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Traduzione di Loux - Dipartimento di Filosofia

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<strong>Traduzione</strong> <strong>di</strong>Michael J. <strong>Loux</strong>ch. 5 “The necessary and the possible” in Metaphysics. A Contemporary IntroductionRoutledge, London and New York, 1998(<strong>Traduzione</strong> <strong>di</strong> Elisa Paganini)Michael <strong>Loux</strong> – Metafisica. Un’introduzione contemporaneaCap. 5 Il necessario e il possibileI problemi che riguardano la modalità[…] Le nozioni <strong>di</strong> necessario, possibile, impossibile, contingente sono chiamatenozioni modali. […] Abbiamo detto [nei capitoli precedenti del libro], per esempio,che una proposizione necessariamente vera è tale che è impossibile che sia falsa;abbiamo detto che un attributo è essenziale a una cosa nel caso in cui quella cosa nonpossa esistere senza quell’attributo. In breve, abbiamo spiegato ciascuna nozionemodale nei termini <strong>di</strong> altre nozioni modali. L’assunzione <strong>di</strong> fondo è stata che lenozioni modali sono in ultima analisi non problematiche, che tutti noi afferriamoqueste nozioni e che l’uso filosofico <strong>di</strong> tali nozioni può semplicemente fareaffidamento su questo fatto.Tuttavia molti filosofi metterebbero in <strong>di</strong>scussione il nostro uso libero <strong>di</strong> talinozioni. 1 Essi sosterrebbero che c’è qualcosa <strong>di</strong> profondamente problematicoriguardo a tali nozioni e avanzerebbero obiezioni a ciò che considererebbero un usosconsiderato <strong>di</strong> tali nozioni da parte nostra. Direbbero che siamo stati ingenui asupporre <strong>di</strong> avere una comprensione affidabile delle nozioni modali e che ci stiamorendendo oscuri nel fare appello ad esse. Perché questi filosofi considerano le nozionimodali con tale sospetto? Ci sono numerose ragioni <strong>di</strong>verse. Una <strong>di</strong> esse è certamentelegata a un orientamento empirista in metafisica. Coloro che hanno criticato lenozioni modali sono stati spesso empiristi, e hanno messo in <strong>di</strong>scussione l’appello aconcetti che non possono essere fatti risalire al nostro confronto empirico col mondo.Hanno insistito che l’esperienza non rivela mai ciò che è necessario o ciò che èpossibile, ma solo ciò che accade; e hanno sostenuto che se la nostra esperienza delmondo ci mostra che non ha caratteristiche modali, noi non abbiamo alcunfondamento per usare i concetti modali nella nostra caratterizzazione metafisica dellastruttura <strong>di</strong> quel mondo. A loro avviso, se il <strong>di</strong>scorso modale (il <strong>di</strong>scorso su ciò che ènecessario, possibile o impossibile) ha un qualche fondamento, è solo in relazione allinguaggio. Essi concedono che è necessariamente vero che gli scapoli non sonosposati, ma negano che nel <strong>di</strong>re ciò stiamo descrivendo caratteristiche del mondonon-linguistico. Il <strong>di</strong>scorso sulla necessità riflette semplicemente la nostra decisione<strong>di</strong> usare le parole in un certo modo. Che gli scapoli non sono sposati è necessario solo1 Il più eminente critico delle nozioni modali è Quine. Durante tutta la sua carriera ha proposto argomenti contro l’uso<strong>di</strong> nozioni come la possibilità e la necessità. Si veda per esempio “Due dogmi dell’empirismo” (nell’antologia <strong>Filosofia</strong>del linguaggio, Cortina, Milano, 2003) e Parola e oggetto.


