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BOLERO SPADÒ

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Marco Travaglini<br />

<strong>BOLERO</strong> - <strong>SPADÒ</strong><br />

Alberto Spadolini, una vita di tutti i colori


Alberto Spadolini<br />

(Ancona 1907 - Parigi 1972)<br />

Nel 100° anniversario della nascita<br />

1


2<br />

A mia moglie Emma


Marco Travaglini<br />

<strong>BOLERO</strong> - <strong>SPADÒ</strong><br />

Alberto Spadolini, una vita di tutti i colori<br />

In appendice<br />

Alberto Spadolini e la danza<br />

di Rosella Simonari, Università di Macerata<br />

3


<strong>BOLERO</strong> - <strong>SPADÒ</strong><br />

Alberto Spadolini, una vita di tutti i colori<br />

Rassegna organizzata da<br />

Assessorato alla Cultura<br />

Comune di Porto San Giorgio<br />

Sala Imperatori, 10 agosto - 9 settembre 2007<br />

Patrocinio di<br />

Ministero dei Beni e Attività Culturali<br />

Ministero dell’Università e della Ricerca<br />

Ringraziamenti<br />

Per ricostruire la storia di Spadolini mi sono avvalso dell’archivio<br />

ritrovato a Fermo nel 1978 e delle testimonianze di Giorgia, Maria<br />

e Bice, sorelle di Spadolini; dei suoi nipoti Anna, Alberto, Mario e<br />

Stefano; dei suoi più cari amici fra cui Jean-François Crance, Jacques<br />

Daburon, Alì G., Margherita Golinelli, Patrick Oger, Carmelo Petix,<br />

Charles Pisciotta, Jacques Puisset, Sergio Sadotti, Mariantonietta<br />

Zuccarini, Alex Wolfson.<br />

Grande l’aiuto dell’Archivio del Vittoriale degli Italiani di Gardone Riviera,<br />

dell’Istituto Statale d’Arte “F. Fellini” di Riccione, della Bibliothèque<br />

Nationale de France, della Bibliothèque du Film de Paris, della Direction<br />

des Affaires Culturelles de Le Mans, della Deutsches Tanzarchiv di<br />

Colonia, del Victoria & Albert Theatre Museum di Londra.<br />

Italia Nostra sez. di Fermo<br />

Hanno collaborato a questa impresa gli amici Antonio Paolo Aiuto,<br />

Federica Bozzarelli, Antonio Calenda, François-Xavier Camus, Tiziano<br />

Cantalupi, Angelo Chiaretti, Franco Copparo, Enzo Dall’Ara,<br />

Emanuel Duval, Fabio Filippetti, Antoine Fratini, Nassim Ghassoul,<br />

Alessandro Giambartolomei, Riccardo Gresta, Andrea Harris, Attilio<br />

Mazza, Rodolfo Minnucci, Giuseppe Nuciari, Stefano Papetti, Franco<br />

Raschi, Giovanni Ricci Novara, Elvezio Serena, Rosella Simonari,<br />

Maria Donata Spadolini, Vittorio Tasini, Cinzia Zavoli, Fabrizio Zeppilli,<br />

Isabella Zucchi.<br />

Copyright<br />

Marco Travaglini 2007<br />

Si ringrazia per le traduzioni: Jeanette Mancinella, Marlene Saponi, Giorgio<br />

Tonti e per il progetto grafico e la fotocomposizione: Laura Staderini.<br />

Sul sito web www.albertospadolini.it<br />

approfondimenti e nuove scoperte:<br />

Passo a Quattro: Baker, Spadolini, il balletto e gli archivi<br />

di Andrea Harris, docente presso il Department of Ballet & Modern<br />

Dance - Texas Christian University<br />

Spadolini ricercatore d’oro<br />

di Antoine Fratini, Associazione Europea di Psicoanalisi<br />

Profilo della personalità di Alberto Spadolini<br />

di Isabella Zucchi, psicologa, docente grafologia dinamica<br />

Il ricordo di A. Spadolini<br />

di Jean-François Crance<br />

Un ringraziamento particolare va infine all’amico Tony Bortolotti<br />

prezioso consigliere in questo mio viaggio nel misterioso mondo di<br />

Alberto Spadolini.<br />

Marco Travaglini, nipote di Alberto Spadolini e curatore della Rassegna Bolero<br />

- Spadò, ha collaborato alla realizzazione di numerosi progetti interdisciplinari.<br />

E’ stato direttore della rivista “Quaderni” (1981 - 1991), presidente<br />

del Centro C. G. Jung (1980 - 2001), presidente Onorario della Federazione<br />

Europea Società Paleontologiche e Mineralogiche (1996). Per la rassegna internazionale<br />

“Bolero - Spadò”, ha ricevuto nel 2005 una medaglia dal Presidente<br />

della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.<br />

Prima di copertina: Spadolini nella “Danse Grecque” di Gauwin al<br />

Palais de Chaillot. Foto Joe Pasen, Parigi anni ‘40 (Coll. B-S n. 37)<br />

Consulenza assicurativa per la mostra<br />

Fermo - Via Respighi n° 2<br />

tel. 0734.228832<br />

Quarta di copertina: Spadolini e Liane Daydé de l’Opera de Paris,<br />

Studio maestro Volinine, anni ’50 (Coll. Bolero-Spadò n. 219).<br />

A destra: Manifesto a colori di Spadolini, Tipografia De Gerval,<br />

Bruxelles anni ’30 (Coll. B-S n. 121)<br />

4


SOMMARIO<br />

INTRODUZIONE 8<br />

Spadolini a Porto San Giorgio<br />

di Claudio Brignocchi e Giuseppe Nuciari<br />

PRESENTAZIONE 10<br />

di Antonio Calenda<br />

LA SCOPERTA DELL’ARCHIVIO 12<br />

GENESI DI UN ARTISTA 14<br />

Allievo di Bragaglia 16<br />

Prediletto da d’Annunzio 18<br />

Giovane pittore 22<br />

COME IN UNA FIABA 24<br />

In Francia da Paul Colin 26<br />

Intervista 28<br />

Crea le sue danze in poltrona 30<br />

Cagliostro della danza … o fenomeno di incarnazione? 32<br />

La cultura fisica 34<br />

Prime prove della Televisione Francese 36<br />

L’homme et la machine 38<br />

Fa ingelosire Pablo Picasso 40<br />

Agli Archivi Internazionali della danza di Rolf de Maré 42<br />

Fugge con Catherine Hessling, moglie di Jean Renoir 44<br />

Un marchigiano alla corte di Joséphine Baker 46<br />

Cécile Sorel, Mistinguett, Suzy Solidor, 52<br />

Marianne Oswald, Marléne Dietrich<br />

Contro ogni dittatura 54<br />

Hanno scritto del danzatore e coreografo Spadolini 56<br />

L’ECLETTICO ARTISTA SPADOLINI 58<br />

Pittore francese 60<br />

Pittore della danza 64<br />

Spadolini e Liane Daydé 74<br />

Pittore svedese 76<br />

Pittore delle Marche 78<br />

Pittore esoterico 82<br />

Decoratore e scenografo 90<br />

Illustratore 94<br />

Restauratore 98<br />

Nel cinema 100<br />

Cantante 104<br />

L’UOMO SPADOLINI 106<br />

Come un principe del Rinascimento 108<br />

Felix Yussupov 110<br />

Jean Cocteau 112<br />

Un amore lungo venti anni: 114<br />

Alberto Spadolini e Yvette Marguerie<br />

Commiato 116<br />

APPENDICE 118<br />

Spadolini e la danza<br />

di Rosella Simonari<br />

A destra: Spadolini danza nel documentario “Nous les gitans”<br />

del 1951 (Coll. B-S n. 259)<br />

6


Spadolini<br />

a Porto San Giorgio<br />

di Claudio Brignocchi e Giuseppe Nuciari<br />

È difficile comprendere come sia stato possibile dimenticare<br />

Alberto Spadolini (Ancona 1907 - Parigi 1972),<br />

pittore - decoratore - scenografo - illustratore - restauratore<br />

- danzatore - coreografo - cantante - attore - regista,<br />

amico di Anton Giulio Bragaglia, di Gabriele d’Annunzio<br />

e di Jean Cocteau.<br />

Completamente sconosciuto fino a pochi anni fa l’eclettico<br />

artista è diventato un caso internazionale: l’Ambasciata<br />

di Francia e l’Ambasciata di Svezia concedono<br />

il loro patrocinio alla prima Rassegna “Bolero-Spadò”<br />

del 2005; il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio<br />

Ciampi invia una medaglia per la scoperta; la rivista “Lo<br />

Specchio della Stampa” del giugno 2006 pubblica su di lui<br />

e sulla sua compagna Joséphine Baker un lungo articolo;<br />

la rivista “Vogue”, che si era già occupata di Spadolini<br />

nel lontano 1933, torna a parlare di lui nell’aprile 2007;<br />

edita in italiano, in francese, in inglese e in spagnolo, la<br />

più bella rivista d’arte internazionale “Franco Maria Ricci”<br />

del maggio 2007 gli dedica un articolo di dodici pagine<br />

con numerose inedite fotografie.<br />

Oggi sono centinaia i siti internet che si occupano di<br />

Spadò, com’è ancora oggi chiamato dagli amici francesi,<br />

centinaia gli articoli pubblicati in Italia e all’estero,<br />

due i libri editi in questi giorni. Il primo ad opera degli<br />

studiosi Franco Copparo e Fabio Filippetti (Fortino<br />

Napoleonico di Portonovo - Ancona), il secondo grazie<br />

all’impegno della nostra amministrazione comunale,<br />

della Regione Marche, della provincia di Ascoli Piceno<br />

e della Fondazione Cassa di Risparmio di Fermo.<br />

Nel 100° anniversario della nascita di Spadolini presentiamo<br />

il suo archivio segreto, le fotografie che lo ritraggono<br />

mentre danza a Les Folies Bergere, al Casinò de<br />

Paris, al Metropolitan e allo Ziegfield’s Follies di New<br />

York. Ammiriamo la sua produzione artistica: dipinti<br />

sulla danza, paesaggi marchigiani, scenografie, sculture,<br />

disegni. E poi inediti documenti di A. G. Bragaglia e di<br />

Felix Yussupov, il principe russo che uccise Rasputin;<br />

depliant e spartiti musicali di Edith Piaf, Maurice Chevalier,<br />

Mistinguett, Joséphine Baker; splendide litografie<br />

di Jean Cocteau e di Pablo Picasso.<br />

La storia dell’artista Spadolini è profondamente legata<br />

al nostro territorio: è nella casa delle sorelle Giorgia e<br />

Maria, sarte in via Medaglie d’Oro a Fermo, che è stato<br />

ritrovato nel 1978 il suo archivio; è a Fermo che l’artista<br />

ha mirabilmente decorato la Villa dei Conti Vitali, oggi<br />

Museo Comunale, e la Villa Papetti; è alla chiesetta di<br />

Porto Sant’Elpidio che ha donato la “Santa Teresa di Lisieux”,<br />

opera eseguita nel 1955 in occasione della nascita<br />

del nipote Stefano Travaglini, affermato jazzista; ma è<br />

soprattutto nella nostra città che Spadolini amava soggiornare<br />

in compagnia della contessa Yvette Marguerie,<br />

suo grande amore. Passeggiando confuso ai tanti turisti<br />

in riva al mare, assaporando un buon ‘brodetto di pesce’<br />

che solo i nostri ristoranti sanno ancora preparare, danzando<br />

a “Riva Fiorita” fino a tarda notte, Spadolini ha<br />

molto amato Porto San Giorgio. E la nostra città vuole<br />

dare con questa iniziativa il giusto riconoscimento all’eclettico<br />

artista e al grande marchigiano.<br />

Un sentito ringraziamento a Marco Travaglini, instancabile<br />

biografo, senza il quale tutto ciò non sarebbe stato<br />

possibile.<br />

Claudio Brignocchi<br />

Sindaco<br />

Giuseppe Nuciari<br />

Assessore alla Cultura<br />

A destra: Spadolini, foto Cayeb (Coll. B-S n. 47)<br />

8


Presentazione<br />

di Antonio Calenda<br />

Attraverso l’appassionata ricerca di Marco Travaglini<br />

abbiamo avuto modo di conoscere una figura veramente<br />

singolare: Alberto Spadolini.<br />

Prendendo le mosse da un capostipite delle avanguardie<br />

italiane come Anton Giulio Bragaglia, Spadolini si<br />

impone in Francia all’attenzione dei grandi artisti dell’epoca,<br />

artisti di rilievo assoluto come Max Jacob e Jean<br />

Cocteau che riconoscono in lui una versatilità innata<br />

nell’arte della danza, della coreografia, della pittura, della<br />

scenografia …<br />

Impressionare questi artisti che negli anni ’30 erano i<br />

punti di riferimento della cultura mondiale (ricordiamo<br />

che era il tempo dei Ballets Russes di Sergej Diaghilev,<br />

c’era Nijinskij a Parigi), impressionarli a tal punto da<br />

ricevere da loro giudizi di grandissima ammirazione è<br />

una cosa che ci sorprende e ci appassiona.<br />

Come ci sorprende e ci appassiona che Spadolini non<br />

abbia mai studiato danza ma solo scenografia.<br />

Per cui io ritengo che tutto quello che ha fatto Marco<br />

Travaglini, in una appassionata ricerca che è durata<br />

anni, per ricordare a tutti noi che c’è stato un italiano<br />

che si è imposto all’estero, che ha fatto conoscere un<br />

versante della nostra cultura, del nostro saper essere anche<br />

improvvisatori, è una cosa che ci commuove.<br />

E ciò testimonia di una grande passione verso l’arte che<br />

non possiamo non riconoscergli.<br />

Antonio Calenda<br />

Direttore del Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia dal maggio<br />

1995, ha iniziato la propria attività teatrale nell’ambito del<br />

Teatro Universitario di Roma. Nel 1965 ha fondato insieme a<br />

Virgilio Gazzolo e Luigi Proietti il Teatro Centouno. Successivamente<br />

ha lavorato per il Teatro di Roma e ha diretto per nove<br />

anni il Teatro Stabile dell’Aquila. Suo il discorso inaugurale nel<br />

corso della Rassegna “Bolero-Spadò”, al Castello degli Agolanti<br />

di Riccione, maggio 2005.<br />

Sopra: Nijinsky, Spadolini, Serge Lifar in figurine della danza 1933 (Coll. privata)<br />

A destra: Spadolini con una sconosciuta ballerina ne “La Ninfa e il Fauno”, foto anni ’30 (Coll. B-S n. 17)<br />

10


La scoperta dell’archivio<br />

Sono caduto dalle nuvole quando, nell’autunno 1978,<br />

zia Giorgia, con la voce rotta dall’emozione, mi ha chiesto<br />

telefonicamente di aiutarla a traslocare dalla sua casasartoria<br />

di Fermo. Nemmeno per me è facile lasciare i<br />

luoghi in cui ho trascorso gli anni più belli della mia<br />

giovinezza.<br />

Dopo aver caricato su di un camion mobili, letti, tavoli,<br />

sedie e, con particolare cura, alcuni quadri dipinti da<br />

mio zio Alberto, domando alle zie: “In soffitta non c’è<br />

niente da portare via?”<br />

“Hai già lavorato abbastanza!”, protesta Giorgia.<br />

“Ci sono solo vecchi stracci!”, cerca di dissuadermi zia Maria.<br />

Testardo come un mulo volo fino all’ultima rampa di<br />

scale, apro la porta e scruto attentamente nella semi -<br />

oscurità. Un tempo questo era il mio regno. Da piccolo<br />

qui correvo a nascondermi quando i miei genitori venivano<br />

a prendermi per ricondurmi a casa al termine<br />

delle vacanze. Da adolescente è qui che mi rifugiavo per<br />

ascoltare i primi dischi dei Beatles e dei Led Zeppelin.<br />

Conosco ogni angolo di questa soffitta: il camerino<br />

con i ritagli di stoffa; la parete dove sono ammucchiati<br />

i giornali di moda; i manichini che mi divertivo a far<br />

girare come trottole.<br />

Un cartone con la scritta ‘Alberto Spadolini’ cattura la mia<br />

attenzione. Di questo zio, morto a Parigi nel 1972, so<br />

ben poco. Anche la sua morte è avvolta nel mistero: ne<br />

siamo stati informati con due giorni di ritardo e qualcuno,<br />

nel frattempo, ha fatto sparire dal suo appartamento<br />

documenti, libri e diari …<br />

“Non c’è più posto qui dentro!”, protesta il conducente<br />

quando cerco di salire a bordo del camion con lo scatolone.<br />

“Non si preoccupi, lo tengo in braccio!”, lo tranquillizzo.<br />

Ben presto mi rendo conto di aver scoperto ‘l’archivio<br />

Spadolini’. All’interno sono stipati un centinaio di fotografie<br />

degli anni ’30, manifesti, libri, articoli, spartiti<br />

musicali, depliant degli spettacoli di danza e delle esposizioni<br />

di pittura in Francia, in Svezia, in Belgio, in Germania,<br />

in Danimarca, in Italia, in Africa, in America, in<br />

Estremo Oriente…<br />

L’archivio Spadolini resta a lungo nello scatolone. A punzecchiarmi<br />

ci pensa l’amico Antonio Bortolotti che più<br />

volte mi esorta a studiare quegli ingialliti documenti.<br />

Nel maggio 1986, convinto di sapere tutto, scrivo un<br />

articolo su zio Alberto per la rivista “Quaderni del Centro<br />

C. G. Jung”.<br />

Nel 1999 riprendo le ricerche e, certo di aver svelato<br />

anche gli ultimi segreti, insieme ai miei studenti dell’Istituto<br />

Statale d’Arte ‘F. Fellini’ di Riccione dedico a<br />

Spadolini un capitolo del libro “Alla scuola dell’albero:<br />

crescere secondo natura”.<br />

Ho quasi dimenticato quella storia finché con la mia famiglia,<br />

nell’estate del 2004, trascorro le vacanze a Parigi.<br />

Mi reco sulla tomba di Spadolini nel cimitero parigino<br />

di Saint-Ouen e, con enorme sorpresa mi avvedo che, a<br />

distanza di trent’anni dalla sua morte, qualcuno gli porta<br />

ancora fiori freschi.<br />

Nella speranza di rintracciare lo sconosciuto amico<br />

dello zio lascio nel sottovaso un bigliettino con il mio<br />

recapito. Dopo qualche mese squilla il telefono… un<br />

accento francese… e, come per incanto, entro nel magico<br />

mondo di Spadolini.<br />

Novello ‘Indiana Jones’ rintraccio alcuni dei suoi più<br />

cari amici; entro in possesso di alcune sue lettere rimaste<br />

sepolte per 70 anni in una cantina; recupero un centinaio<br />

di preziosi documenti nelle biblioteche di Parigi<br />

e di Londra; scopro una trentina dei suoi dipinti fra cui<br />

uno nella collezione dell’ex primo Ministro Giovanni<br />

Spadolini, suo lontano parente; ricevo in regalo il costume<br />

di scena da lui indossato migliaia di volte per danzare<br />

il “Bolero” di Ravel … e mi arrendo all’evidenza: ho<br />

conosciuto solo “la punta dell’iceberg” Spadolini.<br />

A destra: Spadolini ritratto da Roger Carlet, Parigi anni ’30 (Coll. B-S n. 32).<br />

12


GENESI DI UN ARTISTA<br />

“Vita curiosa quella di Spadolini… Debutta a 12 anni nell’atelier di Gian Battista Conti che<br />

all’epoca era già il pittore del Vaticano; lo ritroviamo presso Bragaglia a Roma con De Chirico,<br />

Prampolini e Marinetti che rappresentano il movimento italiano d’avanguardia. Là egli espone<br />

già e dipinge le sue scenografie…”<br />

Jacopo della Serra, Accademico d’Italia, 1946<br />

(Coll. B-S n. 167)<br />

14


Allievo di<br />

Bragaglia<br />

Alberto nasce il 19 dicembre 1907 nel quartiere Piano<br />

di San Lazzaro ad Ancona. Le sorelle ce lo descrivono<br />

come un bambino intelligente, amante dello sport e di<br />

ogni forma d’arte. Ricorda della sua infanzia la grande<br />

amica Margherita Golinelli:<br />

“Amarlo era facile: era molto buono e affettuoso. L’unico difetto,<br />

se si può chiamarlo tale, era la sua vivacità, una cosa incredibile.<br />

Egli non stava mai fermo. Scattante come una molla, voleva<br />

rendersi utile in tutto e per tutto. Amava la natura, la campagna.<br />

Dato che lo zio Luigi possedeva un orto, Alberto gli era sempre<br />

vicino per aiutarlo ma purtroppo, mancando di pratica, era più<br />

il danno che l’utile. Alberto dialogava con tutti, non faceva distinzione<br />

fra giovani e anziani, proteggeva i più deboli con tanta<br />

generosità.”<br />

“Alberto Spadolini” ‘Quaderni’ Centro Jung 1986<br />

La sua mente è sempre in fermento: fantastica luoghi<br />

leggendari, eroiche imprese che mette in scena con i<br />

suoi amici. Con qualche asse di legno ed un telo strappato<br />

è in grado di allestire un palcoscenico dove si esibisce<br />

in piccoli spettacoli teatrali. E c’è sempre qualcuno<br />

disposto a fermarsi per ascoltare le gesta di Giulio Cesare<br />

o di Sandokan.<br />

Spadolini è ancora un bambino quando apprende dal<br />

maestro anconetano Baldinelli i primi rudimenti della<br />

pittura.<br />

All’inizio degli anni ’20 Alberto approda a Roma al<br />

Teatro degli Indipendenti di Anton Giulio Bragaglia<br />

(Frosinone 1890 - Roma 1960) di cui diventa allievo ed<br />

amico.<br />

Bragaglia accomuna l’interesse per molteplici discipline<br />

come archeologia, cinematografia, fotografia, scenografia,<br />

musica e danza moderna, grafica, pittura, scultura,<br />

senza disdegnare l’esoterismo.<br />

‘Talpa Anton Giulio’, come scherzosamente lo chia-<br />

mano i suoi amici, scavando nel sottosuolo di palazzo<br />

Tittoni a Roma trova nuove gallerie e da esse ricava gli<br />

spazi per aprire il Teatro Sperimentale degli Indipendenti.<br />

Qui porta in scena opere di Campanile, Pirandello,<br />

George Bernard Show, Orio Vergani ed allestisce<br />

ben cinque Gallerie d’Arte.<br />

A proposito di Spadolini scrive lo storico dell’arte Stefano<br />

Papetti:<br />

“…l’amicizia con Anton Giulio Bragaglia, che lo conobbe e<br />

sostenne nei primi anni romani, si manifesta nel cinetismo delle<br />

figure che discende da una personale revisione del dinamismo<br />

caro ai futuristi. Negli anni della gioventù di Spadolini, le Marche<br />

avevano vissuto infatti una stagione artistica caratterizzata<br />

dal diffondersi fra gli artisti più giovani di un esasperato desiderio<br />

di rinnovamento: a Macerata, in particolare, pittori come<br />

Monachesi, Tulli e Pannaggi avevano raccolto il testimone di<br />

Boccioni dando vita ad una tarda stagione futurista in seno alla<br />

quale può iscriversi anche l’esordio di Spadolini.”<br />

Stefano Papetti, direttore Pinacoteca di Ascoli Piceno<br />

“Rassegna Bolero-Spadò”, Riccione 2005<br />

A pagina 15: Spadolini in una foto Fratelli Mammoli di Ancona, anni ‘20 (Coll. B-S n. 391)<br />

Sopra: Anton Giulio Bragaglia. Immagine tratta da una cartolina postale inviata nel 1951 dal celebre regista a Spadolini per informarlo dell’avvenuta<br />

pubblicazione del volume “Danze popolari italiane” con un capitolo a lui dedicato (Coll. B-S n. 395)<br />

A destra: Spadolini, foto Cayeb Bruxelles fine anni ‘30 (Coll. B-S n. 45)<br />

16


Prediletto da<br />

Gabriele<br />

d’Annunzio<br />

Carmelo Petix, grande amico di Spadolini, nel corso<br />

di un colloquio nel 2005 mi sorprende raccontandomi<br />

che mio zio ha conosciuto Gabriele d’Annunzio (1863<br />

– 1938).<br />

La conferma mi giunge solo nel maggio 2007.<br />

Patrick Oger mi spedisce un pacchetto contenente alcune<br />

fotocopie del libro “D’Annunzio”, edito a Parigi nel 1971<br />

da Arthème Fayard, scritto da Philippe Jullian, giornalista<br />

del “Figaro Littéraire” e autore d’importanti biografie, fra<br />

cui quella di Oscar Wilde e Sarah Bernardt.<br />

Nelle prime pagine del volume, insieme ai ringraziamenti<br />

a S. M. la regina Maria José, alla principessa Bibesco<br />

e ad André Malraux, Jullian così ringrazia l’artista<br />

marchigiano:<br />

«Spadolini, il celebre ballerino, mi ha raccontato il soggiorno,<br />

fatto da giovanissimo, al Vittoriale».<br />

Dopo aver perso un occhio nel corso dell’ammaraggio<br />

vicino a Grado nel 1916, ed essere sfuggito al bombardamento<br />

di Fiume nel 1920, d’Annunzio trova il suo<br />

estremo rifugio a Gardone Riviera, sul lago di Garda,<br />

nella tenuta di Cargnacco.<br />

I lavori di sistemazione di quello che diventerà il Vittoriale<br />

degli Italiani, emblema del ‘vivere inimitabile’ di<br />

d’Annunzio, cominciano nel marzo 1923 sotto la direzione<br />

dell’architetto Giancarlo Maroni e la supervisione<br />

dello stesso d’Annunzio.<br />

Il Poeta ha una grande passione per il corpo, femminile<br />

e maschile, e la sua residenza è ornata anche di disegni,<br />

bronzi e riproduzioni di giovani, donne e uomini; in<br />

una nicchia della Stanza della Cheli (sala da pranzo così<br />

chiamata dal nome greco della tartaruga che troneggia<br />

in mezzo al tavolo) si ammira, ad esempio, il busto di<br />

Antinoo, bellissimo giovane vissuto nel 130 d. C. amato<br />

dall’imperatore Adriano.<br />

Jullian scrive nel suo libro che Spadolini divenne il prediletto<br />

del Poeta alcuni mesi dopo il ‘volo dell’Arcangelo’,<br />

ossia la misteriosa caduta dalla finestra di Gabriele<br />

d’Annunzio del 13 agosto 1922 in seguito alla quale rimase<br />

dodici giorni fra la vita e la morte.<br />

Ma ecco il brano dello scrittore francese:<br />

«La testimonianza di un uomo nel quale il ricordo di una grande<br />

bellezza e di un grande successo sulla scena non è stato, come<br />

spesso accade, deformato o guastato dagli anni, precisa i sospetti<br />

che nascono anche nella mente del visitatore meno prevenuto.<br />

Venuto giovanissimo al Vittoriale nel 1924, allievo di un decoratore<br />

incaricato di metter in scena un’opera nel primo teatro all’aperto,<br />

il nostro testimone ci dice che d’Annunzio, a cui la vista<br />

si era molto abbassata, sarebbe stato all’inizio attirato dalla sua<br />

voce e si sarebbe attaccato a lui come a un paggio che lo avrebbe<br />

guidato nei giardini per dirgli tutto ciò che vedeva. Nacque così<br />

un’amicizia.<br />

In alto: Immagine scattata il 12 agosto del 1922, il giorno prima del ‘volo dell’Arcangelo’, ossia della caduta dalla finestra dalla Prioria del Vittoriale.<br />

D’annunzio, nel gioco d’ombre sulla cravatta, vide la mano della madre. Foto tratta dal libro di Attilio Mazza, “D’Annunzio e l’occulto”, Roma,<br />

