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Campi di battaglia: il dibattito sugli OGM - Filosofia ambientale

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www.f<strong>il</strong>osofia-<strong>ambientale</strong>.it<br />

<strong>il</strong> primo sito in Italia de<strong>di</strong>cato alla:<br />

f<strong>il</strong>osofia <strong>ambientale</strong>: scienza, ecologia, etica, politica e teologia dell'ambiente<br />

<strong>Campi</strong> <strong>di</strong> <strong>battaglia</strong>: <strong>il</strong> <strong>di</strong>battito <strong>sugli</strong> <strong>OGM</strong><br />

Chiara Certomà<br />

Se fino a poco tempo fa sembrava un argomento per addetti ai lavori, l’attenzione de<strong>di</strong>cata<br />

dai me<strong>di</strong>a al problema degli Organismi Geneticamente Mo<strong>di</strong>ficati sta rapidamente aumentando<br />

perché con sempre maggior evidenza <strong>il</strong> nostro panorama comune sembra essere quello<br />

biotecnologico. L’immaginario sociale è infatti permeato, soprattutto nei paesi “occidentali” ma<br />

non solo, da suggestioni hight tech: dalla pubblicità, alla letteratura, dalle pratiche me<strong>di</strong> che<br />

alla progettazione degli spazi abitativi, al cinema. In questa fantomatica “società ad alta<br />

definizione” <strong>il</strong> cibo stesso non può che <strong>di</strong>ventare tale, e, per quanto nel nostro paese sembra<br />

resistere un certo attaccamento a tra<strong>di</strong>zioni alimentari ritenute più "salutari", è evidente in<br />

qualunque supermercato che anche gli alimenti tendono alla standar<strong>di</strong>zzazione, ster<strong>il</strong>izzazione<br />

e funzionalità. E se questo può accadere nella presentazione e nella preparazione perché non<br />

potrebbe accadere anche nella produzione e prima ancora nella creazione degli alimenti? Sposa<br />

meglio <strong>il</strong> nostro “immaginario matrix” una purea <strong>di</strong> (forse) mele in lattina ergonomica che una<br />

mela bacata biologica.<br />

Almeno sembrerebbe, ma forse le cose non stanno proprio così.<br />

Due parole su scienza e società<br />

Su questo si gioca la partita degli <strong>OGM</strong>: su quale umanità scegliamo <strong>di</strong> essere. Molto più <strong>di</strong><br />

quanto finora abbiamo creduto, le nostre scelte quoti<strong>di</strong>ane pesano sulle sorti <strong>di</strong> tutto <strong>il</strong> pianeta<br />

non solo in senso f<strong>il</strong>osofico ma in un senso assolutamente pratico che si concretizza in<br />

meccanismi <strong>di</strong> mercato internazionale, manovre politiche e con<strong>di</strong>zioni ambientali. Nel mondo<br />

della responsab<strong>il</strong>ità, non vige certo alcun determinismo ma una forte rete <strong>di</strong> causalità<br />

interconnesse che tracciano i percorsi evolutivi <strong>di</strong> società e ambienti in maniera impreve<strong>di</strong>b<strong>il</strong>e,<br />

ma sicuramente conseguente. Siamo dunque <strong>di</strong> fronte a quello che può essere definito <strong>il</strong><br />

<strong>di</strong>lemma fondante del pensiero non tecnico: “imparare a vivere senza la certezza ma senza<br />

essere paralizzati dall’esitazione” (Russel, 1970, p.11). A questo <strong>di</strong>lemma sono riconducib<strong>il</strong>i<br />

tutte le paure e i no<strong>di</strong> gor<strong>di</strong>ani <strong>di</strong> una società che cerca la certezza nel sapere tecnico e nella<br />

scienza, a cui chiede non <strong>di</strong> fornire risposte contingenti ma certezze eterne.<br />

I rischi sono al cuore del funzionamento tecnologico e politico <strong>di</strong> questa società<br />

dell’incertezza:<br />

1


“mostrano una tendenza alla globalizzazione, che comprende produzione e<br />

riproduzione, sfuggono ai confini nazionali, e in questo senso producono minacce<br />

globali sovranazionali in<strong>di</strong>pendenti dall’appartenenza <strong>di</strong> classe, con un’ine<strong>di</strong>ta<br />

<strong>di</strong>namica sociale e politica” (Beck, 2000, p.18).<br />

L’esperienza mostra che i pericoli ambientali non conoscono barriere politiche e che non<br />

soltanto sono incontrollab<strong>il</strong>i ma anche impreve<strong>di</strong>b<strong>il</strong>i: mettono in <strong>di</strong>scussione qualsiasi<br />

sicurezza e la vali<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> qualsiasi controllo, rendono instab<strong>il</strong>e <strong>il</strong> confine delle certezze generate<br />

dalla scienza e dalla tra<strong>di</strong>zione, <strong>di</strong>segnano <strong>il</strong> quadro <strong>di</strong> un futuro minaccioso e, soprattutto,<br />

inimmaginab<strong>il</strong>e. I rischi sono “conseguenze non volute”, “effetti collaterali” cui la politica e la<br />

scienza cercano a posteriori <strong>di</strong> dare una risposta convincente, definendoli “rischio calcolato”,<br />

“scotto da pagare per…”, in un’epoca in cui “la progettazione del futuro avviene in modo<br />

in<strong>di</strong>retto e cifrato nei laboratori <strong>di</strong> ricerca e nei consigli <strong>di</strong>rettivi, non nel Parlamento o nei<br />

partiti politici” (Beck, 2000, p. 308).<br />

Dunque, quanto è richiesto al singolo in<strong>di</strong>viduo è scegliere essendo consapevole della<br />

parzialità della sua conoscenza e assumersi i rischi connessi con la decisione presa, a livello<br />

privato ma anche pubblico. Ma non solo: è richiesto, in maniera <strong>il</strong> più delle volte velata, <strong>di</strong><br />

definire con la sua scelta anche <strong>il</strong> futuro degli altri uomini e del pianeta. Scegliere quando<br />

nessun tipo <strong>di</strong> calcolo probab<strong>il</strong>istico è atten<strong>di</strong>b<strong>il</strong>e e nessuna informazione esaustiva, significa<br />

fare una scelta morale, nel senso <strong>di</strong> una scelta che si basi sul proprio vissuto, sul sistema <strong>di</strong><br />

valori etici cui ci si riferisce e sulle congetture che si è in grado <strong>di</strong> fare (ma non <strong>di</strong> confutare in<br />

maniera definitiva) con i dati a propria <strong>di</strong>sposizione. Dunque una scelta che, per quanto<br />

ponderata, non può certo essere definita eminentemente razionale.<br />

Il <strong>di</strong>battito e le posizioni relative agli <strong>OGM</strong> esemplificano in maniera chiara proprio quanto e<br />

come queste caratteristiche del nostro tempo siano sottese ad ogni comunicazione e scambio<br />

d’opinione, <strong>di</strong>segnando campi <strong>di</strong> <strong>battaglia</strong> e fazioni schierate con le armi della <strong>di</strong>alettica. Forse,<br />

più <strong>di</strong> molte altre questioni d’attualità, <strong>il</strong> <strong>di</strong>battito <strong>sugli</strong> <strong>OGM</strong> rappresenta, nella sua forma<br />

ideale, un esercizio <strong>di</strong> citta<strong>di</strong>nanza attiva impegnata in un <strong>di</strong>battito che occupa un’agorà senza<br />

confini fatta <strong>di</strong> stanze dei bottoni, come <strong>di</strong> piccole aziende agricole, <strong>di</strong> mass me<strong>di</strong>a come <strong>di</strong><br />

supermercati. Uno spazio <strong>di</strong> confronto estesissimo, affascinante quanto incontrollab<strong>il</strong>e, ma<br />

anche uno spazio in cui <strong>il</strong> problema chiave del rapporto tra scienza e società, me<strong>di</strong>ato<br />

attraverso la comunicazione, <strong>di</strong>venta essenziale. La scienza, quando non è più pensata come<br />