nel senso che è vero in virtù dei significati delle parole “scapolo” e “non sposato”.Per come lo presentano gli empiristi, la sola necessità è necessità verbale.Le obiezioni empiriste all’uso delle nozioni modali in metafisica hanno unalunga storia. Risalgono almeno a Hume. Un <strong>di</strong>verso tipo <strong>di</strong> obiezione risale a tempipiù recenti. Questa obiezione al <strong>di</strong>scorso sulla necessità e sulla possibilità eraparticolarmente <strong>di</strong>ffusa nella prima metà <strong>di</strong> questo secolo [il ventesimo secolo]. Traeorigine da una certa concezione <strong>di</strong> come dovrebbe apparire un linguaggiofilosoficamente adeguato. Il requisito per accettare un certo <strong>di</strong>scorso o un insieme <strong>di</strong>enunciati è che sia estensionale. Ma che cos’è un <strong>di</strong>scorso estensionale o un insiemeestensionale <strong>di</strong> enunciati? Questa non è una domanda semplice, ma per i nostri scopipossiamo <strong>di</strong>re che una parte del linguaggio è estensionale se ciascuno dei suoienunciati è tale che la sostituzione dei suoi termini costituenti con espressionicoreferenziali (cioè, espressioni che hanno lo stesso riferimento) non altera il valore<strong>di</strong> verità dell’enunciato. Due termini singolari sono coreferenziali se nominano lastessa cosa; due termini pre<strong>di</strong>cativi (o generali) sono coreferenziali se sono veri degli(o sono sod<strong>di</strong>sfatti dagli) stessi oggetti; e due enunciati possono essere detticoreferenziali se hanno lo stesso valore <strong>di</strong> verità. Date queste definizioni, non ètroppo <strong>di</strong>fficile capire in che cosa consiste l’estensionalità. Ciascuno degli enunciatiseguenti è chiamato un contesto estensionale:(1) Giorgio Napolitano è in vacanza in Valtellina(2) Ogni essere umano è mortale(3) Due più due fa quattro e Tony Blair è Primo Ministro del Regno UnitoSupponiamo <strong>di</strong> sostituire a “Giorgio Napolitano” in (1) il termine coreferenziale“il Presidente della Repubblica Italiana nel 2008”. Il risultato è un enunciato con lostesso valore <strong>di</strong> verità <strong>di</strong> (1). Allo stesso modo, se sostituiamo al termine generale (opre<strong>di</strong>cativo) “essere umano” in (2) il termine coreferenziale “bipede implume”,l’enunciato che otteniamo è vero se (2) è vero e falso se (2) è falso. Infine, sesostituiamo “i triangoli hanno tre lati” a “due più due fa quattro” otteniamo unenunciato che ha lo stesso valore <strong>di</strong> verità <strong>di</strong> (3).Abbiamo detto che i filosofi nella prima metà del ventesimo secolo hanno spessosostenuto che un <strong>di</strong>scorso filosofico rispettabile, cioè un <strong>di</strong>scorso filosofico utilizzatoper fare filosofia seria, deve essere estensionale nel senso appena delineato. Perché?Ci sono <strong>di</strong>verse ragioni; ma il motivo principale era che dove il linguaggio èestensionale abbiamo una chiara comprensione delle relazioni inferenziali fra i varienunciati del linguaggio; sappiamo quali enunciati seguono o sono derivabili da altrienunciati. E la ragione <strong>di</strong> ciò è che ci sono sistemi logici ben fondati, sistemi <strong>di</strong> cuicompren<strong>di</strong>amo completamente il funzionamento, che regolano le relazioni logiche fraenunciati in un linguaggio estensionale. Disponiamo del calcolo proposizionale cheregola il funzionamento dei connettivi proposizionali (“non”, “e”, “o”, “se…allora” e“se e solo se”), del calcolo pre<strong>di</strong>cativo che mostra come la struttura interna deglienunciati si rapporta alle connessioni inferenziali in cui sono coinvolte, e della teoria


