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293 Arte e handicap visivo in Degas - Fondazione Internazionale ...

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Monet più di me vedrebbe<br />

belle cose! Pochi<br />

ritratti sono il risultato<br />

dei miei sforzi».<br />

Se ne deduce che il paesaggio<br />

e la gente del<br />

Mississipi lo attraggono<br />

vivamente ma che nello<br />

stesso tempo la brillantezza<br />

della luce naturale<br />

lo fa lagrimare, gli provoca<br />

dolore, disagio e<br />

r<strong>in</strong>uncia a dip<strong>in</strong>gere all’aperto.<br />

Forse i critici, alle considerazioni<br />

secondo le<br />

quali i luoghi chiusi e<br />

illum<strong>in</strong>ati - teatro, sala<br />

di concerti, caffè - dovevano<br />

essere più congeniali<br />

all’<strong>in</strong>teresse di<br />

<strong>Degas</strong> perché la luce riflessa<br />

o artificiale consentiva<br />

contrasti di luce<br />

meno traumatici e<br />

qu<strong>in</strong>di prospettive più<br />

consone alle sue ridotte<br />

capacità percettive, dovrebbero<br />

tener conto<br />

di questi dati oggettivi,<br />

testimoniati dall’artista<br />

stesso. L’esempio<br />

più classico è Il Mercato<br />

del cotone, che ritrae<br />

l’<strong>in</strong>terno dell’ufficio<br />

dello zio Mosson, <strong>in</strong> cui<br />

la lum<strong>in</strong>osità dell’ambiente<br />

e i contrasti conseguenti<br />

contribuiscono<br />

<strong>in</strong> buona misura a esaltarne<br />

l’architettura e i<br />

particolari i ritrattistici<br />

dei personaggi.<br />

L’<strong>in</strong>validità di <strong>Degas</strong><br />

ha comunque alti e bassi;<br />

a volte l’artista sembra<br />

farsi prendere dallo<br />

sconforto, tuttavia non<br />

si arrende alla malattia.<br />

In una lettera del 1876<br />

all’amico Rovart scrive<br />

che la sua vista si comporta<br />

come un cervello<br />

impotente che non sa<br />

connettere e «son tentato<br />

di r<strong>in</strong>unciare e andare<br />

a dormire»; l’anno<br />

successivo annota ancora:<br />

«vedo una mac-<br />

chia davanti agli occhi<br />

che mi <strong>in</strong>terrompe la<br />

lettura di un’<strong>in</strong>cisione<br />

o la vista di un quadro».<br />

Frase quest’ultima che,<br />

quando il destro è ambliope,<br />

fa pensare che la<br />

malattia dell’occhio s<strong>in</strong>istro,<br />

pur avendo recidive,<br />

gli consentisse<br />

un residuo <strong>visivo</strong> tra una<br />

ricaduta e l’altra. In<br />

un’altra lettera sempre<br />

di <strong>Degas</strong> all’amico Rovart<br />

nel 1891, si legge<br />

che Landolt, famoso oculista<br />

francese dell’epoca,<br />

gli aveva prescritto<br />

tempo addietro un paio<br />

di occhiali con una lente<br />

smerigliata a destra e<br />

una lente con fessura<br />

centrale orizzontale a<br />

s<strong>in</strong>istra, così da costr<strong>in</strong>gere<br />

l’occhio a guardarvi<br />

attraverso. Ebbene nelle<br />

Lezioni sulla diagnosi della<br />

malattie oculari del 1877,<br />

Landolt descrive gli occhiali<br />

che hanno il suo<br />

nome: un espediente<br />

che consente il passaggio<br />

della luce alla sola<br />

porzione centrale della<br />

cornea e del segmento<br />

anteriore. La fessura centrale<br />

eviterebbe l’abbagliamento<br />

e la diffrazione<br />

dei raggi lum<strong>in</strong>osi.<br />

La malattia di <strong>Degas</strong><br />

aveva, si è detto, carattere<br />

recidivante: la fotofobia,<br />

l’ombra che periodicamente<br />

gli ostacolava<br />

la visione creando<br />

i disagi di “non vedere”,<br />

“non saper affrontare la<br />

luce” si alternavano a<br />

periodi di benessere <strong>visivo</strong>.<br />

In una lettera a Rovart<br />

scrive nel 1878: «La<br />

mia vista non va. Non<br />

riunisce più o le riesce<br />

così difficile che son tentato<br />

spesso di r<strong>in</strong>unciare<br />

ad adoperarla... varia<br />

con il tempo: quando è<br />

secco e sereno vedo<br />

molto meglio anche se<br />

mi è necessario un po’<br />

di tempo per abituarmi<br />

alla grande luce che mi<br />

colpisce nonostante le<br />

lenti affumicate. Ma non<br />

appena torna l’umidità,<br />

io sto come oggi, con la<br />

vista bruciata e confusa.<br />

Come f<strong>in</strong>irà?».<br />

Il carattere dell’artista,<br />

il suo stato d’animo, ovviamente<br />

ne soffrivano<br />

profondamente. Per non<br />

affaticare la vista e forse<br />

svagare la mente, <strong>Degas</strong><br />

si distraeva vagabondando<br />

per le vie di<br />

Parigi. Scrive Valery<br />

che durante la bella stagione<br />

saliva sull’omnibus<br />

o sul tranvai, sedeva<br />

sul piano più alto, si faceva<br />

portare alla f<strong>in</strong>e<br />

della corsa e poi ricondurre<br />

alla fermata più<br />

vic<strong>in</strong>a a casa sua. Si doveva<br />

essere impadronito<br />

di lui un cupo pessimismo<br />

con il quale<br />

l’artista affrontava la situazione.<br />

Ma i disturbi di vista<br />

non ostacolavano la sua<br />

volontà di lavorare, anche<br />

se avvertiva l’<strong>in</strong>soddisfazione<br />

che le sue<br />

opere non fossero compiute<br />

nella perfezione<br />

dei particolari e nella<br />

giusta armonia di dise-<br />

pag. 2<br />

Il mercato del cotone (Interno dell’ufficio dei<br />

Musson), 1873; Pau, Musée des Beaux-Arts<br />

Edgar <strong>Degas</strong> fotografia, 1885

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