<strong>di</strong>spensatrice <strong>di</strong> verità assolute al si sopra della contingenza, mostra la sua capacità <strong>di</strong><br />

costruzione ideologica e la sua stretta relazione con <strong>il</strong> potere politico e <strong>il</strong> clima culturale in cui<br />

opera.<br />

“Le forze sociali ed economiche dominanti nella società determinano in larga misura<br />

ciò che la scienza fa e come lo fa […]E’ a questo duplice processo- da una parte,<br />

l’influenza e <strong>il</strong> controllo sociale su ciò che gli scienziati fanno e <strong>di</strong>cono e dall’altra, l’uso<br />

<strong>di</strong> quel che gli scienziati fanno e <strong>di</strong>cono ad ulteriore sostegno delle istituzioni e della<br />

società- che ci si riferisce quando si parla <strong>di</strong> scienza come ideologia” (Lewontin,1997,p.<br />

2).<br />

2


La scienza è, come ogni attività umana, prodotto <strong>di</strong> un sapere (e sentire) storico: un<br />

“fenomeno sociale” la cui metodologia della ricerca e la nozione stessa <strong>di</strong> razionalità sottesa, è<br />

con<strong>di</strong>zionata dalle circostanze in cui opera, cioè da fattori extra-metodologici spesso considerati<br />

esterni, non essenziali o accidentali (Amsterdamski, 1992). Le tecniche, gli strumenti, i rapporti<br />

all'interno delle comunità scientifiche e con la società caratterizzano la ricerca e permettono <strong>di</strong><br />

considerare l’operato della scienza da un punto <strong>di</strong> vista etico, sociale e politico oltre che<br />

epistemologico. Questo rapporto complesso con <strong>il</strong> proprio presente è molto problematico per<br />

scienziati che risentono fortemente del clima culturale e politico, e le cui possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> ricerca si<br />

collocano spesso ben lontano da postazioni “in<strong>di</strong>pendenti” e “asettiche” dove esercitare una<br />

pratica <strong>di</strong> ricerca “pura”.<br />

Si evidenziano quin<strong>di</strong> alcuni punti su cui vale la pena spendere due parole.<br />

Da una parte la percezione pubblica dell’attività scientifica che osc<strong>il</strong>la tra delega e<br />

<strong>di</strong>ffidenza, in perenne attesa <strong>di</strong> analisi che siano atten<strong>di</strong>b<strong>il</strong>i sia dal punto <strong>di</strong> vista scientifico che<br />

etico. Dall’altra la percezione degli scienziati <strong>di</strong> una avversione isterica alla ricerca e al<br />

“progresso” alimentata, si crede, della mancanza <strong>di</strong> cultura scientifica della società civ<strong>il</strong>e e<br />

dalla deformazione me<strong>di</strong>atica. In realtà bisognerebbe considerare che si sta ragionando ad un<br />

livello più profondo <strong>di</strong> percezione del reale che va ben oltre la carta stampata (la quale, semmai,<br />

ne è un effetto e non una causa): <strong>il</strong> livello degli archetipi e delle mentalità, molto più ra<strong>di</strong>cate<br />

della fiducia- tutta moderna e tutta occidentale- nelle boccette <strong>di</strong> un laboratorio.<br />

Oltre a questo non va sottovalutata la <strong>di</strong>stinzione che s’impone, con sempre<br />

maggiore forza, tra scienze “legittime” e scienze “spurie” <strong>di</strong> cui, per prima, la<br />

ricerca agroecologica risente fortemente perché, nell’esercitare <strong>il</strong> ruolo<br />

essenziale che le spetta nel garantire lo sv<strong>il</strong>uppo agricolo e la sostenib<strong>il</strong>ità delle<br />

pratiche colturali e <strong>di</strong> allevamento, ragiona su tempi lunghi e spazi estesi<br />

secondo la logica sistemica dei processi ecologici. Al contrario <strong>di</strong> questa scienza<br />

“spuria” che si presenta come soggetta all’impreve<strong>di</strong>b<strong>il</strong>ità essenziale dei<br />

fenomeni viventi, la ricerca biotecnologica si presenta come inserita nell’ambito<br />

del definib<strong>il</strong>e, della scienza legittima.<br />

Nel corso degli anni Settanta alcuni ricercatori si accorsero che le nuove<br />

tecnologie biologiche a cui lavoravano nei loro laboratori potevano costituire un<br />

rischio sia per gli operatori che per la sicurezza sociale ed <strong>ambientale</strong>. La<br />

metafora allora più in voga era quella del “vaso <strong>di</strong> Pandora”: la sperimentazione<br />

biotecnologica, a torto o a ragione, veniva rappresentata come l’apertura <strong>di</strong> un<br />

contenitore da cui si sarebbero riversati sull’umanità guai impreve<strong>di</strong>b<strong>il</strong>i. Così<br />

nel 1975 ad As<strong>il</strong>omar , in California, scienziati <strong>di</strong> tutto <strong>il</strong> mondo si riunirono<br />

per stab<strong>il</strong>ire le misure <strong>di</strong> sicurezza necessarie (che in alcuni paesi <strong>di</strong>ventarono<br />

poi normative) basate sul contenimento fisico, per mantenere in un ambiente<br />

3


confinato i nuovi prodotti, e biologico, per indebolirli strutturalmente non<br />

consentendogli <strong>di</strong> vivere al <strong>di</strong> fuori dei laboratori.<br />

“E’ probab<strong>il</strong>e che questi esperimenti favoriranno la soluzione<br />

d’importanti problemi biologici teorici e pratici, e, pur tuttavia,<br />

creeranno nuovi tipi <strong>di</strong> elementi <strong>di</strong> DNA infetto, le cui proprietà<br />

biologiche non possono essere previste in anticipo. Vi è la forte<br />

preoccupazione che alcune <strong>di</strong> queste molecole <strong>di</strong> DNA ricombinante<br />

artificiale possano <strong>di</strong>mostrarsi biologicamente a rischio” (Conferenza <strong>di</strong><br />

As<strong>il</strong>omar, Shiva, 1995, p.120).<br />

Decisero, inoltre, <strong>di</strong> astenersi volontariamente da alcuni esperimenti<br />

<strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>mente controllab<strong>il</strong>i. Negli anni successivi, però, l’avanzare della ricerca<br />

biotecnologica, oltre a mo<strong>di</strong>ficare la percezione interna del lavoro scientifico,<br />

produsse uno slittamento epistemologico ad ampio raggio: le spiegazioni socioambientali<br />

vennero sostituite da spiegazioni biologico-genetiche (Terragni,<br />

Collettivo <strong>di</strong> fisica e f<strong>il</strong>osofia, 1997). Tutt’oggi questa tendenza non si limita a<br />

permeare l’ambito scientifico ristretto ma informa <strong>di</strong> sé l’intero ambito<br />

culturale, accompagnata da tendenze riduzionistiche che sottovalutano <strong>il</strong> ruolo<br />

dell’ambiente a vantaggio del gene:<br />

“Si è creduto che <strong>il</strong> tutto si sarebbe compreso solo facendolo a pezzi, che<br />

i pezzi e pezzetti in<strong>di</strong>viduali, gli atomi, le molecole, le cellule e i geni,<br />

fossero le cause delle proprietà degli oggetti interi e dovessero essere<br />

stu<strong>di</strong>ati separatamente per comprendere la complessità della natura”<br />

(Lewontin, 1997, p. 11).<br />

Al riduzionismo si associano le idee <strong>di</strong> analisi locale, monocausalità,<br />

normatività, determinismo; mentre al suo opposto concettuale,<br />

l’antiriduzionismo, quelle <strong>di</strong> sintesi globale, causalità non lineare, contingenza,<br />

storicità, indeterminismo. Mentre i riduzionisti cercano <strong>di</strong> ridurre la<br />

molteplicità e la varietà a modelli astratti con poche variab<strong>il</strong>i identificab<strong>il</strong>i,<br />

attraverso la scomposizione dell'oggetto stu<strong>di</strong>ato in costituenti ultimi, al fine<br />

d'in<strong>di</strong>viduare leggi universali e atemporali, gli antiriduzionistisi propongono<br />

una visione gerarchica e integrata dei livelli del vivente in cui i singoli elementi<br />

acquistano significato solo in una rete <strong>di</strong> relazioni e l'unità d'analisi è<br />

inevitab<strong>il</strong>mente costituita da una “molteplicità”. L’ingegneria genetica è basata<br />

sul determinismo e la preve<strong>di</strong>b<strong>il</strong>ità, e stab<strong>il</strong>isce un confine netto tra ciò che è<br />

4


ut<strong>il</strong>e in natura e ciò che non lo è: attribuisce quin<strong>di</strong> un valore strumentale a<br />

tutte le altre specie, fatta salva quella umana e riduce <strong>il</strong> comportamento <strong>di</strong> tutti<br />

gli organismi viventi ai loro geni, percepiti come al <strong>di</strong> fuori dell’organismo nella<br />

sua interezza (Shiva, 1999).<br />

<strong>OGM</strong><br />

Le biotecnologie cui comunemente si fa riferimento sono quel complesso <strong>di</strong> pratiche<br />

tecnologiche volte ad operare una selezione biologica fondata sullo stu<strong>di</strong>o e manipolazione (non<br />

necessariamente attraverso transgenia o ingegneria genetica) del genotipo <strong>di</strong> un organismo.<br />

Vengono ut<strong>il</strong>izzate in tantissimi settori, da quello <strong>ambientale</strong> a quello zootecnico, farmaceutico,<br />

me<strong>di</strong>co, industriale ed energetico ma in questa analisi si considerano in particolare le<br />

agrobiotecnologie.<br />

Seppure è vero che l’uomo ha sempre operato una selezione nell’ambito dei sistemi viventi<br />

che riteneva funzionali per produrre beni o servizi, questa selezione per ibridazione si è sempre<br />

basata sullo stu<strong>di</strong>o del fenotipo già costituito e non sul patrimonio genetico della struttura in<br />

formazione. Questa <strong>di</strong>fferenza stab<strong>il</strong>isce <strong>il</strong> confine tra le antiche e moderne biotecnologie:<br />

l’ingegneria genetica non è un’estensione degli incroci naturali perché non si fonda sulla<br />

riproduzione sessuale (Smith, 2004). In particolare, le antiche biotecnologie si basano sulla<br />

variab<strong>il</strong>ità naturale <strong>di</strong> una popolazione, o indotta me<strong>di</strong>ante mutagenesi (come nel caso del<br />

grano “creso”, ottenuto per esposizione del grano a ra<strong>di</strong>azioni e oggi ampiamente <strong>di</strong>ffuso), o<br />

attraverso incrocio e selezione; mentre quelle moderne fanno uso delle tecniche <strong>di</strong> ingegneria<br />

genetica basata sul DNA ricombinante e sulla fusione cellulare.<br />

A partire dagli anni Sessanta, furono scoperti meto<strong>di</strong> che consentivano <strong>di</strong> “tagliare” <strong>il</strong> DNA e<br />

unire fra loro frammenti <strong>di</strong> specie f<strong>il</strong>ogeneticamente anche molto <strong>di</strong>stanti: in tal modo si può<br />

trasferire nella cellula ospitante <strong>di</strong> un determinato organismo geni che sv<strong>il</strong>uppino le<br />

caratteristiche desiderate. Attraverso l’introduzione mirata nel genoma <strong>di</strong> geni che controllano i<br />

caratteri ricercati si possono accelerare notevolmente i tempi <strong>di</strong> selezione e la precisione del<br />

risultato. Le biotecnologie dette <strong>di</strong> prima generazione sono quelle che hanno un marcato<br />

interesse in ambito agronomico, come la resistenza a parassiti e la tolleranza a erbici<strong>di</strong>. Nelle<br />

piante è possib<strong>il</strong>e compiere questa operazione a partire da una cellula qualsiasi e non<br />

necessariamente durante la fase <strong>di</strong> riproduzione o sv<strong>il</strong>uppo, come invece è necessario negli<br />

animali. Per trasferire geni nelle cellule vegetali si fa ricorso a tre <strong>di</strong>fferenti tecniche:<br />

? Agrobacterium tumefaciens, un batterio esistente in natura capace <strong>di</strong><br />

trasferire materiale genetico;<br />

? tecniche biolistiche, attraverso le quali vengono sparati nella cellula<br />

proiett<strong>il</strong>i <strong>di</strong> oro o tungsteno ricoperti <strong>di</strong> DNA trasformante;<br />

5


? oppure attraverso la trasformazione <strong>di</strong> protoplasti (cellule vegetali prive<br />

della parete cellulare mantenute in sospensione in colture liquide)<br />

ricorrendo a meto<strong>di</strong> chimici e fisici.<br />

E’ del 1987 la prima pianta transgenica prodotta: tabacco resistente ad agenti<br />

patogeni, e del 1994 la prima autorizzazione alla commercializzazione,<br />

concessa negli Stati Uniti, <strong>di</strong> un prodotto transgenico: <strong>il</strong> pomodoro Flavr Savr,<br />

con frutti che si mantenevano compatti anche a maturazione avanzata.<br />

Attualmente la ricerca si sta orientando verso la seconda generazione <strong>di</strong> <strong>OGM</strong>,<br />

piante in cui le mo<strong>di</strong>fiche sono preposte al miglioramento delle caratteristiche<br />

qualitative e nutrizionali, e la terza generazione per la produzione <strong>di</strong> composti<br />

ad alto valore aggiunto da ut<strong>il</strong>izzarsi nell’industria chimica o farmaceutica<br />

