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15, 16 e 17 Marzo - Ail

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Le storie26Care Giver:il donatoredi assistenzaAbbiamo scelto tre storie che raccontano, anche sein modo diverso, il dramma della malattia vissuto davicino, le gioie e i dolori, i dubbi e le speranze.Un sentito grazie a chi ci ha scritto.Oggi il paziente è al centro di un"sistema salute" in cui si muovonotante figure: il medico, l'infermiere,lo specialista e colui che in famiglia onel gruppo degli amici ne diviene il"caregiver", cioè la persona che si assumein modo principale il compito dicura e di assistenza al malato.Questo impegno ha anche rilevantirisvolti socio-economici. Il tempo dedicatodal caregiver all’attività assistenzialepuò raggiungere spesso l’equivalentedi una giornata lavorativa, il che significache nelle situazioni più gravi la funzionedi caregiver diventa pressochéincompatibile con qualsiasi attivitàlavorativa. Anche per quanto riguardal’attività di vigilanza/sorveglianza èrichiesto molto tempo che aumenta conil progressivo avanzare della malattia.Il ruolo del familiare che si occupadell’assistenza, in Italia, è principalmentesvolto dalle donne (73.8%),generalmente mogli e figlie, che neicasi gravi, ospitano il malato in casa(65%).Statisticamente i caregiver si trovanoin prevalenza in età attiva:il 30,95%ha fino ai 45 anniil 38,2% ha tra i 46 e i 60 anniil <strong>17</strong>,95tra i 61 e i 70 anniil 13%oltre i 70 anniDal punto di vista professionaleil 31,9%è pensionatoil 27,75%è casalingail 20,65% impiegato o insegnanteil 5,75% artigiano o commercianteil 4,45% dirigente/professionista.(dati Censis)Abbiamo fatto un esperimento:abbiamo chiesto, ai nostri 46 mila “fan”di Facebook, una loro testimonianzaper raccontarci in prima persona la lorostoria di care giver; chi può spiegarloLaura e Giuseppemeglio di loro? Tante sono le rispostearrivate e per ognuno di loro vorremmodire grazie. Abbiamo scelto tre storie,tre persone che, seppur in modo diverso,hanno vissuto da vicino il drammadella malattia rimanendo a stretto contattocon il proprio familiare. I dubbi ele domande di Tamara, la “corazza” diLaura necessaria a trasmettere forza equel curioso scherzo del destino che havisto Carla essere prima volontaria AILe poi paziente, sono solo alcune dellelettere arrivate in redazione. In futurocercheremo di dare spazio a tutti perchécrediamo che queste testimonianzepossano fare del bene, anche se carichedi dolore.«Non ho una vera e propria storiadel mio compito di CareGiver, ma dei flash di piccolecose. I primi esami nel cestino dellamia bici e le lacrime: piangevo e pedalavo,era l’unico momento in cui potevoconcedermi quella domanda “Ma chemedico è l’ematologo?” e la mia rispostaera sempre “Che ne so io, uno comeun altro, dormi”.Le ore infinite di attesa assieme adaltre decine di persone, sforzandomisempre di sorridere e parlare, raccontaree di nuovo sorridere e parlare.Quella volta che in preda alla confusioneed al delirio più totale andai dalProfessore minacciandolo che se non loavesse guarito lo avrei portato anche incapo al mondo e avrei pagato qualunqueprezzo; i giorni di chemio ad aspettarefuori dalla porta del bagno, impotentee disperata e gli sguardi quasiimpauriti ed increduli che ci siamoscambiati quando ci hanno avvisatoche c’era un donatore compatibile; lacanzone allegra e stupida che cantavo asquarciagola nei 45 minuti di auto chemi dividevano dall’ospedale, 4 volte algiorno per molti mesi e quella ciotolinadi gnocchi al ragù portata in reparto edivorata prima con gli occhi che con labocca. Ricordo quel parlare sempre al

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