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Un'educazione dell'intera persona per un mondo ... - Claudio Naranjo

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- imparare a vincere gli impulsi indesiderabili e i comportamentidistruttivi;- risvegliare le facoltà creative e immaginative della <strong><strong>per</strong>sona</strong>;- imparare a svolgere <strong>un</strong> ruolo responsabile nella vita della società;- imparare a com<strong>un</strong>icare con gli altri;- aiutare le <strong>per</strong>sone ad adattarsi e a prepararsi al cambiamento;- <strong>per</strong>mettere a ogn<strong>un</strong>o di acquisire <strong>un</strong>a concezione globale del <strong>mondo</strong>;- formare le <strong>per</strong>sone a essere o<strong>per</strong>ative e a risolvere problemi.Sono d’accordo con le affermazioni di King, ma sento che nel suo linguaggiopuramente obiettivo, preso dal <strong>mondo</strong> dell’economia, la politica el’ingegneria, si <strong>per</strong>de qualcosa di sostanzialmente vitale: mi sembrasignificativa l’assenza di parole come “amore” e “compassione”. Sono paroleche il nostro <strong>mondo</strong>, basato sullo sviluppo dell’emisfero cerebrale sinistro,considera implicitamente proibite, come tra i <strong><strong>per</strong>sona</strong>ggi replicati del Mondonuovo di Aldous Huxley si considerava di cattivo gusto parlaredell’incubatrice.Una delle ragioni <strong>per</strong> cui, fino ad ora, non si sono fatti passi avantineppure nella formulazione di quegli obiettivi addizionali che l’educazionedovrebbe <strong>per</strong>seguire, è la convinzione implicita che cercare di ottenerlisarebbe troppo costoso. Sembra naturale pensare che <strong>un</strong> cambiamento cosìradicale intorno agli obiettivi dell’educazione – e non diciamo nulla deimezzi da impiegare <strong>per</strong> farlo – dovrebbe supporre il cambio corrispondente del<strong><strong>per</strong>sona</strong>le incaricato di portarlo a termine.Ma credo che il problema non sia così irrisolvibile come appare. La chiavesta in <strong>un</strong>a diversa impostazione nella formazione degli educatori che oggiricevono <strong>un</strong> bagaglio culturale eccessivo e <strong>un</strong>a educazione emozionale espirituale insufficiente. Per esempio, nel campo della psicologia si insegnamolto a proposito della condotta, ma nulla che aiuti davvero a cambiare lagente; cioè, si impara a cambiare comportamenti concreti ma non a cambiaremodo di vivere. Perché? Perché il comportamentismo è scientifico e come talesi occupa solo di ciò che può essere misurato. Una volta <strong>un</strong> mio professoredella Facoltà di Medicina, Ignacio Matte-Blanco, psicanalista cileno emigratoin Italia, mi raccontava di <strong>un</strong> suo amico che aveva voluto studiare medicina<strong>per</strong>ché attratto dall’essere umano e <strong>per</strong> comprendere la mente umana.Con il tempo gi<strong>un</strong>se a rendersi conto di quanto fosse impossibile pretenderedi costruire <strong>un</strong>’autentica scienza della mente e alla fine dedicò la sua vitaalla trasmissione degli impulsi nervosi e alla polarizzazione della membranadell’assone neuronale del calamaro. Credo che a tutti noi sia successo <strong>un</strong> po’lo stesso: che <strong>per</strong> essere scientifici abbiamo limitato il campo dei nostriinteressi a ciò che la scienza può misurare rimanendo prigionieri in <strong>un</strong>o deigiochi patriarcali, lo scientismo, che non è lo stesso della scienza, ma solo<strong>un</strong>a caricatura dello spirito scientifico.A questo riguardo, affronto il tema dell’economia <strong>per</strong>ché sono convinto chequel necessario cambiamento di orientamento dell’educazione sia possibile, siafacilmente alla nostra portata e risulti molto meno costoso di ciò chepossiamo immaginare. Se fossimo in grado di raggi<strong>un</strong>gere <strong>un</strong>a coscienzasufficiente, sarebbe <strong>un</strong>a rivoluzione così facile come premere <strong>un</strong> interruttore.Si pensi alla rivoluzione francese, laddove <strong>un</strong> cambiamento radicalenell’educazione (da <strong>un</strong>a visione umanista a <strong>un</strong>a concezione scientifica) potéessere portato avanti solo <strong>per</strong>ché vi fu <strong>un</strong> governo forte che lo decise. «Bene– dissero le autorità – portiamo a scuola gli scienziati». Quelli che sapevanodi scienza erano coloro che stavano nei laboratori, come Lavoisier e i suoiallievi. Era l’epoca della nascita della scienza e si mise a insegnare genteche non aveva es<strong>per</strong>ienza pedagogica, ma che aveva molto da com<strong>un</strong>icare.Credo che ora dovremmo fare qualcosa di simile: dare <strong>un</strong>o spazio limitatoalle materie che attualmente fanno parte del curriculum (la gran parte diquanto impariamo, in realtà, la impariamo fuori dalle aule scolastiche),condensare gran parte di ciò che si fa nelle scuole e dare spazio a <strong>per</strong>sone

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