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Caravaggio
Io...
Michelangelo Merisi,
detto Caravaggio
È il maggio del 1606 quando Michelangelo
Merisi da Caravaggio – egregius in urbe pictor –
fugge, malamente ferito, dopo aver ucciso in una
rissa Ranuccio Tommasoni. Da quel momento il suo
destino sarà segnato da una condanna a morte in
contumacia.
Considerato tra i maggiori artisti attivi nella Roma del
primo Seicento, ricercato dai maggiori collezionisti
del tempo e ben voluto da nobili, banchieri e monsignori,
Michelangelo Merisi avrebbe potuto condurre
di Tiziana Daga
come il Giovane con il canestro di frutta della
Borghese al Riposo durante la fuga in Egitto della
Doria Pamphilj – dominati da una tavolozza di tinte
calde e chiare – ad opere distinte da quell’inconfondibile
contrasto di luci e di ombre che diverranno il
marchio distintivo del suo naturalismo.
Si pensi all’effetto che ancora oggi suscitano su di
noi dipinti come le tele Contarelli in San Luigi dei
Francesi, o quelle della cappella Cerasi in Santa
Maria del Popolo, e ancora lo stupore che provocano
in noi, per la qualità fotografica ma allo stesso
tempo evocativa, opere come l’Amor Vincitore o
Giovane con il canestro di frutta
una tranquilla vita da ricco e stimato pittore. Invece il
ghiribizzoso artista consumò la bruciante parabola
della sua carriera di pittore in neanche vent’anni: dal
suo arrivo a Roma forse nel 1592, dopo un breve
apprendistato nella bottega milanese di Simone
Peterzano, al luglio del 1610 quando la sua esistenza
si conclude tragicamente da fuggiasco, malato e
stanco, sulle spiagge di Porto Ercole.
Aveva 39 anni, 9 mesi e venti giorni.
In questo breve lasso di tempo produce opere di straordinaria
qualità dove con una tecnica pittorica profondamente
innovativa ritrae “dal vero” soggetti d’arte
sacra e profana, passando da dipinti giovanili
l’Amor Vincitore
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