Edizioni Mediterranee, 1995 e pubblicata con l’autorizzazione dell’autore<br />

A destra: Spadolini, foto Condé Nast 1933 (Coll. B-S n. 6 )<br />

18


E il giovane fu invitato a restare al Vittoriale e poi a trascorrervi<br />

parecchi soggiorni. D’Annunzio confidava al suo compagno<br />

tutto ciò che gli passava per la testa: ‘I visitatori sono importuni,<br />

ma, come le mosche serali, fanno parte della mia vita … Tutto<br />

ciò che è felice è per gli imbecilli, per noi la perfezione non è che<br />

nella nostra immaginazione…<br />

La maggior parte delle persone non hanno bisogno che di cacare,<br />

il resto non conta …’ Gli citò più di una volta questa frase di<br />

Nietzsche: ‘Un uomo virtuoso (si potrebbe dire normale) è un<br />

essere di specie inferiore per questa sola ragione: che non è una<br />

persona poiché il suo valore consiste nell’essere conforme ad uno<br />

schema di uomo fissato una volta per tutte’.<br />

«Comunque D’Annunzio non incoraggiava la familiarità:<br />

‘Chiamami Poeta e non più Maestro, ma non per nome: il mio<br />

nome è come una lacrima nella mia anima …’.<br />

Infine nel corso di una passeggiata, durante la quale aveva a<br />

lungo parlato di bellezza delle statue greche, il Poeta ordinò al<br />

suo compagno di spogliarsi: ‘Ma … i giardinieri …’. ‘I giardinieri<br />

non vedranno quello che io vedo, io solo conto.<br />

Guardami in faccia. Il peccato è guardare se ci guardano, poiché<br />

in questo caso tu ti associ alla bassezza degli altri. Alza le braccia<br />

… che bellezza!!!’<br />

«Quando il giovane decise di partire per Parigi il Poeta gli diede<br />

una mandragola, che egli stesso aveva scolpito, e tre lettere, una<br />

per Maurice Rostand e l’altra per Emilienne d’Alençon, ‘la più<br />

grande checca e la più grande puttana’, D’Annunzio era certo<br />

che se la sarebbe cavata.<br />

Del terzo plico disse: ‘Non l’aprire che quando sarai a Parigi’.<br />

Conteneva la somma, allora considerevole, di quarantamila lire<br />

in biglietti nuovi.<br />

Beninteso, questa avventura non permette affatto di dichiarare<br />

D’Annunzio pederasta; ma, come Giove, l’eroe, dopo tante<br />

Lede, tante Danae, tante Europe, ha avuto qualche Ganimede.<br />

Non era un uomo da donne era un uomo d’amore’, disse un<br />

giorno di lui Miss Barney».<br />

“D’Annunzio” di P. Jullian, Ed. Fayard, 1971 (Coll. P. Oger)<br />

Jullian non conobbe d’Annunzio e la testimonianza dell’incontro<br />

riferitagli da Spadolini contiene alcune imprecisioni,<br />

ad esempio il Poeta non fu mai scultore, pur<br />

spacciandosi per tale con Mussolini al quale scrisse il 17<br />

marzo 1924:<br />

«Ti mando due segni che sono due amuleti di sicura virtù. Escono<br />

da quel mio botteguzzo del Vittoriale, dove lavora per me e con me<br />

[sic!] un orafo che a gioco io chiamo Mastro Paragon Coppella»<br />

Ma al Vittoriale non vi fu bottega di orefice; il Poeta<br />

chiamò Mastro Paragon Coppella alcuni gioiellieri<br />

come il milanese Mario Buccellati suo fornitore di piccoli<br />

oggetti preziosi da donare agli amici e alle donne.<br />

Le ricerche condotte a Gardone Riviera negli archivi del<br />

Vittoriale non hanno rivelato altre notizie sulla presenza<br />

del giovane Spadolini, per cui quanto scritto da Jullian<br />

non può essere arricchito da ulteriori particolari.<br />

Attilio Mazza, studioso della vita del Poeta, autore di<br />

molte pubblicazioni, soprattutto relative alla dimora<br />

gardonese e alla superstizione e alle pratiche esoteriche<br />

di Gabriele d’Annunzio, ricorda che l’11 settembre 1927<br />

viene rappresentata in una radura del parco del Vittoriale<br />

(ancora non era stato costruito l’attuale teatro) una<br />

memorabile edizione della tragedia pastorale ‘La figlia di<br />

Iorio’ con la regia di Giovacchino Forzano che porta in<br />

scena quattrocento comparse e Maria Melato protagonista.<br />

Quando d’Annunzio incontra Spadolini forse già pensa<br />

alla rappresentazione e ciò giustificherebbe la richiesta<br />

di collaborazione artistica. All’epoca Spadolini lavora<br />

nella bottega di Duilio Cambellotti, scenografo al Teatro<br />

Reale di Roma e al Teatro Greco di Siracusa, e lo<br />

stesso vanta la messa in scena nel 1908 della tragedia “La<br />

nave” di Gabriele d’Annunzio allestita con la compagnia<br />

del Teatro Stabile di Roma. Si può ragionevolmente<br />

supporre che, proprio grazie all’aiuto di Gabriele d’Annunzio,<br />

Spadolini sia successivamente entrato nelle<br />

grazie di Maurice Rostande con cui collabora più volte,<br />

iniziando così la sua folgorante carriera nella Parigi degli<br />

anni Trenta.<br />

Spadolini mantiene indelebile il ricordo dell’incontro<br />

nel nascente Vittoriale e in un’intervista del 1933 esprime<br />

il desiderio di rendere omaggio a Gabriele d’Annunzio<br />

danzando accanto alla grande Ida Rubinstein il suo<br />

poema sacro – dedicato proprio alla Rubinstein - “Le<br />

martyre de Saint Sébastien”, musicato da Claude Debussy,<br />

pubblicato a Parigi nel marzo 1911 dall’editore Calmann-Lévy.<br />

Dopo poche settimane esordisce al Théâtre<br />

du Châtelet, grazie anche al finanziamento della stessa<br />

protagonista Rubinstein; la stampa annuncia l’evento<br />

con grande anticipo, informa delle prove alle quali partecipano<br />

gli stessi autori, d’Annunzio e Debussy, suscitando<br />

grande attesa negli ambienti più raffinati; inoltre<br />

la corte russa della Rubinstein ne racconta le meraviglie<br />

nei salotti parigini contribuendo al successo.<br />

A destra: Spadolini danza “Le martyre de Saint Sébastien”, anni ’30 (Coll. B-S n. 21)<br />

20


Giovane pittore<br />

“Pensate che da adolescente mentre studiavo nello stesso tempo la<br />

pittura e la scenografia, ho lavorato da muratore per non morire<br />

di fame. Costretto ai peggiori bisogni, alle privazioni, io ho preso<br />

l’abitudine alla sopportazione, alla forza e al disprezzo della<br />

stupidità…”<br />

“Spadolini, ou les confidences d’un homme nu”,<br />

di Charles-Etienne, ‘Sourire’ del 27/4/1933 (Coll. B-S n. 54)<br />

Negli anni ’20 Alberto frequenta anche l’Accademia di<br />

Belle Arti.<br />

Naturalmente ogni giorno egli torna nelle Gallerie degli<br />

Indipendenti dove oltre ad essere aiuto-scenografo, partecipa<br />

ad una mostra collettiva con due dipinti.<br />

In quella occasione gli artisti d’avanguardia lo sfottono<br />

con la peggiore delle accuse: “Sei un passatista!”<br />

Spadolini sembra non prendersela.<br />

Ma alcuni anni dopo con un intervistatore francese sfoga<br />

la sua rabbia:<br />

“Si, dall’età di 14 anni io dipingo. Ho studiato in Italia alle<br />

Belle Arti. E’ una distensione che mi fa dimenticare la fatica …<br />

Si, amo dipingere il cielo, il mare, le nuvole; amo la pittura per<br />

esprimere l’illusione dell’aria e della realtà. Non bisogna, penso,<br />

deformarla per fare un’opera psicologica. Io voglio che i miei<br />

quadri diano l’illusione del vero non dello stilizzato. Bisogna,<br />

in una tela, sentire la freschezza dell’aria, la leggerezza delle<br />

nuvole, come se si guardasse da una finestra. Un personaggio che<br />

si muove non bisogna deformarlo. Così io penso che ora non si<br />

faccia della vera pittura. Che vuole che si faccia dopo Leonardo<br />

da Vinci o Raffaello? Si è andati avanti in tutto nella nostra<br />

epoca, salvo in pittura e se io ho un odio è verso quelli che abbruttiscono<br />

la nostra generazione con una falsa estetica, un odio<br />

che mi dà voglia di picchiarli …”<br />

“Il fallait un danseur a Joséphine Baker,<br />

ce fut un peintre qu’elle choisit”, Paris Midi 18-4-1933 (BNF)<br />

Del periodo romano, insieme ad alcuni bozzetti di scena,<br />

ho rintracciato il ritratto dello zio Luigi Veronesi,<br />

a cui Alberto è molto affezionato, dipinto da Spadolini<br />

nel 1924; una Madonna con le mani congiunte ed<br />

il “San Francesco d’Assisi” del 1925, di cui ci resta solo<br />

una fotografia in bianco e nero. Alberto è particolarmente<br />

legato a questo dipinto tanto che lo sistema con<br />

molta cura nella casa paterna ad Ancona.<br />

“Purtroppo negli anni ’30 Angelo Spadolini, padre di Alberto,<br />

impiegato nelle Ferrovie dello Stato, è licenziato per non aver<br />

aderito al Partito Nazionale Fascista. Trovandosi in gravi ristrettezze<br />

economiche, egli è costretto a vendere il ‘San Francesco’<br />

ad un commerciante di Venezia che, a sua volta, lo rivende<br />

al curato della Chiesa di Bradford (USA). Quando Alberto<br />

lo scopre si infuria e promette a se stesso di rintracciarlo. Dal<br />

mercante si fa rivelare il nome dell’acquirente ed attende con impazienza<br />

l’ora di varcare l’oceano.<br />

L’occasione giunge alcuni anni dopo. Spadolini sbarca in America<br />

per una tournée nel 1937. Appena si libera dagli impegni di<br />

lavoro assume a New York un fotografo e si reca nella cittadina<br />

di Bradford per avere almeno una foto di quell’opera. Opera che<br />

a distanza di anni è ancora capace di commuoverlo.”<br />

Intervista a Giorgia, sorella dell’artista,<br />

Archivio Jung 1986<br />

È la fine degli anni ’20. Benito Mussolini, stanco della<br />

troppa indipendenza di quel gruppo di giovinastri capeggiati<br />

da Bragaglia, organizza anche lui una beffa: ordina<br />

la chiusura definitiva del Teatro degli Indipendenti<br />

che ormai naviga in acque sempre più agitate a causa di<br />

problemi finanziari.<br />

Con una valigia di cartone Spadolini sale sul treno che<br />

lo conduce in Francia.<br />

Grande è il rimpianto nel lasciare tanti amici e soprattutto<br />

Bragaglia e Pannaggi che sta per partire per la Germania<br />

ed il Bauhaus.<br />

Nelle loro orecchie risuonano per l’ultima volta le note<br />

del ritornello di Curzio Malaparte:<br />

“E’ Bragaglia quella cosa<br />

che antongiulia i giovanotti<br />

quando poi li fa barzotti<br />

quelli scappano a Parì”<br />

A fianco: “S. Francesco d’Assisi” di Spadolini, 1925. La foto è stata scattata nel 1937 nella Chiesa di Bradford - USA (Coll. B-S n. 168).<br />

22


COME IN UNA FIABA<br />

“Uscito dal mio Teatro degli Indipendenti, dov’era anche scenografo, egli faceva il pittore a Montecarlo<br />

quando si rivelò lassù danzatore barbaro …”<br />

“Danze popolari italiane: Spadolini danzatore d’istinto”<br />

di A. G. Bragaglia, Ed. Enal 1950 (Coll. B-S n. 264)<br />

24


In Francia da Paul Colin<br />

Alberto cerca fortuna in Francia, allora naturale approdo<br />

di tanti giovani artisti. Purtroppo anche in quel paese<br />

le restrizioni nei confronti dei nostri emigranti sono<br />

numerose e, poiché non ha un lavoro fisso, ne viene<br />

espulso.<br />

Come abbiamo visto Spadolini non si arrende: si reca<br />

al Vittoriale a trovare Gabriele d’Annunzio e ritorna in<br />

Francia con le lettere di raccomandazione. Probabilmente<br />

è grazie a Maurice Rostand che ottiene un contratto<br />

come decoratore nell’atelier di Paul Colin (1892<br />

- 1985), a quell’epoca uno dei più apprezzati scenografi,<br />

autore fra l’altro dei manifesti pubblicitari per Joséphine<br />

Baker.<br />

I soldi sono pochi, racconta di quegli anni Spadolini, e<br />

bastano appena per pagare la mezza pensione e per mandare<br />

qualche cosa ogni mese alla madre.<br />

All’inizio del 1932 ritroviamo Alberto a Villefranchesur-mer,<br />

sporco di vernice e madido di sudore mentre<br />

dipinge insieme ad altri giovani le scenografie in una<br />

sala da ballo.<br />

Durante una pausa dell’allestimento scenico egli è come<br />

rapito dalla musica degli orchestrali che stanno provando<br />

una partitura.<br />

In un articolo si ricorda l’episodio:<br />

“L’orchestra attaccò le prime note della seconda Rapsodia di<br />

Liszt… Spadolini, in pantaloni bianchi e maglietta, si mise<br />

a ballare… presto, dal brusio si passò ad un silenzio religioso.<br />

Fu un trionfo. All’impresario che voleva immediatamente ingaggiarlo,<br />

Alberto rispose divertito: ‘Ma non ho mai appreso a<br />

ballare!’<br />

‘Che importa, voi farete ciò che vorrete, non dovete occuparvi<br />

d’altro!’ … Non aveva né partitura, né costume, così che debuttò<br />

vestito d’un lenzuolo. Interpretò una danza antica e tutta la<br />

poesia greca si materializzò nella sala in delirio”.<br />

Jenny Josane “Vedettes”, Parigi 1941 (Coll. B-S n. 71)<br />

Il magico momento è ricordato anche da Bragaglia:<br />

“…in una esibizione davanti ad amici danzò selvaggiamente,<br />

esprimendo al di là dei canoni scolastici, che gli erano ignoti, un<br />

lirismo coreico sgorgante primitivo e prepotente, dal suo istinto<br />

di complesso artista plastico. Per fortuna quella volta, fu visto<br />

dall’impresario lirico del Casinò. Egli lo scritturò, come un fenomeno<br />

artistico, inserendolo nei suoi spettacoli.”<br />

“Spadolini danzatore d’istinto”<br />

di A. G. Bragaglia (Coll. B-S n. 264).<br />

In una intervista Spadolini ricorda il suo debutto all’Eldorado<br />

di Nizza il 9 aprile 1932.<br />

Poco dopo danza in uno spettacolo allo Stadio di Antibes,<br />

di cui rimane una fotografia con sullo sfondo “l’antico<br />

Fort Carré”. Nel giugno 1932 il danzatore trionfa<br />

al ‘Boeuf sur le Toit’ e all’Empire di Parigi dove riceve<br />

la visita di Varna e di Joséphine Baker che lo scritturano,<br />

per l’intera stagione, al Casinò de Paris.<br />

Per rispettare alcuni contratti che ha firmato in precedenza<br />

il 5 agosto 1932 l’artista deve tornare sulla Costa<br />

Azzurra. Partecipa alla serata di gala “Les nuits olympiques”<br />

al Casinò de Montecarlo Beach.<br />

Tornato a Parigi Spadolini è il misterioso ospite notturno<br />

di una imbarazzata Joséphine Baker.<br />

Il 3 dicembre 1932 egli debutta a fianco di Joséphine al<br />

Casinò de Paris, mitico locale frequentato da divi, intellettuali,<br />

principi e re, trampolino di lancio verso il<br />

Metropolitan e lo Ziegfield’s Follies di New York.<br />

Le cronache dell’epoca narrano che Paul Colin si sorprende<br />

assai quando ritrova Alberto senza tavolozza e<br />

senza pennelli in mano fra le sue scenografie al Casinò<br />

de Paris. Alla domanda perché abbia lasciato il suo lavoro<br />

a Villefranche e soprattutto che ‘diavolo’ ci faccia a<br />

Parigi, Spadolini risponde candidamente che ha bisogno<br />

di muovere non solo le mani ma anche i piedi!<br />

A pag. 25: Spadolini “Apollo danzante”, foto Maurice Seymour, Chicago anni ’30 (Coll. B-S n. 13).<br />

A destra: Spadolini in stile futurista, foto Studio Piaz, Parigi anni ’30 (coll. B-S n. 2).<br />

26


Intervista<br />

“È proprio un danzatore sconosciuto, è un danzatore spontaneo?<br />

O almeno non ha egli, così giovane, un passato? Da dove viene?<br />

Di colpo ha conquistato, con la virtù della sua arte, la notorietà<br />

parigina e senza alcuna diplomazia di reclame, né imbroglio<br />

preliminare… ma infine, chi è?<br />

- Non importa chi io sia - protesta modestamente Spadolini<br />

interrogato - e cosa sia stata fino ad ora la mia avventura<br />

umana. Io ballo…<br />

- Ma sentite. Lei è italiano, vero? Come dimostra il suo nome,<br />

a meno che sia uno pseudonimo!<br />

- No, è il mio vero nome. Io sono nato in Ancona. Ho passato la<br />

mia adolescenza a Roma, allievo saltuario alla Scuola di Belle<br />

Arti, volevo dipingere, un lavoro normale, per ragioni materiali<br />

che lei comprende. Io ho avuto dalla vita una educazione<br />

molto rude ma ho sempre avuto molta fiducia. Sono venuto<br />

giovanissimo in Francia. Ma questo è un romanzo. Talvolta<br />

terribilmente vissuto! Che importa? Io ballo!<br />

- Lei danza in modo diverso dagli altri.<br />

- Io ballo come sento. Ciascuno ha il suo temperamento, la<br />

sua reazione quotidiana. Io non ballo mai due volte la stessa<br />

danza, potrei dire, pur conservando la stessa coreografia, che<br />

ascolto l’emozione che mi dà la musica. E’ perché credo alla<br />

necessità della scuola, ma anche alla necessità di dimenticarla.<br />

La tecnica deve diventare in modo inconscio la seconda natura<br />

del ballerino, la docile disciplina riflessa. Prima di tutto il<br />

sentimento, ma un sentimento intellettuale… E’ la musica<br />

che scatena la mia danza. L’orchestra non mi accompagna,<br />

suona, e la mia danza ne diventa l’immagine corrispondente,<br />

io esprimo la musica e esprimo me stesso sotto la sua vibrazione.<br />

Ciò vi spiegherà perché sono molto più spossato, uscendo<br />

di scena, al Casinò de Paris, dopo la mia ‘danza spagnola’<br />

o la mia ‘danza del Sole’, che dopo le mie acrobazie, di cui<br />

voi tutti conoscete le difficoltà tecniche, soprattutto perché non<br />

sono un acrobata.<br />

- E tuttavia, Spadolini, lei ci mette tutto il suo spirito e tutto<br />

il suo corpo. Non è mai, e me ne felicito con lei, un semplice<br />

fardello umano leggero. Sempre il suo viso sfuma i riflessi della<br />

passione materiale e morale che il suo personaggio incarna. E<br />

sembra a me, profano, che ciò dipende da un bell’equilibrio<br />

interiore che non si lascia andare né alla mimica né all’atto<br />

fisico in queste circostanze. Ci vuole la forza del genio.<br />

- Oh, oh! Lei esagera …<br />

- Si rassicuri, Spadolini, intendo dire soltanto che avete un<br />

talento naturale, il talento della sua natura. La sua arte è<br />

l’espressione diretta di lei stesso, disciplinata e coltivata, ma<br />

sempre zampillante. Se fossi un poeta, io la paragonerei a getti<br />

d’acqua danzante!”<br />

Legrand-Chabrier, L’Intransigeant, 29.12 1932 (BNF)<br />

Sopra: Spadolini nel “Bolero” di Ravel, foto J. Cadoux, Genève anni ’30 (Coll. B-S n. 28)<br />

A destra: Spadolini in una danza “Jazz”, foto Studio Piaz, Parigi anni ’30 (Coll. B-S n. 18)<br />

28


Crea le sue danze in poltrona<br />

“… Non ha mai ballato ma si lancia improvvisamente colpito<br />

da non si sa che cosa, per eseguire una scena meglio di chiunque<br />

altro. Crea composizioni pittoriche strane e sontuose dopo<br />

lunghe meditazioni in una poltrona e allo stesso tempo la sua<br />

mente viaggia verso le sue coreografie … tutto sembra conferirgli<br />

un’aurea magica.”<br />

Tratto dal manoscritto “Alberto Spadolini”<br />

di Jean-François Crance, 2007<br />

Spadolini crea non solo nuove scenografie, ma anche<br />

nuove coreografie, sedendosi su di una poltrona. In un<br />

articolo leggiamo:<br />

“Per preparare il suo prossimo recital, Alberto non è mai uscito<br />

di casa per delle settimane. I suoi attrezzi da lavoro sono una<br />

poltrona o un divano, un grammofono, dei dischi e delle partiture.<br />

Instancabilmente, egli ascolta la ‘Fuga in re minore di<br />

Bach’, la ‘Danza del fuoco’ di Manuel de Falla o il ‘Minuetto’<br />

di Lulli. E sulla partitura musicale che egli studia a fondo, poco<br />

a poco disegna la sua futura interpretazione coreografica. Non<br />

fa un gesto finché non è completamente impregnato dell’opera.<br />

Spadolini si rifiuta d’essere un ballerino. E’ anzitutto un eccellente<br />

musicista, un appassionato della musica. Quando prepara<br />

il suo repertorio non ripete la danza, non ascolta la partitura;<br />

egli la studia, la decompone, l’analizza nota per nota delle ore<br />

intere. Quando la ‘possiede’ infine, è pronto a ballare.”<br />

“La Semaine”, Parigi 4.11.43 (Archivio BNF)<br />

Alex Wolfson ricorda che Spadolini ha appreso alcune<br />

tecniche d’autoipnosi quando era aiuto scenografo al<br />

Teatro degli Indipendenti di Roma. E’ infatti documentato<br />

che alla fine degli anni ’20 Bragaglia organizza la<br />

conferenza del prof. Gabrielli che delizia il pubblico con<br />

una serie di esperimenti d’ipnosi e di lettura del pensiero<br />

a distanza.<br />

Spadolini si allena quotidianamente, ad occhi chiusi in<br />

poltrona, a far affiorare dal proprio inconscio particolari<br />

visioni che dipingerà sulla tela, versi poetici che scriverà<br />

su di un foglio di carta, nuove coreografie che rappresenterà<br />

nel corso dei suoi spettacoli.<br />

Sopra: Spadolini si prepara alla “Danse grecque”, foto Joe Pasen, Palais de Chaillot Parigi anni ’40 (Coll. B-S n. 36)<br />

A destra: Spadolini indossa i panni del “Casanova” , anni ’30 (Coll. B-S n. 23)<br />

30


Cagliostro della danza…<br />

o fenomeno d’incarnazione?<br />

“Mentre egli danza il suo viso diventa furioso come posseduto<br />

da un demone, ch’egli teme; e lo si vede dai passaggi mimici che<br />

esprimono, appunto, il terrore della propria furia.”<br />

“Spadolini danzatore d’istinto” di A. G. Bragaglia (Coll. B-S n. 264)<br />

Alcuni dei maggiori intellettuali francesi degli anni ’30<br />

sono fra i primi ad intuire le straordinarie attitudini dell’artista.<br />

Il celebre poeta Paul Valery rimane incantato: “Mitologico,<br />

mistico, faunesco! Visione di Spadolini”.<br />

Il regista e fondatore del ‘Théatre de l’Oeuvre’ Lugue<br />

Poé è certo: “Spadolini sopravanza il nostro secolo”.<br />

Il critico della danza Fernand Divoire resta assai turbato<br />

quando scopre Spadolini:<br />

“Non so bene perché Spadolini mi faccia pensare a qualche Ca-<br />

gliostro della danza. E’ a causa delle sue apparizioni in parrucca<br />

e dei suoi costumi che hanno talvolta il valore di travestimenti?<br />

O forse perché per danzare egli si affida a qualche fenomeno<br />

d’incarnazione? Non lo so. La danza di Spadolini è qualche<br />

cosa di unico. Si vede bene che il suo corpo è curato in modo<br />

possente, con forza. Si vede bene che il suo scopo è quello che<br />

Lifar chiama espressionismo.<br />

Come vi giunge? Semplicemente con i suoi sensi.<br />

Egli non ha come Torrès, il supporto di una tecnica nazionale,<br />

né come altri la tranquilla sicurezza ed i limiti sapienti di una<br />

tecnica accademica.<br />

Egli deve inventare tutto per non cadere nella monotonia sia<br />

che balli una danza spagnola, ungherese, un ‘Chiar di luna’<br />

di Beethoven o una ‘Toccata’ di Bach. Il rinnovarsi dei passi lo<br />

porta all’eclettismo.”<br />

“Spadolini”, F. Divoire, Paris Midi 13/12/ 43 (Coll. B-S n.78)<br />

Sopra: Spadolini “Apollo danzante”, foto Maurice Seymour, Chicago anni ’30 (Coll. B-S n. 14).<br />

A destra: Spadolini in “Exotische Vision di Lecuona”, foto S. Enkelmann, Berlino 1941 (Coll. B-S n. 41)<br />

