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Recesso ad nutum, buona fede e abuso del diritto - casaregi

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Giurisprudenza<br />

Contratti in generale<br />

sili a partire dal mese successivo; che L. V. si era obbligato,<br />

per il caso di esercizio <strong>del</strong>la opzione, <strong>ad</strong> operare come<br />

preposto commerciale sino alla acquisizione da parte <strong>del</strong><br />

nuovo titolare <strong>del</strong>la iscrizione al REC. Risulta altresì dagli<br />

atti che la B. non aveva esercitato la opzione nel termine;<br />

e che successivamente aveva richiesto, senza esito,<br />

la restituzione <strong>del</strong>l’importo di euro 2.582,28.<br />

La attrice ha assunto che, in base <strong>ad</strong> accordo implicito, la<br />

somma avrebbe dovuto essere restituita nella ipotesi di<br />

mancato esercizio <strong>del</strong>la opzione; e in ogni caso che, non<br />

essendo intervenuto tale esercizio, il trasferimento patrimoniale<br />

restava privo di causa.<br />

Ciò posto, si osserva che la domanda è infondata.<br />

Come è noto, il patto di opzione, disciplinato dall’art.<br />

1331 c.c., costituisce, a differenza <strong>del</strong>la proposta irrevocabile,<br />

un negozio giuridico bilaterale, la cui causa consiste<br />

nella assunzione <strong>del</strong>l’obbligo per una <strong>del</strong>le parti di<br />

mantenere ferma per il tempo pattuito la proposta relativamente<br />

alla conclusione di un ulteriore contratto, con<br />

correlativa attribuzione all’altra parte <strong>del</strong> <strong>diritto</strong> di decidere<br />

circa la conclusione <strong>del</strong> contratto entro quel medesimo<br />

tempo. Per tale ragione, esso deve contenere tutti<br />

gli elementi essenziali <strong>del</strong> contratto finale, in modo da<br />

consentire la conclusione di tale contratto nel momento<br />

e per effetto <strong>del</strong>la <strong>ad</strong>esione <strong>del</strong>l’altra parte senza necessità<br />

di ulteriori pattuizioni, profilandosi in caso contrario la<br />

ipotesi di mero accordo preparatorio destinato <strong>ad</strong> inserirsi<br />

nell’iter formativo <strong>del</strong> nuovo contratto. In sostanza, il<br />

patto di opzione si risolve in un contratto "strumentale",<br />

gratuito od oneroso, destinato a realizzare e <strong>ad</strong> esaurire la<br />

sua funzione con il perfezionamento <strong>del</strong> contratto finale,<br />

finalità perseguita con la attribuzione al promissario di un<br />

potere di scelta in ordine alla stipula o meno <strong>del</strong> medesimo<br />

entro un tempo determinato, potere a fronte <strong>del</strong> quale<br />

il promittente è posto in una situazione di mera soggezione.<br />

In quanto dotato di propria funzione e di propri effetti,<br />

il patto di opzione conserva dunque un suo gr<strong>ad</strong>o di<br />

autonomia strutturale e funzionale, nel senso che, mentre<br />

resta pur sempre vincolato o collegato al contratto finale,<br />

rispetto al quale svolge la funzione di negozio preparatorio,<br />

non è tuttavia assorbito dal contratto stesso.<br />

In concreto, la scrittura <strong>del</strong> 18 settembre 2002 racchiudeva<br />

un patto di opzione per l’acquisto <strong>del</strong>la azienda, indicando<br />

tutti gli elementi <strong>del</strong> contratto finale e precisando<br />

il termine entro il quale la opzione avrebbe dovuto essere<br />

esercitata. Correlativamente, la scrittura indicava in<br />

modo espresso e non equivoco che la concessione <strong>del</strong> <strong>diritto</strong><br />

di opzione aveva carattere oneroso e determinava il<br />

corrispettivo nell’importo di euro 2.582,28, versato contestualmente<br />

alla firma dalla parte beneficiaria <strong>del</strong>la opzione.<br />

La specificazione <strong>del</strong> carattere oneroso <strong>del</strong> negozio<br />

era di per sé idonea a denotare, sul piano <strong>del</strong>la interpretazione<br />

