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Associazione in partecipazione - UIL Basilicata

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Il contratto di associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong>nell’evoluzione giurisprudenzialeIl quadro normativo appena illustrato, seppur <strong>in</strong> apparenzasostanzialmente chiaro e di agevole comprensionenon è tuttavia per nulla sufficiente percomprendere a pieno il meccanismo di funzionamentodel contratto di associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong>.Sul punto un ruolo importante è stato ed è tutt’oraricoperto dalla giurisprudenza, che nel tempo è<strong>in</strong>tervenuta ripetutamente sull’istituto con decision<strong>in</strong>on sempre di segno perfettamente univoco.Natura del contrattoLa Cassazione si è <strong>in</strong>nanzitutto espressa più volteper chiarire la natura di tale contratto, <strong>in</strong>quadrabilenella categoria dei contratti di <strong>partecipazione</strong> (1) ,realizzando la cooperazione tra due o più persone<strong>in</strong> un dato settore economico per il conseguimentodi un risultato comune. Peraltro la legge configural’associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> non come uncontratto di società di cui debbano essere predeterm<strong>in</strong>atela natura e la durata, sibbene come uncontratto a prestazioni corrispettive, oneroso econsensuale (2) . Confermato qu<strong>in</strong>di il carattere em<strong>in</strong>entementes<strong>in</strong>allagmatico fra l’attribuzione daparte di un contraente (associante) di una quotadegli utili derivante dalla gestione di una sua impresao di un suo affare all’altro (associato) el’apporto, da quest’ultimo conferito (3) .Netta poi la dist<strong>in</strong>zione del contratto di associazione<strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> da quello di società, dal quale sidifferenzia non per il conferimento esclusivo di benida una parte e di servizi (o attività) dall’altra, il qualepuò avere luogo anche con il contratto di società, maper la mancanza di un autonomo patrimonio comune,risultante dal conferimento dei s<strong>in</strong>goli soci, e perl’assenza di una gestione <strong>in</strong> comune dell’impresa, cheè esercitata dal solo associante, con l’assunzione dellaresponsabilità esclusiva verso i terzi, mentre l’associatopuò esercitare unicamente un controllo su talegestione (4) . Nella stessa pronuncia la Suprema Cortespecifica che deve configurarsi un vero e propriorapporto societario e non di associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong>anche quando gli apporti di beni o di denarosiano stati eseguiti da uno solo dei soci mentre l’altroconferisca la propria attività, ove i soci abbiano appuntostabilito di costituire, come detto, un patrimoniocomune e di suddividere gli utili <strong>in</strong> parti uguali.Sul ruolo del patrimonio comune si sofferma anchela sentenza n. 2774 del 28 luglio 1969 con laquale la Cassazione ha ribadito come il contrattodi associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> si differenzi daquello di società per la mancanza di un fondocomune, aggiungendo però anche la titolarità dell’impresanel solo associante, il quale svolge ogniattività sotto l’impulso della sua volontà e conresponsabilità esclusiva verso i terzi (5) , mentre l’associatopartecipa soltanto agli utili ed eventualmentealle perdite della gestione. Non si escludetuttavia, precisa la Suprema Corte, che le parti siaccord<strong>in</strong>o per conferire all’associato poteri di <strong>in</strong>gerenzanella gestione dell’impresa ma <strong>in</strong> tal casol’associante rimane pur sempre il dom<strong>in</strong>us di essa.Caratteristiche dei soggettiImportante <strong>in</strong>vece è l’apertura della giurisprudenzacirca la qualifica che deve rivestire l’associante.Come sopra precisato il term<strong>in</strong>e «impresa», utilizzatodall’articolo 2549 c.c., sembrerebbe richiedereper l’associante la natura di imprenditore aisensi e per gli effetti di cui agli articoli 2082 e2195 c.c. Tuttavia la Cassazione (6) , ai f<strong>in</strong>i dell’associazione<strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong>, ritiene non necessarial’esistenza di un’impresa, atteso che l’articolo2549 c.c. prevede che l’associazione stessa avvengarelativamente ad uno o più affari, dovendotuttavia riscontrarsi il compimento di un’attivitàeconomica caratterizzata da scopo di lucro.(1) Cass. n. 5136/1982.(2) Cass. n. 2772/1967.(3) Cass. n. 5353/1987.(4) Cass. n. 5518/1981.(5) Sul punto si vedano anche Cass. 12 ottobre 1970, n. 1946 e Cass. civ., sez. III, 15 marzo 1976, n. 958.(6) Cass. n. 4411/1982.


Più discutibile <strong>in</strong>vece l’impostazione giurisprudenzialeche esclude la configurabilità di un contrattodi associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> quando il pretesoassociato rivesta la qualità di imprenditore postoche, <strong>in</strong> mancanza di una diversa pattuizioneche deroghi alla regola orig<strong>in</strong>aria fissata dal primocomma dell’articolo 2552 c.c., la gestione dell’impresaspetta all’associante (7) .L’apporto dell’associatoSempre sul versante dell’associato, la Suprema Cortene ha altresì chiarito i caratteri dell’apporto, quale,come detto, elemento essenziale del contrattostesso. Tale obbligazione nascente dal negozio giuridico,può essere della più vasta natura, patrimonialeo anche personale (8) . Inoltre, nell’apparente silenziodelle norme, la giurisprudenza traccia <strong>in</strong> modo assolutamentelogico e condivisibile lo stretto legameche deve sussistere tra l’apporto reso dall’associato el’impresa o l’affare esercitato e gestito dall’associante.La Cassazione precisa che l’apporto, elementoqualificante il contratto di associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong>,deve avere carattere strumentale all’eserciziodell’impresa o per lo svolgimento dell’affare (9) . Peraltro,per una corretta valutazione dell’istituto, si riflettasu come effettivamente possa conciliarsi la strumentalitàdell’apporto dell’associato con l’esclusivitàdella gestione dell’impresa o dell’affare da partedell’associante, quando l’apporto consista <strong>in</strong> unaprestazione lavorativa, come pacificamente ammesso(10) . Ove <strong>in</strong>vece l’apporto non consista <strong>in</strong> un’attivitàlavorativa ma nel conferimento di un bene non ènecessario il trapasso della proprietà dello stesso <strong>in</strong>capo all’associante, <strong>in</strong> quanto le cose fornite dall’associatopossono essere date all’associante solo <strong>in</strong>uso, restando devolute e v<strong>in</strong>colate al raggiungimentodello scopo comune e debbono <strong>in</strong> tal caso esserepoi restituite <strong>in</strong> natura (11) . Naturalmente sotto taleultimo profilo la giurisprudenza ha anche cercato dichiarire i contorni dell’obbligo di restituzione dell’apportoche sorge <strong>in</strong> capo all’associante al momentodell’est<strong>in</strong>zione del contratto di associazione <strong>in</strong><strong>partecipazione</strong>. Tale obbligo e conseguente dirittospettante all’associato, si riferisce ad apporti materialie non al caso <strong>in</strong> cui il conferimento sia consistito<strong>in</strong> un’obbligazione di facere o di non facere, ove<strong>in</strong>vece la cessazione dell’associazione comporta lacessazione di tale obbligo (12) .Gestione dell’impresa e potere di controlloSul tema della gestione dell’impresa la giurisprudenzasi è soffermata più volte, soprattutto con lospecifico f<strong>in</strong>e di del<strong>in</strong>eare i contorni di una figura,quella dell’associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> che faticaa trovare dei tratti propri peculiari, ponendositroppo spesso a metà tra due figure decisamentepiù ampie quali la società, della quale già si èdetto, ed il rapporto di lavoro subord<strong>in</strong>ato, delquale appresso si dirà più diffusamente. Per lagiurisprudenza appare sempre più chiaro comenell’associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> alla comunanzadi <strong>in</strong>teressi non corrisponda una comunanza dipoteri, perché la gestione dell’impresa è di pert<strong>in</strong>enzaesclusiva dell’associante (13) . Tuttavia l’orientamentonon è poi così rigoroso. È <strong>in</strong>fatti pienamenteammessa la possibilità che la gestione dell’impresasia affidata all’associato, sempre chequesti ripeta i propri poteri gestori dall’associantee svolga la propria attività, anche rappresentativa,nei limiti dei poteri ricevuti dall’associante (14) . È <strong>in</strong>questo quadro che si ammette la configurabilità diun mandato conferito dall’associante all’associatoper la gestione dell’impresa o dell’affare. Così facendo,l’associante fa valere il suo diritto di dom<strong>in</strong>usdell’affare o dell’impresa, che può esercitarenel modo da lui ritenuto più opportuno e conveniente,sia dirigendolo o gestendolo direttamentesia valendosi dell’opera altrui, senza che dallascelta dell’associato come mandatario rifluiscauna modificazione nella struttura giuridico­economicadel rapporto associativo e una trasformazionedell’associazione <strong>in</strong> società, perché la titolaritàdell’affare rimane all’associante e il conferimentodel mandato esclude la veste di socio, laddovemanchi l’ente sociale. Tali pr<strong>in</strong>cipi, sottol<strong>in</strong>ea laSuprema Corte, elaborati sotto l’impero degliabrogati codici, conservano validità anche di frontealla norma dell’articolo 2552 c.c., la quale nonfa che codificare una regola <strong>in</strong>erente alla figuranormale dell’istituto, pur senza escludere la legitti­(7) Cass. n. 6549/1983.(8) La Cassazione n. 15175/2000 ammette come apporto <strong>in</strong> un contratto di associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> anche l’attività di<strong>in</strong>termediazione per la conclusione di determ<strong>in</strong>ati affari.(9) Tra le tante Cassazione n. 5353/1987.(10) Così la Cassazione n. 32/1984 secondo la quale nell’associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> il contributo patrimoniale dell’associatopuò essere costituito da una prestazione di attività lavorativa.(11) Cass. n. 2727/58.(12) Tribunale di Milano 30.12.1982, F. pad. 83, I, 575.(13) Cass. n. 1940/1070.(14) Cass. n. 32/1984.


mità di una deroga pattizia a tale situazione normale(15) .Se la gestione dell’impresa o dell’affare, con i dovutidist<strong>in</strong>guo sopra evidenziati, spetta <strong>in</strong> viaesclusiva all’associante, all’associato compete comunqueil potere di controllo sulla gestione, che ilpiù delle volte sembra concretizzarsi unicamentenel semplice diritto al rendiconto. Non può <strong>in</strong>fatticontestarsi, precisa la Cassazione, il diritto dell’associatodi essere <strong>in</strong>formato dell’andamento dell’aziendae di esercitarvi controlli, la cui <strong>in</strong>tensità efrequenza, se non può essere fissata <strong>in</strong> l<strong>in</strong>ea generaleed astratta, deve, tuttavia, adeguarsi all’importanzadella <strong>partecipazione</strong> ovvero, <strong>in</strong> ogni caso,ai sistemi ed alle modalità volute dalle parti (16) .Come a dire, più è alta la posta <strong>in</strong> palio, ossia più ècospicua la quota di utili potenzialmente spettantiall’associato, anche <strong>in</strong> funzione del valore stessodell’impresa o dell’affare esercitato dall’associante,tanto maggiore sembra essere il diritto del primoad <strong>in</strong>gerirsi ed a controllare l’attività del secondo,dalla quale dipende naturalmente il suo maggioreo m<strong>in</strong>ore guadagno. È comunque ammessa <strong>in</strong>giurisprudenza la possibilità di assenza di rendiconto,elemento peraltro, come visto, espressamenteprevisto dal comma 2 dell’articolo 2552c.c. come un autonomo diritto dell’associato. In talsenso un orientamento giurisprudenziale ritienenon decisiva la mancanza di rendiconto nei casi <strong>in</strong>cui comunque l’associato abbia potuto esercitareutilmente il potere di controllo (17) , evidentementeattraverso forme differenti rispetto alla semplicepresentazione del rendiconto. Allo stesso modol’assenza di rendiconto risulterebbe del tutto irrilevantequalora l’omessa presentazione di dettodocumento dipenda dall’<strong>in</strong>erzia dell’<strong>in</strong>teressato.Conferimento degli utiliVeniamo così a trattare il tema del conferimentodegli utili all’associato, altro elemento essenzialedel contratto di associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong>.Sul punto si registrano numerose pronunce, nonsempre <strong>in</strong> l<strong>in</strong>ea tra loro.Innanzitutto la Cassazione ha stabilito che se ilcontratto non determ<strong>in</strong>a la quota degli utili spettantiall’associato, tale quota va determ<strong>in</strong>ata <strong>in</strong>proporzione al valore dell’impresa, ovvero dell’affareo degli affari rispetto ai quali l’associazione èpattuita, tenendo conto, nella prima ipotesi chel’impresa deve essere valutata secondo i criteriche presiedono alla redazione dei bilanci, senzapossibilità di computare un compenso all’imprenditoreper la sua attività di gestione aziendale (18) .Del tutto controversa è poi la questione se il conferimento<strong>in</strong> favore dell’associato possa essere riferitoesclusivamente agli utili, così come espressamenteprevisto dall’articolo 2549 c.c. oppure possaessere collegato ai semplici ricavi dell’impresa.Secondo un primo orientamento sarebbe assolutamenteammissibile ancorare il conferimento ai ricavi<strong>in</strong>vece che agli utili, trattandosi di una pattuizionepiù favorevole, che comunque non elim<strong>in</strong>a ilconnotato aleatorio del contratto poiché non si puòescludere che <strong>in</strong> concreto i ricavi siano così esiguida annullare il compenso (19) . In altra pronuncia (20) ,la Cassazione ha ritenuto che la pattuita <strong>partecipazione</strong>dell’associato ai ricavi dell’impresa, ancorchénon perfettamente assimilabile alla <strong>partecipazione</strong>agli utili prevista dall’articolo 2549 c.c., non alterail tipo contrattuale, sicché è ravvisabile pur sempreun’associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong>, atteso che la variabilitàdel fatturato comporta da una parte il dirittodell’associato al rendiconto e dall’altra parte lapresenza di un rischio patrimoniale <strong>in</strong>compatibilecon la subord<strong>in</strong>azione. Più recentemente la stessaSuprema Corte (21) ha ancora una volta ribadito chepoiché l’articolo 2553 c.c. consente alle parti dideterm<strong>in</strong>are la quantità di <strong>partecipazione</strong> dell’associatoagli utili, non contrasterebbe con lo schemacontrattuale neanche una <strong>partecipazione</strong> rapportatanon già agli utili netti, bensì al ricavo dell’impresa;<strong>in</strong> tal modo si attribuirebbe all’associato una<strong>partecipazione</strong> maggiore di quella che gli spetterebbedalla mera <strong>partecipazione</strong> agli utili. La giurisprudenzaha altresì cercato di valorizzare sul puntol’autonomia negoziale delle parti, ritenendo irrilevanteai f<strong>in</strong>i qualificatori una previsione contrattualeche commisuri la <strong>partecipazione</strong> ai ricavi piuttostoche agli utili (22) .Altro orientamento <strong>in</strong>vece esclude categoricamenteche <strong>in</strong> un contratto di associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong>il conferimento <strong>in</strong> favore dell’associa­(15) Cass. n. 2310/1955.(16) Cass. n. 372/1060.(17) Cass. 6 novembre 1998, n. 11222.(18) Cass. 9 marzo 1982, n. 1476.(19) Cass. 6 novembre 1998, n. 11222; Cass. 6 maggio 1997, n. 3936.(20) Cass. 18 aprile 2007, n. 9264.(21) Cass. 27 gennaio 2011, n. 1954 e Cass. 28 maggio 2007, n. 12357.(22) Cass. n. 24871/2008.


