scelta della lente morbida<br />

può essere caratterizzata da un polimero in silicone<br />

idrogel.<br />

I benefici sono correlati <strong>al</strong>la maggiore permeabilità<br />

<strong>al</strong>l’ossigeno del materi<strong>al</strong>e 38 dove il modulo di rigidità<br />

non deve essere particolarmente elevato.<br />

Sulla LaC morbida è adatta la GP che soddisfa meglio<br />

la relazione cornea lente con la possibilità di applicare<br />

più facilmente diametri tot<strong>al</strong>i piccoli.<br />

T<strong>al</strong>volta la scelta della mod<strong>al</strong>ità piggyback nasce<br />

anche d<strong>al</strong>la forte sensazione di corpo estraneo della<br />

GP, è possibile superare il fastidio durante il periodo<br />

di adattamento con l’aiuto della lente morbida.<br />

Superato il momento più delicato si v<strong>al</strong>uta di continuare<br />

l’uso della sola lente GP che potrà essere modificata<br />

una volta rimossa quella morbida.<br />

Il trattamento ottico del <strong>cheratocono</strong> individua con<br />

l’applicazione di lenti a contatto GP la sua componente<br />

di maggiore importanza, è necessario adattare<br />

la LaC con il migliore design mediante la scelta di<br />

geometrie specifiche e progettate appositamente per<br />

il <strong>cheratocono</strong>.<br />

Uno dei maggiori “sistemi” utilizza un particolare<br />

modello di lente sul qu<strong>al</strong>e si basa la re<strong>al</strong>izzazione<br />

del set di prova 39 : <strong>al</strong> variare della curva base varia<br />

l’ampiezza della zona ottica, più è stretto il raggio di<br />

curvatura e più piccola diventa la zona ottica, con-<br />

dossier<br />

DOSSIER<br />

19


dossier<br />

seguentemente vengono modificate le ampiezze e le<br />

curvature delle flange così da ottimizzare l’<strong>al</strong>lineamento<br />

periferico.<br />

Inoltre con la modifica della curva base cambia il<br />

potere: più è stretto il raggio di curvatura e maggiore<br />

diventa il potere negativo, la superficie esterna<br />

della lente è asferica e la lavorazione permette di<br />

correggere l’aberrazione sferica indotta in caso di<br />

elevato potere.<br />

Rispetto <strong>al</strong>la geometria standard delle lenti di prova<br />

è possibile modificare l’<strong>al</strong>lineamento del sollevamento<br />

periferico, mediante l’incremento o la riduzione<br />

della curvatura delle flange viene ottimizzata<br />

la relazione cornea lente.<br />

Come per tutte le geometrie il diametro tot<strong>al</strong>e e<br />

la curva base possono essere modificati a seconda<br />

del caso.<br />

Durante le sedute di prova il professionista deve<br />

utilizzare LaC studiate appositamente per il <strong>cheratocono</strong>,<br />

meglio se c’è la disponibilità di lenti<br />

con proprietà geometriche sensibilmente differenti<br />

tra loro.<br />

Mediante l’ausilio del sistema digit<strong>al</strong>e applicato <strong>al</strong>la<br />

lampada a fessura è possibile archiviare il quadro<br />

fluoroscopico delle lenti applicate, metodica particolarmente<br />

utile per studiare le modifiche da apportare<br />

<strong>al</strong>la lente a contatto.<br />

Attraverso l’archiviazione dell’indagine strument<strong>al</strong>e<br />

con la LaF e delle topografie corne<strong>al</strong>i si ottiene<br />

un notevole contributo a mantenere sotto controllo<br />

tutte le fasi dell’applicazione.<br />

La <strong>cheratoplastica</strong> in caso di <strong>cheratocono</strong><br />