degli insiemi che esibisce le connessioni inferenziali fra enunciati che esprimonorelazioni insiemistiche.Pertanto laddove il linguaggio è estensionale, abbiamo un sistema logico chespecifica esattamente quali enunciati sono conseguenza <strong>di</strong> un qualsiasi insieme <strong>di</strong>enunciati; e si è pensato che questo fatto rendesse il linguaggio estensionale adatto afare filosofia seriamente. Ma che rilevanza hanno queste osservazioni con lamodalità? Beh, non si può dare per scontato che gli enunciati che contengono terminicon espressioni modali superino il test dell’estensionalità. Un paio <strong>di</strong> esempi sonosufficienti per evidenziare la <strong>di</strong>fficoltà. Poiché(4) Due più due fa quattro e gli scapoli non sono sposatiè una verità necessaria,(5) E’ necessario che due più due fa quattro e gli scapoli non sono sposatiè vero. Se tuttavia sostituiamo “due più due fa quattro” in (5) con “GiorgioNapolitano è presidente della Repubblica Italiana”, ciò che risulta(6) E’ necessario che Giorgio Napolitano è presidente della RepubblicaItaliana e gli scapoli non sono sposatiè falso. Poiché è solo contingentemente vero che Giorgio Napolitano è Presidentedella Repubblica Italiana, la congiunzione “Giorgio Napolitano è presidente dellaRepubblica Italiana e gli scapoli non sono sposati” è anch’essa contingente. Pertantointroducendo la nozione <strong>di</strong> necessità abbiamo convertito (4), un enunciato puramenteestensionale, in un enunciato che non è estensionale; o, come talvolta si <strong>di</strong>ce,l’introduzione della nozione <strong>di</strong> necessità qui converte un contesto estensionale in uncontesto intensionale. Allo stesso modo(7) L’uomo più alto dell’In<strong>di</strong>ana è più alto <strong>di</strong> chiunque altro in In<strong>di</strong>anaè un contesto estensionale. Il suo valore <strong>di</strong> verità non cambia quando sostituiamo“l’uomo più alto dell’In<strong>di</strong>ana” col termine coreferenziale “Sam Small”. Tuttavia (7)esprime una verità necessaria, pertanto(8) E’ necessario che l’uomo più alto dell’In<strong>di</strong>ana sia più alto <strong>di</strong> chiunquealtro in In<strong>di</strong>anaè vero; ma (8) non è estensionale, mentre lo è (7). Quando facciamo le sostituzioniopportune in (8) ciò che risulta è(9) E’ necessario che Sam Small sia più alto <strong>di</strong> chiunque altro in In<strong>di</strong>ana


e (9) è falso; infatti sebbene Sam Small sia più alto <strong>di</strong> chiunque altro in In<strong>di</strong>ana, cisarebbe ovviamente potuto essere qualcuno in In<strong>di</strong>ana più alto <strong>di</strong> Sam.Pertanto introducendo termini che esprimono nozioni modali nel nostrolinguaggio convertiamo i contesti estensionali in contesti non-estensionali; e permolti filosofi degli anni quaranta e cinquanta del Novecento ciò significa che lenozioni modali non possono avere un posto nella filosofia seria. 2 Poiché gli enunciatiche includono le espressioni modali non possono essere conciliate con i sistemiestensionali del calcolo proposizionale, del calcolo pre<strong>di</strong>cativo e della teoria degliinsiemi, i filosofi che invocano tali nozioni non riescono a rendere conto dellerelazioni inferenziali fra i <strong>di</strong>versi enunciati modali che vogliono assumere. Essi nonhanno una chiara comprensione <strong>di</strong> ciò a cui si impegnano quando fanno unaparticolare assunzione <strong>di</strong> tipo modale; e questo, per i critici, equivale a <strong>di</strong>re che noncapiscono quello che <strong>di</strong>cono.Si potrebbe pensare che ciò <strong>di</strong> cui c’era bisogno fosse semplicemente un sistemalogico che rendesse conto delle relazioni logiche fra enunciati modali; cioè che c’erabisogno <strong>di</strong> una logica modale. Ma c’erano sistemi modali in letteratura. La <strong>di</strong>fficoltàera dovuta al fatto che ce n’erano troppi. 