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Un'educazione dell'intera persona per un mondo ... - Claudio Naranjo

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Naturalmente abbiamo bisogno di sviluppare, se non di recu<strong>per</strong>are, lacapacità di identificare i propri sentimenti, così come di esprimerli in modoautentico e adeguato. Non possiamo <strong>per</strong>metterci di evitare il contributorappresentato dalle tecniche di drammatizzazione e di espressione <strong>per</strong> losviluppo della vita emozionale. È anche importante, a questo riguardo, <strong>un</strong>arisorsa che proviene dalla concezione liberale dell’educazione: il contattocon il patrimonio letterario e artistico del <strong>mondo</strong> intero, fatto con <strong>un</strong>a guidaappropriata, costituisce <strong>un</strong> lascito passato di cuore in cuore, così come lascienza e la filosofia sono <strong>un</strong>’eredità che si trasmette di mente in mente.Rispetto all’educazione in campo affettivo, la cosa più importante cheposso dire potrebbe essere il bisogno che abbiamo di riconoscere che il suoobiettivo centrale è lo sviluppo della capacità di amare.Non vi è dubbio che la salute e tutte le virtù naturali concomitanti sonoinseparabili dalla capacità di amare se stessi e di amare gli altri. Perciòabbiamo bisogno di <strong>un</strong>a pedagogia dell’amore. Abbiamo informazioni sufficienti<strong>per</strong> poterla sviluppare; forse ciò che mancava era <strong>un</strong>a direzione e l’occasione<strong>per</strong> applicarla in <strong>un</strong> contesto educativo.Sappiamo, <strong>per</strong> esempio, che oltre la capacità di infondere calore,comprensione e sicurezza psicologica, e di dare l’occasione <strong>per</strong> sviluppare ilsenso di com<strong>un</strong>ità, è necessario occuparsi in modo adeguato dell’ambivalenzainfantile con cui cresce la maggior parte della gente nella nostra società, inconseguenza al fatto di aver avuto genitori che sono stati tutto meno chematuri dal p<strong>un</strong>to di vista emotivo, felici e produttivi. Il potenziale amorosodell’individuo è velato dal suo odio verso se stesso e dalla sua caricaautodistruttiva, cosciente o incosciente, tutte cose sorte nella sua storiainfantile. Liberarsi di esse, come dimostra a questo p<strong>un</strong>to l’es<strong>per</strong>ienzapsicoterapeutica, esige il raggi<strong>un</strong>gimento di <strong>un</strong>a comprensione intuitiva piùche puramente intellettuale nel riesame della propria vita e di tirar fuoritutto il dolore e la frustrazione associati alle impressioni del passato, <strong>per</strong>poterli così lasciare andare. Tutto questo richiede naturalmente <strong>un</strong> l<strong>un</strong>goprocesso psicoterapeutico, che <strong>per</strong>ò oggi può realizzarsi in tempi molto piùbrevi rispetto all’epoca dominata dall’esplorazione psicanalitica.Credo che tutto questo si debba in gran parte al tabù che esiste, in campoeducativo, rispetto alla psicoterapia e alla religione. Si pensa che il campoeducativo debba essere distinto e non invaso da altri campi. È <strong>un</strong>a concezione<strong>un</strong> po’ territoriale, che è oltrepassata nella realtà a causa di comprensibilicomplicazioni come quelle prodotte quando il bambino inizia a parlare a scuoladelle cose che accadono a casa sua. Non sono cose che si possano trattare alivello locale, a livello della scuola stessa. I professori, i direttoriscolastici, anche i burocrati dell’educazione avrebbero bisogno di contare su<strong>un</strong> appoggio molto più forte <strong>per</strong> poter prendere l’iniziativa di impiantarenella scuola elementi che fanno parte della metodologia – della tecnologia,potremmo dire – di cui disponiamo oggi <strong>per</strong> sviluppare e/o guarire le relazioniaffettive. Se la crisi che stiamo patendo è prima di tutto <strong>un</strong>a crisi dellerelazioni, <strong>un</strong>a crisi in rapporto alla capacità amorosa dell’essere umano, nonpossiamo continuare a mantenere quella separazione tra l’approccio terapeuticoe quello educativo e non possiamo neppure continuare a identificarel’educazione con <strong>un</strong>a istruzione spesso irrilevante.Forse la risorsa procedente dal campo della psicologia umanistica che si ètentato di utilizzare di più nel contesto educativo degli Stati Uniti è statol’approccio gestaltico (con il nome di “educazione confluente”): George Brown,professore di educazione nel campus di Santa Barbara, all’Università dellaCalifornia, gestaltista, ottenne l’appoggio dell’Istituto Esalen e dellaFondazione Ford già vent’anni fa ed ha impartito <strong>un</strong>a formazione gestaltica aeducatori in modo sistematico, non tanto con l’intenzione di trasformare laterapia gestaltica in <strong>un</strong>a parte addizionale del curriculum di studi, ma conl’obiettivo di dotare i professori di <strong>un</strong>a maggiore capacità di avvicinamentoes<strong>per</strong>ienziale alla verità, di <strong>un</strong>a maggiore comprensione della condizione umana

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