Il trapianto di cornea o <strong>cheratoplastica</strong> è un intervento<br />

chirurgico che si pone come obiettivo<br />

quello di sostituire la cornea in toto o in parte a<br />

seconda delle necessità attraverso la donazione di<br />

un tessuto sano.<br />

In caso di <strong>cheratocono</strong> diventa una scelta obbligata<br />

quando: il paziente non tollera più le lenti a<br />

contatto applicate; l’acuità visiva con LaC non raggiunge<br />

prestazioni sufficienti; il progressivo assottigliamento<br />

dell’ectasia rischia di perforare il tessuto<br />

corne<strong>al</strong>e.<br />

Il trapianto di cornea può essere eseguito mediante<br />

differenti mod<strong>al</strong>ità 40 : la <strong>cheratoplastica</strong> perforante<br />

e la <strong>cheratoplastica</strong> lamellare rappresentano le tecniche<br />

chirurgiche utilizzate più frequentemente.<br />

La <strong>cheratoplastica</strong> perforante in caso di <strong>cheratocono</strong><br />

e <strong>al</strong>tre distrofie simili rimuove un’area del tessuto<br />

sostituendola con un “bottone” pari <strong>al</strong>l’intero<br />

spessore della cornea.<br />

Nei trapianti perforanti durante l’innesto del<br />

lembo è possibile provocare dei traumi meccanici<br />

<strong>al</strong>l’endotelio sia nella fase preoperatoria che durante<br />

l’operazione 40 , i primi tentativi di re<strong>al</strong>izzare<br />

una strada <strong>al</strong>ternativa in caso di <strong>al</strong>terazioni superfici<strong>al</strong>i<br />

come nel <strong>cheratocono</strong> <strong>al</strong>lo stadio inizi<strong>al</strong>e ris<strong>al</strong>gono<br />

<strong>al</strong> 1950.<br />

L’intento è quello di lasciare nella cornea ricevente<br />

lo strato endoteli<strong>al</strong>e e oggi il perfezionamento della<br />

procedura permette di individuare la <strong>cheratoplastica</strong><br />

lamellare profonda.<br />

La tecnica lamellare profonda 40 o predescemetica<br />

re<strong>al</strong>izza un trapianto di cornea a spessore parzi<strong>al</strong>e:<br />

viene sostituito il tessuto <strong>al</strong>terato e lasciati in sede<br />

la membrana di Descemet e l’endotelio, è quindi<br />

creata un interfaccia tra lenticolo donatore e letto<br />

ricevente con proprietà di levigatezza sufficienti per<br />

garantire un recupero postoperatorio più rapido e<br />

una buona qu<strong>al</strong>ità visiva.<br />

L’intervento è sicuramente più difficile da eseguire e<br />

non può essere effettuato quando la patologia interessa<br />

la Descemet e l’endotelio 41 .<br />

Applicazione delle LaC dopo l’intervento di <strong>cheratoplastica</strong><br />