3 I logici hanno lavorato per renderesistematiche le inferenze modali, ma ciò che hanno scoperto è che è possibilegenerare logiche modali <strong>di</strong>verse e non equivalenti, logiche che danno risposte <strong>di</strong>versealla domanda “Quali enunciati modali seguono da un dato insieme <strong>di</strong> enunciatimodali?” E questo fatto è stato utilizzato abilmente dai critici delle nozioni modali.Dal loro punto <strong>di</strong> vista, la possibilità <strong>di</strong> fornire sistemi non equivalenti <strong>di</strong> inferenzamodale ha mostrato che noi non abbiamo davvero una comprensione affidabile dellenozioni <strong>di</strong> necessità e possibilità, ed è servita a confermare la loro fedeltà all’ideale <strong>di</strong>un linguaggio completamente estensionale.Pertanto, un orientamento empirista in metafisica insieme a considerazionitecniche sull’estensionalità hanno avuto l’effetto <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffondere un certo scetticismosull’uso delle nozioni <strong>di</strong> necessità, possibilità e contingenza. Per la verità moltifilosofi hanno continuato a credere che la metafisica seria richiedesse l’appello allenozioni modali; ma le obiezioni degli scettici li mettevano sulla <strong>di</strong>fensiva. Poi, neglianni cinquanta e sessanta del Novecento, gli sviluppi nella logica modale hannoridato fiducia ai sostenitori delle nozioni <strong>di</strong> necessità e possibilità. I logici hannoscoperto che possono dare una chiara spiegazione alle nozioni <strong>di</strong> possibilità enecessità così come vengono usate nelle <strong>di</strong>verse logiche modali facendo appelloall’idea Leibniziana che il nostro mondo, il mondo attuale, è semplicemente uno degliinfiniti mon<strong>di</strong> possibili. 4 L’idea guida è che così come le proposizioni possono esserevere o false nel mondo attuale, possono avere valori <strong>di</strong> verità in altri mon<strong>di</strong> possibili.Pertanto la proposizione che Gordon Brown è Primo Ministro del Regno Unito è veranel nostro mondo; e sebbene ci siano indubbiamente molti altri mon<strong>di</strong> possibili in cui2 Si veda per esempio Quine (1947) “The problem of interpreting modal logic” in Journal of Symbolic Logic e “Tregra<strong>di</strong> <strong>di</strong> coinvolgimento modale” (1953) (tr. it. in A. Varzi (a cura <strong>di</strong>), Metafisica, Laterza, 2007)3 Il lettore con una buona conoscenza <strong>di</strong> logica troverà una presentazione critica <strong>di</strong> questi problemi in <strong>Loux</strong> “Modalityand metaphysics” in <strong>Loux</strong>, The Possible and the Actual, Ithaca, Cornell University Press (1979).4 Una figura centrale al riguardo è stata Saul Kripke. Si veda Kripke (1963) “Considerazioni semantiche sulla logicamodale” (tr. it. in L. Linsky (a cura <strong>di</strong>), Riferimento e modalità, Milano, Bompiani, 2002, pp. 80-92).


è vera, ci sono anche molti mon<strong>di</strong> possibili in cui è falsa. I logici modali hannosostenuto che l’idea che le proposizioni possano avere valori <strong>di</strong> verità nei mon<strong>di</strong>possibili fornisce gli strumenti per spiegare l’applicazione dei concetti modali alleproposizioni. Per <strong>di</strong>re che una proposizione è vera o vera “attualmente” [actually]significa che è vera in quel mondo possibile che è il mondo attuale. Del resto, <strong>di</strong>reche una proposizione è necessaria o vera necessariamente è equivalente a <strong>di</strong>re che èvera in tutti i mon<strong>di</strong> possibili, e <strong>di</strong>re che una proposizione è possibile o è possibileche sia vera è equivalente a <strong>di</strong>re che è vera in uno o l’altro dei mon<strong>di</strong> possibili. Inbase a questo resoconto, le nozioni <strong>di</strong> necessità e possibilità devono essere spiegatenei termini <strong>di</strong> quantificazione