to possa essere riferito ai ricavi. In tal caso <strong>in</strong>fattiemergerebbe <strong>in</strong> modo <strong>in</strong>equivocabile la volontàdelle parti di regolare i propri <strong>in</strong>teressi <strong>in</strong> mododiverso da quanto previsto dall’articolo 2549c.c. (23) . I ricavi, per tale diverso orientamento, fondatosu pr<strong>in</strong>cipi evidentemente del tutto opposti aquelli evidenziati <strong>in</strong> precedenza, non rappresentano<strong>in</strong> se stessi un dato significativo circa il risultatoeconomico dell’attività d’impresa (24) . In effetti c’èchi ha considerato tale aspetto come fondamentalenel corretto <strong>in</strong>quadramento giuridico del contrattodi associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong>. L’aleatorietàdi detto contratto, per le ipotesi di <strong>partecipazione</strong>commisurata ai ricavi, si rivelerebbe, <strong>in</strong> ognicaso, quantitativamente differente rispetto all’aleatorietàtipica del contratto di associazione con<strong>partecipazione</strong> commisurata agli utili, <strong>in</strong> quanto,da un lato, le probabilità di un risultato positivoper l’associato sono sicuramente maggiori, tantoda assumere i connotati di una virtuale certezzanell’an, dall’altro l’alea riguarderà non tanto ilconseguimento dell’obiettivo primario di ogni attivitàlucrativa, ovvero la produzione di utili, quantoil volume di affari <strong>in</strong>generato. Concetto chetrova conferma anche <strong>in</strong> una decisione della Cassazione,la n. 19475 del 19 dicembre 2003, secondola quale per poter affermare la sussistenzadi un reale v<strong>in</strong>colo negoziale di associazione <strong>in</strong><strong>partecipazione</strong> è <strong>in</strong>dispensabile che il corrispettivodell’associato sia computato sugli utili effettividell’impresa e non sui ricavi, che comprendono alproprio <strong>in</strong>terno anche le perdite.La <strong>partecipazione</strong> alle perditee il rischio d’impresaSe il dibattito giurisprudenziale tra utili e ricavi non èancora pervenuto ad un punto def<strong>in</strong>itivo, identicacosa può dirsi circa il ruolo della <strong>partecipazione</strong> alleperdite, che pur trova, come sopra descritto, unaspecifica discipl<strong>in</strong>a nell’articolo 2553 c.c.Si discute, <strong>in</strong>fatti, se nell’ambito di un contratto diassociazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong>, il «patto contrario»,previsto dalla norma <strong>in</strong> questione, possa portare adescludere del tutto la <strong>partecipazione</strong> alle perdite daparte dell’associato. Tale profilo di analisi concernentela <strong>partecipazione</strong> agli utili ed alle perdite,richiama l’attenzione su un concetto che, soprattuttonel rapporto tra associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> elavoro subord<strong>in</strong>ato, rappresenta, come vedremo, unpunto fondamentale, il rischio d’impresa.La Cassazione con sentenza n. 1954 del 27 gennaio2011 aveva espressamente stabilito che l’articolo2553 c.c. consente alle parti di convenire <strong>in</strong> misuradiversa la <strong>partecipazione</strong> dell’associato agli utili dalla<strong>partecipazione</strong> alle perdite, senza peraltro affermarela necessità di una <strong>partecipazione</strong> alle perdite, laquale, dunque, non è elemento qualificante la causadel contratto <strong>in</strong> esame, che è ravvisabile <strong>in</strong> def<strong>in</strong>itivanello scambio tra un determ<strong>in</strong>ato apporto dell’associatoall’impresa dell’associante ed il vantaggio economicoche l’associante si impegna a corrispondereal primo. Peraltro tale orientamento era già stato piùvolte ribadito anche <strong>in</strong> passato. Secondo la giurisprudenzal’articolo 2553 c.c. postula la piena libertàdelle parti di determ<strong>in</strong>are la <strong>partecipazione</strong> alleperdite, che può essere commisurata alla <strong>partecipazione</strong>agli utili, sia <strong>in</strong> misura diversa che esclusatotalmente (25) .Tuttavia sul tema <strong>in</strong> questione appare di grande<strong>in</strong>teresse una recentissima pronuncia (26) con laquale la Corte ribalta completamente i precedentiorientamenti, affermando l’<strong>in</strong>configurabilità di uncontratto di associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> chepreveda, a fronte dell’apporto lavorativo dell’associato,la mera co<strong>in</strong>teressenza agli utili senza <strong>partecipazione</strong>alle perdite.Più <strong>in</strong> particolare la Suprema Corte, analizzandoun caso di riqualificazione di un contratto di associazione<strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> con apporto di lavoro<strong>in</strong> un vero e proprio contratto di lavoro subord<strong>in</strong>ato,ha <strong>in</strong>nanzitutto ricordato che l’associazione<strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> è un contratto a prestazioni corrispettive,<strong>in</strong> cui il s<strong>in</strong>allagma è costituito dalla<strong>partecipazione</strong> al rischio d’impresa a fronte di undeterm<strong>in</strong>ato apporto da parte dell’associato. Come<strong>in</strong> tutti i contratti s<strong>in</strong>allagmatici, dunque, lacausa, ossia la ragione giustificativa del contratto,consiste nello scambio tra prestazione e controprestazionee più specificatamente nella <strong>partecipazione</strong>dell’associato al rischio d’impresa. Su questoultimo punto si fonda il fulcro del ragionamentodella Corte, secondo la quale l’assunzione delrischio deve necessariamente comprendere la <strong>partecipazione</strong>tanto agli utili quanto alle perdite, ciò<strong>in</strong> ragione del fatto che, diversamente, si realizzerebbeun contratto di mera co<strong>in</strong>teressenza agli(23) Cass. 6 febbraio 2002, n. 1420; Cass. 23 gennaio 1999, n. 655.(24) Cass. 28 maggio 2008, n. 14062.(25) Cass. 18 aprile 2007, n. 9264; Cass. 23 gennaio 1996, n. 503.(26) Cass., sez. lav., 21 febbraio 2012, n. 2496; sul punto si veda anche G. De Fazio, <strong>Associazione</strong> <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> accollo delleperdite per l’associato <strong>in</strong> Guida al Lavoro n. 11 del 9 marzo 2012, pagg. 33 e ss.


utili di impresa, ex art. 2554 c.c., ritenuto <strong>in</strong>ammissibile<strong>in</strong> presenza di un apporto lavorativo daparte dell’associato.Del tutto fermo <strong>in</strong>vece appare l’orientamento <strong>in</strong>base al quale è convenzionalmente <strong>in</strong>derogabile ilpr<strong>in</strong>cipio secondo cui le perdite che colpisconol’associato non possono superare il valore dell’apporto.L’<strong>in</strong>determ<strong>in</strong>atezza del rischio che l’associatosi assumerebbe con la stipulazione di <strong>partecipazione</strong>alle perdite <strong>in</strong> misura illimitata e comunquesuperiore all’apporto, è contraria ai presupposti edalla struttura essenziale di tale contratto, nel qualel’associato è un creditore, normalmente fuori dallagestione, cui viene attribuita dall’associante una<strong>partecipazione</strong> agli utili, comportante l’assunzionedi rischio, commisurata (e comunque non oltrepassante)al valore dell’apporto che la stessa leggedef<strong>in</strong>isce determ<strong>in</strong>ato (27) .La forma del contrattoLa giurisprudenza fornisce poi un utile contributoper comprendere la forma necessaria per la stipuladi un contratto di associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong>.Gli articoli del codice civile sopra esam<strong>in</strong>ati, <strong>in</strong>fatti,non fanno cenno circa la forma prescritta per laredazione di un contratto di associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong>,il quale ben potrebbe richiedere la formascritta a pena di nullità, ovverosia ad substantiam,o quanto meno per la prova. In realtà, lanorma contenuta nell’articolo 1350 n. 9 c.c., secondola quale è richiesto l’atto scritto ad substantiamper i contratti di società o di associazione coni quali si conferisce il godimento di beni immobiliario di altri diritti reali immobiliari per un periodosuperiore a nove anni, non è applicabile alcontratto di associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> (28) .Allo stesso modo la prova dell’associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong>,secondo la giurisprudenza, non esigel’atto scritto (29) . Si potrebbe pertanto concludereper la libertà di forma del contratto di associazione<strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong>, salvo considerare quanto sidirà <strong>in</strong> seguito circa la necessità di forma scrittadel contratto <strong>in</strong> questione, richiesta a f<strong>in</strong>i meramentefiscali.<strong>Associazione</strong> <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong>e subord<strong>in</strong>azioneIl dibattito più acceso e controverso <strong>in</strong> giurisprudenzaconcerne tuttavia il «disperato» tentativo,forse mai riuscito a pieno, di dist<strong>in</strong>guere o quantomeno di fornire dei criteri più o meno sufficientiper determ<strong>in</strong>are i conf<strong>in</strong>i tra contratto di associazione<strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> e lavoro subord<strong>in</strong>ato quandol’apporto dell’associato consista <strong>in</strong> una prestazionelavorativa.A parere dello scrivente, come di seguito si potràagevolmente constatare, la giurisprudenza, naturalmentenon certo per propria colpa, non è mai riuscitaa cogliere direttamente nel segno, fornendo piùpr<strong>in</strong>cipi di carattere generale e teorico, del tuttocondivisibili che tuttavia si scontrano con casi dispecie che nel concreto prevedono elementi di tale<strong>in</strong>certezza e similitud<strong>in</strong>e tra le due figure <strong>in</strong> discussionetanto da non riuscire a dist<strong>in</strong>guere con certezzal’una dall’altra, se non nelle ipotesi più evidenti.In tali ultime situazioni elemento risolutore è piùche altro la presenza di chiari <strong>in</strong>dici di subord<strong>in</strong>azionepiuttosto che un netto conf<strong>in</strong>e tra contratto diassociazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> e lavoro subord<strong>in</strong>ato.In l<strong>in</strong>ea generale la giurisprudenza (30) prende <strong>in</strong>considerazione, a titolo esemplificativo, il rigorosorispetto da parte dell’associato di un orario fisso dilavoro, l’annotazione quotidiana sui libri contabilidelle entrate, con relativo calcolo percentuale dellespettanze, il possesso delle chiavi dell’esercizio daparte dell’associante, con possibilità di entrarvi <strong>in</strong>ogni momento, anche per controllare l’attività lavorativadell’associato; ed ancora lo stabile <strong>in</strong>serimentodella prestazione lavorativa nell’organizzazioned’impresa, il contenuto professionale dell’opera prestata,che quanto più modesto, tanto più avvic<strong>in</strong>eràl’associato ad un mero locatore di energie lavorative,e la previsione contrattuale di analitiche <strong>in</strong>dicazionie specifiche regolamentazioni dell’attività chedeve essere svolta (31) .Di tale difficoltà peraltro si è ampiamente resa contola stessa giurisprudenza che f<strong>in</strong> dall’orig<strong>in</strong>e ha spiegatoche <strong>in</strong> tema di dist<strong>in</strong>zione tra contratto di associazione<strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> con apporto di prestazio­(27) Così Cass. n. 2598/1964.(28) Così Cass. 20 luglio 1962, n. 1977; si veda anche Cass. civ., sez. lav., 21 giugno 1988, n. 4235, secondo la quale ilcontratto di associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> non richiede la forma scritta né ai f<strong>in</strong>i della validità né ai f<strong>in</strong>i della prova.(29) Cass. n. 4235/1988.(30) Si veda Cass. 27 gennaio 2011, n. 1954. Sul punto <strong>in</strong>teressante appare la recente pronuncia del Tribunale di Cass<strong>in</strong>o, sez.lav., n. 25 del 16 gennaio 2012, che ha ricondotto a rapporti di lavoro subord<strong>in</strong>ato 22 contratti di associazione <strong>in</strong><strong>partecipazione</strong> valorizzando le seguenti circostanze: le lavoratrici <strong>in</strong> questione non avevano mai partecipato ad assembleesocietarie, né agli utili e alle perdite, né avevano mai esercitato alcun tipo di controllo sull’andamento societario, attraversola visione di bilanci; al contrario era r<strong>in</strong>venibile il potere direttivo, gerarchico ed organizzativo del datore di lavoro poichéesse avevano svolto mansioni di addette alla stiratura con orario di lavoro fisso.(31) Cass. 28 maggio 2007, n. 12357.


