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quaderni giugno 2010.pdf - Collegio San Giuseppe - Istituto De ...

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Concorso letterario<br />

Pietro è gracile e cagionevole, ma la sua costituzione è<br />

debole almeno quanto la sua vista. “l’occhio vede tutto,<br />

salvo se stesso” diceva Calvino: niente di più vero<br />

per il personaggio tozziano. Pietro, infatti, vede la<br />

madre, ma non riesce ad amarla fino in fondo; vede il<br />

padre ma i suoi sforzi di instaurare un rapporto non sono<br />

mai sufficienti; vede la possibilità di studiare, ma dopo<br />

un tentativo evanescente e troppo conflittuale ribadisce<br />

un secco no; infine vede Ghìsola, ma non la osserva –<br />

e quando lo fa, quando per la prima e forse unica volta<br />

riesce a pronunciare un sì, è troppo tardi.<br />

Se Pietro è cieco di fronte al mondo, Ghisola può essere<br />

elevata al rango di miope. Ragazza disinibita e ipocrita<br />

prima, donna immorale e voluttuosa poi, rinuncia<br />

senza troppi rimorsi alla dignità e l’amore genuino, in<br />

nome di un’improbabile ascesa sociale. Forse la sua<br />

determinazione, per quanto disonesta, ne fa un personaggio<br />

meno biasimevole: ad ogni modo, identica è la<br />

disfatta, identica l’inettitudine.<br />

Un discorso in parte meno penalizzante può essere fatto<br />

per Agostino che, al contrario di Pietro, è costretto,<br />

vittima delle circostanze, ad aprire gli occhi. L’estate dei<br />

suoi tredici anni lo introduce in una realtà che, sproporzionata<br />

alle sue forze di bambino, lo sovrasta e lo annichilisce<br />

– ma non lo sconfigge del tutto. E allora è sì al<br />

fumo, sì alla sensualità, sì alle cattive compagnie, ma<br />

un imperioso no – forse il suo autocontrollo, forse la sua<br />

neonata quanto fragile maturità di adolescente – non lo<br />

abbandona mai.<br />

In ultima analisi, dunque, cosa accomuna e cosa differenzia<br />

i tre<br />

Pietro ha perso la madre, Agostino il padre, Ghìsola<br />

entrambi: anologo il loro retroterra, simile e al tempo<br />

stesso peculiare l’esito della loro lotta contro la vita.<br />

Pietro cerca rifugio in un amore falso e disperato, unica<br />

oasi di appagamento nell’aridità di un deserto etico e<br />

sentimentale, ma è condannato a un crudo disincanto.<br />

Ghìsola, incapace di vivere, si accontenterebbe di esistere<br />

all’ombra di Pietro: anche in questo caso il fallimento<br />

è doloroso e umiliante.<br />

E Agostino Agostino non placa le sue pulsioni interne,<br />

non risolve il rapporto ambivalente con la madre, non si<br />

fa degli amici e non trova l’amore neanche dietro pagamento.<br />

Eppure Moravia con un’ultima frase penetrante ci<br />

lascia il beneficio del dubbio. È vero: Agostino non esce<br />

di scena da “uomo”, da fiero vincitore, ma, almeno lui,<br />

dopo “molto tempo infelice” lo sarebbe diventato.<br />

Alessia Amato<br />

La realtà va affrontata<br />

Posso affermare di avere quasi varcato il “limitare”<br />

della mia adolescenza, almeno quella anagrafica. Per<br />

carità, molte sono state le scoperte positive fatte, si entra<br />

nel mondo degli adulti (chissà per quale motivo tanto<br />

agognato), ma è sempre così, quelli che si ricordano con<br />

più vivezza sono gli incubi provati davanti alla realtà<br />

che, bruscamente e quasi con gioiosa crudeltà, si è tolta<br />

la maschera, si è svelata per quello che è. Così, brusco<br />

e crudele, è “l’apparir del vero” per Agostino, il tredicenne<br />

protagonista dell’omonimo libro di Alberto Moravia.<br />

La sua è un’iniziazione alla sessualità, un passaggio dall’innocenza<br />

infantile alla realtà e non pochi sono i disagi<br />

che il personaggio dovrà patire: in primis, il profondo<br />

cambiamento che investe il rapporto con la madre.<br />

Agostino aveva un saldo legame con la figura materna,<br />

dovuto anche all’assenza forzata del padre, morto giovane,<br />

era estremamente fiero di mostrarsi in pubblico con<br />

lei, una donna ancora molto attraente sebbene di età<br />

matura, e ne era bambinescamente geloso, così come si<br />

può essere gelosi del proprio giocattolo, quello più bello.<br />

Ora, però, ben diversa è la sua gelosia: essa è avida,<br />

acuta, infelice, portatrice di un sentimento che rasenta<br />

l’ossessione, la bramosia, che rischia di cadere quasi<br />

nella perversione. La madre diventa una donna, lui, lentamente,<br />

smette di essere figlio. Per cancellare, o almeno<br />

affievolire, la sua nuova, sensuale visione della madre<br />