(Cdg, in corso <strong>di</strong> stampa).<br />

Le principali caratteristiche transgeniche oggi sul mercato sono due: la<br />

tecnologia Roundup-Ready che conferisce tolleranza ad un erbicida prodotto<br />

dalla stessa multinazionale che detiene <strong>il</strong> brevetto sui semi <strong>OGM</strong>, <strong>il</strong> Roundup; e<br />

la tecnologia Bt che conferisce resistenza ad un insetto, <strong>il</strong> Bac<strong>il</strong>lus thuringensis.<br />

Entrambe le tecnologie vengono applicate a <strong>di</strong>verse specie vegetali e <strong>di</strong>verse<br />

varietà per ogni specie.<br />

Questioni aperte<br />

Il <strong>di</strong>battito sull’ut<strong>il</strong>izzo delle agrobiotecnologie investe moltissimi ambiti<br />

d’interesse collettivo ed è alimentato dalla produzione <strong>di</strong> dati a favore o contro<br />

<strong>il</strong> loro impiego, perché <strong>il</strong> problema fondamentale è l’alto grado <strong>di</strong> impreve<strong>di</strong>b<strong>il</strong>ità<br />

derivante dal r<strong>il</strong>ascio <strong>di</strong> organismi transgenici in un sistema complesso. Il<br />

problema degli <strong>OGM</strong> investe l’economia come la me<strong>di</strong>cina, l’agronomia come la<br />

politica e infine chiede conto <strong>di</strong>rettamente ai valori etici della nostra società.<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista economico le colture GM dovrebbero presentare una<br />

produttività maggiore <strong>di</strong> quelle convenzionali con minori costi <strong>di</strong> produzione,<br />

data la maggiore efficienza nell’impiego <strong>di</strong> input esterni (pestici<strong>di</strong>, fert<strong>il</strong>izzanti,<br />

manodopera…) e minori costi per <strong>il</strong> risanamento <strong>ambientale</strong>, dato <strong>il</strong><br />

cambiamento delle pratiche agricole. Alcuni stu<strong>di</strong>, però, mettono in <strong>di</strong>scussione<br />

i dati degli incrementi produttivi mostrando come siano tali solo se paragonati<br />

con i dati sulle colture convenzionali in situazioni <strong>di</strong> massicci attacchi <strong>di</strong> agenti<br />

patogeni.<br />

6


Il cambiamento delle pratiche agricole dovrebbe portare vantaggi per l’ambiente e<br />

l’ecosistema, soprattutto per quanto riguarda le colture tolleranti ad erbici<strong>di</strong>, gestite secondo<br />

modelli conservativi, prevenendo l’erosione del suolo e dunque migliorando la qualità delle<br />

acque e dell’aria grazie alla <strong>di</strong>minuzione <strong>di</strong> emissioni <strong>di</strong> CO2 dovuta all’attività agricola e,<br />

fornendo agli animali un riparo costante e sicuro, dovrebbero incrementare la bio<strong>di</strong>versità<br />

dell’agroecosistema. Molti <strong>di</strong> questi benefici, però, non risultano avere luogo nella realtà e <strong>il</strong><br />

consumo <strong>di</strong> erbici<strong>di</strong>, come nel caso dell’Argentina, grande produttrice <strong>di</strong> soia trangenica, può<br />

aumentare tanto da produrre un inquinamento maggiore <strong>di</strong> quello prodotto con sistemi<br />

convenzionali. Ma <strong>il</strong> problema ecologico maggiore consiste nel fatto che gli <strong>OGM</strong> sono organismi<br />

viventi e come tali una volta r<strong>il</strong>asciati nell’ambiente possono riprodursi e <strong>di</strong>ffondersi<br />

autonomamente, dando luogo a squ<strong>il</strong>ibri irreversib<strong>il</strong>i, soprattutto in un arco temporale<br />

abbastanza lungo. La maggior parte degli esperimenti sono condotti in laboratori o in piccoli<br />

campi sperimentali dove è <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e stab<strong>il</strong>ire gli effetti su larga scala. I rischi maggiori sono<br />

dunque dati dalla possib<strong>il</strong>ità che la pianta <strong>di</strong>venti infestante o invasiva oppure possa inquinare<br />

geneticamente altre cultivar della stessa specie, essendo interfecon<strong>di</strong>, o piante selvatiche<br />

sessualmente compatib<strong>il</strong>i, dando origine a nuovi organismi vitali. A questo si aggiunge la<br />

possib<strong>il</strong>ità, molto frequente nei batteri, <strong>di</strong> trasferimento orizzontale <strong>di</strong> frammenti <strong>di</strong> DNA tra<br />

in<strong>di</strong>vidui appartenenti a specie <strong>di</strong>verse e così è possib<strong>il</strong>e che batteri patogeni per l’uomo o gli<br />

animali acquistino resistenza agli antibiotici impiegati per combatterli. E’ possib<strong>il</strong>e inoltre, dato<br />

che la pianta si trova al centro <strong>di</strong> un complesso sistema <strong>di</strong> relazioni biotiche e abiotiche, che<br />

l’introduzione <strong>di</strong> specie GM possa portare danni a specie non-target (organismi del suolo, insetti<br />

non nocivi, uccelli, e altri animali), mentre la popolazione target, sottoposta a pressione<br />

selettiva su pochi fattori ma con costanza nel tempo, potrebbe indurre a sv<strong>il</strong>uppare<br />

meccanismi <strong>di</strong> resistenza o tolleranza.<br />

Lo sv<strong>il</strong>uppo <strong>di</strong> colture transgeniche inoltre può provocare la per<strong>di</strong>ta o la <strong>di</strong>minuzione <strong>di</strong><br />

bio<strong>di</strong>versità con cambiamenti irreparab<strong>il</strong>i nella <strong>di</strong>versità <strong>di</strong> specie e nella <strong>di</strong>versità genetica<br />

all’interno delle specie, oltre che nell’ecosistema tutto. Questo significherebbe perdere la<br />

capacità <strong>di</strong> adattamento dei biosistemi alle perturbazioni climatiche o ai fattori abiotici, finora<br />

alimentata dal vasto serbatoio genetico. Inoltre si aggiungano gli effetti sull’equ<strong>il</strong>ibrio edafico<br />

che potrebbero influenzare, tra l’altro, le funzioni <strong>di</strong> depurazione delle acque.<br />

Per quanto riguarda la salute umana ed animale, non costituisce un obiettivo primario<br />

dell’attuale ricerca agrobiotecnologica e i benefici possono dunque essere in<strong>di</strong>retti e riguardare<br />

la riduzione dell’uso e della presenza <strong>di</strong> fitofarmaci, con minor contenuto nel prodotto finale, la<br />

