l'adolescenza tra metamorfosi e breakdown ... - Friuli Occidentale
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i quaderni di<br />
L’ADOLESCENZA TRA METAMORFOSI<br />
E BREAKDOWN EVOLUTIVO<br />
Approcci multidisciplinari, servizi e pratiche condivise
I quaderni di Janus
© Zadig editore<br />
Via Ravenna 34, 00161 Roma<br />
tel. 06 8175 644<br />
e-mail: segreteria@zadigroma.it<br />
www.mhjanus.it<br />
supervisione testi e coordinamento editoriale: Paolo Gangemi<br />
progetto grafico e impaginazione: Corinna Guercini
L’ADOLESCENZA TRA METAMORFOSI<br />
E BREAKDOWN EVOLUTIVO<br />
Approcci multidisciplinari, servizi e pratiche condivise
Questo volume raccoglie gli interventi del secondo convegno nella<br />
Regione <strong>Friuli</strong> Venezia Giulia sull’adolescenza<br />
(Teatro Pasolini, Casarsa della Delizia - PN - 15 novembre 2008)<br />
Responsabili scientifici<br />
Luigi Canciani, Tiziana Martuscelli, Paolo Piergentili<br />
Direzione scientifica<br />
Francesco Burgio, Pietro De Fend, Gianna Del Ben, Ferruccio<br />
Giaccherini, Marta Pozzi, Nicola Salerno, Lorenza Ulian,<br />
Lorenzo Zanon
indice<br />
Presentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7<br />
Introduzione<br />
Nicola Delli Quadri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9<br />
Prima parte (mattina)<br />
Il Progetto Interservizi,<br />
Azienda sanitaria n. 6 “<strong>Friuli</strong> occidentale”<br />
Tiziana Martuscelli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11<br />
L’approccio di genere nella salute degli adolescenti<br />
Giorgio Tamburlini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47<br />
Autolesionismo e tentativi di suicidio<br />
Marco Carrozzi, Sara Battistutta, Caterina Zanus,<br />
Renata Aliverti, Silvana Cremaschi . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54<br />
Tavola rotonda<br />
L’approccio clinico all’adolescente: risorse e criticità<br />
Fulvio Kette, Willy Pierre Mercante, Angelo Cassin,<br />
Guido Lucchini, Nicola Salerno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61<br />
Seconda parte (pomeriggio)<br />
I nuovi adolescenti in famiglia e a scuola<br />
Gustavo Pietropolli Charmet . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 75<br />
Comunicazioni e relazioni virtuali<br />
Matteo Lancini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81<br />
Tavola rotonda<br />
Problematiche adolescenziali: s<strong>tra</strong>tegie di intervento<br />
Giorgio Tamburlini, Marco Carrozzi, Tiziana Martuscelli,<br />
Matteo Lancini, Gustavo Pietropolli Charmet<br />
Chairman: Paolo Piergentili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 86
Presentazione<br />
di Tiziana Martuscelli<br />
La giornata di studio sugli adolescenti nasce in continuità<br />
con quella che si è svolta a Trieste nel febbraio 2008.<br />
L’intento del convegno era duplice: da un lato migliorare la<br />
qualità degli interventi clinici da parte dei servizi che collaborano<br />
nella gestione degli adolescenti con problemi, dall’altro<br />
offrire ai partecipanti l’opportunità di approfondire le conoscenze<br />
relative ai vissuti emotivi e alle manifestazioni comportamentali<br />
dei “nuovi adolescenti”.<br />
La mattina è stata interamente dedicata all’approccio clinico<br />
all’adolescente e ha previsto in apertura la presentazione del<br />
Progetto Interservizi dell’Ass 6 “<strong>Friuli</strong> <strong>Occidentale</strong>”. Questo<br />
progetto, avviato nel 2004, include specifiche linee guida –<br />
concordate <strong>tra</strong> i differenti servizi – relative all’accoglienza e al<br />
<strong>tra</strong>ttamento clinico dell’adolescente.<br />
A seguire, una relazione relativa all’approccio di genere e le sue<br />
implicazioni per la salute in adolescenza e la presentazione<br />
della seconda parte della ricerca sui tentati suicidi in <strong>Friuli</strong><br />
Venezia Giulia, a completamento del discorso avviato durante<br />
il convegno di Trieste. La mattinata si è conclusa con una tavola<br />
rotonda rispetto alle risorse e criticità nell’approccio clinico.<br />
Nel pomeriggio gli esperti dell’Istituto Minotauro di Milano<br />
hanno presentato due relazioni inerenti le caratteristiche e le<br />
peculiarità dei “nuovi adolescenti”, così come si presentano<br />
oggi nel contesto scolastico e familiare, nonché le attuali<br />
modalità di rapportarsi e comunicare <strong>tra</strong> loro.
A seguire, una tavola rotonda nella quale i diversi relatori intervenuti<br />
si sono confrontati sulle s<strong>tra</strong>tegie di intervento rispetto<br />
alle complesse problematiche adolescenziali.<br />
A chiusura del convegno sono stati infine presentati gli aspetti<br />
politici di programmazione regionale in merito alla questione<br />
adolescenza.<br />
La giornata è stata aperta ai genitori, agli studenti, agli insegnanti,<br />
agli operatori della sanità e delle agenzie sociali, a coloro<br />
che a vario titolo e in differenti contesti svolgono un ruolo<br />
educativo e a tutti coloro che fossero interessati all’argomento.<br />
L’incontro è stato organizzato dall’Azienda per i servizi sanitari<br />
n. 6 “<strong>Friuli</strong> <strong>Occidentale</strong>”, con la collaborazione del Centro<br />
regionale di formazione per l’area delle cure primarie,<br />
dell’Ospedale pediatrico e Istituto di ricerca “Burlo Garofolo”<br />
di Trieste e con il patrocinio della Regione <strong>Friuli</strong> Venezia Giulia,<br />
del Comune di Pordenone, del Comune di Casarsa della<br />
Delizia e dell’Ordine dei medici.
Introduzione<br />
di Nicola Delli Quadri<br />
S<br />
u una tematica come quella dell’adolescenza è ancora più complicato,<br />
complesso e difficile il lavoro di tutti noi. A maggior ragione è<br />
compito delle organizzazioni mettere tutti gli attori del sistema in<br />
condizione di aprire le porte e muoversi, come si diceva una volta,<br />
nelle pieghe della società. Le conoscenze, le competenze la formazione<br />
professionale, che sono ormai patrimonio del sistema, vanno<br />
messe in comune nelle pratiche che vengono ritenute valide dal<br />
punto di vista dell’esperienza ma anche della scienza, in un processo<br />
di confronto continuo. Penso che come persone di scienza, l’unica<br />
cosa che non ci possiamo permettere è chiuderci nei nostri ambulatori,<br />
laboratori, reparti, strutture, aziende. In una situazione così circolare<br />
come quella del disagio giovanile non possono esserci né porte<br />
né muri, tutti siamo consapevoli di questo.<br />
La pubblicazione degli atti di questo importante convegno permetterà<br />
a tutti gli interessati di ripercorrere, speriamo, ansie e motivazioni<br />
di un percorso professionale che è anche percorso di vite insieme<br />
ad altre persone che chiedono aiuto.
Il Progetto Interservizi,<br />
Azienda sanitaria n. 6<br />
“<strong>Friuli</strong> <strong>Occidentale</strong>”<br />
di Tiziana Martuscelli
Illustrerò il Progetto Interservizi aziendale per gli adolescenti, l’approccio<br />
clinico all’adolescente e alla sua famiglia. Nell’anno 2003 la<br />
Direzione dell’Azienda per i servizi sanitari n. 6 “<strong>Friuli</strong> <strong>Occidentale</strong>” ha<br />
richiesto ai quattro servizi territoriali che si occupano della salute mentale<br />
degli adolescenti – il Dipartimento di salute mentale, il Servizio tossicodipendenze,<br />
il Consultorio familiare e il Servizio di neuropsichiatria<br />
infantile – di elaborare un progetto per gli adolescenti con disagio psichico<br />
e per le loro famiglie. L’obiettivo del progetto aziendale è rendere<br />
operativo un modello di intervento a favore degli adolescenti che sia<br />
omogeneo in tutte le aree distrettuali: assicurare la chiarezza della presa<br />
in carico nell’invio degli adolescenti problematici e, in una fase successiva,<br />
passare dalla rete “interna” all’Azienda alla rete esterna con le politiche<br />
socioeducative del territorio. I riferimenti del progetto aziendale<br />
sono sia sul versante normativo, sia su quello tecnico operativo.<br />
Sul versante normativo, il Progetto Obiettivo materno infantile e dell’età<br />
evolutiva della Regione <strong>Friuli</strong> Venezia Giulia si colloca a valle del<br />
“Progetto Obiettivo materno infantile relativo al Piano sanitario<br />
nazionale per il triennio 1998-2000” (Decreto ministeriale 24 aprile<br />
2000), così come richiamato e integrato dal Piano sanitario nazionale<br />
2003-2005 (Dpr 23.5.2003) recependone le indicazioni e adattandole<br />
alle proprie esigenze, come esplicitamente previsto dallo stesso progetto<br />
obiettivo nazionale.<br />
Si ritiene opportuno riportare la riflessione iniziale del documento<br />
nazionale per sottolinearne la condivisione degli assunti di fondo: «La<br />
tutela della salute in ambito materno infantile costituisce un impegno<br />
di valenza s<strong>tra</strong>tegica dei sistemi sociosanitari per il riflesso che gli interventi<br />
di promozione della salute, di cura e riabilitazione in tale ambito<br />
hanno sulla qualità del benessere psicofisico nella popolazione generale<br />
attuale e futura. L’Organizzazione mondiale della sanità ha individuato,<br />
infatti, nel miglioramento della qualità della vita della madre e<br />
del bambino uno degli obiettivi sanitari prioritari a livello mondiale».<br />
12 L’adolescenza <strong>tra</strong> <strong>metamorfosi</strong> e <strong>breakdown</strong> evolutivo
Il Progetto Obiettivo regionale ha per oggetto: il bambino fin dalle<br />
problematiche del concepimento, l’evento nascita, lo sviluppo, l’adolescenza<br />
fino al passaggio all’età adulta; peraltro alcune situazioni<br />
specifiche, quali per esempio la disabilità e le malattie rare, richiedono<br />
la prosecuzione del <strong>tra</strong>ttamento in strutture pediatriche a prescindere<br />
dal raggiungimento dei 18 anni di età, nel rispetto della continuità<br />
assistenziale; la donna, con particolare riferimento alla maternità<br />
e al suo ruolo di madre; la coppia in relazione alla procreazione e<br />
alle funzioni genitoriali.<br />
Bisogni che non trovano una risposta organizzativa adeguata<br />
Va invece rilevato come ci sia un’area – cosiddetta “area grigia”, non<br />
identificata nell’handicap certificato ai sensi degli articoli 3 e 4 della<br />
Legge 104/92 – di confine, nella quale rien<strong>tra</strong>no il disagio psicologico<br />
che ha una valenza clinica e il disagio psicosociale con situazioni multiproblematiche.<br />
Queste situazioni trovano una risposta organica e<br />
integrata solo eccezionalmente nel territorio regionale. Spesso questi<br />
utenti e le loro famiglie si trovano di fronte a un’assenza di presa in<br />
carico o all’incertezza del servizio di riferimento o tutt’al più di fronte<br />
a una presa in carico parziale e frammentata <strong>tra</strong> differenti servizi.<br />
L’inderogabile necessità di un adeguato assetto organizzativo dell’offerta<br />
che consenta ai servizi di svolgere un ruolo attivo nell’intercettazione<br />
precoce del problema e nella presa in carico organica di queste<br />
situazioni è resa ancor più necessaria laddove la famiglia non riesce a<br />
rappresentare adeguatamente i bisogni dei figli, o perché li nega o perché<br />
essa stessa si trova in una situazione di deprivazione culturale.<br />
Si rileva inoltre come non trovino adeguata e omogenea risposta sul territorio<br />
regionale due bisogni particolari, en<strong>tra</strong>mbi connessi a specifiche<br />
problematiche adolescenziali: l’intervento sulla crisi in sedi adeguate<br />
all’età e l’inserimento in comunità residenziali dedicate, qualora il <strong>tra</strong>ttamento<br />
riabilitativo necessiti di un temporaneo distacco dalla famiglia<br />
o anche di un intervento parallelo di tutela a fronte di un’inadeguatezza<br />
familiare. Va infine rilevato che la situazione descritta si aggrava al raggiungimento<br />
della maggiore età e nel passaggio ai servizi per l’adulto.<br />
In particolare l’Organizzazione mondiale della sanità ha sottolineato a<br />
più riprese l’importanza di tutti gli interventi di promozione della salute,<br />
di cura, di riabilitazione sia nell’ambito materno infantile sia dell’adolescenza,<br />
cioè delle nuove generazioni, perché investire sulle nuove<br />
Il Progetto Interservizi<br />
13
generazioni è un elemento fondamentale per quanto riguarda la possibilità<br />
di salute nel futuro.<br />
L’Organizzazione mondiale della sanità stima che il 18% circa delle<br />
patologie in età adulta potrebbero essere evitate con interventi tempestivi<br />
o preventivi in età infantile o adolescenziale. È una percentuale<br />
di tutto rilievo e il significato dei progetti che sentirete oggi, che si<br />
stanno muovendo in tutta Italia, vanno proprio a cercare di colmare<br />
questo 18%, anche nella relazione madre-bambino con il percorso<br />
nascita promosso dai Consultori familiari nell’intento di svolgere attività<br />
di prevenzione primaria precocissima sulla relazione madrebambino,<br />
in particolare sui modelli di attaccamento che la letteratura<br />
scientifica mondiale ci sottolinea come “basi” psicologiche per lo sviluppo<br />
della personalità.<br />
La situazione in <strong>Friuli</strong> Venezia Giulia<br />
Il Progetto Obiettivo materno infantile regionale segnala:<br />
un’area – cosiddetta “area grigia”, di confine, nella quale rien<strong>tra</strong>no<br />
il disagio psicologico che ha una valenza clinica e il disagio<br />
psicosociale con situazioni multiproblematiche<br />
queste situazioni trovano una risposta organica e integrata solo<br />
eccezionalmente nel territorio regionale<br />
spesso questi utenti e le loro famiglie si trovano di fronte a<br />
un’assenza di presa in carico o all’incertezza del servizio di riferimento,<br />
o tutt’al più di fronte a una presa in carico parziale e<br />
frammentata <strong>tra</strong> differenti servizi.<br />
Quindi il Progetto Obiettivo materno infantile richiede sul versante<br />
tecnico operativo:<br />
un assetto organizzativo capace di intercettare precocemente i<br />
problemi<br />
garantire livelli di assistenza omogenei, superando le disomogeneità<br />
nell’offerta nelle aree regionali<br />
superare la frammentarietà di risposte <strong>tra</strong> servizi sanitari e sociali<br />
a problemi e bisogni emergenti artificialmente suddivisi per<br />
competenze e conoscenze con invii e rinvii continui <strong>tra</strong> diversi<br />
servizi per i soggetti con disagio psichico e le loro famiglie<br />
14 L’adolescenza <strong>tra</strong> <strong>metamorfosi</strong> e <strong>breakdown</strong> evolutivo
costruire collaborazioni e integrazioni <strong>tra</strong> istituzioni e soggetti<br />
della società per rispondere alla complessità dei problemi dei<br />
cittadini<br />
<strong>tra</strong>sformare il concetto di sanità in quello più completo di “salute”.<br />
Per rispondere a queste richieste l’Azienda per i servizi sanitari ha<br />
risposto con il Progetto “L’integrazione dei servizi dell’Azienda sanitaria<br />
nell’area dell’adolescenza”.<br />
Questo Progetto formalizza il passaggio dalla rete informale dei rapporti<br />
<strong>tra</strong> servizi a prassi formali, condivise e verificate sia dal punto di<br />
vista organizzativo sia di efficacia dell’intervento.<br />
LE TAPPE DEL PROGETTO<br />
1. costituzione del gruppo inter servizi per gli adolescenti composto<br />
dai referenti dei quattro servizi territoriali (Francesco Burgio,<br />
Pietro De Fend, Gianna Del Ben, Ferruccio Giaccherini, Marta<br />
Pozzi, Nicola Salerno, Lorenza Ulian, Lorenzo Zanon)<br />
2. analisi dei dati degli adolescenti (14-24 anni) che hanno usufruito<br />
di interventi psicologici e psichiatrici da parte dei servizi aziendali<br />
3. stesura del progetto<br />
4. percorso di formazione integrato sul miglioramento delle competenze<br />
clinico terapeutiche<br />
5. linee guida: protocollo sulle modalità di intervento.<br />
L’ANALISI DEI DATI DEI SERVIZI COINVOLTI<br />
I giovani (14-23 anni) che hanno usufruito di prestazioni psicologiche<br />
o psichiatriche nel 2003 sono stati 733, così suddivisi:<br />
Dipartimento di salute mentale 348<br />
Centro per i disturbi alimentari 141<br />
Sert 109<br />
Servizi di neuropsichiatria infantile 157<br />
Consultori familiari 119<br />
Per 38 di questi si è reso necessario un intervento di urgenza.<br />
Il Progetto Interservizi<br />
15
Il gruppo ha deciso di iniziare il suo lavoro partendo da un esame<br />
della realtà, at<strong>tra</strong>verso l’analisi dei dati degli adolescenti <strong>tra</strong> i 14 e 23<br />
anni che hanno usufruito nell’anno 2003 di prestazioni psicologiche e<br />
psichiatriche da parte dei servizi aziendali.<br />
Complessivamente i dati risultano particolarmente significativi sia nel<br />
numero – 733 giovani – sia nelle diagnosi psicopatologiche correlate.<br />
Questo numero, come da accordi presi nella prima riunione, riguarda<br />
solo gli adolescenti che hanno richiesto una consulenza o una “presa<br />
in carico psicoterapeutica”, non i portatori di handicap o gli adolescenti<br />
che si sono rivolti ai servizi per altri problemi (per esempio al<br />
Consultorio per le prestazioni sanitarie nell’area della con<strong>tra</strong>ccezione,<br />
della sessualità, ecc.).<br />
Una valutazione generale dei dati ci permette di osservare come una<br />
parte dei giovani si riferisca direttamente al servizio specialistico di<br />
competenza del proprio problema, se il disturbo di cui soffre è più<br />
facilmente identificabile, come la dipendenza da sostanze o i disturbi<br />
alimentari, mentre un numero considerevole di adolescenti in difficoltà<br />
(più o meno conclamata) arrivano spesso ai servizi in modo<br />
“indifferenziato”.<br />
Questi dati sembrano confermare la “linea guida” individuata nel<br />
corso di formazione con il dottor Muscetta e cioè che, per evitare di<br />
perderli, sia necessario che ogni servizio sia luogo di accoglienza e di<br />
prima valutazione del problema segnalato. Qualora il servizio a cui il<br />
giovane si è rivolto non sia quello pertinente, è il servizio stesso che<br />
“accompagna” il giovane verso il servizio che meglio può rispondere<br />
alle sue esigenze, e nei casi di multiproblematicità i servizi concordino<br />
un intervento integrato.<br />
Una valutazione più dettagliata dei dati ci permetterebbe di avere più<br />
informazioni, soprattutto in termini di percorso svolto da parte dei<br />
servizi con il giovane e di esiti degli interventi, ma non è l’obiettivo del<br />
gruppo interservizi sull’adolescenza che, anche in riferimento a questi<br />
dati, ha iniziato una riflessione sull’approccio clinico all’adolescente<br />
e su un protocollo condiviso.<br />
La riflessione<br />
1) un numero considerevole di adolescenti in difficoltà (più o<br />
meno conclamata) arrivano spesso ai servizi in modo “indifferenziato”<br />
16 L’adolescenza <strong>tra</strong> <strong>metamorfosi</strong> e <strong>breakdown</strong> evolutivo
2) questi dati confermano la “linea guida”: per evitare di “perderli”<br />
è necessario che ogni servizio sia luogo di accoglienza e di<br />
prima valutazione del problema segnalato<br />
3) qualora il servizio a cui il giovane si è rivolto non sia quello pertinente,<br />
è il servizio stesso che “accompagna” il giovane verso il<br />
servizio che meglio può rispondere alle sue esigenze e nei casi<br />
di multiproblematicità i servizi concordino un intervento integrato.<br />
IL PROGETTO<br />
Ravvisata la necessità di un integrazione <strong>tra</strong> i servizi all’interno<br />
dell’Ass 6 in riferimento alla questione adolescenziale, il gruppo ha<br />
lavorato in un’ottica <strong>tra</strong>sversale seguendo una <strong>tra</strong>ccia che ha analizzato<br />
i seguenti punti:<br />
• l’accoglienza<br />
• la consulenza<br />
• la richiesta di valutazione<br />
• la terapia<br />
• l’urgenza, il ricovero e la gestione della crisi<br />
• il collegamento con il servizio aziendale di educazione alla salute<br />
• la rete dei servizi non aziendali.<br />
Il gruppo si è posto l’obiettivo di articolare il proprio lavoro sia rispettando<br />
le modalità operative attuali peculiari di ogni servizio, sia proponendo<br />
un protocollo omogeneo di approccio alla richiesta clinica<br />
dell’adolescente.<br />
I primi cinque punti della <strong>tra</strong>ccia sopra riportata sono strettamente<br />
inerenti l’obiettivo, mentre gli ultimi due punti sono accennati e contestualizzati<br />
solo rispetto allo stesso.<br />
• L’accoglienza<br />
L’analisi della domanda è il primo momento di valutazione e decodifica<br />
di una richiesta di aiuto.<br />
In fase di accoglimento, la domanda può essere formulata in modo<br />
congruo e specifico o, soprattutto con pazienti adolescenti o con i<br />
Il Progetto Interservizi<br />
17
familiari, si presenta spesso confusa, incongrua, aspecifica e con<strong>tra</strong>ddittoria.<br />
L’abilità di decodifica e analisi della richiesta rappresenta quindi un<br />
momento importante e significativo dell’accoglimento dell’utenza.<br />
Si rende quindi necessario un ascolto professionale, capace di differenziare<br />
l’insorgenza di un disturbo dalla franca patologia, il comportamento<br />
inadeguato da condotte che rien<strong>tra</strong>no nella normalità dei<br />
comportamenti giovanili.<br />
Le condotte che in altre età potrebbero essere considerate sintomo di<br />
patologia, in adolescenza rien<strong>tra</strong>no nella normalità. La conoscenza dei<br />
normali percorsi del ciclo di vita e della psicologia dell’età evolutiva e<br />
l’utilizzo di un’indagine multifattoriale consentono di orientarsi verso<br />
una diagnosi che già in fase di accoglimento valuti la difficoltà o il livello<br />
di rischio in cui si trova l’utente che accede al servizio. La fase di<br />
accoglimento rappresenta quindi un primo intervento che necessita di<br />
