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Forza centripeta e gravitazione 1. Il moto circolare - francescopoli.net

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Capitolo<br />

7<br />

<strong>Forza</strong> <strong>centripeta</strong> e<br />

<strong>gravitazione</strong><br />

<strong>1.</strong> <strong>Il</strong> <strong>moto</strong> <strong>circolare</strong><br />

Quali sono le caratteristiche del <strong>moto</strong> <strong>circolare</strong><br />

Una particella si dice animata di <strong>moto</strong> <strong>circolare</strong> quando la sua traiettoria è una<br />

circonferenza. Lo studio di questo tipo di <strong>moto</strong> viene effettuato individuando<br />

due direzioni istantanee, cioè due rette orientate che cambiano ad ogni nuova<br />

lettura di cronometro. Si tratta della direzione radiale, lungo la semiretta che<br />

esce dal centro della circonferenza andando verso la posizione del punto che si<br />

sta muovendo; e della direzione tangenziale, sulla retta tangente alla<br />

circonferenza, orientata nel verso del <strong>moto</strong> e perpendicolare alla direzione<br />

radiale.<br />

Quali sono direzione e verso della velocità nel <strong>moto</strong> <strong>circolare</strong><br />

Quando una particella descrive una traiettoria curva, ed una circonferenza in<br />

particolare, per capire la direzione della velocità possiamo immaginare che<br />

d’improvviso scompaiano tutte le forze in azione. La particella si troverebbe<br />

allora nella condizione contemplata dalla legge d’inerzia, la quale prevede che<br />

in assenza di forze il <strong>moto</strong> segua una linea retta. Si tratta della retta tangente<br />

alla traiettoria, che per definizione viene assunta come direzione della velocità<br />

in quel dato istante.<br />

Che cosa sappiamo di sbagliato riguardo al <strong>moto</strong> <strong>circolare</strong><br />

Prima di iniziare l’analisi del <strong>moto</strong> <strong>circolare</strong>, è necessario rimuovere due idee<br />

errate che nei secoli si sono radicate, e che costituiscono un ostacolo alla<br />

comprensione di questo fenomeno.<br />

DIREZIONE<br />

TANGENZIALE<br />

ISTANTANEA<br />

<br />

v<br />

DIREZIONE<br />

RADIALE<br />

ISTANTANEA<br />

<br />

v<br />

1


prima idea errata: un oggetto può seguire una traiettoria <strong>circolare</strong> senza che vi<br />

sia un ” binario” di qualche tipo che lo costringa a farlo.<br />

seconda idea errata: un oggetto in <strong>moto</strong> <strong>circolare</strong> tende ad essere scagliato verso<br />

l’esterno, in direzione radiale, dall’azione di una forza detta “centrifuga”.<br />

<br />

v<br />

Perché occorre un “binario” per sostenere il <strong>moto</strong> <strong>circolare</strong><br />

La prima delle due concezioni errate risale agli antichi Greci, i quali ritenevano<br />

il <strong>moto</strong> <strong>circolare</strong> la traiettoria perfetta, perché pensavano fosse seguita dagli<br />

oggetti celesti. Essendo perfetta, la traiettoria <strong>circolare</strong> doveva essere una<br />

condizione naturale per i corpi, “incorruttibile”, cioè capace di sostenersi<br />

autonomamente ed immutabile nel tempo. Da Galileo in poi sappiamo che<br />

questo ruolo “privilegiato” spetta al <strong>moto</strong> rettilineo uniforme, il solo a<br />

proseguire indefinitamente senza che debba intervenire alcuna forza, e che per<br />

tale caratteristica viene addirittura considerato uno stato.<br />

Viceversa, muoversi lungo una traiettoria curva significa cambiare in ogni<br />

momento la direzione della velocità. Mutare velocità, anche se solo in direzione<br />

e non in intensità, vuol dire accelerare: una macchina che curvi con velocità di<br />

<br />

modulo costate v 30 Km/h , sta accelerando in direzione, anche se il<br />

<br />

v<br />

<br />

N<br />

<br />

N<br />

<br />

v<br />

tachimetro segna sempre lo stesso valore perché non sta accelerando in intensità.<br />

Poiché il secondo principio prevede che possa aver luogo un’accelerazione<br />

unicamente in presenza di una forza, ne deduciamo che nel <strong>moto</strong> <strong>circolare</strong><br />

occorre una forza anche solo per cambiare ogni istante la direzione alla velocità.<br />

Come vedremo nel dettaglio, si tratta di una forza in direzione radiale, che<br />

punta sempre verso il centro della circonferenza: ne sono esempi la forza<br />

normale esercitata da un binario curvo, oppure la tensione di una corda legata<br />

al centro della circonferenza. Nella figura a lato, là dove il binario (in un piano<br />

orizzontale) si interrompe, la pallina prosegue con un <strong>moto</strong> in linea retta lungo<br />

la direzione tangenziale istantanea, dato che è venuta meno la forza normale<br />

che la costringeva a curvare.<br />

<br />

v<br />

DIREZIONE<br />

RADIALE<br />

ISTANTANEA<br />

Perché non esiste una “forza centrifuga”<br />

Come sappiamo dalla terza legge della dinamica, non esistono forze solitarie, ma<br />

soltanto interazioni fra coppie di oggetti. Ogni forza deve avere due “attori”: un<br />

soggetto che la esercita (e che a sua volta subisce un’azione uguale e contraria), ed<br />

uno che la subisce. Ora, è nota a tutti la sensazione (illusoria) di essere scagliati verso<br />

l’esterno, in direzione radiale, quando la nostra auto percorre un arco di curva. Ma<br />

si deve escludere che questa sensazione sia dovuta all’azione di una forza,<br />

semplicemente perché non esiste alcun soggetto che esercita questa forza. Chi esercita la<br />

“forza centrifuga” Non c’è risposta a questa domanda.<br />

Un passeggero su di un’auto in curva crede di essere tirato verso l’esterno, ma in<br />

realtà mantiene soltanto la stessa direzione di velocità, che come abbiamo detto<br />

è in ogni istante tangente alla traiettoria <strong>circolare</strong>.<br />

Se non ci fosse l’auto egli volerebbe in direzione tangenziale non appena inizia la<br />

curva. Nel frattempo invece, la macchina gli si muove sotto ed intercetta<br />

continuamente la sua traiettoria rettilinea forzandolo verso il centro. Come si vede in<br />

figura, lo spostamento dell’auto crea una valutazione errata, per cui egli pensa di<br />

2


essere scagliato verso l’esterno, ed invece non sta seguendo affatto la direzione<br />

radiale istantanea. <strong>Il</strong> meccanismo è lo stesso di quando l’auto frena, ed il passeggero<br />

prosegue il <strong>moto</strong> in avanti con la medesima velocità di prima della frenata.<br />

Analogamente, quando l’auto accelera, al passeggero sembra di essere tirato<br />

indietro, ma sta solo proseguendo con la velocità che possedeva prima, mentre è<br />

l’auto ad aver cambiato stato di <strong>moto</strong>. Questa tendenza a proseguire il <strong>moto</strong> in<br />

direzione tangenziale è responsabile fra le altre cose, del rigonfiamento della<br />

circonferenza del nostro pia<strong>net</strong>a all’altezza dell’equatore, dove la velocità di<br />

rotazione è massima. Analogamente è il principio usato dalla “centrifuga” di una<br />

lavatrice per asciugare i panni. Come si vede dal disegno però, le goccioline di acqua<br />

non scappano in direzione radiale ma tangenziale, mentre il cestello continua a<br />

ruotare.<br />

goccia<br />

E’ necessario che agisca una forza anche lungo la direzione istantanea della velocità<br />

Immaginiamo la pallina di una roulette lanciata dal croupier. Inizialmente la<br />

pallina stava ferma, quindi la mano del croupier ha dovuto esercitare una forza<br />

per portarla fino ad avere velocità v . Come sappiamo dalla seconda legge<br />

della dinamica, da quel momento in poi, in assenza di qualsiasi attrito, non è<br />

più necessaria una forza nella direzione istantanea di v per mantenere la sua<br />

intensità v costante. D’altro canto non possiamo nemmeno escludere che una<br />

tale forza ci sia: ad esempio quando un’auto percorre una curva può farlo con<br />

velocità di modulo costante, ma anche accelerando in intensità. Allo stesso<br />

modo, quando tentiamo di produrre con la mano il <strong>moto</strong> <strong>circolare</strong> in un peso<br />

agganciato ad una corda, dobbiamo prima metterlo in <strong>moto</strong>, esercitando una<br />

forza nella direzione della velocità. Successivamente compiamo due azioni:<br />

mantenendo ferma la mano tiriamo la corda in modo da costringere il peso a<br />

descrivere la circonferenza, ed ogni tanto dovremo pure dare un colpetto nella<br />

direzione della velocità per compensare l’azione degli attriti e della gravità, che<br />

tendono a far diminuire l’intensità della velocità da noi inizialmente impressa.<br />

Nel seguito ci occuperemo della cinematica del <strong>moto</strong> <strong>circolare</strong> in cui l’intensità<br />

della velocità rimane costante, che chiameremo <strong>moto</strong> <strong>circolare</strong> uniforme. Nel<br />