con gli occhi aperti<br />

di Francesca Corsi<br />

5 Scientifico A<br />

3° Classificato-Triennio<br />

tenta anche di entrare in una casa chiusa, di affrontare<br />

così il mondo appena scoperto della femminilità, ma tutto<br />

si risolve in un gran “ buco nell’acqua”.<br />

Svolge una funzione portante nella metamorfosi agostiniana<br />

l’incontro con una banda di ragazzi. Sono proprio<br />

questi ad accelerare la profonda trasformazione di<br />

Agostino (soprannominato da loro “Pisa”); fungono da<br />

“deus ex machina” delle sue azioni e dei suoi pensieri<br />

nuovi, inconsueti, sfacciati (come dice- il Gedo).<br />

Non è questo l’unico scontro con il “vero” per Agostino:<br />

entra , infatti, in contatto con una realtà sociale ben diversa<br />

da quella che era solito frequentare. Lui, figlio di borghesi,<br />

di condizione economica agiata, viene catapultato<br />

tra giovani popolani. Si scontra da un lato con l’impossibilità<br />

di ridursi a ragazzo del popolo, sebbene inizi a<br />

indossare i suoi abiti peggiori, con grande sorpresa della<br />

madre, che non nota il suo cambiamento, dall’altro con<br />

l’impossibilità di ritornare quello che era, di riabbracciare<br />

quella felice innocenza (trova, ormai, “scoloriti” i suoi<br />

vecchi compagni di gioco, i ricchi borghesi di Bagno<br />

Speranza). Agostino non è più un bambino, ma non è<br />

ancora un uomo: “molto tempo infelice dovrà passare<br />

prima che lo fosse”.<br />

Lo smascheramento della realtà è doloroso anche per Pietro<br />

Rosi, protagonista di “Con gli occhi chiusi” di Federigo<br />

Tozzi, trasfigurazione letteraria dello stesso autore.<br />

Fin dall’inizio notiamo come sia gravemente affetto<br />

da cecità spirituale (lo stesso titolo ce lo rivela); non<br />

è in grado di vedere la reale esistenza che Ghisola<br />

conduce, o meglio, non vuole vederla. È il tipico personaggio<br />

inetto che volontariamente decide di bendarsi,<br />

di chiudere gli occhi per non vedere.<br />

Sicuramente ha avuto grande peso in questa sua<br />

scelta il rapporto conflittuale che Pietro ha sempre<br />

avuto con il padre, Domenico, un uomo dispotico,<br />

gretto, attento solo ai guadagni della sua osteria,<br />

che non si relaziona mai con il figlio, se non per<br />

ricordargli quanto sia diverso da come lui avrebbe<br />

voluto. Pietro è sottomesso alla figura paterna; in sua<br />

presenza procede a testa bassa, non solleva mai lo<br />

sguardo da terra, non osa. Per riuscire a sopravvivere<br />

ha assunto un atteggiamento si muta sottomissione,<br />

la scuola è diventata un pretesto per stare lontano<br />

da casa. Anche la madre, Anna, è debole di<br />

fronte a Domenico; ama Pietro, molte volte lo difende,<br />

ma non è in grado di dimostrargli affetto. Per<br />

altro va soggetta a crisi epilettiche che la condurranno<br />

alla morte, evento che renderà Domenico, se possibile,<br />

ancora più aggressivo e scontento.<br />

Tutto ciò concorre a rendere Pietro insicuro, in un<br />

costante atteggiamento difensivo nei confronti della<br />

vita. Solo alla fine riesce ad aprire gli occhi, e solo<br />

grazie ad una lettera anonima. Si reca da Ghisola e<br />

scopre la verità, la sua gravidanza: “Una volta che si<br />

riebbe dalla vertigine che lo aveva abbattuto ai piedi<br />

di Ghisola, lui non l’amava più”. Per la prima volta<br />

Pietro accetta di guardare la realtà ad occhi ben aperti<br />

e di non nascondersi dietro ad effimere illusioni.<br />

Ghisola, a mio avviso, è un caso a parte: prima degli<br />

altri diventa conscia della sua condizione, della realtà<br />

nella quale è immersa e, non contenta, cerca di<br />

migliorarla a spese di Pietro.<br />

Consapevole del sentimento che il figlio del padrone<br />

provava per lei fin dall’infanzia, incoraggiata anche<br />

da un commerciante che la mantiene economicamente,<br />

si prodiga per farsi sposare da Pietro, per fargli<br />

credere che il bambino che porta in grembo è suo,<br />

per nascondergli la sua professione di prostituta.<br />

Grande sarà, però, la delusione che riceverà dalla<br />

vita: capito l’inganno, Pietro dimenticherà rapidamente<br />

l’amore per lei.<br />

Amara, dunque, è la realtà che si presenta davanti<br />

agli occhi di tutti i personaggi, una realtà che momentaneamente<br />

li travolge, turba la loro felicità (per alcuni<br />

decisamente illusoria), induce in loro un profondo<br />

e radicale cambiamento che segnerà le loro vite.<br />

Francesca Corsi<br />

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