32


La cultura fisica<br />

Verso la metà degli anni ’30 il giornalista Fernand Mercier<br />

intervista i grandi ballerini dell’epoca sulla preparazione<br />

fisica.<br />

Serge Lifar (1905 - 1986), danzatore fra i più celebri<br />

del suo tempo, collabora nel 1932 ai Ballets Russes di<br />

Monte-Carlo, proprio quando uno sconosciuto decoratore<br />

di nome Spadolini s’inventa ballerino.<br />

Lifar e Spadolini partecipano con le loro danze allo spettacolo<br />

che si svolge a Parigi il 14 luglio 1935.<br />

Mona Paiva, ancora oggi celebre per le fotografie che<br />

la ritraggono mentre balla nuda insieme a Nikolska sull’Acropoli<br />

di Atene.<br />

Joséphine Baker (1906 – 1975), cantante e ballerina,<br />

domina per mezzo secolo le scene mondiali. Fra il 1932<br />

e il 1935 Joséphine e Spadolini si esibiscono in Francia<br />

e all’estero.<br />

Anche Spadolini giudica l’educazione fisica fondamentale:<br />

“ Spadolini è una statua degna dell’ antichità. Egli dice che la<br />

cultura fisica calma i nervi che sono sempre sotto pressione.<br />

‘La cultura fisica è indispensabile non solamente per la nostra<br />

arte, ma anche per l’equilibrio del corpo.’<br />

Nel suo studio presso piazza Clichy noi ritroviamo Spadolini:<br />

solo davanti ad un immenso specchio esegue movimenti che gli<br />

permettono di presentare le sue danze acrobatiche in modo impeccabile.<br />

Dice: ‘Mi sorprendete in palestra perché fuori piove. Ma non<br />

dovete pensare che io non faccia altri esercizi all’infuori della<br />

danza. La cultura fisica? Che cosa ammirevole! Essa è indispensabile!<br />

Potremmo restare in forma senza mai praticarla? Io<br />

la pratico sei ore alla settimana, particolarmente all’aria aperta,<br />

allo stadio. Comunque non supero mai i sessanta minuti per<br />

seduta. Per non annoiarmi alterno la corsa al tennis … Per me<br />

l’esercizio fisico è un piacere magnifico, poiché ho orrore dello<br />

sport passivo”.<br />

Fernand Mercier, Parigi anni ’30 (Coll. B-S n.53)<br />

Sopra: Spadolini, foto Roger Carlet (Coll. B-S n. 34)<br />

A destra: Spadolini, foto Condé Nast (Coll. B-S n. 6)<br />

34


Prime prove<br />

della Televisione Francese<br />

Negli anni ’30 Spadolini scandalizza i bigotti presentandosi<br />

con addosso una ‘conchiglia’.<br />

“E’ uno spettacolo veramente magnifico quando entra in scena,<br />

completamente nudo, con l’aureola di porpora, bello come un<br />

dio. La sua figura, degna del cesello di Prassitele, il suo corpo<br />

abbronzato fanno di lui una visione nello stesso tempo impressionante<br />

e mistica…”<br />

Jenny Josane, “Vedettes” 1941 (Coll. B-S n. 71)<br />

“Il nudo di Spadolini è statuario, puramente plastico: il suo<br />

impeto è temperamento scevro da sottintesi banali. Danza da<br />

maschio e non da ‘femello’ come tanti suoi colleghi; e la sua acrobatica,<br />

nella estrema aspirazione del volo, è diversa da quella che<br />

conosciamo dei russi, appunto perché è virile… Quando Spadolini<br />

parte in volo il suo viso si abbuia e gli occhi gli si accendono<br />

di febbre: così egli inizia la sua confessione fisica e spirituale…”<br />

“Spadolini Danzatore d’istinto”, Bragaglia (Coll. B-S n. 264)<br />

Fra le tante incredibili avventure di Spadolini, Alex Wolfson<br />

ricorda un episodio accaduto nella metà degli anni<br />

’30, quando essi dividevano lo stesso appartamento.<br />

Un giorno egli riceve una ben strana telefonata: “Sono<br />

Georges Mandel, c’è Alberto?”<br />

Mandel è l’allora Ministro delle Poste e Telecomunicazioni<br />

francese.<br />

Nell’udire ciò Alex pensa ad uno scherzo dei soliti<br />

buontemponi e riattacca.<br />

Poco dopo, nuovo squillo del telefono: “Forse non ha capito,<br />

sono Mandel!”<br />

Questa volta Alex infuriato non trattiene la sua ira, prorompe<br />

con pesanti parole nei confronti dell’interlocutore<br />

e riattacca.<br />

Più tardi gli sorge un piccolo dubbio e telefona al Ministero:<br />

era proprio Georges Mandel furibondo, non<br />

solo con Wolfson, ma anche e soprattutto con Alberto.<br />

Questi è infatti, a suo dire, responsabile di uno scandalo<br />

di Stato: nel corso delle prime prove della televisione<br />

francese ha ballato completamente nudo.<br />

In seguito essi si riappacificano e Mandel avrà parole di<br />

elogio nei confronti del danzatore.<br />

Sopra: Spadolini, foto Enkelmann 1941 (Coll. B-S n. 42)<br />

A destra: Spadolini, foto Studio Piaz 1933 (Coll. B-S n. 389)<br />

36


L’homme et la machine<br />

“… Io sono testardo, impulsivo. Mai, quando sono solo sulla<br />

scena, io ballo due volte allo stesso modo. Nello scatenamento<br />

orchestrale, Tersicore mi solleva. Io mi getto nelle onde musicali<br />

come il nuotatore intrepido si butta nelle onde. Per ballare bene,<br />

non basta una buona musica? Se io mimo, se io ne traduco il<br />

dolore fisico come ne ‘L’homme et la machine’, è semplicemente<br />

perché io ho molto sofferto. Io prendo questo in me. Non amo<br />

copiare, ma creare. La velocità mi domina. Io faccio tutto molto<br />

in fretta …”<br />

“Spadolini, ou les confidences d’un homme nu”,<br />

intervista di Charles-Etienne, “Sourire”, 27/4/1933 (BNF)<br />

Gli articoli ritrovati presso la Bibliothèque Nationale de<br />

France concordano nel giudicare la danza “L’uomo e la<br />

macchina”, in cui Spadolini si esibisce in una scenografia<br />

ideata da Paul Colin, la più bella in assoluto.<br />

“E’ il più bel quadro che sia stato realizzato nel music-hall. E’<br />

un tema molto alla moda. Ahimè ci si accorge, e forse troppo<br />

tardi, che l’uomo ha creato la macchina per rendere la civiltà più<br />

confortevole, ma che la macchina è un’invenzione che va al di<br />

là dell’uomo e che rischia di annichilirlo. Da Wells a George<br />

Duhamal è una cosa ricorrente in certa letteratura, e commovente<br />

ed anche terrificante. Questa fabbrica simbolica di Paul Colin<br />

è la nuova cattedrale. I suoi ingranaggi e i suoi meccanismi si<br />

sono fusi con l’uomo e lo si vede dai movimenti delle ballerine e<br />

dei ballerini che sono diventati appendice dei tubi d’acciaio.<br />

Ogni operaio che entra non deve lasciare ogni speranza? Eccone<br />

uno! Ed è l’ammirabile e sublime poema della passione<br />

di ogni individuo umano in preda alla macchina che mima,<br />

danza, volteggia, uno dei più bei danzatori di quest’epoca fino<br />

ad oggi quasi sconosciuto: Alberto Spadolini. Guardatelo in viso<br />

quand’è il ‘giocattolo’ acrobatico degli atleti, elementi della macchina<br />

che lo lamina e tuttavia che il corpo salti, giri e volteggi,<br />

guardate le smorfie della tortura diventare evidenti i soprassalti<br />

della rivolta incresparsi. Poi il rilassamento muscolare, l’appagarsi<br />

nell’abbandonarsi alla fatalità. Tutto il dramma fisico e<br />

morale si riflette sui suoi lineamenti e lo sguardo filtra sotto le<br />

palpebre, bagliore di coscienza, luce di un Dio fatto a immagine<br />

dell’Uomo e che lotta contro la sua decadenza. Ecco cosa caratterizza<br />

il grande artista … ”<br />

“La Joie de Paris au Casinò de Paris” di Legrand – Chabrier, 1932 (BNF)<br />

Sopra: Spadolini viene sollevato nella danza “L’homme et la machine”, scenografia di Paul Colin, Casinò de Paris 1933 (Coll. B-S n. 8)<br />

A destra: Spadolini, foto Condé Nast (Coll. B-S n. 7)<br />

38


Fa ingelosire Pablo Picasso<br />

Grazie alla lettera di presentazione di Gabriele d’Annunzio<br />

alcuni dei momenti salienti nella carriera di<br />

Spadolini si realizzano con Maurice Rostand (Paris<br />

1891 - Ville d’Avray 1968), poeta e romanziere, figlio<br />

del celebre Edmond.<br />

Rostand sceglie il danzatore marchigiano per lo spettacolo<br />

teatrale tratto dalla sua opera “Catherine empereur”<br />

che si tiene al Théatre National de l’Odéon a Parigi il 27<br />

ottobre 1937. Nel 4° atto fa la sua apparizione Spadolini,<br />

sotto forma di ‘dono danzante’ del Ministro Potemkine<br />

all’Imperatrice Caterina di Russia. Nel ruolo dell’Imperatrice<br />

è l’attrice francese Yvonne de Bray. Ad assistere<br />

alla commedia “Catherine empereur” ci sono due spettatori<br />

d’eccezione: Jean Cocteau e Jean Marais. Quest’ultimo<br />

ricorderà nelle sue memorie proprio quell’interpretazione<br />

di Yvonne de Bray che fra il 1943 e il 1948 verrà<br />

scelta per la straordinaria trilogia: “Les parents terribles”,<br />

“L’aigle à deux tetes”, “L’éternel retour”.<br />

Catherine empereur<br />

“Dove sono i regali annunciati ?”<br />

Potemkine<br />

“Il primo è per vostra Maestà Imperiale. Portatori, avvicinate il<br />

regalo vivente che ho portato a Sua Maestà l’Imperatrice!”<br />

(Entrano 4 paggi che portano una specie di treppiede<br />

incartato che scartano e da dove emergerà un piedistallo<br />

su cui balla un danzatore nudo di una bellezza eccezionale.)<br />

Tutti<br />

“Quant’è bello!”<br />

Potemkine<br />

“Una notte, Maestà, l’ho visto danzare sulle rive del Danubio.<br />

La luna tremolante metteva in risalto le sue spalle. Veniva dal<br />

mare un soffio di primavera e l’ho fatto cogliere immediatamente<br />

con la sabbia d’oro che gli bagnava i piedi per portarlo così a<br />

vostra Maestà affinché avesse il piacere di vederlo danzare …<br />

Balla come ballavi sulle rive del Danubio, una sera in cui i<br />

roseti di Costantinopoli sembravano venire sulle ali del mare!<br />

Balla davanti alla tua imperatrice!”<br />

(Tutti si sono messi in cerchio intorno al danzatore.<br />

L’orchestra suona! Lui balla! Caterina lo guarda con immensa<br />

melanconia, misto di tristezza e languore)<br />

Catherine empereur<br />

“Potemkine, Potemkine, nessuno mi ha mai fatto regali come<br />

te!”<br />

Potemkine<br />

“Vedi non è più bello di qualsiasi cosa al mondo! La luce fa scivolare<br />

i suoi raggi sui suoi fianchi e il suo collo è simile a colonne<br />

d’avorio per reggere quel capolavoro che è il suo viso!”<br />

Catherine empereur<br />

“Non vedo più la bellezza sugli altri da quando conosco Zoubov!”<br />

Potemkine (Indicandole il ballerino)<br />

“Pensa ai baci che darebbero queste labbra, pensa all’abbraccio<br />

di questo corpo senza precedenti, pensa alle carezze di queste<br />

mani di bronzo …”<br />

Spadolini è uno dei soggetti preferiti dai fotografi degli<br />

anni ’30. Recentemente ho scoperto che una bellissima<br />

fotografia, in cui l’artista marchigiano appare nudo,<br />

bello come un dio, con una misteriosa sfera in mano,<br />

è opera di Dora Maar (1907 - 1997), assistente di Man<br />

Ray, e per molti anni compagna di Pablo Picasso.<br />

Dora Maar fotografa Spadolini per la brochure dello<br />

spettacolo teatrale “Catherine empereur” di Maurice<br />

Rostand. Questo è anche uno dei suoi ultimi servizi<br />

fotografici. Infatti dal 1937 Dora Maar abbandona la<br />

macchina fotografica per darsi alla pittura, ‘plagiata’ da<br />

Picasso che sembra non abbia mai digerito quel servizio<br />

fotografico!<br />

All’epoca Picasso termina 100 litografie, molte delle<br />

quali mitologiche, per la collezione “Suite Vollard” utilizzando<br />

spesso Dora Maar come modella. Alla collezione<br />

Bolero-Spadò fanno parte anche 6 litografie “Suite<br />

Vollard” di Picasso, riedizione Hatje, 1956.<br />

A destra: Spadolini fotografato da Dora Maar per la brochure dello spettacolo teatrale “Catherine empereur” di Maurice Rostand, 1937<br />

(Collezione M. Spadellini)<br />

40


Agli Archivi Internazionali<br />

della Danza di Rolf de Maré<br />

Per molti anni Spadolini domina le scene della danza<br />

internazionale.<br />

Il suo repertorio è ampio, spazia dalla musica classica<br />

alla moderna. Ciò, unito alla sua bravura, cattura enormi<br />

platee.<br />

Nel gennaio 1938 Maurice Rostand e Spadolini sono<br />

chiamati dagli Archivi Internazionali della Danza di<br />

Parigi, fondati da Rolf de Maré, mecenate dei Ballets<br />

Suédois, a tenere la conferenza “La poesia e la danza” .<br />

In un articolo inviatomi dalla Bibliothèque Nationale<br />

de France leggiamo:<br />

“…Non c’è da meravigliarsi che il Poeta abbia spesso cantato<br />

la danza, come hanno fatto il Pittore, lo Scultore e il Musicista<br />

– poiché tutto per il poeta può essere materia poetica – si può<br />

notare al contrario come il Danzatore coreografo (choréauteur,<br />

direbbe Serge Lifar) possa assorbire l’ispirazione poetica al punto<br />

da essere lui stesso Poeta…<br />

Se è vero che la poesia è veramente un soffio che emana dall’anima,<br />

un sentimento di armonia tra tutte le cose della natura, un<br />

prodotto dell’immaginazione e della sensibilità, i poeti devono<br />

riconoscere come loro fratelli, nel servizio della Bellezza e della<br />

Poesia, alcuni ballerini di genio. Mercoledì sera, agli Archivi<br />

Internazionali della Danza, ho lodato soltanto i poeti e soprattutto<br />

lui. Il danzatore Spadolini ha ballato in un crescendo di<br />

esaltazione. Ha ballato ‘L’adagio in Do minore’ nel modo migliore<br />

in cui possa essere ballato. Poi il poeta, con alcuni versi,<br />

e il ballerino, hanno reso un commovente omaggio a Maurice<br />

Ravel. Il Bolero, effettivamente, può essere ballato, deve esserlo,<br />

e se Spadolini non crea sulla musica una nuova opera, ne<br />

esprime almeno, con perfetta sintonia, la grazia e la forza dei<br />

gesti, la grande bellezza selvaggia. Il danzatore ha fatto infine<br />

apprezzare la sua agilità e il suo spirito nel Tabou (Lecuona),<br />

Jazz (Duke Ellington) e Tempo 38 (Kurt Leval). Così ancora<br />

una volta gli Archivi Internazionali della Danza hanno riunito<br />

molti amici di Tersicore per commentare la sua Arte. Gli siamo<br />

grati per i loro sforzi.”<br />

J. Buissot “L’Epoque” 28 gennaio 1938 (Coll. BNF)<br />

Sopra: Spadolini nel “Menuet” di Lulli, foto Roger Carlet, anni ’30 (Coll. B-S n. 26)<br />

A destra: Spadolini nel “Bolero” di Ravel. Foto Harry Meerson, Parigi anni ’30 (Coll. B-S n. 24)<br />

42


Fugge con Catherine Hessling,<br />

moglie di Jean Renoir<br />

Negli anni ’30 Spadolini è considerato uno degli uomini<br />

più affascinanti di Francia.<br />

Al termine di ogni spettacolo il suo camerino diventa<br />

una serra piena di mazzi di fiori con a volte un biglietto<br />

d’invito per un appuntamento più o meno galante.<br />

Sono molte le ‘fidanzate’ di Alberto legate al mondo<br />

dello spettacolo. Una delle più famose è Catherine<br />

Hessling, (1900 - 1979), modella del celebre pittore<br />

Pierre Auguste Renoir, da lui immortalata nei suoi ultimi<br />

straordinari dipinti, oltre che protagonista dei primi<br />

film del regista Jean Renoir, di cui era sposa.<br />

All’inizio degli anni ’30 i rapporti fra il regista Renoir e<br />

la moglie si raffreddano.<br />

È scandalo quando nell’estate 1933 Spadolini e Catherine<br />

fuggono insieme da Parigi .<br />

In quel periodo la Hessling matura anche la decisione di<br />

diventare ballerina.<br />

Infatti Alberto e Catherine tornano a Parigi il 9 dicembre<br />

1933 per uno spettacolo di danza.<br />

Pierre Philippe, al termine di una intervista rilasciata<br />

dalla Hessling nel 1961, racconta ai lettori:<br />

“… Dopo aver abbandonato il cinema, Catherine si era dedicata<br />

alla danza. Un giorno, i muri si coprono di manifesti che annunciano<br />

un recital Catherine Hessling - Spadolini, al Théatre<br />

des Champs-Elysèes. Alla prima la sala è piena degli amici di<br />

Catherine, e sono numerosi… Ma ecco che entra in scena il<br />

celebre danzatore ‘plastico’. Egli salta, gira, la sua muscolatura<br />

è cangiante sotto i proiettori… Bravo, grazioso. Secondo numero:<br />

Spadolini entra, salta, gira… Terzo numero: entra ancora<br />

e solo… Dopo diverse entrate dello stesso genere, gli amici di<br />

Catherine cominciano ad interrogarsi… Ma ecco che comincia il<br />

‘Prélude à l’Après-Midi d’un Faune’. Il sipario si apre ancora<br />

sul fauno-Spadolini, ma ecco apparire infine Catherine, dritta<br />

sulle punte dei piedi, botticelliana nei suoi inamidati veli rosa,<br />

una corona di fiori posati ben dritti sui suoi famosi lunghi capelli<br />

… Uno scroscio d’applausi. Lei va, sempre sulle punte dei piedi,<br />

fino a Spadolini. Breve abbozzo d’un ‘pas de deux’, poi, a<br />

generale sorpresa, uscita, dignitosa e sulle punte, di Catherine…<br />

E non la si rivede più. Finiti i sollazzi del danzatore, alcuni<br />

amici si precipitano dietro le quinte per chiedere dei chiarimenti<br />

a Catherine.<br />

Essi la trovano in lacrime, sola nel suo camerino… ‘Se voi sapeste…<br />

Quando io sono arrivata accanto a lui, egli era talmente<br />

furioso dei vostri applausi … Mi ha detto: Specie di vecchia<br />

baldracca! Allora, io sono fuggita…’.”<br />

Intervista a Catherine Hessling , ‘Cinéma 61’ Fédération Française des<br />

Ciné-Clubs, giugno 1961(Coll. B-S n.283)<br />

Recentemente presso la Bibliothèque Nationale de<br />

France ho ritrovato il programma di quella serata e due<br />

articoli. Questi documenti raccontano un’altra verità:<br />

contrariamente a quanto sostenuto da Catherine nella<br />

sua intervista, lo spettacolo al Théatre de Champs<br />

Elysées prevede le danze di Spadolini e della ballerina<br />

gitana Nati Morales. La Hessling partecipa insieme a<br />

Spadolini solo alla danza ‘Prélude à l’Après-Midi d’un<br />

Faune’.<br />

L’insuccesso è clamoroso, non solo per colpa di Spadolini:<br />

“Non farei un favore a Spadolini scrivendo che ha avuto ragione<br />

a dare un recital al Teatro degli Champs Elysées e che era bene<br />

che si lasciasse andare a improvvisazioni personali che nessun<br />

altro grande artista aveva mai osato presentare al pubblico. Se<br />

fossi stato suo amico gli avrei impedito di presentarsi solo sulla<br />

scena che vide i trionfi di Nyinski e della Pavlova. Dopo la danza<br />

d’entrata, l’Hymne au soleil’, che Spadolini interpretava al<br />

Casinò de Paris, egli non ha cessato di deludere fino al ‘Prélude<br />

à Après-Midi d’un Faune’, del quale attendevamo le improvvisazioni<br />

come una rivelazione e che fu, bisogna dirlo, una cosa<br />

spiacevole. Non tutto per colpa di Spadolini. L’entrata della<br />

sua partner, signora Catherine Hessling, aveva già cominciato a<br />

mettere la sala in ilarità per quella apparizione in cui ornata di<br />

veli rosa e coronata di fiori, era di una comicità irresistibile…”<br />

Jean Laurent , 12 dicembre 1933 (Coll. BNF)<br />

A destra: Depliant dello spettacolo di Spadolini e Nati Morales al Théatre des Champs-Elysées, Parigi 1933.<br />

Chaterine Hessling partecipa solo al “Prélude à l’Après-midi d’un Faune” (Coll. B-S n. 120).<br />

44


Un marchigiano alla corte<br />

di Joséphine Baker<br />

“Una notte a casa di Joséphine Baker: …A tavola, davanti a<br />

bicchieri di cristallo riempiti di champagne si parla ancora di<br />

lavoro, questa volta con gravità, quasi con rispetto; una risata<br />

riparte subito. Joséphine ha immaginato qualche scherzo. Nella<br />

polvere d’oro luminoso che sfugge dal giardino d’inverno, da un<br />

boschetto di palme è apparso un uomo: egli danza, atletico, sportivo.<br />

E i suoi muscoli disegnano, prolungandoli, dei movimenti<br />

che fanno evocare la vita degli stadi, i giochi degli antichi.<br />

‘Era un pittore-decoratore’ lei dice. ‘Abitava a Nizza. I tempi<br />

sono difficili e lui si è dato alla danza. Debutterà al Casinò …’<br />

E Joséphine lo applaude con frenesia. ‘Bravo Spadolini!<br />

Bis!’…”<br />

“Una notte a casa di Joséphine Baker”<br />

André Rivollet, l’Intransigeant, 13.11.1932 (Coll. BNF)<br />

“La Vigilia di Natale, fui invitato nel Vésinet, per il Cenone<br />

…Tutto era bianco a casa di Joséphine. Un tappeto d’ovatta ai<br />

piedi di un abete imbiancato mi accolse all’ingresso. Sotto i rami<br />

ricoperti di fili d’argento, un grammofono riversava l’ultimo ritornello<br />

di ‘Zouzou’ ( film della Baker). C’era un gruppo di<br />

amici: i compagni del Casinò de Paris, il danzatore nudo Spadolini,<br />

per la circostanza vestito!”<br />

“Une vie de toutes les couleurs : memorie di J. Baker<br />

raccolte da A. Rivollet”, Ed. Arthaud, 1935 (Coll. B-S n. 277)<br />

Non è un caso se nel corso delle sue visite a casa di Joséphine<br />

Baker nel novembre 1932, e nel dicembre 1934,<br />

lo scrittore André Rivollet trovi sempre Spadolini. I due<br />

ballerini sono insieme nel lavoro come nella vita, nello<br />

spettacolo ‘La joie de Paris’ al Casinò de Paris, come nelle<br />

tournée in Europa e in America.<br />

Anche in una serie di articoli dell’epoca è possibile ammirare<br />

le immagini dei due artisti avvinghiati in una<br />

danza al Casinò de Paris e, ancora insieme, all’aeroporto<br />

di Parigi.<br />

“Parigi si ricorda ancora di quella notte in cui ha scoperto Spadolini.<br />

Era in una rivista di Joséphine Baker. Sulla musica del<br />

“Matrimonio Segreto” di Cimarosa, nella scenografa di stile cinese<br />

uscì, sembrò da una tela del XVIII° secolo, Spadolini con<br />

Joséphine Baker vestita da marchesa creola. Visione meravigliosa<br />

che provocò l’entusiasmo di Parigi.”<br />

Articolo pubblicato a Parigi negli anni ’30<br />

(Coll. B-S n. 192)<br />

Eppure per 70 anni il nome di Spadolini non viene mai<br />

citato negli innumerevoli volumi scritti sulla Baker.<br />

Come afferma Jo Bouillon, ultimo marito della Baker e<br />

curatore delle memorie ufficiali pubblicate postume:<br />

“Joséphine è sempre stata così: metteva nel dimenticatoio ciò che<br />

non costituiva per lei o su di lei stessa una vittoria.”<br />

“Memorie di J. Baker” a cura di J. Bouillon, 1975<br />

(Coll. B-S n. 483)<br />

Alcuni documenti ritrovati recentemente avvalorano<br />

l’ipotesi che fra il 1932 e il 1935 i due artisti abbiano vissuto<br />

una grande amicizia e poi una segreta storia amore.<br />

Il giornale fiammingo ‘De Dag’ in un lungo articolo ricostruisce<br />

il primo incontro di Alberto e Joséphine avvenuto<br />

nell’estate del 1932.<br />

Il cameriere giunge trafelato nel camerino del danzatore<br />

per informarlo: “In mezzo al pubblico c’è Henry Varna, il direttore<br />

del Casino de Paris. Sembra sia venuto apposta per te!”<br />

Spadò sale sul palcoscenico avvolto in un lenzuolo, non<br />

senza un certo nervosismo.<br />

“Mi dicevo: ‘Mio Dio, adesso o mai più! Questa è la grande<br />

occasione della mia vita!”<br />

Il cuore dell’artista batte all’impazzata preso dall’emozione<br />

e dall’incedere della musica che egli danza ancor<br />

più selvaggiamente. Solo al termine dello spettacolo<br />

Spadolini scopre che ad applaudirlo con Varna c’è anche<br />

Joséphine Baker, la regina dei music-hall parigini.<br />

Conclude Spadolini: “Era incredibile: pur non avendo studiato<br />

danza, tutti e due ebbero grande considerazione per il mio<br />

spettacolo. Fui assunto al Casinò de Paris!”<br />

A destra: Spadolini e Joséphine Baker in un disegno di Pierre Payen, Casinò de Paris, 1933 (Coll. B-S n. 52)<br />

46


Il 3 dicembre 1932 viene inaugurato a Parigi il nuovo<br />

spettacolo con due novità: il danzatore Spadolini e Joséphine<br />

Baker che balla sulla punta dei piedi! Assai superstizioso<br />

Henry Varna inventa anche per questa rivista<br />

un titolo di tredici lettere: “La joie de Paris”.<br />

“Per molti fu una rivelazione quando, come nuovo partner di<br />

Joséphine, apparve Spadolini.<br />

Partner? La parola non è esatta. E questo ancor più perché le<br />

sue danze, le migliori, sono quelle dove, ebbro di questa specie di<br />

genio che possiede, danza da solo…<br />

« Il fallait un danseur a Joséphine Baker, ce fut un peintre qu’elle choisit<br />

», J. Barois, Paris Midi 18.4.1933 (Coll. BNF)<br />

Le testimonianze di amici e parenti dell’artista italiano<br />

sostengono che l’amore fra Alberto e Joséphine sia stato<br />

messo in crisi da gelosie professionali.<br />

Donna straordinariamente generosa (durante la guerra<br />

lavorò nella Resistenza francese contro il nazismo, ed in<br />

seguito adottò bambini di ogni razza e religione dando<br />

esempio di fraternità universale), la Baker ha un tremendo<br />

carattere quando è in gioco la sua carriera artistica.<br />

Fra il 1932 ed il 1935 vengono pubblicati articoli in cui si<br />

parla sempre più di Spadolini e meno di lei. A Spadolini<br />

viene persino dedicata la musica “Bolero-Spadò”, che<br />

diventa il grande successo del Casinò de Paris.<br />

“Ballerino del Mondo e di se stesso. Ogni sera Spadolini ottiene,<br />

al Casinò de Paris un successo significativo. Si chiama Alberto<br />

Spadolini, che ne ‘Le Carnet de la Semaine’ io ho qualificato il<br />

‘Rodin vivente’.<br />

Senza che nulla abbia potuto farlo prevedere, ballerino completamente<br />

sconosciuto e senza alcuna propaganda preliminare che<br />

fanno diffidare gli amatori senza servire i veri artisti, un ballerino<br />

danza al Casinò di Parigi che continua ad essere giustamente<br />

chiamato ‘La Gioia di Parigi’. La gloria di Joséphine Baker non<br />

l’offusca affatto, come la sua non potrebbe essere offuscata…”<br />

Legrand-Chabrier ‘L’Intransigeant’, 1933 (Coll. B-S n. 51)<br />

Il felice sodalizio precipita dopo uno spettacolo presentato<br />

da Joséphine e da Alberto al ‘Prince Edward Theatre’<br />

di Londra. Lei è fischiata mentre il danzatore italiano<br />

è a lungo acclamato. Di questo avvenimento ci resta un<br />

articolo apparso su un quotidiano francese dal titolo “Jalousie”,<br />

nel quale si narra anche la scenata fatta dalla cantante<br />

di “J’ai deux amours” ad un impresario americano<br />

reo di volerla in uno spettacolo insieme a Spadolini. Lei<br />

minaccia asserendo che piuttosto che esibirsi con Alberto<br />

… preferisce andare a giocare al Casinò!<br />

Racconta Alex Wolfson:<br />

“Ricordo molto bene quella notte del 1935. Alberto rientrò a casa<br />

come una furia e si rinchiuse nel suo studio. Preoccupato udii<br />

rumori di vetri infranti e di oggetti scaraventati contro la parete.<br />

Quando riuscii ad entrare nella stanza questa pareva un campo<br />

di battaglia: dischi fracassati, libri strappati, portafotografie in<br />

frantumi. Il dipinto di Spadò, raffigurante ‘La Venere nera’ con<br />

la preziosa cornice dorata, era distrutto!<br />

In mezzo a quel cataclisma Spadolini sedeva intento a tagliuzzare<br />

un pacco di fotografie… Riuscii a salvare una sola immagine,<br />

quella in cui Alberto e Joséphine danzano ‘Hawai’ al Casinò<br />

de Paris. Dopo aver sforbiciato la testa della Baker lui me la<br />

diede in ricordo …”<br />

Intervista ad Alex Wolfson, Archivio C. G. Jung, 1986<br />

Al termine dell’intervista il signor Wolfson mi ha fatto<br />

dono della fotografia ‘ghigliottinata’ da Spadolini in quella<br />

terribile notte.<br />

Solo spaghetti per Joséphine!<br />

“Alla fine del 1932 mio figlio Alberto mi chiede di andarlo a<br />

trovare a Parigi per farmi conoscere una persona molto speciale.<br />

Dopo mille acrobazie per ottenere il passaporto, ed un estenuante<br />

viaggio in treno, giungo a Parigi. Alberto lavora al Casinò de<br />

Paris con Joséphine Baker che presto incontro in casa sua. Io mi<br />

meraviglio nel vedere quella giovane di colore che sembra più un<br />

ragazzo che una donna. I capelli scuri e cortissimi, il corpo di una<br />

adolescente, una voce dolcissima ed un sorriso pieno di simpatia<br />

ed affetto. Mi racconta, chiamandomi subito chère maman, che<br />

la sua vita è iniziata come quella di mio figlio Alberto. Partita<br />

giovanissima da un paese dell’America è venuta a Parigi con<br />

la speranza di raggiungere il successo che non ha avuto nel suo<br />

paese. Dopo i primi momenti di incertezza e timore, si è fatta<br />

notare per la novità che porta nel modo di presentarsi al pubblico<br />

parigino, un modo nuovo di fare spettacolo, come ha fatto anche<br />

mio figlio Alberto. Oltre a parlare con voce dolcissima, canta in<br />

maniera da mandare in visibilio il teatro…<br />

Ciò che Joséphine apprezza più di ogni altra cosa sono gli spaghetti.<br />

E così, per tutto il tempo che mi fermo a Parigi, cucino<br />

‘spaghetti alla bolognese’!”<br />

Dal racconto della mamma Ida Romagnoli alle figlie Bice, Giorgia e<br />

Maria (Archivio C. G. Jung)<br />

A pag. 48: Spadolini e Joséphine Baker danzano “Hawaii” al Casinò de Paris nel 1933. Foto ‘ghigliottinata’ da Spadolini nel 1935 (Coll. B-S n. 9)<br />