<strong>moto</strong> <strong>circolare</strong> uniforme, ad essere costante è dunque solo v , mentre v <br />

cambia ogni istante direzione.<br />

B<br />

<br />

F<br />

<br />

v A<br />

s<br />

A<br />

<br />

F <br />

<br />

v<br />

r<br />

Come possiamo ricavare l’accelerazione lungo la direzione radiale<br />

Preso un punto in <strong>moto</strong> <strong>circolare</strong> uniforme di raggio r , consideriamo un arco<br />

di circonferenza AB, e l’intervallo di tempo t che occorre al punto per<br />

percorrerlo. In questo stesso tempo il raggio della circonferenza avrà<br />

“spazzato” l’angolo e la velocità avrà cambiato direzione passando da v A<br />

a<br />

<br />

v B<br />

<br />

<br />

v A<br />

<br />

<br />

O<br />

v . Poiché sia<br />

B<br />

v A<br />

che v B<br />

sono perpendicolari al raggio, se li riportiamo con<br />

un’origine comune, è immediato concludere che anche la velocità ha spazzato<br />

lo stesso angolo . Dal metodo di punta-coda per la somma dei vettori si<br />

v<br />

<br />

v B<br />

riconosce subito che il vettore v<br />

che unisce le punte di v e<br />

A<br />

v è il vettore<br />

B<br />

differenza, cioè v v v<br />

da cui v v v<br />

.<br />

A B<br />

B A<br />

Consideriamo ora il triangolo delle velocità ed il triangolo AOB: sono entrambi<br />

isosceli e con un angolo uguale, pertanto sono simili:<br />

3


v<br />

v<br />

<br />

v A<br />

<br />

v B<br />

0<br />

90°<br />

<br />

a C<br />

Dividiamo per<br />

<br />

v<br />

<br />

v<br />

<br />

s<br />

t ambo i membri e riordiniamo:<br />

r<br />

<br />

v v s<br />

<br />

t r t<br />

Quando tende a zero l’intervallo temporale<br />

diviene il modulo della velocità istantanea v . <strong>Il</strong> rapporto<br />

t , sappiamo che il rapporto<br />

<br />

v<br />

t<br />

<br />

s<br />

t<br />

diventa invece<br />

il modulo dell’accelerazione istantanea, la cui direzione si mantiene sempre<br />

parallela a v<br />

e così alla fine risulta perpendicolare a v . Infatti nel triangolo<br />

delle velocità, quando 0 si ha 90 dovendo la somma rimanere<br />

uguale a 180 . La chiamiamo quindi accelerazione <strong>centripeta</strong> a , in quanto<br />

C<br />

diretta lungo il raggio puntando verso il centro. Quindi sostituendo nella<br />

relazione precedente<br />

<br />

v<br />

t<br />

con<br />

dell’accelerazione <strong>centripeta</strong> vale:<br />

a C<br />

e<br />

<br />

s<br />

t<br />

con v si trova che l’intensità<br />

<br />

a<br />

C<br />

<br />

<br />

v<br />

r<br />

2<br />

r<br />

<br />

N<br />

<br />

v<br />

Esempio 1<br />

Sopra ad un piano orizzontale, una pallina di massa<br />

lanciata in una guida <strong>circolare</strong> di raggio<br />

completo in<br />

m 0.0500 Kg viene<br />

r 0.200 m e percorre un giro<br />

<strong>1.</strong>45 s . Assumendo che il modulo della velocità sia rimasto<br />

costante durante il giro, calcolare l’accelerazione <strong>centripeta</strong> della pallina e la<br />

forza normale esercitata su di lei dalla guida.<br />

y<br />

Troviamo innanzitutto il modulo della velocità:<br />

2r<br />

6.28<br />

0.200<br />

v 0.866 m/s<br />

<strong>1.</strong>45 s <strong>1.</strong>45<br />

<br />

v<br />

<br />

N<br />

<br />

a C<br />

x<br />

Fissiamo quindi un riferimento sul piano con l’origine nel centro della<br />

circonferenza e consideriamo l’istante in cui la pallina taglia l’asse delle ascisse<br />

come in figura. In direzione orizzontale agisce la forza normale, mentre<br />

2<br />

l’accelerazione vale a( v / r ; 0 ) :<br />

2<br />

v<br />

2<br />

0.866<br />

N ma N m 0.0500 0.187 N<br />

x x x r<br />

0.200<br />

e per l’accelerazione <strong>centripeta</strong> si ha:<br />

2<br />

2<br />

v 0.866<br />

2<br />

a 3.75 m/s<br />

C<br />

r 0.200<br />

4


Cosa si intende con il termine “forza <strong>centripeta</strong>” <br />

Se una particella di massa m segue un <strong>moto</strong> <strong>circolare</strong> uniforme di raggio r ,<br />

lungo la direzione radiale istantanea la seconda legge della dinamica si scrive:<br />

<br />

F<br />

r<br />

<br />

v<br />

m<br />

r<br />

2<br />

Si chiama forza <strong>centripeta</strong> la somma delle componenti in direzione radiale<br />

di tutte le forze che agiscono su di una particella in <strong>moto</strong> <strong>circolare</strong>.<br />

Fr<br />

Non si tratta quindi di un nuovo tipo di forza, ma solo del nome che sinteticamente<br />

si assegna alla risultante delle forze che producono l’accelerazione <strong>centripeta</strong>.<br />

Nel precedente esempio 1 la forza <strong>centripeta</strong> è fornita dalla normale alla guida,<br />

in questo caso l’unica ad agire sulla pallina in direzione radiale.<br />

Riflettiamo sul fatto che la forza normale è una forza passiva, che è in grado di<br />

fornire sempre il valore che occorre per costringere l’oggetto a percorrere la<br />

traiettoria <strong>circolare</strong> di quel raggio con quella velocità. Se ad esempio il modulo<br />

della velocità raddoppiasse, la guida dovrebbe fornire una forza <strong>centripeta</strong><br />

2 2<br />

(2| v|) | v|<br />

m 4<br />

<br />

<br />

m<br />

r <br />

r <br />

<br />

quattro volte più grande, e così via finché la forza richiesta<br />

non divenisse così intensa da piegare la guida stessa. E’ quanto accade ai treni<br />

che deragliano per aver tentato di percorrere le curve a velocità superiore al<br />

massimo che il binario poteva sopportare senza deformarsi. La forza <strong>centripeta</strong><br />

può avere le origini più diverse: la tensione di una corda insieme alla gravità<br />

producono la forza <strong>centripeta</strong> quando si fa ruotare una massa ad un suo capo,<br />

l’attrito statico fra pneumatici ed asfalto fornisce la forza <strong>centripeta</strong> che serve<br />

per far percorrere all’auto una curva, la forza di gravità funge da forza<br />

<strong>centripeta</strong> per tenere la Luna in orbita attorno alla Terra, e così via.<br />

Esempio 2<br />

Una massa<br />

m 0.600 Kg agganciata al capo di una fune lunga 0.500 m viene<br />

y<br />

fatta ruotare in un piano verticale, imprimendogli nel punto più in basso una<br />

<br />

velocità v 5.00 m/s . La traiettoria è <strong>circolare</strong> ma il modulo della velocità non<br />

rimane costante in quanto la massa è rallentata dalla gravità mentre sale ed è<br />

accelerata mentre scende. Sapendo che nel punto più in alto risulta<br />

<br />

v 2.32 m/s , si calcolino la forza <strong>centripeta</strong>, l’accelerazione <strong>centripeta</strong> e la<br />

tensione della fune nelle posizioni di massima e minima altezza.<br />

<br />

T<br />

<br />

W<br />

Nella posizione di minima altezza abbiamo,<br />

momento coincide con la direzione radiale):<br />

2<br />

T | |<br />

y W v<br />

y ma y<br />

T <br />

<br />

mg m r<br />

<br />

2 2<br />

| v | 5.00<br />

T mg m 0.600 9.81 0.600 35.9 N<br />

r<br />

0.500<br />

mentre la forza <strong>centripeta</strong> e l’accelerazione <strong>centripeta</strong> valgono:<br />

lungo l’asse y (che in quel<br />

<br />

W<br />

<br />

T<br />

y<br />

5


C<br />

3 R<br />

4<br />

D<br />

R<br />

B<br />

1 R<br />

3<br />

E<br />

A<br />

r<br />

| v<br />

| 2 5.00<br />

2<br />

2<br />

a 50.0 m/s<br />

C<br />

F T mg 35.9 0.6009.81 30.0 N<br />

a 50.0 m/s 2<br />

y<br />

<br />

r 0.500<br />

Nel punto di massima altezza abbiamo, sempre lungo la direzione radiale y :<br />

2<br />

T | |<br />

y W v<br />

y ma y<br />

T <br />

<br />

mg m r<br />

<br />

2 2<br />

| v | 2.32<br />

T m mg 0.600 0.6009.81 0.573 N<br />

r<br />

0.500<br />

mentre la forza <strong>centripeta</strong> e l’accelerazione <strong>centripeta</strong> valgono:<br />

<br />

F T mg 0.573 0.6009.81 6.46<br />

N<br />

<br />

r<br />

2 2<br />

| v<br />

| 2.32<br />

2<br />

a 10.8 m/s<br />

C<br />

a 10.8 m/s 2<br />

y<br />

<br />

r 0.500<br />

Riflettiamo sul fatto che la tensione della corda non coincide con la forza<br />

<strong>centripeta</strong>, ma anzi T <br />

aggiusta il suo valore facendosi minima quando è<br />

aiutata dalla gravità nel produrre la forza <strong>centripeta</strong>, come accade nel punto più<br />

alto, e facendosi invece massima quando è contrastata dalla gravità nel<br />

produrre la forza <strong>centripeta</strong>, come accade nel punto più basso.<br />

Esempio 3<br />

Un’auto segue una strada curva procedendo a velocità di modulo costante v .<br />

Si calcoli il modulo della sua accelerazione nei tratti AB, BC, CD, DE<br />

specificando dove è massimo e dove minimo.<br />

Lungo i tratti AB, CD, DE, che sono archi di circonferenza, l’accelerazione è<br />

solo <strong>centripeta</strong> essendo il modulo della velocità costante. Si ha:<br />

