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4. [PDF] Il carcere visto da dentro - Assemblea Legislativa

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Carcere come città invisibile:laboratori teatrali con detenuti* Infaticabilepromotoredel Teatroell’Oppresso(TdO)in Italia, ha <strong>da</strong>poco concluso ilprogetto “La cittàinvisibile: unosguardo fuori<strong>da</strong>l <strong>carcere</strong>”,che ha <strong>visto</strong> losvolgimento dilaboratori di TdOall’interno delpenitenziario diReggio Emilia,di sei proveaperte fuori <strong>da</strong>l<strong>carcere</strong> rivoltead un pubblicodi soggettiinteressati e duespettacoli diTeatro -forumaperti a tutti.28Intervista a Roberto Mazzini *di Pasquale PuglieseDopo i molti laboratori maieutici di Teatrodell’Oppresso che hai sviluppato in vari ambitisociali ecco una importante esperienzain <strong>carcere</strong> con i detenuti. Ci vuoi raccontarebrevemente il senso di questo progetto?L’idea ci è nata (vedi sito www.giollicoop.it)<strong>da</strong>l tormento di sentire parlare di sicurezza<strong>da</strong> destra e <strong>da</strong> sinistra. Ci siamo informatiun po’ scoprendo che la percezione di insicurezzadovuta alla criminalità è sostanzialmenteuna bufala (Rapporto 2001 del MinistroBianco sulla criminalità, Rapporto 2007sulla Sicurezza del Ministero). I <strong>da</strong>ti oggettividicono che <strong>da</strong>gli anni ’70 c’è una stabilitàcomplessiva del numero di denunce, conun picco verso il 1991; alcuni tipi di denunce,come quelle per omicidi sono diminuite,mentre furti e truffe informatiche sono aumentati,ma ripeto nella sostanziale stabilitàdei numeri complessivi.Una recentissima in<strong>da</strong>gine di <strong>Il</strong>vo Diamantedell’Unipolis (2008) dimostra che più c’è enfasinei mass-media e più l’italiano medio è insicuroe questo si anno<strong>da</strong> con le strilla dei partiti.Ora, anche la sinistra su questo ha inseguitola destra, contrapponendo debolmente alleronde pa<strong>da</strong>ne la video-sorveglianza e l’inasprimentodelle pene. Ma più <strong>carcere</strong> e penesevere <strong>da</strong>nno più sicurezza? Non ci sonomodi efficaci di creare sicurezza basati suinclusione, socialità, senso di comunità, misurealternative al <strong>carcere</strong>, ecc.? Con questoprogetto volevamo interrogare la città a partire<strong>da</strong>l <strong>carcere</strong> e <strong>da</strong>l lavoro con un gruppo didetenuti. Questi si sono interrogati sul dopo<strong>carcere</strong> e sui problemi che avrebbero incontratonel reinserirsi… e sono emersi i pregiudizi,il lavoro, le tensioni con coniugi o figli ogenitori, la solitudine…In un’epoca come la nostra, nella quale l’ansiasecuritaria viene alimentata <strong>da</strong> quelliche qualcuno definisce i “produttori dellapaura” - che costruiscono artificiosamentegli allarmi sociali per distogliere l’attenzione<strong>da</strong>gli allarmi reali – alla quale lecarceri sembrerebbero l’unico rimedio, haifatto un percorso di entrata in un istitutopenitenziario per far “venir fuori” i detenutimettendoli a contatto con la comunitàesterna. E questa con l’umanità internata.Com’è stato l’incontro ed a te che impressioniha lasciato?In poche singole: paura, voglia di riallacciarei contatti, riscoperta del consumo, disorientamento,voglia di usare tutti i minuti di libertà,individualismo… <strong>da</strong> parte dei detenuti.Invece: curiosità, accoglienza, apertura, buonismo,diffidenza… <strong>da</strong> parte del pubblico.Tra le cose che mi hanno colpito, partecipandoad una prova aperta, c’è l’assenza <strong>da</strong>lgruppo dei detenuti-attori del <strong>carcere</strong> diReggio Emilia, di qualche cittadino reggiano:tutti hanno una storia di emigrazione,<strong>da</strong>l Sud Italia o <strong>da</strong>l Sud del mondo. Che storiedi vita hai conosciuto? E quanta vogliadi raccontarsi hai trovato?Effettivamente il gruppo era di stranieri oitaliani del sud Italia.Questo riman<strong>da</strong> al fatto che la selezione deidetenuti avviene attraverso vari meccanismiben analizzati nel passato (La maggioranzadeviante, criminologia critica, Ricci e Salierno…)che rendono la popolazione detenutaun esempio della discriminazione di classe.Le storie di vita sono uscite man mano perchévolutamente non ho chiesto i motivi dellaloro detenzione prima del progetto. Spontaneamenteinvece alcuni mi hanno raccontatoalcune cose, confidenzialmente. Non possoquindi parlarne qui pubblicamente, se nonaccennare al fatto che per alcuni di loro sitratta di un misto di propensione al gua<strong>da</strong>gnofacile, casualità e rischio poco valutato.Per altri invece si tratta di cultura di riferimentoin cui sono cresciuti, cultura criminalediffusa che non fa percepire i confini tralegale e illegale o ne inverte il senso.Chi sta <strong>dentro</strong> come vede chi è fuori? Qualè lo sguardo nei confronti di coloro che siostinano a girarsi <strong>da</strong> un’altra parte?La loro percezione mi è sembrata quella dichi si sente sfortunato, ingiustamente penalizzatoin un mondo dove tutti si arricchisco-

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