Dist<strong>in</strong>zione tra associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> e subord<strong>in</strong>azioneCaratteristiche pr<strong>in</strong>cipali secondo la giurisprudenza<strong>Associazione</strong> <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong>Lavoro subord<strong>in</strong>ato- Sussistenza <strong>in</strong> capo al prestatore di lavoro di un potere - Assoggettamento del lavoratore al potere direttivo e discipl<strong>in</strong>aredel datore di lavorodi controllo sulla gestione economica dell’impresa ed <strong>in</strong>particolare del diritto al rendiconto periodico da parte dell’impresa- Inserimento nell’organizzazione aziendale- Limitazione di autonomia- Carattere aleatorio del corrispettivo, cioè la sussistenza - Assenza di rischio d’impresadi un rischio d’impresa per il prestatore- Cont<strong>in</strong>uità della prestazione- Titolarità da parte dell’associante di un generico potere - Osservanza di un orario v<strong>in</strong>colantedi impartire direttive per l’esecuzione del lavoro - Retribuzione periodica ed <strong>in</strong> misura fissane lavorativa da parte dell’associato e contratto dilavoro subord<strong>in</strong>ato con retribuzione collegata agliutili dell’impresa, la riconducibilità del rapporto all’unoo all’altro degli schemi predetti esige un’<strong>in</strong>dag<strong>in</strong>edel giudice del merito (il cui accertamento seadeguatamente e correttamente motivato non è censurabile<strong>in</strong> sede di legittimità) volta a cogliere laprevalenza, alla stregua delle modalità di attuazionedel concreto rapporto, degli elementi che caratterizzanoi due contratti, tenendo conto <strong>in</strong> particolareche, mentre il primo implica l’obbligo del rendicontoperiodico dell’associante <strong>in</strong> relazione al potere dell’associatodi controllo sulla gestione economica dell’impresa,e l’esistenza per quest’ultimo di un rischiodi impresa, il rapporto di lavoro subord<strong>in</strong>ato implicaun effettivo v<strong>in</strong>colo di subord<strong>in</strong>azione, più ampio delgenerico potere dell’associante d’impartire direttiveed istruzioni al co<strong>in</strong>teressato (32) , oltre alla salvezzadel diritto alla retribuzione m<strong>in</strong>ima proporzionataalla quantità e qualità del lavoro prestato (33) .In tal senso allora appare <strong>in</strong>teressante la pronunciacon la quale la Suprema Corte ha stabilito chesi è <strong>in</strong> presenza di un contratto di associazione <strong>in</strong><strong>partecipazione</strong> nel caso <strong>in</strong> cui l’associato si limitiall’apporto della sola attività lavorativa ed anchese, a seguito di specifica clausola, venga esclusodalla <strong>partecipazione</strong> ad eventuali perdite di gestione,bensì gli sia riconosciuta, <strong>in</strong> ogni caso, una<strong>partecipazione</strong> sui ricavi, sempre che, con riferimentoal concreto svolgimento del rapporto, nonsia riscontrabile quello stabile <strong>in</strong>serimento nell’organizzazioneproduttiva con il conseguente assoggettamentoalla penetrante <strong>in</strong>gerenza dell’associante,il quale impartisca cont<strong>in</strong>ue disposizioniriguardanti l’esecuzione della prestazione, checomporta una sottostante effettiva natura subord<strong>in</strong>atadel rapporto di lavoro (34) .Appare qu<strong>in</strong>di importante, <strong>in</strong> chiave dist<strong>in</strong>tiva, concentrarsisul ruolo dell’associante, il quale <strong>in</strong> concretof<strong>in</strong>isca per atteggiarsi nei confronti dell’associato avero e proprio datore di lavoro, esercitandone i relativipoteri.Peraltro ci si deve ricordare che anche ai lavoratoriautonomi, ai soci di fatto o agli associati <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong>possono essere impartite direttive o <strong>in</strong>dicazioni<strong>in</strong> ord<strong>in</strong>e allo svolgimento del lavoro (specie se sianecessario sopperire a una m<strong>in</strong>ore esperienza dicostoro o comunque sia stato concordato, ovverorisulti opportuno e necessario un coord<strong>in</strong>amentodelle attività), senza che, per ciò solo, possa ritenersi<strong>in</strong>equivocabilmente provata l’esistenza di un rapportodi lavoro subord<strong>in</strong>ato, caratterizzato <strong>in</strong>vece da unpiù pregnante v<strong>in</strong>colo di natura personale, che imponeal dipendente di assoggettarsi al potere organizzativo,gerarchico e discipl<strong>in</strong>are del datore di lavoro,ponendo a disposizione di questi le proprieenergie lavorative, adeguandosi ai suoi ord<strong>in</strong>i e sottoponendosial suo controllo nello svolgimento dellaprestazione (35) .Potere direttivo, discipl<strong>in</strong>are e di controllo dellopseudo associante sarebbero (36) qu<strong>in</strong>di elementi(32) Così Cass. n. 9671 del 17 settembre 1991; conformemente Cass. n. 2693/2001.(33) In Cass. n. 290/2000 una lavoratrice era addetta ad una elementare e ripetitiva operazione produttiva; il giudice dimerito, con sentenza confermata dalla S.C., ha qualificato come lavoro subord<strong>in</strong>ato il rapporto <strong>in</strong> questione, caratterizzatodai corrispondenti poteri organizzativi e gerarchici del datore di lavoro, dall’assenza di un suo obbligo di rendiconto, e dauna determ<strong>in</strong>azione della retribuzione collegata non già agli utili e neanche al fatturato dell’impresa ma semplicementealla quantità di lavoro eseguito <strong>in</strong> relazione a determ<strong>in</strong>ate percentuali di pezzi.(34) Cass. n. 5759/1984.(35) Cass. n. 19352/2003, si veda anche Cass. n. 6750/1981.(36) Si veda Cass. 9 marzo 2004, n. 4797 <strong>in</strong> base alla quale si è affermato che, ai f<strong>in</strong>i della dist<strong>in</strong>zione del rapporto di lavorosubord<strong>in</strong>ato da quello autonomo, pur non potendosi presc<strong>in</strong>dere dalla volontà dei contraenti, tenendo presente il nomeniuris dagli stessi adottato, elemento fondamentale è l’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, organizzativo ediscipl<strong>in</strong>are, estr<strong>in</strong>secantesi <strong>in</strong> ord<strong>in</strong>i specifici oltre che <strong>in</strong> una vigilanza ed un controllo assiduo delle prestazioni lavorative,da valutarsi con riferimento alla peculiarità dell’<strong>in</strong>carico conferito al lavoratore e alle modalità della sua attuazione. Si veda


fondamentali nella dist<strong>in</strong>zione tra associazione <strong>in</strong><strong>partecipazione</strong> e lavoro subord<strong>in</strong>ato.Altri elementi, quali ad esempio il rispetto dell’orariodi lavoro, lo svolgimento di mansioni assolteanche dai dipendenti, la variabilità della retribuzione,non possono <strong>in</strong>vece valere da soli aricondurre il rapporto nello schema del lavorosubord<strong>in</strong>ato poiché, sempre secondo la Cassazione,si tratta di elementi nessuno dei quali di per séidoneo a costituire criterio discrim<strong>in</strong>ante fra l’unoe l’altro tipo di rapporto, essendo compatibili conentrambi, e non possono far desumere la sussistenzadella subord<strong>in</strong>azione (37) .Sul ruolo dell’orario di lavoro si sofferma la Cassazionecivile con la sentenza n. 2016 del 19 febbraio1993, ricordando come gli associati <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong>non rispettano fasce orarie legate alleesigenze della ditta poiché ciò farebbe venire menode facto la libertà di organizzazione del tempoe dei modi del lavoro.Altro orientamento ammetterebbe anche l’operaredell’associato all’<strong>in</strong>terno di fasce orarie concordatecon l’associante, a condizione però che nonvenga <strong>in</strong> alcun caso assoggettato ad obblighi dipresenza sul luogo di lavoro precostituiti dall’associanteovvero ad obblighi di giustificazione dieventuali assenze (38) .Peraltro a complicare ulteriormente il quadro sipongono una serie di pronunce con le quali vieneammessa la possibilità di accordare all’associatoun guadagno fisso o m<strong>in</strong>imo, magari con conferimentoperiodico e mensile, che spesso f<strong>in</strong>isce perassomigliare molto, f<strong>in</strong>o a confondersi, con laretribuzione spettante al lavoratore subord<strong>in</strong>ato.Nell’associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong>, spiega laCassazione, laddove l’apporto dell’associato consistanella prestazione di attività lavorativa, lagaranzia di un guadagno m<strong>in</strong>imo deve ritenersicompatibile con la sussistenza di tale contratto,posto che detta garanzia è correlata al divieto,sancito dall’articolo 2553 del codice civile che leperdite che colpiscono l’associato possano superareil valore del suo apporto (39) . Tuttavia la giurisprudenzaha nel contempo precisato che nelcaso di associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> con apportodella sola attività lavorativa, non trova applicazioneil pr<strong>in</strong>cipio della retribuzione sufficientesancito dall’articolo 36 della Costituzione conesclusivo riguardo al lavoro subord<strong>in</strong>ato (40) . Delresto, sottol<strong>in</strong>ea la stessa Cassazione (41) , i compensiriconosciuti all’associato devono essere al contrarioconsiderati una vera e propria componentedei costi di produzione imputati dall’associanteall’attività di impresa.Assai rilevante nel dibattito <strong>in</strong> discussione è la decisionedella Corte costituzionale del 12 febbraio1996, n. 30 (42) <strong>in</strong> cui la Corte ­ a proposito del lavoro<strong>in</strong> cooperativa ­ precisa che per l’applicazione di tuttigli aspetti della tutela del lavoro … e <strong>in</strong> particolare diquelli concernenti la retribuzione, assume rilievonon tanto lo svolgimento di fatto di un’attività dilavoro connotata da elementi di subord<strong>in</strong>azione,quanto il tipo di <strong>in</strong>teressi cui l’attività è funzionalizzatae il corrispondente assetto di situazioni giuridiche<strong>in</strong> cui è <strong>in</strong>serita.Devono cioè concorrere tutte le condizioni che def<strong>in</strong>isconola subord<strong>in</strong>azione <strong>in</strong> senso stretto, peculiaredel rapporto di lavoro, la quale è un concetto piùpregnante e <strong>in</strong>sieme qualitativamente diverso dallasubord<strong>in</strong>azione riscontrabile <strong>in</strong> altri contratti co<strong>in</strong>volgentila capacità di lavoro di una delle parti (comepuò essere il contratto di associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong>n.d.r.).La differenza, prosegue la Corte di Cassazione, èdeterm<strong>in</strong>ata dal concorso di due condizioni chenegli altri casi non si trovano mai congiunte:l’alienità (nel senso di dest<strong>in</strong>azione esclusiva adaltri) del risultato per il cui conseguimento laprestazione di lavoro è utilizzata e l’alienità dell’organizzazioneproduttiva <strong>in</strong> cui la prestazione si<strong>in</strong>serisce.In l<strong>in</strong>ea con siffatta impostazione si può <strong>in</strong>quadrarel’orientamento giurisprudenziale (43) che ritieneassolutamente decisivo ed essenziale nel contrattoperò quanto ha stabilito la Cassazione civile, sez. lavoro con sentenza n. 7586 del 30 marzo 2009, la quale hariconosciuto la possibilità dell’assoggettamento dell’associato al potere direttivo dell’associante.(37) Cass. 6 novembre 1998, n. 11222; si veda anche Cass. 27 febbraio 2007, n. 4500.(38) Pretura Ascoli Piceno 18 aprile 1990.(39) Cass. n. 4235/1988, si veda anche Cass. n. 197/1982 secondo cui l’associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong>, nella quale l’associatoabbia conferito la propria prestazione lavorativa, è perfettamente compatibile con la garanzia di un guadagno m<strong>in</strong>imo afavore dell’associato, avendo essa l’effetto di escludere, totalmente o parzialmente, la perdita del suddetto conferimento.Anche la sentenza n. 15175 del 24 novembre 2000 ammette <strong>in</strong> favore dell’associato la corresponsione di una sommafissa priva di ogni riscontro con gli utili.(40) Cass. n. 3936/1997.(41) Cass. civ., sez. lav., 10 giugno 2005, n. 1261.(42) Sul punto di veda L. Cacciapaglia ­ P. Pizzuti ­ E. De Fusco, L’<strong>Associazione</strong> <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> dopo la riforma Biagi <strong>in</strong> Guidaal Lavoro n. 11 dell’11 marzo 2005, pag 2.(43) Cass. 8 ottobre 2008, n. 24871; Cass. 19 dicembre 2003, n. 19475; Cass. 6 maggio 1997, n. 3936.


di associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> il rischio economicoche l’associato assume su di sé, l’alea riguardantela non corrispondenza tra quanto percepibilee il valore dell’apporto lavorativo.Si <strong>in</strong>dividua qu<strong>in</strong>di un co<strong>in</strong>volgimento direttodell’associato alle sorti dell’impresa, che <strong>in</strong>vece<strong>in</strong>cide solo <strong>in</strong> maniera <strong>in</strong>diretta sul lavoratoresubord<strong>in</strong>ato.Il rischio d’impresa sarebbe così <strong>in</strong>sussistente nelleipotesi <strong>in</strong> cui, contrariamente a quanto sostenutodai precedenti orientamenti sopra esposti, l’associatopercepisca una sorta di retribuzione sempre<strong>in</strong> misura fissa, <strong>in</strong> quanto siffatta corresponsioneevidenzia il carattere fittizio del rapporto associativo,<strong>in</strong>tercorso volutamente tra le parti, e depone,viceversa, per la ricorrenza di un rapporto dilavoro subord<strong>in</strong>ato (44) .Sul rischio d’impresa e sul rendiconto, quale provadel controllo dell’associato sull’attività dell’associante,si sofferma la Cassazione con la pronuncian. 3894 del 18 febbraio 2009.Secondo la Suprema Corte, una volta verificatoche all’assetto contrattuale voluto dalle particorrisponde la concreta attuazione di un rapportodi associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> <strong>in</strong>quanto dimostrate la prestazione di un regolarerendiconto <strong>in</strong> relazione al fatturato del negozioe la mancanza di direttive riguardanti l’orariodi lavoro e l’organizzazione dell’attività, la <strong>partecipazione</strong>ai ricavi e non alle perdite, il rispettodi un orario di lavoro <strong>in</strong> assenza però didirettive e la garanzia di un guadagno m<strong>in</strong>imonon valgono ad escludere un rapporto di tipoassociativo.Sul concetto della cosiddetta «doppia alienità» sisofferma anche un’<strong>in</strong>teressante sentenza dellaCorte d’appello di Venezia, sez. lavoro del 15ottobre 2011, n. 575 la quale, dopo aver passato<strong>in</strong> rassegna numerosi dei pr<strong>in</strong>cipi giurisprudenzialisopra richiamati, si riporta all’orientamentodella Suprema Corte, secondo il quale la prestazionelavorativa onerosa resa all’<strong>in</strong>terno dei localiaziendali, con materiali e attrezzature appartenentialla stessa, con modalità tipologiche propriedel lavoro subord<strong>in</strong>ato, di cui il lavoro <strong>in</strong> fabbricaè il prototipo, comporta una presunzione di subord<strong>in</strong>azioneche è onere del datore di lavorov<strong>in</strong>cere.Ciò che conta sono le modalità con cui la prestazioneè resa, secondo gli standard propri del lavorotipologicamente subord<strong>in</strong>ato, e l’alienità del lavoratorerispetto all’organizzazione aziendale e airisultati della sua prestazione.Un’altra disputa giurisprudenziale, non meno importante,nell’annosa dicotomia tra lavoro subord<strong>in</strong>atoe associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> è sorta sulvalore da attribuire agli <strong>in</strong>dici s<strong>in</strong>tomatici di taleultimo contratto e più <strong>in</strong> particolare sulle conseguenzederivanti dalla loro assenza.Due recenti sentenze (45) sembrano aver confermatonel nostro ord<strong>in</strong>amento una sorta di presunzionedi subord<strong>in</strong>azione, <strong>in</strong> base alla quale,ogni qualvolta non si riscontr<strong>in</strong>o nelle modalitàdi esecuzione del rapporto i tratti tipici dell’associazione<strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong>, il rapporto deveessere necessariamente ricondotto al lavoro subord<strong>in</strong>ato.La Suprema Corte di Cassazione con sentenzan. 24781/2006 aveva sottol<strong>in</strong>eato che la possibilitàche l’apporto della prestazione lavorativadell’associato abbia connotazioni <strong>in</strong> tutto analoghea quelle dell’espletamento di una prestazionelavorativa <strong>in</strong> regime di lavoro subord<strong>in</strong>atocomporta che il fulcro dell’<strong>in</strong>dag<strong>in</strong>e si spostisulla verifica dell’autenticità del rapporto di associazione;ove la prestazione lavorativa sia <strong>in</strong>seritastabilmente nel contesto dell’organizzazioneaziendale, senza <strong>partecipazione</strong> al rischiod’impresa e senza l’<strong>in</strong>gerenza nella gestione dell’impresastessa, si ricade nel rapporto di lavorosubord<strong>in</strong>ato <strong>in</strong> ragione di un generale favoreaccordato dall’articolo 35 della nostra Costituzioneche tutela il lavoro <strong>in</strong> tutte le sue formeed applicazioni.Altro orientamento tuttavia (46) è di segno diametralmenteopposto, ritenendo che non possa esserciun automatismo legato all’assenza degli <strong>in</strong>dicitipici del rapporto di associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong>e sussistenza di un rapporto di lavoro subord<strong>in</strong>atopoiché per dimostrare l’esistenza di tale ultimatipologia lavorativa è assolutamente necessarioriscontrarne <strong>in</strong> concreto gli elementi che lacaratterizzano.In tal senso allora ove il conf<strong>in</strong>e tra le due figurefosse decisamente labile, troverebbe uno spaziodecisivo la volontà delle parti nella determ<strong>in</strong>azionedella tipologia contrattuale con cui regolare ipropri rapporti.(44) Tribunale di Sondrio 29 ottobre 1996.(45) Cass. 22 novembre 2011, n. 24619 e Cass., sez. lav., 21 febbraio 2012, n. 2496 ma anche Cass. civ., sez. lav., 26 gennaio2010, n. 1584.(46) Sul punto si veda G. De Fazio <strong>in</strong> op. cit.


Norme antielusivee riforma del mercato del lavoroAlla luce di quanto s<strong>in</strong>ora evidenziato, <strong>in</strong> particolaredall’esame della giurisprudenza, emerge chiaramentecome <strong>in</strong> tema di contratto di associazione<strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong>, tracciare dei conf<strong>in</strong>i concreti dell’istitutonon sembra essere cosa facile. Sulla dist<strong>in</strong>zionetra lavoro subord<strong>in</strong>ato e associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong>esistono ancora oggi ampi marg<strong>in</strong>i di<strong>in</strong>certezza che certo rendono sempre più rischiosol’utilizzo di tale istituto o al contrario consentonoche tale tipologia possa essere ad arte utilizzata percelare veri e propri contratti subord<strong>in</strong>ati.Gli <strong>in</strong>terventi della legge BiagiÈ con questa consapevolezza che già nel 2003 illegislatore della riforma Biagi aveva cercato di <strong>in</strong>trodurreun correttivo all’istituto dell’associazione <strong>in</strong><strong>partecipazione</strong>, focalizzando la propria attenzionesulle ipotesi <strong>in</strong> cui l’apporto dell’associato si fosseconcretizzato <strong>in</strong> una prestazione lavorativa. In talsenso l’art. 86 Dlgs n. 276/2003 al comma 2 stabilivatestualmente che «al f<strong>in</strong>e di evitare fenomenielusivi della discipl<strong>in</strong>a di legge e contratto collettivo,<strong>in</strong> caso di rapporti di associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong>resi senza una effettiva <strong>partecipazione</strong> e adeguateerogazioni a chi lavora, il lavoratore ha diritto aitrattamenti contributivi, economici e normativi stabilitidalla legge e dai contratti collettivi per il lavorosubord<strong>in</strong>ato svolto nella posizione corrispondentedel medesimo settore di attività, o <strong>in</strong> mancanza dicontratto collettivo, <strong>in</strong> una corrispondente posizionesecondo il contratto di settore analogo, a meno cheil datore di lavoro, o committente, o altrimenti utilizzatorenon comprovi, con idonee attestazioni o documentazioni,che la prestazione rientra <strong>in</strong> una delletipologie di lavoro discipl<strong>in</strong>ate nel presente decretoovvero <strong>in</strong> un contratto di lavoro subord<strong>in</strong>ato specialeo con particolare discipl<strong>in</strong>a, o <strong>in</strong> un contrattonom<strong>in</strong>ato di lavoro autonomo, o <strong>in</strong> altro contrattoespressamente previsto nell’ord<strong>in</strong>amento». F<strong>in</strong> dasubito furono evidenti le difficoltà nel comprendereappieno una norma che poneva non pochi problemidal punto di vista <strong>in</strong>terpretativo. In l<strong>in</strong>ea generale illegislatore della riforma Biagi si concentrava su dueelementi del rapporto di associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong>,l’effettiva <strong>partecipazione</strong> e le adeguate erogazionia chi lavora, <strong>in</strong>tendendo <strong>in</strong> tal senso <strong>in</strong>direttamenterivolgersi, come detto, ai contratti di associazione<strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> con apporto di lavoro. Ilmeccanismo proposto era <strong>in</strong> realtà abbastanza similea quello <strong>in</strong>trodotto, come vedremo, con l’attualeriforma del mercato del lavoro. In estrema s<strong>in</strong>tesi si<strong>in</strong>troduceva un sistema di presunzione relativa disubord<strong>in</strong>azione che scattava nel momento <strong>in</strong> cuidall’analisi del contratto di associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong>fossero emerse l’assenza di un’effettiva <strong>partecipazione</strong>all’impresa e l’<strong>in</strong>adeguatezza delle erogazioniall’associato. La presunzione comunque lasciavala possibilità all’associante di dimostrare attraversoidonee documentazioni o attestazioni che la prestazionedi lavoro era <strong>in</strong> realtà riferibile ad altratipologia contrattuale, anche di lavoro autonomo.Senza entrare eccessivamente nel merito di una normativache è stata oggi abrogata proprio dalla recenteriforma del mercato del lavoro (art. 1, comma 31,legge n. 92/2012), si può semplicemente sottol<strong>in</strong>eareche i reali problemi <strong>in</strong>terpretativi nascevano propriodall’<strong>in</strong>dividuazione di quegli elementi, l’effettiva<strong>partecipazione</strong> e le adeguate erogazioni, la cui assenzafaceva scattare la presunzione. Le l<strong>in</strong>ee guidaper la certificazione dei contratti del 29.5.2006,proposte dalla Commissione dei pr<strong>in</strong>cipi <strong>in</strong>terpretatividelle leggi <strong>in</strong> materia di lavoro, def<strong>in</strong>ivano l’effettiva<strong>partecipazione</strong> come un rafforzativo delle normedel codice civile, sottol<strong>in</strong>eando la necessità che ilconcreto assetto dei rapporti contrattuali tra le particonsentisse realmente l’esercizio del potere di controlloda parte dell’associato mediante la <strong>partecipazione</strong>alla gestione dell’impresa. Decisamente piùproblematico il requisito dell’adeguata erogazioneda corrispondere all’associato lavoratore. C’è chi (1)ha evidenziato come tale elemento, visto come necessariapresenza di un trattamento economico adeguatoalle prestazioni lavorative, potesse comportareun venir meno del rischio d’impresa dell’associato,(1) Si veda C. Santoro <strong>in</strong> op. cit.