2<br />

2 2<br />

2 2<br />

v<br />

v 4 v<br />

v v<br />

a ; a ; a 3<br />

AB<br />

CD<br />

R<br />

3<br />

DE<br />

R 3 R<br />

1<br />

R R<br />

4<br />

mentre nel tratto rettilineo BC essendo costante il modulo della velocità si ha:<br />

a 0<br />

BC<br />

<strong>Il</strong> massimo valore di accelerazione, tutta <strong>centripeta</strong>, si ha quindi durante la<br />

curva di raggio minimo DE, il minimo valore di accelerazione <strong>centripeta</strong> nella<br />

curva di raggio massimo AB, mentre il minimo valore di accelerazione in<br />

assoluto è il valore nullo che si ha nel tratto rettilineo BC.<br />

3<br />

y<br />

<br />

N<br />

<br />

W<br />

<br />

f<br />

s<br />

x<br />

Esempio 4<br />

Un’automobile di massa<br />

m 1500 Kg percorre una curva <strong>circolare</strong> di raggio<br />

r 40.0 m alla velocità di 15.0 m/s . Si trovi quanto vale la forza <strong>centripeta</strong>.<br />

Sapendo poi che il coefficiente di attrito statico fra pneumatici ed asfalto è<br />

0.950 , si calcoli la massima velocità alla quale l’auto può percorrere la<br />

s<br />

curva e la forza <strong>centripeta</strong> in questo secondo caso.<br />

6


La forza <strong>centripeta</strong> è fornita tutta dalla forza di attrito statico f , e la sua<br />

s<br />

direzione è perpendicolare a quella in cui avanzano le ruote. Nel primo caso f s<br />

non raggiunge il suo valore massimo, ma sappiamo però che la sua intensità<br />

<br />

soddisfa la condizione 0 f N . Indicando con x la direzione radiale<br />

s s<br />

istantanea come in figura, si ha:<br />

2<br />

v<br />

2<br />

15.0<br />

4<br />

f ma f m 1500 0.844 10<br />

N<br />

sx x s r<br />

40.0<br />

Per avere la velocità massima dobbiamo calcolare invece proprio la massima<br />

<br />

<br />

forza di attrito statico s<br />

N e quindi trovare N . Dall’equilibrio in direzione<br />

verticale si ha:<br />

N W 0 N <br />

mg 0 N <br />

mg<br />

y<br />

y<br />

che sostituito nella relazione precedente:<br />

2<br />

<br />

<br />

v<br />

f ma N m mg<br />

<br />

sx max x s s<br />

r<br />

<br />

v gr 0.9509.81 40.0 19.3 m/s .<br />

s<br />

In questo caso per la forza <strong>centripeta</strong> risulta<br />

2<br />

v<br />

2<br />

19.3<br />

4<br />

F m 1500 <strong>1.</strong>4010<br />

N .<br />

r r<br />

40.0<br />

m<br />

<br />

v<br />

r<br />

2<br />

<br />

N<br />

y<br />

Esempio 5<br />

Un’automobile di massa m 1300 Kg , che viaggia alla velocità costante di<br />

<br />

v 10.5 m/s , passa sopra ad un dosso il cui profilo può essere considerato<br />

<br />

W<br />

R<br />

una circonferenza di raggio<br />

R 15.0 m . Si dica, senza svolgere alcun calcolo,<br />

se quando l’auto raggiunge la sommità, la forza normale esercitata dal terreno è<br />

maggiore, minore od uguale al peso della vettura. Si calcolino quindi le<br />

intensità della forza <strong>centripeta</strong> e della forza normale in quel momento.<br />

Quando si trova nel punto più alto l’auto sta descrivendo una circonferenza,<br />

quindi deve agire su di lei una forza verticale che punta verso il centro. Questo<br />

significa che la somma delle forze che agiscono in verticale deve puntare in<br />

<br />

N<br />

<br />

N<br />

<br />

N<br />

basso, cioè la forza N deve avere un’intensità minore di quella del peso W . E’<br />

ben nota infatti la sensazione di “alleggerimento” che da passeggeri si<br />

sperimenta sulla sommità dei dossi: quello che si percepisce è proprio la<br />

diminuzione della forza normale, che come sappiamo, invece, quando siamo in<br />

quiete resta sempre uguale al peso.<br />

La forza <strong>centripeta</strong> è il risultato delle azioni congiunte di N e W , che in<br />

verticale si sottraggono. Osservando la direzione dell’asse verticale si ha<br />

a<br />

y<br />

<br />

<br />

v<br />

R<br />

2<br />

, da cui si ricava per la forza <strong>centripeta</strong>:<br />

<br />

W<br />

<br />

W<br />

<br />

W<br />

7


2<br />

<br />

v<br />

2<br />

10.5<br />

N W ma F N mg m 1300 9.56 10<br />

y y y <br />

r<br />

R<br />

15.0<br />

mentre per la normale:<br />

<br />

<br />

3 3 3<br />

N mg 9.5610 N N 13009.81 9.5610 3.2010<br />

N<br />

3<br />

N<br />

L<br />

<br />

Esempio 6<br />

Una pallina di massa m 0.300 Kg , appesa ad un filo lungo L 0.750 m , gira<br />

a velocità di modulo costante descrivendo una circonferenza, mentre l’angolo<br />

che il filo forma con la verticale rimane sempre 25.0 . Sapendo che la<br />

pallina compie un giro in <strong>1.</strong>50 s si trovi la tensione del filo, l’intensità della<br />

forza <strong>centripeta</strong> e l’intensità dell’accelerazione <strong>centripeta</strong>.<br />

<br />

T<br />

<br />

W<br />

R<br />

<br />

<strong>Forza</strong> <strong>centripeta</strong><br />

y<br />

x<br />

Calcoliamo innanzitutto il raggio della traiettoria <strong>circolare</strong>:<br />

R L sin 0.750 sin 25.0 0.317 m<br />

e ricaviamo da questo il modulo della velocità della pallina:<br />

2R<br />

6.28 0.317<br />

v <strong>1.</strong>33 m/s<br />

<strong>1.</strong>50 s <strong>1.</strong>50<br />

e l’intensità dell’accelerazione <strong>centripeta</strong>:<br />

2<br />

2<br />

v <strong>1.</strong>33<br />

2<br />

a 5.58 m/s<br />

C<br />

R 0.317<br />

Fissato un riferimento nell’istante rappresentato in figura, sappiamo che in<br />

direzione verticale non c’è accelerazione, poiché se l’angolo rimane costante,<br />

la pallina non può né salire né scendere. Si ottiene:<br />

<br />

T W ma T cos 25.0 mg<br />

0<br />

y y y<br />

mg 0.3009.81<br />

T 3.25 N<br />

cos 25.0<br />

0.906<br />

La forza <strong>centripeta</strong> è data dalla componente orizzontale della tensione, e<br />

coincide anche con la composizione data dalla regola del parallelogramma della<br />

tensione e del peso, poiché la risultante di queste due forze, come abbiamo<br />

detto, è tutta orizzontale:<br />

F T<br />

<br />

sin 25.0 3.25 0.423 <strong>1.</strong>37 N<br />

<br />

r<br />

m<br />

M<br />

Esempio 7<br />

Sopra ad un piano, fissata ad una corda, una massa m 0.450 Kg descrive un<br />

<br />

<strong>moto</strong> <strong>circolare</strong> uniforme di raggio r 0.500 m con velocità v 2.50 m/s .<br />

All’altro capo della corda pende immobile, da un foro ricavato al centro del<br />

piano, una seconda massa M . Si trovi il valore di M .<br />

Fissato un riferimento con la direzione radiale istantanea lungo l’asse x ,<br />

abbiamo che la forza <strong>centripeta</strong> è fornita dalla tensione della corda:<br />

8


2<br />

v<br />

2<br />

2.50<br />

T ma T m 0.450 5.63 N<br />

x x<br />

r<br />

0.500<br />

Per la massa appesa, la condizione di equilibrio richiede che lungo l’asse<br />

verticale sia nulla l’accelerazione:<br />

<br />

<br />

T W ma T Mg 0 Mg T 5.63 N<br />

y y y<br />

da cui si ottiene:<br />

<br />

T 5.63<br />

M 0.574 Kg<br />

g 9.81<br />

y<br />

m T<br />

W<br />

T<br />

M<br />

x<br />

Esempio 8<br />

Una blocco di massa m , scivola senza attrito lungo il profilo di un igloo a forma<br />

di sfera avente raggio R , partendo dal punto più alto con una velocità<br />

orizzontale così piccola da potersi considerare nulla. Ad un certo valore<br />

dell’angolo il blocco si stacca dall’igloo, descrivendo una traiettoria<br />

parabolica di caduta libera. Spiegare perché si distacca e calcolare quanto vale la<br />

velocità in quell’istante.<br />

<br />

Fintanto che il blocco segue il profilo dell’igloo sta descrivendo una traiettoria<br />

<strong>circolare</strong>, e quindi occorre che le forze agenti su di lui, normale N e peso W ,<br />

producano la forza <strong>centripeta</strong> necessaria. La normale N come sappiamo è una<br />

forza passiva, che adegua man mano la sua intensità in conseguenza della<br />

forza con la quale il blocco viene premuto contro l’igloo. Se l’igloo non ci fosse,<br />

il blocco seguirebbe sin dall’inizio una traiettoria parabolica di caduta libera,<br />

che si troverebbe nello spazio occupato dal ghiaccio. A mano a mano che<br />

procede la discesa, questa traiettoria ipotetica si va aprendo sempre più perché<br />

aumenta l’intensità della velocità con cui la caduta libera avrebbe inizio.<br />

Nell’istante in cui la parabola diventa tutta esterna all’igloo, il blocco non viene<br />

più premuto contro il ghiaccio e così si stacca. In quel momento, dato che cessa<br />

di essere premuto, si annulla anche la forza normale.<br />

Scegliendo un riferimento come in figura, osserviamo che il modulo della<br />

velocità non è uniforme, ma cresce durante la caduta per l’azione della gravità.<br />