<strong>di</strong>minuzione delle micotossine (tossine naturali) e maggiori controlli sul prodotto. A questo<br />

proposito molti sollevano dubbi sulla sicurezza degli <strong>OGM</strong>, dal momento che allo stato attuale<br />

delle conoscenze non è possib<strong>il</strong>e dare una risposta definitiva, e inoltre l’ampliamento della<br />

gamma e la qualità delle mo<strong>di</strong>ficazioni genetiche (magari con l’introduzione o <strong>il</strong> potenziamento<br />

<strong>di</strong> un particolare nutriente in un alimento) amplia ulteriormente <strong>il</strong> quadro del problema.<br />

Comprensib<strong>il</strong>e quin<strong>di</strong> la costante richiesta <strong>di</strong> maggiore documentazione prodotta con<br />

metodologie <strong>di</strong> valutazione scientificamente valide. Tra i rischi maggiormente temuti vi è la<br />

7


possib<strong>il</strong>ità, ancora da stu<strong>di</strong>are, <strong>di</strong> trasferimento <strong>di</strong> geni <strong>di</strong> resistenza agli antibiotici da alimenti<br />

transgenici a batteri del tratto gastro-intestinale (trasferimento orizzontale), o <strong>di</strong> rischi <strong>di</strong><br />

interferenze significative con <strong>il</strong> DNA quando i transgeni vengono introdotti con la <strong>di</strong>eta o<br />

attraverso somministrazioni intramuscolari. A questi si aggiungono, a seguito <strong>di</strong> casi<br />

effettivamente verificatesi, <strong>il</strong> timore che gli <strong>OGM</strong> possano provocare allergie o intolleranze<br />

alimentari oltre alla vera e propria tossicità del nuovo alimento.<br />

Bisogna considerare inoltre l’impatto delle colture GM sulle colture<br />

convenzionali: all’or<strong>di</strong>ne del giorno sono i <strong>di</strong>battiti su contaminazione delle<br />

sementi e coesistenza, vale a <strong>di</strong>re, data l’evidenza scientifica dell’incorporazione<br />

<strong>di</strong> transgeni nelle varietà non mo<strong>di</strong>ficate a contatto con quelle mo<strong>di</strong>ficate: quali<br />

sono i limiti <strong>di</strong> ammissib<strong>il</strong>ità e le con<strong>di</strong>zioni per farle convivere su un medesimo<br />

territorio? I riflessi economici sono notevoli: prevenzione, monitoraggio,<br />

certificazione... Problemi ancora più gravi verrebbero a interessare i produttori<br />

biologici che per legge non possono ut<strong>il</strong>izzare semi GM.<br />

L’impatto sui sistemi economici e sociali dell’introduzione <strong>di</strong> colture GM<br />

presenta una molteplicità <strong>di</strong> sfaccettature, dal momento che una pluralità <strong>di</strong><br />

soggetti sono coinvolti nella loro produzione e consumo: laboratori <strong>di</strong> ricerca,<br />

industria sementiera, agricoltori, industria <strong>di</strong> trasformazione, addetti alla<br />

<strong>di</strong>stribuzione e consumatori. A questo si aggiunge l’insieme delle attività <strong>di</strong><br />

comunicazione, pianificazione e sensib<strong>il</strong>izzazione cui le biotecnologie hanno<br />

dato origine. Le questioni eminentemente economiche s’intrecciano, in ambito<br />

<strong>di</strong> finanza e politica internazionale, con quelle sociali e ambientali in uno<br />

scenario <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e definizione dove tutti sono attori e spettatori al contempo. I<br />

trattati internazionali tentano <strong>di</strong> normare gli intensi traffici e le sempre nuove<br />

esigenze <strong>di</strong> tutela, ne sono esempio <strong>il</strong> Protocollo sulla Biosicurezza dell’ONU sul<br />

transito <strong>di</strong> organismi viventi mo<strong>di</strong>ficati, o <strong>il</strong> Trattato internazionale sulle risorse<br />

fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura della FAO che definisce gli<br />

obblighi degli Stati e <strong>il</strong> riconoscimenti per le comunità agricole del loro lavoro<br />

<strong>di</strong> tutela dell’agrobio<strong>di</strong>versità. Nel frattempo in senso opposto si muovono<br />

negoziati e proce<strong>di</strong>menti promossi in seno all’Organizzazione Mon<strong>di</strong>ale del<br />

Commercio (WTO). Al piano internazionale, ovviamente va aggiunto un piano <strong>di</strong><br />

politica interna e locale che in maniera autonoma e con sempre maggiore<br />

partecipazione <strong>di</strong>chiara i suoi territori in<strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>i a colture GM.<br />

Il <strong>di</strong>battito <strong>sugli</strong> <strong>OGM</strong> investe un altro tema <strong>di</strong> grande r<strong>il</strong>evanza sociale e me<strong>di</strong>atica: quello<br />

della sicurezza alimentare, non solo dal punto <strong>di</strong> vista della salute, come abbiamo visto, ma<br />

8


anche dal punto <strong>di</strong> vista dell’accesso al cibo, compromesso dal cambiamento della struttura e<br />

della titolarità dei sistemi produttivi. Le innovazioni biotecnologiche non sono certo alla portata<br />

dei piccoli coltivatori dei Sud del mondo e l’uso propagan<strong>di</strong>stico della povertà delle popolazioni<br />

rurali per giustificare i cibi geneticamente mo<strong>di</strong>ficati vela in realtà o un grossolano errore <strong>di</strong><br />

valutazione soci-economica, <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>mente ascrivib<strong>il</strong>e ai vertici delle gran<strong>di</strong> multinazionali, o una<br />

mal celata cattiva fede, dato che <strong>il</strong> problema della fame è un problema non <strong>di</strong> risorse ma <strong>di</strong><br />

accesso alle risorse, non <strong>di</strong> scarsità ma <strong>di</strong> iniquità, un problema <strong>di</strong> carattere politico e non<br />

agronomico. Non solo: la bio<strong>di</strong>versità agricola rappresenta un patrimonio inestimab<strong>il</strong>e<br />

strettamente connesso con i saperi tecnici tra<strong>di</strong>zionali e con i vari aspetti della cultura e<br />

dell’etica minacciati dal sistema dei brevetti <strong>sugli</strong> <strong>OGM</strong> (Colombo, 2002). Appunto i brevetti<br />

costituiscono una delle pietre dello scandalo più gran<strong>di</strong> in fatto <strong>di</strong> biotecnologie, perché<br />

rappresentano simbolicamente una mercificazione del vivente e la creazione <strong>di</strong> un monopolio<br />

per proteggere gli investimenti delle aziende produttrici. La protezione dei semi attraverso i<br />

brevetti significa la cancellazione dei <strong>di</strong>ritti degli agricoltori, che hanno <strong>il</strong> <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> usare <strong>il</strong><br />

prodotto acquistato ma non <strong>di</strong> produrlo, quin<strong>di</strong> <strong>il</strong> <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> ripiantare i semi ottenuti l’anno<br />

successivo. Poiché, inoltre, si tratta <strong>di</strong> risorse biologiche, molte delle quali provenienti dal Sud<br />

del mondo, finora liberamente accessib<strong>il</strong>i e dalle quali <strong>di</strong>pende la sopravvivenza <strong>di</strong> intere<br />

popolazioni, alcuni non esitano a definire i tentativi <strong>di</strong> aumentare con i brevetti le entrate delle<br />

multinazionali del Nord come una vera e propria biopirateria:<br />

“I brevetti, sono oggi come ieri, lo strumento per <strong>di</strong>fendere questa biopirateria della<br />

ricchezza delle popolazioni non occidentali come un <strong>di</strong>ritto delle potenze occidentali”<br />