tanto da accostarlo sempre di più al lavoratore subord<strong>in</strong>ato.Autorevole dottr<strong>in</strong>a (2) ha evidenziato ancoral’<strong>in</strong>compatibilità del term<strong>in</strong>e «adeguate» con lanatura aleatoria del contratto di associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong>che strutturalmente non può prevedereuna garanzia di adeguatezza postulando al contrarioche l’associato non ottenga alcuna remunerazioneper l’attività lavorativa svolta, ove l’impresa non abbiagenerato gli utili sperati. Più coerente appare<strong>in</strong>vece l’<strong>in</strong>terpretazione fornita ancora una volta dallel<strong>in</strong>ee guida per la certificazione dei contratti. Siprecisa <strong>in</strong>fatti che il carattere dell’adeguatezza della<strong>partecipazione</strong> non significa garanzia di un determ<strong>in</strong>atocompenso a presc<strong>in</strong>dere dalla produzione diutili da parte dell’impresa, facendo così venire menola natura aleatoria del contratto di associazione <strong>in</strong><strong>partecipazione</strong>. Il contratto deve <strong>in</strong>vece prevedereexante adeguate erogazioni a favore del lavoratore, masempre a condizione che l’impresa associante conseguaeffettivamente degli utili. Se quest’ultima qu<strong>in</strong>d<strong>in</strong>on dovesse produrre gli utili, l’associato non avrebbediritto comunque ad alcun compenso. Adeguatezzaqu<strong>in</strong>di <strong>in</strong>tesa non come proporzionalità macome correlazione, <strong>in</strong> positivo o <strong>in</strong> negativo, con ilrisultato dell’impresa o dell’affare (3) .La riforma del mercato del lavoro 2012A distanza di quasi 10 anni da questo primo tentativodi <strong>in</strong>trodurre <strong>in</strong> chiave normativa un meccanismoantielusivo, che regoli l’utilizzo del contrattodi associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> favorendone così,almeno nelle <strong>in</strong>tenzioni, un uso solo virtuoso, illegislatore è ritornato nuovamente ad occuparsi ditale contratto. Anche <strong>in</strong> questo caso il f<strong>in</strong>e è semprelo stesso, quello di limitare al m<strong>in</strong>imo l’uso assolutamentedistorto di tale tipologia di lavoro. Probabilmenteperò il legislatore del 2012, a parere dichi scrive, è stato guidato da due ulteriori considerazioni.La prima è data sicuramente dal fallimentodella normativa antielusiva, <strong>in</strong>trodotta con la leggeBiagi, la quale, come visto, troppo oscura nella sua<strong>in</strong>terpretazione ha reso ostica la sua stessa applicazione,mancando pertanto l’obiettivo che si era prefissa.Ancor più di questo può aver condizionato lescelte del legislatore la consapevolezza che neppurela giurisprudenza <strong>in</strong> 70 anni di pronunce èriuscita, come abbiamo evidenziato, a tracciare deiconf<strong>in</strong>i netti tra il contratto di associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong>e il lavoro subord<strong>in</strong>ato. È probabilmentecon questi presupposti di partenza che è stato <strong>in</strong>trodottodalla legge n. 92/2012 un nuovo commaall’art. 2549 c.c.Articolo 2549, comma 2 - NozioneQualora l’apporto dell’associato consista anche <strong>in</strong> unaprestazione di lavoro, il numero degli associati impegnati<strong>in</strong> una medesima attività non può essere superiore atre, <strong>in</strong>dipendentemente dal numero degli associanti, conl’unica eccezione nel caso <strong>in</strong> cui gli associati siano legatiall’associante da rapporto coniugale, di parentela entro ilterzo grado o di aff<strong>in</strong>ità entro il secondo. In caso diviolazione del divieto, di cui al presente comma, il rapportocon tutti gli associati il cui apporto consiste anche<strong>in</strong> una prestazione di lavoro si considera di lavoro subord<strong>in</strong>atoa tempo <strong>in</strong>determ<strong>in</strong>ato.Limite numerico e presunzione assolutadi subord<strong>in</strong>azioneIn tal senso qu<strong>in</strong>di, considerando l’alto fattore dirischio che contraddist<strong>in</strong>gue un contratto di associazione<strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> con apporto lavorativo (strumentoeconomicamente più conveniente ed alternativoal lavoro subord<strong>in</strong>ato) il numero degli associati<strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> non può essere superiore a tre.Evidentemente non ci sono ragioni particolari nellascelta del numero di soli 3 associati, se non la volontà,a parere di chi scrive, di calmierare il più possibilel’istituto. Ciò ancor più se si considera che il numerodi 3 associati deve essere valutato considerando l’impresanel suo complesso, anche laddove la stessa sisviluppi <strong>in</strong> più unità locali. Questa, <strong>in</strong> attesa di chiarimentim<strong>in</strong>isteriali, appare essere l’<strong>in</strong>terpretazione piùcoerente dell’<strong>in</strong>ciso «associati impegnati <strong>in</strong> una medesimaattività» (4) , anche e soprattutto alla luce diquanto affermato dallo stesso Governo nei documentiillustrativi che hanno accompagnato il Ddl.Già con la prima bozza di riforma delle tipologiecontrattuali (5) , al punto 8 veniva sottol<strong>in</strong>eata la volontàdi lasciare operante l’istituto soltanto nelle piccoleattività. Nella relazione di presentazione alleCamere del Ddl approvato nella seduta del23.3.2012 si diceva chiaramente al punto 2.8 che lafigura dell’associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> sarebbestata mantenuta unicamente per rapporti di coniugioo di parentela entro il 1° grado, qu<strong>in</strong>di rispetto adambiti decisamente ristretti, che mal si sarebbero(2) Vallebona, La riforma dei lavori, 2004, pag. 29.(3) Ruggiero, Il lavoro nella associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> e l’effettiva <strong>partecipazione</strong> agli utili <strong>in</strong> Enrico ­ Tiraboschi Compendiocritico per la certificazione dei contratti di lavoro, 2005.(4) Conformemente A. Rota Porta, Associati, dribbl<strong>in</strong>g sulla conversione <strong>in</strong> Norme e Tributi de Il Sole 24 Ore, edizione del 17settembre 2012, pag. 23; E. De Fusco, Associazioni limitate a tre partecipanti <strong>in</strong> La Riforma del Lavoro Instant Book de IlSole 24 Ore.(5) L<strong>in</strong>ee di <strong>in</strong>tervento sulla discipl<strong>in</strong>a delle tipologie contrattuali del 13 marzo 2012.


conciliati con realtà imprenditoriale articolate su piùunità locali. Se è pur vero che il concetto di attivitànon è perfettamente sovrapponibile a quello d’impresa,di certo l’<strong>in</strong>terpretazione sarebbe ancor piùforzata se fosse riferita al concetto di unità locale, unterm<strong>in</strong>e che il legislatore se avesse voluto utilizzareben avrebbe potuto. In un’ottica di estrema limitazionedell’istituto dell’associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong>nella modalità prevista con apporto dell’associatocostituito da attività lavorativa, è op<strong>in</strong>ione dello scriventeche il concetto di medesima attività debbanecessariamente essere ricondotto all’impresa nelsuo complesso, a condizione, tutt’al più, che nell’ambitodelle plurime unità locali venga esercitata lamedesima attività. In buona sostanza il v<strong>in</strong>colo piùche legato all’impresa potrebbe essere effettivamenterelazionato all’attività che viene svolta ed eventualmenteclassificata ai f<strong>in</strong>i assicurativi (6) . Più complessaè <strong>in</strong>vece l’<strong>in</strong>dividuazione del campo soggettivoal quale si riferisce il limite numerico. Il nuovocomma 2 dell’art. 2549 c.c. specifica che il limitenumerico opera qualora l’apporto dell’associato consista«anche <strong>in</strong> una prestazione lavorativa». La presenzadell’avverbio «anche» farebbe pensare che sianosottoposti a cont<strong>in</strong>gentamento solo quei rapportidi associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> che, oltre a prevedereun apporto consistente <strong>in</strong> una prestazione lavorativa,prevedano evidentemente altro da parte dell’associato(7) . Più coerente <strong>in</strong>vece ritenere che il term<strong>in</strong>e«anche» comporti l’applicazione del limite numericonon solo ai rapporti di associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong>con apporto di solo lavoro ma «anche» aquelli nei quali oltre al lavoro vi sia apporto adesempio di capitale . A parere di chi scrive il limitenumerico ha senso <strong>in</strong> quanto <strong>in</strong>tervenga nelle ipotesidi effettiva criticità dell’istituto, r<strong>in</strong>venibili non certoove l’associato si limiti ad un apporto di capitale maogni qualvolta vi sia <strong>in</strong> gioco una prestazione lavorativa,che sposti il piano sulla contrastata convivenzacon il rapporto subord<strong>in</strong>ato. Ad ulteriore riprova diquanto sostenuto <strong>in</strong>terviene proprio il successivo periododel nuovo comma 2 dell’art. 2549 c.c., il qualeesclude l’operatività dei limiti numerici nelle ipotesi<strong>in</strong> cui tra associato ed associante vi siano qualificatilegami quali il coniugio o la parentela entro il terzogrado o l’aff<strong>in</strong>ità entro il secondo. Anche <strong>in</strong> questocaso l’<strong>in</strong>ciso ha una logica ben precisa. Appare, <strong>in</strong>fatti,del tutto <strong>in</strong>giustificato far operare un limite numericovolto ad impedire l’uso distorto dell’associazione<strong>in</strong> luogo della subord<strong>in</strong>azione ove tra i due soggetti<strong>in</strong>teressati dal rapporto contrattuale appaia ex anteimprobabile la sussistenza proprio di un rapportosubord<strong>in</strong>ato. È noto come tra coniugi o parenti siaassai difficile riscontrare gli <strong>in</strong>dici tipici della subord<strong>in</strong>azione,ragion per cui <strong>in</strong> tali ipotesi si potrebberoritenere <strong>in</strong>sussistenti i rischi di un abuso dell’istituto.Dirompenti appaiono le conseguenze legate al superamentodel limite numerico <strong>in</strong> questione. L’ultimoperiodo del comma 2 <strong>in</strong>dividua una previsione cheha sia un carattere sostanziale che, a ben vedere,spiccatamente sanzionatorio. La componente sostanzialeè legata alla previsione di una trasformazioneopelegis del rapporto con l’associato <strong>in</strong> lavorosubord<strong>in</strong>ato a tempo <strong>in</strong>determ<strong>in</strong>ato. Di non m<strong>in</strong>orimportanza è poi la componente sanzionatoria derivantedal superamento dei limiti numerici. Il legislatore<strong>in</strong>fatti ha previsto che la trasformazione <strong>in</strong> contrattodi lavoro subord<strong>in</strong>ato a tempo <strong>in</strong>determ<strong>in</strong>atonon riguardi unicamente il contratto di associazione<strong>in</strong> sovrannumero rispetto ai tre consentiti ma co<strong>in</strong>volgaespressamente «tutti gli associati». In altre paroleun associante che abbia <strong>in</strong> forza tre associati <strong>in</strong><strong>partecipazione</strong>, nel momento <strong>in</strong> cui decida di <strong>in</strong>staurareuno o più ulteriori contratti di associazione <strong>in</strong><strong>partecipazione</strong> si vedrà trasformati <strong>in</strong> lavoro subord<strong>in</strong>atoa tempo <strong>in</strong>determ<strong>in</strong>ato oltre ai nuovi anche glialtri tre rapporti di associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong>,che ben avrebbero potuto proseguire. Si ritiene chea simili conseguenze si possa evidentemente giungereanche laddove lo sforamento avvenga <strong>in</strong> modosimultaneo, come nelle ipotesi <strong>in</strong> cui un associante<strong>in</strong>stauri contemporaneamente 4 o più rapporti diassociazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> con apporto di lavoroi quali, <strong>in</strong> forza del comma 2 del novellato art. 2549c.c. dovranno considerarsi tutti rapporti a tempo <strong>in</strong>determ<strong>in</strong>ato.Del resto la componente sanzionatoriaè ancora più evidenziata dal term<strong>in</strong>e «violazione»,utilizzato dal legislatore, che non si limita a parlare disemplice superamento dei limiti numerici ma del<strong>in</strong>eaproprio una violazione, correlata al divieto, previstodal comma <strong>in</strong> questione, di <strong>in</strong>trattenere più di 3rapporti di associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong>. Apparequ<strong>in</strong>di logico che alla violazione di un divieto seguauna sanzione. C’è a questo punto da chiedersi se(6) Sul punto si consideri M. Brisciani, <strong>Associazione</strong> <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong>: le novità per le aziende <strong>in</strong> Guida al Lavoro n. 39/2012,pag. 14, secondo il quale riferire il concetto di attività al s<strong>in</strong>golo punto vendita consentirebbe la sopravvivenza dell’istitutodell’associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> anche nelle grandi reti commerciali che utilizzano massicciamente tale tipologiacontrattuale ormai divenuta un modello di bus<strong>in</strong>ess. Secondo l’autore sul piano prettamente giuridico l’<strong>in</strong>terpretazionerestrittiva, riferita all’impresa nel suo complesso, non conv<strong>in</strong>cerebbe posto che i term<strong>in</strong>i attività e azienda non sonos<strong>in</strong>onimi, dal momento che un’azienda può ben svolgere più attività.(7) Sul punto si veda E. De Fusco <strong>in</strong> op. cit.