<strong>Il</strong> blocco seguirà il profilo <strong>circolare</strong> dell’igloo solo fino a quando la somma delle<br />

forze radiali<br />

<br />

2<br />

Fr<br />

riuscirà a produrre la necessaria forza <strong>centripeta</strong> v<br />

m<br />

R<br />

2<br />

v<br />

<br />

F N mg cos m<br />

r<br />

Imponendo la condizione trovata sopra, per cui<br />

momento del distacco, si trova la velocità:<br />

mg<br />

cos m<br />

<br />

v Rg cos <br />

<br />

v<br />

R<br />

2<br />

R<br />

la normale si annulla al<br />

:<br />

y<br />

y <br />

<br />

R cos<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

N<br />

<br />

<br />

N<br />

<br />

<br />

N = 0<br />

direzione radiale<br />

istantanea<br />

<br />

N<br />

<br />

W<br />

x<br />

9


v 0<br />

R<br />

Esempio 9<br />

Un’automobile di massa m tenta di eseguire il “giro della morte” lungo una<br />

pista <strong>circolare</strong> di raggio R . Si trovi la velocità minima v con la quale deve<br />

a<br />

arrivare nel punto più alto della pista.<br />

y<br />

<br />

N<br />

<br />

N<br />

W<br />

Per poter eseguire il giro le ruote dell’auto devono mantenere sempre il<br />

contatto con la pista, in particolare nel punto più alto. Questo avviene solo se in<br />

ogni momento la velocità istantanea che la traiettoria di caduta libera che tende<br />

a far descrivere all’auto ha la parte iniziale esterna alla pista, come nella curva<br />

blu in figura. In tal modo la pista deve esercitare una forza normale per<br />

costringere l’auto a deviare verso il centro, ed il contatto è assicurato. Se<br />

viceversa la velocità istantanea è così bassa da produrre una traiettoria di<br />

caduta libera interna alla pista (curva gialla), il contatto viene meno. Quando la<br />

condizione di contatto è soddisfatta nel punto più alto, essa è certamente<br />

soddisfatta anche nell’intero tragitto, dato che forza di gravità fa diminuire<br />

l’intensità della velocità man mano che l’auto sale.<br />

Indicando con v la velocità alla sommità, in quel momento risulta:<br />

a<br />

2 2<br />

<br />

v<br />

<br />

<br />

v<br />

a<br />

a<br />

N W ma N mg m N mg m<br />

y y y R R<br />

La forza <strong>centripeta</strong><br />

m<br />

2<br />

v a<br />

R<br />

piccola quanto minore è v <br />

a<br />

che occorre per mantenere l’auto in pista è tanto più<br />

. <strong>Il</strong> valore minimo di v è quello a cui basta la sola<br />

a<br />

gravità a produrre m<br />

2<br />

v a<br />

R<br />

<br />

. Per esso risulta dunque N 0<br />

2<br />

va<br />

2<br />

<br />

mg m v gR v gR<br />

a<br />

a<br />

R<br />

nel punto più alto:<br />

<br />

N<br />

Esempio 10<br />

Un’automobile di massa m percorre una curva di raggio R 150 m<br />

alla<br />

velocità di<br />

15.0 m/s . Sapendo che la strada è inclinata ed indicato con <br />

y<br />

<br />

W<br />

<br />

<br />

N<br />

x<br />

l’angolo che essa forma con l’orizzontale, si trovi il valore di che permette<br />

all’auto di percorrere la curva anche in assenza di attrito fra pneumatici ed<br />

asfalto.<br />

Come si ricava dalla figura la somma vettoriale della forza normale e del peso<br />

debbono fornire la necessaria forza <strong>centripeta</strong> per descrivere una curva di<br />

raggio R alla velocità assegnata. <strong>Il</strong> secondo principio della dinamica in forma<br />

vettoriale si scrive:<br />

<br />

N W ma N mg ma C<br />

L’equazione sopra scritta è facilmente visualizzabile in termini geometrici<br />

grazie al metodo di punta-coda. Si forma un triangolo di ipotenusa N ed i cui<br />

cateti ma ed mg , in base ai dati del problema, devono essere rispettivamente<br />

C<br />

orizzontale e verticale. Si dimostra facilmente che è pure l’angolo fra N ed<br />

mg . Risulta dunque:<br />

10


maC<br />

tan <br />

mg<br />

<br />

m<br />

2<br />

| v|<br />

R<br />

mg<br />

2 2<br />

| v | 15.0<br />

1<br />

0.153; tan (0.153) 8.69<br />

gR 9.81150<br />

Allo stesso risultato si perviene facendo il rapporto delle componenti<br />

orizzontale e verticale della forza normale:<br />

2<br />

N | v |<br />

<br />

x ma <br />

x N <br />

x<br />

m R<br />

N W 0 N mg 0 N mg<br />

y y y y<br />

2<br />

| v|<br />

m<br />

<br />

N<br />

2<br />

x R | v |<br />

tan <br />

N mg gR<br />

y<br />

<br />

N<br />

<br />

<br />

ma C<br />

<br />

N<br />

<br />

R<br />

<br />

mg<br />

<br />

mg<br />

<br />

N<br />

<br />

Nx<br />

<br />

<br />

Ny<br />

Esempio 11<br />

Un disco ruota su di un piano orizzontale compiendo<br />

33 giri/min . Ad una<br />

distanza di<br />

25.0 cm dal centro viene appoggiato un blocchetto di massa m .<br />

Sapendo che il coefficiente di attrito statico fra blocco e disco vale 0.150 si<br />

s<br />

dica se il blocchetto scivola.<br />

<strong>Il</strong> blocchetto scivola sicuramente se la massima forza di attrito statico non può<br />

fornire la forza <strong>centripeta</strong> necessaria per seguire quel particolare <strong>moto</strong> <strong>circolare</strong>. Per<br />

calcolare la forza <strong>centripeta</strong> ricaviamo la velocità:<br />

33lunghezza di 1 giro 332r<br />

336.280.250<br />

v 0.864 m/s<br />

secondi in un minuto 60 60<br />

2<br />

v<br />

2<br />

0.864<br />

F m m 2.99m<br />

r<br />

r 0.250<br />

<strong>Il</strong> valore della forza <strong>centripeta</strong> non è noto in quanto è ignota la massa del blocchetto.<br />

Tuttavia anche l’attrito statico che deve produrla ha un valore massimo che dipende<br />

<br />

da m . Sapendo che l’equilibrio in direzione verticale produce N<br />

f<br />

<br />

0.150 9.81 <strong>1.</strong>47<br />

S,max S N <br />

S<br />

mg m m<br />

mg<br />

e come si vede risulta sempre 2.99m<br />

<strong>1.</strong>47m<br />

qualunque sia la massa, cioè il<br />

blocchetto scivola in ogni caso perché l’attrito statico non ce la fa a fornire la<br />

necessaria forza <strong>centripeta</strong>, neppure in caso assuma il suo valore massimo.<br />

:<br />

f <br />

S<br />

25 cm<br />

Esempio 12<br />

Si determinino velocità ed accelerazione <strong>centripeta</strong> di un punto sulla superficie<br />

terrestre che si trovi alla latitudine italiana, sapendo che R 6.378 10 m .<br />

<strong>Il</strong> punto descrive in un periodo T 24 h 86400 s una circonferenza di raggio:<br />

6 6<br />

r R T<br />

cos 42 6.37810 0.7431 4.739<br />

10<br />

m<br />

T<br />

6<br />

r<br />

R<br />

42 T<br />

6<br />

2r<br />

6.28 4.73910 6.284.739 10<br />

64<br />

v 344 m/s<br />

T<br />

4<br />

8.640010<br />

8.6400<br />

e come si vede la velocità trovata è superiore alla velocità del suono in aria. Per<br />

l’accelerazione risulta:<br />

11


y<br />

<br />

a<br />

C<br />

2<br />

v<br />

2 5<br />

344 <strong>1.</strong>1833610<br />

0.2497 10 2.5010<br />

r<br />

6 6<br />

4.73910 4.73910<br />

56 2 2<br />

m/s<br />

R<br />

Esempio 13<br />

Un ponte sospeso forma un arco di circonferenza incurvato verso il basso, di raggio<br />

R 200 m . Sul cartello di avvertimento si legge che il ponte sopporta al massimo<br />

<br />

N<br />

<br />

N<br />

un carico di<br />

massa<br />

<strong>1.</strong>50<br />

10<br />

4<br />

N . Quale limite di velocità deve rispettare un’automobile di<br />

1200 Kg se vuole attraversare il ponte senza che questo si rompa<br />

<br />

WR<br />

<br />

W<br />

T<br />

<br />

W<br />

<br />

W<br />

Osserviamo che il peso dell’auto<br />

<br />

W 12009.81 <strong>1.</strong>1810<br />

4<br />

N è inferiore al<br />

carico massimo sopportabile, tuttavia questo non permette di concludere che il<br />

ponte non si rompe in quanto la forza normale N che esso esercita sull’auto, oltre ad<br />

equilibrare la componente radiale del peso dell’auto ( W <br />

in figura), deve anche<br />

produrre la necessaria forza <strong>centripeta</strong> affinché l’auto possa seguire la traiettoria<br />

<strong>circolare</strong> imposta dalla forma del ponte. Al crescere della componente radiale del<br />

peso, la forza normale cresce in intensità fino al suo massimo, assunto nel punto più<br />

basso, dove deve equilibrare l’intero peso dell’auto. La velocità massima si ottiene<br />

imponendo che il valore massimo della normale (quello nel punto più basso) sia<br />

proprio <strong>1.</strong>50 10<br />

4 N :<br />

R<br />

<br />

<br />

v<br />

N mg m<br />

R<br />

2<br />

<br />

<br />

N<br />

<br />

<br />

v R g<br />

<br />

m<br />

<br />

<br />

<br />

4<br />

<strong>1.</strong>5010<br />

200<br />

<br />

<strong>1.</strong>200<br />

10<br />

3<br />

9.81 23.2 m/s<br />

<br />

12


2. La legge di <strong>gravitazione</strong> universale<br />

Cosa dice la legge della <strong>gravitazione</strong> universale<br />

L’esperienza mostra che qualunque coppia di corpi si attrae reciprocamente con una<br />

forza detta gravitazionale, la cui intensità è tanto maggiore quanto più le masse<br />

sono vicine, e tanto maggiore quanto maggiore è il valore della massa di ciascuno di<br />

essi. Nel caso particolare in cui le due masse siano puntiformi questa forza attrattiva<br />