(Shiva, 1999, p. 75).<br />

I <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong> proprietà intellettuale sono uno strumento per esportare in tutto <strong>il</strong> mondo un<br />

sapere uniformato, trasformando i <strong>di</strong>ritti comuni in <strong>di</strong>ritti privati e riconoscendo innovazione e<br />

creatività come tale solo quando generano profitto, e sono quin<strong>di</strong> uno strumento <strong>di</strong> controllo<br />

del mercato. L’agricoltore del Sud è così sia fornitore, che concorrente, che consumatore dei<br />

prodotti delle multinazionali, ma nessuno <strong>di</strong> questi ruoli gli porta un vantaggio effettivo.<br />

All’universo <strong>di</strong> implicazioni pratiche che si presentano in tema <strong>di</strong> <strong>OGM</strong> si<br />

aggiungono una serie <strong>di</strong> considerazioni f<strong>il</strong>osofiche, che qui accenneremo<br />

solamente, ma che costituiscono <strong>il</strong> quadro fondamentale per comprendere<br />

quale sia l’immaginario che motiva le scelte, le passioni e i timori <strong>di</strong> tante<br />

persone. Bisogna, ovviamente <strong>di</strong>stinguere tra un piano consapevole della<br />

riflessione e un piano imme<strong>di</strong>ato dove a incidere sono soprattutto archetipi,<br />

metafore e modelli culturali dominanti. I dubbi legati alla questione<br />

biotecnologica si connettono idealmente ad una serie <strong>di</strong> concetti che<br />

riguardano, in termini molto generali, la vita e la libertà. L’assegnazione <strong>di</strong> un<br />

brevetto <strong>di</strong> proprietà intellettuale sancisce un <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> proprietà su un<br />

qualcosa che è un co<strong>di</strong>ce o un proce<strong>di</strong>mento ma che al contempo è materia<br />

9


vivente. Significa ammettere che esiste qualcosa che nasce, cresce, si riproduce<br />

(ancora) e muore, e qualcuno, non solo ne è <strong>il</strong> creatore, o meglio l’ ”inventore”<br />

(<strong>il</strong> che evidenzia l’atto <strong>di</strong> ingegno), ma anche <strong>il</strong> beneficiario economico della sua<br />

esistenza, e da questo si origina una subor<strong>di</strong>nazione tra chi ha prodotto una<br />

forma <strong>di</strong> vita e chi la lavora. Questi ultimi, pur essendo coloro che<br />

quoti<strong>di</strong>anamente hanno una relazione <strong>di</strong>retta con essa non hanno <strong>il</strong> <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong><br />

intervenire sulle sue caratteristiche: <strong>il</strong> loro lavoro comincia dal seme ma non<br />

interviene più su <strong>di</strong> esso. Il modello generativo non è quello della creatività<br />

basata sull’esperienza del luogo, ma quello della creatività astratta che dal<br />

laboratorio crea un prodotto destinato a <strong>di</strong>ventare merce primariamente e che<br />

quin<strong>di</strong> non integra la ricchezza ecologica ma l’offerta del mercato.<br />

A confrontarsi sono dunque due contrapposte visioni del mondo, una<br />

ingegneristica e una ecologica, l’una adatta ai sistemi deterministici della<br />

scienza esatta, l’altra ai sistemi complessi della biologia.<br />

Inoltre per i paesi del Sud del mondo c’è un serio pericolo <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare luogo <strong>di</strong><br />

sperimentazione e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> veder <strong>di</strong>strutto l’equ<strong>il</strong>ibrio ecologico (fatto <strong>di</strong> erbe<br />

infestanti, insetti, semi molto produttivi o raccolti scarsi, ma anche conoscenze<br />

empiriche e socializzate, e secoli e secoli <strong>di</strong> incroci) in nome <strong>di</strong> una tecnologia<br />

che stab<strong>il</strong>isce un confine netto tra ciò che è ut<strong>il</strong>e e ciò che non lo è con <strong>il</strong><br />

risultato <strong>di</strong> creare uniformità e offerta monopolistica laddove era <strong>il</strong> regno della<br />

varietà, unica in grado <strong>di</strong> assicurare la sopravvivenza delle specie sul lungo<br />

periodo. Dunque proprietà privata contro patrimonio comune che significa, nelle<br />

logiche attuali del mercato internazionali anche minaccia dei sistemi culturali<br />

che non creano profitto, attraverso l’ingerenza degli istituzioni finanziarie<br />

internazionali nel determinare le politiche economiche (e non solo) dei singoli<br />

stati. Il brevetto è presentato come garanzia <strong>di</strong> trasparenza dal momento che<br />

deve garantire, per essere autorizzato, la riproducib<strong>il</strong>ità, ma d’altro canto<br />

questo sistema riconosce creatività solo la dove vi sia la possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> richiedere<br />

un brevetto negando tra<strong>di</strong>zioni e saperi in<strong>di</strong>geni, e al contempo risultando<br />

l’unico mezzo efficace per lo sfruttamento commerciale.<br />

Pro e contro<br />

Il Rapporto sulle biotecnologie vegetali della Commissione mista delle<br />

Accademie Nazionali dei Lincei e delle Scienze (Accademie Nazionali dei Lincei e<br />

10


delle Scienze) mostra in maniera chiara ed essenziale quale percorso<br />

argomentativo è sotteso alla posizione <strong>di</strong> chi è favorevole alle biotecnologie<br />

agro-alimentari.<br />

Il progresso scientifico è <strong>il</strong> concorso al miglioramento della con<strong>di</strong>zione umana<br />

fisica e sociale. Pur <strong>di</strong>fferenziandosi nei meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> lavoro, ingegneria genetica<br />

molecolare e meto<strong>di</strong> convenzionali <strong>di</strong> miglioramento genetico hanno lo stesso<br />

obiettivo: migliorare la sicurezza alimentare in quantità e qualità per tutto <strong>il</strong><br />

genere umano. A fronte del costante aumento della popolazione mon<strong>di</strong>ale, la<br />

necessità <strong>di</strong> cibo impone la scelta tra <strong>il</strong> mettere a colture nuove terre,<br />

deforestando territori ricchi <strong>di</strong> bio<strong>di</strong>versità ed essenziali per <strong>il</strong> mantenimento<br />

degli equ<strong>il</strong>ibri climatici, o rendere più produttivi gli attuali agro-ecosistemi,<br />

con <strong>il</strong> minor impiego possib<strong>il</strong>e <strong>di</strong> prodotti <strong>di</strong> sintesi chimica (fert<strong>il</strong>izzanti,<br />