L’applicazione di lenti a contatto dopo l’intervento<br />

di <strong>cheratoplastica</strong> ha l’obiettivo di ripristinare<br />

una qu<strong>al</strong>ità visiva soddisfacente per le<br />

esigenze del paziente.<br />

In base <strong>al</strong> lavoro di Ho, Andaya e Weissman 42 pubblicato<br />

nel 1999, dopo l’intervento mediamente la<br />

toricità corne<strong>al</strong>e è compresa tra 0,8 e 1,0 mm; nel<br />

25% dei casi la topografia risulta irregolare e solo il<br />

50% ha un’acuità visiva senza correzione maggiore<br />

di 5/10, per queste ragioni l’applicazione delle LaC<br />

diventa essenzi<strong>al</strong>e e la possibilità di successo può<br />

raggiungere il 90% 42 .<br />

La topografia corne<strong>al</strong>e in questo ambito diventa<br />

uno strumento indispensabile e lo studio della morfologia<br />

permette di individuare con maggiore cura<br />

il design della LaC, l’archiviazione dei dati offre<br />

l’opportunità di osservare nel tempo le modifiche di<br />

forma rilevando l’eventu<strong>al</strong>e modellamento indotto<br />

d<strong>al</strong>la relazione cornea lente.<br />

Una prima classificazione della morfologia corne<strong>al</strong>e<br />

dopo l’intervento di <strong>cheratoplastica</strong> indivi-<br />

DOSSIER<br />

20


dua una forma regolare (sferica o astigmatica) e<br />

una irregolare 42 .<br />

Nel primo caso vengono introdotte prev<strong>al</strong>entemente<br />

aberrazioni di basso ordine e l’area di<br />

giunzione del lembo impiantato è regolare, le possibilità<br />

ottiche di correzione sono diverse: lenti<br />

gaspermeabili, morbide e la soluzione oft<strong>al</strong>mica<br />

diventa possibile. In percentu<strong>al</strong>e 42 è più frequente<br />

trovare una morfologia irregolare dove l’<strong>introduzione</strong><br />

di aberrazioni di <strong>al</strong>to ordine obbliga la<br />

scelta verso lenti GP o scler<strong>al</strong>i.<br />

Quando la topografia è irregolare la classificazione<br />

di forma diventa più articolata 42 , le forme seguenti<br />

possono essere interessate da una toricità corne<strong>al</strong>e<br />

più o meno elevata: piccola e a punta “nipple”<br />

(l’area centr<strong>al</strong>e della cornea è particolarmente curva<br />

ma poco protesa <strong>al</strong>l’infuori); protesa verso l’esterno<br />

(nella giunzione si forma un gradino di <strong>al</strong>tezza<br />

sensibile); oblata (la geometria di superficie vede la<br />

componente periferica più curva di quella centr<strong>al</strong>e);<br />

eccentrica (il lembo è posizionato decentrato nel<br />

caso in cui l’area danneggiata non è centr<strong>al</strong>e).<br />

La mod<strong>al</strong>ità applicativa trova nella lente gaspermeabile<br />

la prima scelta, le ragioni princip<strong>al</strong>i sono legate<br />

ad aspetti ottici (maggiore resa visiva) e fisiologici<br />

(maggiore rispetto del metabolismo corne<strong>al</strong>e).<br />

La possibilità di lavorare con lenti di prova progettate<br />

appositamente è indispensabile 43 e le caratteristiche<br />

della LaC GP sono: lenti di diametro<br />

piccolo 8,00 - 8,50 mm con la fin<strong>al</strong>ità di rimanere<br />

<strong>al</strong>l’interno del lembo e lenti di diametro grande<br />

10,0 - 11,0 mm con la fin<strong>al</strong>ità di superare l’area<br />

del lembo.<br />

Altre peculiarità che le LaC di prova devono possedere<br />

sono: ampia disponibilità del raggio base; la<br />

zona ottica variabile in base <strong>al</strong> tipo di curvatura e<br />

la geometria inversa.<br />

È <strong>al</strong>tresì necessario che il professionista possa<br />

chiedere <strong>al</strong> costruttore la variazione del diametro<br />

tot<strong>al</strong>e, del sollevamento periferico e in caso di bisogno<br />

re<strong>al</strong>izzare la geometria della superficie posteriore<br />

torica.<br />

Quando da sola la LaC GP non è una soluzione<br />

percorribile la prima strada <strong>al</strong>ternativa è composta<br />

da lenti gemellate o piggyback, mentre la lente scler<strong>al</strong>e<br />

rappresenta l’ultima soluzione.<br />

Il controllo della lente a contatto deve essere frequente<br />

e particolare attenzione deve essere rivolta<br />

ai sintomi: dolore; fotofobia e riduzione dell’acuità<br />

visiva, ai segni rilevati in lampada a fessura: vascolarizzazione;<br />

disepitelizzazione; edema e infiltrati.<br />

Durante l’esame con il biomicroscopio è importante<br />

la video archiviazione, documentare lo stato del segmento<br />

anteriore prima e dopo l’applicazione offre<br />

l’opportunità di studiare i mutamenti nel tempo del<br />

sistema cornea lente.<br />

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