su mon<strong>di</strong>. Dire <strong>di</strong> una proposizione p che ènecessariamente vera significa introdurre un quantificatore universale sui mon<strong>di</strong>possibili. E’ equivalente a <strong>di</strong>re “Per ogni mondo possibile W, p è vero in W”. E <strong>di</strong>re<strong>di</strong> una proposizione p che è possibilmente vera significa introdurre un quantificatoreesistenziale sui mon<strong>di</strong> possibili; è equivalente a <strong>di</strong>re “C’è almeno un mondo possibileW tale che p è vera in W”.L’elaborazione <strong>di</strong> questa idea coinvolge dettagli tecnici su cui possiamosoprassedere; ma una caratteristica importante <strong>di</strong> questo approccio neo-leibnizianoalla modalità è stata la sua capacità <strong>di</strong> spiegare la pluralità <strong>di</strong> logiche modali. E’emerso che possiamo porre <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> costrizioni o restrizioni formali sullaquantificazione sui mon<strong>di</strong> possibili, e le <strong>di</strong>verse costrizioni corrispondono a <strong>di</strong>versisistemi proposti dai logici modali nei loro tentativi <strong>di</strong> caratterizzare le inferenzemodali. Ma, inoltre, nel <strong>di</strong>rci che l’oggetto <strong>di</strong> indagine nel <strong>di</strong>scorso modale è latotalità dei mon<strong>di</strong> possibili, i sostenitori dell’approccio neo-leibniziano alla logicamodale sono stati in grado <strong>di</strong> spiegare l’impossibilità – sottolineata dagli empiristi -<strong>di</strong> spiegare le nozioni <strong>di</strong> necessità e possibilità facendo appello al contenutodell’esperienza <strong>di</strong> tutti i giorni. Quando parliamo <strong>di</strong> ciò che è necessario o possibile,non stiamo parlando semplicemente <strong>di</strong> come il mondo è <strong>di</strong> fatto; stiamo parlandodella totalità dei mon<strong>di</strong> possibili. Di conseguenza, non sorprende che l’empirista nonfosse in grado <strong>di</strong> identificare l’oggetto <strong>di</strong> indagine del <strong>di</strong>scorso modale facendosemplicemente appello ai contenuti delle nostre esperienze percettive nel mondoattuale.Mon<strong>di</strong> possibiliLa strategia neo-leibniziana per rendere conto della logica modale ha a lungocombattuto contro lo scetticismo sulla modalità. Indubbiamente, il successo <strong>di</strong> quellastrategia ha permesso il sorgere <strong>di</strong> un’età dell’oro per lo stu<strong>di</strong>o delle modalità, checontinua ancora oggi. I filosofi hanno incominciato a credere che se noi pren<strong>di</strong>amoseriamente l’idea dei mon<strong>di</strong> possibili e la facciamo <strong>di</strong>ventare parte della nostra teoriaontologica, abbiamo le risorse per affrontare una gran quantità <strong>di</strong> questionifilosofiche <strong>di</strong>fficili. […] L’idea che esistano infiniti mon<strong>di</strong> possibili sembra cosìlontana dalla nostra comune concezione <strong>di</strong> ciò che esiste da mettere in <strong>di</strong>scussionel’intera attività che si chiama metafisica.


La prima replica dei cosiddetti “metafisici dei mon<strong>di</strong> possibili” è che questo tipo<strong>di</strong> reazione è fuori luogo. 