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L'accompagnamento spirituale del morente - Webdiocesi

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L’accompagnamento <strong>spirituale</strong> <strong>del</strong> <strong>morente</strong>POLIMENI GiovanniCardiologo Pres. Osped. “SS.Annunziata”-TAIncaricato Laico Ufficio per la Past. <strong>del</strong>la Salute


PREMESSE• 1- L’esperienza <strong>del</strong> “decesso”,l’allontanarsi dalla compagnia deiviventi, dalla presenza di questo mondoe dalla storia, ha sempre rappresentatoil massimo enigma umano, al quale lafilosofia, la religione, la psicologia, lascienza hanno cercato di dare unasoluzione o una giustificazione.


PREMESSE• 2- In tutti gli esseri viventi registriamouna radicale aspirazione a vivere eduna radicale reazione al morire.La morte viene per lo più consideratacome una forma di ingiustizia,all’interno <strong>del</strong>l’orizzonte più vastorappresentato dalla presenza <strong>del</strong> male


PREMESSE• 3- Da un periodo storico, eredità <strong>del</strong>pensiero cristiano <strong>del</strong> medioevo, in cuila morte era vista prevalentementecome maestra di vita, deterrente daivizi, (“Ricordati che devi morire!!!”), siè passati, sospinti dal pensierosecolare, laico, marxista alla rimozione<strong>del</strong> pensiero <strong>del</strong>la morte: la morte èdiventata un tabù, ed attorno ad essac’è la congiura <strong>del</strong> silenzio.


• Ogni essere umano ha bisogno di unsogno che gli illumini il futuro• L’essere umano non tollera il buio, maama la luce, ed il futuro misterioso e buiofa meno paura se illuminato da un’ attesa


Il tempo <strong>del</strong>l’uomoPassato – storia – rimorso -rimpiantoNascitamorteFuturo – mistero - speranza - sogni


• La vecchiaia, le malattie croniche, quelle incurabili,quelle a prognosi infausta, producono un sovrappiù disofferenza, perché non ci si può aspettare unareversibilità, per cui nel futuro c’è sempre dolore e nonfelicità.• Questa privazione dei sogni, <strong>del</strong>l’attesa di una felicitàumana, è quasi sempre l’aspetto più doloroso <strong>del</strong>periodo finale, naturale o no, <strong>del</strong>la vita.


• Il termine “<strong>morente</strong>”, che ininglese viene reso con“terminal ill”, malato in faseterminale, indica la personasi trova in una situazione dimorte prossima, perchéaffetta da una patologia aprognosi infausta, con unpiù o meno lento declino<strong>del</strong>le normali funzionifisiologiche fino alla mortefisica.• Tra il giudizio di terminalitàe la morte reale c’è untempo, che è di duratavariabile, che è il tempo <strong>del</strong><strong>morente</strong>.Chi è il <strong>morente</strong>


Una frase emblematica…“dottore, non vogliopensieri e nonvoglio pensare”


• “Né il sole né la morte sipossono guardarefissamente”• F. de la Rochefoucauld (1613 – 1680),scrittore francese


• La morte ed il morire el’esperienza <strong>del</strong> dolore ingenerale appartengono oggi aquesta categoria di fatti per iquali è meglio non pensarci,meglio non guardali in faccia


La “medicalizzazione” <strong>del</strong>la società• processo che porta gli eventi fisiologici<strong>del</strong>la vita (il nascere, il crescere, ilnutrirsi, il moltiplicarsi, il morire) nellasfera <strong>del</strong>le competenze mediche• Ogni atto significativo <strong>del</strong>la vita umanasta così diventando un atto medico


La “medicalizzazione” <strong>del</strong>la società• Il paradosso è che la medicalizzazione <strong>del</strong>lasocietà non ha come conseguenza unasocietà sana, ma una società malata• Ponendo infatti tutto sotto il controllo <strong>del</strong>lamedicina, siamo diventati come unacomunità di malati, perché ogni eventonaturale e logico, visto dall’occhio <strong>del</strong>medico, diventa automaticamente patologicoo potenzialmente tale.


