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4. [PDF] Il carcere visto da dentro - Assemblea Legislativa

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L'incontro possibile tra vittima e carnefice.Come funziona la mediazione penale* SusannaVezzadini ègiudice minorileonorario pressoil Tribunale peri Minorenni diBologna, docentedi Criminologiapressol’Universitàdi Bologna,mediatricepenale eformatricein corsi sullamediazioneper operatoridel sistema digiustizia e delcontrollo sociale(avvocati, poliziapenitenziaria,poliziamunicipale,assistenti civici,etc.).22Intervista a Susanna Vezzadini*di Elena BuccolieroSusanna, sei mediatrice tu stessa, fai formazioneai mediatori, e ora questa esperienzacome giudice onorario. Che legamevedi tra queste esperienze?Credo si possa identificarlo nel binomiosofferenza-esigenza di riconoscimento. Èun’esigenza che mi pare accomuni le vittimedi reato e i minori che commettono un crimine,i ragazzi con problemi di disa<strong>da</strong>ttamentocosì come, talvolta, i genitori di cui valutiamola capacità genitoriale. Un universo chesoffre e si dispera doman<strong>da</strong>ndo di esserericonosciuto, al quale dobbiamo cercare dimostrare come questo esito auspicato passinecessariamente attraverso il riconoscimentodell’altro, perché i rapporti umani si costruisconoa partire <strong>da</strong>lla fiducia.Una parola poco di mo<strong>da</strong>, di questi tempi...È l’atto rischioso per definizione. Di chi possofi<strong>da</strong>rmi? Fino a che punto? E se vengo tradito?Tuttavia non possiamo non fi<strong>da</strong>rci, del compagnodi vita, gli amici, il vicino di casa, i colleghidi lavoro, le persone che incrociano perpochi istanti il nostro cammino. Ad un livellopiù astratto confidiamo che la nostra esistenzascorra su binari certi, prevedibili. In questosenso la fiducia è quell’elemento che permettedi ritenere l’ordine sociale sufficientemente affi<strong>da</strong>bile,di sottrarlo alla complessità e all’incertezzache ci getterebbero nel panico, nellosconforto, nell’immobilismo più completo.Non di rado questa fiducia viene messa in discussione:un amico che volta le spalle, il fi<strong>da</strong>nzatoche se ne va senza <strong>da</strong>re spiegazioni, ilgenitore che delude, il collega che “ci fa le scarpe”...Conosciamo la sofferenza, la vergogna,la rabbia che ribolle <strong>dentro</strong>, il senso di colpache fa doman<strong>da</strong>re quanta responsabilità abbiamonoi. Sono emozioni forti, potenzialmentedistruttive quando non trovino un canaledi espressione accettabile, socialmente accettabile.In alcuni casi il tradimento assume leforme del reato e viene <strong>da</strong> qualcuno che conosciamobene, a cui abbiamo affi<strong>da</strong>to frammentisignificativi della nostra esistenza. Penso allaviolenza domestica all’interno della coppia overso i minori o i parenti anziani, allo stalking,al bullismo, al mobbing, alla violenza sessualecompiuta <strong>da</strong>l partner o <strong>da</strong> conoscenti, allatruffa perpetrata <strong>da</strong> un socio in affari… Sonoinfinite le occasioni in cui una persona ritenutaaffi<strong>da</strong>bile assumere il volto del carnefice.Ecco, in tutti questi casi la sofferenza esperitaè <strong>da</strong>vvero enorme, indicibilmente profon<strong>da</strong>.E non è solo la gravità dell’atto a procurarla,quanto la consapevolezza di esserestati traditi nelle proprie aspettative, violatinella propria dignità in quanto persone, ossiaesseri-in-relazione. Chi subisce una lesionedi questo tipo teme di non poter essere piùdegno di stima <strong>da</strong> parte degli altri. E temesoprattutto di non potersi più fi<strong>da</strong>re.Quali processi interiori attiva una mediazionepenale?Secondo un’immagine cara ad Harold Garfinkel,chi esperisce questa ferita ha due strade<strong>da</strong>vanti: ri-definire la situazione, o ritirarsi<strong>da</strong>lla scena. La prima è indubbiamente moltocomplessa, costosa in termini emozionali erelazionali, ma chiama a rimettersi in gioco,a svolgere un ruolo attivo rispetto a quantopatito; ritirarsi <strong>da</strong>lla scena, invece, mette definitivamentefuori gioco, obbliga a immergersinell’abisso senza uscita dell’immobilismo,della paralisi emozionale.La prima stra<strong>da</strong> è quella della mediazione:riappropriarsi della propria esistenza anchenell’incontro con colui che ci ha ferito, in unprocesso che fa del mutuo riconoscimento ilpunto di approdo. <strong>Il</strong> che non significa semplicisticamenteperdonare, ma appunto riconoscerel’alterità dell’altro, la sua umanitàtanto simile alla nostra ancorché ferita esofferente, ed essere <strong>da</strong> questi riconosciuto.Questo passaggio, ripeto faticosissimo e pregnoa sua volta di sofferenza, permette manoa mano di tornare a costruire quell’orizzontefiduciario indispensabile per continuare a vivere,e non a sopravvivere, come protagonistidella nostra esistenza.Che diverso significato viene <strong>da</strong>to alla parola“giustizia”?Certo questo termine assume un significato inparte differente trattando di mediazione penale.Le pratiche di giustizia in vigore rispondono

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