5 Essi insistono che se i non-filosofi non parlano dei mon<strong>di</strong>possibili come tali, l’apparato teorico dei mon<strong>di</strong> possibili ha ra<strong>di</strong>ci intuitive profonde.Sostengono che l’idea dei mon<strong>di</strong> possibili può essere fatta risalire a idee prefilosoficheche tutti con<strong>di</strong>vi<strong>di</strong>amo. Il modo in cui lo spiegano è il seguente. Tutti noicre<strong>di</strong>amo che le cose sarebbero potute andare <strong>di</strong>versamente. Noi cre<strong>di</strong>amo cioè che ilmodo in cui vanno le cose <strong>di</strong> fatto sia solo uno dei molti <strong>di</strong>versi mo<strong>di</strong> in cui le cosesarebbero potute andare. Ma non solo cre<strong>di</strong>amo che ci siano molti <strong>di</strong>versi mo<strong>di</strong> in cuile cose sarebbero potute andare; noi assumiamo che i <strong>di</strong>versi mo<strong>di</strong> in cui le cosesarebbero potute andare siano ciò che conferisce un valore <strong>di</strong> verità alle nostrecredenze modali pre-filosofiche. Se cre<strong>di</strong>amo che un qualcosa è necessario (che deveaccadere), noi cre<strong>di</strong>amo che in qualunque modo le cose possano essere andate, quelqualcosa sarebbe accaduto. Come <strong>di</strong>ciamo, sarebbe accaduto in qualunque caso. Allostesso modo se cre<strong>di</strong>amo che qualcosa sia possibile (che potrebbe essere accaduto),cre<strong>di</strong>amo che ci sia un modo in cui le cose sarebbero potute andare tale che se fosseroandate in quel modo, quel qualcosa sarebbe accaduto.Ora, gli stu<strong>di</strong>osi <strong>di</strong> metafisica dei mon<strong>di</strong> possibili ci <strong>di</strong>cono che quando si parla<strong>di</strong> mon<strong>di</strong> possibili si stanno semplicemente rendendo rigorose le intuizioni prefilosoficheche sono qui all’opera. In questa interpretazione, quando gli ontologiparlano <strong>di</strong> mon<strong>di</strong> possibili stanno semplicemente dando un nome tecnico a qualcosache noi tutti, filosofi e non-filosofi, cre<strong>di</strong>amo – mo<strong>di</strong>, mo<strong>di</strong> completi o totali, in cui lecose sarebbero potute andare; e quando ci <strong>di</strong>cono che le nozioni modali devonoessere intese come quantificatori sui mon<strong>di</strong> possibili, stanno semplicemente rendendoesplicita la connessione fra queste cose e le nostre credenze modali or<strong>di</strong>narie. L’ideache una proposizione p è necessaria solo nel caso in cui per ogni mondo possibile W,p è vera in W, è semplicemente una formalizzazione della credenza che unaproposizione è necessaria se è vera qualsiasi cosa accada; e l’idea che unaproposizione p è possibile solo nel caso in cui ci sia un mondo possibile W, tale che pè vera in W, non è nient’altro che un modo rigoroso <strong>di</strong> esprimere la credenza chequesto o quest’altro sarebbero potuti accadere a con<strong>di</strong>zione che certe circostanze sifossero realizzate.Pertanto si assume che la comprensione delle nozioni modali utilizzate in logicamodale e la metafisica dei mon<strong>di</strong> possibili non sia un’invenzione del filosofo, ma unasemplice estensione del senso comune. Le modalità così comprese sono esempi <strong>di</strong> ciòche è chiamata modalità de <strong>di</strong>cto. La modalità de <strong>di</strong>cto è la necessità o la possibilitàin quanto applicate a una proposizione considerata come un tutto. Quandoattribuiamo una modalità de <strong>di</strong>cto, stiamo <strong>di</strong>cendo che una proposizione ha una certaproprietà, la proprietà <strong>di</strong> essere necessariamente vera o possibilmente vera; e, comeabbiamo visto, il resoconto delle modalità de <strong>di</strong>cto in termini <strong>di</strong> mon<strong>di</strong> possibiliinterpreta queste modalità nei termini <strong>di</strong> quantificazioni su mon<strong>di</strong>. Così come unaproposizione ha la proprietà <strong>di</strong> essere vera o <strong>di</strong> essere vera “attualmente” quando èvera nel mondo attuale, così una proposizione ha la proprietà <strong>di</strong> esserenecessariamente vera quando è vera in tutti i mon<strong>di</strong> possibili e ha la proprietà <strong>di</strong>5 Per una chiara esposizione <strong>di</strong> questa replica, si veda D. Lewis “Mon<strong>di</strong> possibili”(1973) tr. it in Varzi (2007) cit.