competenze specialistiche che servono a discriminare e a differenziare<br />
la presa in carico dall’ipotesi di invio ad altro servizio dell’Ass o ad<br />
attivare agenzie sociali dedicate ai giovani. Questo momento diventa<br />
ancora più prezioso se confrontato con la difficoltà tipica dei giovani e<br />
delle loro famiglie di rivolgersi ai servizi dell’Azienda per i servizi sanitari<br />
(Ass); è opportuno, quindi, che gli adolescenti possano essere inseriti<br />
in prassi adeguate di valutazione e di contatto con specialisti che<br />
poi po<strong>tra</strong>nno occuparsi di loro, favorendo così la fiducia nell’intervento<br />
psicologico e aumentando le possibilità di successo.<br />
La necessità che il primo contatto dell’adolescente avvenga con lo<br />
psicologo è motivata dal fatto che questi si occupa sia del normale<br />
funzionamento psicologico dell’individuo nelle sue fasi di sviluppo<br />
sia degli aspetti patologici e del loro <strong>tra</strong>ttamento.<br />
Nella valutazione si evidenzia quindi la necessità di competenze sui<br />
temi della comunicazione, della conoscenza dei processi psicologici<br />
tipici dell’età evolutiva, del funzionamento mentale e psichico dell’adolescente<br />
sano e del largo spettro di elementi che differenziano il<br />
disturbo lieve o di media entità dalla franca patologia. Pertanto, in termini<br />
operativi: l’operatore del servizio che riceve la richiesta telefonica<br />
o di persona rimanda a un contatto con lo psicologo, che risponde<br />
in tempo reale o richiama l’interessato per analizzare la domanda, sia<br />
che questa venga fatta dal giovane o dalla sua famiglia sia da un servizio<br />
(scuola, servizi sociali dei Comuni, magis<strong>tra</strong>tura, ecc.).<br />
18 L’adolescenza <strong>tra</strong> <strong>metamorfosi</strong> e <strong>breakdown</strong> evolutivo
• La consulenza<br />
L’intervento di consulenza all’adolescente può essere definito come la<br />
possibilità di offrire un orientamento o un sostegno al singolo e al suo<br />
sistema familiare, favorendone lo sviluppo con l’utilizzo delle sue proprie<br />
potenzialità. Consiste in un’assistenza specialistica basata sull’ascolto<br />
e l’approfondimento di problemi individuali e relazionali, fornita<br />
all’adolescente o ai suoi familiari per comprendere e risolvere<br />
alcuni aspetti del loro disagio personale, familiare ed esistenziale.<br />
È un intervento specialistico effettuato a scopo di valutazione, di<br />
counselling e di indirizzo ed è finalizzato a valutare le condizioni cliniche,<br />
lo stato psicopatologico e comportamentale dell’adolescente.<br />
Si <strong>tra</strong>tta della prestazione professionale, svolta da un clinico esperto<br />
in dinamiche psichiche normali e patologiche, individuali, gruppali e<br />
organizzative.<br />
È il momento in cui l’intervento psicologico si articola anche at<strong>tra</strong>verso<br />
figure istituzionali significative nella rete relazionale del soggetto<br />
(medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, operatori<br />
sanitari, operatori sociali, educatori, figure adulte che svolgono attività<br />
di tipo educativo, ecc.) che richiedono un supporto da parte dell’esperto.<br />
La consulenza è caratterizzata dall’utilizzazione degli strumenti propri<br />
dell’attività clinica ed è intesa prevalentemente in senso valutativo<br />
e diagnostico; può già contenere fattori terapeutici di per se stessi<br />
esaurienti oppure suscettibili di impiego e sviluppo nell’ambito di un<br />
eventuale programma terapeutico.<br />
Va evidenziato dunque che la consulenza in adolescenza, prevedendo<br />
<strong>tra</strong> l’altro la diagnosi psicologica, l’orientamento e il sostegno, è un’attività<br />
di competenza del ruolo professionale dello psicologo (Legge<br />
56/89).<br />
La necessità di un tempo breve nella risposta<br />
L’adolescenza è una fase della vita piuttosto estesa nel tempo, e oggi<br />
in particolare c’è una tendenza a spostare in avanti il suo “compimento”<br />
inteso come superamento della fase delle incertezze per un<br />
accesso all’età adulta. Si potrebbe dire che al tempo dilatato della<br />
condizione adolescenziale deve corrispondere un tempo ristretto di<br />
risposta di chi è percepito sull’altro versante: quello adulto. Per questo<br />
motivo, infatti, si deve tener conto che le caratteristiche di incer-<br />
Il Progetto Interservizi<br />
19
tezza e mutevolezza proprie di questa età permeano non solo il modo<br />
di fare domanda, ma anche l’attesa e l’aspettativa della risposta.<br />
Queste caratteristiche di incoerenza che portano l’adolescente a chiedere<br />
e a non volere, ad ammettere e negare, a voler dire e a tacere, ecc.<br />
dovrebbero trovare sul versante della risposta chiarezza e coerenza<br />
espresse in tempo breve, individuabile senza ambiguità, che esprimano<br />
attenzione e capacità di comprensione e accoglimento.<br />
Il tempo diviene quindi un elemento cen<strong>tra</strong>le della risposta, considerando<br />
che in questa età spesso il “quando”, inteso come momento in<br />
cui viene espressa la domanda, è più importante del “cosa”, inteso<br />
come contenuto stesso della domanda.<br />
Proprio questo concetto di tempo diviene cen<strong>tra</strong>le se si prende in<br />
esame la necessità di aggancio e di contatto che scaturisce qualora<br />
l’adolescente, o chi per lui, formuli ai servizi preposti una domanda<br />
che implichi una risposta intorno al tema di un suo particolare “stato”<br />
personale. In altre parole questo significa che alla velocità, instabilità<br />
e mutevolezza del pensiero adolescenziale dovrebbe corrispondere,<br />
da parte dei servizi, una risposta che si adatta a queste caratteristiche.<br />
Non si può correre il rischio, infatti, di perdere il momento in cui un<br />
giovane en<strong>tra</strong> fugacemente in contatto con una sua parte sofferente e<br />
mette in atto dei comportamenti (asociali, psicopatologici, devianti)<br />
per poterla esprimere. Se a questo associamo la difficoltà tipica dell’adolescente<br />
di fare delle domande e la mutevolezza delle caratteristiche<br />
delle domande stesse, ne deriva quindi che l’operatore che<br />
riceve l’adolescente debba dare una risposta in tempi brevi.<br />
Evitare tempi lunghi di attesa significa, oltre a questo, evitare che l’idea<br />
corrispondente a un bisogno “lieviti” nella mente di un adolescente<br />
e si <strong>tra</strong>sformi dilatandosi fino a non poter più essere riconoscibile<br />
e quindi a non poter essere espressa. Quando si determina questa<br />
condizione è facile prevedere che l’idea non prontamente accolta<br />
aumenti la sofferenza del giovane fino a strutturarsi in un vero e proprio<br />
stato di crisi che si può esprimere in comportamenti disadattivi,<br />
asociali, psicopatologici, ecc.<br />
Se all’urgenza suscitata dalla modalità con cui viene espressa la<br />
domanda corrisponderà la sollecitudine, non caratterizzata dall’ansia<br />
bensì dall’attenzione e da una pronta capacità di accoglimento, verranno<br />
a crearsi le premesse che costituiscono base certa per lo sviluppo<br />
di una relazione di aiuto.<br />
20 L’adolescenza <strong>tra</strong> <strong>metamorfosi</strong> e <strong>breakdown</strong> evolutivo
Metodi e tecniche<br />
A livello metodologico, il consulente si ritrova a dover decidere quali<br />
siano i propri interlocutori privilegiati e at<strong>tra</strong>verso quali s<strong>tra</strong>tegie o<br />
tecniche svolgere il proprio intervento:<br />
nel caso dell’adolescente minorenne, i genitori devono essere<br />
comunque informati anche quando è il minorenne a rivolgersi<br />
direttamente al servizio. Per i più giovani è molto più spesso la<br />
famiglia a richiedere l’intervento. Diventa allora fondamentale<br />
lo spazio riservato al ragazzo per un’analisi della domanda, perché<br />
possa arrivare a formularla in modo chiaro a se stesso. È<br />
fondamentale concordare la modalità di coinvolgimento dei<br />
genitori o dell’adulto di riferimento, sia per non minare il rapporto<br />
di fiducia indispensabile in qualsiasi intervento, sia relativamente<br />
alle problematiche che saranno affrontate<br />
nel caso dell’adolescente maggiorenne, merita attenzione particolare<br />
la scelta di coinvolgere o meno, e in che modo, i suoi<br />
familiari e in particolare i genitori. Questa valutazione dovrebbe<br />
tener conto di alcuni principi sia di tipo professionale, come per<br />
esempio l’effettiva necessità e possibilità di collaborare con loro<br />
ai fini di un aiuto efficace, sia di tipo deontologico, come il<br />
rispetto del segreto professionale e della privacy<br />
nella consultazione con i soli genitori, sebbene l’adolescente sia<br />
il vero potenziale cliente, al momento del colloquio con loro<br />
sono quest’ultimi a essere “clienti”, in quanto interlocutori<br />
essenziali e persone che hanno bisogni e difficoltà riguardanti<br />
la loro relazione col figlio<br />
nel caso di colloqui con i diversi interlocutori, è importante mettere<br />
a fuoco il funzionamento mentale di en<strong>tra</strong>mbi – figlio e genitori<br />
– per evidenziare come questo funzionamento influenzi sia<br />
la qualità delle relazioni oggettuali, sia quella delle comunicazioni<br />
più manifeste. 1<br />
1. Tenuto conto di ciò, è opportuno sottolineare che, anche quando la richiesta proviene<br />
dall’adolescente stesso, i genitori possono occupare un posto privilegiato nella consulenza<br />
poiché sono gli interlocutori principali del figlio in un tempo particolare del suo percorso<br />
di crescita, e si trovano a dover oscillare <strong>tra</strong> l’antica funzione di holding per comprendere<br />
e accogliere i momenti regressivi del figlio adolescente e la rinnovata funzione<br />
Il Progetto Interservizi 21
A livello s<strong>tra</strong>tegico, la consulenza all’adolescente prevede solitamente<br />
una fase valutativa e una fase di restituzione della valutazione attuata,<br />
o di proposta di intervento vero e proprio.<br />
Nella fase valutativa il consulente, in base alla situazione presentata e<br />
al proprio orientamento, può utilizzare diversi strumenti: l’osservazione<br />
diretta, il colloquio con l’adolescente o con i suoi familiari, l’analisi<br />
dei vissuti <strong>tra</strong>nsferali e contro<strong>tra</strong>nsferali, l’indagine testologica. 2<br />
di saper “sopravvivere” con fermezza e fiducia alle sfide aggressive adolescenziali, dettate<br />
dal bisogno di sentirsi reali in un momento in cui sono smarriti i parametri antichi. Se<br />
nella consulenza i genitori diventano interlocutori diretti del consulente, occorre muoversi<br />
nella direzione di aiutarli nei loro nuovi compiti di sostegno e di “sopravvivenza”,<br />
mantenendo saldo il loro ruolo.<br />
Il padre e la madre, infatti, sono portatori di una loro propria storia emotiva originata dal<br />
momento in cui, a loro volta, furono bambini, poi adulti, adulti in coppia, per divenire<br />
successivamente genitori di un bambino, fino al momento attuale in cui devono diventare<br />
padre e madre di un figlio che non è più un bambino. Occorre quindi portare i genitori<br />
a comprendere la propria posizione personale e la necessità di sostenere i processi di<br />
separazione-individuazione del figlio.<br />
Per quanto riguarda l’adolescente, anch’egli porta dentro di sé le vicende della sua primissima<br />
infanzia, che hanno influenzato non poco l’assetto infantile e puberale successivo<br />
e l’approccio all’adolescenza stessa. Affinché la sua sofferenza mentale adolescenziale<br />
possa essere contenuta, elaborata e sormontata all’interno della crisi evolutiva, occorre<br />
che qualcuno se ne faccia carico, ossia occorre che il consulente svolga <strong>tra</strong>nsitoriamente<br />
la funzione sostitutiva della mente dell’adolescente, impedita dal proprio groviglio difensivo<br />
nel suo processo di individuazione.<br />
2. Rispetto a quest’ultimo punto, può essere utile tenere presente alcuni principi (Senise).<br />
In primo luogo il test non deve essere utilizzato alla stregua di un esame di laboratorio<br />
nella pratica medica, ma deve essere realmente inserito “dentro” la relazione terapeutica;<br />
in questo senso è indispensabile che la situazione testologica venga proposta quando l’adolescente<br />
e i propri familiari hanno ben compreso la finalità di individuazione del rapporto<br />
terapeutico. È importante cogliere eventuali segnali di resistenze inconsce, consapevoli<br />
che è meglio rinunciare all’indagine testale piuttosto che averne a disposizione una<br />
che non può essere utilizzata, perché realizzata in assenza di una reale disponibilità emotiva.<br />
Senise ritiene ottimale una situazione nella quale il terapeuta e il testista siano due<br />
persone differenti perché, a suo avviso, svolgono due funzioni mentali complementari ma<br />
differenti per scopi, strumenti e situazione relazionale. Il terapeuta aiuta il ragazzo a definire<br />
un’immagine di sé più prossima a quella reale, il testista ne mette a fuoco il funzionamento<br />
mentale, at<strong>tra</strong>verso l’uso che fa dei meccanismi di difesa. È facile intuire come<br />
sia indispensabile una stretta collaborazione e conoscenza <strong>tra</strong> le due figure professionali,<br />
maturata possibilmente at<strong>tra</strong>verso una lunga esperienza di lavoro in comune, affinché<br />
questa integrazione possa avvenire con successo. Per quanto riguarda l’utilizzo dei test,<br />
sembra importante ricordare infine come debbano essere inseriti all’interno del percorso<br />
della consultazione e come, soprattutto, non si possano assolutamente sostituire alla stessa<br />
o diventarne la parte dominante, per quanto ben somminis<strong>tra</strong>ti, interpretati ed elaborati.<br />
Sono un grande strumento, un’opportunità s<strong>tra</strong>ordinariamente efficace, ma solo se<br />
possono essere complementari ai colloqui clinici e non tentano di esserne l’abbreviazione<br />
o l’oggettivizzazione.<br />
22 L’adolescenza <strong>tra</strong> <strong>metamorfosi</strong> e <strong>breakdown</strong> evolutivo
La restituzione<br />
Al termine della consulenza va sempre prevista la restituzione della<br />
valutazione<br />
all’adolescente<br />
ai familiari<br />
agli eventuali invianti.<br />
I tempi<br />
Solitamente la consulenza viene intesa come un intervento di breve<br />
durata; nonostante ciò quantificare il numero di incontri può risultare<br />
riduttivo e inoltre può essere fuorviante.<br />
Pertanto è opportuno sottolineare che fare una corretta restituzione<br />
agli adolescenti di tutto ciò che è avvenuto nella fase di consulenza<br />
può avere già una valenza terapeutica.<br />
È opportuno poi ricorrere a un criterio temporale per distinguere la<br />
valutazione dalla consulenza e dalla terapia, visto che esistono esempi<br />
di consulenze che possono estendersi nell’arco di diverse settimane,<br />
e modelli di psicoterapia breve o s<strong>tra</strong>tegica che si risolvono in un<br />
numero piuttosto ridotto di sedute.<br />
Può essere più opportuno quindi distinguere l’intervento di consulenza<br />
da quello terapeutico vero e proprio in base al criterio degli<br />
obiettivi perseguiti e dei metodi utilizzati, piuttosto che in base a un<br />
criterio di tipo meramente temporale.<br />
• La richiesta di valutazione<br />
Va intesa come momento diagnostico al fine di valutare i rischi e il<br />
funzionamento mentale dell’adolescente. Serve a definire quale<br />
progetto terapeutico stabilire per il giovane o può essere richiesta<br />
come prestazione autonoma da parte di: medici di medicina generale,<br />
pediatri di libera scelta, servizio degli ospedali, servizi dell’Ass<br />
6 per un approfondimento diagnostico e consultazione per i servizi<br />
sociali.<br />
Viene anche richiesta dall’autorità giudiziaria per permettere al giudice<br />
di prendere decisioni in merito a progetti di cura, riabilitazione o,<br />
in caso di adolescente con pendenze penali, misure alternative di<br />
pena.<br />
Si articola su tre modalità:<br />
Il Progetto Interservizi<br />
23
1) adolescente e genitore (obbligatoria in caso di minorenni). È il<br />
caso più frequente, specie nella prima e nella seconda adolescenza,<br />
e comunque nei casi più gravi. Quando è evidente che<br />
sono soprattutto i genitori a essere interessati alla consultazione,<br />
è consigliabile cercare di non aderire alla loro richiesta di<br />
visitare l’adolescente prima che si sia creata in lui un minimo di<br />
motivazione<br />
2) adolescente da solo. Tali possono essere le diffidenze nei confronti<br />
degli adulti, e comunque tali possono essere le difficoltà<br />
emotive a un incontro nuovo, tanto più impegnativo quanto più<br />
è stato attivamente ricercato, che non è infrequente che il primo<br />
colloquio possa essere anche l’ultimo.<br />
Per questa ragione l’obiettivo principale che si pongono quelli<br />
che prevalentemente si occupano di adolescenti è di fare in<br />
modo che l’adolescente torni almeno una seconda volta, anche<br />
al fine di valutare eventuali interventi <strong>tra</strong>umatici (abusi, lutti,<br />
malattie)<br />
3) genitori da soli, quando l’adolescente rifiuta l’intervento o<br />
quando viene richiesta la valutazione delle capacità genitoriali<br />
per consentire le decisioni sul minore.<br />
A completamento della valutazione è utile approfondire l’ipotesi diagnostica<br />
<strong>tra</strong>mite l’utilizzo di test psicologici. Al termine la valutazione<br />
deve prevedere una restituzione finale degli elementi raccolti.<br />
• La terapia<br />
Nella scelta del percorso terapeutico vanno poste alcune premesse<br />
che consentono di individuare la modalità più adeguata alle richieste<br />
degli adolescenti:<br />
diagnosi differenziale: per esempio <strong>tra</strong> crisi acuta e crisi adolescenziale,<br />
intesa come crisi evolutiva, che può quindi avere<br />
maggiori possibilità di una risoluzione favorevole, o <strong>tra</strong> disordine<br />
evolutivo e problema conclamato<br />
implicazioni della comorbilità, frequente soprattutto nei disturbi<br />
da dipendenza (alimentare, droghe, affetti, ecc.)<br />
criteri diagnostici: è necessario differenziare gli indicatori di<br />
patologia tipici dei manuali che sono costruiti sugli adulti. La<br />
24 L’adolescenza <strong>tra</strong> <strong>metamorfosi</strong> e <strong>breakdown</strong> evolutivo
valutazione deve essere multifattoriale e deve tener conto della<br />
possibilità di regressione e quindi della normalità di un funzionamento<br />
a livelli inferiori per periodi brevi; così come può essere<br />
frequente un’alterata percezione del proprio corpo o una<br />
variazione del tono dell’umore<br />
l’utilizzo dei farmaci, che va calibrato conoscendo l’importanza<br />
che ha in adolescenza il controllo del proprio corpo e della propria<br />
ideazione.<br />
Molto spesso nella cura dell’adolescente, soprattutto nelle situazioni<br />
più gravi, sussiste la necessità di intervenire a più livelli, nonché a<br />
livello farmacologico; il progetto di intervento non include solo il <strong>tra</strong>ttamento<br />
psicoterapico, ma una gamma di interventi legati al contesto<br />
di vita del paziente.<br />
Il <strong>tra</strong>ttamento psicoterapico non è l’unico intervento; si dimos<strong>tra</strong> a<br />
volte utile negli interventi ambulatoriali, ma necessita di confrontarsi<br />
con interventi educativi, psicopedagogici, riabilitativi, interfacciandosi<br />
altre volte con l’autorità giudiziaria o sociale, che a volte si<br />
impongono come prioritarie.<br />
Il lavoro dello psicologo è spesso quello di mantenere attiva e funzionante<br />
la rete dei servizi e delle prestazioni attuate sul singolo caso.<br />
Nella rete risultano importanti i collegamenti con il territorio costituito<br />
da:<br />
scuola<br />
enti locali (progetto giovani, servizi sociali, ecc.)<br />
medici di medicina generale e pediatri di libera scelta<br />
ospedale (nel caso di adolescenti che abbiano patologie organiche<br />
o ricoveri)<br />
autorità giudiziaria o servizi sociali: a volte la terapia si inscrive<br />
in un programma previsto dal tribunale o da una sua diretta<br />
emanazione.<br />
Per terapia si intende una larga fascia di interventi che vedono la psicoterapia<br />
come intervento di elezione, ma che si stanno sempre più<br />
allargando a interventi ad ampio raggio, tenuto conto dei cambiamenti<br />
dei giovani ma anche dei cambiamenti delle istituzioni e delle<br />
famiglie. Vari tipi di intervento si fanno comunemente con gli adole-<br />
Il Progetto Interservizi<br />
25
scenti e hanno comunque una valenza terapeutica, pur non essendo<br />
propriamente interventi psicoterapici; per esempio:<br />
counselling<br />
terapia e sostegno alla famiglia, che può essere affiancato al<br />
lavoro con gli adolescenti o in altre occasioni può essere l’unica<br />
opportunità di intervento sul caso<br />
supporto alla genitorialità<br />
sostegno ai caregiver<br />
interventi associati (farmaci + sostegno + terapia)<br />
interventi con le comunità alloggio o con le comunità terapeutiche.<br />
Per psicoterapia si intende una modalità di <strong>tra</strong>ttamento dei problemi<br />
e dei disordini psichici o somatici che utilizzino metodi psicologici, e<br />
in particolare la relazione <strong>tra</strong> terapeuta e malato. È un processo intenzionale<br />
progettato per produrre una modificazione di quei sentimenti,<br />
cognizioni, atteggiamenti e comportamenti rivelatisi problematici<br />
per il soggetto, che cerca di farsi aiutare da un professionista con una<br />
specifica formazione. Tutti i servizi dell’Ass 6 offrono, secondo criteri<br />
di valutazione diagnostica e di opportunità sopra citati, la possibilità<br />
di psicoterapia secondo modalità diverse:<br />