A pag. 49: Spartito “Bolero-Spadò”, Editions Smyth, 1933 (Coll. B-S n. 412)<br />

A destra: Brochure « La Joie de Paris » con Joséphine Baker e Spadolini, disegno Paul Colin 1932 (Coll. B-S n. 119)<br />

50


Cécile Sorel, Mistinguett,<br />

Suzy Solidor, Marianne Oswald,<br />

Marléne Dietrich<br />

Finita la stagione che ha visto il trionfo di Joséphine<br />

Baker e di Spadolini, il Casinò de Paris mette in scena<br />

un nuovo spettacolo « Vive Paris ! » a cui partecipa<br />

Cécile Sorel (1873 – 1966), la regina della Comédie<br />

française.<br />

Anche Joséphine Baker si reca a vedere quello spettacolo<br />

in compagnia dell’inseparabile Spadolini.<br />

“Tra Londra e Copenaghen Joséphine ha fatto un breve scalo a<br />

Parigi. Arrivata in mattinata all’aeroporto Bourget con Spadolini<br />

alla sera si reca con lui ad applaudire Cécile Sorel nei panni<br />

di Célimène … E la sera Joséphine guardò dal suo palco Cécile<br />

Sorel scendere la grande scala dorata. L’intera sala guardava, si<br />

pensa, Joséphine che guardava Célimène …<br />

‘Che aria da regina!’ mormora la piccola figlia del sole. Io vorrei<br />

andarglielo a dire …”<br />

Jean Barois, Paris-Midi 1934 (Coll. B-S n. 56)<br />

Cécile Sorel apprezza le danze di Spadolini tanto da definirlo:<br />

“L’aristocratico della danza!”<br />

In un articolo pubblicato nell’agosto 1939, alla vigilia<br />

della 2° Guerra Mondiale, si legge che Spadolini e Sorel<br />

si sono esibiti insieme all’Alhambra di Parigi. Il titolo<br />

del music-hall non poteva che essere “Gloire de Paris”.<br />

“Cécile Sorel è la vedette di un programma dove, seguendo l’augusto<br />

esempio di Sarah Bernhardt, la grande attrice non disdegna<br />

di apparire, tra i numeri di varietà, in brevi brani abbastanza<br />

inattesi tratti da ‘La bisbetica domata’ di Shakespeare… ‘Gloire<br />

de Paris’ ci permette di ritrovare un artista che da qualche mese,<br />

troppo raramente, abbiamo l’occasione di applaudire al musichall:<br />

Spadolini. Questo giovane danzatore, bello come un marmo<br />

antico, aereo come una silfide, di cui ogni gesto è improntato<br />

ad una grazia ineguagliabile, danza d’istinto, si direbbe, senza<br />

averci mai pensato. Così cantano anche gli uccelli. E c’è nella<br />

danza di Spadolini, come nel canto degli uccelli, una sorta di<br />

tumultuosa ebbrezza, qualche cosa di fervente e soleggiato che gli<br />

restituisce, all’improvviso, il suo autentico carattere sacro.”<br />

Pierre Barlat, Parigi agosto 1939 (Coll. B-S n. 91)<br />

Nata nel 1875, Jeanne-Marie Bourgeois debutta giovanissima<br />

nel music-hall prima con lo pseudonimo di<br />

Miss Tinguette ed in seguito con quello di Mistinguett<br />

con cui è celebrata in tutto il mondo per oltre mezzo<br />

secolo. In un disegno pubblicato da un giornale parigino<br />

degli anni ’30 Spadolini è accanto a Mistinguett in una<br />

serata di gala.<br />

I due artisti sono insieme anche in una fotografia apparsa<br />

su di un quotidiano alla fine degli anni ’40.<br />

Si tratta dell’inaugurazione di una esposizione di dipinti<br />

di Spadolini:<br />

“Gioco di gambe … e gioco di mani: Al ritorno da Londra<br />

Mistinguett ha inaugurato, l’altra sera, alla Galleria<br />

Elysée-Palace (rue de Marignan) a Parigi l’esposizione delle<br />

opere del suo amico ed ex partner il danzatore Spadolini<br />

che si scopre un rimarchevole talento di pittore e di disegnatore.<br />

E cosa incredibile Mistinguett ha comprato un quadro.”<br />

Articolo fine anni ’40 (Coll. B-S n. 196)<br />

Suzy Solidor (1906 – 1983) partecipa con le sue canzoni<br />

al documentario “Rivage de Paris” del 1950, sotto<br />

la regia di Alberto Spadolini. Suzy, chiacchierata indossatrice<br />

da Lanvin, modella preferita da Van Dongen e<br />

Picabia, cantante conosciuta per la sua interpretazione<br />

di ‘Lily Marlene’ e per la sua storia d’amore con Tamara<br />

de Lempicka che la ritrae nei suoi dipinti, appare sui<br />

quotidiani degli anni ’30 in compagnia di Spadolini.<br />

Negli anni ’30 Spadolini frequenta anche Marianne<br />

Oswald, cantante di cabaret di origine tedesca fuggita<br />

dalla Germania con l’ascesa al potere di Hitler, celebre<br />

per aver portato sul palcoscenico i testi di Bertold<br />

Brecht, Jean Cocteau e Jacques Prévert. Marléne Dietrich,<br />

partecipa con Maurice Chevalier, Serge Lifar e<br />

Spadolini ad un grande spettacolo svoltosi a Parigi il<br />

14 luglio 1935. Il commento di Marléne sul danzatore<br />

marchigiano, scritto a caratteri cubitali su un quotidiano<br />

francese, è “Spadolini, se ero una ballerina è voi che avrei<br />

scelto come partner!”<br />

Sopra: Spadolini , Suzy Solidor, Marianne Oswald al Galà Pré Catelan. Disegno di Siss, anni ’30 (Coll. B-S n. 66).<br />

Sotto: nel disegno pubblicato su di un giornale francese Spadolini, Mistinguett e Suzy Solidor partecipano ad una festa a Parigi negli anni ’30 (Coll. B-S n. 65).<br />

52


Contro ogni dittatura<br />

della “Vedova allegra”, per la regia di Georg Jacoby, a cui<br />

partecipa con le sue danze e le sue coreografie anche<br />

Spadolini.<br />

Grazie al materiale ritrovato nell’archivio Bolero-Spadò<br />

e ad un articolo inviatomi dalla Deutsches Tanzarchiv<br />

di Colonia, scritto il 30 aprile 1940 da Carl Weichardt,<br />

sappiamo che in quell’occasione Lehar riceve gli auguri<br />

dei massimi gerarchi nazisti.<br />

L’artista italiano deve tornare in Germania l’anno seguente<br />

per uno spettacolo al Dessauer Theater del 5<br />

febbraio 1941. Ad uno degli spettacoli è presente Siegfried<br />

Enkelmann, considerato il più importante fotografo<br />

della danza tedesco; sono sue alcune delle stupende<br />

fotografie ritrovate nell’archivio di Spadolini.<br />

Allo spettacolo di Berlino è presente un giornalista italiano<br />

che pubblica sulla rivista ‘Tempo’ un lungo articolo<br />

con il chiaro intento di dimostrare la superiorità della<br />

razza italiana.<br />

Bice, sorella dell’artista, sostiene:<br />

Nel 1940, come accade ad altri artisti francesi, Spadolini<br />

è costretto dalle truppe d’occupazione naziste ad esibirsi<br />

in Germania.<br />

L’occasione è data dal settantesimo compleanno di<br />

Franz Lehar, che viene osannato con la messa in scena<br />

“Alberto non si è mai sentito un campione dell’italica razza.<br />

Egli è figlio di un ferroviere licenziato dal regime per non aver<br />

aderito al partito fascista; odia ogni totalitarismo tanto da aver<br />

abbandonato l’Italia alla fine degli anni ’20; nel corso dell’occupazione<br />

nazista di Parigi nasconde nella sua casa amici di<br />

origine ebraica; torna a frequentare Joséphine Baker ben nota<br />

per la sua attività di spionaggio per conto degli Alleati. Inoltre se<br />

mio fratello Alberto fosse tornato in Italia sarebbe stato arrestato<br />

e processato per diserzione!”<br />

Archivio Centro C. G. Jung, 1986<br />

Sopra: Spadolini nella brochure dell’operetta “Die lustige Witwe”, Franz Lehar 1940 (Coll. B-S n. 134).<br />

A destra: Spadolini danza “Exotische Vision” di Lecuona, foto di S. Enkelmann, 1941 (Coll. B-S n. 43).<br />

54


Hanno scritto del danzatore<br />

e coreografo Spadolini<br />

Maurice Ravel<br />

“La sua coreografia è in armonia<br />

con la partitura della musica del Bolero!”<br />

Spadolini danza per la prima volta il Bolero alla presenza<br />

del suo compositore Ravel.<br />

Max Jacob<br />

“Spadolini concretizza la visione del poeta!”<br />

M. Jacob, romanziere e poeta.<br />

Cécile Sorel<br />

“L’aristocratico della danza!”<br />

Attrice della Comédie Française, ha lavorato nel 1939<br />

con Spadolini in “Gloire de Paris”.<br />

Maurice Rostand<br />

“Un poeta della danza e allo stesso tempo un atleta!”<br />

Poeta e romanziere, Rostand sceglie Spadolini per la<br />

commedia “Chaterine empereur”. L’anno seguente partecipa<br />

con Spadò alla conferenza agli Archivi Internazionali<br />

della Danza.<br />

Gérard d’Houville (Le Figaro)<br />

“Spadolini, lo stupefacente ballerino che anima la rivista con la<br />

duttile forza dei suoi ritmici balzi.”<br />

G. d’Houville pseudonimo di Marie de Régnier, scrittrice<br />

famosa per aver avuto una lunga relazione amorosa<br />

con Gabriele d’Annunzio.<br />

Paul Valery<br />

“Mitologico, mistico e faunesco! Visione di Spadolini”.<br />

Valery è uno dei grandi poeti francesi<br />

Georges Mandel<br />

“Bravo Spadolini per gli istanti dedicati<br />

alla nostra televisione!”<br />

Mandel è Ministro delle Poste dal 1934 al 1936, periodo in<br />

cui Spadolini partecipa alle prime prove della televisione<br />

Lugue Poé<br />

“Spadolini sopravanza il nostro secolo!”<br />

Poé, pseudonimo di Aurelien François Marie,<br />

attore e fondatore del “Théatre de l’Oeuvre”.<br />

Marlène Dietrich<br />

“Se ero una ballerina è voi che avrei scelto come partner!”<br />

Con Spadolini, Maurice Chevalier, Serge Lifar, partecipa<br />

ai festeggiamenti del 14 luglio 1935.<br />

André Levinson<br />

“I suoi atteggiamenti ed i suoi gesti sono armoniosi, duttili, e<br />

sanno raggiungere, quando necessario, eloquente nobiltà…”<br />

Levinson autore di saggi sulla danza.<br />

Henry Varna<br />

“Spadolini il Magnifico!”<br />

Varna, direttore del Casino de Paris.<br />

‘Le Figaro’ (Parigi)<br />

“Nel regno di Tersicore il suo satellite Spadolini occupa un posto<br />

privilegiato in questo basso mondo.<br />

Egli attira in tutti i casi la folla.”<br />

Fernand Divoire (La Revue de France)<br />

“Spadolini dipende talmente dal ritmo,<br />

che si crede che il ritmo dipenda da lui.”<br />

Divoire è autore di saggi sulla danza.<br />

‘Vedettes’ (Parigi)<br />

“Se Spadolini è un ballerino nato, un creatore, se in ciascuna<br />

delle sue danze appare come un giovane dio ardente e appassionato,<br />

lo deve alla sua ‘formazione corporea’, ma anche alla sua<br />

cultura; è artista nel senso più completo della parola.”<br />

‘Vogue’ (Londra)<br />

“Spadolini ha una tecnica brillante e una grande bellezza di<br />

movimenti e di atteggiamenti.”<br />

‘The Era’ (Londra)<br />

“Nella danza internazionale Spadolini<br />

primeggia con grande prestigio.”<br />

‘Variety’ (New-York)<br />

“Spadolini che combina un corpo eccezionale<br />

con una straordinaria capacità di ballare!”<br />

‘Swenska Tagbladet’ (Stoccolma)<br />

“Spadolini, l’incredibile visione!”<br />

A destra: Spadolini, Foto Cayeb anni ’30 (Coll. B-S n. 48)<br />

56


L’ECLETTICO ARTISTA SPADOLINI<br />

“I miei amici mi considerano pazzo perché preferisco ai contratti più remunerativi quelli che mi<br />

permettono di viaggiare, di sperimentare tutte le arti. I soldi non mi sono mai interessati!”<br />

Alberto Spadolini<br />

58


Pittore francese<br />

“Io ho contratto con la Francia un debito di gratitudine. Se io<br />

scrivo la sua lingua meglio di come la parlo e se danzo meglio<br />

di come scrivo, lo devo solo a lei. E’ sul suo suolo che ho lasciato<br />

i miei pennelli sulla tavolozza per consacrarmi alla coreografia.<br />

E’ ancora lei che mi ha maternamente consolato, incoraggiato e<br />

mai io ho compreso meglio la profondità commovente di questi<br />

versi: ‘Ogni uomo ha due patrie, la sua e poi la Francia!”<br />

Articolo di Alberto Spadolini, « Sourire » 1935 (BNF)<br />

Spadò fa di Parigi la sua seconda patria. Qui regna la<br />

gioia di vivere, c’è in tutti il desiderio di conoscere, di<br />

amare, di superare ogni limite.<br />

Spadolini è stato l’artista che forse più di ogni altro ha<br />

illuminato la ‘Ville Lumière’ con danze, coreografie, dipinti,<br />

scenografie, decorazioni, restauri, canzoni, film,<br />

documentari, poesie…<br />

Nel dopoguerra egli espone a Parigi alla Galleria dell’Elysée<br />

Palace (partecipa all’inaugurazione la celebre<br />

Mistinguett), al Cercle de l’Union Française, alla Galleria<br />

Pozzallo, alla Galleria La Pergola, alla Galleria dell’Odeon,<br />

e per tanti anni alla Galleria Alex Cazelles, accanto<br />

al Moulin Rouge.<br />

Nei suoi dipinti Spadolini racconta la bellezza architettonica<br />

di Parigi, i suoi monumenti, le chiese, i giardini,<br />

le luci, i colori degli alberi che si affacciano sulla Senna…<br />

Uno dei luoghi più amati da Spadolini è il mercato delle<br />

pulci (Le Marché aux Puces) a Porte de Clignancourt,<br />

poco distante dal cimitero dove oggi riposa. Accanto agli<br />

antiquari qui espongono i loro ‘tesori’ venditori di cose<br />

usate, ed è qui che Spadolini viene ad incontrare amici e<br />

a cercare vecchie cornici.<br />

A pag. 59: “Autoritratto”, Spadolini anni ’40, olio su tela cm. 55 x 65 (Coll. N. Ghassoul)<br />

Sopra: Brochure della esposizione Spadolini a Le Cercle de l’Union Française, Parigi 1948 (Coll. B-S n. 174)<br />

A destra: “Il menestrello”, Spadolini anni ’40, olio su compensato cm. 23 x 62 (Coll. B-S n. 142)<br />

A pag. 62: “Il giocoliere”, Spadolini anni ’40, olio su tela cm. 22 x 27 (Coll. B-S n. 146)<br />

A pag. 63: “Vue de Montmartre”, Spadolini anni ’40, olio su tela cm. 33 x 41 (Coll. P. Oger)<br />

60


Pittore della danza<br />

“Non essendo più sulla scena, nell’esprimermi con figure e colori<br />

ho sempre avuto in me l’inesauribile desiderio di raffigurare ciò<br />

che potevo immaginarvi, ciò che avrei voluto fosse esistito…<br />

L’immagine reale dell’oggetto, in quel momento, in quel solo<br />

momento, perché basta un soffio, il volgersi di una testa, l’inclinazione<br />

più accentuata del corpo, uno scatto… per cambiare<br />

tutto. La bellezza è nel momento in cui si coglie. Un attimo e<br />

l’immagine si disfa, non ‘trasmette’ più quella emotività-bellezza<br />

che hanno prima colpito la sensibilità dello spettatore.”<br />

Intervista Spadolini “Il Messaggero”, 1967 (Coll. B-S n. 214)<br />

Ricordo mio zio Alberto passare intere ore nel suo studio<br />

a Fermo di fronte alla tela. A volte dipinge di getto<br />

e sembrano una catarsi quelle linee che modellano meravigliose<br />

ballerine librate in aria. Con poche pennellate<br />

riesce a rendere viva la materia. I suoi personaggi sono<br />

improvvisamente animati, si muovono ora con la grazia<br />

di autentici principi rinascimentali, ora con la sensualità<br />

di due amanti.<br />

Poi, ad un certo movimento, un braccio alzato, un collo<br />

volto in una certa direzione, dedica una particolare attenzione,<br />

rimane concentrato, sembra lontano in un’altra<br />

epoca fra le note di dolci melodie.<br />

“La pittura di Spadolini, singolare per taglio compositivo e soluzione<br />

luministica, si attesta come esigenza espressiva di un<br />

racconto autobiografico, in cui ogni forma creativa rappresenta<br />

un elemento dell’infinito universo esistenziale. Intrisi di istintività<br />

e di poesia, di cromie dense e oniriche, i dipinti ubbidiscono<br />

a una ricerca estetica fondata, come sottolineava Cocteau, sulla<br />

trasfigurazione dell’anima nella danza”.<br />

Prof. Enzo Dall’Ara, critico d’arte, Bolero-Spadò 2005<br />

Sopra: “Chateau de Brignac au clair de lune”, cm. 60 x 50 (Coll. P. Oger)<br />

A destra: “Ballerini spagnoli”, Spadolini 1954, olio su tela cm. 65 x 81 (Coll. M. Spadellini)<br />

64


Jean Cocteau<br />

“La trasfigurazione dell’anima nella danza, questa è la ricerca<br />

nell’ispirazione pittorica di Spadolini. Questa testimonianza<br />

psicologica trasmette delle vibrazioni interne del suo carattere costruito<br />

essenzialmente con la sua ispirazione emotiva del corpo<br />

umano in movimento. Per vero questo artista lavora in questo<br />

universo sensitivo trasponendolo con il genio che scaturisce dal<br />

suo cuore e dalla sua anima.”<br />

“Spadolini, viso della danza e delle Marche”,<br />

Brochure ‘La Dorica’, Roma marzo 1967 (Coll. B-S n.183)<br />

Sopra: “Etoiles de l’Opera n. 1”, Spadolini anni ’50, olio su tela cm. 41 x 52 (Coll. B-S n. 143)<br />

A destra: “Rythmes”, Spadolini anni ’40, olio su tela cm. 59 x 72 (Coll. B-S n. 137)<br />

66


Max Jacob<br />

“Spadolini danza i suoi sogni. I suoi sogni di pittore… La sua<br />

concezione dell’Arte è legata per mezzo della sua anima e dei<br />

suoi muscoli a nostra sorella la Danza e alla Pittura. Le sue tele<br />

ci rivelano dei visi che avremmo amato. La natura assomiglia al<br />

sogno di un mondo quasi Santo.<br />

Ecco questo Spadolini, sportivo infaticabile, che prende la vita<br />

come una corsa e coglie al volo dei fiori. Dei fiori tra gli allori.”<br />

Depliant Parigi anni ’40 (Coll. B-S n.173)<br />

Sopra: “Dreams”, Spadolini 1966, olio su tela cm. 38 x 46 (Coll. B-S n. 144)<br />

A destra: “Innamorati”, Spadolini 1966, olio su tela cm. 25 x 30 (Coll. R. Minnucci)<br />

68


Principe Felix Feliksovic Yussupov<br />

“La natura imita l’arte diceva Oscar Wilde. Spadolini dipingendo<br />

è il giocoliere che sa eccitare la nostra curiosità e sensibilità,<br />

rivelandoci quello che ci sfugge invitandoci nel suo universo.”<br />

“Spadolini, viso della danza e delle Marche”,<br />

Brochure ‘La Dorica’, Roma marzo 1967 (Coll. B-S n.183)<br />

Sopra: “Pas de deux”, Spadolini 1966, olio su tela 82 x 66 (Coll. R. Minnucci)<br />

A destra: “Gruppo danzante”, Spadolini anni ’50, olio su tela cm 45 x 53 (Coll. M. Spadellini)<br />

70


“Siamo tutti dannati, noi artisti! Perché stritolati dal giudizio,<br />

tanto è soggettivo il modo di esprimersi e così l’atto di un giudizio.<br />

Ma questo non significa che l’arte non appaghi, nel suo tormento.<br />

C’è comunque una frontiera: chi osa e chi nò. Chi guarda<br />

il convenzionale e non lo respinge per desiderio di pace, anche<br />

se in cuor suo sa che quel convenzionale non gli piace e vorrebbe<br />

trovarsi fra le sue immagini, le più irrazionali, le più vere. Gli<br />

altri, quelli che… osano, sono artisti, coloro che accettano il rischio<br />

come messaggio, ci buttano dentro l’anima, si identificano<br />

in una realtà interiore che può violare il convenzionale, scalfire<br />

o colpire l’immaginazione artefatta, comune, ma per i quali il<br />

sopravvento delle immagini scelte per vocazione costituisce un<br />

atto irrinunciabile, una propria espressione di verità.”<br />

“Chopin e le Silfidi nell’arte di Spadolini”,<br />

Intervista di Etrusco a Spadolini, “Il Messaggero” 22/2/67 (Coll. B-S n. 214)<br />

Sopra: “Coreografia per l’Arena di Verona”, Spadolini 1972, cm. 65 x 80 (Coll. N. Ghassoul)<br />

A destra: “Tre ballerine”, Spadolini anni ’50, olio su tela, cm. 25 x 30 (Coll. M. Spadellini)<br />

72


Spadolini e Liane Daydé<br />

“Spadolini continua ad occuparsi della danza, ma come pittore,<br />

fissando sulla tela quel mondo in cui aveva avuto un ruolo<br />

di protagonista. Posano per lui le ‘stelle’ dell’Opera, seguendo<br />

l’esempio della famosa Liane Daydé, e interi corpi di ballo in<br />

piena azione sono i soggetti preferiti della sua pittura elegantemente<br />

stilizzata, nella quale non vibra uno spirito romantico<br />

alla Degas ma sono colti nella loro immediatezza gli effetti della<br />

luce e del movimento”.<br />

“Un anconetano a Parigi è il pittore della danza”,<br />

intervista a Spadolini,‘Il Resto del Carlino’ 13/8/ 1957<br />

(Coll. B-S n. 210)<br />

All’inizio degli anni ’50 Spadolini appare in una serie di<br />

servizi giornalistici accanto a Liane Daydé, Stella dell’Opera<br />

de Paris.<br />

Nella sua lunga carriera Daydé avrà partner prestigiosi<br />

come Cyril Atanassof, Serge Lifar, Serge Golovine, Rudolf<br />

Nureyev.<br />

Per la sua bravura Balanchine la sceglie per ballare le sue<br />

danze, mentre Jean Cocteau scrive per lei il balletto “La<br />

Dame la Licorne”.<br />

Da me interpellata Liane Daydé ha raccontato che le foto<br />

che la ritraggono con Alberto Spadolini furono scattate<br />

nello studio del maestro Volinine a Parigi (132, avenue<br />

de Villiers) e che lo stupendo ritratto sullo sfondo, opera<br />

di Spadolini, è quello di Anna Pavlova.<br />

Sopra: Alberto Spadolini e Liane Daydé nell’atelier del maestro Volinine a Parigi (Coll. B-S n. 220)<br />

A destra: Spadolini e Liane Daydé (Coll. B-S n. 224)<br />

74


Pittore svedese<br />

La Bibliothèque Nationale de France mi ha fatto pervenire<br />

copia di due cataloghi nei quali Spadolini è annoverato<br />

fra i pittori scandinavi:<br />

“Svenskt konstnärslexikon…”<br />

RedaktionGösta Lilja, Bror Olsson, Knut Andersson, S. Artur<br />

Svensson. - Malmö: Allhems förlag, 1952-1967.<br />

“Svenska konstnärer : biografisk handbok”.<br />

[Ny reviderad och utökad upplaga]. - Stockholm Nybloms förlag,<br />

1982.<br />

Spadolini, amico di Rolf de Maré, fondatore dei Ballet<br />

Suedois, alla fine degli anni ’40 apre un atelier anche nel<br />

cuore di Stoccolma.<br />

Egli espone la prima volta all’Oscarteaterns il 3 maggio<br />

1948.<br />

Seguono una lunga serie di mostre alla Galleria Latina<br />

e alla Bohmans Konstgalleri; l’ultima mostra risale all’estate<br />

1972, pochi mesi prima della morte dell’artista.<br />

L’attività di Spadolini in Svezia è in realtà iniziata nel<br />

1941 con alcuni spettacoli di danza al China Theater di<br />

Stoccolma. Qui conosce Betty Bjurstrom, una ballerina<br />

tanto affascinante da essere eletta prima Miss China<br />

e poi scelta per partecipare all’elezione di miss Europa<br />

1948 in rappresentanza della Svezia.<br />

Il futuro di Betty è segnato da una pallottola che le spezza<br />

la spina dorsale e che la immobilizza su una sedia a<br />

rotelle. Nel 1964 Spadolini rincontra la ragazza a Stoccolma<br />

e la invita all’inaugurazione della sua mostra alla<br />

Galleria Latina promettendole aiuto.<br />

“Quando Betty Bjurstrom era miss China nel 1941 ballava con<br />

un giovane italiano di nome Alberto Spadolini. Oggi lei spera di<br />

essere da lui aiutata finanziariamente.<br />

Quello che Betty non sapeva nel 1941 è che Spadolini è un pittore<br />

molto bravo che inaugurerà un ‘vernissage’ dei suoi quadri<br />

alla Galleria Latina di Stoccolma.<br />

Grazie all’aiuto di Spadolini Betty spera di trovare i soldi<br />

necessari alle spese di riabilitazione e così forse un giorno alzarsi<br />

dalla sedia a rotelle.”<br />

“Dagens Nyheter” Stoccolma, 15/12/ 1964 (Coll. B-S n.203)<br />

Sopra: “Il Mare del nord”, Spadolini anni ’40, olio su tela cm. 48 x 60 (Coll. M. Spadellini)<br />

A destra: “Il volto dell’amore”, Spadolini anni ’40, olio su tela cm. 53 x 64 (Coll. B-S n. 136)<br />

