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Uomini&Sport - DF Sport Specialist

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Il Monte Spedone con la bastionata di Sopra Corna (foto Beppe Raso)Alessandro Locatelli in azione (archivio Locatelli)Ne sentii parlare per la prima volta in negozio Cassin. Il Tonostava chiedendo informazioni ad un tizio barbuto su quandoavrebbe portato a termine la sua via in “Fracia”. A dire il vero ioavevo capito in Francia ed ero perciò rimasto un po’ perplessoquando lo avevo sentito rispondere che l’avrebbe finita poco pervolta alla domenica o quando ne avrebbe avuto il tempo. In seguito,un anno o due dopo, capii l’errore in cui ero incorso ed anzifui invitato a partecipare a quella meravigliosa avventura che sichiama: “direttissima al Monte Spedone”.Molti avranno notato – soprattutto passando sul ponte che collegaOlginate con Calolziocorte – la parete bruno-giallastra chesovrasta Rossino. Ricordo la prima volta che la notai: si tornavada una gita fatta alla Monzese ed il signor Carletto, un vecchioalpinista, ci raccontava le imprese, i bivacchi ed i “voli” fatti daivari Mauri, Rusconi, Corti, Papini, ecc. su quegli strapiombi cheil sole del tramonto, con i giuochi vari di luci ed ombre, mettevameglio in risalto.Sulla parete del Monte Spedone (meglio nota con il nome di“Fracia” per la friabilità della roccia) alta circa centosettanta metrierano già state aperte tre vie: la Corti di sinistra, la Corti didestra e – quasi al centro – la “Ruchin”. Il “Barba” o, per megliodire, l’ora Accademico del C.A.I. Mario Burini (da quando hatagliato la barba non è più possibile chiamarlo con il suo soprannomedi battaglia) durante le sue peregrinazioni di lavoroa Lorentino, Erve, Carenno e negli altri paesetti soprastanti Calolziocorteaveva studiato e trovato la possibilità di fare una vianuova proprio nel centro della parete. Detto fatto eccolo subitoall’opera: suoi compagni d’ascensione sono il Giacomo, l’Angelino,il Monguzzi, l’Ezio ed altri di cui mi sfugge il nome. Misia lecito inviare da queste pagine il mio ringraziamento perché,grazie alla loro opera, ho potuto proseguire ed uscire dallaparete senza bivacchi e senza le particolari avventure da essivissute.L’Angelino ed il Monguzzi soprattutto ne sanno qualcosa! Ilprimo, infatti, quando tornarono indietro e si calarono in cordadoppia, dovette – alla fine della corda – passare sul “famoso”cordino del Mario (una corda di nylon intrecciata di 8 millimetriche aveva la proprietà di allungarsi come un elastico. N.d.R. –Grazie a Dio adesso il Mario non la usa più!): il tutto a più di ventimetri da terra e staccato tre o quattro metri dalla parete.Bene, a farla breve, l’Angelino fece come una capriola e solograzie alla sua abilità e fortuna riuscì a raggiungere la base fragli applausi dei presenti (spettatori duecento circa).Per il secondo le cose andarono meglio: intervennero solo ipompieri che, avvertiti da qualche spettatore forse un po’ preoc-ACCADEVA NELL’ANNO…19

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