La “medicalizzazione” <strong>del</strong>la società• Dall’”arte medica”, siamo passati alla“medicina tecnologica”.• Questo passaggio è stato possibilesolo “oggettivizzando” l’ammalato erimuovendolo dal suo naturale ruolo di“soggetto”.


La “medicalizzazione” <strong>del</strong>la società• conseguenze <strong>del</strong>la filosofia- platonica, col dualismo corpoed anima,- cartesiana, con res cogitans eres extensa.• La malattia riguarda allora solo ilcorpo e la terapia mira alrecupero <strong>del</strong>la funzione <strong>del</strong>laparte <strong>del</strong> corpo ammalato.


La “medicalizzazione” <strong>del</strong>la società• La realtà è però che nonesiste la malattia, ma ilmalato; reale è il malato.• Il potere <strong>del</strong>la tecnologiaha fatto si che diventasseimportante qualcosa chenon esiste: la malattia,mentre ha perso interesseciò che è reale,il malato.• Il discorso medico è tuttofondato sulla malattia enon sull’uomo malato


La “medicalizzazione” <strong>del</strong>la società• L’esaltazione <strong>del</strong>la tecnica, orientata all’usodi mezzi per il conseguimento di scopi, hamesso a tacere il mondo degli affetti e deivalori. Il pensiero medico è diventato“calcolante”.• La malattia non si esaurisce nell’ammalato,per quanto riguarda le cause, il decorso, lesequele, ma si estende al mondo<strong>del</strong>l’ammalato( famiglia, lavoro, amici ecc…).• Ogni malattia, pertanto, ha una forte valenzaantropologica.


La “medicalizzazione” <strong>del</strong>la società• la medicina tecnologica ha perso divista le dimensioni soggettive, sociali,etiche e spirituali <strong>del</strong>la malattia


La definizione di “salute”• 1- Salute come assenza di malattia• 2- Salute come stato di completo benessere fisico,mentale e sociale e non solo l’assenza di malattia edi infermità; pertanto, equilibrio psicofisico,comprendentela dimensione relazionale ed ilcontesto ecologico-ambientale in cui la personavive. (OMS – 1946)• 3- Salute che non si rapporta solo a fattori fisici eorganici ma coinvolge le dimensioni psichiche espirituali <strong>del</strong>la persona, estendendosi all'ambientefisico, affettivo,sociale e morale in cui la personavive ed opera (Pastorale <strong>del</strong>la salute nella chiesa italiana",CEI 1989, nn. 6-7)


La definizione di “salute”• Esiste pertanto un significato <strong>del</strong>lasalute ancora più profondo, cheriguarda le nostalgie, i desideri, i sogni,le utopie <strong>del</strong>la persona, in una parola ilsenso <strong>del</strong>la vita,sia come significatoche come direzione: salute vuol diresalvezza (dal nonsenso, dal fallimento,dal mancare il bersaglio…)


Ieri…• Gli uomini di appena mezzo secolofa vivevano il dolore ancoratiprevalentemente alla trascendenza,poiché l'esistenza traeva senso daDio ed era lui a dare l'orientamentoalla vita anche nella sofferenza


…e oggi• Nella società contemporaneal'esperienza <strong>del</strong> dolore si situanell'orizzonte <strong>del</strong>la tecnica in quanto èda essa che gli uomini contemporaneiattendono l'aiuto, da essa attendonosalvezza, al punto da poter ritenere inmodo non <strong>del</strong> tutto improprio che lafiducia nella tecnica sia divenuta una“nuova fede”


conseguenze• Per fare ciò, si è realizzato il più colossaletrasloco <strong>del</strong>la storia <strong>del</strong>l’uomo: dalla naturaalla cultura, con l’illusione che, manipolandotecnicamente la natura, si potesserocontrollare e gestire gli aspetti <strong>del</strong>la naturache ci terrorizzano: la sofferenza e la morte,intese nel significato più ampio.• La morte segna allora il limite ed il fallimentodi queste illusioni, per chi muore e per chi glista accanto.