essere possibilmente vera quando è vera in qualche mondo possibile. E, ovviamente,possiamo estendere questo resoconto fino a includere le proprietà modalidell’impossibilità o della contingenza proposizionale. Dire che una proposizione èimpossibile è attribuirle la proprietà <strong>di</strong> non essere possibilmente vera o <strong>di</strong> esserenecessariamente falsa; e una proposizione ha quella proprietà quando non è vera inalcun mondo possibile o quando è falsa in ogni mondo possibile. E <strong>di</strong>re che unaproposizione è contingentemente vera o falsa significa attribuirle una proprietà che laproposizione ha quando è vera/falsa nel mondo attuale ma c’è qualche altro mondopossibile in cui è falsa/vera.Una <strong>di</strong>versa nozione <strong>di</strong> modalità […] è quella adottata quando parliamo <strong>di</strong> ciòche è essenziale o accidentale per un oggetto. La modalità qui in uso è chiamatamodalità de re. Mentre l’attribuzione <strong>di</strong> una modalità de <strong>di</strong>cto è l’attribuzione dellaproprietà della verità/falsità necessaria, della verità/falsità possibile o dellaverità/falsità contingente a una proposizione considerata come un tutto, l’attribuzione<strong>di</strong> una modalità de re specifica lo stato modale dell’esemplificazione <strong>di</strong> un qualcheattributo da parte <strong>di</strong> una cosa. Quando <strong>di</strong>co che Giorgio Napolitano è necessariamenteo essenzialmente una persona, ma solo contingentemente o accidentalmente ilPresidente della Repubblica, sto attribuendo modalità de re. Non sto parlando <strong>di</strong>proposizioni. Sto parlando <strong>di</strong> un particolare essere umano, e sto <strong>di</strong>stinguendo lo statomodale della sua esemplificazione <strong>di</strong> due <strong>di</strong>verse proprietà o attributi. Sto <strong>di</strong>cendoche ha una <strong>di</strong> queste proprietà essenzialmente o necessariamente e l’altraaccidentalmente o contingentemente. Per <strong>di</strong>rlo in altro modo, sto attribuendo certeproprietà modali a un certo oggetto non-proposizionale, Giorgio Napolitano. Stoattribuendo a lui la proprietà modale <strong>di</strong> esemplificare necessariamente oessenzialmente la proprietà <strong>di</strong> essere una persona e la proprietà modale <strong>di</strong>esemplificare contingentemente o accidentalmente la proprietà <strong>di</strong> essere Presidentedella Repubblica Italiana.Possiamo mettere in evidenza la <strong>di</strong>fferenza fra le modalità de <strong>di</strong>cto e de re sesupponiamo che Stephen Hawking stia pensando al numero due. Il numero due haessenzialmente o necessariamente la proprietà <strong>di</strong> essere un numero pari. Diconseguenza, la seguente attribuzione <strong>di</strong> modalità de re è vera:(1) La cosa a cui Stephen Hawking sta pensando è necessariamente un numeropariL’attribuzione corrispondente <strong>di</strong> modalità de <strong>di</strong>cto(2) Necessariamente la cosa a cui Stephen Hawking sta pensando è un numeropariè, tuttavia, falsa: (1) ci <strong>di</strong>ce che un certo oggetto, quello a cui Hawking sta orapensando, è essenzialmente o necessariamente un numero pari, e poiché quell’oggettoè il numero due, (1) è vero. (2), d’altra parte, ci <strong>di</strong>ce che una certa proposizione, cioè


(3) La cosa a cui Stephen Hawking sta pensando è un numero pariha la proprietà <strong>di</strong> essere necessariamente vera. Ma supponiamo che Hawking stiapensando a un buco nero in una lontana galassia, allora (3) sarebbe falso. Poichéavrebbe potuto pensare a un buco nero, (3) non è una verità necessaria; e la pretesa de<strong>di</strong>cto che abbiamo in<strong>di</strong>cato con (2) è falsa.Pertanto, l’attribuzione <strong>di</strong> modalità de re deve essere <strong>di</strong>stinta dal <strong>di</strong>scorso sullanecessità, possibilità e contingenza proposizionale. Tuttavia, i <strong>di</strong>fensori dell’apparatodei mon<strong>di</strong> possibili pretendono che la modalità de re così come la modalità de <strong>di</strong>ctopossa essere chiarita facendo riferimento a quell’apparato. Viene richiesto che siariconosciuto che così come le proposizioni sono vere o false nei