<strong>di</strong>serbanti, fitofarmaci) attraverso l’uso <strong>di</strong> <strong>OGM</strong>. Poiché l’uso <strong>di</strong> queste varietà<br />

può comportare dei rischi, è necessario un monitoraggio e una valutazione<br />

attenta, pur non essendo stato nessuno, finora, in grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare la loro<br />

pericolosità (argomento della presunta innocenza). Al contrario, l’insostenib<strong>il</strong>ità<br />

<strong>di</strong> alcune tecniche agricole attualmente in uso sembra <strong>di</strong>mostrare che la<br />

ricerca deve continuare (argomento del male minore), avendo sempre cura <strong>di</strong><br />

tenere informata con giu<strong>di</strong>zi scientifici e tecnici l’opinione pubblica e l’autorità<br />

politica. A tal fine gli investimenti nella ricerca scientifico-tecnologica devono<br />

essere potenziati, perché i progressi ottenuti sono un elemento necessario,<br />

anche se non sufficiente, per tentare <strong>di</strong> fornire una risposta al problema della<br />

fame nel mondo.<br />

Le argomentazioni contrarie (Madhav, 2003; Giovananza, 2000; Lynas, 2004)<br />

puntano piuttosto a sottolineare <strong>il</strong> carattere non definitivo delle conclusioni<br />

scientifiche e parziale della conoscenza acquisib<strong>il</strong>e in fatto <strong>di</strong> sistemi complessi,<br />

quali sono gli agro ed ecosistemi. In tal senso la valutazione del rischio e la<br />

valutazione dell’impatto <strong>ambientale</strong> in campo aperto attualmente sono poco<br />

sod<strong>di</strong>sfacenti perché troppo generiche e carenti nella considerazione<br />

dell’impatto delle mutate pratiche agricole e l’invasione <strong>di</strong> habitat naturali o<br />

seminaturali limitrofi. Finché queste interazioni non sono state ampiamente<br />

approfon<strong>di</strong>te si chiede l’applicazione del principio <strong>di</strong> precauzione, definito nel<br />

vertice <strong>di</strong> Rio de Janeiro del 1992 e riba<strong>di</strong>to nella conferenza internazionale<br />

sulla bio<strong>di</strong>versità <strong>di</strong> Montreal del 1999, che esige la massima prudenza<br />

11


nell’applicazione, al <strong>di</strong> fuori dei laboratori <strong>di</strong> ricerca, delle conoscenze tecniche<br />

e scientifiche della cui non pericolosità si abbia una ragionevole certezza.<br />

Questo significa stab<strong>il</strong>ire norme <strong>di</strong> legge che impe<strong>di</strong>scano l’uso e <strong>il</strong> r<strong>il</strong>ascio <strong>di</strong><br />

<strong>OGM</strong>, e che tramite un sistema <strong>di</strong> etichettatura rendano edotti i consumatori<br />

della composizione e provenienza del cibo. Lasciare che siano i comitati<br />

scientifici delle gran<strong>di</strong> imprese private a con<strong>di</strong>zionare la politica agricola degli<br />

stati significa negare i principi democratici a cui l’occidente mostra d’ispirarsi<br />

ed attentare al <strong>di</strong>ritto alla salute, all’integrità dell’ambiente e all’informazione,<br />

facendo prevalere le regole del mercato e del profitto sul bene comune. Oltre a<br />

ciò non va sottovalutato l’impatto sociale planetario dell’impiego <strong>di</strong> <strong>OGM</strong> e del<br />

sistema brevettuale che, lungi dal rendere autonomi gli agricoltori ed<br />

ecologicamente sostenib<strong>il</strong>i le loro tecniche, risolvendo al contempo la piaga<br />

della fame, li lega a doppio vincolo alle sorti delle multinazionali sementiere,<br />

<strong>di</strong>sconoscendo <strong>il</strong> loro sapere agricolo, la loro conoscenza delle peculiarità<br />

ambientali e la loro cultura materiale.<br />

Di notevole interesse è <strong>il</strong> parere del Comitato Nazionale <strong>di</strong> Bioetica espresso in<br />

un documento datato 28 maggio 1991 che verte sulla sicurezza delle<br />

biotecnologie. In esso <strong>il</strong> Comitato esprime la necessità <strong>di</strong> estendere la<br />

riflessione sull’agire umano, <strong>di</strong> pertinenza dell’etica, anche alle moderne<br />

strategie <strong>di</strong> sv<strong>il</strong>uppo. I punti evidenziati riguardano la necessità <strong>di</strong> un<br />

intervento da parte del legislatore in materia <strong>di</strong> sicurezza delle biotecnologie,<br />

che promuova la protezione contro i rischi per l’ambiente e la salute dell’uomo.<br />

Il Comitato riconosce l’esistenza <strong>di</strong> rischi non associati alle tecniche stesse ma<br />

legati ai prodotti interme<strong>di</strong> e finali, auspicando un maggiore impegno<br />

scientifico in aree come l’ecologia per migliorare le nostre capacità previsionali;<br />

riconosce <strong>il</strong> ruolo dell’opinione pubblica nell’accettare le biotecnologie e<br />

incoraggia la massima <strong>di</strong>ffusione dell’informazione; conferisce priorità a quelle<br />

innovazioni che <strong>di</strong>mostrino una evidente ut<strong>il</strong>ità sociale, e ritiene necessario che<br />

vengano garantite misure <strong>di</strong> valutazione del rischio e controllo uniforme.<br />

Inoltre ritiene non etico che sperimentazioni ritenute troppo rischiose in patria<br />

vengano svolte dalle aziende in altri paesi, magari più poveri, stab<strong>il</strong>endo così<br />

una <strong>di</strong>fferente soglia <strong>di</strong> accettab<strong>il</strong>ità del rischio per <strong>di</strong>verse popolazioni umane<br />

(Comitato Nazionale <strong>di</strong> Bioetica, 1991).<br />

12


L’opinione pubblica<br />

Il <strong>di</strong>battito che si svolge sulla stampa tra sostenitori e detrattori delle<br />

coltivazioni GM si riflette nell’opinione pubblica in posizioni altrettanto nette<br />

quanto istintive. Da <strong>di</strong>versi rapporti svolti in università e istituti <strong>di</strong> ricerca (De<br />