F <br />

è diretta lungo la retta congiungente i due corpi, ed ha un’intensità inversamente<br />

G<br />

proporzionale al quadrati della loro distanza r e direttamente proporzionale al<br />

prodotto delle due masse:<br />

<br />

m m<br />

1 2<br />

F G<br />

G<br />

r<br />

2<br />

21<br />

r<br />

F <br />

12<br />

F <br />

m 2<br />

Con m ed m abbiamo indicato le rispettive masse in kilogrammi, mentre r e<br />

1 2<br />

F <br />

sono ovviamente espressi in metri e Newton. G è una costante fondamentale<br />

G<br />

della natura, che nel Sistema Internazionale vale :<br />

m 1<br />

G 6.67 10<br />

11<br />

Nm<br />

Kg<br />

2<br />

2<br />

e le sue unità di misura sono quelle che occorrono per far tornare Newton al primo<br />

2 2<br />

membro: N G<br />

Kg m<br />

. Osserviamo che G è un fattore di proporzionalità<br />

<br />

così piccolo che per produrre forze gravitazionali dell’ordine di qualche Newton<br />

servono masse enormi, come quella di un pia<strong>net</strong>a.<br />

Esempio 14<br />

Calcolare la forza gravitazionale con cui si attraggono due masse puntiformi di<br />

100 Kg ciascuna, poste alla distanza di <strong>1.</strong>00 m<br />

m m<br />

1 2<br />

11 100100<br />

7<br />

F G 6.6710 6.67 10<br />

N<br />

G<br />

r<br />

2 2<br />

<strong>1.</strong>00<br />

Una forza, come si vede, inferiore al milionesimo di Newton.<br />

Che relazione esiste fra la forza F e la forza F in figura<br />

12<br />

21<br />

Se indichiamo con F la forza che agisce su m ad opera di m , e con F <br />

12<br />

1<br />

2<br />

21<br />

la forza<br />

che agisce su m subisce ad opera di m , indipendentemente dal fatto che le due<br />

1<br />

2<br />

masse siano differenti od uguali, il principio di azione e reazione impone che si<br />

<br />

abbia sempre F F<br />

12 21 . Infatti nella formulazione matematica della legge di<br />

<strong>gravitazione</strong>, F rappresenta indifferentemente sia F che F <br />

. Quindi se<br />

G<br />

12<br />

21<br />

lasciamo cadere una pietra dall’alto la forza che la Terra esercita sulla pietra ha la<br />

stessa intensità della forza che la pietra esercita sulla Terra. Tuttavia, essendo la<br />

13


F 1<br />

C<br />

<br />

F 2<br />

massa della pietra molto più piccola, la sua accelerazione è molto maggiore rispetto<br />

a quella che subisce il pia<strong>net</strong>a e quindi è la pietra a muoversi verso il centro della<br />

Terra e non viceversa 1 :<br />

<br />

<br />

F<br />

F<br />

G<br />

G<br />

a a <br />

T<br />

pietra<br />

m<br />

m<br />

E se le masse non sono puntiformi<br />

T<br />

Questa espressione matematica della legge della <strong>gravitazione</strong> universale, vale<br />

esclusivamente per oggetti assimilabili a dei punti. Un oggetto rigorosamente<br />

puntiforme è un’entità solo teorica: nella pratica si considerano puntiformi oggetti in<br />

cui la distanza r coinvolta nella legge di <strong>gravitazione</strong> sia molto grande rispetto alle<br />

loro dimensioni trasversali (almeno un ordine di grandezza, cioè dieci volte più<br />

grande). In questo senso anche una stella può essere considerata puntiforme se le<br />

sue dimensioni sono rapportate alle distanze interpla<strong>net</strong>arie. Se però le masse non<br />

sono puntiformi dobbiamo immaginarle scomposte in porzioni piccolissime rispetto<br />

alla loro estensione, e sommare vettorialmente gli effetti della legge di <strong>gravitazione</strong><br />

fra tutte le possibili coppie di punti. Infatti l’esperienza mostra che vale il principio di<br />

sovrapposizione, per il quale la forza con cui interagisce ciascuna coppia è la stessa che<br />

si avrebbe se tutte le altre coppie non esistessero.<br />

E se le masse hanno forma sferica<br />

In caso di masse sferiche il calcolo descritto sopra si semplifica notevolmente perché<br />

la sfera può essere scomposta in coppie di punti uno a sinistra ed uno a destra alla<br />

stessa distanza dall’oggetto che viene attratto, e così la risultante di ciascuna coppia<br />

punta sempre verso il centro della sfera. Analogamente anche la risultante<br />

complessiva è diretta verso il centro della sfera e così possiamo utilizzare la formula<br />

della <strong>gravitazione</strong> immaginando ad esempio che la massa di un pia<strong>net</strong>a sia tutta<br />

concentrata nel centro. Se entrambe le masse sono sferiche, come ad esempio la<br />

Terra e la Luna, possiamo pertanto usare la formula a patto che r rappresenti la<br />

distanza fra i centri 2 .<br />

pietra<br />

C<br />

r<br />

E’ grazie agli studi di Newton, pubblicati nella sua fondamentale opera Philosòphiae<br />

Naturalis Pincipia Mathematica (1687) sappiamo dunque che la Terra esercita su di noi<br />

un forza, la cui natura è identica a quella che esercita sulla Luna. Questo nuovo<br />

modo di vedere le cose rappresentò da un lato la prima grande unificazione<br />

1 In realtà accelerano entrambe verso il centro di massa del sistema che costituiscono.<br />

2 Va detto anche che nel momento stesso in cui assumiamo che le masse siano puntiformi, e che tutte<br />

le loro proprietà possano essere individuate da una grandezza scalare m, anche solo da motivi di<br />

simmetria si potrebbe dedurre che la loro interazione deve essere diretta lungo la congiungente, in<br />

quanto in uno spazio vuoto con le sole due masse in studio, non si potrebbe definire nessun’altra<br />

direzione in modo univoco.<br />

14


scientifica di due fenomeni apparentemente distinti (il peso sulla superficie della<br />

Terra ed il <strong>moto</strong> orbitale del nostro satellite), dall’altro fu un significativo balzo in<br />

avanti nella comprensione del mondo, specie se confrontato con il punto di vista<br />

aristotelico per il quale il peso degli oggetti era dovuto alla naturale tendenza che<br />

questi avevano a ricongiungersi al luogo della loro origine.<br />

Cos’è una mappa gravitazionale <br />

Nelle regioni del pia<strong>net</strong>a dove la distribuzione della massa non è a perfetta<br />

simmetria sferica, la risultante non sarà esattamente diretta verso il centro della<br />

Terra, ma subirà piccoli scostamenti. Questo accade quando ad esempio si hanno<br />

cavità sotterranee come quelle naturali che racchiudono un giacimento petrolifero o<br />

di gas. Una misura accurata della variazione della direzione della forza di gravità<br />

rispetto al centro della Terra permette di individuare tali cavità, e viene detta mappa<br />

gravitazionale. E’ con questo sistema che ad esempio si è scoperta una cavità ripiena<br />

di rocce sedimentarie leggere nelle penisola dello Yucatan in Messico, probabilmente<br />

dovuta al cratere scavato dall’asteroide che 65 milioni di anni fa portò all’estinzione i<br />

dinosauri.<br />

roccia<br />

C<br />

petrolio<br />

Esempio 15<br />

Si trovi a quale distanza d dal centro della Terra, un oggetto di massa m è tirato con<br />

eguale intensità tanto dalla forza di gravità terrestre che da quella lunare, essendo<br />

8<br />

r 3.84 10 m il raggio medio dell’orbita lunare.<br />

L<br />

Si ha che la massa m è attratta rispettivamente dalla Terra e dalla Luna con forze la<br />

cui intensità si scrive:<br />

M m M m<br />

T<br />

L<br />

F G F G<br />

T<br />

d<br />

2<br />

L<br />

2<br />

( r d)<br />

Uguagliando e semplificando si ottiene:<br />

G<br />

M<br />

T<br />

d<br />

2<br />

m<br />

M m<br />

L<br />

G<br />

( r d)<br />

L<br />

2<br />

L<br />

( r d)<br />

M d M<br />

L T L<br />

Nell’ultimo passaggio si è potuta estrarre la radice di ambo i membri essendo<br />

positive tutte le quantità presenti (infatti r d<br />

0 ). Osserviamo in particolare che<br />

il risultato non dipende dalla massa m dell’oggetto. Risolvendo:<br />

5.97 10<br />

d r L<br />

<br />

24 22<br />

5.97 10 7.3510<br />

24<br />

5.97 9<br />

10 0.900 3.4610<br />

5.97 0.0735<br />

10<br />

L<br />

1212 8<br />

r r r<br />

L L L<br />

Come si vede il punto in questione dista dalla Terra<br />

9<br />

10<br />

<br />

Che relazione c’è con la forza peso espressa nella forma mg <br />

m<br />

della distanza Terra-Luna.<br />

Sulla superficie del pia<strong>net</strong>a la distanza dal centro della Terra è sempre costante e pari<br />

6<br />

al suo raggio R 6.378 10 m . Per questo si può calcolare una volta per tutte il<br />

