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Recesso ad nutum, buona fede e abuso del diritto - casaregi

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creto non è sufficiente rilevare che lo schema astratto,<br />

a cui esso corrisponde, è stato riconosciuto<br />

<strong>ad</strong>empiere <strong>ad</strong> una funzione socialmente utile, ma è<br />

necessario altresì valutare in concreto il modo in cui<br />

lo schema astratto è stato utilizzato» (10). Se così è,<br />

è chiaro che il concetto e lo stesso ruolo di motivo<br />

<strong>del</strong> negozio deve essere necessariamente rivisto o,<br />

più esattamente, ridefinito in maniera rispondente<br />

alle caratteristiche concrete di ogni regola contrattuale.<br />

Ridefinizione concettuale <strong>del</strong>la nozione di<br />

motivo, che ne evidenzia la possibile emersione al di<br />

là <strong>del</strong>le mere ipotesi di illiceità e di cui la fattispecie<br />

contemplata dall’art. 1345 c.c. costituisce l’espressione,<br />

in questo razionale rovesciamento di prospettiva,<br />

di una serie di parametri normativi da cui ricavare,<br />

questa volta in positivo, una nuova definizione giuridicamente<br />

rilevante di interessi-motivi leciti dei<br />

contraenti. Questi ultimi quando se ne accerti in via<br />

interpretativa il carattere lecito, comune e determinante<br />

(così come simmetricamente avviene per il<br />

caso <strong>del</strong>la loro illiceità ex art. 1345 c.c.) (11) non<br />

costituiscono più un dato soggettivo o psicologico,<br />

bensì un profilo caratterizzante la stessa operazione<br />

contrattuale concreta Invero, «quando si ha riguardo<br />

alla funzione pratica che le parti hanno effettivamente<br />

assegnato al loro accordo, devono allora rilevare<br />

anche i “motivi”, se questi non siano rimasti<br />

nella sfera interna di ciascuna parte ma si siano<br />

obiettivizzati nel contratto, divenendo interessi che il<br />

contratto è diretto a realizzare» (12).<br />

In questo qu<strong>ad</strong>ro, il controllo circa l’esistenza e congruità<br />

<strong>del</strong>l’elemento causale può realizzarsi in virtù<br />

di una valutazione di quei motivi-interessi leciti e rilevanti<br />

e rispetto ai quali i mo<strong>del</strong>li causali astratti rimangono<br />

sullo sfondo (13). Invero, già nella filosofia<br />

<strong>del</strong>la disposizione <strong>del</strong>l’art. 1345 c.c. ciò che assume<br />

rilievo giuridico «non è il dato puramente psicologico<br />

- e che come tale, resterebbe pur sempre indifferente<br />

per l’ordinamento - costituito dal motivo<br />

riprovevole <strong>del</strong>le parti, ma l’emersione di un loro<br />

concreto interesse, che si riveli illecito alla stregua<br />

dei criteri di valutazione recepiti dal sistema normativo»<br />

(14).<br />

Gli interessi dei contraenti contra legem<br />

e gli interessi in fraudem legis<br />

nella prospettiva <strong>del</strong>l’illiceità <strong>del</strong>la causa<br />

Alla luce di quanto sopra esposto, dunque, i motivi<br />

ben rilevano giuridicamente quando si oggettivano<br />

nel contratto quali interessi comuni e determinanti<br />

l’operazione negoziale. In questo contesto, fondamentale<br />

per la loro emersione si presenterà il momento<br />

interpretativo (15) ex artt. 1362 ss. c.c., qua-<br />

Giurisprudenza<br />

Contratti in generale<br />

le necessario momento <strong>del</strong> successivo giudizio di liceità-meritevolezza<br />