letterale e logica, che le parti avessero concordato,<br />

come corrispettivo <strong>del</strong> vincolo di una di essa alla proposta,<br />

il versamento di un somma di danaro. Sul piano<br />

generale, poi, la pattuizione <strong>del</strong>la onerosità rispondeva a<br />

causa meritevole di tutela, atteso che, da un lato, il negozio<br />

di opzione conservava la sua autonomia nel regolamento<br />

degli opposti interessi, e che, dall’altro lato, era<br />

150<br />

ben giustificato che la parte, che si obbligava a mantenere<br />

ferma la proposta per un dato termine, vincolando così<br />

la propria autonomia ed attribuendo all’altra il <strong>diritto</strong><br />

di accettare o meno la proposta entro lo stesso termine,<br />

beneficiasse di un corrispettivo per il sacrificio riveniente<br />

dal vincolo assunto e dalla concessione <strong>del</strong>la facoltà di<br />

scelta alla controparte. È evidente come, nella ipotesi di<br />

mancato esercizio <strong>del</strong>la opzione, il corrispettivo versato<br />

non fosse privo di causa giustificativa, trovando al contrario<br />

la propria giustificazione nella prestazione a carico<br />

<strong>del</strong> promittente, concretantesi appunto nella assunzione<br />

<strong>del</strong> vincolo mediante sottoposizione alla facoltà di scelta<br />

attribuita al promissario.<br />

Dalla scrittura non emerge alcun elemento che induca a<br />

far ritenere che la società avesse assunto l’obbligo di restituire<br />

il corrispettivo <strong>del</strong>la opzione in caso di mancato<br />

esercizio <strong>del</strong>la stessa. Siffatto obbligo non può desumersi<br />

dalla mera circostanza che, in caso di esercizio <strong>del</strong>la opzione<br />

da parte <strong>del</strong>la B., la somma versata sarebbe stata<br />

conteggiata nel prezzo di cessione <strong>del</strong>la azienda, dovendo<br />

la acquirente corrispondere la ulteriore somma di<br />

33.569,70 (+ 2.582,28 = 36.151,98). Tale circostanza denota<br />

soltanto che in base alle intese negoziali, ove la opzione<br />

fosse stata esercitata, la somma versata sarebbe stata<br />

imputata al prezzo complessivo <strong>del</strong>la vendita, e che,<br />

ove la opzione non fosse stata esercitata, la somma avrebbe<br />

invece rappresentato il mero corrispettivo <strong>del</strong> vincolo<br />

cui il promittente si era, senza risultato, sottoposto. Ritenere<br />

che dalla ricomprensione <strong>del</strong> corrispettivo <strong>del</strong>la opzione<br />

nel prezzo complessivo <strong>del</strong>la vendita <strong>del</strong>la azienda<br />

possa desumersi l’obbligo <strong>del</strong>la società promittente di restituire,<br />

in caso di mancato esercizio <strong>del</strong>la opzione, il corrispettivo<br />

ricevuto per la stessa, significa puramente e<br />

semplicemente affermare che il <strong>diritto</strong> di opzione, in sé e<br />

per sé, era stato concesso a titolo gratuito, conclusione<br />

insanabilmente in contrasto con la espressa previsione di<br />

onerosità risultante dal contratto.<br />

Sulla base <strong>del</strong>le esposte considerazioni, la domanda deve<br />

essere rigettata. Le spese seguono la soccombenza, come<br />

da dispositivo<br />

P.Q.M.<br />

pronunciando sulla domanda proposta da B. F. nei confronti<br />

<strong>del</strong>la s.a.s. H. di L. V. e C. con sede in Bari con citazione<br />

notificata il 25 novembre 2003, così provvede:<br />

1) rigetta la domanda;<br />

2) condanna la B. alla rifusione in favore <strong>del</strong>la convenuta<br />

<strong>del</strong>le spese <strong>del</strong> giudizio, liquidate in difetto di nota in<br />

euro 1.100,00 (di cui 650,00 onorario) oltre accessori e<br />

distratte in favore <strong>del</strong>l’avv. C. M. dichiaratosi anticipatario.<br />

I contratti 2/2010

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