T<br />

valore dell’accelerazione dovuta alla gravità sulla superficie terrestre per tutti gli<br />

oggetti, dato che la forza di gravità dipende anch’essa dalla massa e questa si<br />

d<br />

m<br />

15


y<br />

semplifica nella seconda legge della dinamica applicata in direzione radiale. Ad un<br />

oggetto in caduta libera. Sapendo che M 5.97 10 Kg risulta:<br />

T<br />

24<br />

<br />

F G<br />

a y<br />

M<br />

F ma G<br />

Gy<br />

y<br />

T<br />

2<br />

RT<br />

m<br />

ma<br />

24<br />

11 2<br />

5.9710<br />

6.6710 9.81<br />

m/s<br />

6 2<br />

(6.378 10 )<br />

y<br />

C<br />

ed è quindi da questo calcolo che si ottiene il noto valore g 9.81 m/s 2 . Questo<br />

calcolo permette di capire perché tutti gli oggetti, di maggiore o minore massa,<br />

accelerano con la stessa intensità verso il basso. Infatti, poiché<br />

F G<br />

è proporzionale<br />

ad m , i corpi più massivi subiscono una forza maggiore rispetto a quelli meno<br />

massivi. Tuttavia i corpi di massa maggiore hanno anche bisogno di una forza<br />

maggiore per accelerare, dato che è proporzionale ad m pure la loro inerzia, cioè la<br />

tendenza a resistere all’azione di una forza (è il secondo membro della legge di<br />

<br />

Newton F ma ). In altre parole ci vuole più forza per accelerare di m/s<br />

2<br />

9.81 un<br />

oggetto massiccio che uno di piccola massa.<br />

Che succede all’accelerazione di gravità salendo di quota<br />

<strong>Il</strong> denominatore viene incrementato del valore della quota, il che fa diminuire<br />

l’accelerazione di gravità. Ad esempio in cima all’Everest si ha:<br />

g Everest<br />

24<br />

11 2<br />

5.9710<br />

6.6710 9.78 m/s<br />

6 2<br />

(6.378 10 8850)<br />

mentre su di una stazione spaziale orbitante ad un’altezza di<br />

300 Km :<br />

g<br />

24<br />

11 5.97 10<br />

2<br />

6.6710 8.93 m/s<br />

300 Km<br />

6 6 2<br />

(6.378 10 0.30010 )<br />

Come si vede la diminuzione dell’accelerazione di gravità in un’orbita bassa quale<br />

quella a 300 Km è dell’ordine del dieci per cento. La condizione di “assenza di<br />

peso” degli astronauti non è quindi imputabile a questo, (infatti la gravità è ben<br />

presente a quell’altezza e fornisce la necessaria forza <strong>centripeta</strong>!), ma al fatto che il<br />

loro <strong>moto</strong> è assimilabile ad un <strong>moto</strong> di caduta libera, e non percepiscono il peso<br />

perché non c’è una superficie sulla quale si appoggiano ad esercitare una forza<br />

normale su di loro.<br />

Che succede all’accelerazione di gravità se cambia la massa del pia<strong>net</strong>a<br />

Generalizzando i calcoli precedenti, si ha che l’accelerazione di gravità<br />

superficie di un pia<strong>net</strong>a di massa<br />

M e raggio R è data da:<br />

P<br />

P<br />

gP<br />

sulla<br />

16


g<br />

P<br />

M<br />

G<br />

R<br />

P<br />

2<br />

P<br />

Una radicale diminuzione della massa in un pia<strong>net</strong>a di dimensioni confrontabili con<br />

la Terra comporta pertanto una diminuzione del valore dell’accelerazione dovuta<br />

alla gravità sulla superficie, ad esempio:<br />

g Marte<br />

23<br />

11 2<br />

6.4310<br />

6.67 10 3.73 m/s<br />

6 2<br />

(3.39 10 )<br />

g Luna<br />

22<br />

11 2<br />

7.3510<br />

6.67 10 <strong>1.</strong>62 m/s<br />

6 2<br />

(<strong>1.</strong>74 10 )<br />

Quindi sulla Luna un uomo di massa 100 Kg è attratto con una forza di 162 N , cioè<br />

quella con cui la Terra attira una massa di<br />

di Marte è attratto con una forza di<br />

una massa di<br />

38 Kg .<br />

16.5 Kg . Lo stesso uomo sulla superficie<br />

373 N , vale a dire quella con cui la Terra attira<br />

Tuttavia non va dimenticato che la forza gravitazionale decresce con l’inverso del<br />

quadrato della distanza dal centro, pertanto sulla superficie di un pianta come<br />

Saturno, che ha una massa quasi cento volte quella terrestre ma un raggio<br />

equatoriale dieci volte più esteso, si ottiene una accelerazione di gravità<br />

paragonabile alla nostra:<br />

Esempio 16<br />

g Saturno<br />

26<br />

11 2<br />

5.6810<br />

6.67 10 10.5 m/s<br />

6 2<br />

(60.268 10 )<br />

Sulla superficie di Marte un oggetto lanciato verticalmente con velocità iniziale<br />

<br />

v 100 m/s raggiunge un’altezza h 1340 m . Sapendo che il raggio di Marte<br />

o<br />

6<br />

misura R 3.39 10 m si calcoli la massa di Marte.<br />

M<br />

F <br />

G<br />

r<br />

Come sappiamo la massima altezza h raggiungibile da un oggetto lanciato<br />

verticalmente con velocità iniziale v è data dalla relazione:<br />

0<br />

gM<br />

h <br />

2<br />

v0<br />

2g<br />

M<br />

, dove<br />

è l’accelerazione di gravità sulla superficie del pia<strong>net</strong>a, in questo caso Marte.<br />

Calcoliamo g invertendo la formula:<br />

M<br />

2 2<br />

v0 100<br />

2<br />

g 3.73 m/s<br />

M<br />

2h<br />

21340<br />

Invertendo la relazione che permette di trovare l’accelerazione di gravità sulla<br />

superficie di un pia<strong>net</strong>a si ottiene la massa del pia<strong>net</strong>a:<br />

g<br />

M<br />

2 2 12<br />

M M M 3.73<br />

3.39 10<br />

M<br />

2 M<br />

G<br />

11<br />

6.67 10<br />

M<br />

GM<br />

<br />

g<br />

<br />

R<br />

6.4310<br />

R<br />

23<br />

Kg<br />

17


3. <strong>Il</strong> <strong>moto</strong> orbitale <strong>circolare</strong><br />

r<br />

y<br />

<br />

F G<br />

C<br />

<br />

v<br />

o<br />

Che cosa impedisce alla Luna di cadere sulla Terra<br />

La sorprendente risposta è che la Luna in effetti cade sulla Terra, vi cade<br />

continuamente, così come vi cadono tutti i satelliti artificiali in orbita attorno al<br />

pia<strong>net</strong>a. Un oggetto in orbita tende a cadere in ogni istante verso il centro della<br />

Terra, tuttavia il terreno, per così dire, gli scappa via da sotto esattamente con lo stesso passo,<br />

quindi non riesce mai ad avvicinarsi alla superficie. La figura a lato, tratta dai Principia di<br />

Newton (1687) illustra in che senso un <strong>moto</strong> orbitale possa essere visto come<br />

situazione limite di un lancio orizzontale. Fissata la quota, al crescere della velocità<br />

iniziale aumenta la gittata e con essa si allarga la curvatura della traiettoria. Quando<br />

la curvatura arriva a seguire quella della Terra, il proiettile entra in orbita.<br />

Con quale velocità può essere percorsa un orbita <strong>circolare</strong><br />

E’ immediato rendersi conto che non è possibile percorrere un’orbita alla velocità<br />

che si desidera, ma che piuttosto questa risulta stabilita dall’altezza alla quale si<br />

vuole fissare l’orbita. Lungo la direzione radiale istantanea si ha infatti che la forza di<br />

gravità fornisce la forza <strong>centripeta</strong> necessaria. Poiché la gravità diminuisce con<br />

l’altezza, diminuirà anche la forza <strong>centripeta</strong> che essa può fornire e quindi con<br />

l’altezza decresce pure la velocità orbitale v <br />

o<br />

. In un riferimento con l’asse radiale<br />

uscente dal centro della Terra si ha:<br />

G<br />

MT<br />

r<br />

<br />

v<br />

o<br />

2<br />

m<br />

m<br />

GM<br />

Questa relazione fornisce la velocità orbitale (o kepleriana)<br />

<br />

r<br />

T<br />

<br />

v o<br />

r<br />

2<br />

v <br />

o<br />

con la quale l’orbita<br />

deve essere percorsa se si vuole che rimanga stabile, cioè che l’intensità della forza di<br />

gravità fornisca proprio il valore della forza <strong>centripeta</strong> necessaria a percorrere quella<br />

circonferenza. Osserviamo che:<br />

<br />

<br />

Come si vede dalla presenza di r al denominatore, la velocità orbitale<br />

decresce con l’altezza da terra: le orbite più sono esterne più sono lente.<br />

Osserviamo inoltre che la velocità orbitale non dipende dalla massa, e per<br />

questo motivo ad esempio una stazione spaziale e gli astronauti al suo<br />

interno, possono seguire la stessa orbita pure se di masse molto differenti.<br />

Come si calcola il periodo di un’orbita <strong>circolare</strong><br />

Si chiama periodo T il tempo che occorre a descrivere un’orbita completa:<br />

18


T<br />

<br />

<br />

2r<br />

2 4<br />

vo<br />

vo<br />

2 2<br />

r<br />

T<br />

2<br />

che sostituita nella relazione per la velocità orbitale produce:<br />

GM<br />

2 2 3 3<br />

T 4<br />

r<br />

2<br />

2<br />

r GMT<br />

T r costante<br />

r 2 2 2<br />

T GM<br />

T 4<br />

T<br />

L’ultima forma di questa relazione viene detta terza legge di Keplero per il <strong>moto</strong><br />

orbitale.<br />

Quanto deve essere alta come mimino un’orbita<br />

Se non vi fosse l’atmosfera, e la Terra fosse una sfera dalla superficie liscia, sarebbe<br />

possibile un’orbita anche al livello del mare. Tuttavia il fatto di dover spostare l’aria<br />

per muoversi implica, per la terza legge di Newton, che l’aria eserciti una forza<br />

uguale e contraria, rallentando così il <strong>moto</strong>, ed impedendo la stabilità dato che la<br />

velocità orbitale deve restare costante. Pertanto l’orbita più bassa possibile si ha alla<br />

quota in cui l’aria è sufficientemente rarefatta da non ostacolare il <strong>moto</strong>: sono circa<br />

