Giulio Tremontiscelta giusta perché il problema non era sostenerei consumi, ma in generale aiutare chi ne avevabisogno. E adesso mi sembra che ci sia un certoconsenso in merito al fatto che quella di detassarele tredicesime era una scelta sbagliata.Io sono stato demonizzato per l’introduzione <strong>della</strong>Carta Acquisti, perché si diceva essere uno strumentoper marcare la povertà (ma allora noncapisco perché la Family Card introdotta dal Comunedi Bologna, che è sostanzialmente la stessacosa, sia stata accolta favorevolmente dalle stessepersone che invece criticano la Carta Acquistiintrodotta dal Governo). In realtà noi abbiamosemplicemente riprodotto un modello straniero diCarte di credito per il cibo, meccanismo che adessoè purtroppo diffusissimo in America.Sempre relativamente alla Carta Acquisti, ci hannoaccusato di aver sbagliato perché l’abbiamoprevista per 1.300.000 soggetti, quando invecel’hanno richiesta solo poco più di mezzo milionedi persone. Ma il problema è che in Italia nonesiste una “banca dati <strong>della</strong> povertà” e i meccanismiintelligenti costruiti negli anni ’90 per identificarela povertà – noti come ISEE – sono di unaenorme complicazione. Bisognerà, quindi, procedereanzitutto con la creazione di una “bancadati <strong>della</strong> povertà”, partendo da un collegamentotra le banche dati fiscali e le banche dati dell’Inps,che ad oggi non esiste. Basti pensare a comespesso i decessi non vengano comunicati contempestività all’Inps, al contrario di quanto avvienecon il fisco, con la conseguenza che non c’èmai una corrispondenza tra i numeri di decessiche risultano all’Inps e il numero di decessi cherisultano al fisco.In ogni caso, le risorse stanziate per la Carta Acquistisulla base <strong>della</strong> stima di 1.300.000 soggettiin stato di necessità sono ancora disponibili e sarannoutilizzate in tale comparto, consapevoli chel’impatto <strong>della</strong> crisi è stato molto forte, soprattuttoverso il basso. Tale strumento potrà essere miglioratocon la discussione di tutti, con i Comuni, conil mondo del non-profit e del volontariato, tenendosempre presente l’importanza di sostenere iconsumi, ma non come valore assoluto.A mio avviso, infatti, uno degli aspetti positivi diquesta crisi è proprio la scomparsa <strong>della</strong> figurapolitica del Consumatore, quale portatore di valorisuperiori e sintesi globale del nuovo e modernopensiero positivo e, conseguentemente, il riemergere<strong>della</strong> figura del Cittadino. Io conosco l’uomoe i valori spirituali; non riconosco invece il Consumatorecome entità superiore a cui prestare ossequiopolitico e democratico.Per concludere, noi abbiamo cercato di metterein campo politiche adeguate a superare la crisiche fossero compatibili con la nostra struttura diconti pubblici, e credo che i risultati raggiunti sianopositivi. In caso contrario avremmo avuto tuttii giornali tapezzati di giudizi negativi sulla nostrapolitica, e le misure da noi adottate non sarebberostate relegate alle brevi di cronaca.Detto questo, il nostro è un Paese con importantielementi di forza che stanno venendo fuori propriocon la crisi, non in assoluto, ma in rapportoagli altri Paesi:1) l’Italia è un Paese che non ha grandi metropolicircondate da enormi e destabilizzanti anelli diperiferia, ma ha oltre 8.000 Comuni e numerosepiccole e medie città, ossia strutture sociali moltopiù forti e più capaci di assorbire l’impatto <strong>della</strong>crisi che non le banlieu o gli anelli di devastantiperiferie;2) l’Italia è un Paese che ha ancora la famigliacome struttura sociale portante, diversamente daaltri Paesi in cui il ruolo sociale <strong>della</strong> famiglia èmolto minore essendo più forte il ruolo socialedello Stato.Per molto tempo i Paesi nordici, con le loro strutturesociali fortemente incentrate sul ruolo delloStato, sono stati portati ad esempio di modellisociali evoluti; ad oggi, però, sono quasi tutti mezzifalliti. Io tra il ruolo sociale dello Stato e il ruolosociale <strong>della</strong> famiglia preferisco quest’ultimo, anchese questo non significa che debba fare tuttola famiglia. E, infatti, a supporto <strong>della</strong> famiglia noiabbiamo l’Inps, con il sistema dei prepensionamentiche funzionano da ammortizzatorisociali, e le pensioni di invalidità che purtropponegli ultimi anni sono cresciute anche in dipendenzadi una applicazione asimmetrica del federalismofiscale. Io non credo, quindi, che il modellosociale italiano sia così negativo come ce lorappresentano. E credo che la riforma delle pensionicui si è giunti attraverso le ultime legislaturesia una buona riforma, che ha funzionato e stafunzionando. Riguardo agli armonizzatori socialisi possono introdurre delle varianti. Nell’emergenzaabbiamo aggiunto al meccanismo esistentequante più risorse potevamo, e credo che l’aggiuntadi 9 miliardi in 6 mesi non sia esattamenteun intervento marginale.C’è chi sostiene che la crisi sia il momento miglioreper fare le riforme. A costoro io rispondo riprendendole parole del Fondo Monetario Inter-14<strong>Atti</strong> presentazione libro “La crisi mondiale e l’Italia” ‐ Milano, 27 aprile 2009