la "negazione" <strong>del</strong>la morte• a- la “medicalizzazione” <strong>del</strong>le fasi finali<strong>del</strong>la vita• b- la "rimozione“ <strong>del</strong>la morte• c- La “privatizzazione” <strong>del</strong>la morte• d- la "riduzione“ <strong>del</strong>la morte


la "rimozione"• la "rimozione", che esprime la tendenzaa far scomparire dalla società ogniriferimento all'idea stessa <strong>del</strong>la morte


la "rimozione"• <strong>del</strong>la morte non si deve parlare, perchéconsiderata un qualcosa di “osceno"(deve cioè stare fuori dalla scena <strong>del</strong>lavita)• l'imbarazzo degli adulti a parlare <strong>del</strong>lamorte ai bambini• uso <strong>del</strong>la cremazione <strong>del</strong> cadavere e ladispersione <strong>del</strong>le ceneri, per cui non siha più traccia <strong>del</strong> morto.


Forni crematori, crionica, videolapidi


GB: Ultimo Trend funebre, ceneri sparse con fuochi artificiomartedì, gennaio 16, 2007, 21:18


la "negazione" <strong>del</strong>la morte• a- la “medicalizzazione” <strong>del</strong>le fasi finali<strong>del</strong>la vita• b- la "rimozione“ <strong>del</strong>la morte• c- La “privatizzazione” <strong>del</strong>la morte• d- la "riduzione“ <strong>del</strong>la morte


La “privatizzazione” <strong>del</strong>la morte• è la conseguenza logica <strong>del</strong>la suarimozione; questa tendenza si èsviluppata principalmente negli ultimidecenni e comporta una visione <strong>del</strong>lamorte come un evento da vivere in uncontesto familiare sempre più ristrettoed isolato, meglio se in una stanzad’ospedale, per cui si favorisce unacrescente solitudine <strong>del</strong> <strong>morente</strong>


la solitudine• “Essendo (il dolore) ineffabile sia in chilo patisce direttamente, in quanto nerimane paralizzato, sia in chi lo riflette,in quanto lo filtra con un esame critico,fa parte di esso la lontananzainavvicinabile. Il caso estremo è quello<strong>del</strong> <strong>morente</strong>”(Elias R., La solitudine <strong>del</strong> <strong>morente</strong>, tr.ital., il Mulino, Bologna, 1985)


la solitudine• La solitudine <strong>del</strong> malato terminale è permolta parte legata all'impossibilità diesprimere i propri reali sentimenti, sia per chista morendo che per chi lo assiste.• La "congiura <strong>del</strong> silenzio“ è in genere.funzionale a chi assiste il malato terminale• Il silenzio è la maschera <strong>del</strong>la posizione e<strong>del</strong>la funzione <strong>del</strong> <strong>morente</strong> rispetto aidesideri dei vivi


la solitudine• Ogni dialogo autentico si dimostrainsostenibile: nessuno è capace diascoltare la testimonianza <strong>del</strong> <strong>morente</strong>,nessuno gli sa rispondere.• Il <strong>morente</strong> è condannato a un silenzio"ufficiale" che prefigura quello <strong>del</strong>lamorte


la solitudine• Il silenzio ruba al <strong>morente</strong> il diritto aduna morte serena, come benraccontava Tolstoï nella “morte di IvanIllich “


la solitudine• Questa difficoltà di comunicazione e dipartecipazione la si può osservareanche nella modifica <strong>del</strong>la prassi <strong>del</strong>leesequie, sempre più ridotte e private“ A tumulazione avvenuta….”“ Si dispensa dalle visite…”