Cinis, Capogna, 2002; Fondazione Bassetti 2002; Giarè, 2003; Osservatorio<br />

Pavia, 2002) emerge che se l’informazione è pre-giu<strong>di</strong>cata , come la maggior<br />

parte <strong>di</strong> quella prodotta, va a rafforzare l’atteggiamento iniziale del lettore, e, in<br />

generale, una maggiore informazione sul tema più che spostare le preferenze <strong>di</strong><br />

chi ha già un atteggiamento ra<strong>di</strong>cato tende a far <strong>di</strong>minuire gli incerti. Ciò<br />

nonostante vi è da parte <strong>di</strong> tutta l’opinione pubblica una chiara richiesta <strong>di</strong><br />

aumento <strong>di</strong> informazioni e <strong>di</strong> una più chiara regolamentazione che possa<br />

tutelare la libertà in<strong>di</strong>viduale <strong>di</strong> scelta, messa a repentaglio da innovazioni<br />

biologiche potenzialmente incontrollab<strong>il</strong>i. La <strong>di</strong>vulgazione più efficace, dal<br />

punto <strong>di</strong> vista informativo, è svolta a mezzo stampa, che prevale sul mezzo<br />

ra<strong>di</strong>otelevisivo, dove le informazioni sono invece <strong>di</strong> carattere valutativo. Tra gli<br />

attori del <strong>di</strong>battito a ispirare maggiore fiducia sono, prima <strong>di</strong> tutto, le<br />

associazioni <strong>di</strong> consumatori, percepite come molto vicine alle esigenze dei<br />

singoli citta<strong>di</strong>ni, quin<strong>di</strong> gli scienziati, verso cui una gran parte dell’opinione<br />

pubblica nutre una sorta <strong>di</strong> fideismo acritico, dal momento che l’accettab<strong>il</strong>ità<br />

morale delle biotecnologie è legata alla loro ut<strong>il</strong>ità scientifica. In una <strong>di</strong>atriba<br />

dai toni accesi, caratterizzata da forti avversità e da un’estensione, nello spazio<br />

geografico e in quello concettuale, sempre maggiore, in cui fatti avvenuti in<br />

luoghi <strong>di</strong>stanti dal tema in oggetto e apparentemente non pertinenti, entrano a<br />

pieno titolo tra i fattori determinanti, la comunicazione stampa risulta <strong>il</strong> mezzo<br />

per eccellenza <strong>di</strong> con<strong>di</strong>visione delle conoscenza <strong>di</strong>retta ad una comune<br />

progettualità sociale.<br />

Gli elementi chiave della comunicazione sono metafore, esempi, slogan e<br />

appelli che si presentano riuniti in cluster interpretativi che fanno appello alle<br />

nostre credenze anche meno razionali (Mini, 2003). Nella maggior parte dei<br />

casi, infatti, l’obiettivo non è quello <strong>di</strong> contribuire alla formazione <strong>di</strong> idee, cioè<br />

pensieri che formuliamo, ponderiamo e accettiamo, che conducano ad una<br />

valutazione della vicenda, quanto alla consolidazione <strong>di</strong> atteggiamenti<br />

attraverso l’alimentazione <strong>di</strong> credenze (Cerroni). Le credenze possono essere<br />

13


definite come “attribuzioni <strong>di</strong> significati usati cognitivamente come base dei<br />

nostri comportamenti”. In genere sono basate su teorie ingenue fatte <strong>di</strong><br />

prototipi, modelli, analogie: routine epistemiche che segnalano dei criteri <strong>di</strong><br />

r<strong>il</strong>evanza nelle euristiche o nelle immagini integrate della mentel. Su questa<br />

base si sv<strong>il</strong>uppano le questioni legate alla responsab<strong>il</strong>ità per la salute<br />

dell’in<strong>di</strong>viduo e della biosfera. Ci sono rischi sociali reali, che implicano delle<br />

deleghe alle autorità competenti ma anche delle scelte in<strong>di</strong>viduali, e rischi<br />

simbolici, che si traducono in paure legate al mito della Natura nelle sue<br />

molteplici valenze simboliche: la Natura come sapiente contrapposta ad una<br />

tecnologie che ne altera l’equ<strong>il</strong>ibrio, la Natura come Madre con una<br />

connotazione <strong>di</strong> sacralità.<br />

Di questi archetipi una grande famiglia è quella che fa riferimento al mito <strong>di</strong><br />

Prometeo e al sentimento <strong>di</strong> colpa che deriva dal trasgre<strong>di</strong>re gli or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> una<br />

<strong>di</strong>vinità e subirne la punizione, topos presente in moltissime religioni,<br />

compresa la cattolica. Affine alla <strong>di</strong>sobbe<strong>di</strong>enza <strong>di</strong> una legge c’è <strong>il</strong> tentativo <strong>di</strong><br />

sostituirsi alla <strong>di</strong>vinità nella sua opera creatrice, da cui derivano i molteplici<br />

riferimenti alla storia <strong>di</strong> Mary Shelley, Frankstein. La <strong>di</strong>vinità è rappresentata<br />

dalla Natura che conosce in maniera insondab<strong>il</strong>e i tempi propri dell’esistente,<br />

benevola finchè l’uomo si conforma alle sue leggi ma potenzialmente terrib<strong>il</strong>e<br />

nel momento in cui queste vengano infrante. Proprio l’incognita <strong>di</strong> quello che<br />

seguirà allo sconvolgimento umano dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong>vino, mitologicamente<br />

rappresentato dall’ apertura del vaso <strong>di</strong> Pandora, è <strong>il</strong> nodo della questione<br />

<strong>OGM</strong>, in termini archetipici piuttosto che scientifici, in quel piano profondo<br />

dell’immaginario collettivo su cui lavora la comunicazione.<br />

Le questioni centrali sono due a seconda che <strong>il</strong> <strong>di</strong>battito s’imperni su questioni<br />

<strong>di</strong> politica nazionale o internazionale. Nel primo caso la sicurezza del<br />

consumatore è al centro dell’attenzione, su cui poco possono le certezze, o<br />

presunte tali, della scienza, come anche la legislazione spora<strong>di</strong>ca e<br />

frammentaria. Si aggiunge la questione della scarsa qualità dei prodotti GM<br />

posti a confronto con i nostri tra<strong>di</strong>zionali, magari biologici o certificati, sentiti<br />

come una tra<strong>di</strong>zione da salvare <strong>di</strong> fronte all’avanzata del cibo industriale, frutto<br />

degli interessi delle multinazionali.<br />

Nel <strong>di</strong>battito a sfondo internazionale, invece, <strong>il</strong> nodo <strong>di</strong>venta quantitativo e non<br />

più qualitativo: possono gli alimenti biotech aumentare la produttività e<br />

14


isolvere i problemi legati alla fame nel mondo e le ristrettezze idriche? I toni<br />

del <strong>di</strong>battito si infuocano delineando un conflitto ideologico che va ben oltre<br />

questioni agronomiche o alimentari: da una parte un “capitalismo vorace”,<br />

dall’altra un terzo mondo affamato ma deciso a <strong>di</strong>fendere i suoi <strong>di</strong>ritti e la sua<br />

cultura, da una parte i sostenitori dell’economia globalizzata, dall’altra i suoi<br />

detrattori, da una parte l’ideologia occidentale, dall’altra <strong>il</strong> terzomon<strong>di</strong>smo.<br />

In tutto ciò si nasconde un essenziale “non detto”: la convinzione che<br />

accademie e istituti <strong>di</strong> ricerca non si muovano in maniera in<strong>di</strong>pendente, fedeli<br />

ad un astratto ideale <strong>di</strong> scienza pura, ma nascondano ragioni politiche ed<br />

economiche <strong>di</strong>etro le loro scelte. Riportare la scienza nella società sarebbe forse<br />

<strong>il</strong> primo passo proficuo per avviare una riflessione serena sulla spinosa<br />

questione degli <strong>OGM</strong>.<br />

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15


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