76


Pittore delle Marche<br />

“Non so quanti anconetani sappiano di Spadolini, anzi di<br />

‘Spadò’, come lo chiamano ancora i parigini. Ma è un fatto che<br />

questo nome marchigiano anzi pianarolo ha portato in giro per<br />

il mondo e con bel lustro da circa vent’anni il nome d’Italia e di<br />

Ancona… Nato in Ancona in un quartiere popolarissimo ma<br />

ricco di umori, Spadolini cominciò come pittore. Gli fu maestro<br />

e compagno Baldinelli, altro anconetano prestato all’estero, e frequentò<br />

quei piccoli e polemici cenacoli artistici - tutti di giovani<br />

- che le piccole città di provincia sono solite formare e disperare…<br />

In una delle sue rapide sfrecciate per l’Italia è passato ad Ancona.<br />

Aveva con sé dei quadri li ha lasciati qua in mostra ai suoi<br />

amici di un tempo e per testimonianza affettuosa di quel che un<br />

antico cittadino ha fatto e sa fare in arte ‘extra muros’ , cioè tra<br />

stranieri.”<br />

Voce Adriatica, aprile 1956 (Coll. B-S n. 216)<br />

Molti dei dipinti di Spadolini sono dedicati alla sua terra,<br />

tanto da essere considerato l’ambasciatore delle Marche<br />

nel mondo.<br />

Nelle sue mostre all’estero egli espone anche i paesaggi<br />

più amati, la sua Ancona, il Conero, i Monti Sibillini, la<br />

città di Fermo, il mare di Porto San Giorgio.<br />

“I paesaggi marchigiani sono la nota più intima di Spadolini.<br />

‘Splendore del mare’, il dipinto con la veduta del Conero recentemente<br />

riportato alla luce è davvero delicato nei toni. Questo è<br />

il vero volto di Spadolini!”<br />

prof. Riccardo Gresta, storico dell’arte, “Bolero-Spadò” 2005<br />

Negli anni ’50 Spadolini è un assiduo frequentatore di<br />

Porto San Giorgio dove vive la sorella Bice, sposata ad<br />

Andrea Travaglini e trascorre le sue giornate nuotando<br />

e dipingendo. Per festeggiare la nascita del nipote Stefano<br />

egli dipinge la Santa Teresa di Lisieux che dona alla<br />

Chiesetta di Porto Sant’Elpidio.<br />

A Fermo Spadolini apre un atelier presso la casa della<br />

sorella Giorgia in via Medaglie d’Oro, e restaura la Villa<br />

dei Conti Vitali, oggi Museo Comunale, e Villa Papetti.<br />

Sopra: “Fermo”, Spadolini anni ’50, olio su tela cm. 51 x 61 (Coll. S. Travaglini)<br />

Sotto: “Campagna marchigiana”, Spadolini 1954, olio su tela cm. 64 x 80 (Coll. B-S n. 148)<br />

A destra: “Arco di Traiano e sullo sfondo S. Ciriaco”, Spadolini 1956, olio su tela cm 45 x 56 (Coll. B-S n. 139)<br />

78


“Nei giorni scorsi Spadolini è tornato nella sua città ed ha dipinto<br />

vari scorci di Ancona: ‘Così, a Parigi avrò qualche cosa<br />

della mia città e nei momenti di nostalgia potrò guardare i miei<br />

dipinti e ricordare queste magnifiche giornate di settembre con<br />

un cielo terso, splendente come soltanto da queste parti è dato di<br />

trovare.’<br />

Durante il cordiale incontro, l’artista ci ha confidato che ormai<br />

stanco di girare il mondo, anche se a duecento chilometri da Parigi<br />

ha una magnifica fattoria, vorrebbe tornare definitivamente<br />

in Italia. Forse si stabilirà a Grottammare, dove ha trovato una<br />

antica casa da restaurare.”<br />

“Vive a Parigi sognando l’Italia il ballerino-pittore Spadolini”,<br />

GMF ‘Voce Adriatica’, 15/9/66 (Coll. B-S n. 209)<br />

Sopra: “Splendore del mare”, Spadolini anni ’50, olio su tela cm. 53 x 64 (Coll. B-S n. 147)<br />

A destra: “Mamma Ida Romagnoli”, Spadolini anni ’60, olio su tela cm. 64 x 79 (Coll. B-S n. 150)<br />

80


Pittore esoterico<br />

Nel settembre 1972, mi reco per la prima volta in vacanza<br />

a Parigi e naturalmente vado a trovare mio zio Alberto<br />

Spadolini nel suo appartamento sugli Champs-Elisées.<br />

All’epoca sono un ragazzo che pensa solo al divertimento<br />

e così lui mi fa una lunga ramanzina: “Devi visitare i<br />

musei, studiare i classici greci e latini, e soprattutto non perdere<br />

tempo in sciocchezze!”<br />

Alla sera mi insegna alcune frasi in ‘argot’, il dialetto parigino,<br />

fra cui un sibillino: “Fulcan tempiofiess” di cui non<br />

mi vuole spiegare il significato.<br />

Torno a Parigi nel 1974 con l’inseparabile compagno di<br />

viaggi Tony Aiuto. Insieme ci rechiamo a trovare Alex<br />

Wolfson, per tanti anni grande amico di Spadolini da<br />

poco scomparso.<br />

Egli ci racconta diverse avventure di Spadolini, di cui<br />

è stato testimone, fra cui la feroce telefonata del ministro<br />

Mandel, la distruzione delle fotografie di Joséphine<br />

Baker, il suo lavoro nello studio di un certo Jules Boucher…<br />

È solo nel 1978, a seguito della scoperta del suo archivio,<br />

che inizio ad interessarmi di arte, letteratura, danza,<br />

pittura, cinema, filosofia, e più tardi di simbolismo<br />

junghiano. E così, quando recentemente è giunta dalla<br />

Norvegia l’immagine fotografica del dipinto “Tau”, mi<br />

rendo conto immediatamente che l’eclettico artista è<br />

stato anche pittore esoterico.<br />

Approfondisco lo studio su Jules Boucher (1902 – 1955),<br />

uno dei massimi studiosi di simbologia esoterica, discepolo<br />

del celebre alchimista Fulcanelli.<br />

La lettura del volume “Il Mistero delle Cattedrali” di<br />

Fulcanelli, insieme all’insostituibile aiuto di Tony Bortolotti,<br />

mi permette di svelare il segreto di quella frase in<br />

argot, una specie di ‘koan’, come dicono gli orientali.<br />

“Fulcan tempiofiess” in realtà significa: “Fulcanelli fece<br />

(costruisce) il tempio”.<br />

“I dizionari definiscono la parola argot come ‘linguaggio particolare<br />

di tutti quegli individui che sono interessati a scambiarsi le<br />

proprie opinioni senza essere capiti dagli altri che stanno intor-<br />

no’. È quindi, una vera e propria cabala parlata. Gli argotieri,<br />

quelli che si servono d’un tale linguaggio, sono i discendenti ermetici<br />

degli argonauti, i quali andavano sulla nave Argo, parlavano<br />

la lingua argotica - la nostra lingua verde - navigando<br />

verso le fortunate rive della Colchide per conquistare il famoso<br />

Vello d’Oro…<br />

Tutti gl’Iniziati si esprimevano in argot, anche i vagabondi della<br />

Corte dei Miracoli, - col poeta Villon alla loro testa, - ed anche<br />

i Frimasons, o frammassoni del medioevo, ‘che costruivano la<br />

casa di Dio’, ed edificavano i capolavori argotiques ancor oggi<br />

ammirati.”<br />

“Il Mistero delle cattedrali”, di Fulcanelli, Ed. Mediterranee, 2001<br />

Seguendo l’insegnamento di Jules Boucher e del suo<br />

maestro Fulcanelli, Spadolini ha nascosto il suo mondo<br />

più segreto in una serie di dipinti e disegni esoterici.<br />

Molti confondono il termine esoterico (dal greco ‘esoterikos’<br />

ossia interiore, nascosto) che esprime il desiderio<br />

di conoscenza e l’ampliamento della percezione del<br />

Sacro, con l’occultismo spesso ricercato dai soggetti che<br />

vogliono dominare gli uomini e l’intero universo attraverso<br />

la magia.<br />

L’esoterismo è un insegnamento riservato a pochi eletti<br />

e necessita di continuo apprendimento, forte volontà e<br />

desiderio di crescita interiore.<br />

Nella trilogia “Arco di Traiano con in lontananza San Ciriaco”<br />

(a pag. 79), “Fontana di Piazza San Pietro” (a pag. 89)<br />

e “Notre-Dame de Paris”, Spadolini ripercorre i momenti<br />

più importanti della sua esistenza: l’infanzia anconetana,<br />

la giovinezza romana, la maturità parigina.<br />

A legare le Cattedrali ci sono loro, i Fratelli di Heliopolis,<br />

raffigurati in procinto di varcare l’Arco di Traiano<br />

diretti alla Cattedrale di San Ciriaco, assetati di verità<br />

mentre si dirigono verso la Fontana di Piazza San Pietro,<br />

intenti ad ammirare quel meraviglioso tempio gotico<br />

che è Notre Dame de Paris.<br />

“Con l’abbondante fioritura della sua decorazione, con la varietà<br />

dei soggetti e delle scene che l’adornano, la cattedrale si presenta<br />

A destra: “Notre-Dame de Paris”, Spadolini anni ’40, olio su tela cm. 37 x 45 (Coll. B-S n. 138).<br />

82


come un’enciclopedia di tutto il sapere medioevale, perfettamente<br />

completa ed assai variata, talvolta ingenua, talvolta nobile, ma<br />

sempre vivente. Queste sfingi di pietra sono così degli educatori,<br />

degli iniziatori di prim’ordine … Notre-Dame de Paris, chiesa<br />

filosofale, è, senza possibilità di smentita, uno dei più perfetti<br />

prototipi del genere, come ha scritto Victor Hugo, ‘ il più soddisfacente<br />

compendio di scienza ermetica’… E qui, nello splendore<br />

delle ogive dipinte e decorate, dei costoloni delle volte, dei timpani<br />

dalle figure multicolori, ognuno illustrava il risultato dei suoi<br />

lavori, spiegava l’indirizzo delle sue ricerche. Si esprimevano<br />

delle probabilità; si discutevano le possibilità, si studiavano sul<br />

posto le allegorie del bel libro e la parte più animata di queste<br />

riunioni era certo l’astrusa esegesi dei simboli misteriosi.”<br />

“Il Mistero delle Cattedrali”, di Fulcanelli, Ed. Mediterranee 2001<br />

Ricco di simbolismi appare il dipinto ‘Tau’, recentemente<br />

ritrovato in Norvegia. Ho tentato una mia personale<br />

interpretazione di questo dipinto anche se, probabilmente,<br />

non sapremo mai il vero significato attribuitogli<br />

dall’artista. In questo antico tempio in rovina appaiono<br />

cinque personaggi:<br />

1) a destra c’è un uomo nudo con la chitarra in mano<br />

che attende nell’ombra fuori dal tempio (non dimentichiamo<br />

che Spadolini in gioventù è soprannominato<br />

le ‘danseur nu’). Egli è nello stadio del bruco, in<br />

attesa di entrare nel bozzolo;<br />

2) a sinistra è in posa una donna completamente ricoperta<br />

d’oro, anche lei nell’ombra, simbolo della vita<br />

materiale. Su una mano è appoggiato un pappagallo,<br />

che rappresenta il pavoneggiarsi, l’apparire. All’interno<br />

di quell’involucro dorato, c’è un’anima che attende<br />

di liberarsi dal bozzolo;<br />

3) Un uomo di spalle si dirige a passo di danza verso<br />

il centro del Tempio, e verso la luce. Egli si è tolto<br />

la maschera che ha indossato per troppo tempo per<br />

essere finalmente se stesso;<br />

4) Nel libro di Fulcanelli leggiamo che le cattedrali sono<br />

orientate da ovest verso est. Spadolini, interessato anche<br />

alle pratiche orientali, raffigura un uomo proveniente<br />

da Oriente che solleva la sfera, simbolo della<br />

perfezione, della completa trasmutazione dell’anima.<br />

5) Anche una donna, al centro del Tempio, solleva una<br />

sfera. I suoi capelli si muovono al vento a simbolizzare<br />

la completa libertà raggiunta. Dall’ombra il bruco<br />

è resuscitato sotto forma di una splendida farfalla.<br />

Tutti questi personaggi sono sovrastati dalla grande<br />

colonna del Tempio che forma la lettera ‘Tau’.<br />

Di origine biblica questa lettera prefigura la croce ed<br />

è stata utilizzata nel Medioevo dai seguaci di Antonio<br />

Abate e dallo stesso San Francesco.<br />

“… e in realtà il Santo nutriva grande venerazione ed affetto per<br />

il segno del Tau, lo raccomandava spesso nel parlare e lo scriveva<br />

di propria mano sotto le lettere che inviava, come se la sua missione<br />

consistesse, secondo il detto del profeta, nel segnare il Tau<br />

sulla fronte degli uomini che gemono e piangono, convertendosi<br />

sinceramente a Cristo”.<br />

“Vita di San Francesco – Legenda Maior”, Bonaventura da Bagnoregio<br />

Spadolini, affronta in diverse opere il tema religioso<br />

perché è terziario francescano:<br />

“Francesco mi ha insegnato a dare per la gioia di dare, a sentirmi<br />

felice di quanto possiedo, a considerare i ricchi come i veri poveri<br />

perché spesso sono poveri nello spirito e nell’anima. A credere<br />

che il dolore è un dono perché con il dolore si acquista la felicità<br />

e la comprensione della felicità; a capire che la felicità non può<br />

scaturire che da noi stessi, dal profondo del nostro essere e che il<br />

mondo esterno non può turbare l’equilibrio e la serenità della<br />

nostra anima.<br />

Non mi creda un poseur, sento veramente ciò che dico e sento<br />

veramente l’esempio di San Francesco.<br />

Certo debbo vivere nel mondo e mostrarmi superficiale, ma questo<br />

è il volto che presento agli estranei, a coloro che non possono<br />

comprendermi, come una difesa ed una barriera sul segreto<br />

mondo della mia vita più intima. Crede lei che tutti potrebbero<br />

capirmi quando dico che i miei sentimenti li so esprimere solo<br />

danzando e che molte volte mi vergogno di ricevere del denaro<br />

come compenso delle mie danze, perché queste sono un mio<br />

modo di pensare, naturale per me come il respiro? Con la danza<br />

voglio esprimere il mio amore per il sole, la bellezza, la vita in<br />

tutti i suoi aspetti ed anche un senso religioso che sento come<br />

guida e come sostegno.”<br />

“Spadolini francescano e ballerino”, Intervista di Mila Contini a<br />

Spadolini, 1946 (Coll. B-S n. 115)<br />

A destra: “Tau”, Spadolini anni ’60, olio su tela cm. 65 x 80 (Coll. N. Ghassoul)<br />

84


“… buona parte della ricerca interiore di Spadolini è catturata<br />

dal tema della ‘deposizione della Maschera’. Questa rappresenta<br />

secondo Jung l’archetipo dell’atteggiamento esteriore con cui ci si<br />

adatta ai vari ambienti. Le maschere però possono facilmente<br />

rimanere ‘attaccate’ al viso del soggetto impedendogli l’accesso<br />

alla sua vera natura, all’Anima (rappresentata nei dipinti<br />

dalle figure di donne), soprattutto se questi è un personaggio di<br />

successo e quindi maggiormente alla mercé del proprio immaginario.<br />

Non dimentichiamo che Spadolini esibisce con fierezza<br />

non solo la propria tecnica di danza, ma anche il suo corpo,<br />

fino ad essere battezzato ‘le danseur nu’. Le numerose avventure<br />

con donne anche prestigiose dell’epoca sono a testimoniare<br />

che egli non è immune da soddisfazioni narcisistiche. Proprio<br />

per questo, probabilmente, la sua ricerca interiore deve ricorrere<br />

puntualmente all’archetipo della Maschera o ‘Persona’ (parola<br />

che rimanda infatti alla maschera dell’attore nella Grecia antica<br />

e nella Commedia dell’Arte). Spadolini sente evidentemente in<br />

maniera particolare la necessità di una realizzazione più intima<br />

e vera, meno appariscente e questo suo darsi alla pittura nonché<br />

allo studio dell’ermetismo gli permette di battere questa via …”<br />

“Spadolini ricercatore d’oro” di Antoine Fratini, psicoanalista, presidente<br />

dell’Associazione Europea di Psicoanalisi<br />

Sopra: “Satyricon”, Spadolini anni ’60 (Coll. C. Petix)<br />

A destra: “Fontana della vita”, Spadolini anni ‘40, decori Castello di Brignac (Coll. E. Duval)<br />

86


“… L’altro aspetto piuttosto persistente nei dipinti di Spadolini<br />

è rappresentato dall’immagine del tempio. Dal punto di vista<br />

simbolico, il Tempio è una variante del Temenos, il recinto sacro,<br />

e a volte rituale, che delimita il territorio dell’interiorità e<br />

entro il quale avvengono le trasformazioni dell’anima nonché<br />

l’unione della personalità, ovvero la meta finale del Sé alla quale<br />

allude il simbolo della sfera in alcuni dipinti.<br />

Nel dipinto ‘Tau’ il Tempio richiama un luogo chiuso, riparato<br />

dalle influenze alienanti e nefaste per la realizzazione spirituale<br />

del mondo esteriore. Fuori dal tempio, gruppi di individui sostano<br />

sotto un cielo minaccioso. Dentro il tempio invece si assiste<br />

ad una esplosione di colori mossi dal vento (lo pneuma, l’agente<br />

spirituale della trasformazione). Il personaggio centrale, rappresentato<br />

di schiena, tiene nella mano destra una maschera e sta per<br />

entrare nel tempio. Queste ulteriori note tenderebbero a rafforzare<br />

la mia interpretazione che vede l’interiorità di Spadolini alle<br />

prese con il tema della deposizione della Maschera e annunciano<br />

anche il punto di arrivo spirituale del nostro prestigioso connazionale:<br />

la sfera, ovvero il Sé, è ancora nelle mani dell’Anima<br />

(dell’inconscio) e attende la coscienza con la quale consumare le<br />

nozze mistiche vagamente accennate in un altro dipinto, quello<br />

del viso ermafroditico ‘Il volto dell’amore’( pag. 77) ...”<br />

“Spadolini ricercatore d’oro” di Antoine Fratini, psicoanalista, presidente<br />

dell’Associazione Europea di Psicoanalisi<br />

Sopra: “Spadò”, Spadolini anni ’60 (Coll. C. Petix)<br />

A destra: “Fontana di Piazza S. Pietro”, Spadolini anni ’40, olio su tela cm. 71 x 86 (Coll. B-S n. 140)<br />

88


Decoratore e scenografo<br />

“… Molto lavoro?<br />

Pensate che ballo ogni sera, e talvolta al pomeriggio nella nuova<br />

rivista dell’Alcazar, nella quale ho preparato una scenografia.<br />

Henri Varna m’ha chiesto di prepararne una seconda per la<br />

nuova versione che avrà luogo a febbraio. Questa scenografia si<br />

chiamerà senza dubbio ‘Il sogno fantastico’…”<br />

“L’Intransigeant” anni ’30 (Coll. B-S n. 217)<br />

Spadolini negli anni ’20 è aiuto-scenografo al Teatro degli<br />

Indipendenti e aiuto-decoratore al Vittoriale; alla fine<br />

degli anni ’20 decora la Villa dei marchesi Della Conca<br />

a Cap d’Ail; all’inizio degli anni ’30 è decoratore con<br />

Paul Colin; negli anni ’50 decora gli interni di splendide<br />

residenze come Villa dei Conti Vitali (oggi Museo<br />

Comunale) e Villa Papetti di Fermo di cui purtroppo<br />

non restano tracce. Ugualmente sono andati perduti gli<br />

interni della discoteca del Grand-Hotel di Rimini.<br />

L’attuale proprietario, il signor Emanuel Duval, mi ha<br />

fatto pervenire alcune riproduzioni degli interni del Castello<br />

di Brignac in Francia, completamente affrescato<br />

da Spadolini negli anni ’50.<br />

Una ventina di bozzetti di scena, alcuni mobili, una<br />

cassapanca in stile orientale, due mani in gesso che impugnano<br />

degli utensili e una serie di immagini fotografiche<br />

testimoniano la poliedrica e pluriennale attività di<br />

Spadolini come decoratore e scenografo.<br />

Il giornalista Christian Megret racconta come nel 1948<br />

Spadolini diventa, grazie a queste sue doti artistiche,<br />

proprietario de “L’Amiral” in rue Arsène-Houssaye, Paris<br />

8°, il cabaret reso famoso da Edith Piaf.<br />

“Spadolini parlava il mese scorso, con uno dei suoi amici, il<br />

principe Ruspoli. L’argomento era la danza, naturalmente!<br />

Viene fatto nella conversazione il nome di Fred Astaire in quel<br />

periodo animatore d’un cabaret a New York… Ecco che il principe<br />

Ruspoli dichiara che Spadolini non sarebbe stato capace di<br />

fare altrettanto. Provocato, il ballerino risponde:<br />

‘Scommettiamo!’<br />

Accettata la sfida, il principe senza pietà dice: ‘In otto giorni!’<br />

Il ballerino risponde ancora: ‘Scommettiamo!’<br />

Ma ci vuole una posta. Ci si accorda su 100.000 franchi. Ed<br />

ecco che il 13 marzo, avendo preso i 100.000 franchi della scommessa<br />

(sborsati per le spese d’istallazione), Spadolini convoca a<br />

l’Amiral il ’tout-Paris’ per l’inaugurazione (Jacques Fath, Madaleine<br />

Sologne, Mistinguett, Baker e seguito).<br />

Spadolini s’è insediato a l’Amiral. In otto giorni ha rinnovato<br />

l’arredamento di questo vascello sotterraneo, mettendo lui stesso<br />

mano al pennello. Perché egli è pittore e non sa neppure lui, che<br />

cosa è per lui il primo mestiere: la danza o la pittura? In modo<br />

che, in otto giorni, gli oblò de l’Amiral aprono su una piccola<br />

scena dove suona un’eccellente orchestra del genere sud-americano<br />

…”<br />

Articolo dello scrittore e giornalista Christian Megret, 1948<br />

(Coll. B-S n. 249)<br />

Sopra: pubblicità del cabaret Chez Spadolini – l’Amiral, 1948 (Coll. P. Oger)<br />

A destra: “Paesaggio fantastico”, bozzetto di scena di Spadolini anni ’50, cm. 101 x 115 (Coll. B-S n. 152)<br />

A pag. 92: mani in gesso, Spadolini anni ’50 (Coll. B-S n. 244 – 245)<br />

A pag. 93: “Venezia”, bozzetto di scena, Spadolini anni ’40, cm. 60 x 90 (Coll. B-S n. 151)<br />

90


Illustratore<br />

“…Spadolini è stato un grande cultore dell’arte antica. A casa<br />

nostra egli è venuto a dipingere ma è venuto anche a studiare<br />

dipinti antichi. Più volte si soffermava davanti a tele di Luca<br />

Giordano, di altri maestri del ‘600 e del ‘700, facendo schizzi,<br />

con il suo disegno molto sintetico…”<br />

Stefano Papetti, presentazione Bolero-Spado 2005<br />

Con i suoi disegni Spadolini illustra due opere del poeta<br />

francese André-Marie Klénovski.<br />

“Le cœur …et ma raison”<br />

Edito a Parigi da Les Editions J. Foret nel 1957, questo<br />

libro di poesie, con prefazione di Marc-George Mallet,<br />

contiene anche l’Essai dramatique Prélude au Bucher e<br />

sei disegni di Spadolini: Ta main, Aux gentes pucelles,<br />

Prière au Père Noel, Si tu étais vraiment Signeur homme<br />

de bien, Libre arbitre, Un jour a Buda.<br />

“Récital”<br />

Presentato dallo scrittore André De Fouquières e pubblicato<br />

a Parigi da Les Editions Nationales nel 1952,<br />

questo volume vuole cantare la bellezza e la nobiltà della<br />

vita. Le sette illustrazioni sono tutte di Spadolini: Les<br />

jeunes filles de seize ans, Impressions St Palaisoises, Fin<br />

de saison (depart), Ode au Brésil, Noel 1951, Les Sources<br />

de l’Orgueil, Ultima Necat.<br />

Di grande interesse l’illustrazione per Libre arbitre:<br />

“Un uomo in equilibrio instabile su di una bilancia tiene sollevato<br />

l’intero pianeta. Riuscirà il pianeta Terra a sopravvivere?<br />

La risposta non può che essere: dipende solo dall’equilibrio interiore<br />

raggiunto da ogni singolo uomo.”<br />

Sopra a sinistra: “Les jeunes filles de seize ans”, illustrazione di Spadolini 1952 (Coll. B-S n. 251)<br />

Sopra a destra: “Studio per il dipinto del signor Marguerie” disegno di Spadolini anni ’50 (Coll. P. Oger)<br />

A destra: “Libre arbitre”, illustrazione di Spadolini 1957 (Coll. B-S n. 250)<br />

A pag. 96: “Ultima Necat”, illustrazione di Spadolini 1952 (Coll. B-S n. 251)<br />

A pag. 97 : “Les Sources de l’Orgueil”, illustrazione di Spadolini 1952 (Coll. B-S n. 251)<br />

94


Restauratore<br />

gurata, prima della sua conversione, come una donna<br />

riccamente abbigliata con guanti e gioielli, simbolo dell’amore<br />

profano; oppure, dopo la sua conversione, accanto<br />

ad un teschio, come prototipo della penitente.<br />

La tela a tramatura larga tipica del ‘600 presenta un lungo<br />

taglio nella parte inferiore. L’opera è stata restaurata<br />

negli anni ’40 da Spadolini con alcuni ritocchi pittorici<br />

ed un supporto di cartone.<br />

“… I suoi restauri di antichi dipinti lo segnalano all’attenzione<br />

degli iniziati…”<br />

Jacopo della Serra, Parigi 1946 (Coll. B-S n. 167)<br />

Spadolini collabora a restaurare antichi dipinti nello<br />

studio di Jules Boucher (1902 - 1955), apprezzato autore<br />

di volumi sulla simbologia e discepolo del celebre<br />

alchimista Fulcanelli. Dell’attività di Spadolini restauratore<br />

restano quattro dipinti al cui studio ha collaborato<br />

la restauratrice Federica Bozzarelli.<br />

“Particolare di un dipinto di Maria Maddalena,<br />

con teschio e gioielli”<br />

Nell’arte cristiana Maria Maddalena è di solito raffi-<br />

“Dipinto fiammingo del ‘700”<br />

Il dipinto che presentava in origine uno squarcio a ‘L’ è<br />

stato rintelato e ritoccato da Spadolini negli anni ’40.<br />

Tipico della pittura fiamminga è la rappresentazione<br />

minuziosa dei dettagli abilmente dipinti e raffigurati anche<br />

in questa tela ad olio.<br />

“Sant’Antonio da Padova con Bambino Gesù”<br />

Definito dai romantici ‘il Raffaello spagnolo’, Bartolomé<br />

Esteban Murillo (1618 - 1682) è pittore capace di avvicinare<br />

il Cielo alla terra. Celebri le sue tele raffiguranti<br />

storie di miracoli monastici e le vite dei Santi.<br />

Il Sant’Antonio restaurato da Spadolini è di pregevole<br />

fattura, forse opera dello stesso Murillo o di un suo abilissimo<br />

allievo.<br />

Sopra a sinistra: “Particolare del dipinto Maria Maddalena” restaurato da Spadolini anni ’40 (Coll. B-S n. 241)<br />

Sopra a destra: “Dipinto fiammingo” restaurato da Spadolini anni ’40 (Coll. B-S n. 242)<br />

A destra: “Sant’Antonio da Padova” restaurato da Spadolini anni ’40 (Coll. B-S n. 240)<br />