psicoterapie individuali a breve termine: si intende un intervento<br />
a tempo prefissato o determinato, che mira a ottenere un<br />
cambiamento in un arco di tempo relativamente breve e con un<br />
numero di sedute limitate, intervenendo su problemi circoscritti<br />
o “focalizzati”.<br />
Lo scopo della terapia breve è di tendere, pur nella brevità che<br />
caratterizza l’intervento, ad avviare una <strong>tra</strong>sformazione e una<br />
crescita, e non solo di attivare una risoluzione del sintomo o<br />
un’assistenza che oscilli <strong>tra</strong> il sostegno e il riadattamento<br />
psicoterapie familiari: l’intervento ha l’obiettivo di modificare<br />
le relazioni <strong>tra</strong> gli appartenenti alla stessa famiglia e le loro rappresentazioni<br />
psichiche<br />
psicoterapie di gruppo: l’intervento, at<strong>tra</strong>verso le dinamiche del<br />
gruppo, si propone di sostenere la crescita e il cambiamento<br />
delle rappresentazioni in<strong>tra</strong>psichiche dell’individuo.<br />
26 L’adolescenza <strong>tra</strong> <strong>metamorfosi</strong> e <strong>breakdown</strong> evolutivo
Criteri di opportunità all’interno della realtà dei servizi pubblici<br />
orientano l’intervento secondo i principi della psicoterapia breve.<br />
Un discorso a parte merita la presa in carico delle situazioni gravi da<br />
parte dei servizi. Questo tipo di intervento prevede, ovviamente, un<br />
percorso terapeutico complesso e articolato, a lungo termine, dove<br />
non è possibile aprioristicamente quantificare modalità e tempi dell’intervento<br />
stesso.<br />
• L’urgenza, il ricovero e la gestione della crisi<br />
L’intervento nella crisi, particolarmente in età adolescenziale, riveste<br />
particolare importanza nell’economia dello sviluppo dell’individuo.<br />
Una gestione adeguata della fase acuta e della successiva “presa in<br />
carico” rappresenta un momento importante e significativo sia per il<br />
<strong>tra</strong>ttamento successivo sia per l’evoluzione della stessa.<br />
La gestione dell’urgenza, a livello s<strong>tra</strong>tegico, prevede:<br />
professionalità diverse (psichiatri, psicologi, infermieri, educatori,<br />
assistenti sociali)<br />
tempi e modalità di intervento non definibili a priori<br />
strutture di ricovero (e di accoglimento nel caso in cui non sia<br />
possibile e clinicamente non idoneo un rientro immediato in<br />
famiglia).<br />
In riferimento all’attuale prassi dove l’intervento sulla crisi viene<br />
garantito da diversi servizi all’interno dell’Ass secondo diverse modalità<br />
(competenze specifiche, organizzazione interna dei servizi, presenza<br />
del personale in sevizio, difficoltà di integrazione nell’intervento,<br />
ecc.), viene definita la necessità di incoraggiare l’interconnessione<br />
formale <strong>tra</strong> i servizi, superando le attuali logiche di rapporto informale<br />
<strong>tra</strong> professionisti. La logica di questa proposta diviene quella di non<br />
lasciare al caso l’intervento sull’emergenza-urgenza, favorendo il<br />
lavoro di rete e la presa in carico successiva del giovane.<br />
A livello metodologico, tenendo conto dell’organizzazione dei servizi<br />
dell’Ass 6 e con l’intento, peraltro più volte ribadito, di rispettare le<br />
modalità operative attuali peculiari di ciascun servizio, si propone:<br />
l’intervento sull’urgenza viene garantito dal Dipartimento di<br />
salute mentale sulle 24 ore essendo, attualmente, l’unico servi-<br />
Il Progetto Interservizi<br />
27
zio dell’azienda dotato di un medico reperibile e operativo<br />
esclusivamente sulle urgenze. L’attuale protocollo di intervento<br />
del Dipartimento di salute mentale sulle urgenze prevede che la<br />
risposta avvenga in maniera differita a seconda che l’urgenza<br />
sia:<br />
• di pronto intervento<br />
• entro le 24 ore<br />
• per le urgenze differibili (entro le 48 ore).<br />
L’urgenza viene garantita esclusivamente presso il Pronto soccorso a<br />
livello provinciale ed è il medico del Pronto soccorso che la definisce<br />
a partire dal mese di marzo 2005 la ristrutturazione del Pronto<br />
soccorso dell’Ospedale civile di Pordenone prevede la possibilità<br />
di usufruire di 10 posti letto per degenze fino a 72 ore.<br />
Questa risorsa diventa estremamente utile in casi di interventi<br />
in urgenza su pazienti giovani, in quanto permette ai servizi di<br />
calibrare l’intervento successivo<br />
sarà compito del Dipartimento di salute mentale, che accoglie<br />
la domanda, coordinare il proprio intervento con il servizio di<br />
riferimento, in caso di giovane paziente già in carico a un servizio<br />
distrettuale. In riferimento a giovani non conosciuti sarà<br />
compito del professionista richiedere un’unità valutazione<br />
distrettuale al fine di:<br />
• curare la tempestiva e completa comunicazione dell’intervento<br />
effettuato<br />
• gestire la successiva presa in carico del giovane paziente in<br />
un’ottica interservizi secondo gli obiettivi e le modalità<br />
definite da questo progetto.<br />
Comunque va ricordato che la letteratura recente sottolinea l’efficacia<br />
clinica e l’importanza dell’intervento psicologico già nella fase dell’urgenza.<br />
Una breve nota informativa: i giovani di 14-23 anni che nell’anno 2003<br />
hanno ricevuto un intervento d’urgenza sono complessivamente 38,<br />
di cui<br />
28 L’adolescenza <strong>tra</strong> <strong>metamorfosi</strong> e <strong>breakdown</strong> evolutivo
10 giovani seguiti dal Dipartimento di salute mentale con intervento<br />
(<strong>tra</strong>ttamento sanitario obbligatorio, ricoveri volontari<br />
presso servizi ospedalieri di diagnosi e cura psichiatrici, reparti<br />
ospedalieri, centri 24 ore)<br />
28 giovani con sede di contatto dipartimenti di emergenza.<br />
Il tema dell’urgenza, il ricovero e la gestione della crisi è stato <strong>tra</strong>ttato<br />
dal gruppo di lavoro composto da: Angelo Cassin, responsabile del<br />
Dipartimento di salute mentale, Andrea Flego, responsabile del<br />
Servizio tossicodipendenze, Ferruccio Giaccherini, responsabile del<br />
Servizio di neuropsichiatria infantile, Nicola Salerno e Tiziana<br />
Martuscelli.<br />
• Il collegamento con il servizio aziendale di educazione<br />
alla salute<br />
Parlando di adolescenza ovviamente si parla di interventi nella scuola,<br />
dove attualmente intervengono su richiesta indifferenziata, da<br />
parte dei dirigenti scolastici, molti servizi dell’Ass 6, servizi regionali<br />
(Servizio per l’orientamento continuo), servizi e professionisti privati,<br />
nonché associazioni varie.<br />
Sarà opportuno che tutti gli interventi variegati che vengono forniti<br />
alla scuola, compreso quello del Servizio di promozione ed educazione<br />
alla salute (Spes), trovino un coordinamento.<br />
Il Servizio di promozione ed educazione alla salute<br />
Questo servizio prevede <strong>tra</strong> le sue azioni programmatiche la creazione<br />
di procedure per assicurare i requisiti di <strong>tra</strong>sversalità della promozione<br />
ed educazione alla salute, di intersettorialità e di partecipazione.<br />
Inoltre lo Spes si caratterizza come un servizio <strong>tra</strong>sversale deputato<br />
a mantenere costanti rapporti di comunicazione e di collaborazione<br />
con i vari servizi che compongono l’Ass 6 e <strong>tra</strong> gli stessi e le altre<br />
realtà territoriali. Va definita una modalità di interazione <strong>tra</strong> lo Spes e<br />
gli operatori che nei vari servizi si occupano delle problematiche adolescenziali<br />
e viceversa.<br />
In pratica, gli operatori che si trovano a intervenire da un punto di<br />
vista clinico con adolescenti possono raccogliere tutta una serie di<br />
elementi e di esigenze riguardanti questa realtà da <strong>tra</strong>sferire poi allo<br />
Spes che può a sua volta sulla base di questi e altri elementi, riorien-<br />
Il Progetto Interservizi<br />
29
tare, ricalibrare, integrare i propri programmi di intervento in ambito<br />
preventivo e di educazione e promozione della salute.<br />
Inoltre se nell’ambito sempre di un intervento clinico su situazioni<br />
che coinvolgono adolescenti, gli operatori dei vari servizi interessati<br />
en<strong>tra</strong>no in contatto anche con realtà istituzionali e non (per esempio<br />
scuola, associazioni, privato sociale, ecc.) possono segnalare l’esistenza<br />
del servizio aziendale che specificatamente è deputato a svolgere,<br />
appunto, un’azione di prevenzione, di educazione e di promozione<br />
della salute. D’altro canto, il Servizio di promozione ed educazione<br />
alla salute aziendale può, nel corso delle sue molteplici iniziative<br />
e attività, dare l’informazione che all’interno dei vari servizi<br />
dell’Ass 6 ci sono degli operatori che possono offrire una risposta precisa<br />
dal punto di vista clinico alle richieste riguardanti le problematiche<br />
adolescenziali.<br />
Altresì, eventualmente, di fronte a un’esplicita richiesta di intervento<br />
su una specifica situazione, può essere fatto l’invio al servizio più<br />
indicato con le modalità più opportune.<br />
• La rete dei servizi non aziendali<br />
Oltre alla magis<strong>tra</strong>tura, i servizi non aziendali che a diverso titolo si<br />
occupano di adolescenti sono molti. Alcuni servizi fanno capo ai<br />
Comuni (per esempio i Progetti Giovani, ambiti socio assistenziali con<br />
psicologi e pedagogisti convenzionati prima con i finanziamenti della<br />
Legge 285, poi con la Legge 328 o con altri finanziamenti a cui hanno<br />
potuto e possono accedere i Comuni), altri a cooperative, per non<br />
parlare di tutte le associazioni di volontariato che comunque svolgono<br />
funzioni diversificate di intervento sugli adolescenti.<br />
Per quanto riguarda i Comuni, le leggi sopra citate se da una parte<br />
hanno dato un forte impulso a molteplici progetti di supporto ai<br />
minori, dall’al<strong>tra</strong> con i finanziamenti a disposizione hanno aumentato<br />
le risorse di personale impegnato e hanno arricchito il panorama di<br />
interventi sull’adolescenza che, a questo punto, necessitano di un<br />
coordinamento per evitare sovrapposizioni anche con gli interventi,<br />
soprattutto di prevenzione, che vengono richiesti anche ai servizi<br />
sanitari.<br />
In questo Progetto, finalizzato all’intervento clinico e pertanto peculiare<br />
solo all’Azienda sanitaria, facciamo un breve accenno ai principali<br />
servizi pubblici che a diverso titolo si occupano di adolescenti e<br />
30 L’adolescenza <strong>tra</strong> <strong>metamorfosi</strong> e <strong>breakdown</strong> evolutivo
che interagiscono più o meno sistematicamente con i servizi dell’Ass<br />
6, richiedendo agli stessi un intervento clinico: il Tribunale per i minorenni,<br />
il Tribunale ordinario, il Servizio sociale dei Comuni, il Servizio<br />
regionale istruzione e orientamento e il Servizio sociale per i minori di<br />
Trieste.<br />
Il Tribunale per i minorenni<br />
Non richiede una presentazione. In questa sede è opportuno, invece,<br />
rendere evidente ciò che lo stesso richiede sistematicamente ai servizi<br />
sanitari at<strong>tra</strong>verso decreti:<br />
perizie di valutazione delle capacità di genitori di minori multiproblematici<br />
o in grave difficoltà e ad alto rischio psicologico o<br />
psicopatologico e sociale al fine di assumere decisioni<br />
diagnosi, consulenza, sostegno, psicoterapia del giovane<br />
diagnosi, consulenza, sostegno, psicoterapia della sua famiglia.<br />
I decreti prevedono dei tempi di attuazione dell’intervento con scadenze<br />
prefissate dal Tribunale stesso.<br />
Il Tribunale ordinario<br />
Considerata l’eterogeneità delle competenze di questo tribunale, è<br />
necessario specificare le aree di intervento su cui è richiesto l’intervento<br />
dei servizi sanitari.<br />
Le richieste possono provenire:<br />
dal magis<strong>tra</strong>to relativamente alle separazioni giudiziali, in occasione<br />
della richiesta di divorzio, ovviamente in presenza di<br />
minori, o su richiesta di affido congiunto da parte dei genitori.<br />
Con ordinanza, può richiedere perizie personologiche e di valutazione<br />
delle capacità genitoriali, con richiesta di proposta da<br />
parte dei servizi circa il genitore più idoneo all’affidamento, al<br />
fine di assumere una decisione<br />
dalla Procura relativamente ai reati di violenza sessuale e di<br />
mal<strong>tra</strong>ttamento fisico grave:<br />
• assistenza psicologica alla vittima nell’iter giudiziario<br />
• consulenza psicologica al pubblico ministero<br />
Il Progetto Interservizi<br />
31
• relazione e audizione in fase processuale, con svincolo dal<br />
segreto professionale, nel caso il professionista sia il terapeuta.<br />
L’Ufficio di servizio sociale per i minori di Trieste<br />
Fa capo al Dipartimento per la giustizia minorile del ministero della<br />
Giustizia. L’organico è composto da 10 assistenti sociali e 2 educatori,<br />
oltre al direttore (che è sempre un assistente sociale) e al personale di<br />
segreteria. Ha competenza su tutto il territorio regionale in relazione<br />
alla competenza del Tribunale per i minorenni. La sua sede cen<strong>tra</strong>le è<br />
a Trieste e ha una sede staccata a Udine. A Pordenone fruisce di un<br />
recapito presso la sede dei servizi sociali di Pordenone.<br />
Si occupa di minorenni fra i 14 e i 18 anni che en<strong>tra</strong>no nel circuito<br />
penale, dalla segnalazione di reato fino alla conclusione dell’iter<br />
penale o all’esecuzione della condanna. Si occupa altresì di minori<br />
vittime di violenza sessuale per i quali la Legge 66/96 dispone l’assistenza<br />
e la protezione in ambito giudiziario.<br />
Interviene nelle varie fasi del processo penale minorile, secondo quanto<br />
disposto dal Codice di procedura penale minorile, che nella sua filosofia<br />
offre un ampio spazio all’osservazione, all’accompagnamento e<br />
al sostegno del minore nel suo percorso evolutivo segnato da vicende<br />
penali, sia nella veste di autore del reato sia, solo per i reati sessuali, di<br />
vittima minorenne. Il focus prevalente è sull’area del disagio adolescenziale<br />
nei suoi aspetti del comportamento sociale e della devianza.<br />
L’impostazione del metodo di lavoro del servizio, sostenuto da tutta la<br />
normativa in materia minorile nonché dalle innumerevoli analisi teoriche<br />
sociologiche sulla devianza, porta questo servizio a costruire<br />
delle forti connessioni con i servizi del territorio (ente locale, servizi<br />
specialistici e privato sociale).<br />
Per quanto attiene alle collaborazioni con i servizi specialistici<br />
dell’Ass 6, le richieste prevalenti sono le seguenti, e sono già da tempo<br />
consuetudine operativa anche formalizzata in forma scritta:<br />
invii di situazioni personali del minore o dei familiari, su disponibilità<br />
degli stessi, per consulenza, sostegno o psicoterapia<br />
richiesta di consulenza o sostegno per situazioni di minori ad<br />
alto rischio sia psicopatologico sia sociale, o con gravi implicazioni<br />
di tipo penale<br />
32 L’adolescenza <strong>tra</strong> <strong>metamorfosi</strong> e <strong>breakdown</strong> evolutivo
ichieste di collaborazioni con interventi di tipo psicologico o<br />
psicoterapeutico nei percorsi riabilitativi e rieducativi<br />
cogestione di progetti e programmi di <strong>tra</strong>ttamento e riabilitazione<br />
specificamente per le problematiche connesse alla tossicodipendenza,<br />
ma anche per tutti gli altri servizi dell’Ass in presenza<br />
di psicopatologia o grave rischio psicosociale.<br />
Per i 3 ultimi punti la responsabilità sul piano dell’organizzativo dell’intervento<br />
in ambito penale è prevalentemente dell’Ufficio di servizio<br />
sociale per i minorenni, ma la responsabilità sul piano tecnico<br />
terapeutico è completamente dei servizi aziendali, che comunque<br />
devono agire in rete con l’Ufficio di servizio sociale per i minorenni.<br />
Nonostante la consuetudine consolidata di lavoro comune, sarebbe<br />
comunque auspicabile una formalizzazione at<strong>tra</strong>verso un protocollo<br />
di intesa.<br />
Il Servizio sociale dei Comuni<br />
Il Comune è l’ente tutore dei minori residenti nel suo territorio. Si<br />
avvale della collaborazione dei servizi dell’Azienda sanitaria per quanto<br />
riguarda tutti gli aspetti clinici relativi agli interventi sui giovani.<br />
Ai servizi sanitari richiede, nell’ambito di una concreta coprogettazione<br />
e presa in carico delle situazioni:<br />
perizie di valutazione delle capacità di genitori di minori multiproblematici<br />
o in grave difficoltà al fine di assumere decisioni<br />
diagnosi, consulenza, sostegno, psicoterapia del giovane<br />
diagnosi, consulenza, sostegno, psicoterapia della sua famiglia.<br />
Tutti i Comuni della Provincia hanno stilato, nell’ambito prima della<br />
Legge 285 e poi della Legge 328, dei protocolli di collaborazione con<br />
l’Azienda sanitaria, definiti Unità di valutazione minori o Equipe<br />
minori.<br />
Il Servizio regionale istruzione e orientamento<br />
Fa capo alla Direzione cen<strong>tra</strong>le istruzione, cultura, sport e pace di<br />
Trieste. Ha 6 centri regionali di orientamento (Pordenone, Udine,<br />
Trieste, Gorizia, Gemona, Cervignano) che sono strutture stabili di<br />
livello inferiore.<br />
Il Progetto Interservizi<br />
33
Funzioni e competenze del servizio:<br />
cura l’organizzazione dei servizi per l’orientamento, sia a livello<br />
cen<strong>tra</strong>le (Centro risorse regionale, gestione del sistema informativo)<br />
sia a livello periferico <strong>tra</strong>mite i servizi erogati presso i<br />
centri di orientamento<br />
coordina l’attività dei centri territoriali e dei soggetti istituzionali<br />
che operano a supporto dei processi di orientamento continuo<br />
fornisce supporto alle autonomie scolastiche, anche in collaborazione<br />
con altri soggetti istituzionali, per promuovere il benessere<br />
e affrontare le situazioni di disagio dei giovani nei contesti<br />
scolastici.<br />
Le prestazioni erogate presso i centri sono:<br />
sportello di accoglienza e informazione<br />
servizi di consulenza di orientamento<br />
counselling psicologico<br />
servizio di bilancio di competenze<br />
supporto tecnico alle scuole.<br />
Il target sono giovani, adulti, studenti, docenti, famiglie. La sede di<br />
Pordenone ha iniziato la sua attività nel 1985 con competenze sull’orientamento<br />
scolastico e professionale, perciò con rapporto prioritario<br />
con la scuola media e superiore. Attualmente il personale regionale di<br />
ruolo assegnato al centro di Pordenone è di 7 psicologi, di cui uno<br />
responsabile del Centro, e 3 operatori di altro profilo professionale, due<br />
con funzione formativa e l’altro con funzione amminis<strong>tra</strong>tiva.<br />
Dipendono dal centro due sportelli informativi (Pordenone e Maniago)<br />
gestiti da 3 operatori esterni, dipendenti da una cooperativa vincitrice<br />
di un appalto di servizi (progetto Ritmo). Lo sportello informativo e di<br />
accoglienza si rivolge ad adolescenti, genitori, insegnanti, adulti. Tutte<br />
le scuole medie inferiori e superiori della provincia usufruiscono delle<br />
prestazioni consulenziali presso la propria sede. Attività erogate:<br />
per i docenti: assistenza tecnica per la programmazione delle<br />
attività di orientamento, azioni formative; il servizio fornisce<br />
anche il materiale di supporto<br />
34 L’adolescenza <strong>tra</strong> <strong>metamorfosi</strong> e <strong>breakdown</strong> evolutivo
per gli studenti e le famiglie: colloqui individuali ai ragazzi e ai<br />
genitori, da cui emergono anche problematiche più importanti<br />
che impediscono di prendere decisioni. Perciò possono avere<br />
un seguito di counselling presso il Centro. La consulenza agli<br />
adolescenti può essere anche integrata con una battera di test<br />
(Wisc e Wais, Wartegg, Big Five, Questionario 16 Pf, questionari<br />
interessi, ecc.)<br />
per gli adulti: un bilancio di competenze da 8 a 12 incontri al<br />
fine di permettere alla persona di svolgere un lavoro di elaborazione<br />
delle proprie risorse.<br />
Il Centro ha fatto anche esperienze di lavoro di gruppo per aiutare i<br />
genitori nel rapporto con i figli. Il Servizio istruzione e orientamento,<br />
<strong>tra</strong>mite la sede cen<strong>tra</strong>le di Trieste, può intervenire con contributi di<br />
natura economica per sostenere progetti delle scuole per l’arricchimento<br />
dell’offerta formativa. Il finanziamento disponibile viene fissato<br />
annualmente con legge finanziaria a cui fa seguito una delibera di<br />
giunta e un bando che fissano gli ambiti dell’intervento e le modalità<br />
di partecipazione. Nell’anno scolastico 2003-2004 si è avviata una<br />
sperimentazione finanziata (150.000 euro per tutta la Regione) dal<br />
Servizio per un progetto benessere (“Star bene, studiando bene”) a cui<br />
hanno partecipato in rete tre scuole della Provincia di Pordenone. Per<br />
l’anno scolastico 2004-2005 l’azione contributiva gestita dal settore<br />
orientamento del Servizio ha riguardato progetti per la prevenzione<br />
della dispersione scolastica per un budget di 300.000 euro, ripartito<br />
<strong>tra</strong> 87 scuole di cui nove rien<strong>tra</strong>nti nel territorio provinciale di<br />
Pordenone. La coordinatrice del Centro di orientamento di<br />
Pordenone è Rita Giannetti. Considerato che interveniamo sullo stesso<br />
profilo di utenza, risulta necessario che sia formulato un protocollo<br />
di intesa per la presa in carico clinica. Inoltre risulta necessario che<br />
venga definita una connessione con il Servizio aziendale di educazione<br />
alla salute, in quanto molti risultano essere i servizi, nonché i<br />
professionisti, che intervengono nella scuola.<br />