mon<strong>di</strong> possibili, glioggetti esistono o non esistono nei mon<strong>di</strong> possibili. Possiamo metterla in questitermini, i mon<strong>di</strong> possibili hanno popolazioni; e le popolazioni dei mon<strong>di</strong> possibili<strong>di</strong>fferiscono. Nella totalità dei mon<strong>di</strong> possibili, ce ne sono alcuni in cui certi oggettiesistono e altri in cui questi oggetti non esistono, ma in cui ne esistono altri. E,ovviamente, gli oggetti possono esistere in più <strong>di</strong> un mondo possibile. Io esisto nelmondo attuale, ma se le cose fossero andate <strong>di</strong>versamente in vari mo<strong>di</strong>, io avreipotuto esistere comunque. Ora, i <strong>di</strong>fensori dell’apparato dei mon<strong>di</strong> possibilipretendono che questi fatti ci forniscano le risorse per spiegare le modalità de re. Ilresoconto è semplice: <strong>di</strong>re che un oggetto x ha la proprietà P necessariamente oessenzialmente significa <strong>di</strong>re che x ha P nel mondo attuale e in ogni altro mondopossibile in cui x esiste; significa <strong>di</strong>re che x ha P nel mondo attuale e che non c’è unmondo possibile in cui x esiste ed è privo <strong>di</strong> P. Pertanto, è plausibile pensare cheGiorgio Napolitano abbia la proprietà <strong>di</strong> essere una persona essenzialmente; infatti èuna persona non solo nel mondo attuale, ma è ragionevole pensare che sia unapersona in tutti i mon<strong>di</strong> possibili in cui esiste. D’altra parte, <strong>di</strong>re che una cosa ha unaproprietà solo accidentalmente o contingentemente significa <strong>di</strong>re che mentre haquella proprietà nel mondo attuale, c’è almeno un mondo possibile in cui quella cosaesiste ma non ha quella proprietà. Pertanto, mentre Giorgio Napolitano ha la proprietà<strong>di</strong> essere Presidente, ha quella proprietà solo contingentemente; infatti sebbene abbiaquella proprietà nel mondo attuale, ci sono dei mo<strong>di</strong> in cui le cose sarebbero potuteandare tali che, se fossero andate in quel modo, Giorgio Napolitano sarebbe esistitoma non sarebbe mai <strong>di</strong>ventato Presidente.Come il <strong>di</strong>scorso sulla verità necessaria e possibile, il <strong>di</strong>scorso sull’essenza el’accidente può essere inteso come un <strong>di</strong>scorso sui mon<strong>di</strong> possibili; e in entrambi icasi abbiamo la quantificazione sui mon<strong>di</strong> possibili. Il modo in cui operano iquantificatori cambia tuttavia nei due casi. Nel caso della modalità de <strong>di</strong>cto, laquantificazione sui mon<strong>di</strong> possibili è incon<strong>di</strong>zionata. Quando <strong>di</strong>ciamo che unaproposizione è necessariamente vera, stiamo <strong>di</strong>cendo che è vera in ogni mondopossibile, senza preclusione <strong>di</strong> sorta. Quando <strong>di</strong>ciamo che una cosa ha una proprietànecessariamente o essenzialmente, stiamo ancora invocando un quantificatore suimon<strong>di</strong> possibili, ma ci sono con<strong>di</strong>zioni imposte all’uso del quantificatore. La pretesache Giorgio Napolitano sia essenzialmente una persona non è la pretesa che GiorgioNapolitano sia una persona in tutti i mon<strong>di</strong> possibili. Giorgio Napolitano non è un


essere necessario, un essere che esiste in tutti i mon<strong>di</strong> possibili. Egli è semplicementeun essere contingente; ci sono molti mon<strong>di</strong> possibili in cui non esiste e pertanto nonha affatto alcuna proprietà. La pretesa che egli sia essenzialmente una persona è lapretesa più circoscritta che egli è una persona nel mondo attuale ed è una persona intutti i mon<strong>di</strong> possibili in cui esiste. Allo stesso modo, quando <strong>di</strong>ciamo che GiorgioNapolitano è solo contingentemente Presidente, non stiamo semplicementeaffermando che c’è un mondo possibile in cui non si dà il caso che sia Presidente;stiamo facendo l’affermazione più forte che c’è un mondo in cui esiste e non èPresidente. Ancora una volta, quin<strong>di</strong>, c’è una restrizione riguardo alla quantificazionesui mon<strong>di</strong>. Stiamo quantificando solo sui mon<strong>di</strong> in cui Giorgio Napolitano esiste.

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