l’effetto novativo sul rapporto tra le parti operi extunc ovvero unicamente a partire dal giorno <strong>in</strong> cui siè verificato il superamento del limite numerico. Nelsilenzio della legge sembra più logico prevedereun’operatività ex nunc di tale disposizione e questoperché ove il legislatore della riforma, <strong>in</strong>tervenendosulle altre tipologie contrattuali, ha voluto che latrasformazione <strong>in</strong> rapporto di lavoro subord<strong>in</strong>ato atempo <strong>in</strong>determ<strong>in</strong>ato operasse f<strong>in</strong> dalla costituzionedel rapporto di lavoro, lo ha detto espressamente. Èquesto il caso tanto dei contratti di apprendistatoquanto delle collaborazioni a progetto. Il comma 16della legge 92, aggiungendo un nuovo comma 3­bisall’art. 2 del Tu dell’apprendistato, Dlgs n. 167/2011, prevede nell’ultimo periodo che gli apprendistiassunti <strong>in</strong> violazione dei limiti numerici sianoconsiderati lavoratori subord<strong>in</strong>ati a tempo <strong>in</strong>determ<strong>in</strong>atos<strong>in</strong> dalla data di costituzione del rapporto.Allo stesso modo il comma 23 sempre della legge n.92/2012, modificando l’art. 69, Dlgs n. 276/2003,<strong>in</strong> tema di contratto a progetto, ha stabilito che,salvo prova contraria a carico del committente, irapporti di collaborazione coord<strong>in</strong>ata e cont<strong>in</strong>uativa,anche a progetto, sono considerati rapporti subord<strong>in</strong>atis<strong>in</strong> dalla data di costituzione del rapporto, nelcaso <strong>in</strong> cui l’attività del collaboratore sia svolta conmodalità analoghe a quella svolta dai lavoratori dell’impresacommittente. Naturalmente la trasformazionepotrebbe essere f<strong>in</strong> dal sorgere del contratto <strong>in</strong>quelle ipotesi <strong>in</strong> cui è proprio l’<strong>in</strong>staurazione delrapporto <strong>in</strong> questione che determ<strong>in</strong>a lo sforamentodei limiti numerici, verificandosi pertanto una perfettaco<strong>in</strong>cidenza temporale tra violazione di dettilimiti e costituzione del rapporto di associazione <strong>in</strong><strong>partecipazione</strong>. Giova sottol<strong>in</strong>eare che il meccanismodi trasformazione del contratto di associazione<strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> <strong>in</strong> lavoro subord<strong>in</strong>ato a tempo<strong>in</strong>determ<strong>in</strong>ato non sembra assolutamente ammettereprova contraria da parte dell’associante il quale,proprio come di fronte ad un trattamento sanzionatorionon potrà fare altro che subire gli effetti chederivano direttamente dal dettato normativo, naturalmenteuna volta che si siano verificate le condizionipreviste dalla legge (8) .Presunzione relativa di subord<strong>in</strong>azioneAccanto a tale prima misura per così dire antielusiva,la riforma del mercato del lavoro ne <strong>in</strong>troduce un’altradel tutto simile, almeno sotto il profilo strutturale,a quella abrogata e prevista dalla legge Biagi. Il comma30 dell’art. 1, legge n. 92/2012 prevede <strong>in</strong>fattiche «i rapporti di associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> conapporto di lavoro <strong>in</strong>staurati o attuati senza che vi siastata un’effettiva <strong>partecipazione</strong> dell’associato agliutili dell’impresa o dell’affare, ovvero senza consegnadel rendiconto previsto dall’art. 2552 c.c., si presumono,salva prova contraria, rapporti di lavoro subord<strong>in</strong>atoa tempo <strong>in</strong>determ<strong>in</strong>ato». Anche <strong>in</strong> questocaso il legislatore prevede un sistema di conversionedel rapporto di associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> <strong>in</strong> uncontratto di lavoro subord<strong>in</strong>ato a tempo <strong>in</strong>determ<strong>in</strong>ato.Tuttavia a tale risultato si giunge attraverso unapresunzione che, come nell’abrogato art. 86, comma2 Dlgs n. 276/2003, è di natura relativa, concedendoall’associante, pseudo datore, la prova contraria.A differenza però della precedente normativa cambiano,almeno <strong>in</strong> parte, i requisiti <strong>in</strong> presenza deiquali scatterebbe la presunzione legale. La primacondizione è data dall’assenza di un’effettiva <strong>partecipazione</strong>dell’associato, requisito già presente nel testodella riforma Biagi. Tuttavia se l’abrogato comma 2dell’art. 86 Dlgs n. 276/2003 non forniva specifichecirca i contenuti della <strong>partecipazione</strong>, la nuovanormativa sembra essere più puntuale, ricollegandola <strong>partecipazione</strong> dell’associato agli utili dell’impresao dell’affare. Da un’analisi del testo di legge è facilecomprendere come la <strong>partecipazione</strong> non debbasemplicemente essere teorica o meramente contrattuale,ossia sulla carta, ma essere connotata da uncarattere di concreta effettività. Da un punto di vistaispettivo o di contenzioso, sarà pertanto <strong>in</strong>dispensabileverificare che l’associato abbia ricevuto un corrispettivoda parte dell’associante, ma non solo. Aparere dello scrivente tale emolumento deve necessariamenteessere collegato agli utili dell’impresa edell’affare. Pertanto, a titolo esemplificativo, <strong>in</strong> primissi dovrà verificare che l’impresa e l’affare abbianoo meno prodotto utili. In caso positivo il corrispettivoelargito all’associato dovrebbe trovare un collegamentoconseguenziale con gli utili generati ed un(8) Si consideri tuttavia anche il rilievo di costituzionalità mosso alla presente previsione che comporta a titolo sanzionatorio latrasformazione di tutti gli associati <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong>. P. Tosi, <strong>Associazione</strong> <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> <strong>in</strong> Commentario alla RiformaFornero; secondo l’autore, rifacendosi alle sentenze della Corte cost. 29.3.93, n. 121 e 31.3.94, n. 115 la qualificazioneopelegis <strong>in</strong>tegra la cd. disposizione del «tipo» preclusa, nel nostro ord<strong>in</strong>amento costituzionale, al legislatore, il quale può solo<strong>in</strong>dicare gli elementi della fattispecie astratta «lavoro straord<strong>in</strong>ario» ma non può imporre al giudice di ricondurre unafattispecie concreta presc<strong>in</strong>dendo dalla sussistenza <strong>in</strong> essa di tali elementi; non può cioè sottrarre al giudice il potere, chefunzionalmente gli compete, di operare la qualificazione <strong>in</strong> relazione alla specificità di ogni concreto rapporto, sia pure conriferimento alle fattispecie legislativamente <strong>in</strong>dividuate.


tanto <strong>in</strong> base ai parametri predeterm<strong>in</strong>ati contrattualmente.Si pensi ad esempio, nel più semplice deicasi, ad un calcolo percentuale. In tal senso potrebberocosì destare perplessità pattuizioni <strong>in</strong> base allequali vengano corrisposti compensi all’associato <strong>in</strong>misura fissa che non risentano pertanto dell’andamentoeffettivo dell’impresa o dell’affare. In altre paroleil vantaggio economico per l’associato dovrebbenecessariamente essere direttamente proporzionalecon l’andamento generale dell’impresa o dell’affare,senza la possibilità che vi siano a priori dei limiti diguadagno. Argomentando diversamente non si potrebbedare un preciso contenuto al requisito dell’effettivitàdella <strong>partecipazione</strong> dell’associato agli utilidell’impresa o dell’affare. Altro particolare da sottol<strong>in</strong>eareè il riferimento del legislatore agli utili dell’impresao dell’affare e non qu<strong>in</strong>di ai ricavi. Una sceltache richiama e conferma <strong>in</strong> modo del tutto logico ildettato normativo codicistico ma che, nello stessotempo, potrebbe sconfessare quella parte di giurisprudenzache, come visto, riterrebbe valida unacommisurazione del corrispettivo all’associato fondatasui ricavi anziché sugli utili. Altra condizione stabilitadal comma 30 <strong>in</strong> esame è data dalla consegnadel rendiconto previsto dall’art. 2552 c.c. La norma<strong>in</strong> questione può sembrare ripetitiva o un mero rafforzativodi quanto già <strong>in</strong>dicato dall’art. 2552 c.c.Tuttavia, ad un attento esame, si deve notare chel’art. 2552 c.c. contempla il rendiconto come elementodi concretizzazione del controllo che l’associatopuò esercitare sull’impresa dell’associante ma nonprevede alcun effetto giuridico dalla sua mancanza.Ecco dunque che considerati nel loro <strong>in</strong>sieme effettiva<strong>partecipazione</strong> agli utili dell’impresa e consegnadel rendiconto altro non sono che i due pr<strong>in</strong>cipalielementi che la giurisprudenza, <strong>in</strong> modo del tuttopacifico, ha def<strong>in</strong>ito essenziali e caratteristici del contrattodi associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong>, riconducendonaturalmente l’effettiva <strong>partecipazione</strong> agli utili alrischio d’impresa che deve necessariamente fare caposull’associato. Tuttavia, come già evidenziato <strong>in</strong>precedenza, non è univoco <strong>in</strong>vece l’orientamentogiurisprudenziale secondo il quale l’assenza di talielementi porti a ricondurre il rapporto nell’alveo dellasubord<strong>in</strong>azione, richiedendo parte della giurisprudenzaanche un effettivo riscontro degli <strong>in</strong>dici tipici.La presunzione <strong>in</strong>trodotta dalla riforma bypassacompletamente tale impasse giurisprudenziale. Infatt<strong>in</strong>on sarà a priori necessario dimostrare anche lapresenza di chiari <strong>in</strong>dici di subord<strong>in</strong>azione per riqualificareun rapporto di associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong>,essendo sufficiente l’assenza del rischio d’impresa(effettiva <strong>partecipazione</strong> agli utili dell’impresa o dell’affare)o la mancata consegna del rendiconto (9) .Peraltro, si può notare che, a differenza dell’abrogatocomma 2 dell’art. 86 Dlgs n. 276/2003, per farscattare la presunzione non sembra allo stato necessarial’assenza di entrambi gli elementi richiesti, postoche gli stessi vengono considerati alternativi, essendonormativamente divisi dalla congiunzione disgiuntiva«ovvero» (10) . Ma vi è di più. L’assenza dell’effettiva<strong>partecipazione</strong> ovvero della consegna delrendiconto può condurre alla trasformazione delrapporto <strong>in</strong> contratto di lavoro subord<strong>in</strong>ato a tempo<strong>in</strong>determ<strong>in</strong>ato sia quando venga riscontrata ex antequanto ex post. Il comma 30 specifica <strong>in</strong>fatti chel’assenza degli elementi <strong>in</strong> questione riguarda <strong>in</strong>nanzituttoi rapporti che già presentano tale carenza <strong>in</strong>fase di <strong>in</strong>staurazione, qu<strong>in</strong>di nel loro momento genetico.Un tanto, a parere di chi scrive, non può cheessere ev<strong>in</strong>cibile da una semplice lettura del contrattosottoscritto tra le parti, che lasci trasparire dagliobblighi contrattuali un’assenza di effettiva <strong>partecipazione</strong>agli utili. Si pensi ad un corrispettivo perl’associato pattuito <strong>in</strong> misura fissa, senza la previsionedi un conguaglio f<strong>in</strong>ale. Allo stesso modo tuttaviatale mancanza può emergere <strong>in</strong> fase di esecuzionedel rapporto di lavoro, qu<strong>in</strong>di, richiamando il term<strong>in</strong>eutilizzato dalla legge, nella sua «attuazione». Inquesto caso, evidentemente, il legislatore si preoccupache quanto previsto sulla carta trovi poi una concretaesecuzione, attraverso una verifica che nonpuò che essere expost, tanto per l’effettiva <strong>partecipazione</strong>agli utili dell’impresa o dell’affare, quanto perla materiale consegna del rendiconto previsto dall’art.2552 c.c. Conformemente a quanto già previsto<strong>in</strong> precedenza dal Dlgs n. 276/2003 quest’ultimapresunzione <strong>in</strong>trodotta dalla legge n. 92/2012 èrelativa, concedendo così la piena possibilità all’associantedi fornire una prova contraria. Questa voltaperò non vengono specificati i mezzi attraverso iquali fornire la prova (11) . La presunzione <strong>in</strong>oltre, comeda ultimo periodo del comma 30 della legge n.92/2012, si applica anche quando l’apporto di lavoronon presenti i requisiti del nuovo art. 69­bis,comma 2, lett. a), ossia non sia connotato da competenzeteoriche di grado elevato acquisite attraverso(9) Sul punto si veda anche G. Ross<strong>in</strong>i, <strong>Associazione</strong> <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> e lavoro subord<strong>in</strong>ato: la Suprema Corte <strong>in</strong>tervienenuovamente sugli elementi dist<strong>in</strong>tivi <strong>in</strong> Massimario di Giurisprudenza del Lavoro n. 10, ottobre 2012, pag. 804.(10) L’abrogato comma 2 dell’articolo 86 del Dlgs n. 276/2003 richiedeva, a parere di chi scrive, la concomitante assenza dieffettiva <strong>partecipazione</strong> e adeguate erogazioni a chi lavora, essendo i due elementi separati dalla congiunzione «e».(11) Il comma 2 dell’articolo 86 del Dlgs n. 276/2003 sembrava essere più limitativo, contemplando unicamente quali mezziper fornire una prova contraria idonee attestazioni o documentazioni.