150 Km . Gli Shuttle percorrono orbite con r 250 Km alla velocità di circa<br />

8 Km/s e T 1h<br />

30 min , i satelliti GPS orbite con r 20000 Km e T 12h<br />

. E’<br />

inoltre possibile che un’orbita sia geosincrona, cioè tale che il suo periodo duri<br />

esattamente un giorno. Sostituendo T 24 h 8.64 10 s si ottiene:<br />

2<br />

3<br />

<br />

1<br />

T <br />

r <br />

GM h r R <br />

T<br />

T<br />

2<br />

3 7<br />

4.22 10 m 35800 Km<br />

4<br />

A quell’altezza la velocità orbitale è circa<br />

100 m/s . Se poi l’orbita geosincrona<br />

avviene nel piano che contiene l’equatore, e nello stesso verso di rotazione della<br />

Terra, si dice geostazionaria. Un satellite per telecomunicazioni segue tale orbita, in<br />

modo da mantenersi sempre sopra ad uno stesso punto sulla superficie<br />

dell’equatore terrestre 3 .<br />

Sono efficaci i satelliti spia<br />

I satelliti spia debbono percorrere orbite basse per avere risoluzione sufficiente a<br />

distinguere oggetti vicini. L’elevata velocità che le orbite basse richiedono, fa si che il<br />

tempo di transito sopra all’obiettivo sia estremamente breve. Con riferimento alla<br />

figura, si ha d 2h sin 45 2h<br />

, e se l’altezza è la tipica dei satelliti spia,<br />

h 300 Km , il tempo di permanenza sopra all’obiettivo in un passaggio con<br />

d<br />

h<br />

45°<br />

<br />

300 2<br />

v 8 Km/s sarà s cioè dell’ordine del minuto. Per di più la successiva<br />

o<br />

8<br />

orbita non ripasserà esattamente sopra all’obiettivo perché la Terra sotto ha ruotato<br />

3 <strong>Il</strong> che permette facilmente di individuare il sud in una grande città europea, semplicemente<br />

osservando la direzione verso la quale puntano le antenne paraboliche televisive per ricevere il segnale<br />

satellitare.<br />

19


e con velocità differente dal satellite e si dovranno attendere numerose orbite per un<br />

nuovo transito.<br />

B<br />

Come funziona il sistema GPS <br />

<strong>Il</strong> sistema di posizionamento globale (Global Positioning System) si avvale di un<br />

ricevitore ed una rete di 24 satelliti posti a quota 20000 m , con un periodo orbitale di<br />

12 h . <strong>Il</strong> nostro apparecchio è solo ricevitore, non invia alcun segnale ai satelliti, che<br />

A<br />

2<br />

1<br />

C<br />

quindi neppure sanno della nostra esistenza. Essi inviano il segnale della loro<br />

posizione in ogni istante: bastano tre di questi segnali per poter individuare con<br />

certezza la nostra posizione sul pia<strong>net</strong>a. Per capire riferiamoci ad un piano e<br />

supponiamo di ricevere la posizione del satellite A insieme al tempo in cui il segnale<br />

è stato inviato. Dalla velocità della luce, alla quale viaggiano le onde radio, ricaviamo<br />

la nostra distanza da A. Questo permette di concludere che ci troviamo su di una<br />

circonferenza (nello spazio una sfera) centrata in A, di raggio pari alla distanza<br />

ricavata. Contemporaneamente riceviamo il segnale dal satellite B, e quindi<br />

dovremo stare pure lungo una circonferenza di centro B e raggio trovato con lo<br />

stesso sistema. Questo riduce la nostra possibile posizione solo ai punti 1 e 2 in<br />

figura. La ricezione di un terzo segnale permette infine di stabilire che la nostra<br />

posizione è la 1, perché dobbiamo appartenere pure ad una terza circonferenza con<br />

centro in C.<br />

Esempio 17<br />

L’orbita del pia<strong>net</strong>a Nettuno può approssimativamente essere considerata una<br />

circonferenza. Sapendo che Nettuno dista dal Sole circa 30 volte quanto dista la<br />

Terra, si calcoli quanti anni gli occorrono per completare una rivoluzione.<br />

Possiamo rispondere utilizzando la terza legge di Keplero per il <strong>moto</strong> orbitale:<br />

3 3<br />

T<br />

2 2<br />

T N<br />

r<br />

T<br />

<br />

rN<br />

costante<br />

T<br />

Le informazioni del testo possono essere espresse scrivendo che r 30r<br />

.<br />

Sostituendo:<br />

N<br />

T<br />

3<br />

r T<br />

T<br />

2<br />

T<br />

3 3<br />

30 rT<br />

<br />

2<br />

T<br />

N<br />

2 3 2<br />

30 30 164<br />

N T N T T<br />

T T T T T<br />

ed essendo T 1anno<br />

si ha T 164 anni .<br />

T<br />

N<br />

3<br />

2<br />

Esempio 18<br />

Le osservazioni mostrano che la Luna impiega<br />

27g 7h<br />

43 min per una rivoluzione<br />

completa attorno alla Terra (rivoluzione siderale). Assumendo che l’orbita sia<br />

<strong>circolare</strong> e che<br />

22<br />

M 7.35 10 Kg calcolare la distanza media della Terra dal<br />

L<br />

nostro satellite e l’accelerazione <strong>centripeta</strong> della Luna.<br />

Trasformiamo il periodo in secondi:<br />

6<br />

T 2724 3600 73600 43 60 2.36<br />

10<br />

s<br />

sappiamo che vale la relazione:<br />

20


v<br />

o<br />

2<br />

L T 3 T<br />

rL<br />

r<br />

2<br />

L<br />

4<br />

2r GM T GM<br />

<br />

T<br />

sostituendo i valori dati:<br />

r<br />

L<br />

2<br />

T GM<br />

2 12 11 24<br />

2.36 10 6.67 10 5.97 10<br />

3 T <br />

3<br />

2 2<br />

<br />

4<br />

4<br />

2<br />

1211<br />

24 25<br />

3<br />

2.36 6.675.97<br />

3 3<br />

10 <strong>1.</strong>78 10<br />

<br />

39.44<br />

3 8 8<br />

<strong>1.</strong>78 10 10 3.8310 m 383000 Km<br />

Per l’accelerazione <strong>centripeta</strong> occorre conoscere la velocità orbitale:<br />

2rL<br />

8<br />

6.283.8310 6.28 3.83<br />

6<br />

<br />

v <br />

o<br />

T 2.3610<br />

2.36<br />

10 10.210 <strong>1.</strong>0210<br />

che inserita fornisce:<br />

2<br />

3 2 2<br />

vo<br />

(<strong>1.</strong>02 10 ) <strong>1.</strong>02 68 3 2<br />

a 10 2.7210<br />

m/s<br />

C<br />

r<br />

8<br />

3.8310<br />

3.83<br />

L<br />

Esempio 19<br />

86 2 3<br />

Un satellite descrive un’orbita <strong>circolare</strong> attorno alla Terra ad una distanza di<br />

500 Km dalla sua superficie, impiegando 94.6 min . Trovare la frequenza di<br />

rotazione del satellite (numero di giri ogni secondo), la sua velocità orbitale e<br />

l’accelerazione <strong>centripeta</strong>. Mostrare quindi che l’accelerazione <strong>centripeta</strong> è uguale<br />

all’accelerazione dovuta alla gravità terrestre.<br />

Per prima cosa calcoliamo il raggio dell’orbita, r R h , ed il periodo in secondi:<br />

6 6 6 6<br />

r 6.378 10 m 500 Km (6.378 10 0.50010 ) m 6.88 10 m<br />

T 94.6 60 5676 s 5.68<br />

10 s<br />

3<br />

<strong>Il</strong> numero di giri in un secondo si trova dividendo 1 s per la durata di un giro in<br />

secondi, cioè prendendo il reciproco del periodo:<br />

1 1<br />

f 0.17010 s <strong>1.</strong>7010<br />

T<br />

3<br />

5.88 10<br />

s<br />

3 1 4<br />

questo numero si dice frequenza e la sua unità di misura, s 1<br />

è detta Hertz Hz<br />

<br />

.<br />

Calcoliamo la velocità orbitale e poi l’accelerazione <strong>centripeta</strong>:<br />

6<br />

2r<br />

6.286.88 10 6.286.88<br />

63 3<br />

v 10 7.6110<br />

m/s<br />

o<br />

T<br />

3<br />

5.68 10<br />

5.68<br />

2<br />

3 2 2<br />

vo<br />

(7.6110 ) 7.61 66 2<br />

a 10 8.41 m/s<br />

c<br />

r<br />

6<br />

6.8810<br />

6.88<br />

L’accelerazione dovuta alla gravità terrestre si trova facendo il rapporto fra la forza<br />

gravitazionale e la massa m del satellite:<br />

<br />

F G 1 M m<br />

24<br />

T<br />

11<br />

5.97 10<br />

G 6.67 10<br />

<br />

m<br />

2 6 2<br />

m r<br />

(6.88 10<br />

)<br />

Hz<br />

m/s<br />

21


6.67 5.97<br />

<br />

10 0.84110 8.41m/s<br />

2<br />

6.88<br />

Esempio 20<br />

11 24 12 1 2<br />

L’astronave Enterprise si posiziona in orbita (geo)stazionaria attorno al pia<strong>net</strong>a<br />

4<br />

Klingon, ad una distanza di 7.00 10 Km dalla superficie, compiendo una<br />

rivoluzione in due giorni terrestri. <strong>Il</strong> capitano Picard chiede al tenente<br />

comandante Data quale sia la massa di Klingon, ma una tempesta mag<strong>net</strong>ica ha<br />

cancellato parzialmente i dati e risulta disponibile solo il raggio<br />

4<br />

R <strong>1.</strong>00 10 Km . Aiutate Data a calcolare la massa del pia<strong>net</strong>a.<br />

