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Atti della Presentazione - Fondazione Edison

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Giulio Tremontinazionale: “le crisi non sono il momento per farele riforme perché causano incertezza e paura inun momento in cui invece è fondamentale il fattore<strong>della</strong> certezza, il fattore <strong>della</strong> fiducia”. A menoche non siano assolutamente rinviabili per ladrammaticità <strong>della</strong> situazione, come nel caso delsistema bancario in cui si è dovuto intervenirecon radicalità.3) L’altro punto di forza del nostro Paese è la suastruttura produttiva. Da noi la grande industria hauna dimensione particolare, che è quella dei distretti;i distretti, in altre parole, sono una forma diespressione <strong>della</strong> grande industria italiana. Complessivamentesono un centinaio, ed io, onestamente,non so se farei cambio con i 50 campioninazionali francesi. L’ideale sarebbe forse avere unpo’ degli uni e un po’ degli altri. Detto ciò, suidistretti occorre però lavorare molto, per rafforzarnela specificità, ferme le individualità che li animano.Nel nostro Paese vi è una quantità enorme disoggetti che lavorano nell’economia privata. InItalia le Partite Iva attive nel settore dell’industriasono 8.800.000, che è un numero straordinario.Naturalmente, in questo numero sono compreseanche Partite Iva “fittizie” aperte per poter trovarelavoro, e che quindi in quanto tali non sottintendonouna autonomia nell’impresa. Ma in ognicaso esse sono un dato indicativo <strong>della</strong> forza e<strong>della</strong> vitalità del nostro Paese, senza con ciò negarei molti problemi che lo affliggono. In particolare,da gennaio a fine aprile il saldo tra aperture echiusure delle Partite Iva è stato pari a +177.000.E’ un dato positivo o negativo? Sicuramente è undato di vitalità. E nella vitalità ci sono fattori di crisi,fattori di espansione, fattori di riduzione.Per concludere, io credo che sia stata sbagliata lascelta politica dell’opposizione di puntare sullacrisi di sistema; non mi riferisco a Enrico Letta, maa una grande parte dell’area politica avversa allanostra che per molto tempo ha puntato alla rotturadi sistema, alla drammatizzazione; che haguardato alla crisi come fattore catartico, ipotizzandoche la crisi potesse prendere una intensitàcosì forte da far cadere il Governo; commettendo,a mio avviso, un errore tecnico di valutazione e dianalisi, trascurando i punti di forza del nostro Paesesopra menzionati.L’Italia è dunque un Paese che ha delle chancesper uscire dalla crisi. La retorica recita che se nonsi fanno le riforme si esce dalla crisi peggio deglialtri; sempre in modo retorico, fino a poco tempofa si è sostenuto che i Paesi che crescevano di piùnel panorama internazionale erano quelli cheavevano introdotto importanti riforme. Oggi invecesi è visto che i Paesi che crescevano maggiormentein termini di Pil erano quelli che facevanopiù debito, debito privato e non pubblico. Anchel’Italia è cresciuta molto negli anni di esplosionedel suo debito pubblico, ma quando nel 1992-93ha iniziato la sua politica di contenimento deldebito hanno iniziato a crescere gli altri Paesi,grazie all’incremento del debito privato.L’Italia, a differenza degli Stati Uniti e degli altriprincipali Paesi europei, negli ultimi anni non habasato la sua felicità sulle carte di credito, bensìsul risparmio e su tante altre cose, gestendo l’onereenorme di un debito pubblico pregresso di cuitutti abbiamo la responsabilità collettiva.Anche per questo io non credo che, una voltasuperata la crisi, l’Italia si troverà così spiazzatacome ci hanno raccontato in tutti questi anni.Mettiamola così: essendosi dimostrate sbagliatetutte le previsioni passate, probabilmente sonosbagliate anche le analisi e le previsioni future.Quindi io proporrei all’opposizione di chiuderequesta partita abbandonando la visione catastroficache contraddistingue parte di essa, accogliendola disponibilità a una discussione pacata comeè venuta da Enrico Letta.Grazie.15<strong>Atti</strong> presentazione libro “La crisi mondiale e l’Italia” ‐ Milano, 27 aprile 2009

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