significativi percorsi formativi, ovvero da capacitàtecnico­pratiche acquisite attraverso rilevanti esperienzematurate nell’esercizio concreto di attività. Taleultimo <strong>in</strong>ciso appare <strong>in</strong> realtà assai problematico <strong>in</strong>chiave <strong>in</strong>terpretativa. Innanzitutto sembra che talerequisito richiesto all’apporto dell’associato operi a séstante, slegato pertanto dall’effettiva <strong>partecipazione</strong>agli utili dell’impresa ovvero alla consegna del rendiconto.L’ultimo periodo del comma 30 <strong>in</strong> questionenon fa riferimento a detti elementi ma richiama unicamenteil meccanismo della presunzione, con provacontraria, che opererebbe pertanto <strong>in</strong> presenza diuna prestazione di lavoro priva delle caratteristichesopra <strong>in</strong>dicate, esattamente come avviene ove manchil’effettiva <strong>partecipazione</strong> agli utili dell’impresa odell’affare ovvero sia riscontrata la mancata consegnadel rendiconto. Inoltre a complicare ulteriormentela corretta <strong>in</strong>tellegibilità di tale <strong>in</strong>ciso normativocontribuisce la circostanza che «le competenzeteoriche» ovvero «le capacità tecnico­pratiche», chedevono contraddist<strong>in</strong>guere l’apporto lavorativo dell’associato,devono avere una precisa orig<strong>in</strong>e, rispettivamente<strong>in</strong> significativi percorsi formativi e <strong>in</strong> rilevantiesperienze maturate nell’esercizio concreto diattività. Come appare agevole notare sono tutti concettieccessivamente generici di non facile <strong>in</strong>quadramento,che non possono che <strong>in</strong>trodurre eccessiva<strong>in</strong>certezza, circostanza questa di non poco conto se siconsiderano le conseguenze alle quali si giunge, ossiala trasformazione dell’<strong>in</strong>tero rapporto di associazione<strong>in</strong> lavoro subord<strong>in</strong>ato a tempo <strong>in</strong>determ<strong>in</strong>ato.Peraltro se un siffatto risultato, salva la prova contraria,poteva essere assolutamente condivisibile, nellariscontrata assenza di rischio d’impresa o di controllosull’impresa stessa da parte dell’associato, essendotali elementi tipici del contratto di associazione <strong>in</strong><strong>partecipazione</strong>, non solo normativamente ma ancheper consolidati orientamenti giurisprudenziali, assaipiù op<strong>in</strong>abile è associare il medesimo effetto allecaratteristiche dell’apporto dell’associato. Non sicomprende <strong>in</strong>fatti il perché l’apporto debba necessariamenteavere le caratteristiche sopra <strong>in</strong>dicate, benpotendo avere connotazioni più semplici senza implicareuna ricaduta <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i di subord<strong>in</strong>azione. Salvoeventualmente considerare che il legislatore dellariforma ritenga a priori che mansioni più elementarisiano tipiche di un rapporto di lavoro subord<strong>in</strong>atoanziché di un’associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong>.Le presunzioni di subord<strong>in</strong>azione nel contrattodi associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong>Natura della Ipotesi che fanno scattarepresunzionela presunzioneAssoluta - Più di 3 associati <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong>anche con apporto di lavoro im-non è ammessala prova contraria pegnati <strong>in</strong> una medesima attivitàNatura dellapresunzioneIpotesi che fanno scattarela presunzioneRelativa - No effettiva <strong>partecipazione</strong> dell’associatoè ammessa agli utili dell’impresalaprova contraria - No consegna del rendiconto previstodall’articolo 2552 c.c.- Apporto dell’associato non connotatoda competenze teoriche digrado elevato o da capacità tecnico-praticheRegime transitorioUltimo spunto che merita attenta riflessione riguardail regime transitorio. Il comma 29 legge n.92/2012 fa salvi, f<strong>in</strong>o alla loro cessazione, i contratti<strong>in</strong> essere che, alla data di entrata <strong>in</strong> vigoredella legge, siano stati certificati ai sensi degliarticoli 75 e seguenti del Dlgs 10.9.2003, n. 276.La questione più rilevante, a parere di chi scrive,riguarda la sorte dei contratti di associazione <strong>in</strong><strong>partecipazione</strong> che, alla data del 18.7.2012 nonrisult<strong>in</strong>o essere stati certificati. L’<strong>in</strong>terpretazionepiù coerente a contrario che può essere data atale <strong>in</strong>ciso è che non possono essere mantenuti (equ<strong>in</strong>di fatti salvi) quei contratti che alla data dientrata <strong>in</strong> vigore della riforma non siano staticertificati. Ma v’è di più. La sola mancanza dicertificazione non può essere motivo di illiceitàdel contratto, pertanto la sua salvezza dipenderànecessariamente dalla compatibilità o meno a<strong>in</strong>uovi requisiti richiesti dai commi 28 e 30 dellalegge n. 92/12. In altre parole un associante cheavesse <strong>in</strong>staurato prima della riforma 3 rapportidi associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> potrebbe naturalmenteproseguire detti rapporti anche dopo il18.7.2012. Allo stesso modo un rapporto di associazione<strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> rispetto al quale sianoriscontrabili effettiva <strong>partecipazione</strong> agli utili dell’impresao dell’affare, ovvero consegna all’associatodel rendiconto previsto dall’art. 2552 c.c.ovvero ancora un apporto dell’associato caratterizzatoda competenze teoriche di grado elevato ocapacità tecnico­pratiche potrebbe tranquillamenteproseguire anche se non certificato, non essendocialcuna ragione di <strong>in</strong>compatibilità con la nuovanormativa. Resta allora da capire la sorte diquei rapporti che, al contrario siano <strong>in</strong> violazionedei limiti numerici previsti dal comma 28 ovverocarenti degli elementi richiesti dal comma 30 enel contempo non siano stati sottoposti alla proceduradi certificazione entro la data del 18.7.2012.In effetti la risposta a tale questione non è poi cosìsemplice. Con riguardo ad altri contratti novellatidalla riforma il legislatore si è <strong>in</strong>fatti espressamenteoccupato di chiarire la sorte dei contratti <strong>in</strong>


Contratti di associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> <strong>in</strong>compatibili con le nuove normeCertificati alla data del 18 luglio 2012 Non certificati alla data del 18 luglio 2012Sono fatti salviSono soggettialle presunzioni di subord<strong>in</strong>azioneessere alla data di entrata <strong>in</strong> vigore della legge n.92/2012. Con riferimento ai contratti di apprendistatola nuova discipl<strong>in</strong>a relativa ai limiti numericisi applica unicamente con riferimento alleassunzioni effettuate con decorrenza dall’1.1.2013,mantenendo espressamente <strong>in</strong> vigorela previgente discipl<strong>in</strong>a del Dlgs n. 167/2011 per irapporti di apprendistato <strong>in</strong>staurati prima di taledata e qu<strong>in</strong>di anche rispetto a quelli <strong>in</strong> essere alladata del 18.7.2012. Nel caso dei contratti di collaborazionecoord<strong>in</strong>ata e cont<strong>in</strong>uativa nella modalitàa progetto, le nuove norme si applicherannounicamente ai contratti stipulati successivamentealla data di entrata <strong>in</strong> vigore della legge n. 92/2012, lasciando per l’effetto <strong>in</strong>alterati i contrattigià <strong>in</strong> essere. Ancora più esplicito il regime transitorioper i contratti di lavoro a chiamata, rispettoai quali il comma 22 della legge n. 92/2012prevede, per quelli che non siano compatibili conil nuovo assetto normativo, una cessazione deglieffetti decorsi 12 mesi dalla data di entrata <strong>in</strong>vigore della riforma. Il rigido regime di presunzioniprevisto nei confronti delle prestazioni d’opera,<strong>in</strong> essere, rese <strong>in</strong> regime di partita Iva si applicheràsolo decorsi 12 mesi dalla data di entrata <strong>in</strong>vigore della riforma. Inf<strong>in</strong>e anche con riguardo allavoro occasionale accessorio il legislatore al comma33 mantiene fermo l’utilizzo, secondo la previgentediscipl<strong>in</strong>a, dei buoni per prestazioni di lavoroaccessorio, già richiesti alla data di entrata <strong>in</strong>vigore della legge n. 92/2012 e comunque nonoltre il 31.5.2013. Nulla <strong>in</strong>vece viene espressamentedetto circa la sorte dei contratti di associazione<strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> <strong>in</strong> essere alla data di entrata<strong>in</strong> vigore della legge n. 92/2012 se non lapossibilità di essere fatti salvi, f<strong>in</strong>o alla loro cessazione,se certificati. Pertanto, <strong>in</strong> assenza di unaspecifica normativa e di un diverso orientamentom<strong>in</strong>isteriale, è op<strong>in</strong>ione dello scrivente che ai rapportidi associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> <strong>in</strong> esserealla data di entrata <strong>in</strong> vigore della riforma, i qual<strong>in</strong>on siano certificati entro tale term<strong>in</strong>e, si applichi<strong>in</strong>teramente la nuova discipl<strong>in</strong>a di cui ai commi28 e 30 della legge n. 92/2012 (12) . Laddove,pertanto, alla data del 18.7.2012 un’impresa associanteabbia <strong>in</strong>trattenuto rapporti di associazione<strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> anche con apporto di lavoro <strong>in</strong>numero superiore a 3, senza che sussista tra associatied associante un v<strong>in</strong>colo di coniugio ovverodi parentela entro il terzo grado e aff<strong>in</strong>ità entro ilsecondo, tutti gli associati saranno da considerarsiope legis lavoratori subord<strong>in</strong>ati a tempo <strong>in</strong>determ<strong>in</strong>atocon efficacia ex tunc, qu<strong>in</strong>di con decorrenzadal 18.7.2012. Decisamente meno problematicol’impatto con la discipl<strong>in</strong>a del comma 30, postoche <strong>in</strong> effetti anche prima dell’entrata <strong>in</strong> vigoredella riforma un rapporto di associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong>,rispetto al quale non fosse stata riscontrataun’effettiva <strong>partecipazione</strong> agli utili dell’impresao dell’affare ed ove fosse mancata la consegnadel rendiconto all’associato, ben poteva esserericondotto a rapporto subord<strong>in</strong>ato a tempo <strong>in</strong>determ<strong>in</strong>ato,tuttavia non <strong>in</strong> forza della nuova presunzionedi legge ma dei canoni <strong>in</strong>terpretativi esoprattutto giurisprudenziali sopra esam<strong>in</strong>ati edun tanto sia <strong>in</strong> sede di contenzioso con lo stessolavoratore che a seguito di controllo da parte diorgani ispettivi.(12) Si consideri anche G. Bonati, Associati <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong>: la riforma detta nuove condizioni <strong>in</strong> Guida al Lavoro n. 39 del 5ottobre 2012, pag. 16, secondo il quale per i contratti non certificati, il legislatore non ha <strong>in</strong>trodotto un periodo transitoriodi adeguamento alle nuove regole ma tuttavia la gradualità dell’adeguamento potrebbe essere concordata con il s<strong>in</strong>dacato<strong>in</strong> azienda (o nel territorio) attraverso l’utilizzo del contratto di prossimità regolamentato dall’articolo 8 del Dl n.138/2011. Proprio su tale ultimo punto si veda anche E. De Fusco, <strong>Associazione</strong> <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong>: letture superficiali ecapziose rischiano di disorientare gli operatori <strong>in</strong> www.dplmodena.it sezione approfondimenti del 19/10/2012.