98


Nel cinema<br />

Spadolini è attore con Jean Gabin e Jean Marais; adattatore<br />

dei dialoghi per la London Film; regista e sceneggiatore<br />

di documentari con il jazzista Jango Reinhardt,<br />

la cantante Suzy Solidor e la ballerina Carmen Amaya.<br />

“L’épervier” (1933)<br />

A pochi mesi dal suo debutto al Casinò de Paris, Spadolini<br />

danza nel film “L’épervier”, con Charles Boyer, regia<br />

di Marcel L’Herbier.<br />

Accanto a Spadolini c’è un giovanissimo Jean Marais<br />

alla sua prima apparizione sullo schermo e la principessa<br />

Natalie Paley, cugina dello zar Nicola II°, che era stata<br />

legata sentimentalmente a Jean Cocteau.<br />

L’evento è fissato in una fotografia (pag. 102) con Spadolini<br />

al centro a torso nudo; a sinistra, con giacca nera,<br />

c’è Charles Boyer; a destra, con giacca bianca, c’è Jean<br />

Marais. La fotografia è stata riprodotta grazie alla cortese<br />

collaborazione della Bibliothèque du Film de Paris.<br />

“Marinella” (1936)<br />

Il cantante ed attore di origine corsa Tino Rossi (1907<br />

- 1983), dalla voce ‘magica’ e dal fisico mediterraneo,<br />

vuole una danza di Spadolini nel film “Marinella”, una<br />

commedia sentimentale diretta da Pierre Caron.<br />

Spadò si scatena in un ballo primitivo su di un enorme<br />

tamburo (in seguito questa scena sarà copiata in un film<br />

americano).<br />

Pochi sono a conoscenza del fatto che il personaggio interpretato<br />

da Tino Rossi riprende, in parte, la storia di<br />

Alberto: egli è un giovane decoratore che lavora con altri<br />

garzoni alla scenografia di un music-hall; in una pausa<br />

dell’allestimento scenico si mette a cantare, l’impresario<br />

per caso lo sente e lo lancia nel mondo dello spettacolo.<br />

“Le monsieur de cinq heures” (1938)<br />

In questo film Spadolini danza con l’affascinante Mila<br />

Pareli. Il regista è ancora Pierre Caron.<br />

“Le jour se léve” (1939)<br />

Spadolini ha fatto parte del cast di “Le jour se léve”, distribuito<br />

in Italia con il titolo “Alba tragica”, scritto da Jacques<br />

Prévert, con Jean Gabin e la regia di Marcel Carné.<br />

All’uscita il film viene bloccato dalla censura militare<br />

perché ‘demoralizzante’ e, solo alla fine della guerra, è<br />

riproposto al pubblico con alcuni tagli fra i quali anche<br />

la scena in cui Spadolini interpreta un piccolo gangster<br />

italiano. Della sua partecipazione non ci resta che un<br />

articolo di giornale ed una foto di scena.<br />

“Le pavillon brule” (1941)<br />

A fianco di Jean Marais, ormai diventato una stella del<br />

cinema, e con la regia di Jaques de Baroncelli, Spadolini<br />

recita la parte di un minatore in una scena di ‘bagarre’<br />

e liti.<br />

“La danse à travers les ages” (1946)<br />

In questo lungometraggio Spadolini presenta una serie<br />

di danze antiche e moderne. La regia è di Berard, il commento<br />

ed i costumi sono di Cocteau. Del filmato resta<br />

una esile traccia in un articolo di giornale del 1946.<br />

“Rivage de Paris” (1950)<br />

Spadolini è regista e sceneggiatore del documentario<br />

‘Rivage de Paris’ a cui partecipa Jango Reinhardt con i<br />

brani ‘Belleville’, ‘Nuages’ e la inedita composizione ‘La<br />

Messe’; la cantante Suzy Solidor interpreta la canzone<br />

‘La Seine’.<br />

Gli “Archives Français du Film” ne prevedono il restauro.<br />

“Nous, les gitans …” (1951)<br />

Questo documentario della Société Courts Métrages<br />

sulle origini della musica gitana vede la partecipazione<br />

di Spadolini nelle vesti di scenografo, realizzatore dei<br />

testi, regista e danzatore.<br />

La “Cinématheque Française” ne possiede una copia assai<br />

fragile (apparentemente in nitrato).<br />

In un depliant ritrovato nel castello di Brignac c’è la trama<br />

del documentario:<br />

“Ecco una pagina della vita e delle passioni dei gitani ‘Figli del<br />

vento e del sole’ il cui motto è: ‘Noi arriviamo e partiamo a un<br />

segnale che nessuno dà e al quale obbediamo tutti’.<br />

Autentici gitani, e artisti di fama della stessa origine, hanno partecipato<br />

alla realizzazione di questo film.<br />

La sera cade sulla campagna già grigia, mentre una carovana<br />

s’incammina, al suono della chitarra.<br />

100


101


Ed è la sosta misteriosa che lancia verso il cielo i suoi mille fuochi.<br />

Bruscamente, nella calma perfetta, si scatenano accordi violenti<br />

ed allegri. Inizia la festa. Canti e grida si fondono in un<br />

solo accordo. Ecco arrivare, al ritmo dei loro ‘tacchi’, fra i canti,<br />

ballerini e ballerine, che interpretano il flamenco con l’ardore<br />

della loro razza. Poi tutti riprendono il cammino … al ritmo<br />

della canzone originale ‘caravane’.”<br />

Depliant “Nous les gitans”, 1951 (Coll. P. Oger)<br />

“Souvenirs d’Espagne” (1952)<br />

Questo documentario completamente restaurato appartiene<br />

alla “Cinematheque Française”. In un depliant fra i<br />

protagonisti è citata la ballerina Carmen Amaya.<br />

“Chasing a Rainbow: the life of Josephine Baker” (1986)<br />

In questo documentario del regista Christopher Ralling,<br />

la voce del narratore Olivier Todd ci accompagna<br />

lungo la vita di Joséphine Baker. In un breve filmato<br />

della Gaumont-Pathé dal titolo “Bal des Petits Lits Blancs”,<br />

serata di beneficenza degli anni ’30, Joséphine danza<br />

proprio con Alberto Spadolini. La scoperta del filmato<br />

è opera della prof.ssa Andrea Harris del Department of<br />

Ballet & Modern Dance TCU.<br />

Alberto Spadolini è assunto personalmente da Sir<br />

Alexander Korda, fondatore della London Film, come<br />

adattatore dei dialoghi per le versioni francesi di alcuni<br />

film fra i quali “I racconti di Hoffman”, Premio Miglior<br />

Produzione al Festival di Cannes (1951) e “Outcast of the<br />

Island” regia di Carol Reed (1951).<br />

A pag. 101: Spadolini nel film “Le jour se léve”, di Marcel Carné, 1939 (Coll. B-S n. 254)<br />

Sopra: “L’épervier”: in primo piano a sinistra Natalie Paley; in completo scuro Charles Boyer; al centro della foto a torso nudo Spadolini; a destra in<br />

giacca bianca Jean Marais. Particolare di una foto di M. Pecqueux - Imperial Film (per gentile concessione della BIFI)<br />

Sotto: Spadolini nel documentario “Nous les gitans”, 1951 (Coll. B-S n. 260)<br />

A destra: Spadolini danza “Obsession” nel film “Marinella”, regia di P. Caron, 1936 (Coll. B-S n. 257)<br />

102


103


Cantante<br />

“Lasciato per un istante l’Alcazar dove egli canta e danza,<br />

Spadolini era venuto nella nostra redazione nella Avenue de<br />

Champs-Elysées …”<br />

“A l’Intran-Studio avec Spadolini” L’Intransigeant,<br />

anni ’30 (Coll. B-S n. 217)<br />

Alberto Spadolini, apprezzato cantante di music-hall,<br />

negli anni ’30 lavora a fianco dei grandi miti della canzone<br />

francese: Mistinguett, Joséphine Baker, Suzy Solidor,<br />

Maurice Chevalier, Charles Trenet, Tino Rossi, ecc.<br />

In un articolo inviatomi dalla Bibliothèque Nationale<br />

de France l’artista marchigiano racconta come a New<br />

York, per difendere l’artista di colore Alma Smith, sia<br />

diventato cantante:<br />

“… Avendo incontrato Miss Alma Smith, artista di talento,<br />

che ha cantato e ballato agli ‘Ambassadeurs’, io ho creduto bene<br />

d’invitarla a cena in un posto chic.<br />

Io fui a malapena salutato da gente che, fino a quel momento,<br />

m’aveva letteralmente colmato di gentilezze! Io non avevo,<br />

pregando spontaneamente Miss Smits, riflettuto ch’ella era ‘di<br />

colore’!!<br />

L’indomani, siccome chiedevo spiegazioni a quelli che la sera<br />

prima mi avevano trattato freddamente, una cortese giornalista<br />

mi domanda, imitando la vostra Lucienne Boyer:<br />

- Non potreste parlarci d’altro? E se non parlate, cantate dunque!<br />

Quando si domanda, anche scherzando, a un italiano di cantare<br />

una canzonetta, è raro ch’egli rifiuti!<br />

Fino ad allora, io non mi ero mai curato della mia voce. Cantai<br />

due melodie del mio paese: ‘Avanti Savoia’ , unico repertorio!<br />

Risultato: bis, ancora!!! Già l’indomani ero convocato alla Radio.<br />

Il giorno dopo registrai dei dischi.<br />

Come vi dicevo: non si perde tempo in USA!<br />

Strana bizzarria del Destino! Ho dovuto venire in Francia per<br />

diventare ballerino. Dovrò venire in America per diventare cantante?<br />

Se una volta, io ritornerò in questa vibrante e così cordiale<br />

America, per fare piacere a ‘zio Sam’ io interpreterò solo “La<br />

dama Bianca”.<br />

«Impressions d’Amérique » di Alberto Spadolini<br />

‘Sourire de France’ 1935 (BNF)<br />

Coloro che hanno conosciuto Spadolini ricordano il<br />

timbro della sua voce, una voce calda, capace di trasmettere<br />

i sentimenti più profondi come la tenerezza<br />

e l’amore, proprio perché esprimeva la bellezza di un<br />

animo nobile.<br />

“Spadolini è un danzatore nato con un accento, un lirismo, un<br />

potenziale ritmico realmente notevole. Inoltre possiede una voce<br />

piacevole.”<br />

Louis-Léon Martin, Paris-Midi anni ‘30 (Coll. B-S n. 95)<br />

“Spadolini è un ballerino dallo stile netto, incisivo, nervoso senza<br />

sbavature. Egli ha questo senso del moderno così raro nelle<br />

scene e tuttavia così ricco di possibilità. Peraltro canta con una<br />

voce gradevole e intonata e possiede la diversità di doni richiesti<br />

per il Music-Hall.”<br />

Petit Parisien, anni ’30 (Coll. B-S n. 95)<br />

Purtroppo nessuno dei dischi incisi negli anni ’30 da<br />

Spadolini è stato ritrovato.<br />

Alcuni spartiti musicali di Mistinguett, Edith Piaf,<br />

Maurice Chevalier, Joséphine Baker, Fernandel e Tino<br />

Rossi sono oggi custoditi nell’archivio Bolero-Spadò e<br />

in quello di Patrick Oger.<br />

Concludo con un ricordo di Stefano Travaglini, nipote<br />

di Spadolini, oggi affermato jazzista:<br />

“… Se potessi fare una considerazione un po’ azzardata direi<br />

che in tutte le produzioni artistiche di Spadolini risuona una<br />

musica di sottofondo che ritma e dà movimento, ora aggraziato<br />

ora vigoroso, alla sua pittura, alla sua scultura ed anche al suo<br />

modo di approcciarsi alla vita. Quando, adolescente, iniziai a<br />

strimpellare la chitarra, lui mi guardò con simpatica circospezione<br />

e mi disse le fatidiche parole: ‘Bene, fammi sentire qualcosa!’<br />

E prima che tentassi qualche impacciato accordo mi tolse dall’imbarazzo<br />

raccontandomi di un fantastico gruppo di Parigi e<br />

di Jacques Brel che, solo davanti allo schermo, improvvisava con<br />

la chitarra e con la voce la colonna sonora di un film …”<br />

“Il ricordo di Alberto Spadolini” di S. Travaglini,<br />

maggio 2007<br />

A destra: Il cantante Spadolini in una foto Hartcourt, Parigi anni ’30 (Coll. B-S n. 393)<br />

104


105


L’UOMO SPADOLINI<br />

“… Tutto nel suo racconto è affascinante. Il contenuto e l’incredibile modo che ha di raccontare,<br />

con quel talento folle che trascina chi lo ascolta. Unendo il gesto alla parola e mimando, il più delle<br />

volte finiva per eseguire dei passi di danza, anche sulla tavola…<br />

Non ho mai dimenticato quello strano padrino venuto da lontano, quell’uomo diverso che mi ha<br />

aiutato a crescere portando una parte di smisuratezza nella mia vita.”<br />

‘Il ricordo di Alberto Spadolini’<br />

di Jean-François Crance, maggio 2007<br />

106


107


Come un principe del Rinascimento<br />

“Ho conosciuto Alberto nel 1958 sulla terrazza del bar ‘Français’,<br />

proprio accanto al Lido quando era al n. 78 di Champs Elysées.<br />

Stavo conversando con l’amica Edda e con il signor Sacareau<br />

quando un uomo estremamente elegante, con un’andatura principesca<br />

si avvicina a noi. Egli saluta il signor Sacareau che ci<br />

presenta. Sono soggiogato dalla classe di quest’uomo, una miscela<br />

di manifesta virilità e delicata raffinatezza. Mi viene in<br />

mente che i principi del Rinascimento dovevano presentarsi allo<br />

stesso modo. Si chiama Spadolini… Abbiamo continuato a<br />

conversare sulla terrazza del ‘Français’, poi Alberto ci propone<br />

di prendere un bicchiere da lui. Abita proprio lì accanto… Abbiamo<br />

attraversato un largo corridoio e siamo entrati in un vasto<br />

salone mirabilmente decorato, bei mobili antichi si sposavano<br />

armoniosamente con delle confortevoli e moderne poltrone in stile<br />

inglese. Il soffitto rappresenta un cielo blu luminoso spezzato da<br />

qualche piccola nuvola bianca come quelle che si vedono nel cielo<br />

d’estate. Questa casa sembra un piccolo paradiso… Abbiamo<br />

passato una serata molto piacevole, Alberto è avvincente e la sua<br />

simpatia comunicativa. Non si può che amare un tale uomo. È<br />

affascinante, intelligente, colto; la sua conversazione è brillante,<br />

senza alcuna pretesa né quella sufficienza che ho sovente incontrato<br />

presso altri… E’ se stesso con semplicità, e questo basta per<br />

farlo divenire il centro d’interesse in tutti gli incontri…”<br />

“Memorie”, manoscritto di Carmelo Petix, 2005<br />

All’inizio degli anni ’60 un giornalista presente all’inaugurazione<br />

di una mostra di Spadolini alla Galleria d’Arte<br />

‘A. Cazelles’ rivela che:<br />

“Spadolini restava in disparte con un leggero sorriso e dalle sue<br />

labbra traspariva amarezza. Aveva uno sguardo profondo che<br />

manifestava dolore. Sì era il dolore che esprimevano i suoi occhi e<br />

il suo bel viso tagliato in rilievo da medaglia d’imperatore romano<br />

o da semidio dell’Antica Grecia. Questo artista originario della<br />

città di Ancona che i Dori avevano fondato sul più bel luogo della<br />

costa adriatica, era anche un uomo. Un uomo che aveva posto i<br />

suoi ideali sotto il doppio segno della civiltà greca e latina e che<br />

modestamente non domandava che poche cose alla vita, donando<br />

tutto in cambio con generosità. E, come per ironia… se la vita<br />

ha colmato di doni l’artista, al contrario non ha esitato a colpire<br />

crudelmente l’uomo. … Da più di due anni, dopo aver ricevuto<br />

una ferita che non perdona, Spadolini ha lottato con una volontà<br />

sovrumana, disperatamente, cercando di ritrovare fede nella vita.<br />

Cercando di convincersi che la vita valeva la pena di essere vissuta,<br />

malgrado la scomparsa dell’essere che gli fu più caro. Ed è<br />

nell’apogeo di questo lutto infinito, che egli ha scoperto il mondo<br />

fantastico e irreale dei danzatori che volteggiano sempre gli stessi<br />

valzer melanconici, sulle sue tele, come un esploratore perduto<br />

nella più terribile tempesta dell’Himalaia scoprirebbe all’improvviso<br />

la ‘valle dell’eterna felicità’. Le figure graziose dei danzatori<br />

prese nei loro atteggiamenti più belli ed armoniosi, sotto un raggio<br />

di luce che filtra attraverso il prisma di un chiaro di luna fiabesco,<br />

e fermati per sempre come per incanto sulla tela, rappresentano<br />

oggi per Spadolini l’unica ragione d’essere, la sua sola felicità.”<br />

Articolo edito a Parigi, primi anni ’60 (Coll. B-S n.206)<br />

Legata e parallela a questo periodo è la drammatica storia<br />

del carissimo Duilio Cicchi, misteriosamente morto<br />

a Parigi nel 1961 e descritto da Anton Giulio Bragaglia<br />

come “… la copia di Spadolini a diciotto anni e che, oltre al<br />

suo fisico statuario, ha da lui ereditato l’amore per la musica”.<br />

È la scomparsa di Duilio a gettare Spadolini nello sconforto<br />

tanto da indurlo a nascondere una serie di dipinti,<br />

fra cui “Splendore del mare”, dipingendoci sopra altri<br />

soggetti. Duilio, un giovane italiano con il padre alcolizzato<br />

e la madre povera sarta, emigra in Francia in cerca<br />

di lavoro con la speranza di una vita felice.<br />

Quando Spadolini lo conosce è denutrito e gravemente<br />

ammalato; sopravvive raccogliendo palle da tennis in<br />

un circolo sportivo nei sobborghi di Parigi. Alberto lo<br />

aiuta, lo sostiene e gli insegna, nel giro di pochi anni,<br />

l’arte del ballo e della pittura. Sembra che per Duilio<br />

sia iniziata una meravigliosa avventura: si sposa con una<br />

ragazza francese appartenente ad una ricchissima famiglia<br />

e diventa padre di tre splendide bambine. Comincia<br />

ad avere successo lavorando nel 1946 in Italia con la<br />

compagnia di Marisa Maresca, insieme a Walter Chiari<br />

e allo stesso Spadolini e nel 1955, in Francia, nel film<br />

capolavoro di Melville “Bob le flambeur”. Ha poco più<br />

di trent’anni quando si compie il suo tragico destino.<br />

A pag. 107: Alberto Spadolini e Yvette Marguerie danzano felici al Puerta del Sol di Parigi (Coll. P. Oger)<br />

A destra : « Duilio, la première leçon de danse », Spadolini 1947, olio su tela cm. 28 x 35 (Coll. P. Oger)<br />

108


109


Felix Yussupov<br />

Nell’archivio Bolero-Spadò sono stati ritrovati diversi<br />

documenti inerenti Felix Yussupov (Pietroburgo 1887<br />

- Parigi 1967), il principe russo che deve la sua notorietà<br />

all’uccisione di Rasputin, il terribile monaco che ha soggiogato<br />

con i suoi poteri la famiglia dello Zar.<br />

La notte del 29 dicembre 1916, nel corso di un banchetto<br />

in casa Yussupov, un gruppo di congiurati versa nel<br />

bicchiere di Rasputin una tale dose di veleno da uccidere<br />

un elefante. Il monaco non ne vuole sapere di morire<br />

e allora Yussupov gli spara al cuore. Nemmeno la pallottola<br />

lo uccide. Dopo averlo crivellato di colpi i congiurati<br />

gettano il corpo di Rasputin nel fiume ghiacciato.<br />

Solo quando non lo vedono più riemergere sono certi di<br />

averlo eliminato.<br />

Fra i documenti ritrovati nell’archivio c’è una preziosa<br />

cartolina con un disegno fatto a mano del ‘Gatto Felix’.<br />

La cartolina, inviata da Yussupov a Spadolini in data 24<br />

febbraio 1957, è un caloroso invito a recarsi ad Auteuil,<br />

sobborgo parigino dove il principe soggiorna.<br />

“Auteuil senza di voi è triste!”, dice il Gatto Felix. E sul<br />

retro: “Io condivido il parere del gatto. Ti abbraccio e spero di<br />

vederti presto. Felix (Yussupov)”<br />

I signori Jacques Puisset e Carmelo Petix ricordano che<br />

negli anni ’50 hanno frequentato insieme ad Alberto la<br />

famiglia Yussupov. In queste occasioni Spadolini rallegra<br />

gli amici russi scatenandosi nelle sue danze.<br />

L’arte è l’argomento di conversazione in casa Yussupov.<br />

Il principe, appassionato di pittura, fa un’ottima recensione<br />

alle opere di Spadolini e patrocina nel 1955 la mostra<br />

alla Galerie Charles Brandtke di Luxembourg.<br />

Inoltre, come ricorda il signor Petix, avendo aiutato il<br />

Principe Yussupov a risolvere una importante questione<br />

legale, Spadolini riceve in dono una sedia istoriata, due<br />

sculture e un letto antico. Ed ancora oggi mi chiedo se<br />

la sedia, in seguito regalata da Alberto alle sorelle, sia<br />

proprio quella su cui fu fatto sedere Rasputin la notte in<br />

cui fu avvelenato!<br />

Sopra: Il principe Felix Yussupov in una cartolina degli anni ’30 (Coll. B-S n. 397)<br />

Sotto: Rasputin, illustrazione anni ’30 (Coll. B-S n. 296)<br />

A destra: Invito del principe Yussupov (Coll. B-S n. 396)<br />

110


111


Jean Cocteau<br />

« … Spadolini sbarca a Parigi, incontra il pianista Clément<br />

Doucet e firma un contratto al ‘Bœuf sur le toit’ dove solleva<br />

l’entusiasmo… »<br />

“A proposito d’un danzatore”<br />

articolo edito a Bruxelles negli anni ’30 (Coll. B-S n. 73)<br />

Giunto a Parigi nella primavera del 1932, Spadolini è<br />

colto da una crisi artistica. In lui c’è la paura di fallire in<br />

quello che all’epoca è considerato il tempio della danza.<br />

E così finisce per stravolgere le sue interpretazioni coreografiche<br />

per tentare di imitare quelle più raffinate, ed<br />

allora in gran voga, dei Balletti Russi.<br />

“A Montecarlo io ballavo Ravel, Stravinski e c’era aria e sole<br />

fuori. Quando ho preso il treno per Parigi, io avevo l’impressione<br />

di trovarmi su una scena senza sfondo. Ho rischiato di non<br />

debuttare mai. Ero l’elemento selvaggio, e come dire anarchico<br />

della danza. Le prove sono state disastrose. Si pensava ad un<br />

fiasco… E poi un giorno ho trovato una sala. Ho ballato come<br />

sentivo, improvvisando come ogni volta che ballo …”<br />

“Il fallait un danseur a J. Baker”, intervista a Spadolini<br />

di Jean Barois, Paris Midi, 18 – 4 –1933 (Coll. BNF)<br />

La sala in questione è quella del “Le boeuf sur le toit”, il locale<br />

più esclusivo di Parigi, ideato e frequentato da Jean<br />

Cocteau, oltre che da Picasso, dai dadaisti e dagli artisti<br />

di Montparnasse.<br />

Jean Cocteau (1889 - 1963) poeta, scrittore, disegnatore,<br />

regista, attore è universalmente conosciuto per il balletto<br />

“Parade” (1917) creato con Picasso e Satie; per il romanzo<br />

“Les enfants terribles” (1929), per il film “La bella e<br />

la bestia” (1946), ed anche per la sua lunga storia d’amore<br />

con l’attore Jean Marais.<br />

Nei suoi diari egli ci rivela quanto “Le boeuf sur le toit” sia<br />

stato importante per la cultura francese:<br />

“… il Boeuf non è stato né un bar, né un ristorante, né un cabaret,<br />

bensì la nostra giovinezza, una pausa, un’unione prestigiosa<br />

di forze e cose meravigliose, uno di quei saloon dove si riunivano<br />

i cercatori d’oro. L’oro di cui parlo era l’oro dello spirito, un oro<br />

leggero, incalcolabile …”<br />

«Memoire de Jean Cocteau », 30 aprile 1942<br />

Pochi mesi dopo il suo debutto a Parigi Spadolini è<br />

chiamato a danzare nel film “L’Epervier”.<br />

Fra i protagonisti la principessa Nathalie Paley, la bellissima<br />

sorella del granduca Romanov, nipote dello zar di<br />

Russia, con cui Cocteau è stato legato sentimentalmente<br />

e da cui è in attesa di un figlio.<br />

A spingerla ad abortire sembra sia intervenuta Marie-<br />

Laure de Noalles che in gioventù aveva molto amato<br />

Cocteau e che era contraria ad una loro unione.<br />

Sempre nel film “L’Epervier” appare per la prima volta<br />

sullo schermo un giovanissimo Jean Marais che in<br />

giacca bianca è accanto a Spadolini in una foto di scena.<br />

Cocteau, amico di Gabriele d’Annunzio e di tanti<br />

ex-frequentatori del Teatro degli Indipendenti come<br />

Marinetti, Balla, Depero, Severini, Carrà, Prampolini,<br />

ha una predilezione per le scene di danza dipinte da<br />

Spadolini.<br />

E Spadolini, per ringraziare l’amico francese, inserisce<br />

nei depliant delle sue mostre di pittura una sua appassionata<br />

recensione.<br />

Inoltre, da un articolo pubblicato in Italia nel 1946, sappiamo<br />

che Spadolini ha registrato un documentario dal<br />

titolo “La danse à travers les ages”, commento e costumi di<br />

Cocteau, regia di Berard.<br />

Del filmato non si sono trovate tracce se non un disegno<br />

di Cocteau per la copertina del depliant “La danse à<br />

travers les ages”, serata di danze al Théatre Nationale de<br />

l’Opéra a favore dei sinistrati della Normandia.<br />

Infine, nell’archivio da me ritrovato a Fermo, c’è il<br />

frammento di un depliant in cui Cocteau e Spadolini,<br />

insieme ad altri grandi protagonisti delle arti e dello<br />

spettacolo partecipano ad una manifestazione culturale<br />

svoltasi a Parigi negli anni ‘50.<br />

A destra in alto: “Spadolini exhibition of ballets paintings”, Brochure della Bohmans Konstgalleri, Stoccolma marzo 1966 (Coll. B-S n. 178)<br />

A destra in basso: Frammento di un depliant di una manifestazione artistica svoltasi a Parigi negli anni ’50 (Coll. B-S n. 165)<br />

112


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Un amore lungo venti anni:<br />

Alberto Spadolini e Yvette Marguerie<br />

“Mia cara Yvette,<br />

sono restato veramente commosso da tutte le tue espressioni di<br />

gentilezza, dalla tua tenerezza e dalla tua ‘feroce’ volontà nel<br />

mantenere vivo il sentimento fra noi.<br />

E’ così adesso e lo sarà per sempre. Non posso liberare la mia<br />

anima da ciò che l’ha forgiata. Tutto è estremamente intenso in<br />

me e lego al mio destino tutti quelli che amo …”<br />

Lettera di Spadolini a Yvette Marguerie ( Coll. P. Oger)<br />

Yvette Marguerie (1913 - 1999), ballerina e attrice nel<br />

cinema muto, è stata per oltre un ventennio il grande<br />

amore di Alberto. Proprietaria del Castello di Brignac<br />

(Chapelle Saint-Laud Seiches M.et L.), ha prodotto<br />

con Spadolini alcuni cortometraggi sulla danza fra cui<br />

“Rivage de Paris” (1950), “Nous les gitans” (1951), “Souvenirs<br />

d’Espagne” (1952).<br />

Il signor Patrick Oger, assistente di Yvette Marguerie<br />

la ricorda come<br />

“… una signora bella, elegante, intraprendente, calorosa, generosa,<br />

che amava rendere felici tutti quelli che le erano intorno” .<br />

Facendo parte della famiglia Spadolini ha spesso soggiornato<br />

al Castello di Brignac dipingendo alcuni dei<br />

suoi capolavori e decorando l’intero Castello in stile<br />

‘rinascimentale’. Fra gli ospiti del castello il Principe Yussupov,<br />

la principessa Irina, il duca e la duchessa di Windsor,<br />

il ministro André Malraux, gli artisti Lino Ventura<br />

e Giovanni Spadolini, ex Primo Ministro e lontano parente<br />

di Alberto Spadolini.<br />

Negli anni ’50 e ’60 zia Yvette, come io la chiamavo,<br />

passava le sue vacanze a Fermo nella casa delle sorelle di<br />

Alberto. Lei amava in particolare Porto San Giorgio, la<br />

sua spiaggia accogliente, i suoi ristoranti dal pesce sempre<br />

fresco, il suo dancing ‘Riva Fiorita’ dove danzava con<br />

Spadolini fino a tarda notte.<br />

Sopra: Alberto e Yvette davanti ad un bicchiere di buon vino (Coll. P. Oger)<br />

