quadrante“Emergenza” cibo:riflessioni e proposte LVIA✔ Sandro Bobba - presidente LVIA4Ecco che siamo arrivati all’emergenzaalimentare! Siamo ormai così abituatiad abbinare il termine emergenza ad unaserie di eventi naturali, sociali ed economiciche vanno dai terremoti, alle alluvioni, agliimmigrati, al terrorismo, al caro vita, alla“monnezza”, che oggi le poche voci chetentano di porci di fronte a questo problemadi rilevanza planetaria rischiano di rimanereinascoltate. Come sempre, tendiamoquindi a concentrare la nostra attenzione suproblemi che ci toccano da vicino o chesemplicemente fanno notizia, come adesempio la situazione dei rifiuti inCampania o il varo del cosiddetto pacchettosicurezza, oppure l’abolizione dell’ICI e,come sempre, ci soffermiamo su problematichedi portata locale perdendo di vistale cause reali che danno poi origine a moltidei fenomeni che destano in noi paure epreoccupazioni. Pochissimi accenni sustampa e tv e tanto meno nessuna presa diposizione della nuova (e meno nuova)classe politica italiana, nei confronti dell’allarmelanciato dalla FAO sul rischio chealmeno altri cento milioni di persone siaggiungano in brevissimo tempo al miliardocirca che vive sotto la soglia della povertà.Questo a causa dell’aumento spropositatodei prezzi degli alimenti di base, che negliultimi due anni hanno subito incrementiche variano dal 40% al 70% e che, mentreper gli abitanti del Sud del mondo si manifestacon moti popolari di protesta in moltipaesi di Asia, Africa e America Latina, da noisi concretizza in un aumento costante mairreversibile del caro-vita ed una riduzionedel potere d’acquisto, che stiamo vivendotutti con non poca preoccupazione.Nel nostro piccolo, di fronte all’ennesimodramma mondiale, abbiamo deciso di dareampio spazio a questo tema dedicando unnumero completo della rivista per cercare dicapire le cause che l’hanno originato e glieffetti che potrà produrre sia a livello globalesia localmente, nei nostri “irrinunciabili”stili di vita occidentali e nella nostra quotidianità.Non mi soffermo dunque su dettagli edapprofondimenti, che lascio a quanti hannocollaborato a questo numero e le cui opinionisono contenute nelle pagine cheseguono, ma vorrei sottolineare il fattocurioso (in verità anche alquanto ipocrita)che oggi Banca Mondiale e FondoMonetario Internazionale si uniscano all’appellodella FAO quando proprio loro, insiemeall’Organizzazione Mondiale per ilCommercio e ai grandi gruppi bancari internazionali,hanno pesantemente contribuitoa determinare le politiche dei paesi poveridegli ultimi trent’anni, attraverso una seriedi misure che non sono state per nulla ingrado di prevenire una crisi di tale portata.Anzi, alcune di queste politiche hanno invececontribuito ad aggravare la situazione,come ad esempio: l’imposizione ai paesipoveri di aggiustamenti strutturali dei bilancipubblici, che hanno poi strangolato leeconomie locali impossibilitate alla restituzionedei prestiti ottenuti; la progressivadistruzione dei sistemi agricoli locali, primagestiti da piccole aziende contadine spessoa conduzione famigliare nel rispetto degliecosistemi e delle abitudini alimentari locali,in favore dell’introduzione di coltureestensive gestite da multinazionali preoccupatedi far fronte alle richieste alimentarisempre più esigenti dei paesi occidentali;l’introduzione degli agrocarburanti che, inrisposta all’emergenza petrolio, stanno creandoun altro tipo di emergenza ben piùgrave, dal momento che vastissime areecoltivabili non producono più cibo per l’alimentazioneumana ma per i nostri futurimezzi di trasporto; la speculazione da partedei grandi gruppi finanziari e bancari che,per far fronte alla recente crisi mondiale deimutui, si sono