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Atti della Presentazione - Fondazione Edison

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Enrico Lettaverso una dialettica virtuosa tra il livello intergovernativoe il livello comunitario – impersonificatoe rappresentato dalla Commissione europea e dalParlamento europeo – che ha visto le grandi realizzazioniche oggi ci fanno forti; penso a tutto illavoro del decennio Delors che ha portato al“mercato delle quattro libertà” e poi al processo dicostruzione dell’Unione Europea culminato con ilTrattato di Maastricht. E’ stato tutto un camminoguidato dalla Commissione europea, in cui i governinazionali seguivano e ovviamente aggiustavanoil percorso, cercando di trovare le formemigliori per portare il consenso attorno alla costruzionedell’Unione europea sancita dal Trattato.Bene, questa dialettica virtuosa tra livello intergovernativoe livello comunitario è saltata completamentenegli ultimi mesi; la Commissione europeaè tornata al ruolo che aveva negli anni ‘60 e ’70,cioè organo esecutivo delle decisioni dei governinazionali. E questo, secondo me, è bene dirlo congrande franchezza, senza coprirlo in modo ipocrita.Io lo ritengo, però, un gravissimo errore diprospettiva, anzitutto perché i governi non sonopiù 6 come erano negli anni ’60, ma sono 27, e iltasso di egoismo nazionale dei singoli governirimane elevatissimo.In questo ragionamento si inserisce la grave responsabilità,a parer mio, che la cancelliera tedescasi è assunta nel bloccare un piano straordinariodi intervento per il sostegno delle economiedell'Europa centro orientale, creando un dannoper tutta l’Europa, e in particolar modo per noiitaliani che siamo sempre il primo o il secondopaese investitore in quelle economie. Quell'intervento,che è stato poi facilmente interpretato comelegato alle imminenti elezioni nazionali nelpaese <strong>della</strong> Merkel, dettato quindi dall’egoismonazionale, ha messo in luce una questione cheritengo cruciale, vale a dire il grave rischio di un’-Europa in cui la parte comunitaria è completamentesottomessa alla parte intergovernativa. E’quindi di fondamentale importanza ristabilire ungiusto e corretto equilibrio tra i due livelli, perchéè soltanto attraverso uno spirito unitario che l'Europapuò riuscire a raggiungere i suoi grandiobiettivi, vale a dire l'obiettivo degli euro-bonds,l’obiettivo dei global legal standard, l’obiettivo diun endorcement delle regole e l’obiettivo fondamentale<strong>della</strong> costruzione di una nuova architetturafinanziaria.Fortis nel suo volume cita il caso dei mutui subprime,ossia dei mutui concessi a persone che palesementenon erano poi in grado di restituirneinteressi e capitale. Oggi, col senno di poi, tuttidicono che era ovvio che una tale pratica ci a-vrebbe portato, prima o poi, alla situazione in cuioggi ci troviamo, perché veniva svolta un'attivitàche non solo era fuori dalle regole del buon senso,ma anche <strong>della</strong> normale correttezza. La stessacosa con l'effetto di leva estremizzato.Bene, per far fronte a tutto questo c’è bisognonon soltanto di regole – quelle, in fondo, c’eranoanche prima <strong>della</strong> crisi – quanto piuttosto di unenforsement delle regole stesse, c’è bisogno <strong>della</strong>forza politica, <strong>della</strong> forza di authorithy che sianomesse in condizione di poter applicare questeregole. E credo che anche a livello europeo ci siabisogno di questo ragionamento.Un governo forte europeo esce dalla crisi come“la grande esigenza”; ma il rischio maggiore, secondome, è che l’Europa esca dalla crisi condelle istituzioni più deboli rispetto a quando c’eraentrata.Per concludere, il rischio di deindustrializzazionedell’Italia e il rischio <strong>della</strong> perdita dell'unitarietàistituzionale dell'Europa con la rivincita dell'Europaintergovernativa, rappresentano a mio avvisole due questioni chiave. Intendiamoci, il ruolodegli Stati e dei governi è e rimane fondamentale;il problema vero è essere in grado di trovare un'istanzacomune che riesca a guidare questi processi.Ma il percorso verso l’uscita dalla crisi devepassare attraverso questi due binari, un binariotutto italiano che assicuri il futuro imprenditorialedel nostro Paese mediante risposte adeguate daparte del sistema, da parte degli operatori, daparte delle istituzioni, trovando insieme le giusterealizzazioni; un binario europeo che punti alripristino di una dimensione comunitaria, forte edefficace, senza la quale difficilmente potremo usciredalla crisi.Oggi i problemi incombono in modo talmentepalese su chi li deve risolvere che chiedere alleopinioni pubbliche di assumersi responsabilitàassieme alle classi dirigenti è oggi molto più fattibilerispetto a prima. L’importante è voler faretutto ciò perché, come dicevo in precedenza, sec’è un momento in cui è possibile farlo forse èproprio questo: nel Paese infatti esiste, da unaparte, una stabilità politica come forse mai abbiamoavuto, con la presenza di un esecutivo forte;dall’altra, una capacità di dialogo tra le parti politicheche non si è mai vista nella storia recente delnostro Paese. Io credo, quindi, che sarebbe ungrosso errore non cogliere le possibilità che si8<strong>Atti</strong> presentazione libro “La crisi mondiale e l’Italia” ‐ Milano, 27 aprile 2009

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