Profili previdenziali,assicurativi e fiscaliL’associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong>dal punto di vista previdenzialeDal punto di vista previdenziale, la norma di riferimentoper i contratti di associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong>è il decreto legge 30 settembre 2003, n.269, convertito nella legge 24 novembre 2003,n. 326. L’articolo 43 della normativa <strong>in</strong> questioneaveva <strong>in</strong>izialmente istituito una gestione ad hocriservata esclusivamente ai contratti di associazione<strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> ove l’apporto dell’associatofosse consistito <strong>in</strong> attività lavorativa.Con la circolare n. 57 del 29 marzo 2004 l’Inps,rifacendosi al dettato normativo, discipl<strong>in</strong>ava e fornivaprecise istruzioni circa l’assolvimento dell’obbligocontributivo riferito agli associati <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong>.In particolare l’iscrizione dell’associato doveva avvenireentro 30 giorni dall’<strong>in</strong>izio dell’attività lavorativa,sebbene il comma 8 dell’articolo 43 prevedeva epreveda attualmente che l’iscrizione debba avveniredalla data di <strong>in</strong>izio dell’attività lavorativa.Dal punto di vista operativo tuttavia era netto f<strong>in</strong> dasubito l’accostamento della posizione previdenzialedegli associati a quella dei collaboratori coord<strong>in</strong>ati econt<strong>in</strong>uativi, iscritti alla Gestione separata, di cui allalegge n. 335/1995. Il contributo dovuto <strong>in</strong> favoredegli associati <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> era, <strong>in</strong>fatti, pari alcontributo pensionistico corrisposto per la Gestioneseparata. Elemento dist<strong>in</strong>tivo la ripartizione dell’obbligocontributivo a carico dell’associante per il 55%e dell’associato per il restante 45%, così comeespressamente stabilito dal comma 2 dell’articolo 43.Successivamente la legge f<strong>in</strong>anziaria per il 2005,legge 30 dicembre 2004, n. 311 ha modificatol’articolo 43 citato, prevedendo così per gli associati<strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> che apportano esclusivamenteprestazioni di lavoro l’obbligo di iscrizionealla Gestione separata Inps, mantenendo però laripartizione tra le parti del 55 e 45%.Come detto, attualmente l’obbligo di iscrizione èprevisto esclusivamente per gli associati con apportodi lavoro e non anche per gli apporti di tipomisto o di solo capitale.La riforma del mercato del lavoro <strong>in</strong>troduce importantimodifiche anche sotto il profilo delle aliquotecontributive, che verosimilmente contribuiranno adis<strong>in</strong>centivare l’utilizzo fraudolento dell’istituto.L’articolo 2, comma 57 della legge n. 92/2012 hamodificato radicalmente l’articolo 1, comma 79della legge n. 247/2007 la quale <strong>in</strong>izialmenteprevedeva per gli iscritti alla Gestione separata dicui all’articolo 2, comma 26 della legge 8 agosto1995, n. 335, che non fossero risultati assicuratipresso altre forme obbligatorie, un’aliquota contributivapensionistica e la relativa aliquota contributivaper il computo delle prestazioni pensionistiche<strong>in</strong> misura pari al 24% per l’anno 2008, <strong>in</strong>misura pari al 25% per l’anno 2009 e <strong>in</strong> misurapari al 26% a decorrere dall’anno 2010. Coneffetto dal 1º gennaio 2008 per i rimanenti iscrittialla predetta Gestione l’aliquota contributiva pensionisticae la relativa aliquota contributiva per ilcomputo delle prestazioni pensionistiche eranostabilite <strong>in</strong> misura pari al 17%. A sua volta tutte lealiquote erano state <strong>in</strong>nalzate di un punto percentualea decorrere dal 1° gennaio 2012.Prima della legge 92/2012 le aliquote erano pertantole seguenti:a) 27,72% (27,00 aliquota Ivs più 0,72 di aliquotaaggiuntiva), per tutti i soggetti non assicuratipresso altre forme pensionistiche obbligatorie;b) 18,00%, per i soggetti titolari di pensione oprovvisti di altra tutela pensionistica obbligatoria.Deve peraltro considerarsi che per gli iscritti chenon risult<strong>in</strong>o già assicurati ad altra forma previdenzialeè dovuta l’ulteriore aliquota contributivapari allo 0,72%, istituita dall’articolo 59, comma16 della legge n. 449/1997, per il f<strong>in</strong>anziamentodell’onere derivante dall’estensione agli stessi dellatutela relativa alla maternità, agli assegni per ilnucleo familiare, alla degenza ospedaliera e, perdeterm<strong>in</strong>ate categorie, alla malattia.Con l’entrata <strong>in</strong> vigore della riforma il sistema cambia<strong>in</strong> modo progressivo, prevedendo un aumentodi un punto percentuale annuo per il prossimo qu<strong>in</strong>quennio(1) . Su tale impianto è immediatamente <strong>in</strong>­(1) Questo il testo del comma 57 dell’articolo 2 della legge n. 92/2012 prima della modifica <strong>in</strong>trodotta dal comma 1, lettera


tervenuto il successivo decreto sviluppo, Dl n. 83/2012 convertito con legge n. 134/2012, che hamodificato parzialmente gli scaglioni contributivicon l’articolo 46­bis, comma 1, letterag).Le attuali aliquote saranno pertanto quelle rappresentatenello schema:Aliquote contributive <strong>in</strong> vigoreAnnoIscritti GestioneseparataIscritti altra gestione2012 27% + 0,72 18%2013 27% + 0,72 20%2014 28% + 0,72 21%2015 30% + 0,72 22%2016 31% + 0,72 24%2017 32% + 0,72 24%2018 33% + 0,72 24%Sotto il profilo della base imponibile, conformementeai pr<strong>in</strong>cipi cui è ispirata la Gestione separata,anche per gli associati <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> la baseimponibile previdenziale si identifica con quelladef<strong>in</strong>ita dal Fisco ai f<strong>in</strong>i Irpef, così come risultadalla dichiarazione dei redditi e dagli accertamentidef<strong>in</strong>itivi (2) .L’Inps con la circolare n. 90 del 13 luglio 2005 haa sua volta chiarito che non essendo <strong>in</strong>tervenutemodifiche specifiche all’articolo 43 del Dl n. 269/2003 da parte dell’art. 1, comma 157 della legge30 dicembre 2004, n. 311, ai sensi dell’articolo54, comma 8 del Tuir, le partecipazioni agli utilidegli associati <strong>in</strong> questione costituiscono redditoper l’<strong>in</strong>tero ammontare percepito nel periodo diimposta.I contributi previdenziali sono dovuti, conseguentemente,sugli emolumenti lordi erogati a titolo dianticipazione, salvo eventuale conguaglio sulla basedegli utili def<strong>in</strong>itivamente risultanti dal rendiconto.Per quanto precede, malgrado la formulazioneletterale della disposizione, <strong>in</strong>tegralmente mutuatadall’articolo 2, comma 29 della legge n. 335/1995, non sussiste alcuna necessità, per l’associante,di acquisire dati reddituali dell’associato,essendo quest’ultimo tenuto a riportare nella dichiarazionedei redditi <strong>in</strong> questione esattamentegli emolumenti corrisposti dall’associante.Adempimenti di <strong>in</strong>staurazione del rapportodi associazione e profili assicurativiDal punto di vista procedurale a decorrere dal 1°gennaio 2007, i commi 1180 e 1185 dell’articolo1 della legge n. 296/2006 (F<strong>in</strong>anziaria 2007)hanno previsto l’obbligo di effettuare la comunicazionetelematica di <strong>in</strong>staurazione anche per i rapportidi associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> con apportodi lavoro, modificando <strong>in</strong> tal senso l’articolo9­bis, comma 2 del Dl n. 510/1996 convertitodalla legge n. 608/1996.Oltre all’<strong>in</strong>staurazione del rapporto, la medesimalegge f<strong>in</strong>anziaria 2007 ha determ<strong>in</strong>ato anche unobbligo di comunicare i pr<strong>in</strong>cipali eventi modificativi,tra i quali ad esempio la proroga del contratto (3) .Sempre sotto il profilo documentale l’articolo 39del Dl n. 112/2008, convertito dalla legge n.133/2008 contempla anche i rapporti di associazione<strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> con apporto lavorativo omisto (capitale e lavoro) tra quelli soggetti ad essereriportati sul Libro unico del lavoro (4) .Tuttavia il M<strong>in</strong>istero, con la circolare n. 20/2008,ha precisato che gli associati <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> vannoesclusi dalle registrazioni nel Libro unico quandosvolgano l’attività <strong>in</strong> forma professionale o imprenditorialeautonoma (5) . Inoltre non risulta necessarianeppure la registrazione delle s<strong>in</strong>gole presenze, fattaeccezione delle ipotesi <strong>in</strong> cui l’assenza <strong>in</strong>cida direttamentesull’obbligo di astensione al lavoro, come neicasi di <strong>in</strong>fortunio o maternità (6) .Per quanto concerne il profilo assicurativo fondamentalesul tema appare la sentenza n. 332 del15 luglio 1992, con la quale la Corte costituzionag)del Dl n. 83/2012: all’articolo 1, comma 79 della legge 24 dicembre 2007, n. 247, al primo periodo, le parole: «e <strong>in</strong>misura pari al 26% a decorrere dall’anno 2010» sono sostituite dalle seguenti: «, <strong>in</strong> misura pari al 26% per gli anni2010 e 2011, <strong>in</strong> misura pari al 27% per l’anno 2012, al 28% per l’anno 2013, al 29% per l’anno 2014, al 30% perl’anno 2015, al 31% per l’anno 2016, al 32% per l’anno 2017 e al 33% a decorrere dall’anno 2018» e, al secondoperiodo, sono aggiunte, <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e, le seguenti parole: «per gli anni 2008­2011, al 18% per l’anno 2012, al 19% per l’anno2014, al 21% per l’anno 2015, al 22% per l’anno 2016, al 23% per l’anno 2017 e al 24% a decorrere dall’anno 2018».(2) Così il comma 2 dell’articolo 43 del Dl n. 269/2003.(3) Si veda anche la risposta ad <strong>in</strong>terpello n. 67 del 31 luglio 2009 del M<strong>in</strong>istero del lavoro.(4) Sul punto si veda anche il Dm 9 luglio 2008, attuativo dello stesso articolo 39, Dl n. 112/2008.(5) La circolare, a titolo esemplificativo, <strong>in</strong>dicava: agenti e rappresentanti <strong>in</strong>dividuali che svolgono l’attività <strong>in</strong> forma diimpresa, amm<strong>in</strong>istratori, s<strong>in</strong>daci e componenti di collegi e commissioni, i cui compensi sono attratti nei redditi di naturaprofessionale, associati <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong>, che svolgano tale attività <strong>in</strong> forma imprenditoriale o quale parte della propriaattività di impresa o lavoro autonomo.(6) In tal senso la circolare n. 20/2008 del M<strong>in</strong>istero del lavoro ed il Vademecum sul Libro unico del lavoro.


le ha stabilito la parziale illegittimità dell’articolo4 del Tu <strong>in</strong>fortuni e malattie professionali (Dpr 30giugno 1965, n. 1124) nella parte <strong>in</strong> cui nonprevede, fra le persone assicurate, gli associati <strong>in</strong><strong>partecipazione</strong> che prest<strong>in</strong>o opera manuale ovveronon manuale alle condizioni di cui al n. 2 dellostesso articolo 4, ovvero coloro che sovra<strong>in</strong>tendanoal lavoro di altri.Preso atto di tale pronuncia l’Inail si è espressacon la circolare n. 28 del 7 maggio 1993, confermandoovviamente l’obbligo assicurativo per irapporti di associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> allorchél’apporto consista <strong>in</strong> una prestazione di lavoro.Secondo quanto espressamente previsto dall’Istitutoassicuratore, il soggetto tenuto alla contribuzioneassicurativa è l’associante.L’<strong>in</strong>dividuazione <strong>in</strong> tale figura di colui che è obbligatoagli adempimenti tipici dell’assicurante discendedalle considerazioni svolte dalla stessaCorte costituzionale che ha assimilato la posizionedell’associato­lavoratore a quella del socio d’operadi cui all’articolo 4, n. 7 del citato Testo unico edal fatto che la titolarità dell’impresa, pur <strong>in</strong> presenzadello specifico contratto <strong>in</strong> esame, rimanedell’associante sul quale deve, qu<strong>in</strong>di, gravarel’onere dell’assicurazione contro il rischio derivantedall’attività svolta.Con successiva circolare n. 65 del 20 settembre2005 l’Inail ha precisato che la base imponibiledel premio assicurativo è costituita dalla retribuzioneconvenzionale stabilita con decreto a livellonazionale o prov<strong>in</strong>ciale.Con riferimento <strong>in</strong>vece agli associati <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong>che prest<strong>in</strong>o la loro opera <strong>in</strong> favore di impresaartigiana, il premio dovuto è equiparato altitolare o socio dell’azienda, ossia determ<strong>in</strong>ato <strong>in</strong>base al meccanismo del premio speciale unitarioannuo.Profili fiscaliConcludiamo la panoramica sul contratto di associazione<strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> analizzando s<strong>in</strong>teticamentei profili fiscali.Rispetto a tale tipologia contrattuale trova applicazionel’articolo 53, comma 2, letterac) del decretodel presidente della Repubblica n. 917/1986.Tale norma riconduce i compensi erogati <strong>in</strong> favoredell’associato <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> persona fisica,il quale abbia apportato esclusivamente una prestazionedi lavoro, ai redditi da lavoro autonomodi cui all’articolo 54, applicando il criterio dicassa.In tale ipotesi gli importi riconosciuti all’associatosono deducibili da parte dell’associante (7) . Tuttavia<strong>in</strong> questo caso il contratto di associazione <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong>deve necessariamente essere redattonella forma dell’atto pubblico o della scrittura privataregistrata.Laddove <strong>in</strong>vece l’apporto dell’associato sia di naturamista o anche di solo capitale, coerentementei redditi percepiti dall’associato sono da qualificarecome redditi da capitale, discipl<strong>in</strong>ati dall’articolo44 del Tuir, con <strong>in</strong>deducibilità da parte dell’associanteai sensi e per gli effetti di cui all’articolo109, comma 9, lett. B) dello stesso Tuir.(7) L’articolo 95, comma 6 del Tuir prevede che la <strong>partecipazione</strong> agli utili spettanti agli associati <strong>in</strong> <strong>partecipazione</strong> conapporto di solo lavoro sia computata <strong>in</strong> dim<strong>in</strong>uzione del reddito dell’esercizio di competenza, <strong>in</strong>dipendentementedall’imputazione al conto economico.

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