la "negazione" <strong>del</strong>la morte• a- la “medicalizzazione” <strong>del</strong>le fasi finali<strong>del</strong>la vita• b- la "rimozione“ <strong>del</strong>la morte• c- La “privatizzazione” <strong>del</strong>la morte• d- la "riduzione“ <strong>del</strong>la morte


la "riduzione“ <strong>del</strong>la morte• la secolarizzazione ha spogliato ilmorire di quella capacità che unacultura sapienziale <strong>del</strong> passato gli haattribuito di essere un momento "forte"suscettibile di alimentare e tener destoil senso <strong>del</strong>la vita


la "riduzione“ <strong>del</strong>la morte• malattia e morte sono qualcosa di costitutivo<strong>del</strong>l’essere.• Nella malattia e nella morte l’infermo e chi loaccompagna scoprono se stessi, rompendoil velo <strong>del</strong>l’illusione <strong>del</strong>la onnipotenza <strong>del</strong>latecnica, <strong>del</strong>la sua immortalità edintoccabilità.• Cadono le maschere, gli interessi frivoli,igiochi d’artificio <strong>del</strong>la vita ed arriva ilmomento per essere se stessi senza inganni


la "riduzione“ <strong>del</strong>la morte• C’è un dolore <strong>del</strong>la distruzione ed un dolore<strong>del</strong>la crescita• Ogni dolore, pertanto, è distruttivo e creativoinsieme: E’ distruttivo, perché intaccal’integrità <strong>del</strong>la vita, ed è formativo perchéoffre l’opportunità d’una nuova nascita <strong>del</strong>proprio essere• Ogni dolore ha una finalità: deve insegnarequalcosa a colui che lo vive ed a coloro chegli stanno accanto


la "riduzione“ <strong>del</strong>la morte• Se si considera solo l’aspetto corporeo,meccanicistico, se si ignora l’ioprofondo, non ha luogo nessunalezione: potrà scomparire il dolore,potrà scomparire con la morte chi loha vissuto, ma non si è avuta lacrescita dovuta, per chi è morto e perchi lo ha accompagnato, e le radici <strong>del</strong>problema possono rimanere li, nontoccate, nascoste o rimosse


la "riduzione“ <strong>del</strong>la morte• A questa ambivalenza deve adeguarsichi assiste un <strong>morente</strong>, e, se da unaparte opera per sopprimere il dolore,dall’altra non deve sospenderne lafunzione creativa.• E’ necessario far attenzione che ildolore compia il suo lavoro, chiarendoall’infermo che cosa non va nella suavita, impartendogli la lezione <strong>del</strong> limitecreaturale, indicandogli nuovepossibilità di azione(Von Weizsacker V., Filosofia <strong>del</strong>la Medicina, tr.ital. Guerrinied ass., Milano,1990)


la "riduzione“ <strong>del</strong>la morte• Quello che Von Weizsacker riferisceall’ammalato in genere, può e deve essereesteso al malato in fase terminale esoprattutto a coloro i quali si prendono curadi lui e che gli sopravviveranno.• Accompagnare un <strong>morente</strong> senza che egli echi lo accompagna abbiano appreso nullasulla realtà <strong>del</strong>l’esistenza, e senza uscirearricchiti in umanità da questa esperienza,rende l’evento morte molto povero e davverosenza senso


due vie alternative• la via <strong>del</strong>la "negazione" <strong>del</strong>la morte e<strong>del</strong> tentativo di 'controllarla“• la via <strong>del</strong>l'accompagnamento• (Verspieren P, Eutanasia? Dall' accanimento terapeutico all’accompagnamento dei morenti, Ed. Paoline, Milano 1985)


la via <strong>del</strong>la "negazione"a- proteggere ad ogni costo i malati dallaconsapevolezza <strong>del</strong>la morte enell'attivare tutti i mezzi capaci didifendere familiari e personale sanitariodalla vicinanza <strong>del</strong>la morte