• Conclusioni<br />
Questo progetto prevede la verifica dell’efficacia dell’intervento.<br />
La verifica consiste nella somminis<strong>tra</strong>zione di un test Scl-90 in fase<br />
iniziale di consultazione, a metà <strong>tra</strong>ttamento psicoterapeutico, e alla<br />
Il Progetto Interservizi<br />
35
fine. L’utilizzo di questa prassi consente non solo di verificare l’efficacia<br />
dell’intervento, ma anche di avere una messe di dati clinici su cui<br />
è possibile avviare una ricerca clinica.<br />
Può essere attuato solo se:<br />
viene valutata la distribuzione delle risorse. Le risorse di personale<br />
sono diversamente distribuite nei diversi distretti<br />
il personale possa fruire di formazione. Per formazione si intende:<br />
contenuti teorici, monitoraggio del progetto e supervisione<br />
di casi. La formazione deve essere almeno triennale: 4 giornate<br />
all’anno (una per trimestre) per un totale di 12 giornate in tre<br />
anni accreditate Ecm ogni anno; di fatto la formazione è stata<br />
quinquennale per un totale di 20 giornate<br />
il personale possa fruire di un sistema informativo. Tutti i professionisti<br />
devono avere accesso a una banca dati dei giovani<br />
pazienti assistiti dai servizi territoriali, in modo tale da evitare<br />
interventi incongrui. Il gruppo di lavoro che si è occupato dell’urgenza<br />
ha evidenziato la necessità da parte del professionista<br />
chiamato in Pronto soccorso di avere in tempo reale un monitoraggio<br />
clinico della terapia farmacologica eventualmente in atto<br />
venga previsto un coordinamento.<br />
Inoltre, tutti i servizi concordano sulla necessità di poter disporre di<br />
una struttura intermedia atta all’accoglienza di situazioni di emergenza<br />
sanitaria e sociale. Questa struttura consentirebbe una funzione di<br />
“decompressione” e di attesa nella programmazione dell’intervento e<br />
di grande risorsa operativa nell’intervento sugli adolescenti. Per ragioni<br />
economiche la struttura non verrebbe riservata esclusivamente agli<br />
adolescenti, ma ai minori in generale, quindi andrebbe progettata<br />
insieme alla Provincia e agli ambiti socioassistenziali dei Comuni.<br />
LA FORMAZIONE<br />
Un percorso formativo comune è risultato indispensabile:<br />
come aiuto ai professionisti per aumentare i saperi, le conoscenze<br />
e le competenze<br />
36 L’adolescenza <strong>tra</strong> <strong>metamorfosi</strong> e <strong>breakdown</strong> evolutivo
come opportunità di ripensare e rimettere in gioco i modelli<br />
mentali e operativi (le routine) in un’ottica di integrazione e di<br />
sussidiarietà<br />
come supporto alla gestione del cambiamento nei servizi aziendali<br />
che si occupano di adolescenti, con una modalità di condivisione<br />
e di coprogettazione anche dei responsabili dei dipartimenti,<br />
servizi, distretti.<br />
La formazione è stata seguita da una cinquantina di professionisti:<br />
psicologi<br />
psichiatri<br />
neuropsichiatri.<br />
Le tappe della formazione<br />
Anno 2005<br />
Modelli di attaccamento e i comportamenti a rischio in adolescenza<br />
(Muscetta)<br />
Anno 2006<br />
Le organizzazioni si rendono <strong>tra</strong>sparenti: riflessioni sui servizi per<br />
gli adolescenti come organizzazioni rivolte alle persone (Gobbi)<br />
La valutazione dell’efficacia degli interventi psicoterapeutici<br />
con gli adolescenti (Reitano)<br />
L’intervento farmacologico in adolescenza (Miotello)<br />
L’acuzie in adolescenza (Ferrara-Sabatello)<br />
Anno 2007<br />
Il governo clinico dell’adolescenza: strumenti e metodologie<br />
dell’intervento (Bomben, Furlan, Gabrielli, Dolcet, Del Pup,<br />
Cassin, Giaccherini, Flego)<br />
Presa in carico dell’adolescente con patologia grave (Perulli)<br />
La consulenza con le famiglie e la terapia indiretta nel <strong>tra</strong>ttamento<br />
delle problematiche adolescenziali (Verbitz)<br />
Il Progetto Interservizi<br />
37
Psicoterapia dinamica breve (Prosepe)<br />
Il governo clinico dell’adolescenza: strumenti e metodologie<br />
dell’intervento (Bomben, Furlan, Gabrielli, Dolcet, Del Pup,<br />
Cassin, Giaccherini, Flego)<br />
Anno 2008<br />
Formazione e supervisione clinica con docenti dell’Istituto<br />
Minotauro-Crisis Center:<br />
I nuovi adolescenti, la nuova famiglia e la scuola: le caratteristiche<br />
degli adolescenti odierni e del loro contesto di crescita (Lancini)<br />
Corpo, affettività e sessualità in adolescenza: la metodologia<br />
della consultazione e del <strong>tra</strong>ttamento del preadolescente, dell’adolescente<br />
e dei suoi genitori (Colli)<br />
Preadolescenti, adolescenti e giovani adulti: gesti audiolesivi e<br />
tentato suicidio. L’intervento in condizioni di emergenza e<br />
gestione della crisi (Pietropolli Charmet)<br />
Antisocialità, violenza e piccola devianza in adolescenza: consultazione<br />
e <strong>tra</strong>ttamento del preadolescente, dell’adolescente e<br />
dei suoi genitori. Metodologie di consultazione e <strong>tra</strong>ttamento<br />
(Maggiolini).<br />
LE LINEE GUIDA<br />
Dall’attivazione di questo progetto è scaturito un atto deliberativo da<br />
parte dell’Azienda per i servizi sanitari che con la Delibera n. 130 del<br />
5 marzo 2008 che ha fatto proprie le Linee guida che ogni operatore<br />
– psicologo, psichia<strong>tra</strong>, neuropsichia<strong>tra</strong> – di quest’azienda deve adottare.<br />
Perché le linee guida<br />
per la <strong>tra</strong>duzione di un insieme organico di interventi su tutto il<br />
territorio provinciale<br />
per sviluppare e diffondere strumenti e metodologie di lavoro<br />
comuni e assicurare un’uniforme diffusione delle competenze<br />
evitando sovrapposizioni e “vuoti” d’intervento.<br />
38 L’adolescenza <strong>tra</strong> <strong>metamorfosi</strong> e <strong>breakdown</strong> evolutivo
I temi delle linee guida:<br />
la risposta tempestiva e il coinvolgimento dello psicologo<br />
accoglienza e valutazione della domanda<br />
ricorso all’Unità di valutazione minori e all’Unità di valutazione<br />
distrettuale<br />
intervento di consulenza e psicoterapia<br />
urgenza, ricovero e gestione della crisi<br />
uso dell’Scl-90 per la valutazione dell’efficacia del <strong>tra</strong>ttamento<br />
clinico.<br />
Scheda di rilevazione dell’applicazione delle Linee guida<br />
Questa scheda è stata applicata a tutti () gli utenti adolescenti (14-23<br />
anni) dall’inizio dell’anno fino al 31 ottobre, al fine di verificare l’applicazione<br />
delle Linee guida.<br />
C’è un punto interrogativo su tutti. Siamo certi che, essendo ancora in<br />
fase sperimentale, non è stata applicata a tutti i ragazzi o le famiglie<br />
14-23 anni. Pertanto analizziamo un dato in difetto.<br />
In sintesi si richiede a parte l’età del soggetto, il servizio di appartenenza,<br />
se c’è stato un coinvolgimento rapido con che tempi, che accoglienza,<br />
che valutazione della domanda c’è stata, quanti colloqui sono<br />
stati fatti, se c’è stato ricorso all’Unità di valutazione minori, che tipo<br />
di consulenza è stata fatta, quanto tempo è durata, che tipo di psicoterapia,<br />
se c’è stato il ricovero, com’è stata gestita la crisi e se è stato<br />
applicato lo strumento di verifica dell’efficacia dell’intervento.<br />
Dall’inizio dell’anno al 31 ottobre 2008 ecco i contatti che abbiamo<br />
rilevato at<strong>tra</strong>verso le Linee guida:<br />
Dipartimento<br />
di salute mentale<br />
36%<br />
Consultorio<br />
34%<br />
Neuropsichiatria<br />
infantile 6%<br />
Sert 24%<br />
Il Progetto Interservizi<br />
39
Il dato conferma la distribuzione nei servizi come rilevato nel 2003:<br />
36% Dipartimento di salute mentale, 34% consultorio, 6%<br />
Neuropsichiatria infantile, 24% Sert.<br />
Età<br />
Consultorio<br />
Quante situazioni sono arrivate spontaneamente Nel 59% dei casi<br />
sono arrivati i genitori in crisi, e in alcune situazioni abbiamo lavora-<br />
Neuropsichiatria<br />
infantile<br />
Sert<br />
Dipartimento<br />
di<br />
salute<br />
mentale<br />
Totale<br />
14 18 4 0 2 24<br />
15 4 5 2 4 15<br />
16 18 3 2 3 26<br />
17 13 1 5 14 33<br />
18 10 1 3 5 19<br />
19 2 0 12 8 22<br />
20 5 0 8 15 28<br />
21 2 0 8 7 17<br />
22 0 0 7 9 16<br />
23 3 0 6 9 18<br />
Nella tabella vediamo la distribuzione per età dei 218 ragazzi che si<br />
sono presentati o sono stati inviati ai servizi territoriali dell’Azienda n.<br />
6 per problemi psicopatologici o <strong>breakdown</strong> evolutivi, non altri problemi<br />
che non richiedono un approccio clinico.<br />
Come sono arrivati<br />
Altro familiare 3%<br />
Genitori<br />
59%<br />
Adolescente<br />
38%<br />
40 L’adolescenza <strong>tra</strong> <strong>metamorfosi</strong> e <strong>breakdown</strong> evolutivo
to solo con loro. Viene fatto questo tipo di lavoro se è sufficiente un<br />
lavoro indiretto, oppure in una prima <strong>tra</strong>nce di lavoro quando il<br />
ragazzo non si rende disponibile a un “aggancio”. Interessante risulta<br />
il 38% di giovani che si rivolgono spontaneamente ai servizi.<br />
Anche altri soggetti hanno fatto richiesta:<br />
Altro<br />
servizio<br />
Ass 6<br />
Consultorio<br />
Neuropsichiatria<br />
infantile<br />
Sert<br />
Dipartimento<br />
di salute<br />
mentale<br />
Totale<br />
4 3 2 18 27<br />
Scuola 0 3 0 2 5<br />
Autorità<br />
giudiziaria<br />
1 0 26 0 27<br />
Altro 5 0 4 13 22<br />
Quanto siamo stati rapidi nel rispondere a questi ragazzi<br />
Risposta<br />
tempestiva<br />
e coinvolgimento<br />
dello<br />
psicologo<br />
Consultorio<br />
Neuropsichiatria<br />
infantile<br />
Sert<br />
Dipartimento<br />
di salute<br />
mentale<br />
Totale<br />
Entro 3 giorni 16 2 12 23 53<br />
Da 4 a 7<br />
giorni<br />
44 4 27 25 100<br />
Oltre 7 giorni 8 6 11 28 53<br />
Lo psicologo<br />
è stato<br />
coinvolto<br />
Sì 23<br />
No 4<br />
Sì 7<br />
No 7<br />
Sì 21<br />
No 10<br />
Sì 42<br />
No 18<br />
Sì 93<br />
No 39<br />
Entro 3 giorni per 53 ragazzi, da 4 a 7 giorni per 100: una media abbastanza<br />
buona. Le Linee guida saranno riviste dal prossimo anno, a<br />
Il Progetto Interservizi<br />
41
seguito degli interrogativi che escono da questa rilevazione. Per<br />
esempio oltre i 7 giorni per 53, cosa significa Quanto tempo hanno<br />
atteso Lo psicologo è stato coinvolto Sì, per 93 ragazzi. Il no per 39<br />
ragazzi significa che il primo colloquio è stato fatto da altri operatori,<br />
in relazione all’assetto del servizio e che poi è stato coinvolto un altro<br />
specialista.<br />
Per l’accoglienza della domanda, qui vediamo se il ragazzo è stato<br />
seguito nel servizio a cui ha fatto richiesta:<br />
Consultorio<br />
Neuropsichiatria<br />
infantile<br />
Sert<br />
Dipartimento<br />
di salute<br />
mentale<br />
Totale<br />
Seguito<br />
dal servizio<br />
in cui è<br />
stata fatta la<br />
richiesta<br />
Accoglienza<br />
fatta dallo<br />
psicologo<br />
Quanti<br />
colloqui di<br />
accoglienza<br />
sono stati<br />
svolti<br />
Sì 53 12 32 59 156<br />
No 13 2 19 9 43<br />
Sì 68 12 27 20 127<br />
No 1 2 24 46 73<br />
1 6 3 30 34 73<br />
2 10 3 12 17 42<br />
3 28 4 3 12 47<br />
> 3 21 0 2 6 29<br />
156 ragazzi sono rimasti nel servizio in cui hanno fatto richiesta. Ciò<br />
significa che ciascun servizio ha lavorato sulla psicopatologia e che<br />
per 43 adolescenti si è ritenuto opportuno un passaggio.<br />
L’accoglienza è stata fatta direttamente dallo psicologo in 127 ragazzi,<br />
no per 73. Quanti colloqui di accoglienza sono stati eseguiti 1 colloquio<br />
a 73 ragazzi, 2 colloqui a 42, 3 colloqui a 47, oltre per 29 situazioni.<br />
La restituzione della consultazione e dell’esito dell’intervento è una<br />
prassi metodologica prevista dal protocollo.<br />
42 L’adolescenza <strong>tra</strong> <strong>metamorfosi</strong> e <strong>breakdown</strong> evolutivo
Restituzione<br />
fatta a:<br />
Consultorio<br />
Neuropsichiatria<br />
infantile<br />
Sert<br />
Dipartimento<br />
di salute<br />
mentale<br />
Totale<br />
Adolescente 18 2 24 40 84<br />
Adolescente<br />
e famiglia<br />
43 12 16 44 115<br />
Inviante 8 0 5 6 19<br />
Nelle Linee guida è previsto anche il ricorso all’Unità di valutazione<br />
distrettuale che si è resa necessaria solo per 10 casi, per i quali il professionista<br />
ha ritenuto necessario connettersi con gli altri servizi.<br />
Ricorso all’Unità<br />
di valutazione<br />
distrettuale<br />
Consultorio<br />
Neuropsichiatria<br />
infantile<br />
Sert<br />
Dipartimento<br />
di salute<br />
mentale<br />
Totale<br />
Sì 3 0 5 2 10<br />
No 50 12 46 75 183<br />
L’intervento di consulenza o psicoterapia<br />
Consulenza<br />
adolescente<br />
Consulenza<br />
genitori<br />
Consulenza<br />
genitori e<br />
adolescente<br />
Consultorio<br />
Neuropsichiatria<br />
infantile<br />
Sert<br />
Dipartimento<br />
di salute<br />
mentale<br />
Totale<br />
28 5 25 49 107<br />
16 2 3 14 35<br />
28 3 9 18 58<br />
Il Progetto Interservizi<br />
43
Consulenza<br />
altre figure<br />
riferimento<br />
Psicoterapia<br />
adolescente<br />
Psicoterapia<br />
genitori<br />
Psicoterapia<br />
familiare<br />
Psicoterapia<br />
di gruppo<br />
Consultorio<br />
Neuropsichiatria<br />
infantile<br />
Sert<br />
Dipartimento<br />
di salute<br />
mentale<br />
Totale<br />
0 1 0 13 14<br />
19 3 6 29 57<br />
3 0 1 0 4<br />
0 0 1 5 6<br />
0 0 0 2 2<br />
Urgenza, ricovero e gestione della crisi<br />
Adolescente<br />
visto<br />
in pronto<br />
soccorso<br />
Adolescente<br />
visto a<br />
domicilio<br />
Consultorio<br />
Neuropsichiatria<br />
infantile<br />
Sert<br />
Dipartimento<br />
di salute<br />
mentale<br />
Totale<br />
1 0 1 4 6<br />
1 0 0 1 2<br />
Altro 1 0 0 0 1<br />
Adolescente<br />
già<br />
0 3 0 0 3<br />
conosciuto<br />
Adolescente<br />
sconosciuto<br />
0 0 0 0 0<br />
Dai dati si evince che sono stati visti 6 adolescenti in Pronto soccorso,<br />
4 al Dipartimento di salute mentale, 1 al Sert e 1 al consultorio; a<br />
44 L’adolescenza <strong>tra</strong> <strong>metamorfosi</strong> e <strong>breakdown</strong> evolutivo
domicilio abbiamo visto 2 ragazzi (3 erano già conosciuti, mentre sconosciuti<br />
non ce n’erano). Relativamente alla questione dell’urgenza,<br />
questi sono dati sicuramente in difetto; verranno confrontati a fine<br />
anno con i dati dei servizi e in particolare con quelli del Dipartimento<br />
di salute mentale reperibile sulle 24 ore.<br />
L’uso del test Scl-90 inizio e conclusione di <strong>tra</strong>ttamento<br />
Consultorio<br />
Neuropsichiatria<br />
infantile<br />
Sert<br />
Dipartimento<br />
di salute<br />
mentale<br />
Totale<br />
Somminis<strong>tra</strong>zione<br />
inizio<br />
Somminis<strong>tra</strong>zione<br />
conclusione<br />
Sì 38 5 32 41 116<br />
No 27 3 19 32 81<br />
Sì 1 0 0 0 1<br />
No 37 5 32 41 115<br />
Le scale cliniche dell’Scl-90 sono:<br />
somatizzazione<br />
ossessività-compulsività<br />
sensibilità interpersonale<br />
depressione<br />
ansia<br />
rabbia-ostilità<br />
ansia fobica<br />
ideazione paranoide<br />
psicoticismo.<br />
Ringrazio Manuela D’Andrea che ha elaborato i dati delle Schede di<br />
rilevazione delle Linee guida. Grazie per l’attenzione.<br />
Tiziana Martuscelli<br />
Il Progetto Interservizi<br />
45
L’approccio di genere nella<br />
salute degli adolescenti<br />
di Giorgio Tamburlini
Nel 2008 è stato pubblicato un rapporto dell’Organizzazione mondiale<br />
della sanità sui determinanti sociali della salute, che analizza<br />
i fattori di natura sociale che fanno sì che una persona sia in grado<br />
o meno di mantenere il suo stato di salute o viceversa si ammali,<br />
muoia prematuramente o soffra di disabilità e bassa qualità di vita.<br />
Tra questi fattori ci sono anche le differenze di genere che portano, in<br />
ragione di fattori biologici o culturali e sociali, a comportamenti<br />
diversi, che a loro volta hanno conseguenze per la salute; oppure, in<br />
ragione di norme, leggi o convenzioni che regolano la vita sociale,<br />
conducono a esiti di salute sensibilmente diversi.<br />
L’aspettativa di vita è in tutti i Paesi sensibilmente diversa <strong>tra</strong> uomini<br />
e donne, sbilanciata a favore delle donne, ma esistono molti altri<br />
fenomeni e indicatori di salute che vedono l’uno o l’altro dei generi in<br />
una situazione privilegiata o svantaggiata.<br />
Le asimmetrie di genere, così come altre differenze (età, classe sociale,<br />
appartenenza a minoranze etniche, ecc.) determinano modi diversi<br />
di vivere, ammalarsi, utilizzare i servizi, prendersi cura di sé e degli<br />
altri, e sono fonte di disuguaglianze negli esiti di salute. L’adolescenza<br />
è un tempo cruciale per lo stabilirsi dei ruoli sociali legati al genere e<br />
per l’espressione di queste asimmetrie in diversi percorsi ed esiti di<br />
salute. Adottare un approccio di genere significa quindi prendere in<br />
considerazione il ruolo svolto da fattori biologici, sociali e culturali e<br />
dalle relazioni di potere <strong>tra</strong> ragazzi e ragazze nella protezione e promozione<br />
della salute, così come nella perdita della salute e dell’integrità<br />
fisica, al fine di massimizzare l’appropriatezza e l’efficacia dei<br />
programmi e degli interventi. È evidente che i programmi di salute<br />
per gli adolescenti sono <strong>tra</strong> quelli per i quali un tale approccio diventa<br />
decisivo.<br />
Ci sono delle grandi differenze negli esiti e nei rischi relativi alla salute<br />
per quanto riguarda gli adolescenti e i giovani adulti (per esempio<br />
l’incidenza di tentati suicidi è molto maggiore nelle femmine, con un<br />
48 L’adolescenza <strong>tra</strong> <strong>metamorfosi</strong> e <strong>breakdown</strong> evolutivo
apporto che può arrivare a 10 a 1, mentre i suicidi sono più frequenti<br />
nei maschi con un rapporto di 4 a 1, come pure gli incidenti sul lavoro<br />
e sportivi; come è noto, le violenze e le aggressioni sono essenzialmente<br />
perpe<strong>tra</strong>te dai maschi, le violenze sessuali sono maggiormente<br />
subite dalle femmine, i disturbi della condotta alimentare sono<br />
molto più frequenti nelle donne, così come molte malattie croniche,<br />
come quelle reumatologiche, che esordiscono e si sviluppano durante<br />
l’adolescenza. Le differenze di genere si ritrovano in molti altri<br />
comportamenti, come la guida in stato di ebbrezza, le aggressioni, gli<br />
atti vandalici, il bullismo a scuola, tutti fenomeni a espressione sbilanciata<br />
nei due sessi.<br />
Queste asimmetrie perdurano per tutto l’arco della vita (Abergavenny<br />
Roger Dobson). Ma anche focalizzandosi sui giovani adulti, le statistiche<br />
europee mos<strong>tra</strong>no che c’è una tendenza dei giovani a morire<br />
prima, anche in assenza di conflitti e di guerre, dove il fenomeno<br />
assume dimensioni molto più evidenti.<br />
Esistono della asimmetrie <strong>tra</strong> ragazzi e ragazze anche per quanto<br />
riguarda la consapevolezza dei propri bisogni di salute: i ragazzi sono<br />
in genere molto meno attenti e consapevoli, eccetto che per alcune<br />
situazioni in cui la condizione è particolarmente “appariscente” (per<br />
esempio l’acne); le ragazze, al con<strong>tra</strong>rio, sono generalmente molto più<br />
consapevoli dei loro bisogni di salute, in particolare per ciò che concerne<br />
la sfera riproduttiva-sessuale. Ciò si ripercuote sull’accesso ai<br />
servizi: i ragazzi hanno accesso ai servizi di salute in misura molto<br />
minore che le ragazze (fatta eccezione per i pronti soccorsi e i reparti<br />
di ortopedia), e le stesse richieste di informazione sulla salute sono<br />
molto maggiori per le ragazze. Tra alcune popolazioni di migranti,<br />
anche in seconda generazione, sussistono peraltro problematiche a<br />
carattere culturale o religioso che impediscono, o rendono conflittuale<br />
nell’ambito della famiglia e della comunità, l’accesso a determinati<br />
servizi, in particolare i consultori familiari, da parte delle ragazze.<br />
È degno di nota il fatto, riportato da diversi studi condotti in Italia e in<br />
altri Paesi europei, che complessivamente circa il 50% dei ragazzi che<br />
appartengono alla fascia d’età <strong>tra</strong> i 15 e i 18 anni ha un contatto con<br />
un servizio d’emergenza nel giro di 2 anni. Queste costituiscono<br />
opportunità di contatto che non vengono utilizzate per far circolare<br />
informazioni sulla salute, e che risultano quindi essere occasioni<br />
perse.<br />
L’approccio di genere nella salute degli adolescenti<br />
49
Esistono infine differenze di genere nei percorsi che conducono a<br />
comportamenti a rischio o viceversa protettivi (per esempio nelle<br />
motivazione per fumo e alcol, nei rapporti sessuali non protetti, nell’uso<br />
di con<strong>tra</strong>ccettivi). Questi percorsi sono evidentemente dipendenti<br />
dall’identità di genere che si costruisce a partire dai primi anni<br />
di vita e che rappresenta l’involucro delle differenze di carattere biologico,<br />
che vengono quindi amplificate, o comunque modificate, a<br />
seconda del nostro retaggio culturale. Esistono molte evidenze rispetto<br />
alle pressioni sociali riguardanti per esempio l’immagine del proprio<br />
corpo nei ragazzi e nelle ragazze; le donne presentano più spesso<br />
stereotipi ideali, con i problemi conseguenti. Tutte queste informazioni<br />
in realtà ci sono note da tempo: l’articolo di Cheryl Alexander<br />
della Johns Hopkins (“Gender Differences in Adolescent Health<br />
Concerns and Self Assessed Health) è del 1989! In questo lavoro sono<br />
stati intervistati 745 studenti <strong>tra</strong> 14 e i 15 anni, rilevando importantissime<br />
differenze legate al genere nella percezione dello stato di salute.<br />
Per quanto queste conoscenze siano note già da tempo, risulta ancora<br />