<strong>del</strong> contratto concretamente<br />

posto in essere. Invero, nel momento in cui l’art.<br />

1345 c.c. statuisce che «il contratto è illecito quando<br />

le parti si sono determinate a concluderlo esclusivamente<br />

per un motivo illecito comune <strong>ad</strong> entrambe»<br />

è chiaro che esso rinvia ai criteri previsti<br />

nell’art. 1343 c.c. in tema di causa illecita. Il motivo-interesse<br />

nell’accezione sopra chiarita sarà, pertanto,<br />

illecito se risulti contrario a norme imperative,<br />

ordine pubblico o buon costume (16). In caso affermativo<br />

il contratto non sarà meritevole di tutela<br />

e la regola privata sarà sanzionata con la nullità <strong>del</strong><br />

negozio. In particolare, in giurisprudenza come in<br />

dottrina vi è - sulla base <strong>del</strong> tenore <strong>del</strong>la disposizione<br />

<strong>del</strong>l’art. 1345 c.c. - concordia nel ritenere che la<br />

finalità repressiva <strong>del</strong>l’agire negoziale illecito si realizzi<br />

solo di fronte <strong>ad</strong> un motivo particolarmente<br />

qualificato e cioè che sia stato comune <strong>ad</strong> entrambe<br />

le parti, unico e determinante (17). Si tratta, in ogni<br />

caso, di interessi che permeano la causa <strong>del</strong> contratto<br />

nel segno riprovevole di una illiceità contra legem.<br />

In altre parole, nella fattispecie di cui all’art. 1345<br />

c.c. l’interesse dei contraenti è rivolto in maniera diretta<br />

alla violazione dei suoi canoni fondamentali in<br />

materia di meritevolezza. Tuttavia, nella giurisprudenza<br />

<strong>del</strong>la Corte di Cassazione relativa all’illiceità<br />

<strong>del</strong> motivo, così come in alcune pronunce di merito<br />

(18), e nella stessa sentenza in commento, la defini-<br />

I contratti 3/2010 243<br />

Note:<br />

(10) G.B. Ferri, Causa e tipo nella teoria <strong>del</strong> negozio giuridico, Milano,<br />

1966, 358, cui si deve la concezione <strong>del</strong>la causa come funzione<br />

economico-individuale.<br />

(11)D. Carusi, La disciplina <strong>del</strong>la causa, cit., 622-623: «Il requisito<br />

<strong>del</strong>la comunanza significa che non basta, perché il contratto<br />

sia nullo, che il motivo illecito di uno dei contraenti sia noto alla<br />

controparte; occorre che la controparte ne sia partecipe, e cioè<br />

che miri a trarne vantaggio».<br />

(12) C.M. Bianca, Il contratto. Diritto civile, III, Milano, 2001, 461.<br />

(13) C. Scognamiglio, voce Motivo (<strong>del</strong> negozio giuridico), in Dig.<br />

disc. priv., 4ª ed., XII, 1994, 475.<br />

(14) C. Scognamiglio, Problemi <strong>del</strong>la causa e <strong>del</strong> tipo, in Trattato<br />

<strong>del</strong> contratto, diretto da V. Roppo, II, Regolamento, a cura di G.<br />

Venturi, Milano, 2006, p. 171.<br />

(15) Cfr. diffusamente, C. Scognamiglio, Interpretazione <strong>del</strong> contratto<br />

e interessi dei contraenti, P<strong>ad</strong>ova, 1992.<br />

(16) Cfr. D. Carusi, La disciplina <strong>del</strong>la causa, cit., 622: «Motivo illecito<br />

vuol dire contrario a norme imperative, all’ordine pubblico<br />

o al buon costume».<br />

(17) C. Scognamiglio, Problemi <strong>del</strong>la causa e <strong>del</strong> tipo, cit., 170.<br />

(18) Sull’art. 1345 v. nella giurisprudenza di legittimità: Cass.<br />

Sez. Un., 25 ottobre 1993, n. 10603: «Il motivo illecito - che, se<br />

comune <strong>ad</strong> entrambe le parti e determinante per la stipulazione,<br />

determina la nullità <strong>del</strong> contratto - si identifica con una finalità<br />

vietata dall’ordinamento, poiché contraria a norma imperativa o<br />

(segue)

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