ultimamente concentrati suibeni alimentari di prima necessità contribuendocosì a farne lievitare il prezzo.Di fronte a questa ennesima emergenzaumanitaria, quali sono dunque le prospettive?Quali misure devono essere adottate alivello internazionale e locale? Alcune proposteda parte di esponenti di EntiInternazionali sono state manifestate, ma sitratta come sempre di misure tampone perfar fronte all’emergenza, che consistonoessenzialmente nello stanziamento di fondistraordinari in favore dei paesi poveri. Ci troveremoquindi costretti ancora una volta arealizzare progetti di emergenza per risponderea bisogni immediati e non dilazionabilida parte di beneficiari che si troverannonella posizione di dover accettare passivamentequanto verrà loro elargito, quasi a titolodi elemosina? Una soluzione che si prospettamolto distante dalla concezione didiritti e responsabilità, che è uno dei temicentrali della nostra riflessione associativa diquesti ultimi tempi.A livello individuale, sono certo che molti fraquanti ci leggono siano oggi impegnati attivamentesu diversi fronti che vanno dal commercioequo, ai gruppi di acquisto solidale, astili di vita sobri e rispettosi dell’ambiente.Ritengo che in quanto Associazione che sipone fra i propri scopi quello di ricercare edenunciare le cause dell’ingiustizia e dell’emarginazionee proporre azioni perrimuoverle, dovremmo assumere una posizionechiara e determinata a supporto diquelle azioni che stanno denunciando ilproblema e propongono iniziative di mobilitazione,che vanno da una proposta dimoratoria mondiale sugliagrocarburanti ad un’iniziativa pubblicain ambito internazionale per il sostegnoalle economie locali, dove finalmente le strategiesiano definite con il fondamentaleapporto dei governi e dei popoli dei paesipoveri e dove le priorità vengano stabilitenon solamente sulla base di logiche di mercatoglobale, ma nel rispetto di politicheagricole ed economiche che tengano contodelle realtà produttive locali.In ambito progettuale, sempre più si staconcretizzando la consapevolezza di unnostro ruolo di facilitatori di processi più chedi realizzatori di opere, che contribuisca acreare le condizioni per una responsabilizzazionedelle popolazioni con le quali cooperiamoe che favorisca lo sviluppo diforme di produzione rispettose della dignitàdell’uomo (in quanto produttore ma ancheconsumatore). ◗
attualitàSICUREZZA?…ALIMENTARE!Le “guerre della fame”✔ Lia Curcio - LVIA ItaliaManifestazioni in Bangladesh, dove ilprezzo del riso è alle stelle; scioperiin Burkina Faso; ad Haiti una folla affamatatenta di assalire il palazzo presidenziale;sommosse in Cameroun, Bolivia, Indonesia;nuovi impoveriti in Europa e Nord Americafaticano a sbarcare il lunario. Queste esplosionidi malcontento, che negli ultimi mesihanno avuto risonanza sui media di tutto ilmondo, hanno una causa comune: il cibo.I dati parlano chiaro: dalla metà del 2007, ilprezzo del grano è aumentato del 130%, ilriso del 74%, la soia dell’87% e il mais del53%, con un aumento generale dei prezzialimentari pari al 48%. Si tratta di un fenomenoglobale. Da Occidente a Oriente, daNord a Sud, “mangiare” sta diventandosempre più difficile e nei contesti più drammatici,dove la maggioranza delle famiglievive in condizioni di povertà estrema, questasituazione sembra presagire uno scenariospaventoso. Banca Mondiale, Fondo MonetarioInternazionale, Nazioni Unite denuncianoche l’aumento dei prezzi rischia di farprecipitare altri cento milioni di personesotto la soglia della povertà. Ecco quindi lerivolte "per la fame", le proteste dei piùdeboli che rivendicano il proprio diritto amangiare.I tre quarti dellapopolazionemondialerischia la famenon a causadella carestia,ma del carovita5