difficile <strong>tra</strong>sferirle nella pratica. Un esempio potrà meglio chiarire<br />
di cosa stiamo parlando: Monica, 15 anni, fuma da quando ne aveva<br />
13; ha un problema con la sua immagine corporea, è magra ma vorrebbe<br />
essere ancora più magra, ha iniziato ad avere rapporti con il suo<br />
ragazzo, di 18 anni, che non vuole utilizzare alcuna protezione;<br />
Alessandro, 16 anni, è un “binge drinker” da quando ne aveva 14, pratica<br />
il bullismo col suo gruppo dentro e fuori dalla scuola, e guida<br />
pericolosamente il suo scooter.<br />
Queste due situazioni, seppur non particolarmente patologiche, presentano<br />
evidentemente alcuni rischi. Ebbene, quanto dovrebbero<br />
essere diversi i nostri approcci a questi due adolescenti Quanto<br />
devono tener conto del diverso sviluppo biologico, psicologico e<br />
sociale, considerare quindi le importanti differenze <strong>tra</strong> maschi e femmine<br />
in questa fase della vita, ed essere quindi sufficientemente specifici<br />
per quanto riguarda l’analisi, la diagnostica, e l’intervento<br />
Applicare un approccio di genere significa innanzitutto tener conto di<br />
come e perché i diversi fenomeni si distribuiscono <strong>tra</strong> i due sessi,<br />
capire fino a che punto occorra tener conto di queste differenze negli<br />
interventi dei servizi o nelle politiche più generali. Alcuni esempi di<br />
indicatori per i quali è necessario valutare le differenze di genere<br />
sono:<br />
50 L’adolescenza <strong>tra</strong> <strong>metamorfosi</strong> e <strong>breakdown</strong> evolutivo
prevalenza di uso di sostanze<br />
prevalenza di malattie sessualmente <strong>tra</strong>smissibili<br />
conoscenze e pratiche riguardanti i comportamenti sessuali e<br />
riproduttivi, incluso l’accesso a servizi<br />
percezione di sé e del proprio stato di salute<br />
prevalenza di problemi di salute mentale.<br />
Negli approcci di genere non ci si deve comunque limitare ad approcci<br />
quantitativi. Quando dobbiamo analizzare una situazione, è necessario<br />
integrare i numeri con dei dati qualitativi, utilizzando interviste,<br />
focus group, ecc.<br />
Circa quindici anni fa è stato pubblicato in Inghilterra un lavoro particolarmente<br />
utilizzato dai ricercatori (Kevin Harvey, Dick Churchill,<br />
Paul Crawford, Brian Brown, Louise Mullany, Aidan Macfarlane, Ann<br />
McPherson), che analizza le tematiche prevalenti utilizzando le e mail<br />
dei ragazzi.<br />
È quindi opportuno pensare che, anche nella raccolta dei dati, di<br />
qualsiasi natura siano, sia necessario tenere conto delle differenze di<br />
genere. Ma molte delle nostre campagne, dei programmi che mettiamo<br />
in atto, non risultano sufficientemente efficaci perché non ne tengono<br />
conto.<br />
È necessario valutare l’impatto specifico su ragazzi e ragazze di ogni<br />
azione (inclusi legislazione specifica, servizi, programmi, ecc.) per<br />
comprendere come meglio si possa agire per essere più efficaci. Tra le<br />
diverse modalità di intervento, quella in cui è maggiormente necessario<br />
tenere conto delle differenze di genere è quella dell’informazione<br />
e della comunicazione, in modo da riuscire ad “agganciare” efficacemente<br />
sia i ragazzi sia le ragazze.<br />
Alcune aree di intervento per i quali un approccio di genere è assolutamente<br />
necessario sono:<br />
stereotipi maschili sui rapporti sessuali<br />
uso di con<strong>tra</strong>ccettivi<br />
stereotipi maschili circa la violenza e il bullismo<br />
stereotipi femminili circa l’immagine corporea ideale<br />
percorsi di dipendenza da sostanze (nel Bronx per esempio è<br />
stato impiantato un programma di <strong>tra</strong>ttamento residenziale per<br />
ragazze con problemi di tossicodipendenza).<br />
L’approccio di genere nella salute degli adolescenti<br />
51
Ma un adattamento di genere degli interventi può essere necessario<br />
anche in aree non così ovviamente genere-dipendenti: per esempio,<br />
l’esperienza in diversi Paesi ci dice che le campagne contro il fumo<br />
devono tener conto delle differenti (<strong>tra</strong> maschi e femmine) ragioni per<br />
cui si inizia a fumare. In questo caso non stiamo parlando tanto di<br />
problemi che investono selettivamente l’uno o l’altro dei sessi, ma di<br />
problemi che riguardano maschi e femmine in modo diverso.<br />
Per orientare i servizi e gli operatori nell’utilizzo di un approccio di<br />
genere sia in fase analitica sia di intervento, l’Ufficio regionale europeo<br />
dell’Oms, nell’ambito della S<strong>tra</strong>tegia europea per la salute del<br />
bambino e dell’adolescente (2005), ha sviluppato uno strumento<br />
(“Gender Tool”) che è stato prodotto in collaborazione <strong>tra</strong><br />
l’Osservatorio spagnolo per la salute della donna (ministero della<br />
salute) e il gruppo di salute internazionale del Burlo Garofolo di<br />
Trieste. Il Tool si propone di fornire una guida per dirigenti di servizi e<br />
operatori per:<br />
raccogliere dati disaggregati per genere<br />
analizzare le informazioni secondo un approccio di genere<br />
adottare un approccio di genere negli interventi.<br />
Questo strumento presenta una parte introduttiva che analizza le differenze<br />
di genere nelle varie tematiche, e suggerisce per ciascuna due<br />
tipi di azioni: quelle che si collocano all’interno del sistema sanitario<br />
e quelle che riguardano altri settori (per esempio il settore educativo).<br />
In conclusione, c’è da chiedersi se non sia ormai il caso di smettere di<br />
parlare ancora in modo indifferenziato di “salute degli adolescenti”, e<br />
di iniziare a riferirsi esplicitamente a ragazzi e ragazze quando raccogliamo<br />
informazioni, disegniamo campagne e interventi. Servizi, luoghi<br />
e programmi integrati (per ragazzi e ragazze assieme) sono ancora<br />
necessari, ma devono porre attenzione alle differenze di genere. Gli<br />
operatori devono essere formati (ed eventualmente selezionati per<br />
diversi compiti) secondo un approccio di genere, e i materiali e le<br />
s<strong>tra</strong>tegie di informazione devono includere sessioni e parti specifiche.<br />
Possediamo infatti oggi degli ottimi manuali sulle cure per gli adolescenti,<br />
nei quali non c’è tuttavia nessun accenno a diversi rischi e<br />
approcci secondo un approccio di genere. Infine, occorre lavorare sui<br />
ruoli di genere fin dai primi anni di vita, ricordandoci che non stiamo<br />
52 L’adolescenza <strong>tra</strong> <strong>metamorfosi</strong> e <strong>breakdown</strong> evolutivo
combattendo “contro le differenze”, ma cercando di evitare fallimenti<br />
nel nostro lavoro di operatori dovuti a scarsa consapevolezza, ignoranza,<br />
o inconsapevole discriminazione.<br />
Giorgio Tamburlini<br />
Bibliografia<br />
C. Alexander, “Gender Differences in Adolescent Health Concerns and Self<br />
Assessed Health”. In: Journal of Early Adolescence 9, 4.<br />
A.R. Dobson, “Men are more likely than women to die early”. In: Bmj 2006,<br />
333.<br />
K. Harvey et al., “Health communication and adolescents: what do their<br />
emails tell us”. In: Family Practice 2008, 25, 4.<br />
L’approccio di genere nella salute degli adolescenti<br />
53
Autolesionismo<br />
e tentativi di suicidio<br />
di Marco Carrozzi, Sara Battistutta,<br />
Caterina Zanus, Renata Aliverti,<br />
Silvana Cremaschi
Gli atti autolesivi e il tentato suicidio, la cui frequenza in età evolutiva<br />
e adolescenziale è in aumento, sono un problema di salute<br />
mentale di primaria importanza. La loro rilevanza è chiara se si tiene<br />
anche in considerazione che il tentato suicidio è il principale fattore<br />
predittivo per il suicidio, che risulta essere la terza causa di morte per<br />
la fascia di età 15-24 anni. I dati epidemiologici a disposizione sono<br />
pochi e disomogenei a causa delle difficoltà nella definizione e individuazione<br />
di questi atti, che si esprimono in un continuum di manifestazioni<br />
comportamentali non sempre riconosciute e spesso banalizzate.<br />
Alla luce di queste considerazioni è stato avviato un progetto di ricerca<br />
dell’Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico “Burlo<br />
Garofolo” di Trieste, finanziato dalla Regione <strong>Friuli</strong> Venezia Giulia e in<br />
collaborazione con l’Ass 4 “Medio <strong>Friuli</strong>”, con l’obiettivo di stimare la<br />
prevalenza di autolesionismo e tentato suicidio in adolescenza nella<br />
Regione <strong>Friuli</strong> Venezia Giulia, descrivere le caratteristiche del fenomeno<br />
e individuare s<strong>tra</strong>tegie adeguate di intervento.<br />
È possibile indagare la prevalenza del fenomeno at<strong>tra</strong>verso due metodologie<br />
di studio: lo studio di un campione di adolescenti at<strong>tra</strong>verso<br />
la somminis<strong>tra</strong>zione di questionari self-report e l’analisi degli accessi<br />
alle strutture sanitarie. Nel primo caso (questionari self-report) è presumibile<br />
una sovrastima della prevalenza, in quanto non è possibile<br />
conoscere l’entità, le caratteristiche, la storia e l’evoluzione degli atti<br />
e dell’ideazione dichiarati nei questionari. Nel secondo caso, è invece<br />
probabile una sottostima del fenomeno, in quanto spesso i comportamenti<br />
suicidari non sono gravati da conseguenze sanitarie tali da<br />
condurre il ragazzo all’attenzione medica; inoltre è frequente che,<br />
anche nei casi in cui vi sia il ricorso ai sanitari, il gesto non venga<br />
dichiarato e riconosciuto.<br />
I dati epidemiologici presenti in letteratura riportano di conseguenza<br />
dati disomogenei. Viste le difficoltà nel determinare la reale incidenza<br />
56 L’adolescenza <strong>tra</strong> <strong>metamorfosi</strong> e <strong>breakdown</strong> evolutivo
di questi pensieri o agiti e i risultati discrepanti, il progetto ha analizzato<br />
il problema da en<strong>tra</strong>mbi i punti di vista, valutando sia la popolazione<br />
scolastica sia la tipologia degli accessi al Pronto soccorso.<br />
La popolazione scolastica<br />
Il campione è costituito da 1090 adolescenti (558 maschi, 532 femmine),<br />
di età media di 15 anni, frequentanti il biennio delle scuole superiori.<br />
Il questionario utilizzato, lo Youth Self Report (Ysr) di<br />
Achenbach, permette di raccogliere informazioni sull’adattamento, le<br />
competenze, i problemi comportamentali ed emotivi del ragazzo. Il<br />
profilo che ne risulta è composto dalla sindrome internalizzante<br />
(scale: ansia-depressione; ritiro-depressione; lamentele somatiche) e<br />
dalla sindrome esternalizzante (scale: comportamento oppositivo;<br />
comportamento aggressivo). Vengono inoltre valutati i problemi<br />
sociali, di pensiero e di attenzione. Il questionario Ysr, in quanto strumento<br />
di screening, non permette di formalizzare una diagnosi psicopatologica<br />
ma può fornire informazioni rispetto alla presenza di<br />
segnali di disagio. Questi sono evidenti nella ricerca dall’alta percentuale<br />
di ragazzi (25% dei maschi e 20% delle ragazze) che ottengono<br />
punteggi sopra al cut off (range clinico) nel punteggio totale. Il 20,8%<br />
(118 maschi e 125 femmine) degli adolescenti intervistati riferisce di<br />
aver attuato negli ultimi 6 mesi un comportamento o pensieri di tipo<br />
autolesivo o suicidario (risposte positive agli item target: 18<br />
“Intenzionalmente mi faccio del male o ho tentato il suicidio; 36<br />
“Accidentalmente mi faccio spesso male”; 91 “Penso di uccidermi”).<br />
Questi ragazzi riferiscono di andare peggio a scuola rispetto agli altri<br />
e complessivamente ottengono punteggi significativamente superiori<br />
in tutte le scale.<br />
Accessi alle strutture sanitarie<br />
È stata condotta un’analisi degli accessi a tutti i Pronto soccorso della<br />
Regione, regis<strong>tra</strong>ti nel biennio 2005-2006, nella fascia di età compresa<br />
<strong>tra</strong> gli 11 e i 18 anni. Per la loro definizione sono stati considerati i<br />
principali fattori di rischio e la presenza di qualsiasi segnale di sofferenza<br />
psichica, tenendo presente anche le informazioni disponibili<br />
sulla storia e sulle relazioni significative dell’adolescente. I casi sono<br />
stati classificati come certi (natura del gesto chiara), probabili (natura<br />
autolesiva del gesto altamente probabile, ma non definibile con cer-<br />
Autolesionismo e tentativi di suicidio<br />
57
tezza) e non valutabili. Questi ultimi sono esclusi dalla casistica perché<br />
nel verbale non erano disponibili le informazioni indispensabili<br />
per un eventuale riconoscimento dell’atto.<br />
Si riportano di seguito i risultati inerenti ai casi certi, nel totale 120<br />
(tasso di prevalenza: 78/100.000 nel 2005, 88/100.000 nel 2006).<br />
Questi adolescenti, che spesso hanno avuto precedentemente altri<br />
accessi al Pronto soccorso, hanno un’età media di 16 anni e 10 mesi e<br />
sono soprattutto femmine (62%), in linea con quanto riportato in letteratura.<br />
Le condizioni cliniche con cui si presentano sembrano<br />
mascherare la reale gravità e il significato del gesto. Solo al 12% degli<br />
adolescenti è stato infatti assegnato un codice rosso, mentre a più<br />
della metà di loro (55%) è stato assegnato il codice giallo. La causa<br />
d’accesso è stata identificata come “autolesionismo” nel 47% degli<br />
accessi; le altre cause indicate sono “malattia”, “intossicazione”,<br />
“causa non definita”, “altre cause”. Le modalità più frequentemente<br />
scelte per il gesto autolesivo sono l’intossicazione, soprattutto con<br />
psicofarmaci, e le ferite da taglio. Questi accessi sono più frequenti<br />
nei mesi di febbraio, giugno e novembre, e vengono effettuati soprattutto<br />
nel tardo pomeriggio. Nel 54% dei casi non risulta segnalato<br />
alcun elemento psicopatologico nel verbale del Pronto soccorso; dove<br />
segnalato si è <strong>tra</strong>ttato soprattutto di disturbo dell’umore. Da notare,<br />
per quanto riguarda l’esito, che nella maggioranza dei casi i ragazzi<br />
vengono inviati al curante o al domicilio (52%), mentre raramente<br />
viene fatto ricorso agli specialisti neuropsichiatri infantili (9%).<br />
Riflessioni<br />
Pur con gli inevitabili limiti descritti nell’introduzione, i risultati ottenuti<br />
dall’analisi dei questionari somminis<strong>tra</strong>ti agli studenti (alti valori<br />
nelle scale internalizzanti, esternalizzanti e totali, alta prevalenza di<br />
atti autolesivi e comportamenti o pensieri suicidari) impongono una<br />
riflessione, intanto, circa la necessità di un approfondimento che, utilizzando<br />
più strumenti di analisi, permetta di dettagliare meglio queste<br />
osservazioni, attuate, ricordiamo, in un contesto naturalistico.<br />
Con questo tipo di disegno sperimentale infatti non è possibile conoscere<br />
la storia naturale di questi ragazzi (quanti hanno messo in atto<br />
le loro intenzioni, ovvero quanti svilupperanno un successivo disturbo<br />
di tipo psicopatologico).<br />
Per quanto riguarda il Pronto soccorso si conferma che spesso i ten-<br />
58 L’adolescenza <strong>tra</strong> <strong>metamorfosi</strong> e <strong>breakdown</strong> evolutivo
tativi sono difficili da riconoscere: l’intenzionalità non viene sempre<br />
espressa e le modalità utilizzate sono diversificate e non sempre evidenti.<br />
Ne risulta che l’evento è spesso banalizzato (forse anche dai<br />
genitori). Un’osservazione, che però richiede un ulteriore approfondimento<br />
in termini epidemiologici e quindi diagnostici, è l’apparente<br />
assenza di una correlazione <strong>tra</strong> atto auto lesivo o tentato suicidio e<br />
disturbo psichiatrico formalmente diagnosticato.<br />
Sviluppi del progetto<br />
Con il progetto attualmente in corso ci si prefigge di completare lo<br />
studio della popolazione scolastica at<strong>tra</strong>verso una pluralità di strumenti<br />
che permettano una miglior definizione delle caratteristiche<br />
della popolazione scolastica.<br />
Per quanto riguarda poi i soggetti che accedono alle prestazioni di<br />
Pronto soccorso, il progetto punta a migliorare l’identificazione dei<br />
casi mediante l’utilizzo di una scheda di anamnesi guidata in formato<br />
elettronico che permetta di identificare rapidamente i soggetti che<br />
hanno avuto accesso al Pronto soccorso per questo tipo di problemi.<br />
Questo strumento, assieme alla formazione di operatori sanitari,<br />
sociali e della scuola, e il follow up dei casi sospetti, potrebbe porre la<br />
basi per un registro a livello regionale degli atti di autolesionismo.<br />
Le sfide per il futuro<br />
Caratteristica degli adolescenti che tentano il suicidio sembra essere<br />
un’estrema fragilità, che li porta a vivere con mortificazione e umiliazione<br />
i fallimenti e le delusioni che inevitabilmente incon<strong>tra</strong>no nel<br />
loro percorso di crescita, percorso che nell’odierna “società narcisistica”<br />
sembra aver assunto i caratteri di una «gara senza esclusione di<br />
colpi» (Charmet, 2009). In un’ottica preventiva è fondamentale considerare<br />
non solo i fattori di rischio ma anche quelli di protezione<br />
(come l’esistenza di una relazione significativa con una figura adulta,<br />
la disponibilità di una rete di supporto sociale e affettiva adeguata, la<br />
percezione del proprio valore personale). Questi fattori attivano e<br />
sostengono i processi di resilienza, intesa come la “capacità di un<br />
individuo di superare eventi negativi e <strong>tra</strong>umatici per un adattamento<br />
alle richieste dell’ambiente, resistendo con successo a situazioni<br />
avverse e imparando così a sviluppare competenze a partire dalle difficoltà<br />
e rafforzando la fiducia in sé e nel proprio agire”. Un ragazzo<br />
Autolesionismo e tentativi di suicidio<br />
59
con una buona resilienza sarà capace di far fronte alle richieste dell’ambiente<br />
attivando risposte adattive, avrà un buon senso di autoefficacia<br />
e una capacità adeguata di resistenza allo stress. Il concetto di<br />
resilienza implica una visione ecologica dello sviluppo umano teorizzata<br />
da Mark Fraser nel 1997, in quanto da un lato permette di prendere<br />
in considerazione le condizioni effettive e naturali in cui ha<br />
luogo lo sviluppo; dall’altro lato, incoraggia un approccio positivo che<br />
sottolinea le fondamentali conquiste adattive dei giovani nel difficile,<br />
laborioso ed entusiasmante percorso verso la costruzione dell’identità,<br />
in modo che l’adolescenza resti <strong>metamorfosi</strong> e non si <strong>tra</strong>sformi in<br />
<strong>breakdown</strong>.<br />
Marco Carrozzi<br />
Sara Battistutta<br />
Caterina Zanus<br />
Renata Aliverti<br />
Silvana Cremaschi<br />
60 L’adolescenza <strong>tra</strong> <strong>metamorfosi</strong> e <strong>breakdown</strong> evolutivo
L’approccio clinico<br />
all’adolescente: risorse e<br />
criticità<br />
Tavola rotonda
Fulvio Kette<br />
Ho visto con attenzione e interesse i dati dei colleghi, Marco<br />
Carrozzi e Caterina Zanus, i quali hanno presentato la ricerca sui<br />
dati di autolesionismo e tentativi di suicidio. Grazie alla loro raccolta<br />
diretta e all’analisi dei singoli verbali in ogni Pronto soccorso, hanno<br />
cen<strong>tra</strong>to un aspetto estremamente importante: nella nos<strong>tra</strong> Regione<br />
disponiamo di un sistema computerizzato, che permette di regis<strong>tra</strong>re<br />
gli accessi, il triage e una serie innumerevole di dati categorizzati in<br />
cause d’accesso (l’infortunio, la ferita o l’evento <strong>tra</strong>umatico). Nei casi<br />
di tentamen è possibile, a volte, indicare con precisione che l’evento è<br />
di tipo autolesivo, ma in molti altri è difficile identificare il rischio<br />
segnalando l’evento agli specialisti.<br />
Esiste dunque un problema legato alla regis<strong>tra</strong>zione dei dati, a ciò che<br />
il sistema informatico può dare e ai limiti dello stesso, in quanto la<br />
possibilità di effettuare autonomamente delle analisi incrociate è<br />
molto limitata.<br />
Un altro aspetto che riguarda il personale del Pronto soccorso sono i<br />
segni d’allarme. Allo stato attuale non siamo ancora sufficientemente<br />
preparati a cogliere quegli aspetti che possono essere interpretati<br />
come segnali d’allarme. Un’intossicazione o un evento autolesivo<br />
sono più semplici da inquadrare rispetto a quando l’evento è <strong>tra</strong>umatico.<br />
Il paziente viene inquadrato, valutato e <strong>tra</strong>ttato sulla base di un<br />
evento di carattere clinico-organico, ed è più complesso identificare<br />
l’eventuale disagio che può aver condotto a un tentamen e a capire se<br />
può sussistere una situazione che merita attenzione.<br />
I dati riportati mi inducono a una riflessione riguardo a un caso<br />
recente. Si <strong>tra</strong>tta di una segnalazione di protesta di una giovane giunta<br />
in serata al Pronto soccorso in cui lamentava un <strong>tra</strong>ttamento poco<br />
corretto da parte degli operatori e una scarsa attenzione. Secondo la<br />
procedura, vado a verificare con le persone direttamente coinvolte.<br />
62 L’adolescenza <strong>tra</strong> <strong>metamorfosi</strong> e <strong>breakdown</strong> evolutivo
Medico e infermiera mi spiegano che la ragazza, un po’ in sovrappeso,<br />
lamentava un motivo di accesso estremamente difficile da inquadrare<br />
come triage, riferendo inizialmente mal di schiena, poi dolore a un<br />
braccio, disturbi generici, mal di testa. Dopo la visita, durante la quale<br />
non veniva riscon<strong>tra</strong>to nulla di organico, la ragazza veniva <strong>tra</strong>nquillizzata<br />
e le veniva spiegato che non c’erano motivo di restare in Pronto<br />
soccorso. Nella segnalazione si leggeva poi che la stessa si recava in un<br />
altro Pronto soccorso e dal loro verbale emergevano informazioni non<br />