A destra: Yvette Marguerie in un dipinto di Spadolini, Castello di Brignac, Foto Coupel Seiches sur le Loir, anni ’50 (Coll. B-S n. 484)<br />

114


115


Commiato<br />

“Quando, nel lontano dopoguerra, Alberto Spadolini veniva in<br />

Italia era un avvenimento per tutta la famiglia e una festa per<br />

noi bambini. Ricordo che la prima volta venne da étoile di una<br />

grande rivista con Walter Chiari, poi da protagonista e regista<br />

di film sulla danza. Quando parenti e amici lo complimentavano,<br />

lui si schermiva: con loro voleva solo ricordare le sue tante<br />

esperienze di bambino e adolescente fra il porto di Ancona, i<br />

caffè e i teatri di Roma. Così usciva dall’aura dell’artista (per<br />

noi bambini, e anche per qualche adulto, incomprensibile) per<br />

rivelare la sua grande umanità.<br />

Ancora oggi, mentre ammiriamo i dipinti che ce lo ricordano, è<br />

proprio il suo valore di uomo che ce lo rende presente.”<br />

Alberto Spadellini, maggio 2007<br />

Alberto Spadolini si sente, si crede, è un sensibile artista<br />

e la naturale, incontenibile, dirompente espressione<br />

del suo intimo essere è, a mio avviso, il segreto dello<br />

straordinario successo raccolto in ogni arte interpretata<br />

da questo eclettico talento naturale.<br />

L’archivio di Spadolini, punto di partenza di lunghe e<br />

fruttuose ricerche, ci permette di incontrare gli intellettuali<br />

e gli artisti del ‘900 in quel palcoscenico straordinario<br />

che è Parigi.<br />

Una vita tessuta da intense relazioni nelle quali Alberto<br />

è, di volta in volta, allievo, maestro, collaboratore, protagonista,<br />

ispiratore, amante, amico …<br />

I riflettori lo accompagnano per mezzo secolo nei teatri,<br />

nei cabaret, nelle gallerie d’arte, nei bistrot, nella vita<br />

privata. Eppure, di tutto questo, racconta ben poco alla<br />

madre, al fratello e alle sorelle che nel dopo-guerra visita<br />

regolarmente ogni anno. Anch’io, bambino e ragazzo,<br />

ero affascinato dalla sua persona, dalla sua vita Oltralpe,<br />

dal saperlo pittore ma solo ora scopro il suo talento ed il<br />

suo ruolo di protagonista in quel crogiolo di artisti, faro<br />

e riferimento di tutta l’Europa, che è la Ville Lumiere.<br />

Le luci, le amicizie elette non lo hanno corrotto e posso<br />

dire che l’amore profondo, l’onestà e la generosità sono<br />

i suoi più importanti valori. Come abbiamo visto sono<br />

numerose le testimonianze di coloro che nei momenti<br />

di maggiore bisogno sono stati aiutati da Spadolini.<br />

Come Alex, ebreo di origine russa da lui nascosto durante<br />

l’occupazione nazista; o come Duilio, il ragazzo<br />

povero ed ammalato da lui cresciuto come un figlio; o<br />

come Betty, la ballerina svedese finita su di una sedia a<br />

rotelle da lui aiutata; o come Alì, giovane musulmano<br />

a cui ha insegnato l’arte della pittura; o come Carmelo,<br />

prezioso testimone dei suoi ultimi anni di vita.<br />

Inoltre per anni egli presta il proprio aiuto come volontario<br />

all’Hopital de Dieu de Paris.<br />

“ … il ricordo che vorrei cancellare: qualcuno che avvisa mia<br />

madre della morte dello zio Alberto Spadolini, l’attesa del rientro<br />

di mio padre, la mamma che cerca di trovare il coraggio per<br />

comunicargli la morte del fratello, poi la sua partenza per il funerale<br />

a Parigi, i giorni seguenti al suo ritorno tristi e taciturni.<br />

In seguito mio padre comincerà a dipingere e a costruire cornici<br />

abbellendole con conchiglie che andava a recuperare sulle spiagge<br />

dell’Adriatico. Non so quale collegamento possa esserci tra la sequenza<br />

degli eventi, purtroppo non ho fatto in tempo a domandarglielo,<br />

o non ho trovato il coraggio, mio padre è morto dopo<br />

alcuni anni. La ‘morte’ , l’ho sempre pensata come il capolinea<br />

della nostra vita, immaginare che qualcosa potesse resistere dopo<br />

di lei era per me inconcepibile.<br />

Ma il dubbio si è insinuato, e una delle cause è sicuramente la<br />

tenacia di mio cugino Marco nel sollevare tutto questo ‘polverone’<br />

sullo zio, e non solo sulla figura dell’artista eclettico, non<br />

ho dubbi che le opere accompagnino l’artista oltre la morte, ma<br />

sull’uomo, sul suo coraggio per le scelte fatte in gioventù, per le<br />

decisioni poi prese in una situazione storica che ha attraversato<br />

i decenni precedenti e seguenti la Seconda Guerra mondiale. E’<br />

stata soprattutto questa ricerca che mi ha trasmesso la sensazione<br />

di averlo per un attimo seguito in qualche istante/frammento<br />

della sua vita e mi ha indotto a coltivare la speranza che abbia<br />

trasmesso anche a noi qualche gene, non artistico nel mio caso,<br />

ma, mi auguro, nella capacità di comprendere e interpretare la<br />

vita senza pregiudizi e preconcetti.”<br />

Mario Spadellini, maggio 2007<br />

Si, possiamo ben dire che Spadò ha fatto della propria<br />

vita un’opera d’arte!<br />

A destra: Spadolini e la compagnia del Bolero-Spadò ci salutano. Foto France-Presse anni ’30 (Coll. B-S n. 10)<br />

