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Alimentare! - Lvia

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attualitàLa crisi alimentare“costruita” dalle Politiche ✔Lia Curcio - LVIA Italia8Negli ultimi vent’anni, mentre Europae Stati Uniti proteggevano i loro agricoltori,le economie emergenti e ipaesi poveri, sotto la spinta delle politicheneoliberiste, hanno progressivamenteeliminato l’intervento pubbliconel settore agricolo. Le liberalizzazioniimposte ai paesi del Sud daiprogrammi strutturali del Fondo MonetarioInternazionale e della BancaMondiale a partire dagli anni Ottanta,hanno determinato lo smantellamentodell’aiuto pubblico ai produttori el’abolizione dei controlli statali sullacommercializzazione: niente piùprestiti alle aziende locali o sostegnoalle vendite né aiuti per accedere aimercati. Nel frattempo però, i sussidipubblici alla produzione agricola inEuropa e Stati Uniti rendevano questiprodotti alimentari più concorrenzialisul mercato internazionale. Ancorauna volta le leggi del mercato globalesi fondano sull’assunto “due pesi edue misure”.Il caso della Politica EuropeaAnalizzando la nostra Politica AgricolaComunitaria (PAC) questa ha sostanzialmentetre finalità: creare un mercato unificato,proteggere i prodotti europei dalleimportazioni, offrire sussidi agli agricoltori. Ilrisultato è che gli agricoltori europeipossono vendere i propri prodotti sulmercato internazionale ad un prezzo addiritturainferiore al costo di produzione, conuna concorrenza scorretta e contraria aquegli stessi principi neoliberali che si cercainvece di imporre alle economie del Sud.Questo contesto è aggravato dall’attualevolontà politica dei vertici di Bruxelles diimporre ai paesi ACP (Africa, Caraibi, Pacifico)gli Accordi di Partenariato Economico(EPA), volti ad una liberalizzazione piùspinta». Già qualche mese fa, Ndiogou Fall,presidente ROPPA (Rete delle organizzazionicontadine e di produttori dell’Africadell’Ovest), ci aveva avvertiti: «Se verrannofirmati, gli Epa porteranno l’Africa sull’orlodel baratro. Impongono ai nostri mercatiuna competizione che non saranno mai ingrado di reggere; una competizione a tuttocampo, sui servizi, sui prodotti agricoli, suuna serie di settori vitali per le nostreeconomie. Noi questo approccio lo respingiamo,anche perché è palesementecontraddittorio: l’Unione Europea si èformata grazie a un formidabile processodi integrazione che è passato per unaforte protezione dei propri mercati. E orachiede a noi di svilupparci liberalizzandoi nostri. Alcuni prodotti devono essereprotetti, perché dalla loro produzionedipende l’esistenza di milioni di persone».L’analisi di Francesco Gesualdi, delCentro Nuovo Modello di Sviluppodi Vecchiano (PI): ripensare la PACe la cooperazione governativa«Quando in Senegal, il riso o il grano chearriva dall’Europa costa poco - e costa pocograzie ai sussidi pubblici - il contadino localefallisce ed è costretto ad abbandonare laterra ed emigrare in città, dove andrà adampliare la massa dei poveri che affollanole baraccopoli. Se da un lato il piccoloproduttore locale ha bisogno di vendere sulmercato ad un prezzo equo, sufficiente aportare avanti la propria attività, dall’altro ilpovero che vive nelle città, e che deveacquistare tutto ciò di cui ha bisogno pernutrirsi, tende a comprare il cibo importatodall’Europa, perché costa meno. La soluzioneallora è quella di attivare delle politichedi integrazione dei prezzi per i prodottiagricoli nel Sud del mondo. È necessarioche lo Stato intervenga sulle strutture dimercato: lo Stato deve avere un ruolocentrale. E, dall’altro lato, è necessariocambiare radicalmente le politiche agricoleche oggi Europa e Stati Uniti stannoportando avanti impoverendo i produttoridel Sud. Anche la cooperazione governativaha una sua responsabilità: oggi sembraoffrire ricche opportunità di mercato allenostre imprese. Dovrebbe invece essereorientata a sostenere il piccolo contadino ela produzione locale per appoggiare unprocesso volto al raggiungimento dellasovranità alimentare».L’analisi di Pietro Raitano, direttoredella Rivista Altreconomia: la principaleresponsabile è la speculazione«Per la prima volta nella storia del mondo,siamo in presenza di una crisi alimentareche non è dovuta ad un calo dell’offerta. Inpassato ci sono state delle crisi drammatichelegate a situazioni di carestia e quindiad un calo della produzione ma oggi si notache, comparando la produzione mondialedi alimenti con il numero di abitanti delpianeta, ci sarebbe cibo per tutti. Nel 2007,ad esempio, la produzione di cereali èaumentata e non ci sono state carestieparticolari, tranne il caso dell’Australia. Leradici della crisi sono molteplici. Da un lato,è vero che è aumentata l’offerta, ma ècambiata la domanda. La produzione dibiocarburanti sta ad esempio provocandouna spostamento delle colture da usoalimentare a produzione di energia. L’impattodi questo spostamento, tuttavia, nonè ancora significativo al punto da spiegareun così marcato aumento dei prezzi deibeni alimentari, mentre sta già provocandodei gravi danni ambientali: basta guardare alBrasile, un paese che ha fortemente investitonella produzione di biocarburanti e chesta incentivando la deforestazione. Certo èche se i trend attuali non saranno arrestati,questo fattore potrà aggravare pesantementela crisi alimentare. Il ruolo principalenell’attuale crisi è svolto dalla speculazione.I prezzi sono aumentati così tanto ecosì rapidamente a causa della speculazionefinanziaria privata. Con la crisi deimutui sub-prime, infatti, il mondo finanziarioè andato verso altri investimenti, tracui gli alimentari, con il risultato che oggi iprezzi dei prodotti agricoli non sono piùdeterminati dalla legge della domanda edell’offerta: tutto è distorto dalla massicciaentrata dei fondi d’investimento nelmercato agroalimentare mondiale. Oggi laspeculazione ha raggiunto livelli tali che lestesse banche hanno iniziato a promuovereinvestimenti nelle commodities, tracui prodotti come mais e zucchero.Questo perché si prevede che il loro prezzoaumenterà e il gioco della speculazionefaciliterà l’impennata dei prezzi. Oggi, lafinanza tradizionale, quella legata allebanche e ai prestiti, è in crisi e si specula sulcibo. Il punto è che mentre delle banche sipuò fare a meno, non si può fare a menodi mangiare. Il sistema finanziario legato agliagroalimentari non è regolamentato. Se sicontinua a lasciarlo in mano al mercato, lacrisi peggiorerà».

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