La storia del colore rosso scelto dagli operai e dai âribelliâ - Anpi
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tempo di guerra, l’abbiamomessa io e due altri. Era il mesedi ottobre o novembre <strong>del</strong>’44, quando erano tornati i tedeschie c’era il coprifuoco...Allora ci siamo fatti fare unabandiera rossa, più che altroera uno straccio, da tre sorelleche già distribuivano “<strong>La</strong> StellaAlpina” [giornale garibaldino].E una sera, adagio adagio l’abbiamoappesa al pennone nelparco dove si facevano le manifestazionifasciste. Il giornodopo la pattuglia tedesca chegirava se n’è accorta, ma nonl’ha tirata via, ha solo raddoppiatola guardia… <strong>La</strong> cosa bellaè che dopo qualche giornonon c’era più appeso lo straccio<strong>rosso</strong> ma una vera bandierarossa, messa, l’ho saputo dopo,da un garibaldino <strong>del</strong> paese.Allora sono arrivati i fascisti ela roba è sparita».Anche in queste circostanze, loscontro tra le fazioni per l’egemonia<strong>del</strong> territorio interessò non soloi fatti d’arme ma anche il pianosimbolico, con la caccia alle bandiere<strong>del</strong>l’avversario, specie se rosse.Di norma, alla testa <strong>del</strong>le formazionipartigiane sventolava iltri<strong>colore</strong> e solo in qualche gruppocomunista alla bandiera coi colorinazionali si affiancava quella rossa.Pertanto un certo rilievo si davaalle “conquiste”, come accaddeper la grande bandiera rossa con lascritta «Partigiani Valsesi», cioè<strong>del</strong>la Valsesia, impiegata come fondalein una fotografia che ritrae ilcomandante <strong>del</strong>la I Divisione Garibaldi,Eraldo Gastone, “Ciro”. Ilvessillo, infatti, rinvenuto da uomini<strong>del</strong>la Gnr grazie a una spiata,fu fotografato da un operatore Lucecome trofeo di guerra.Le bandiere rosse, ad ogni modo,interiorizzavano davvero i caratteri<strong>del</strong>la trasgressione e verso la fine<strong>del</strong> conflitto molti prevedevanoche si sarebbe osato esporle qualesegno premonitore <strong>del</strong>l’imminentecalata al piano. <strong>La</strong> staffetta <strong>del</strong>la«Valtoce» Ester, al proposito, narraun dilettevole episodio. Ungiorno <strong>del</strong>l’aprile ’45, giunta aPieve Vergonte, in val d’Ossola, laragazza vide i paesani osservare ilcampanile <strong>del</strong>la parrocchia, dove alposto <strong>del</strong> tri<strong>colore</strong> sventolava unBandiere rosse nel manifesto <strong>del</strong>l’Internazionale.drappo <strong>rosso</strong>. Di lì a poco intervenneroi fascisti e tornò ad apparireil tri<strong>colore</strong>. Non passò moltotempo e nuovamente si vide ildrappo <strong>rosso</strong>, poi ancora il tri<strong>colore</strong>e di seguito il drappo <strong>rosso</strong>. Perla gente si trattava <strong>del</strong>l’impresa diaudaci garibaldini che si divertivanoa schernire gli avversari, ma, inrealtà, responsabili <strong>del</strong>la temerariaazione erano le folate di vento, cheattorcigliando il tri<strong>colore</strong> lasciavanoin bella evidenza solo la partedi <strong>colore</strong> <strong>rosso</strong>. «È il vento che si èpreso gioco di loro – scrive la donna–, è il vento che, sotto i loro occhi,ripete lo scherzo, li beffa intangibile».Vedere <strong>rosso</strong>, naturalmente, fuuna prerogativa <strong>del</strong>le formazionigaribaldine, sia nei fronzoli <strong>del</strong> vestiarioche in speciali circostanze.Una religiosa, per esempio, raccontaun episodio avvenuto nell’ospedaledi Domodossola: «Perconfortare quei partigiani feriti,gravi e meno, una suora portò incamerone una statuetta <strong>del</strong>la Madonna,ma quei poveri ragazzi sfiduciati,paurosi perché privi di armiper difendersi ebbero un momentodi ribellione, non vollerosapere <strong>del</strong>la statua. Suor <strong>La</strong>urettaandò in giardino, scelse dei fiorirossi e con questi presentò ai feritipartigiani la Madonna comunista.Tutti quei ragazzi accettaronola Madonna con un calorosobattimani».Il richiamo liberatorio <strong>del</strong> <strong>rosso</strong>nelle brigate garibaldine fuperò così foriero di sventure,dispensate da vent’anni di propagandaavversaria, che la suaproibizione giunse anche daposizioni inaspettate. «A Domodossola,nel periodo <strong>del</strong>larepubblica [partigiana] – ricor<strong>dai</strong>l commissario comunistaPippo Coppo – a un determinatomomento hanno fatto requisiretutta la carta rossa perpaura che le brigate Garibaldila usassero per stampare i lorocomunicati». L’episodio scaturivadall’intervento di AlfredoDi Dio, comandante dei cattolici<strong>del</strong>la «Valtoce», il quale fecesequestrare tutta la cartarossa esistente in tipografia,perché su di essa veniva stampatoil Bollettino Ufficiale <strong>del</strong>laGiunta provvisoria. L’ufficialeattaccò apertamente la Giunta perquella scelta giudicata sconsiderata:«Siamo d’accordo che il <strong>colore</strong>di un volantino ha un significatorelativo, però ha un significato. Ilnostro, ad esempio, è stampato inazzurro che è l’emblema <strong>del</strong>la Divisione.Ma voi, cari signori, cherappresentate un governo (o ditedi rappresentarlo) dovete essereassolutamente imparziali». Sullaquestione presero la parola i garibaldini,anch’essi privati <strong>del</strong>la cartarossa: «Le idee politiche si discutono,non si perseguitano, giacchécontengono tutte un nobile presupposto;ed i colori che le esprimonosono sempre da considerarecome segni esteriori di un intimotravaglio spirituale che va rispettato».Ma di quella carta rossa non sifece più nulla.Da fatti <strong>del</strong> genere, tuttavia, al dilà di polemiche e prese di posizione,emerge quanto un aspetto inapparenza minore abbia potutoamplificare uno scontro talora presentetra le formazioni e scoprire isegni <strong>del</strong>la lotta simbolica. L’avversione<strong>del</strong>le forze moderate neiconfronti <strong>del</strong> <strong>rosso</strong>, peraltro, nonsarà solo un turbamento <strong>del</strong> periodo:essa si manterrà nel dopoguerra,durante la guerra fredda e neidecenni a venire.16 l patria indipendente l 18 dicembre 2011