fornite al nostro accesso (perdita recente del posto di lavoro, un certo<br />
disagio in famiglia, cambiamento frequente di lavoro negli ultimi<br />
periodi, accessi psichiatrici relativamente recenti). La situazione ci ha<br />
fatto riflettere sul fatto che ci fosse un motivo che andava al di là della<br />
causa organica di accesso per la quale noi l’avevamo vista, ed evidentemente<br />
non siamo stati in grado di riconoscere dei segnali. La ragazza<br />
ha avuto dopo alcune settimane un tentamen.<br />
Questo esempio indica la necessità di formare adeguatamente il personale<br />
a essere maggiormente sensibilizzato a cogliere segnali di allarme<br />
prima che questi sfocino in eventi critici, a volte irreversibili.<br />
<br />
Willy Pierre Mercante<br />
Io parlo da non esperto, in quanto direttore di Dipartimento d’emergenza<br />
e primario dell’Unità operativa di rianimazione, dunque da<br />
una posizione privilegiata.<br />
Nella nos<strong>tra</strong> codifica ospedaliera i codici rossi per problemi di autolesionismo<br />
e di suicidio non esistono, per cui spesso vengono persi.<br />
Patologie come l’intossicazione da psicofarmaci o l’abuso di altri farmaci<br />
sono espressione diretta o correlata del disagio.<br />
Nel 2007 si sono verificati 78 casi in cui i sintomi fanno sospettare una<br />
sottostante patologia; di questi il 62% viene dimesso mentre il restante<br />
38% variamente ricoverato, chi nei 10 posti a disposizione in medicina<br />
d’urgenza, altri in terapia intensiva, ecc. La diagnosi risulta piuttosto<br />
difficile a causa della varietà dei problemi sottostanti.<br />
Ci si chiede quale sia la qualità delle prestazioni fornite, si è parlato di<br />
L’approccio clinico all’adolescente: risorse e criticità<br />
63
eventi sentinella, dei luoghi dove intercettare questo disagio precocemente<br />
e della formazione degli operatori. Non esiste una formazione<br />
né specifica né generica che ci metta in grado di intuire un disagio<br />
sottostante. La formazione professionale dovrebbe invece tener conto<br />
di queste tipologie di problemi, patologie che riguardano soprattutto<br />
i giovani e che per questo motivo andrebbero affrontate prima di<br />
cadere in disagio evolutivo. Chi come noi si trova in una posizione di<br />
filtro dovrebbe condividere questi strumenti, per esempio l’anamnesi<br />
guidata nel triage.<br />
<br />
Angelo Cassin<br />
Il nostro servizio è aperto a una fascia di disagio a tutto spettro,<br />
rispetto all’orientamento che altri analoghi servizi della Regione<br />
hanno, che li porta a occuparsi quasi solo delle psicosi gravi, croniche.<br />
Questa è una limitazione dei servizi e un’induzione di stigma, che<br />
comporta di conseguenza una difficoltà di accesso da parte degli<br />
utenti giovani.<br />
Il servizio intercetta molti adolescenti, anche se dovrebbe rivolgersi<br />
per mandato agli adulti.<br />
Il Pronto soccorso può fare richiesta di una consulenza psichiatrica 24<br />
ore su 24, tutti i giorni; con i colleghi del Pronto soccorso sono stati<br />
effettuati degli incontri per cercare di migliorare la collaborazione <strong>tra</strong><br />
i servizi.<br />
Un aspetto importante è il luogo dove viene effettuato l’intervento<br />
nella situazione di crisi, che può rappresentare un intervento estremamente<br />
fruttifero. Si <strong>tra</strong>tta in questi casi di disporre di un luogo a ciò<br />
dedicato, ma non è sempre possibile disporre di questa opportunità.<br />
Manca la possibilità di garantire quell’area di osservazione di 24/72<br />
ore che sarebbe utilissima in ogni caso, ma che diviene necessaria per<br />
le problematiche di tipo medico, per esempio l’assunzione incongrua<br />
di farmaci.<br />
Quello che si nota seguendo i soggetti che hanno tentato il suicidio è<br />
che a distanza di tempo, come evidenziato in letteratura, chi ha ten-<br />
64 L’adolescenza <strong>tra</strong> <strong>metamorfosi</strong> e <strong>breakdown</strong> evolutivo
tato un atto del genere è molto probabile ci riprovi. Soprattutto, a<br />
distanza di tempo, si manifestano tentativi di suicidio <strong>tra</strong> coloro che<br />
arrivano al servizio lamentando inizialmente problemi apparentemente<br />
banali, espressi in termini di disagio, che solo a volte raggiunge<br />
livelli di interesse psicopatologico, come disturbi della personalità<br />
o dell’umore.<br />
Altro problema è che il servizio intercetta famiglie multiproblematiche;<br />
si trova di fronte a un nuovo fenomeno, quello cioè di prendere in<br />
carico intere famiglie, figli compresi, con una notevole complessità<br />
dei fattori da gestire, at<strong>tra</strong>verso la collaborazione con servizi diversi.<br />
Vorrei far capire, parlando anche al direttore sanitario della nos<strong>tra</strong><br />
azienda, quanto importante sia sviluppare un buon rapporto di<br />
comunicazione <strong>tra</strong> i diversi servizi, segnalando per esempio i bambini<br />
che nascono da genitori con difficoltà, perché si <strong>tra</strong>tta di bambini<br />
che hanno un’alta probabilità di manifestare successivamente dei<br />
disturbi. Faccio riferimento alla ricerca prospettica condotta in<br />
Provincia di Trento dalla prof.ssa Fava Viziello, a cui ho partecipato,<br />
nella quale si sono seguiti per dieci anni i figli di genitori in carico ai<br />
servizi per adulti, nella quale è emerso che se en<strong>tra</strong>mbi i genitori<br />
erano seguiti, si arrivava a toccare il 100% di bambini che a distanza<br />
sviluppavano psicopatologie.<br />
Quindi in un’ottica di prevenzione dovremmo sviluppare degli interventi<br />
di sostegno dei figli di genitori in difficoltà di tipo psichiatrico;<br />
noi del Dipartimento di salute mentale seguiamo i genitori, ma sarebbe<br />
importante avere un contatto organico con la neuropsichiatria<br />
infantile e i servizi consultoriali e sociali. Questo rapporto diviene<br />
s<strong>tra</strong>tegico a livello degli esordi delle maggiori patologie psichiatriche,<br />
che si sviluppano come è noto in età adolescenziale in modo spesso<br />
subdolo e confuso, e pertanto rischiano di non essere colti nel loro<br />
reale significato, se non addirittura banalizzati. Ma è necessario ricordare<br />
che quanto appare in questo periodo spesso è un esordio. Parlo<br />
da psichia<strong>tra</strong> perché l’esordio della psicosi schizofrenica mediamente<br />
si ha <strong>tra</strong> i 20 e i 24 anni, a seconda di maschi e femmine; ma può iniziare<br />
anche in età preadolescenziale.<br />
Per quanto riguarda la psicosi schizofrenica, ci sono dei sintomi precursori<br />
che si manifestano già nell’infanzia; vengono chiamati “sintomi<br />
di base”. Spesso la prima manifestazione viene vista come problematica<br />
conflittuale adolescenziale, mentre in realtà nasconde una<br />
L’approccio clinico all’adolescente: risorse e criticità<br />
65
problematica più profonda. Ci capita sempre più spesso di vedere<br />
ragazzi in una situazione di esordio psicotico franco, oggi quasi sempre<br />
associato all’uso di sostanze; indagando meglio, si viene a sapere<br />
che in età scolare erano emerse difficoltà psicologiche sospette. Ci<br />
manca dunque l’informazione, quell’elemento iniziale che viene poi<br />
perso. Se ciò non si verificasse, probabilmente non si potrebbe prevenire<br />
l’insorgere del disturbo, ma per lo meno attuare degli interventi<br />
mirati. La letteratura scientifica sottolinea l’importanza della durata<br />
della psicosi non <strong>tra</strong>ttata, che costituisce un fattore di cattiva prognosi.<br />
L’intervento precoce è dunque un fattore s<strong>tra</strong>tegico di cruciale<br />
importanza.<br />
Nel caso dei disturbi dell’umore, l’esordio è più precoce, anche attorno<br />
ai 15 anni e spesso, come emerge anche dai dati della letteratura,<br />
si nota come a distanza di tempo si manifestino disturbi bipolari.<br />
In età preadolescenziale il disturbo bipolare si manifesta, nella grandissima<br />
maggioranza dei casi, come disturbo di tipo psicotico (allucinazioni,<br />
deliri) e può venir confuso con una psicosi schizofrenica,<br />
determinando un destino prognostico diverso, in quanto ha una specificità<br />
di intervento assolutamente diversa.<br />
Il disturbo bipolare si manifesta spesso come disturbo del comportamento,<br />
con abusi di sostanze e <strong>tra</strong>sgressioni varie, e comporta difficoltà<br />
diagnostiche anche con il disturbo borderline di personalità.<br />
Fondamentale è la non banalizzazione degli esordi: per esempio un<br />
soggetto che in età adolescenziale manifesta disturbi dell’area psicotica<br />
viene inviato al nostro servizio, che per questa ragione si occupa<br />
sempre più di ragazzi di 15, 16 e 17 anni.<br />
Altro aspetto riguarda l’utilizzo del ricovero ospedaliero. In questo<br />
senso abbiamo puntato molto sull’osservazione a livello di Pronto<br />
soccorso per fil<strong>tra</strong>re e prevenire il ricovero. Purtroppo in alcune occasioni<br />
è capitato di dover ricoverare al Sevizio di diagnosi e cura dei<br />
ragazzi minorenni; per fortuna si è <strong>tra</strong>ttato di casi rari. Quest’ultimo è<br />
un problema che cerchiamo di sollevare anche come Società italiana<br />
di psichiatria a livello nazionale, perché un servizio per adulti che al<br />
suo interno concen<strong>tra</strong> patologie gravi è un’esperienza <strong>tra</strong>umatica per<br />
un ragazzo, che purtroppo non sempre è possibile evitare.<br />
Un’alternativa potrebbe essere la possibilità di utilizzare delle residenzialità<br />
per le situazioni di crisi; in Regione si può ricorrere ai<br />
“Centri 24 ore”: si <strong>tra</strong>tta di alcuni posti letto presso i centri di salute<br />
66 L’adolescenza <strong>tra</strong> <strong>metamorfosi</strong> e <strong>breakdown</strong> evolutivo
mentale che danno la possibilità di affrontare le situazioni di crisi in<br />
modo non ospedaliero.<br />
La ricerca promossa dall’Istituto superiore di sanità a livello nazionale,<br />
denominata “Progres Csm”, ci dice che anche in Italia la degenza<br />
media supera i 30 giorni: ci troviamo dunque di fronte alla possibilità<br />
che dei ragazzi vengano inseriti in strutture al cui interno ci sono persone<br />
con varie patologie gravi per tempi non brevi. Per ovviare a ciò ci<br />
vorrebbero forse delle strutture dedicate, di piccolissima taglia, flessibili<br />
e che permettano l’accompagnamento di un ragazzo all’interno<br />
del suo momento critico.<br />
<br />
Guido Lucchini<br />
Ringrazio gli organizzatori di questo evento; come premessa voglio<br />
portare i saluti del direttore scientifico del Centro regionale delle<br />
cure primarie del <strong>Friuli</strong> Venezia Giulia Luigi Canciani, che da anni,<br />
assieme a tutti i componenti dell’esecutivo, opera nell’intento di dare<br />
luce alla nos<strong>tra</strong> professionalità, a quelli che sono i dettami e la filosofia<br />
della medicina generale.<br />
Solitamente vengo chiamato per parlare delle problematiche sanitarie<br />
nelle persone anziane multiproblematiche, di percorsi assistenziali<br />
sociosanitari nelle residenzialità, di gestione dello scompenso cardiaco,<br />
che in genere sono le tematiche legate alla cronicità.<br />
Quando mi è stato proposto di partecipare a questo evento sull’adolescenza,<br />
ho avuto alcune perplessità, ma vedendo l’obiettivo della<br />
giornata, quello cioè di indagare i percorsi assistenziali che i vari operatori<br />
sviluppano per gestire una problematica nell’ambito adolescenziale,<br />
ho purtroppo notato come questi percorsi coincidano con<br />
quanto il medico di medicina generale utilizza nella gestione dell’anziano.<br />
Vengono dunque sviluppati i percorsi socioassistenziali e utilizzati<br />
gli strumenti operativi territoriali esistenti per la persone anziane<br />
e multiproblematiche.<br />
In questa Ass 6 del <strong>Friuli</strong> ci sono 230 medici di medicina generale;<br />
ognuno ha in carico in media 100 assistiti, da 0 a 23 anni. Se moltipli-<br />
L’approccio clinico all’adolescente: risorse e criticità<br />
67
chiamo questi 100 assistiti per i 230 medici, otteniamo 23.000 adolescenti<br />
che sono potenzialmente in cura al medico di famiglia e che<br />
potenzialmente possono sviluppare problematiche relative al disagio<br />
psichico.<br />
La mia non sarà una relazione: presenterò un caso clinico che in sé<br />
racchiude tutte le varie problematiche <strong>tra</strong>ttate in mattinata.<br />
Parlo di una ragazza, che chiameremo Giulia: Giulia ha 18 anni, ha<br />
appena superato l’esame di maturità con ottimi voti. Un giorno Giulia<br />
si chiude in bagno e non vuole più uscire, non risponde alle chiamate<br />
insistenti dei genitori, i quali, preoccupati, telefonano al 118. Gli<br />
operatori del 118 arrivano, sono costretti a sfondare la porta del<br />
bagno, trovano Giulia in uno stato confusionale. Trasportata al Pronto<br />
soccorso, viene visitata dallo specialista psichia<strong>tra</strong>, viene dimessa<br />
dallo stesso con la proposta di seguire la ragazza a domicilio, da parte<br />
del medico curante.<br />
Iniziano gli accessi domiciliari: frequentemente vado da Giulia e la<br />
trovo in camera sotto le coperte, il colloquio è molto povero, la stanza<br />
è in disordine, l’igiene personale poco curata, c’è un profondo disagio<br />
personale.<br />
La mamma di Giulia si finge infermiera ma non lo è, il padre è affetto<br />
da una patologia alcol-correlata e la sua piccola impresa edile è fallita,<br />
il fratello è sempre lontano per lavoro. Giulia è sola.<br />
La ragazza non ha febbre, non ha vomito, non ha diarrea o altri sintomi<br />
comuni, quindi nell’immaginario della famiglia lei sta bene, per<br />
loro è solo un po’ stanca, per questo motivo sta a letto a riposare.<br />
Giulia si alza solo durante la notte, mangia molto e non parla con nessuno.<br />
La prima criticità è dunque la non percezione del problema da<br />
parte dei familiari, una non consapevolezza del disagio psichico della<br />
figlia. I familiari, non avendo la consapevolezza della sofferenza della<br />
figlia, non trovano necessaria la somminis<strong>tra</strong>zione di una terapia.<br />
La seconda criticità riguarda la difficoltà che incon<strong>tra</strong> il medico di<br />
famiglia di fronte a un paziente con forte disagio psichico e che rifiuta<br />
la terapia.<br />
Continuo con i miei accessi domiciliari e inizio a osservare i primi<br />
atteggiamenti di insofferenza dei familiari, capisco che non mi vorrebbero<br />
più <strong>tra</strong> le porte di casa. Naturalmente adotto una serie di s<strong>tra</strong>tegie,<br />
accetto anche di subire qualche provocazione, conscio che per<br />
il raggiungimento degli obiettivi a volte serva anche questo.<br />
68 L’adolescenza <strong>tra</strong> <strong>metamorfosi</strong> e <strong>breakdown</strong> evolutivo
L’ultima volta che mi reco alla loro abitazione trovo il portone di legno<br />
all’en<strong>tra</strong>ta chiuso. Busso ma non ottengo alcuna risposta.<br />
Inizia la terza fase, l’interlocuzione con gli operatori del distretto;<br />
telefono all’assistente sociale, ma è venerdì pomeriggio, trovo la<br />
segreteria dove lascio un massaggio. Lei mi richiama il lunedì mattina<br />
seguente, non sapendo che io, il lunedì, l’ambulatorio lo svolgo al<br />
pomeriggio e così sfuma la prima comunicazione.<br />
La rete sul territorio c’è, ma ci sono dei buchi, le maglie non si intersecano<br />
perfettamente, ci sono aspetti che devono essere migliorati..<br />
La terza criticità è quindi quella della comunicazione e della contattabilità:<br />
gli operatori sono capillarmente stanziati sul territorio ma i<br />
contatti risultano difficili.<br />
In questa fase di interlocuzione con gli altri operatori viene convocata<br />
una Unità di valutazione distrettuale, si stabiliscono i percorsi assistenziali,<br />
si danno i compiti a ciascun operatore e inizia il momento<br />
più delicato che è quello di riprendere il contatto sereno e accettabile<br />
con la famiglia.<br />
Occorre fare una premessa: ci sono famiglie che in casi come questo<br />
collaborano con gli operatori e il lavoro risulta dunque più facile; altre<br />
che non collaborano. Queste ultime sono libere di farlo, non devono<br />
per forza sottostare ai percorsi assistenziali imposti; in alcune ci sono<br />
elementi preconcetti nei confronti del Centro di salute mentale o<br />
Centro di igiene mentale, dandone una connotazione negativa. In<br />
alcuni casi sono i vicini o parenti che suggeriscono specialisti o percorsi<br />
alternativi; con queste famiglie risulta difficile lavorare.<br />
Vengo alle considerazioni riguardo alle criticità del caso presentato:<br />
rispetto alla non percezione del problema che ha la famiglia nei confronti<br />
di Giulia, è certo che un buon rapporto <strong>tra</strong> medico curante e<br />
familiari potrebbe essere un’ottima risorsa per stabilire un dialogo<br />
costruttivo.<br />
Per quanto riguarda la difficoltà ad assumere la terapia, se si risolve la<br />
difficoltà precedente anche la terapia ha ragione d’essere assunta con<br />
facilità.<br />
Nel nostro territorio c’è una rete di comunicazione ben strutturata e<br />
consolidata. Inserito da 28 anni come medico di medicina generale,<br />
ho potuto constatare l’evoluzione di queste risorse umane, strumentali<br />
e organizzative necessarie per far fronte alla domanda delle cure<br />
primarie. Nel contesto del caso suesposto, il gioco di squadra <strong>tra</strong> ope-<br />
L’approccio clinico all’adolescente: risorse e criticità<br />
69
atori e servizi diventa la prerogativa per il perseguimento degli<br />
obiettivi.<br />
Tornando a Giulia, durante il difficile percorso delle visite domiciliari,<br />
a un certo punto, sono maturati i criteri per un <strong>tra</strong>ttamento sanitario<br />
obbligatorio; ricoverata per due mesi presso un centro adeguato,<br />
Giulia è stata poi dimessa e inserita in una struttura psichiatrica residenziale<br />
territoriale. Attualmente la ragazza sta bene, ha una borsa<br />
lavoro ed è reinserita nella società, con interessi e prospettive che la<br />
rendono la sua vita felice e degna di essere vissuta.<br />
<br />
Nicola Salerno<br />
La nos<strong>tra</strong> società, esattamente come quelle occidentali moderne, è<br />
caratterizzata da un elevato tasso di complessità e da sempre maggiori<br />
disarmonie.<br />
Assistiamo a una crescente richiesta proveniente dall’ambiente, i servizi<br />
sanitari regis<strong>tra</strong>no un costante aumento dell’utenza con bisogni e<br />
richieste di aiuto sempre crescenti, di consultazioni specialistiche, di<br />
terapie e di <strong>tra</strong>ttamenti, con<strong>tra</strong>pposta a una ormai evidente incapacità<br />
da parte del “sistema” a fornire risposte adeguate.<br />
L’idea profonda di progresso insita nella nos<strong>tra</strong> struttura postmoderna<br />
trova le sue lacerazioni e genera le sue ansie allorché i fatti <strong>tra</strong>gici<br />
della sofferenza, della malattia, della droga e della conflittualità, del<br />
rischio, gettano incertezza su questa concezione lineare, propria di un<br />
mondo che si attende sempre nuovo benessere e nuovi progressi e<br />
che assiste invece a crescenti con<strong>tra</strong>ddizioni.<br />
Così anche l’età adolescenziale a cui si guarda con particolare interesse<br />
e sempre maggiore attenzione viene considerata come “età problematica”,<br />
che presenta innumerevoli svantaggi, che conosce un<br />
disagio palese, una reale difficoltà di crescita, l’emergere di nuovi<br />
bisogni e che manifesta una serie di comportamenti non omologati<br />
socialmente.<br />
Assume così sempre più rilevanza il rapporto <strong>tra</strong> i bisogni di questa<br />
fascia di età e le risposte istituzionali che non coprono i primi in<br />
70 L’adolescenza <strong>tra</strong> <strong>metamorfosi</strong> e <strong>breakdown</strong> evolutivo
maniera soddisfacente né aiutano la progettazione del “sé” degli adolescenti,<br />
favorendone l’uscita dalla dipendenza infantile e da una<br />
sistemazione di latenza sociale con la stessa rapidità e precocità con<br />
cui avviene la crescita fisiologica.<br />
Un secondo problema riguarda la seguente osservazione. Se è vero<br />
che la perdita delle caratteristiche infantili avviene più precocemente<br />
spostandosi fra gli 11-12 anni, la condizione adolescenziale caratterizzata<br />
da crisi di identità, dilemma della separazione, progettazione<br />
del futuro, sperimentazione dell’Io, tende a pro<strong>tra</strong>rsi diluendo non<br />
solo le tappe critiche dello sviluppo, ma anche ritardando la piena<br />
partecipazione attiva alla gestione della vita sociale, requisito riconosciuto<br />
unicamente all’età adulta.<br />
Ci sono cioè certi bisogni fondamentali emergenti con sempre più<br />
forza nell’età adolescenziale che, ove non vengono soddisfatti, rendono<br />
impossibile al giovane di diventare adulto; questi bisogni, essendo<br />
di tale rilevanza per l’individuo, non possono non essere riconosciuti<br />
come diritti soggettivi allo stesso modo di certi bisogni dell’età adulta.<br />
Questi diritti esigono una risposta e devono essere assicurati dagli<br />
adulti non come nella situazione presente, che appare con<strong>tra</strong>ddittoria.<br />
È opportuno tentare una risposta poiché è un quesito che riguarda<br />
l’intera comunità: non solo le istituzioni ma anche uno stuolo di genitori,<br />
educatori, insegnanti, giudici minorili che si interrogano sul<br />
comportamento degli adolescenti, si chiedono se la relazione che gli<br />
adolescenti hanno con l’autorità, con il futuro, con la realtà sia adeguata,<br />
funzionale alla loro crescita, o non sia invece il segnale di un<br />
segreto malessere, di una crisi profonda del modello educativo.<br />
È proprio il grado di consapevolezza nei riguardi delle esigenze dei<br />