K<br />

Dalla terza legge di Keplero applicata al pia<strong>net</strong>a Klingon si ricava<br />

un’espressione per la massa<br />

r<br />

GM<br />

3 2 3<br />

K<br />

4<br />

r<br />

M <br />

2 2 K<br />

2<br />

M del pia<strong>net</strong>a:<br />

K<br />

T 4<br />

G T<br />

Calcoliamo il raggio dell’orbita ed il periodo in secondi:<br />

4 4 7<br />

r R h <strong>1.</strong>0010 Km 7.0010 Km 8.00<br />

10 m<br />

K<br />

T 483600 172800 s <strong>1.</strong>728<br />

10 s<br />

Sostituendo:<br />

M<br />

K<br />

5<br />

2 3 2 3 21<br />

r <br />

211110<br />

10<br />

2 11 2 10<br />

4 4 3.14 8.00 10 4 9.86 512<br />

<br />

G T 6.6710 <strong>1.</strong>728 10<br />

6.67 2.986<br />

21 24<br />

101310 Kg <strong>1.</strong>01<br />

10<br />

Kg<br />

m<br />

r<br />

L1<br />

r L<br />

Esempio 21<br />

Si dice punto lagrangiano L1 una posizione fra la Terra e la Luna che abbia lo stesso<br />

periodo della Luna. Se considerassimo solo la gravità terrestre, un punto più vicino<br />

della Luna non potrebbe mai soddisfare questo requisito, perché dovrebbe seguire<br />

la sua orbita più velocemente della Luna. Tuttavia la gravità lunare equilibra parte<br />

della gravità terrestre rendendo il fenomeno possibile. Si imposti l’equazione che<br />

permette di trovare il raggio r dell’orbita del punto L1<br />

Con riferimento alla figura, sulla massa m posta in L1 si ha:<br />

2<br />

M m M m v<br />

T<br />

L<br />

o<br />

G G<br />

m<br />

2<br />

2<br />

r ( r r)<br />

r<br />

L<br />

<strong>Il</strong> periodo orbitale deve essere lo stesso della Luna, dal che si ricava la velocità:<br />

2<br />

3 <br />

T r 2<br />

<br />

<br />

<br />

v <br />

<br />

r<br />

GM<br />

r<br />

2 2<br />

2 r 2<br />

L<br />

o<br />

<br />

T <br />

<br />

T<br />

2<br />

L<br />

3 2<br />

GM<br />

T<br />

2<br />

GM r<br />

T<br />

<br />

3<br />

<br />

rL<br />

2<br />

G<br />

M T<br />

2<br />

r<br />

G<br />

L<br />

2<br />

( r r)<br />

L<br />

M<br />

1 G M r<br />

T<br />

<br />

r<br />

3<br />

r L<br />

2<br />

M M M<br />

<br />

r r r r r<br />

T L T<br />

3 2 3<br />

( )<br />

L<br />

L<br />

22


4. Accelerazione tangenziale e <strong>centripeta</strong><br />

Come possiamo decomporre un vettore<br />

Nella situazione più generale possibile, dovremo considerare l’eventualità che la<br />

velocità v possa cambiare direzione, verso ed intensità in ogni istante. Per poter<br />

analizzare la situazione dal punto di vista dell’accelerazione, sfrutteremo la<br />

proprietà di decomposizione di un vettore, che qui brevemente richiamiamo. La<br />

tecnica di decomposizione consiste nell’applicare la regola del parallelogramma al<br />

contrario. Dati due vettori v e v , il loro vettore somma v v ha per<br />

1 2<br />

1 2<br />

rappresentante il segmento orientato lungo la diagonale del parallelogramma di lati<br />

consecutivi v e v , come in figura. Cambiando prospettiva allora, dato un<br />

1 2<br />

qualunque vettore v ed una coppia di rette incidenti r ed s, sarà sempre possibile<br />

decomporre v in una componente lungo r, v <br />

r<br />

ed una componente lungo s, v .<br />

s<br />

Basterà infatti disegnare il rappresentante di v applicato nel punto di intersezione di<br />

r ed s e tracciare le parallele alle due rette a partire dalla testa del vettore. Come si<br />

vede dalla figura, la somma delle due componenti così individuate restituisce<br />

sempre il vettore originario, cioè v v v<br />

. r s<br />

<br />

<br />

v <br />

v1 v2<br />

1<br />

v 2<br />

r<br />

v <br />

s<br />

v r<br />

v <br />

s<br />

Qual è la direzione dell’accelerazione nel caso più generale<br />

Poniamo quindi di avere un punto materiale che si muove seguendo una traiettoria<br />

curvilinea in due dimensioni. <strong>Il</strong> vettore velocità è, per definizione, sempre tangente<br />

alla traiettoria e quindi, in ogni istante, cambia direzione. Nel caso generale anche il<br />

modulo della velocità cambia in ogni istante.<br />

y<br />

a <br />

v <br />

a v a v <br />

a <br />

x<br />

v <br />

Procediamo decomponendo il vettore accelerazione nelle sue componenti lungo le<br />

due rette tangente e normale alla traiettoria, componenti indicate in figura con a <br />

t<br />

ed a n<br />

rispettivamente.<br />

y<br />

a <br />

n<br />

a a <br />

t<br />

a <br />

n<br />

a <br />

a <br />

t<br />

a <br />

a <br />

a t<br />

a <br />

n<br />

x<br />

a <br />

t<br />

a n<br />

figura 7<br />

23


Possiamo vedere tale situazione come una combinazione dei casi elementari che<br />

conosciamo. Poiché la velocità è sempre tangenziale, la variazione del modulo della<br />

velocità può essere dovuta solo ad un vettore anch’esso nella direzione tangenziale.<br />

Quindi alla presenza di una componente tangenziale nell’ accelerazione ci dice di<br />

quanto deve essere allungato od accorciato il vettore velocità ogni secondo. La<br />

variazione della direzione della velocità è invece riconducibile alla presenza di una<br />

componente normale nell’ accelerazione, proprio come accade nel <strong>moto</strong> <strong>circolare</strong><br />

uniforme. Come si è visto in quel caso infatti, un’accelerazione perpendicolare alla<br />

velocità non ne modifica mai il modulo, ma la fa solo ruotare.<br />

Possiamo approssimare la traiettoria in ogni punto con una circonferenza<br />

La componente normale è dunque responsabile del cambiamento di direzione della<br />

velocità istantanea. Possiamo pensare ad essa come all’accelerazione <strong>centripeta</strong> che<br />

avrebbe la nostra particella se si stesse movendo, anziché lungo la traiettoria reale,<br />

lungo quella circonferenza che meglio vi combacia intorno al punto dove stiamo<br />

osservando il <strong>moto</strong>. Una tale circonferenza, detta circonferenza osculatrice 4 , si<br />

individua senza ambiguità per ciascun punto P della traiettoria, considerato che,<br />

presi P e P in prossimità di esso, come in figura, per i tre punti non allineati P ,<br />

1 2<br />

P eP 1 2<br />

passa una sola circonferenza. La circonferenza osculatrice nel punto P si<br />

ottiene come posizione limite, facendo avvicinare sempre più P eP 1 2<br />

a P . <strong>Il</strong> suo<br />

raggio viene detto raggio di curvatura della traiettoria in quel punto.<br />

P 1<br />

P 1<br />

P<br />

P<br />

P P P<br />

1 2<br />

P 2<br />

a n<br />

a <br />

a <br />

t<br />

P 2<br />

a <br />

n<br />

a <br />

a <br />

t<br />

Come si intuisce, la circonferenza osculatrice sarà sempre “abbracciata” dalla<br />

traiettoria con la quale deve combaciare, cioè si troverà sempre nella regione di<br />

piano dove la curva rivolge la sua concavità. Pertanto è sempre verso tale regione<br />

che punta la componente normale dell’accelerazione e di conseguenza anche<br />

l’accelerazione complessiva, come viene schematicamente illustrato in figura.<br />

s( t)<br />

Che relazione c’è con l’accelerazione nel <strong>moto</strong> rettilineo<br />

La componente tangenziale dell’accelerazione, invece, è responsabile della<br />

variazione del modulo della velocità, ed ha lo stesso significato che ha l’accelerazione<br />

istantanea nel <strong>moto</strong> rettilineo, purché si sostituisca la coordinata rettilinea con<br />

un’ascissa curvilinea lungo la traiettoria.<br />

s 0<br />

4 Dal latino osculo, baciare. La circonferenza, cioè, che meglio combacia con la traiettoria in quel<br />

punto.<br />

24


y<br />

a v <br />

Esempio 22<br />

In figura è rappresentata la traiettoria di un punto materiale. Si dica se è possibile che<br />

i vettori accelerazione e velocità istantanea abbiano i versi riportati.<br />

La situazione proposta non è possibile, perché il vettore velocità deve essere sempre<br />

tangente alla traiettoria ed il vettore accelerazione sempre orientato verso la parte del<br />

piano dove la traiettoria rivolge la sua concavità.<br />

<br />

v<br />

x<br />

t<br />

Esempio 23<br />

Qui a lato è riportato l’andamento in funzione del tempo della velocità di un punto<br />

materiale. Sulla base di questa informazione e sull’andamento della traiettoria<br />

seguita dal punto si stabilisca se l’angolo fra l’accelerazione e la velocità è acuto<br />

oppure ottuso.<br />

L’angolo è acuto perché il modulo della velocità sta aumentando, e pertanto la<br />

componente tangenziale dell’accelerazione deve essere orientata concordemente al<br />

verso di percorrenza della traiettoria. Di conseguenza il vettore accelerazione deve<br />

essere orientato prevalentemente nel verso di percorrenza, cosa che accade nel caso<br />

dell’angolo acuto.<br />

y<br />

y<br />

angolo acuto<br />

v <br />

a <br />

angoloottuso<br />

x<br />

a v x<br />

25

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