Giulio Tremontinazionale: “le crisi non sono il momento per farele riforme perché causano incertezza e paura inun momento in cui invece è fondamentale il fattore<strong>della</strong> certezza, il fattore <strong>della</strong> fiducia”. A menoche non siano assolutamente rinviabili per ladrammaticità <strong>della</strong> situazione, come nel caso delsistema bancario in cui si è dovuto intervenirecon radicalità.3) L’altro punto di forza del nostro Paese è la suastruttura produttiva. Da noi la grande industria hauna dimensione particolare, che è quella dei distretti;i distretti, in altre parole, sono una forma diespressione <strong>della</strong> grande industria italiana. Complessivamentesono un centinaio, ed io, onestamente,non so se farei cambio con i 50 campioninazionali francesi. L’ideale sarebbe forse avere unpo’ degli uni e un po’ degli altri. Detto ciò, suidistretti occorre però lavorare molto, per rafforzarnela specificità, ferme le individualità che li animano.Nel nostro Paese vi è una quantità enorme disoggetti che lavorano nell’economia privata. InItalia le Partite Iva attive nel settore dell’industriasono 8.800.000, che è un numero straordinario.Naturalmente, in questo numero sono compreseanche Partite Iva “fittizie” aperte per poter trovarelavoro, e che quindi in quanto tali non sottintendonouna autonomia nell’impresa. Ma in ognicaso esse sono un dato indicativo <strong>della</strong> forza e<strong>della</strong> vitalità del nostro Paese, senza con ciò negarei molti problemi che lo affliggono. In particolare,da gennaio a fine aprile il saldo tra aperture echiusure delle Partite Iva è stato pari a +177.000.E’ un dato positivo o negativo? Sicuramente è undato di vitalità. E nella vitalità ci sono fattori di crisi,fattori di espansione, fattori di riduzione.Per concludere, io credo che sia stata sbagliata lascelta politica dell’opposizione di puntare sullacrisi di sistema; non mi riferisco a Enrico Letta, maa una grande parte dell’area politica avversa allanostra che per molto tempo ha puntato alla rotturadi sistema, alla drammatizzazione; che haguardato alla crisi come fattore catartico, ipotizzandoche la crisi potesse prendere una intensitàcosì forte da far cadere il Governo; commettendo,a mio avviso, un errore tecnico di valutazione e dianalisi, trascurando i punti di forza del nostro Paesesopra menzionati.L’Italia è dunque un Paese che ha delle chancesper uscire dalla crisi. La retorica recita che se nonsi fanno le riforme si esce dalla crisi peggio deglialtri; sempre in modo retorico, fino a poco tempofa si è sostenuto che i Paesi che crescevano di piùnel panorama internazionale erano quelli cheavevano introdotto importanti riforme. Oggi invecesi è visto che i Paesi che crescevano maggiormentein termini di Pil erano quelli che facevanopiù debito, debito privato e non pubblico. Anchel’Italia è cresciuta molto negli anni di esplosionedel suo debito pubblico, ma quando nel 1992-93ha iniziato la sua politica di contenimento deldebito hanno iniziato a crescere gli altri Paesi,grazie all’incremento del debito privato.L’Italia, a differenza degli Stati Uniti e degli altriprincipali Paesi europei, negli ultimi anni non habasato la sua felicità sulle carte di credito, bensìsul risparmio e su tante altre cose, gestendo l’onereenorme di un debito pubblico pregresso di cuitutti abbiamo la responsabilità collettiva.Anche per questo io non credo che, una voltasuperata la crisi, l’Italia si troverà così spiazzatacome ci hanno raccontato in tutti questi anni.Mettiamola così: essendosi dimostrate sbagliatetutte le previsioni passate, probabilmente sonosbagliate anche le analisi e le previsioni future.Quindi io proporrei all’opposizione di chiuderequesta partita abbandonando la visione catastroficache contraddistingue parte di essa, accogliendola disponibilità a una discussione pacata comeè venuta da Enrico Letta.Grazie.15<strong>Atti</strong> presentazione libro “La crisi mondiale e l’Italia” ‐ Milano, 27 aprile 2009