giovani che una società viene a esprimere che costituisce l’indice più<br />
significativo del progresso civile che si attua at<strong>tra</strong>verso una politica<br />
del territorio, della casa, degli spazi verdi, della politica della famiglia,<br />
della scuola, della sanità, della cultura e dello sport, dell’organizzazione<br />
dei servizi sociali.<br />
Si pone allora il problema di come programmare interventi ordinati,<br />
coordinati, efficaci, rivolti al superamento di queste situazioni.<br />
Sinora questi interventi e queste risposte sono stati insufficienti e inadeguati<br />
oltre che palesemente ingiusti e con<strong>tra</strong>ddittori.<br />
La via da perseguire per realizzare un atteggiamento diverso in riferimento<br />
alle problematiche adolescenziali non può essere quella del-<br />
L’approccio clinico all’adolescente: risorse e criticità<br />
71
l’assistenza <strong>tra</strong>dizionale, ma neppure quella dell’organizzazione di<br />
una rete di servizi “specializzati”, così come è avvenuto in società definite<br />
più avanzate della nos<strong>tra</strong>, dove si è assunto un certo modello<br />
medico anche in questo settore: si finirebbe così per incrementare ed<br />
esasperare i bisogni, allargare di fatto l’area della separatezza e della<br />
marginalità, correndo il rischio di considerare l’adolescenza solo<br />
come età problematica o patologica. Neppure può essere quella, che<br />
per certi aspetti è stata privilegiata nel nostro Paese, dell’intervento<br />
dell’autorità giudiziaria per i limiti e i rischi che ciò comporta.<br />
Molti adulti esprimono forti preoccupazioni per l’uso delle droghe,<br />
dell’eccessivo consumo di alcool, delle condotte di guida, dei comportamenti<br />
a rischio da parte dei giovani. Esiste una certa perplessità<br />
perché le novità e le modalità comportamentali degli adolescenti non<br />
appaiono direttamente comprensibili. Ci si domanda se non sia<br />
necessario, anzi indispensabile, un cambiamento del modello educativo.<br />
Si sente parlare ovunque, anche in Parlamento, di nuove regole<br />
da proporre ai giovani con provvedimenti legislativi e pacchetti da<br />
ricollocare nel percorso di crescita.<br />
La via da battere appare indicata in linea di principio nelle normative<br />
già esistenti e riguardanti la protezione della maternità, la famiglia,<br />
l’infanzia, la gioventù.<br />
Queste normative vanno ricondotte a unità sul piano interpretativo e<br />
applicativo ricercando la logica che è loro sottesa. Questa logica è<br />
quella di far leva sulla solidarietà e sulle relazioni umane esistenti o da<br />
sollecitare nel contesto territoriale dove emergono i bisogni di tutti i<br />
cittadini.<br />
La logica non è dunque quella del superamento, della scissione, della<br />
delega, ma invece quella del coinvolgimento, dell’assunzione a carico<br />
delle diverse situazioni di bisogno e di abbandono nella sua totalità<br />
da parte di tutte le forze che operano sul territorio e di tutte le energie<br />
in esso presenti, procedendo sulla s<strong>tra</strong>da della gestione sociale dei<br />
bisogni emergenti.<br />
Questo anche perché appaiono sempre più evidenti i nessi causali<br />
esistenti <strong>tra</strong> la condizione attuale degli adolescenti e le carenze della<br />
famiglia da un lato, ma anche molteplici situazioni sociali deficitarie;<br />
dall’altro, la mancanza o inadeguatezza di una politica del territorio,<br />
dell’abitazione, dei <strong>tra</strong>sporti, dell’occupazione, della scuola e della<br />
cultura a tutti i livelli anche popolari, della sanità, della previdenza,<br />
72 L’adolescenza <strong>tra</strong> <strong>metamorfosi</strong> e <strong>breakdown</strong> evolutivo
dei servizi in genere e anche di un distorto e disordinato sviluppo<br />
generale con la mancata soddisfazione di tanti bisogni pubblici e<br />
sociali.<br />
Gli interessi e le esigenze dei giovani vanno pertanto intesi in una prospettiva<br />
globale.<br />
Si avverte sempre più l’esigenza di servizi unitari e non “settoriali”,<br />
che siano il meno possibile “tecnici” e il più possibile “politici”, nel<br />
senso che non assumano caratteri emarginanti e siano capaci di sollecitare<br />
la partecipazione della società, che siano “polivalenti”, cioè<br />
atti ad affrontare in modo globale e a tutti i livelli i bisogni del singolo,<br />
della famiglia e della comunità, che partano sempre dall’accertamento<br />
della reale condizione e dei concreti bisogni di tutti.<br />
Chi si occupa di adolescenti sa bene che se l’adolescente decide di<br />
esserci e di partecipare è molto creativo, partecipe, efficiente. Se è<br />
motivato si impegna, si mette a disposizione, collabora soprattutto se<br />
il clima relazionale è quello adatto a lui.<br />
<br />
L’approccio clinico all’adolescente: risorse e criticità<br />
73
I nuovi adolescenti<br />
in famiglia e a scuola<br />
di Gustavo Pietropolli Charmet
Provo sinteticamente a discutere e a porre alla vos<strong>tra</strong> attenzione una<br />
serie di novità che caratterizzano l’interpretazione del percorso di<br />
crescita adolescenziale e che pongono in difficoltà gli educatori, sia nel<br />
ruolo professionale di docenti, sia nel ruolo affettivo di genitori.<br />
Tutti gli adulti sono in difficoltà a dare un significato etico, normativo<br />
ed evolutivo a una serie di condotte adolescenziali che sono cambiate<br />
rispetto al passato. Non si comprende se ci troviamo di fronte a<br />
un’espressione di disagio, di sofferenza, di comunicazioni significative<br />
degli adolescenti al mondo degli adulti in termini di distacco, denigrazione,<br />
indifferenza, appartenenza rigida alla propria generazione<br />
e, per questi motivi, a un’attitudine di scarso interesse a intavolare<br />
<strong>tra</strong>ttative con il mondo degli adulti.<br />
Si hanno una serie di novità che, a chi lavora da anni con gli adolescenti,<br />
balzano agli occhi: prima i problemi avevano natura diversa.<br />
Parto dalla superficie, dal corpo, la parte più evidente e spettacolare,<br />
dalla nuova qualità di relazione che l’adolescente in<strong>tra</strong>ttiene con la<br />
sua nuova corporeità, ora sessuata e che dunque va collaudata con<br />
eventuali rischi e difficoltà.<br />
Il ragazzo ha una serie di compiti: deve riuscire a costruire una rappresentazione<br />
mentale del suo nuovo corpo, regalargli un significato<br />
affettivo, etico, relazionale, simbolico; deve sostituire all’immagine<br />
del vecchio corpo l’immagine del corpo attuale. Si <strong>tra</strong>tta di un corpo<br />
definitivo che occorre collaudare, portare nel gruppo, nella coppia<br />
con tutti i rischi di natura evolutiva che ciò comporta.<br />
Sembra che ragazzi e ragazze in<strong>tra</strong>ttengano una nuova relazione con<br />
il loro corpo postpuberale. Si è sempre <strong>tra</strong>ttato di una questione significativa<br />
perché il mondo educativo ha da sempre tentato di passare<br />
at<strong>tra</strong>verso il corpo per insegnare l’educazione ai giovani, anticamente<br />
cercando sin da piccoli di somminis<strong>tra</strong>re regole, valori e principi<br />
che tenessero a bada automaticamente, una volta interiorizzati, il linguaggio<br />
del corpo, la natura degli impulsi e delle pulsioni ritenute dal<br />
76 L’adolescenza <strong>tra</strong> <strong>metamorfosi</strong> e <strong>breakdown</strong> evolutivo
mondo educativo incompatibili sia con l’ordinaria vita familiare sia<br />
con l’ingresso nell’organizzazione sociale.<br />
Per questo ritengo che se partiamo dalla superficie, quindi dal corpo<br />
e dalla relazione con esso, giungeremo indubbiamente alle grandi<br />
passioni che governano il comportamento adolescenziale. La nos<strong>tra</strong><br />
idea guida è che sia avvenuto un passaggio da una serie di simbolizzazioni<br />
che individuavano il corpo come il luogo dove meglio si esprimeva<br />
la colpa per il desiderio, l’eccitamento, l’esperienza del piacere<br />
con la conseguente paura del castigo e una complicata gestione della<br />
colpa. Sono certo che in passato la sala d’aspetto del consultorio fosse<br />
popolata da adolescenti in difficoltà nell’esercizio della sessualità,<br />
nella relazione con la dimensione del desiderio, tutti alle prese con la<br />
difficile gestione del sentimento di colpa che la novità comportava.<br />
Siamo partiti dal corpo della colpa e siamo arrivati al corpo della vergogna<br />
per la sua inadeguatezza, la sua bruttezza, la sua impresentabilità<br />
sociale, per arrivare a manipolazioni, anche violente, del corpo<br />
per renderlo adeguato alle aspettative ideali interiorizzate durante i<br />
primi dieci anni di vita. Si <strong>tra</strong>tta di una questione importante, in<br />
quanto mentalizzare il nuovo corpo, quindi la costruzione nella propria<br />
mente di un’immagine coerente con la realtà biologica e il funzionamento<br />
del nuovo corpo, è una questione singolarmente complessa<br />
e difficile.<br />
In un momento in cui la pressione socioeducativa, culturale ed etica<br />
nei confronti del corpo del desiderio e del piacere diminuisce il senso<br />
di colpa e rende più facile l’accesso alla sessualità; paradossalmente è<br />
in questo periodo che gli adolescenti non accettano il proprio corpo,<br />
quello postpuberale, per motivi differenti rispetto a quelli delle generazioni<br />
precedenti. Non c’è più la colpa, c’è la vergogna. Si <strong>tra</strong>tta di un<br />
cambiamento importante, perché bisogna aiutare i ragazzi a gestire la<br />
colpa, a mettere a fuoco i meccanismi che consentono l’assoluzione<br />
della colpa come la riparazione, la creatività, il chiedere scusa, il riabilitarsi<br />
in qualche modo grazie all’at<strong>tra</strong>versamento dell’area della<br />
punizione, dell’area del castigo e dell’area della sottomissione.<br />
Sappiamo che la gestione della colpa è un affare relativamente semplice,<br />
per il quale la nos<strong>tra</strong> <strong>tra</strong>dizione culturale è molto attrezzata;<br />
mentre la gestione della vergogna, passione umana che attualmente<br />
domina una frangia importante di adolescenti, è un affare complicato<br />
perché la vergogna non riguarda più una singola azione o compor-<br />
I nuovi adolescenti in famiglia e a scuola<br />
77
tamento ma il valore e la bellezza del sé, e i ragazzi temono di essere<br />
mortificati o che il loro stesso corpo con il solo apparire nella scena<br />
sociale li umili e li esponga a situazioni di vergogna. Siamo di fronte a<br />
un problema importante perché la vergogna riguarda il valore del sé,<br />
la bellezza della persona in quanto tale e risulta dunque una questione<br />
di difficile soluzione.<br />
I sistemi per uscire dalla condizione di vergogna purtroppo comportano<br />
generalmente soluzioni piuttosto violente, per esempio imporsi<br />
all’attenzione: se si ha paura di essere invisibili e ci si vergogna rispetto<br />
agli ideali interni, occorrerà fare qualcosa per uscire da questa<br />
situazione vissuta come profondamente vergognosa e imporsi all’attenzione<br />
generale. Le s<strong>tra</strong>de per ottenere questo effetto sono lunghe e<br />
laboriose, prevedono allenamenti, mediazioni che comportano fatica;<br />
in alternativa alcuni ragazzi scelgono di indossare delle maschere<br />
da cattivi, facendo così dei passi avanti sul piano della notorietà e<br />
della visibilità scolastica e sociale, oppure ricorrendo ad altre s<strong>tra</strong>tegie<br />
più rischiose.<br />
Studiando la qualità della relazione degli adolescenti con il corpo si<br />
giunge alla conclusione che oggi prevalga un sentimento di vergogna,<br />
trovandoci quindi nell’area dell’estetica e non più dell’etica, e che la<br />
sessualità abbia smesso di essere la regista del disagio adolescenziale.<br />
Si sono aggiunti problemi diversi relativi alla socialità, la visibilità, la<br />
gruppalità, l’accesso alla dimensione del futuro; per questo motivo<br />
educatori e genitori si trovano a dover gestire vergogna e non colpa,<br />
bisogno di socialità e non quello di soddisfazione sessuale.<br />
Sulla scena della relazione educativa con l’adolescente compaiono<br />
nuovi modelli di corporeità adolescenziale. Appaiono dei corpi che<br />
acquistano importanza particolare: per esempio il corpo può comunicare<br />
al sé e ai coetanei, perché è una cen<strong>tra</strong>le simbolica perennemente<br />
in funzione; può parlare di sé agli altri, comunicare la propria<br />
identità o le differenze, per mettere in scena qualche verità interiore<br />
che deve apparire at<strong>tra</strong>verso l’uso della corporeità, per esempio at<strong>tra</strong>verso<br />
la gestione dell’abbigliamento e del trucco.<br />
Attualmente si lavora soprattutto sulla pelle, interfaccia con l’ambiente,<br />
usata dagli adolescenti per parlare con gli altri. Questo è un<br />
motivo per cui i ragazzi decidono di farsi dei piercing o dei tatuaggi,<br />
di scolpire le masse muscolari. Il corpo sociale emette dei segnali che<br />
devono essere intercettati dagli altri del gruppo, togliendo così la<br />
78 L’adolescenza <strong>tra</strong> <strong>metamorfosi</strong> e <strong>breakdown</strong> evolutivo
capacità di comprensione agli adulti. Si <strong>tra</strong>tta di tendenze che non<br />
vogliono segnalare disagio o atteggiamenti ostili, ma rappresentano<br />
una modalità di impreziosire il sé corporeo. Dipende da che significato<br />
diamo a questa pratica narcisistica diffusa.<br />
Occorre ricordare che c’è anche un altro corpo, oltre quello sociale di<br />
cui sopra abbiamo parlato: quello alimentare. Questo corpo, magro o<br />
grasso, cancella le altre dimensioni e si impone prepotentemente<br />
suscitando passioni di forte intensità. Il sentimento provato da quelle<br />
ragazze che si mettono a dieta, perché per loro la magrezza rappresenta<br />
la bellezza della persona, può essere lancinante di vergogna. Il<br />
corpo non mentalizzato non coincide con il sé, non è l’ambiente biologico<br />
in cui vive l’anima, l’adolescente se lo porta dietro ma non<br />
coincide con il sé mentale, e per questi motivi ne si può fare ciò che si<br />
vuole. Per questa ragione soprattutto le ragazze arrivano a procurarsi<br />
dei piccoli tagli superficiali sulla pelle per <strong>tra</strong>sformare il dolore mentale,<br />
privo di nome, in dolore fisico prodotto attivamente.<br />
La diffusione dei tentativi di suicidio ha come presupposto un corpo<br />
disponibile, non mentalizzato, che funziona come oggetto <strong>tra</strong>nsazionale.<br />
La comparsa di corpi differenti e l’importanza minore del corpo erotico<br />
e generativo incidono nell’area dei motivi per i quali compaiono<br />
successivamente comportamenti a rischio: autolesionismo, comportamenti<br />
della condotta alimentare, tendenze suicide, ecc.<br />
Ci si chiede perché il corpo postpuberale non viene mentalizzato ma<br />
guardato con rifiuto e <strong>tra</strong>ttato male, facendo fallire ogni esperienza di<br />
natura informativa di prevenzione.<br />
Una ragione è che il corpo postpuberale appare deludente agli occhi<br />
dell’adolescente, troppo fragile narcisisticamente per tollerare un<br />
corpo che si avrà per sempre, che con il tempo invecchierà fino alla<br />
sua morte.<br />
Se il ragazzo non accetta il suo corpo, attua delle s<strong>tra</strong>tegie per modificarlo,<br />
in quanto in lui c’è già stata una maturazione mentale e psichica<br />
che precede la maturazione biologica. In età prepuberale si sviluppano<br />
dei valori rispetto all’identità maschile o femminile, c’è una<br />
certa precocità nella definizione dei valori, delle aspettative, degli<br />
ideali da seguire. I modelli per i bambini che frequentano le scuole<br />
elementari non sono i genitori ma gli adolescenti; si aggiunge inoltre<br />
un’istigazione narcisistica familiare: il genitore esorta infatti il proprio<br />
I nuovi adolescenti in famiglia e a scuola<br />
79
figlio ad affermare subito la propria identità, at<strong>tra</strong>verso la scelta degli<br />
amici, del look, ecc.<br />
Il gruppo dei coetanei esercita una forte pressione sulla mente<br />
en<strong>tra</strong>ndovi in profondità, e il gruppo classe, oltre a puntare sull’integrazione,<br />
si impegna nella caratterizzazione del gruppo stesso. Per far<br />
parte di quest’ultimo è fondamentale chiarire le proprie scelte.<br />
I mass media risultano avere una forte pressione, ricercano cosa<br />
vogliono i ragazzi e propongono dei modelli.<br />
In conclusione possiamo dire che nella mente dei preadolescenti si<br />
s<strong>tra</strong>tificano degli ideali di genere molto crudeli che provengono da<br />
più direzioni ma coincidono. Quando avviene la modificazione del<br />
corpo puberale, il ragazzo ne rimane deluso e decide di modificarlo<br />
con manipolazioni quali dieta, trucco, piercing, tatuaggi, ecc. Deve<br />
inoltre imparare a gestire il corpo stesso e collaudarlo nell’area della<br />
sessualità, dell’intimità e della confidenza. Come abbiamo visto il<br />
problema è contenuto all’interno del modello educativo: i ragazzi,<br />
infatti, crescono in un contesto in cui li si istiga a un debutto precoce<br />
nell’area dei comportamenti sociali. Ai ragazzi viene dato il messaggio<br />
secondo cui si è belli solo se si coincide con il modello presentato. Ma<br />
non essendo ancora uomo o donna, l’adolescente prova vergogna<br />
della sua inadeguatezza rispetto alla propria corporeità che non soddisfa<br />
le sue aspettative.<br />
Questi ideali crudeli hanno aumentato le richieste di consultazioni su<br />
determinati temi, come per esempio la dismorfofobia, cioè la fobia<br />
rispetto alle proprie sembianze corporee, o la fobia della scuola per<br />
cui ragazzi molto bravi scolasticamente non riescono a frequentare la<br />
scuola a causa del sentimento di vergogna che provano del loro corpo.<br />
Risulta fondamentale occuparsi della fragilità dei narcisistici, partendo<br />
dalla superficie, il corpo, fino ad arrivare alla fragilità, così da ritrovare<br />
una bellezza compatibile a garantire la socialità e l’amore.<br />
Gustavo Pietropolli Charmet<br />
80 L’adolescenza <strong>tra</strong> <strong>metamorfosi</strong> e <strong>breakdown</strong> evolutivo
Comunicazioni e relazioni<br />
virtuali<br />
di Matteo Lancini
Vi presento una breve sintesi dei risultati emersi da una ricerca<br />
condotta insieme ad alcuni colleghi dell’Istituto Minotauro di<br />
Milano. Lo studio riguarda la relazione in<strong>tra</strong>ttenuta dagli adolescenti<br />
con alcuni dei più diffusi strumenti di comunicazione tecnologica: il<br />
telefono cellulare, con particolare attenzione agli sms e agli “squilli”, e<br />
il programma di istant messaging messenger.<br />
Spero che i dati della fase qualitativa che vi presenterò possano essere<br />
di qualche utilità per favorire la riflessione intorno a questo importante<br />
tema. Oltre a comprendere le novità negli usi degli adolescenti, ciò<br />
che ci interessava era contribuire in qualche modo a un’azione culturale<br />
di comprensione dell’utilizzo di questi strumenti che altrimenti<br />
rischia d’essere governata dalla sottocultura massmediatica o di rimanere<br />
sotto la regia di altre discipline che non sempre hanno la capacità<br />
di cogliere gli aspetti più profondi, articolati e complessi che animano i<br />
comportamenti della crescita adolescenziale. È interessante approfondire<br />
queste novità, non solo come facenti parte della cultura giovanile,<br />
ma anche in una prospettiva preventiva; e cercare di comprendere che<br />
tipo di prevenzione si possa attuare rispetto a questi strumenti tecnologici,<br />
evitando di ripetere gli errori commessi in passato, per esempio<br />
con le pubblicità preventive riguardanti l’uso di sostanze stupefacenti<br />
che non hanno dato i risultati sperati perché non adeguate.<br />
L’allarme che in questi ultimi anni abbiamo sentito risuonare rispetto<br />
all’utilizzo di nuove tecnologie ci ha spinto a realizzare una ricerca per<br />
meglio comprendere cosa rappresenti questo utilizzo nel quadro<br />
delle esigenze evolutive adolescenziali e come venga rappresentato<br />
dalla popolazione giovanile. È importante che gli interventi preventivi<br />
si fondino su una conoscenza delle ragioni affettive profonde che<br />
spingono nella direzione di pratiche spesso pericolose in adolescenza.<br />
Occorre partire dai dati per poter attuare politiche utili e realmente<br />
efficaci, che devono tenere conto delle motivazioni profonde, sottostanti<br />
e complesse che governano i comportamenti adolescenziali.<br />
82 L’adolescenza <strong>tra</strong> <strong>metamorfosi</strong> e <strong>breakdown</strong> evolutivo
La preoccupazione degli adulti rispetto all’utilizzo degli strumenti<br />
tecnologici si distinguono in rischi che potremmo definire esterni,<br />
relativi ai contatti in<strong>tra</strong>ttenuti con interlocutori ignoti in rete, e rischi<br />
interni, riguardanti l’uso personale che si fa di questi strumenti.<br />
Cellulare e computer possono essere utilizzati in maniera funzionale<br />
o disfunzionale rispetto al processo di crescita, e in questa ricerca ci si<br />
è soffermati soprattutto sui rischi interni.<br />
Questi strumenti sembrano evocare l’utilizzo di altre forme di prolungamento<br />
del sé adolescenziale. La domanda che ci si è posti è se questi<br />
strumenti siano al servizio dei processi separativi e individuativi, della<br />
mentalizzazione del corpo, della nascita come soggetti sociali, o se si<br />
<strong>tra</strong>tti di strumenti utilizzati in modo regressivo, dipendente e dunque<br />
antievolutivo. Questo tema riguarda il singolo adolescente ma è anche<br />
una prospettiva per attuare interventi preventivi in senso più ampio.<br />
La prima fase qualitativa della ricerca ha interessato circa 500 ragazzi<br />
