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Il futuro demografico dell'Italia - Dipartimento di Economia politica

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sarà da 42 a 278 milioni. In sostanza, nel 2050 la stragrande maggioranza dei gran<strong>di</strong> anziani vivrà<br />

nei paesi in via <strong>di</strong> sviluppo.<br />

Veniamo, infine, ai dati sui flussi migratori. Tra il 2000 ed il 2005, i paesi interessati da sal<strong>di</strong><br />

migratori positivi sono stati 74. In sessantaquattro i sal<strong>di</strong> migratori hanno rafforzato la crescita<br />

naturale, in sette (Austria, Croazia, Germania, Grecia, Italia, Slovacchia e Slovenia) hanno più che<br />

controbilancia il declino <strong>demografico</strong>, mentre in tre (Repubblica Ceca, Ungheria e Federazione<br />

Russa) lo hanno ridotto, ma non sono stati sufficienti ad annullarlo.<br />

Per quanto riguarda il <strong>futuro</strong>, le Nazioni Unite hanno ipotizzato che tra il 2005 ed il 2050 il<br />

numero <strong>di</strong> persone che emigrerà dai paesi in via <strong>di</strong> sviluppo verso i paesi più sviluppati sarà pari a<br />

98 milioni (2,2 milioni all’anno), vale a <strong>di</strong>re poco meno del 4% della crescita attesa della<br />

popolazione mon<strong>di</strong>ale. I paesi maggiormente interessati a sal<strong>di</strong> migratori positivi dovrebbero essere<br />

gli Stati Uniti (49,5 milioni), la Germania (9,1), il Canada (9), la Gran Bretagna (5,85), l’Italia (5,4)<br />

e l’Australia (4,5). Nel complesso, questi sei paesi avrebbero quin<strong>di</strong> un saldo migratorio <strong>di</strong> 83,5<br />

milioni pari al 85% dei sal<strong>di</strong> positivi totali. I paesi interessati dai sal<strong>di</strong> negativi più consistenti<br />

dovrebbero essere la Cina (-14,7 milioni), il Messico (-13,2), l’In<strong>di</strong>a (-10,8), le Filippine (-8,1),<br />

l’Indonesia (-7,4), il Pakistan (-6,9) e l’Ucraina (-4,5), per un totale <strong>di</strong> 65,7 milioni pari al 67% dei<br />

sal<strong>di</strong> negativi complessivi.<br />

4. Le conseguenze demografiche ed economiche del declino <strong>demografico</strong> dei paesi sviluppati<br />

Le implicazioni demografiche ed economiche del declino <strong>demografico</strong> che secondo tutti gli<br />

Istituti internazionali e gli Istituti nazionali <strong>di</strong> statistica dei paesi interessati dovrebbe abbattersi<br />

sui paesi industrializzati nel corso <strong>di</strong> questo secolo sono state al centro <strong>di</strong> numerosi lavori. In<br />

queste sede ci limiteremo ad esaminarne due che sono <strong>di</strong> particolare interesse non tanto per i<br />

risultati a cui giungono, ma in quanto, a mio avviso, contengono la summa degli errori<br />

metodologici che affliggono questo campo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>.<br />

<strong>Il</strong> primo è un Rapporto prodotto dalla Population Division delle Nazioni Unite 16 . Obiettivo<br />

dello stu<strong>di</strong>o è quello <strong>di</strong> verificare se le migrazioni internazionale possono rappresentare una<br />

soluzione al problema del declino <strong>demografico</strong> e dell’invecchiamento. <strong>Il</strong> secondo è uno stu<strong>di</strong>o<br />

prodotto dal Direttorato generale per gli Affari Economici e Finanziari dell’Unione<br />

Europea allo scopo <strong>di</strong> fornire il background tecnico per la valutazione dell’impatto<br />

potenziale, economico e fiscale, del processo <strong>di</strong> invecchiamento 17 . Lo stu<strong>di</strong>o propone<br />

delle proiezioni delle forze <strong>di</strong> lavoro, della <strong>di</strong>soccupazione e dell’occupazione<br />

4.1 L’emigrazione compensativa: gli scenari delle Nazioni Uniti<br />

Nel marzo del 2000 Joseph Chamie, <strong>di</strong>rettore della Population Division delle Nazioni Unite,<br />

presentò al meeting annuale della Population Association of America, tenutosi a Los Angeles,<br />

uno stu<strong>di</strong>o dal titolo “Replacement migration: is it a solution to declining and ageing<br />

population“ 18 .<br />

Lo stu<strong>di</strong>o delle Nazioni Unite parte dalla considerazione che se vi è qualche possibilità che<br />

nei paesi sviluppati la natalità aumenti nei prossimi decenni, è però del tutto improbabile che essa<br />

possa riportarsi a quel valore <strong>di</strong> circa 2,1 figli per donna che garantisce la stabilità del livello<br />

16 United Nation, Population Division, Replacement migration: is it a solution to declining and ageing population,<br />

2000.<br />

17 Giuseppe Carone, Long-term labour force projections for the 25 EU Member States: A set of data for assessing<br />

the economic impact of ageing, European Commission, Directorate-Genral for Economic and financial Affairs,<br />

Economic papers, n. 235, 2005.<br />

18 <strong>Il</strong> concetto <strong>di</strong> replacement migration non era nuovo nella letteratura demografica, ma lo stu<strong>di</strong>o della Population<br />

Division gli ha dato un rilievo che non aveva ricevuto in precedenza. <strong>Il</strong> rapporto definisce l’immigrazione sostitutiva<br />

come “the international migration that would be needed to offset possible population shortages, i.e. declines in the size of<br />

population, the declines in the population of working age, as well as to offset the overall ageing of population”. Spiega<br />

McNicoll (op. cit., pag.4): The replacement in replacement migration is of birth by immigrants, the implicit assumptions<br />

being that recruitment to a population by immigration is an equivalent process to recruitment by birth. In an<br />

in<strong>di</strong>vidualistic economic calculus, the <strong>di</strong>fference may indeed be immaterial – or, with a selective admission policy, even<br />

in migration’s favour, since it is the parents of taxpayers of other countries who have born the cost of the migrants’<br />

education. But for the society rather than for the economy, the two models of entry have very <strong>di</strong>fferent implications”.<br />

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