116


117


Appendice<br />

ALBERTO SPADOLINI E LA DANZA<br />

di Rosella Simonari, Università di Macerata<br />

[1]<br />

118


La danza per Spadolini (1907-1972) è stata, nell’arco<br />

della sua carriera artistica, un punto di riferimento costante,<br />

fatto di molteplici aspetti che comprendono la<br />

sua formazione romana degli anni ’20, il successo come<br />

danzatore degli anni ’30 e ’40 e la sua attività di pittore<br />

soprattutto dagli anni ’50 in poi. Costituisce una specie<br />

di fil rouge, una chiave di lettura per comprenderne la<br />

complessità. Vorrei iniziare da una foto che risale alla<br />

fine degli anni ’40, inizio dei ’50. Una foto che appartiene<br />

ad un servizio fatto assieme alla ballerina Liane<br />

Daydé nello studio di danza del maestro Alexandre Volinine<br />

a Parigi, 132 avenue de Villiers, dove Spadolini<br />

studiò negli anni ’30. Spadolini viene ritratto in una<br />

posa danzante con una gamba piegata e l’altra allungata<br />

dietro, il torso è leggermente inclinato, un braccio è<br />

allungato e l’altro tiene in mano una tavolozza. La sua<br />

posa sembra quasi presentare quella di Daydé che gli<br />

sta davanti. Se Spadolini indossa abiti comuni, quali una<br />

camicia chiara e un paio di pantaloni, Daydé indossa una<br />

calzamaglia chiara, scarpette da punta e un body scuro,<br />

come se stesse facendo delle prove per uno spettacolo.<br />

Daydé sta sulle punte in quinta posizione con il torso<br />

119


inclinato in un cambré laterale e il viso rivolto verso<br />

l’obiettivo fotografico. Le braccia sono in seconda ma<br />

inclinate anch’esse secondo la linea del torso. A formare<br />

un ulteriore effetto c’è il riflesso di entrambi nello specchio<br />

dello studio che rivela anche una porta, il quadro<br />

di una donna che indossa forse una pelliccia e la tela per<br />

intero alla quale Spadolini sta lavorando. Il gioco delle<br />

ombre delle due figure contribuisce infine all’effetto di<br />

moltiplicazione delle forme.<br />

Questa foto è particolarmente esemplificativa del rapporto<br />

fra Spadolini e la danza in quanto, in qualche<br />

modo, ne riassume i passaggi fondamentali. Negli anni<br />

’20 in cui si formò come pittore decoratore a Roma,<br />

Spadolini fu soprattutto spettatore di spettacoli di danza<br />

andati in scena nei teatri della capitale. Non abbiamo<br />

quasi nessuna notizia su di lui in quegli anni, ma sappiamo<br />

che frequentava il Teatro degli Indipendenti di<br />

Anton Giulio Bragaglia che promulgò la messa in scena<br />

di diversi spettacoli di danza. Spadolini nella foto è<br />

una sorta di spettatore dell’esecuzione di Daydé, il suo<br />

sguardo è rivolto verso di lei. Tuttavia non è spettatore<br />

‘passivo’, in quanto partecipa alla posa della ballerina riflettendone<br />

la dinamica. Anche il suo torso è inclinato<br />

e le braccia sono aperte. Spadolini è quindi parte integrante<br />

di questa foto, è danzatore accanto ad una danzatrice.<br />

E Spadolini fu danzatore una volta emigrato in<br />

Francia all’inizio degli anni ’30. Divenne famoso per i<br />

suoi assolo in cui indossava costumi succinti, danzò accanto<br />

a Josephine Baker e studiò danza classica appunto<br />

con il maestro Volinine, che era stato ballerino dei Balletti<br />

Russi e partner di Anna Pavlova. Infine Spadolini è<br />

anche pittore di danza. Dalla fine degli anni ’50 in poi<br />

inizia una serie di quadri popolati di eteree creature per<br />

lo più vestite di candidi tutù. E nella foto Spadolini tiene<br />

in mano una tavolozza, dietro di lui c’è una tela a cui sta<br />

probabilmente lavorando. Come si afferma in un articolo<br />

del Resto del Carlino del 13 agosto 1957, “Spadolini<br />

continua ad occuparsi della danza, ma come pittore, fissando<br />

sulla tela quel mondo in cui aveva avuto un ruolo da protagonista”<br />

[2]. Il rapporto fra Spadolini e la danza si può riassumere<br />

quindi secondo le tre coordinate di spettatore,<br />

danzatore e pittore, coordinate che sono da intendersi<br />

correlate fra loro e non necessariamente ed esclusivamente<br />

rapportabili alle tre fasi della sua evoluzione artistica.<br />

Ad impreziosire queste coordinate c’è nella foto<br />

la presenza di un quadro, che a detta di Daydé, raffigura<br />

Anna Pavlova [3], uno dei simboli della danza classica<br />

del primo novecento, simbolo di quell’ideale soave che<br />

ritroviamo nelle tele del pittore marchigiano.<br />

Spadolini non è l’unico pittore ad essersi cimentato con la<br />

danza. Accanto a lui vengono alla mente due esempi fra loro<br />

divergenti per formazione e intenti, Oskar Schlemmer,<br />

artista tedesco che visse nella prima metà del ‘900 e<br />

Shen Wei, artista cinese contemporaneo trapiantato a<br />

New York e fondatore di una sua compagnia di danza<br />

di successo, la Shen We Dance Arts. Schlemmer è famoso<br />

per la creazione del Balletto Tradico (1916, 1922),<br />

rappresentazione basata sul numero tre che per l’artista<br />

era “un numero estremamente importante, dominante, in cui<br />

l’ego monomane e il contrasto dualistico vengono superati per<br />

dar vita al collettivo.” [4] In quest’opera sono i costumi<br />

voluminosi a determinare il movimento, limitando il<br />

corpo e, allo stesso tempo, stimolandolo secondo nuove<br />

movenze fortemente ispirate a linee geometriche. Shen<br />

Wei, d’altro canto, propone uno stile più organico con<br />

un’attenzione al cromatismo e al dinamismo delle figure<br />

sul palco. Di particolare interesse uno dei suoi lavori,<br />

Connect Transfer (2004), dove i danzatori, vestiti di tute<br />

aderenti nere o grigie, dipingono direttamente sul palco<br />

con colori che portano su di un guanto. I movimenti<br />

che ricorrono sono quelli della circolarità e, al termine<br />

della danza, il palco-tela rappresenta una sorta di testo<br />

del movimento appena conclusosi. Sia nel caso di<br />

Schlemmer che di Shen Wei, si può notare una continuità<br />

fra la loro pittura e la loro danza, mentre in Spadolini<br />

c’è uno scarto ai limiti della contraddizione. Le danze<br />

con le quali divenne celebre erano infatti caratterizzate<br />

dal gusto primitivista ed esotico che poco aveva a che<br />

vedere con l’estetica romantica del balletto. Le ragioni di<br />

questo scarto sono principalmente due, una di carattere<br />

temporale e l’altra ha a che fare con la mancanza di documentazione.<br />

Spadolini infatti dipinse i quadri dedicati<br />

al balletto molti anni dopo il suo debutto come danzatore<br />

primitivista. È ragionevole pensare che la sua poetica<br />

mutò nel corso degli anni. Inoltre ad una più attenta<br />

analisi, come si vedrà più avanti, Spadolini si cimentò<br />

anche con passi della tradizione accademica. Secondo<br />

Marco Travaglini, Spadolini creò anche le scenografie<br />

per i suoi numeri, ma non si sa molto al riguardo, per<br />

cui questo scarto è anche il frutto della frammentarietà<br />

delle fonti e dei documenti finora recuperati. Nel corso<br />

degli anni Travaglini ha fatto numerose scoperte e nuove<br />

informazioni vengono acquisite continuamente per<br />

cui è possibile che la documentazione, anche riguardo<br />

a questo aspetto, si arricchisca presto di nuovi elementi.<br />

Il panorama che in questa sede si vuole proporre tiene<br />

conto di questa frammentarietà ed è per questo da ritenersi<br />

come il cantiere di un palazzo che si sta costruendo,<br />

ossia è un work in progress fatto spesso di supposizioni<br />

e di intuizioni. Si seguirà Spadolini nelle sue tre<br />

fasi artistiche, quella romana che lo vede probabilmente<br />

spettatore di spettacoli di danza, quella parigina che lo<br />

proclama il “Rodin vivente” [5] e quella che lo vede pittore<br />

di ballerine.<br />

120


Spadolini spettatore (anni ’20)<br />

Secondo le fonti rintracciate da Travaglini, Spadolini<br />

giunse a Roma dodicenne nel 1919 e divenne presto<br />

apprendista del pittore del Vaticano Gian Battista Conti<br />

per poi unirsi al gruppo di artisti che ruotava attorno al<br />

Teatro degli Indipendenti. Roma a quei tempi era particolarmente<br />

attiva sul fronte della danza, specialmente<br />

per quanto riguarda la promozione di un tipo di danza<br />

nuova, diversa dal balletto, che era ancora caratterizzato<br />

da uno stile tardo-ottocentesco e che faticava a rinnovarsi.<br />

Di notevole successo erano ancora i balletti di<br />

Luigi Manzotti caratterizzati da un numero spropositato<br />

di comparse e dall’esaltazione, di matrice coloniale, dei<br />

valori del Risorgimento italiano [6]. Comunque all’inizio<br />

degli anni ’20 in Italia erano venuti in tournée i Balletti<br />

Russi, simbolo del rinnovamento della tradizione<br />

accademica, ma avevano suscitato più curiosità che un<br />

dibattito sullo svecchiamento dell’arte tersicorea [7].<br />

Promulgatori del rinnovamento erano figure come Anton<br />

Giulio Bragaglia e gli artisti e intellettuali futuristi,<br />

che alla danza avevano dato un ruolo preponderante.<br />

Sin dal 1913 Filippo Tommaso Marinetti, fra i protagonisti<br />

del Futurismo, aveva prestato attenzione alla danza<br />

nel “Manifesto del teatro di Varietà”, che “stabilì i principi<br />

fondanti del teatro futurista, e anche del teatro di danza” [8].<br />

Il testo nomina con fervore clown, saltimbanchi, autori,<br />

attori, maghi e solamente una danzatrice, Loïe Fuller,<br />

famosa per le sue danze serpentine dove il costume di<br />

lunghi panneggi contribuiva a formulare il movimento<br />

coreografico. L’aggressività, l’esaltazione della forza<br />

e della velocità del manifesto contribuiscono a gettare<br />

le basi per un modo differente di intendere il teatro e<br />

la danza, modo che verrà ulteriormente concretizzato<br />

in un altro manifesto, il “Manifesto della Danza Futurista”<br />

del 1917, che se per alcuni versi, come sottolinea Veroli,<br />

rappresenta un punto di vista abbastanza conservatore<br />

rispetto al precedente e ad altri manifesti, per altri versi<br />

mette al centro del discorso l’arte della danza. Si ripudia<br />

il balletto e si esalta “la macchina, l’uomo muscoloso, il corpo<br />

stra-mascolino.” [9] Questa estetica può aver influenzato<br />

Spadolini che si ritrovò a danzare proprio nei teatri di<br />

varietà, che nelle sue danze mostrava un corpo atletico,<br />

muscoloso, virile e si esibiva in danze altamente ritmate<br />

[10].<br />

Bragaglia (1890-1960), regista, giornalista, saggista e<br />

sperimentatore nel campo della fotografia, vanta una<br />

vastissima bibliografia, fatta di innumerevoli articoli<br />

su giornali e riviste dell’epoca oltre che di diversi libri<br />

che fanno riferimento alla danza, come Scultura vivente<br />

(1928), Jazz Band (1929), Evoluzione del mimo<br />

(1930), La bella danzante (1936) e Danze popolari italiane<br />

(1950).<br />

Tra questi testi l’ultimo è quello che parla di Spadolini<br />

danzatore. Bragaglia gli dedica l’ultimo capitolo dove<br />

esalta le sue qualità di danzatore ‘naturalmente’ votato al<br />

movimento. Spadolini per lui è “contadino pittore e ballerino,<br />

anima schietta, talento semplicemente naturale” [11].<br />

Parla del suo debutto avvenuto quasi per caso e del suo<br />

successo. Bragaglia, che aveva cara l’estetica futurista,<br />

presenta uno Spadolini danzatore futurista che divenne<br />

famoso senza aver studiato danza e le cui performance<br />

erano caratterizzate da acrobazie accostabili al volo, uno<br />

dei simboli del tardo futurismo [12]. Inoltre legittima<br />

il suo ritratto con una serie di citazioni di critici che<br />

in Francia avevano esaltato le danze di Spadolini. Fra<br />

questi vi è l’autorevole critico di danza André Levinson<br />

che riconduce le evoluzioni acrobatiche di Spadolini<br />

alla tradizione italiana dell’Ottocento, Fernand Divoire<br />

che afferma: “la coreografia di Spadolini è ispirata dalla verità<br />

psicologica” [13], Paul Valéry che lo definisce “mistico, mitologico<br />

e faunesco” [14] e Maurice Rostand che lo chiama<br />

“poeta doppiato da un atleta” [15]. Nonostante la retorica<br />

futurista e lo stile personalissimo di scrittura, Bragaglia<br />

riesce a fornire un quadro piuttosto complesso della figura<br />

di Spadolini, sottolineando anche la sua spiritualità<br />

e religiosità: “l’intensità dei suoi atteggiamenti e slanci materiali<br />

è animata da un sottostante spirituale” [16]. Spadolini<br />

era infatti molto religioso e, secondo Travaglini, si era<br />

fatto terziario francescano dopo la seconda guerra mondiale.<br />

Bragaglia stesso nomina lo scapolare, il fazzoletto<br />

che i terziari erano soliti portare al collo.<br />

Tornando allo Spadolini spettatore degli anni romani,<br />

possiamo aggiungere che frequentando Bragaglia ebbe<br />

sicuramente l’opportunità di vedere una serie di danzatori<br />

e danzatrici che rappresentavano il nuovo in Italia e,<br />

in parte, anche in Europa. L’anno dell’inaugurazione del<br />

Teatro degli Indipendenti, il 1923, fu per esempio particolarmente<br />

ricco e vide anche l’esibizione di una pupilla<br />

di Bragaglia, Eugenia Borisenko, in arte Jia Ruskaia<br />

[17]. Nel 1925 inoltre Mary Wigman si esibì al Teatro<br />

d’Arte diretto da Pirandello e suscitò grande attenzione.<br />

Il critico Barilli, che disdegnava alquanto la danza<br />

moderna, la definì “negra bianca” e descrisse così alcuni<br />

dei suoi movimenti: “le sue mani tentano e tormentano l’aria<br />

con le più isteriche carezze” [18], rivelandone comunque la<br />

notevole presenza scenica e abilità drammatica.<br />

Spadolini danzatore (anni ’30 e ’40)<br />

Verso l’inizio degli anni ’30 Spadolini decide di emigrare<br />

in Francia non senza difficoltà. È solo dopo aver<br />

trovato lavoro nello studio di Paul Colin, che gli è permesso<br />

restare. Poi, nella primavera del 1932, la sua vita<br />

cambia radicalmente e da spettatore della danza qual era,<br />

si trasforma in danzatore protagonista della scena. At-<br />

121


torno al debutto di Spadolini danzatore ruota una sorta<br />

di leggenda che lo vede improvvisatore talentuoso. Raccontando<br />

l’evento nella rivista Vedettes del 1941, Jenny<br />

Josane scrive che nell’udire le note della seconda Rapsodia<br />

di Liszt, Spadolini, che stava lavorando all’allestimento<br />

di una scenografia con il gruppo di lavoro di Paul<br />

Colin, si mise a ballare.<br />

“All’impresario che voleva immediatamente ingaggiarlo, Alberto<br />

rispose divertito: “Ma io non ho mai appreso a ballare!” “Che<br />

importa, voi farete ciò che vorrete, non dovete occuparvi d’altro!”…Non<br />

aveva né partitura, né costume, così che debuttò vestito<br />

d’un lenzuolo. Interpretò una danza antica e tutta la poesia<br />

greca si materializzò nella sala in delirio”. [19]<br />

Era il 9 aprile del 1932 [20]. Dal quel momento Spadolini<br />

fu ripetutamente esaltato per il suo ‘naturale’ senso<br />

del ritmo, ma quanto di vero ci sia in questo aspetto<br />

è difficile a dirsi. Al momento non si hanno fonti per<br />

accertare una sua eventuale presenza in scuole di danza<br />

prima del suo debutto, ma come abbiamo visto probabilmente<br />

aveva una buona conoscenza del panorama<br />

della danza almeno per quanto riguarda l’Italia. Travaglini<br />

inoltre sottolinea come sin da bambino non stesse<br />

mai fermo e di come praticasse vari sport fra cui quello<br />

del calcio e del nuoto. Inoltre la sua vocazione teatrale lo<br />

portava spesso ad allestire un palcoscenico dove esibirsi<br />

nelle “gesta di Giulio Cesare o di Sandokan” [21]. Il suo<br />

fisico era quindi sin dall’infanzia votato al movimento.<br />

E’ comunque nel dicembre del 1932 con il debutto nella<br />

nuova rivista del Casino de Paris, La Joie de Paris, che<br />

Spadolini viene acclamato come vera e propria rivelazione.<br />

Dati i costumi succinti fu presto soprannominato<br />

‘danseur nu’ e fu esaltato per il suo fisico atletico e<br />

statuario. Assieme a Baker incarna l’ideale primitivista<br />

di danzatore ‘barbaro’. Come è noto Josephine Baker<br />

assurse a diva della rivista francese a seguito della sua<br />

esibizione ne La Revue Negre del 1925, dove si presentò<br />

nuda con una gonnellina di piume a coprirle maliziosamente<br />

i fianchi. In seguito in una nuova rivista al Folies<br />

Bergère indossò la celeberrima gonnellina di banane<br />

con la quale fu immortalata nei lavori di Paul Colin<br />

[22]. E, come è stato già detto, proprio presso lo studio<br />

di Colin Spadolini iniziò a lavorare una volta giunto in<br />

Francia. Questi elementi contribuirono a sedimentare<br />

in lui le basi per i suoi numeri. Spadolini veniva infatti<br />

apprezzato soprattutto per i suoi assolo. Interessante<br />

quello de “L’homme et la machine” che faceva parte della<br />

rivista del 1932. Nei documenti contenuti nell’Archivio<br />

Bolero-Spadò vi è un’immagine tratta da questa danza<br />

(pag. 38), Spadolini si erge nella sua quasi nudità al<br />

centro del palco, circondato da uomini coperti di tute<br />

scure che sembrano muovere dei grandi macchinari. È<br />

il trionfo dell’uomo ‘primitivo’ contro il progresso, della<br />

forza e istinto contro la razionalità.<br />

Abbiamo un solo filmato che presenta una danza di<br />

Spadolini. È tratto dal film Marinella (1936) diretto da<br />

Pierre Caron con Tino Rossi come protagonista. Essa è<br />

però altamente esemplificativa del suo stile. Il film narra<br />

la storia di un pittore-decoratore che, fermatosi a cantare<br />

mentre lavora, viene scoperto come fenomeno e diviene<br />

presto famoso come cantante. La storia, come ha<br />

ben notato Travaglini, riflette la leggenda che condusse<br />

Spadolini alla fama. Spadolini appare solo durante il suo<br />

numero in un locale alla moda frequentato da gente benestante.<br />

Le donne sfoggiano abiti lunghi ed eleganti,<br />

gli uomini completi scuri da sera. Il locale è simile a<br />

molti dell’epoca con una pista centrale dove gli ospiti<br />

danzano accompagnati da musiche melodiche. Ai lati<br />

ci sono dei tavolini dove altre persone sorseggiano dei<br />

drink e chiacchierano. Al termine di un brano musicale,<br />

all’applauso degli ospiti segue un abbassamento di luci,<br />

è l’unico segnale che lo spettacolo sta per iniziare.<br />

Il palco è posto su di un lato della pista da ballo ed è<br />

chiuso da un sipario che a questo punto si apre per rivelare<br />

un mondo completamente diverso da quello che<br />

sia gli ospiti del locale che gli spettatori del film hanno<br />

visto, ossia un mondo ‘primitivo’ ed esotico. La scenografia,<br />

non completamente illuminata, rivela la gigantografia<br />

di un uomo o forse di una divinità pagana dalla<br />

pelle scura. E’ a torso nudo e indossa una maschera che<br />

raffigura un animale dal lungo becco e dal muso circondato<br />

di piume. Quest’uomo sta seduto forse a gambe incrociate,<br />

i genitali sono nascosti da un palco che si erge<br />

a forma di tamburo su cui in piedi si staglia Spadolini,<br />

anche lui quasi totalmente nudo eccetto che per una<br />

sorta di slip fatto forse di cuoio che copre i suoi genitali<br />

e che è agganciato ad una cintura caratterizzata da un<br />

anello centrale in corrispondenza dell’ombelico, le anche<br />

rimangono scoperte. Il contrasto fra questo mondo<br />

e quello del locale è fortissimo, il fatto poi che il numero<br />

non venga presentato da nessuno contribuisce ulteriormente<br />

a creare uno spartiacque di atmosfera. Il pubblico<br />

del locale non verrà mai inquadrato durante la danza,<br />

segno che i due mondi sono completamente separati.<br />

E’ questo un tipo di danza primitivista, in quanto si ispira<br />

a quel gusto per le culture definite come ‘primitive’<br />

che influenzarono gran parte dell’estetica modernista,<br />

da Matisse a Picasso, da Stravinsky a Nijinsky [23]. Era<br />

questo il frutto culturale più significativo delle esperienze<br />

coloniali e che per questo proponeva uno sguardo<br />

coloniale da civiltà che si autoproclamava civilizzatrice<br />

e superiore rispetto a quella colonizzata [24]. Questo<br />

atteggiamento è evidente nella separazione tra il mo-<br />

122


mento dello svolgersi del film e l’assolo di Spadolini. Ai<br />

movimenti composti e misurati degli ospiti del locale si<br />

contrappongono i gesti aggressivi e sensuali del danzatore,<br />

interprete forse di una qualche cultura africana dedita<br />

all’adorazione di una divinità. La carica erotica della<br />

sua danza emerge sin dalla posizione in cui si trova Spadolini,<br />

ossia sul tamburo-palco in corrispondenza dei<br />

genitali della gigantografia che gli sta dietro. I suoi gesti<br />

iniziali sono di ostentazione di forza, con i pugni chiusi<br />

innalza le braccia aperte come a mostrare i suoi muscoli.<br />

I suoi movimenti sono quasi tutti fatti sul posto, c’è spazio<br />

per poco spostamento sul palco-tamburo. Spadolini<br />

divarica le gambe, le piega e batte i pugni chiusi sulle<br />

cosce. Il passaggio da un movimento ad un altro è quasi<br />

sempre fatto attraverso dei piccoli salti.<br />

Da questo tipo di danza, che fu esemplificativa dello stile<br />

di Spadolini, possiamo tracciare un confronto con le<br />

danze di Baker. Seppure danzarono insieme, entrambi<br />

divennero celebri nei loro assolo. Se prestiamo attenzione<br />

alle foto che li ritraggono in pose danzanti, possiamo<br />

notare che Baker ha di solito un’espressione sorridente,<br />

mentre Spadolini è serio e concentrato. Nelle sue danze<br />

Baker spesso gioca con il suo corpo assumendo anche<br />

pose spiritose ed ironiche come quella che contraddistingue<br />

il Charleston, con le gambe piegate e le braccia<br />

che si incrociano sulle ginocchia in un sapiente gioco<br />

ottico. Baker prima di divenire l’icona sexy delle riviste<br />

parigine era stata una promettente performer comica<br />

e clownesca negli spettacoli a cui aveva partecipato<br />

quando era ancora negli Stati Uniti. Spadolini esprime<br />

invece un pathos che rimanda piuttosto al duende [25]<br />

del flamenco spagnolo. Lo stesso Bagaglia sottolinea che<br />

“mentre egli danza il suo viso diventa furioso come posseduto<br />

da un demone, ch’egli teme; lo si vede dai passaggi mimici che<br />

esprimono, appunto, il terrore della propria furia” [26].<br />

Nelle danze primitiviste di Spadolini non c’è spazio per<br />

la comicità e ogni gesto è fatto con intensità e forza. Un<br />

altro aspetto che contraddistingue il loro modo di danzare<br />

sta proprio nell’approccio al movimento. Il corpo<br />

di Baker è fluido, secondo lo studioso Ramsay Burt,<br />

che cita Brenda Dixon Rottschild, nelle sue danze ella<br />

si muoveva secondo il “policentrismo/poliritmia”, ossia<br />

un tipo di movimento che “può irradiarsi da qualsiasi parte<br />

del corpo”, e nel quale “due o più centri possono operare simultaneamente”<br />

[27]. Spesso il suo bacino non è in asse,<br />

ma è spostato da un lato o all’indietro. L’uso del bacino<br />

caratterizza il suo modo di ballare e non a caso è spesso<br />

sottolineato dai costumi, la gonnellina di piume ne La<br />

Revue Négre e la gonnellina di banane nella rivista al<br />

Folies Bergere. Dalle foto e dalla performance nel sopra<br />

citato film, possiamo dire che il bacino di Spadolini è di<br />

solito in asse con il resto del corpo e che la sua articolazione<br />

è molto meno fluida rispetto a quella di Baker,<br />

con lo spostamento fuori asse in caso di alcuni passi ma<br />

sempre accompagnato da uno spostamento di una gamba<br />

o comunque del peso del corpo.<br />

Questo diverso modo di danzare è collegato anche al<br />

loro diverso modo di concepire la danza classica. Baker<br />

iniziò a prendere lezioni di danza classica probabilmente<br />

verso il 1926 dopo che Giuseppe Abatino, detto Pepito,<br />

divenne il suo amante e manager. Oltre a farle fare lezioni<br />

di buone maniere e di canto, le fece prendere lezioni<br />

di danza classica [28]. Un numero piuttosto singolare<br />

della rivista del 1932 a cui partecipò anche Spadolini,<br />

“Le singerie du XVIII° siecle”, presentava infatti Baker che<br />

danzava sulle punte e quale incarnazione de ‘l’exotisme<br />

1732’ [29]. Era un numero parodico e probabilmente<br />

questo era il modo in cui Baker vedeva il balletto. Un<br />

filmato presso gli archivi Gaumont Pathé mostra Baker<br />

che danza sulle punte. Come ha rilevato la studiosa Andrea<br />

Harris il suo modo di danzare è piuttosto anticonvenzionale<br />

e mescola la danza accademica con la danza<br />

jazz. Baker cammina sulle punte, a gambe piegate, con<br />

il sedere sporgente indietro ed esibendosi in mosse di<br />

carattere caricaturale. Accanto a lei quale porteur, c’è<br />

proprio Spadolini che mostra una maggiore precisione<br />

nell’esecuzione dei passi. Baker non amava quindi<br />

il balletto e nel momento in cui si ritrovò a studiarlo e<br />

ad utilizzarlo nelle sue danze, lo fece adattandolo al suo<br />

stile esuberante, contaminando la danza sulle punte con<br />

il senso del ritmo della danza jazz. Lo stesso Jean-Claude<br />

Baker, suo figlio adottivo e biografo, riporta quanto<br />

segue a proposito di cosa Baker pensasse delle ballerine:<br />

“Sembrano dei piccoli uccelli stupidi … terribili.” [30]<br />

Di diversa opinione era Spadolini che due anni dopo<br />

il suo debutto cominciò, come si è detto in apertura,<br />

a prendere lezioni di danza classica presso la scuola di<br />

Alexandre Volinine. A differenza di Baker, Spadolini<br />

vedeva nel balletto un ideale di bellezza e grazia. Il suo<br />

studio fu ben messo in pratica nel numero di danza del<br />

film Marinella, dove esegue dei passi di danza classica,<br />

quali dei piccoli pas de bourrée, dei cambré, un salto in<br />

attitude con la gamba davanti piegata e un leggero cambré<br />

enfatizzato dallo scatto della testa all’indietro. Spesso<br />

poi nelle pose che lo ritraggono in foto si può notare<br />

un lirismo e un portamento che rimandano alla danza<br />

classica. Nell‘intervista rilasciata a Charles Etienne,<br />

Spadolini, parlando della sua carriera dice: “debuttando<br />

ufficialmente all’Eldorado di Nizza, per me si aprì un’esistenza<br />

più favorevole. Fui a Monte-Carlo, poi a Parigi, all’Empire,<br />

con un numero di danza classica. Infine La Joie de Paris”<br />

[31]. Spadolini non esita a sottolineare che uno dei<br />

suoi numeri era di stile classico. Purtroppo non si hanno<br />

documentazioni al riguardo, ma solo per il fatto di<br />

123


menzionarlo ci fa pensare che sin dagli esordi per Spadolini<br />

la danza classica era un ideale da seguire. All’interno<br />

del materiale ritrovato da Travaglini nell’Archivio<br />

Bolero-Spadò c’è una foto di un giovane Spadolini con<br />

una partner che indossa un tutù bianco e lungo. Le loro<br />

braccia sono unite in un passaggio della coreografia, la<br />

danzatrice sta sulle punte e ha il viso coperto dal braccio<br />

alzato. Dietro di loro ci sono quattro file di ballerine dai<br />

tutù altrettanto lunghi. La loro posa con il busto inclinato<br />

di lato e le braccia aperte fa pensare al numero di<br />

una rivista o un galà ispirato al balletto. Che sia una foto<br />

dello spettacolo all’Empire di cui parla orgogliosamente<br />

Spadolini? Forse. Per ora possiamo solo supporlo.<br />

Spadolini praticò anche altri tipi di danza quali danze<br />

dal sapore spagnoleggiante e jazz. In particolare il suo<br />

più grande successo fu la coreografia creata per il Bolero<br />

di Ravel che danzò per circa seimila volte a quanto dice<br />

Bragaglia [32]. Danzò anche in spettacoli assieme alla<br />

ballerina spagnola Nati Morales e collaborò con Carmen<br />

Amaya per la realizzazione di un documentario<br />

chiamato “Souvenirs d’Espagne”. Nel 1938 partecipò alla<br />

conferenza organizzata da Maurice Rostand “La Poésie<br />

et la Danse” presso gli Archives de la Danse e si esibì<br />

in una serie di “dimostrazioni sui diversi aspetti della<br />

danza” [33] attraverso le sue coreografie con musiche<br />

che spaziavano dal Bolero di Ravel all’Adagio in do minore<br />

di Beethoven, da Tempo 38 di Leval a Jazz di Duke<br />

Ellington.<br />

Spadolini pittore (anni ’50, ’60, ’70)<br />

Alla conferenza“Il mistero del Bolero-Spadò”: Alberto<br />

Spadolini, una vita di tutti i colori del 19 dicembre 2006,<br />

il prof. Sergio Sadotti ha parlato della sua esperienza<br />

come conoscente di Spadolini. In un’occasione Spadolini<br />

gli sottolineò il fatto che Degas, famoso pittore<br />

di ballerine, non avesse mai danzato, mentre egli aveva<br />

una considerevole esperienza al riguardo. Questa affermazione<br />

è importante per capire la poetica di Spadolini<br />

artista e soprattutto di Spadolini pittore di ballerine e<br />

ballerini. Dalla documentazione che abbiamo e dalla datazione<br />

approssimativa fatta dei suoi quadri, possiamo<br />

dire che Spadolini iniziò a dipingere i quadri dedicati<br />

alle ballerine dalla fine degli anni ’40 in poi, quando la<br />

sua carriera di danzatore si stava chiudendo. Il paragone<br />

con Degas è stimolante. Entrambi i pittori non sembrano<br />

interessati a ritrarre i volti delle ballerine [34]. In<br />

Degas sono spesso nascosti dalla posizione di schiena<br />

come nei quadri che vedono le ballerine sedute mentre<br />

si allacciano le scarpette o dalla prospettiva del quadro<br />

che le ritrae da lontano come in Etoile (1878). In Spadolini<br />

le ballerine sono di solito ritratte da lontano e il viso<br />

non ha dettagli. Un’eccezione è data dal quadro Ballerini<br />

spagnoli in cui i volti vengono delineati e in Duilio,<br />

la premiere leçon de danse (1947), in cui la ballerina è di<br />

spalle ma Duilio, il protagonista del quadro, è ritratto in<br />

tutta la sua enigmaticità. In entrambi gli artisti è il tutù a<br />

rappresentare il principale oggetto di attenzione, anche<br />

nel sopra citato quadro a soggetto spagnolo, la gonna<br />

della ballerina ricorda più un tutù da balletto che un costume<br />

spagnolo ed è comunque il punto luce centrale<br />

del dipinto. In Degas i tutù arrivano sotto il ginocchio<br />

e si colorano di diverse sfumature, dal classico bianco al<br />

celeste azzurro, dal viola al verde e al giallo, insomma<br />

sembrano costituire il punto di riferimento cromatico.<br />

In Spadolini il tutù bianco a volte si colora di sfumature<br />

ma per lo più il bianco sembra restare il colore prescelto<br />

come anche il fatto che il tutù sia lungo, secondo i gusti<br />

del primo romanticismo.<br />

Quello che differenzia maggiormente i due artisti, è il<br />

senso dinamico delle forme. In Degas abbiamo ballerine<br />

ritratte spesso in pose statiche, mentre fanno lezione o<br />

si preparano per uno spettacolo. Anche la raffigurazione<br />

di certi passi, come lo stare sulle punte de Due ballerine<br />

sul palco (1874) o l’esecuzione dei batman laterali ne Le<br />

prove (1873-78) non rende fino in fondo il dinamismo<br />

del movimento. In Spadolini c’è una resa più efficace<br />

per esempio in Gruppo danzante dove la ballerina sulle<br />

punte, quasi appena delineata da poche pennellate di<br />

verde, sembra davvero muoversi sulle punte con grazia<br />

e senso del ritmo. Così pure in lavori come Etolies de<br />

l’Opera n.1 ed Etolies de l’Opera n. 2, seppur le ballerine<br />

sembrino ritratte in un momento di pausa, la composizione<br />

delle figure, alcune delle quali hanno il torso<br />

leggermente inclinato, conferisce, assieme al panneggio<br />

dei tutù, un dinamismo maggiore rispetto a quello delle<br />

ballerine di Degas. In questo senso Spadolini ricorda<br />

forse più Toulouse-Lautrec che Degas.<br />

Inoltre l’importanza data dalla luce può costituire un<br />

insegnamento che Spadolini apprese dai futuristi che<br />

consideravano la luce quasi la protagonista dei loro<br />

spettacoli [35]. Nella serie di quadri caratterizzati dallo<br />

sfondo che ricorda un sipario, la luce dei panneggi è in<br />

stretta relazione con la luce tratteggiata nei tutù delle<br />

ballerine. Questi gruppi di ballerine, a volte accompagnate<br />

da ballerini, sembrano ritratti nel momento prima<br />

di andare in scena, quando c’è il tempo per il ripasso di<br />

un ultimo passo. Il palco è visto non dalla platea ma dal<br />

punto di vista opposto, di chi si trova dietro le quinte<br />

di un teatro, un punto di vista che Spadolini conosceva<br />

bene.<br />

In un’altra serie di dipinti Spadolini elimina la neutralità<br />

dello sfondo dei sipari per inserire delle costruzioni<br />

naturali fatte di rocce come in Rythmes oppure castelli<br />

con giardino come in Chateu de Brignac au clair de lune<br />

124


o monumenti antichi come nel dipinto Coreografia per<br />

l’Arena di Verona (1972). È come se il sipario sia stato<br />

alzato per rivelare delle coreografie eseguite in spazi<br />

aperti spesso durante un tramonto.<br />

La presenza maschile, discreta e quasi invisibile in molti<br />

quadri, diviene centrale in altri. In Rythmes la figura<br />

di un danzatore è in primo piano rispetto a quella<br />

di tre ballerine che si muovono tra le onde del mare<br />

in lontananza. La composizione del quadro è piuttosto<br />

singolare, in quanto il punto di vista sembra provenire<br />

dall’interno di una caverna le cui aperture circondano<br />

il danzatore da un lato e le ballerine dall’altro a mo’ di<br />

cornici irregolari. Che Spadolini si sia ispirato alle coste<br />

marchigiane per creare questa particolare visione? Il<br />

danzatore indossa una tuta aderente rossa, un colore che<br />

Spadolini di solito usa con parsimonia. Ha una mano sul<br />

petto e lo sguardo verso l’alto come in contemplazione.<br />

Ben più dinamiche sono le tre ballerine sullo sfondo<br />

a destra che sembrano muoversi al ritmo delle onde.<br />

Questo danzatore dal costume scarlatto torna in un altro<br />

dipinto, Coreografia per l’Arena di Verona. Qui è<br />

situato al centro della composizione davanti alla colonna<br />

di due archi che insieme formano il simbolo della croce<br />

francescana ‘tau’. E una figura dalla casacca rossa in una<br />

simile posizione è presente anche in un altro quadro,<br />

Tau (anni ’60), un quadro pieno di simboli e rimandi<br />

esoterici [36]. E’ possibile che questa figura sia rapportabile<br />

a Spadolini stesso che nel dipinto Tau si trova di<br />

spalle con una maschera in mano, quasi a rappresentare<br />

la tensione fra essere e apparire che caratterizzò soprattutto<br />

la sua carriera di danzatore. Molto resta ancora da<br />

chiarire sui dipinti che Spadolini dedicò alla danza. Alla<br />

luce di quanto detto, possiamo affermare che questi lavori<br />

rappresentano comunque un testamento poetico<br />

dell’artista e un ulteriore tassello per capire la sua poliedrica<br />

produzione artistica.<br />

A pag. 118: “Ad Alberto Spadolini, scultura vivente” dedica di Anton Giulio Bragaglia sul suo libro “Danze popolari italiane” (Coll. B-S n. 264)<br />

A pag. 119: Spadolini e Liane Daydé nell’atelier del maestro Volinine a Parigi, anni ’50 (Coll. B-S n. 222)<br />

In alto: Il giovane Spadolini in un numero ispirato al balletto, foto Dannées, Parigi anni ’30 (Coll. B-S n. 3)<br />

125


[1] Questo saggio è la rielaborazione di un precedente scritto, “Alberto<br />

Spadolini: danzatore primitivista o pittore di ballerine?”<br />

presente sul sito al seguente indirizzo http://albertospadolini.<br />

it/pagine/2.htm e di un intervento dal titolo “La Venere nera e<br />

‘le danseur nu’: la danza di Josephine Baker e la danza di Alberto<br />

Spadolini”, fatto in occasione della conferenza La riscoperta<br />

di Alberto Spadolini: la vita, la danza, la pittura, Università di<br />

Macerata, 3 maggio 2007. Vorrei ringraziare Marco Travaglini<br />

per avermi aiutato nelle ricerche e per avermi lasciato consultare<br />

l’Archivio Bolero-Spado’.<br />

[2] Citato in Marco Travaglini, Bolero-Spado’, manoscritto non<br />

pubblicato, (2006) e in Marco Travaglini, “Spadolini pittore della<br />

danza”, Bolero-Spado’, Alberto Spadolini, una vita di tutti i<br />

colori, (2007) http://albertospadolini.it/pagine/18.htm (consultato<br />

il 1 giugno 2007).<br />

[3] Marco Travaglini, “Pittore della danza”, in Bolero-Spado’, Alberto<br />

Spadolini, una vita di tutti i colori, (2007) http://albertospadolini.it/pagine/18.htm<br />

(consultato il 1 giugno 2007). Secondo<br />

quanto riportato da Daydé il ritratto è opera di Spadolini, notizia<br />

che pone un’interessante riflessione. Pavlova infatti morì nel<br />

gennaio del 1931. a quell’epoca non sappiamo con certezza se<br />

Spadolini fosse già in Francia. Se non incontrò mai Pavlova, tesi<br />

alquanto probabile, probabilmente la ritrasse ispirandosi ad una<br />

foto.<br />

[4] C. Raman Schlemmer, “La visione utopica nelle danze di Oskar<br />

Schlemmer”, in Elisa Vaccarino, a cura di, Automi, marionette e<br />

ballerine nel Teatro d’avanguardia (Milano: Skira, 2000), p. 81.<br />

[5] Così lo chiamò Legrand-Chabrier in un articolo del 18 dicembre<br />

1932.<br />

[6] Patrizia Veroli, Baccanti e dive dell’aria – Donne, danza e società<br />

in Italia 1900-1945 (Città di Castello: Edimond, 2001), pp. 23-<br />

30.<br />

[7] Patrizia Veroli, Baccanti e dive dell’aria – Donne, danza e società<br />

in Italia 1900-1945, p. 151.<br />

[8] Patrizia Veroli, “The Futurist Aesthetic and Dance”, in Günter<br />

Bergahns, a cura di, International Futurism in Arts and Literature<br />

(Berlino: Walter de Guyter, 2000), p. 426. Per quanto concerne<br />

la danza futurista si veda anche Elisa Vaccarino, a cura di,<br />

Giannina Censi – Danzare il Futurismo (Milano: Electa, 1998).<br />

[9] Patrizia Veroli, “The Futurist Aesthetic and Dance”, cit., p. 435.<br />

[10] Da notare che nonostante ciò Spadolini non si riconosceva nell’estetica<br />

dei pittori moderni e preferiva l’arte dei maestri del Rinascimento<br />

italiano. Si veda per esempio l’intervista a Spadolini<br />

di Charles Etienne, “Spadolini, ou les confidences d’un homme<br />

nu”, Sourire, 27 aprile 1932 (Archivio Bolero-Spado’).<br />

[11] Anton Giulio Bragaglia, “Spadolini danzatore d’istinto”, in Danze<br />

Popolari Italiane (Roma: Enal, 1950), p. 269.<br />

[12] Per un panorama sul Futurismo si veda per esempio Luigi Scrivo,<br />

Sintesi del Futurismo. Storia e documenti (Roma: Bulzoni,<br />

1968) o anche il più recente Francesco Bruno, Storia e genesi<br />

delle avanguardie. Il Futurismo (Napoli: Edizioni Scientifiche,<br />

1996). Per una breve introduzione si veda l’agile volume di Sylvia<br />

Martin, Futurismo, tr. Tania Calcinaro (Köln: Taschen, 2005).<br />

[13] Fernand Divoire, citato in Anton Giulio Bragaglia, p. 274.<br />

[14] Paul Valéry, citato in Anton Giulio Bragaglia, p. 273.<br />

[15] Maurice Rostand, citato in Anton Giulio Bragaglia, p. 271.<br />

[16] Anton Giulio Bragaglia, p. 272.<br />

[17] Si veda a questo proposito Patrizia Veroli, Baccanti e dive dell’aria<br />

– Donne, danza e società in Italia 1900-1945, soprattutto<br />

il capitolo 6.<br />

[18] B. Barilli, citato in Patrizia Veroli, Baccanti e dive dell’aria –<br />

Donne, danza e società in Italia 1900-1945, p. 195.<br />

[19] Citato in Marco Travaglini, Bolero-Spado’, (2006).<br />

[20] Intervista a Spadolini di Charles Etienne, cit.<br />

[21] Marco Travaglini, Bolero-Spado’, (2006).<br />

[22] Molti sono gli studi fatti su Baker. In italiano è stata tradotta la<br />

monografia di Phyllis Rose, Jazz Cleopatra, tr. Laura Sgorbati<br />

Buosi (Milano: Frassinelli, 1990) oltre che la sua autobiografia<br />

scritta assieme al marito Jo Bouillon, Josephine (Milano: La Salamandra,<br />

1984).<br />

[23] Si veda Darrell Wilkins, “La modernità: la danza e l’avanguardia<br />

parigina dal primitivismo alla ‘moderna classicità’”, in Gabriella<br />

Belli, Elisa Guzzo Vaccarino, a cura di: La Danza delle<br />

Avanguardie (Milano: Skira, 2005), pp. 113-122. Si veda inoltre<br />

Marianna Torgovnik, Gone Primitive (Chicago: Chicago University<br />

Press, 1990).<br />

[24] Questo discorso si collega agli studi postcoloniali, ossia a quell’insieme<br />

di teorie di matrice soprattutto anglosassone, che si sono<br />

sviluppate a seguito della disgregazione delle imprese coloniali.<br />

A tal proposito si veda Edward Said, Orientalismo, trad. Stefano<br />

Galli [e. o. 1978] (Milano, Feltrinelli, 1999), Edward Said,<br />

Cultura e Imperialismo, trad. Stefano Chiarini, Anna Tagliavini<br />

(Roma: Gamberetti, 1998) e Franz Fanon, I dannati della terra,<br />

trad. Carlo Cignetti [e. o. 1961] (Torino: Edizioni di Comunità,<br />

2000).<br />

[25] La parola duende è difficile da definire, fa riferimento ad una<br />

qualità propria del/la performer di flamenco (sia egli/ella danzatore,<br />

musicista o cantante), che trascende la dimensione spaziotemporale<br />

e lo/la porta ad uno stato di trance. Si veda a tal proposito<br />

Maria Cristina Assumma, Il fascino e la carne – il flamenco<br />

racconta (Roma: Melusina, 1995), pp. 13-16.<br />

[26] Anton Giulio Bragaglia, p. 273.<br />

[27] Brenda Dixon Gottschild, Digging the Africanist Presence in<br />

American Performance (Westport: Praeger, 1996), p. 14. Ramsay<br />

Burt, “‘Savage’ Dancer: Tout Paris goes to See Josephine Baker”,<br />

in Alien Bodies – representations of modernity, ‘race’ and nation<br />

in early modern dance (London: Routledge, 1998), pp. 57-83.<br />

[28] Lynn Haney, Naked at the Feast (London: Robson Books, 2002),<br />

p. 121.<br />

[29] Si veda il programma di sala del Casino de Paris della stagione<br />

1932-1933 e per esempio la recensione di Pierre de Regnier, “Josephine<br />

et sa revue”, nome rivista non chiaro, 9 dicembre 1932.<br />

Per quanto concerne la relazione fra Baker e la danza classica<br />

rimando al saggio di Andrea Harris, “Passo a Quattro: Baker,<br />

Spadolini, il balletto e gli archivi”, presente nel sito http://albertospadolini.it/pagine/12.htm<br />

e al saggio di Beth Genné, “‘Glorifying<br />

the American Woman’: Josephine Baker and George Balanchine”,<br />

Discourses in Dance, vol. 3, n. 1, 2005, pp. 31-57.<br />

[30] Jean-Claude Baker e Chris Chase, Josephine, the Hungry Heart<br />

(New York: random House, 1993), p. 12 (fotografie).<br />

[31] Intervista a Spadolini di Charles Etienne, cit.<br />

[32] Anton Giulio Bragaglia, p. 271.<br />

[33] Autore non specificato, “Maurice Rostand et Spadolini aux Archives<br />

de la Danse”, titolo rivista non specificato, 1938 (Archivio<br />

Bolero-Spado’).4<br />

[34] Per quanto riguarda Degas a questo proposito si veda James Emmons,<br />

Francois Fosca, Deagas (Ginevra: Skira, 1954), p. 45.<br />

[35] Si veda a tal proposito Silvana Sinisi, “La danza futurista”, in Elisa<br />

Vaccarino, a cura di, Documenti – La danza moderna. I fondatori<br />

(Milano: Skira, 1998), pp. 73-89, oltre che il già citato Patrizia<br />

Veroli, “The Futurist Aesthetic and Dance”.<br />

[36] Per un’analisi di Spadolini pittore esoterico si veda la sezione<br />

del sito dedicata a questo aspetto, www.albertospadolini.it e al<br />

presente volume. In particolare per una riflessione sul simbolo<br />

‘tau’ nell’omonimo quadro si veda Marco Travaglini, “Cattedrale<br />

a cielo aperto”, in Bolero-Spado’, Alberto Spadolini, una vita<br />

di tutti i colori, (2007) http://albertospadolini.it/pagine/32.htm<br />

(consultato il 3 giugno 2007).<br />

126


Spadolini continua a stupire<br />

“A Joséphine Baker, la regina del music-hall parigino sono state<br />

dedicate mostre, ricerche, biografie e film.<br />

Quel che ancora non si sapeva era la sua breve e travolgente<br />

storia d’amore e artistica con un ballerino italiano, Alberto Spadolini,<br />

suo coetaneo, nato ad Ancona nel 1907 e morto a Parigi<br />

nel 1972. Spadò, le ‘danseur nu’, così lo avevano soprannominato<br />

i francesi …”<br />

Specchio della Stampa, n. 520, 3 giugno 2006<br />

“Custodita dalla patina del tempo, dal caso e da una tenace riservatezza,<br />

la vita straordinaria di Alberto Spadolini, marchigiano,<br />

pittore per formazione, danzatore per talento, emerge in<br />

frammenti avventurosi e leggendari, svelando uno dei più eclettici<br />

artisti del Novecento …”<br />

Vogue n. 679, marzo 2007<br />

“Dalle pieghe smemorate del tempo riemerge una figura a suo<br />

tempo leggendaria. E’ Alberto Spadolini, danzatore italiano che<br />

fece epoca nella Parigi degli anni d’oro a fianco di muse come Mistinguett<br />

e Joséphine Baker e di intellettuali come Jean Cocteau<br />

e Jean Marais, offrendo al pubblico una perfetta e atletica nudità<br />

che gli guadagnò la definizione di ‘Rodin vivente’…”<br />

Franco Maria Ricci n. 18, maggio 2007<br />

“Una sola professione non bastava, ad Alberto Spadolini, per<br />

esprimere tutta la propria dilagante creatività… il poliedrico artista<br />

anconetano è diventato un inesauribile soggetto di studio<br />

e di stupore dopo la scoperta, nel 1978 in una soffitta, di un<br />

archivio di fotografie, documenti, ritagli di giornali di tutto il<br />

mondo che ne celebravano le gesta…”<br />

Qui Touring, luglio - agosto 2007<br />

Sopra: Spadolini al termine di uno spettacolo circondato dai fiori degli ammiratori. Foto A. Novaro, anni ’30 (Coll. B-S n. 4)<br />

127


Stampa<br />

Litografia Fabbri - Modigliana, Luglio 2007<br />

128

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