all’interno del gruppo classe, ai quali è stato anche chiesto di <strong>tra</strong>scrivere<br />
i messaggi (sms) significativi e antichi conservati nella memoria.<br />
Nella seconda fase quantitativa, sulla base di quanto emerso nella fase<br />
precedente, è stato elaborato un questionario sottoposto all’attenzione<br />
di 1100 ragazzi. Di seguito sintetizzo punti alcuni dei dati qualitativi<br />
emersi.<br />
Dall’analisi dei dati emerge come tendenzialmente i ragazzi siano consapevoli<br />
dei limiti degli strumenti usati, comprendono infatti come la<br />
comunicazione reale non possa avvenire at<strong>tra</strong>verso il computer, ma lo<br />
considerano comunque un’opportunità per restare sempre in contatto<br />
con gli altri. L’abitudine di tenere sempre acceso il telefono cellulare<br />
o il computer rappresenta un modo per mantenersi in relazione con<br />
la propria famiglia sociale, ossia il gruppo di amici, e ha inoltre funzione<br />
consolatoria quando si vivono momenti di noia e tristezza.<br />
Nel corso del processo di separazione-individuazione si inserisce l’utilizzo<br />
degli strumenti della comunicazione mediata tecnologicamente,<br />
quasi questi rappresentassero un oggetto <strong>tra</strong>nsizionale virtuale. Il<br />
telefono cellulare, per esempio, viene regalato dai genitori in modo che<br />
il figlio resti sempre in contatto con loro anche mentre avviene il<br />
distacco. Prende forma dunque un nuovo modo di stare in contatto e<br />
soprattutto messenger sembra rappresentare per i ragazzi un luogo<br />
dove si scambiano idee, opinioni, si esprimono stati d’animo. È un<br />
“luogo” molto frequentato dove i ragazzi approfondiscono conoscen-<br />
Comunicazioni e relazioni virtuali<br />
83
ze e che ricorda il parco delle vecchie generazioni. In molti casi si <strong>tra</strong>tta<br />
di un luogo virtuale dove i ragazzi si sentono più liberi, riuscendo<br />
così a parlare delle proprie emozioni, degli stati d’animo e degli argomenti<br />
più delicati e privati. Per i più introversi ciò risulta indubbiamente<br />
vantaggioso: chattare sembra dare maggiore sicurezza nelle<br />
relazioni, promuovere maggiore fiducia nella proprie capacità relazionali<br />
e consente di accedere in modo protetto alle reazioni degli altri. Si<br />
<strong>tra</strong>tta di un periodo preparatorio, protetto, schermato dal monitor del<br />
computer, in cui si mettono alla prova le prime competenze.<br />
L’utilizzo delle sessioni multiple consente di sperimentare virtualmente<br />
la dimensione del gruppo, di sentirsi cercati, di essere ascoltati<br />
da qualcuno, di partecipare a un’elaborazione collettiva del tema al<br />
centro della discussione. Per alcuni si <strong>tra</strong>tta dunque di una sperimentazione<br />
e di un’acquisizione di maggior sicurezza che può essere successivamente<br />
spesa nel mondo reale. Quando non si è ancora pronti<br />
ad affrontare la reazione diretta degli altri, si utilizzano questi strumenti<br />
per poter vedere le reazioni degli altri, degli amici.<br />
Messenger rappresenta un luogo in cui sperimentare i “plurimi sé”<br />
che caratterizzano la fase evolutiva adolescenziale, in vista della<br />
costruzione della propria identità e di un senso di sé più solido e integrato.<br />
L’utilizzo di questo strumento è una possibile espressione di sé,<br />
di un sé in continua evoluzione; ci si mette alla prova, si sperimentano<br />
sé differenti, anche quelli che ancora non si è pronti a presentare<br />
al mondo esterno. Inoltre i messaggi e le conversazioni che vengono<br />
conservati nella memoria del telefono o del computer danno la possibilità<br />
di creare un’area dove fermare i pensieri; mentre si crea il proprio<br />
sé si ha una memoria dei diversi sé sperimentati in precedenza,<br />
così da avere una continuità del sé. La memoria degli strumenti è una<br />
sorta di prolungamento della propria e qui il ricordo è più vivo e tangibile;<br />
poter rileggere un messaggio importante può far rivivere le<br />
emozioni provate e apportare un rifornimento narcisistico.<br />
Nella relazione di coppia si predilige l’uso dei messaggi <strong>tra</strong>mite il<br />
telefono. L’sms inviato alla persona amata richiede del tempo per<br />
essere scritto, non può e non deve essere banale e deve giungere a<br />
destinazione in tempi veloci.<br />
Per quanto riguarda i genitori, il cellulare è regalato da mamma e papà<br />
che credono così di avere un controllo sui figli, ma questi gradualmente<br />
acquistano maggiore autonomia nell’utilizzarlo. L’alfabetizzazione<br />
84 L’adolescenza <strong>tra</strong> <strong>metamorfosi</strong> e <strong>breakdown</strong> evolutivo
degli strumenti avviene al con<strong>tra</strong>rio, per cui i ragazzi ne hanno un controllo<br />
maggiore. In sintesi, la comunicazione at<strong>tra</strong>verso telefono e<br />
computer è spesso considerata negativamente dagli adulti e dai mass<br />
media, ma in realtà può anche svolgere una funzione di sostegno alla<br />
crescita e alla realizzazione dei compiti evolutivi adolescenziali.<br />
Il ragazzo vede il proprio corpo modificarsi e si impegna per renderlo<br />
più presentabile all’altro; il telefono e il computer sono strumenti che,<br />
in questo senso, possono servire a sperimentare le proprie prime<br />
capacità relazionali con l’altro. Un’area intermedia di espressione per<br />
sperimentare il sé può facilitare l’en<strong>tra</strong>ta successiva nel contesto fisico<br />
reale e favorire l’incontro con l’altro, con i coetanei. Come emerge<br />
dal lavoro clinico effettuato in questi anni con gli adolescenti, è come<br />
se l’essere en<strong>tra</strong>to in contatto con l’altro prima nella mente, at<strong>tra</strong>verso<br />
l’utilizzo di quest’area intermedia d’espressione e sperimentazione<br />
di sé virtuale, possa in alcuni casi facilitare l’ingresso nell’area del<br />
contatto fisico vero e proprio.<br />
Questi strumenti sono usati dalle nuove generazioni in maniera rapida<br />
e fisiologica e la loro fruizione è da considerare parte di una dinamica<br />
che risponde a esigenze evolutive proprie degli adolescenti<br />
odierni alle prese con compiti evolutivi specifici, ma con a disposizione<br />
un contesto di vita anche virtuale.<br />
Compito degli adulti è dunque quello di non condannare ideologicamente<br />
l’utilizzo di questi strumenti e di queste forme di comunicazione<br />
mediata tecnologicamente, ma allo stesso modo non si deve<br />
assolutamente aderire seduttivamente o sottovalutare i rischi o gli<br />
effetti sul processo di crescita.<br />
Dal punto di vista clinico è importante che con il singolo ragazzo<br />
venga approfondito il privatissimo modo in cui l’adolescente utilizza<br />
questi strumenti, in direzione evolutiva o antievolutiva, in funzione<br />
del mantenimento o meno del proprio equilibrio narcisistico.<br />
Matteo Lancini<br />
Bibliografia<br />
M. Lancini, L. Turuani, Sempre in contatto. Relazioni virtuali in adolescenza.<br />
FrancoAngeli, Milano, 2009.<br />
Comunicazioni e relazioni virtuali<br />
85
Problematiche adolescenziali:<br />
s<strong>tra</strong>tegie di intervento<br />
Tavola rotonda<br />
Chairman: Paolo Piergentili
Paolo Piergentili<br />
Inizio con due riflessioni, la prima riguardante la tipologia d’intervento<br />
da effettuare, la seconda inerente la prevenzione.<br />
Se da un lato è necessario un intervento terapeutico per l’aspetto<br />
patologico della <strong>tra</strong>sformazione, dall’altro lato va ricordato che la <strong>tra</strong>sformazione<br />
interessa l’intera società guidata da un’evoluzione tecnologica.<br />
È fondamentale tener presente che se si vuole evitare il verificarsi di<br />
determinate situazioni occorre attivare un lavoro di rete che veda la<br />
partecipazione di tutti.<br />
<br />
Giorgio Tamburlini<br />
Vista la precocità di alcuni comportamenti e percorsi, è evidente<br />
che la prevenzione andrebbe attivata già nei primi anni di vita, e<br />
risulterebbe ancor più efficace se se ne parlasse prima della nascita<br />
del bambino.<br />
Oggi si notano un certo smarrimento e una richiesta da parte di tutti<br />
gli operatori. Si verificano un numero maggiore, rispetto al passato,<br />
di situazioni di isolamento dovute alla mancanza di strumenti;<br />
occorre fornire ai genitori nuovi strumenti di supporto perché riescano<br />
a costruire quelle relazioni e quegli schemi mentali nel bambino<br />
che gli permettono una considerazione di sé in rapporto al<br />
mondo e che con l’avanzare del tempo risulteranno sempre più difficili<br />
da modificare.<br />
Da qualche anno a Trieste ci stiamo occupando di quest’ultimo aspet-<br />
88 L’adolescenza <strong>tra</strong> <strong>metamorfosi</strong> e <strong>breakdown</strong> evolutivo
to, cercando di capire quali sono gli strumenti e le modalità per realizzare<br />
ciò, tenendo conto di un aspetto molto importante come la<br />
limitatezza delle risorse che abbiamo a disposizione. Non ho dubbi<br />
che con molto personale, capacità e risorse riusciremmo con maggior<br />
probabilità a risolvere il problema.<br />
Il primo punto si riferisce dunque ai neogenitori e riguarda il “quando”,<br />
il periodo durante il quale è opportuno intervenire.<br />
Il “dove” non riguarda solo i servizi: qui è importante dare una risposta<br />
immediata, occorre essere presenti come insieme di servizi, non<br />
solo sanitari ma anche educativi, nei luoghi dove avviene la comunicazione,<br />
nei luoghi in cui si creano i problemi e dove si possono trovare<br />
le risposte. Credo si debba lavorare di più, rispetto al passato, in<br />
tutte quelle comunità (educative, sportive, ecc.) dove c’è la presenza<br />
di ragazzi, per offrire a chi di loro non verrà successivamente ai servizi<br />
una risposta immediata.<br />
Quest’ultimo aspetto comporta la presenza di figure professionali con<br />
diversa formazione e nuove figure professionali: si <strong>tra</strong>tta del “chi”. Per<br />
dare una risposta immediata c’è bisogno di personale specificamente<br />
competente. Il personale della nos<strong>tra</strong> struttura sanitaria di risposta è<br />
stato formato rispetto ai bisogni di trenta, quaranta anni fa, quando il<br />
principale problema erano le malattie. Oggi questo problema è inferiore<br />
rispetto al passato; ci confrontiamo con questa dimensione dei<br />
problemi ed evidentemente abbiamo bisogno delle stesse figure con<br />
una diversa formazione e di nuove figure. Dal mio punto di vista l’evoluzione<br />
dei servizi per l’infanzia vede meno pediatri e specialisti, e<br />
più figure di collegamento che abbiano capacità di recarsi a domicilio,<br />
di lavorare con le famiglie, che abbiano buone competenze sugli<br />
aspetti comunicativi, che siano in grado di comprendere la situazione,<br />
che abbiano una capacità multidimensionale d’intervento e che<br />
naturalmente siano in grado di lavorare in rete con i professionisti<br />
specifici.<br />
Occorre prendere in mano questa rapida <strong>tra</strong>sformazione anche in<br />
sanità, così da renderci conto che il sistema è strutturato sui bisogni<br />
di trenta, quaranta anni fa.<br />
Gli operatori che si prendono cura dei ragazzi devono essere in grado<br />
di usare i nuovi strumenti tecnologici.<br />
<br />
Problematiche adolescenziali: s<strong>tra</strong>tegie di intervento<br />
89
Marco Carrozzi<br />
Un aspetto fondamentale a mio parere riguarda non tanto i fattori<br />
di rischio, quanto il mettere in grado i ragazzi di affrontare i<br />
momenti di maggior stress.<br />
I ragazzi vanno posti nelle condizioni in cui sappiano gestire le situazioni<br />
caratterizzanti l’adolescenza: una volta individuati i fattori di<br />
rischio è importante lavorare sulle loro competenze comunicative.<br />
Per quanto riguarda la prevenzione primaria, di fondamentale importanza<br />
è la formazione degli operatori della scuola, delle agenzie sociali<br />
e della sanità. Atti di prevenzione come il lavoro sui gruppi di pari<br />
per aumentare le competenze comunicative, il controllo dei mezzi<br />
con cui i ragazzi possono farsi male e la discussione in classe di alcune<br />
tematiche coinvolgono tutti, scuola e non, e rappresentano un<br />
lavoro volto all’identificazione dei possibili fattori di rischio. Allo stesso<br />
tempo si riescono a evidenziare i fattori protettivi sui quali lavorare<br />
successivamente.<br />
<br />
Tiziana Martuscelli<br />
Approfondisco due questioni. La prima riguarda la prevenzione<br />
primaria. Nell’Azienda n. 6, come in tutto il resto della Regione, i<br />
consultori familiari e i punti nascita si stanno muovendo in sinergia,<br />
anche se non ancora in modo capillare, nel prevenire il più precocemente<br />
possibile le situazioni di disagio. La nascita è una “fines<strong>tra</strong> di<br />
plasticità” nella vita di una famiglia e il Percorso nascita, con tutti i<br />
suoi servizi, cerca di en<strong>tra</strong>re at<strong>tra</strong>verso questa fines<strong>tra</strong> perché è un<br />
pertugio “a tempo” che tenderà rapidamente a chiudersi, cristallizzando<br />
le relazioni. Intervenire precocemente nelle relazioni di attaccamento<br />
madre-bambino disturbate significa evitare che la forbice<br />
del disagio si apra, con costi umani e sociali enormi.<br />
Un secondo aspetto su cui desidero soffermarmi riguarda la rapidità<br />
dei servizi. Fortunatamente si parla di una percentuale limitata di<br />
ragazzi che stanno male, ma su questi numeri è importante interve-<br />
90 L’adolescenza <strong>tra</strong> <strong>metamorfosi</strong> e <strong>breakdown</strong> evolutivo
nire il prima possibile. Da quattro anni, nell’Azienda 6, ci siamo<br />
attrezzati per rendere il più possibile veloce la risposta alla richiesta,<br />
in particolar modo se giunge da un ragazzo o dai suoi genitori. Il <strong>tra</strong>scorrere<br />
di troppo tempo può mutare la situazione e rendere il ragazzo<br />
non più disponibile all’aiuto o più difficilmente recuperabile.<br />
Sono fondamentali le risorse a disposizione, la loro messa in rete, la<br />
collaborazione con il mondo che ruota attorno ai ragazzi, altrimenti<br />
c’è una dispersione di energie in percorsi paralleli. Le risorse sono<br />
poche ovunque ma, se mirate a obiettivi comuni, possono essere<br />
modulate in maniera diversa. Le nuove generazioni e soprattutto le<br />
nuove famiglie hanno bisogno di ricevere dei supporti sistematici, ma<br />
soprattutto pluriprofessionali.<br />
<br />
Matteo Lancini<br />
Le nuove forme di comunicazione dei giovani mettono al riparo<br />
quei ragazzi che non vogliono uscire e restano chiusi in casa.<br />
A disposizione dei ragazzi ci sono strumenti che, se utilizzati in<br />
maniera corretta e non patologica, possono rappresentare una forma<br />
di comunicazione sempre a disposizione; sono gli stessi genitori a fornire<br />
questi strumenti ai propri figli. Pongo come spunto di riflessione<br />
la mia partecipazione a un programma volto alla prevenzione della<br />
diffusione della sieropositività.<br />
Negli anni sono state condotte diverse ricerche; in Lombardia si è<br />
notato come la diffusione avvenga per contagio eterosessuale. L’idea<br />
è stata quella di en<strong>tra</strong>re nella rete virtuale e <strong>tra</strong>mite essa inviare dei<br />
messaggi di prevenzione; è importante quindi attuare delle pratiche<br />
che vedano i ragazzi come protagonisti attivi in rete e che li riescano<br />
a mettere al riparo dai rischi.<br />
Un altro aspetto importante riguarda l’alleanza <strong>tra</strong> scuola e famiglia;<br />
ci sono delle emergenze educative in Italia, per esempio la riformulazione<br />
del patto scuola-famiglia.<br />
Interventi di prevenzione primaria e secondaria riguardanti il bullismo<br />
si muovono all’interno di un progetto di rete ampio, così da riu-<br />
Problematiche adolescenziali: s<strong>tra</strong>tegie di intervento<br />
91
scire ad aiutare famiglia e scuola a non screditarsi ma a en<strong>tra</strong>re in contatto<br />
e dare risposte basate su una nuova alleanza educativa. Ciò è<br />
possibile e ha una ricaduta significativa sul processo di crescita dei<br />
ragazzi.<br />
<br />
Gustavo Pietropolli Charmet<br />
Sulle idee guida che hanno animato gli interventi precedenti ritengo<br />
che, progettando la rete dei servizi che potrebbero presidiare il<br />
passaggio dall’infanzia alla vita adulta, quindi l’adolescenza, è naturale<br />
partire dall’ipotesi che il principale fattore di rischio, statisticamente<br />
individuato rispetto alla tossicodipendenza, ai disturbi nella<br />
condotta alimentare, alla devianza minorile e ai suicidi, sia avere<br />
quell’età. Per questo motivo i servizi dovrebbero tenere in considerazione<br />
quest’ultimo fattore e non l’indice delle sofferenze psichiatriche<br />
o sociali riportate nei testi relativi all’argomento.<br />
Puntare sull’età risulta importante perché la diagnosi durante l’adolescenza<br />
è impossibile, l’età è la regista e non la singola psicopatologia.<br />
C’è una mutevolezza delle manifestazioni tale da farci preferire un<br />
servizio improntato sull’età piuttosto che sulla sintomatologia.<br />
I colleghi che lavorano in neuropsichiatria, nei consultori, ecc.,<br />
lamentano di non riuscire a stabilire un contatto con l’universo giovanile,<br />
il quale ha bisogno d’essere appoggiato dal punto di vista educativo.<br />
È difficile contattarli perché partono da un assetto istituzionale<br />
che non è coerente con le aspettative degli utenti.<br />
Nel costruire una rete, operatori del consultorio, della neuropsichiatria,<br />
ecc., si trovano a fronteggiare problemi di una certa fascia d’età,<br />
ognuno con le proprie competenze; non si <strong>tra</strong>tta di una collaborazione<br />
facile ma si otterranno indubbiamente risultati positivi.<br />
Si ha un riscontro positivo anche dal punto di vista dell’igiene mentale<br />
degli operatori.<br />
È fondamentale aggregarsi per tutelare il processo di crescita, perché<br />
l’adolescente vive in uno spazio psichico allargato, in base alla persona<br />
con cui si rapporta (mamma, papà, amici). Solo con un intervento<br />
92 L’adolescenza <strong>tra</strong> <strong>metamorfosi</strong> e <strong>breakdown</strong> evolutivo
di contesto si riesce a lavorare sulla mente, sul corpo e sul sentimento<br />
di identità. L’adolescente è orientato al futuro, del passato non gli<br />
importa poi molto.<br />
<br />
Problematiche adolescenziali: s<strong>tra</strong>tegie di intervento<br />
93
I PARTECIPANTI<br />
Renata Aliverti, medico neuropsichia<strong>tra</strong> infantile; struttura organizzativa<br />
complessa di neuropsichiatria infantile e neurologia pediatrica,<br />
Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico “Burlo Garofolo”, Trieste<br />
Sara Battistutta, psicologa; struttura organizzativa complessa di neuropsichiatria<br />
infantile e neurologia pediatrica, Istituto di ricovero e cura a<br />
carattere scientifico “Burlo Garofolo”, Trieste<br />
Marco Carrozzi, neuropsichia<strong>tra</strong> infantile; struttura organizzativa complessa<br />
di neuropsichiatria infantile e neurologia pediatrica, Istituto di<br />
ricovero e cura a carattere scientifico “Burlo Garofolo”, Trieste<br />
Angelo Cassin, medico psichia<strong>tra</strong>; responsabile Dipartimento di salute<br />
mentale, Azienda per i servizi sanitari n. 6 “<strong>Friuli</strong> <strong>Occidentale</strong>”<br />
Silvana Cremaschi, servizio di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza,<br />
Azienda per i servizi sanitari n. 4 “Medio <strong>Friuli</strong>”<br />
Nicola Delli Quadri, Direttore generale Azienda per i servizi sanitari n. 6<br />
“<strong>Friuli</strong> <strong>Occidentale</strong>”<br />
Fulvio Kette, medico, responsabile Pronto soccorso Ospedale civile San<br />
Vito al Tagliamento, Azienda per i servizi sanitari n. 6 “<strong>Friuli</strong> <strong>Occidentale</strong>”<br />
Matteo Lancini, psicologo e psicoterapeuta, Istituto Minotauro, Milano;<br />
professore incaricato di psicologia dell’adolescenza, Università Milano-<br />
Bicocca<br />
Guido Lucchini, medico di medicina generale, Aviano (PN), Azienda per<br />
i servizi sanitari n. 6 “<strong>Friuli</strong> <strong>Occidentale</strong>”; esecutivo Centro regionale delle<br />
cure primarie del <strong>Friuli</strong> Venezia Giulia<br />
Tiziana Martuscelli, psicologa e psicoterapeuta; coordinatrice Progetto<br />
Interservizi Adolescenti e responsabile Consultori familiari dei Distretti<br />
Est e Sud, Azienda per i servizi sanitari n. 6 “<strong>Friuli</strong> <strong>Occidentale</strong>”
Willy Pierre Mercante, direttore anestesia rianimazione e terapia intensiva;<br />
direttore Dipartimento di urgenza-emergenza e cure intensive,<br />
Azienda ospedaliera “Santa Maria degli Angeli”, Pordenone<br />
Paolo Piergentili, direttore sanitario Azienda per i servizi sanitari n. 6<br />
“<strong>Friuli</strong> <strong>Occidentale</strong>”<br />
Gustavo Pietropolli Charmet, psichia<strong>tra</strong>, presidente Istituto Minotauro,<br />
Milano<br />
Nicola Salerno, psicologo e psicoterapeuta, Dipartimento di salute mentale,<br />
Azienda per i servizi sanitari n. 6 “<strong>Friuli</strong> <strong>Occidentale</strong>”<br />
Giorgio Tamburlini, medico pedia<strong>tra</strong>, direttore scientifico Istituto di<br />
ricovero e cura a carattere scientifico “Burlo Garofolo”, Trieste<br />
Caterina Zanus, medico; struttura organizzativa complessa di neuropsichiatria<br />
infantile e neurologia pediatrica, Istituto di ricovero e cura a<br />
carattere scientifico “Burlo Garofolo”, Trieste<br />
Si ringrazia Enrica Cappellari per la <strong>tra</strong>scrizione di alcune relazioni<br />
presenti nella pubblicazione
Finito di stampare nel mese di marzo 2010<br />
da Iacobelli, Via Catania 8, Pavona di Albano Laziale (Roma)