la via <strong>del</strong>la "negazione"• b- concentrare ogni sforzo nella lotta controla morte- attraverso il tentativo di prolungare la vita aqualunque costo, al di là <strong>del</strong> genuinosignificato <strong>del</strong> rispetto sensato <strong>del</strong>la vita,attraverso forme di accanimento terapeutico- attraverso il tentativo di dominare la morte,di controllarla, di anticiparla in nome <strong>del</strong>lasignoria <strong>del</strong>l'uomo sul proprio destino,attraverso l’eutanasia.


la via <strong>del</strong>l'accompagnamento• a- nell'accettare i limiti <strong>del</strong>la medicina,prenderne atto e decidere di astenersida certe terapie (o interromperle),perché a certe condizioni le giudicasproporzionate• b- spostare lo sforzo terapeutico dal"guarire" al "prendersi cura",orientando le cure verso l'alleviamentodei disagi e <strong>del</strong> dolore


la via <strong>del</strong>l'accompagnamento• c- restare vicini al malato, camminargliaccanto, dandogli la possibilità di esprimeretutti i suoi sentimenti, quelli negativi inparticolare, evitando la trappola <strong>del</strong>lacongiura <strong>del</strong> silenzio• d- non affrettare la morte, ma vivere giornodopo giorno con colui che muore.


un'etica <strong>del</strong>l'accompagnamento<strong>del</strong> malato terminale• Compito specifico di un'etica <strong>del</strong>l'accompagnamento<strong>del</strong> malato terminale è di indicare le condizioniattraverso cui passa una morte "degna" <strong>del</strong>l'uomo.• Presupposto antropologico su cui si basano questecondizioni è la convinzione secondo cui il malatoche sta morendo non si riduce a un residuo di vitaper cui non c'è più niente da fare, ma è inveceancora pienamente una persona e cioè capace finoall'ultimo, se viene messa in condizioni di sentirsiinserita in una relazione, di fare <strong>del</strong> proprioscampolo di vita un'esperienza di crescita.• Da qui nasce il criterio di fondo a cui si ispira l'etica<strong>del</strong>l'accompagnamento: aiutare una persona a viverefino all'ultimo istante, a “morire da viva”


La “persona”• soggetto individuale, sostanziale, dinatura razionale, dotato cioè diintelligenza, autocoscienza, volontà,libertà, creatività attività simbolica,comunicatività, responsabilità,intenzionalità, relazionalità, interiorità,autodominio: tutte questecaratteristiche, precipuamente umane,chiamiamo “spirito”.


• Ogni “persona” dunque èformata da corpo, anima espirito, nell’ambiente e nellacultura in cui vive.• Queste tre dimensioni sonoperò talmente fuse insiemeche non è possibile separarlemai, per cui qualunque attoriguardi una sola di esse, difatto riguarda anche le altre.• Le dimensioni <strong>del</strong>la personasono le stesse <strong>del</strong>la malattia,<strong>del</strong>la terapia, <strong>del</strong>laprevenzione, <strong>del</strong>lariabilitazione.La “persona”


conseguenze• Il problema <strong>del</strong>la medicina di oggi è proprioquesto: si vuol vedere solo un aspetto <strong>del</strong>malato, quello fisico, per cui ci è facileconsiderare la sofferenza e la morte solofisicamente, mentre solo occasionalmente,per lo più basandoci sulla nostra intuizione,valutiamo i problemi psicologici ed emotivi<strong>del</strong> paziente e solo raramente, moltoraramente, comprendiamo il dolore<strong>spirituale</strong>.


conseguenze• Allo studio ed alla valutazione dei bisogni emotivi esociali <strong>del</strong>l’ammalato ha fatto seguito, anche se inmisura minore, l’attenzione alla valenza terapeutica<strong>del</strong> soddisfacimento dei bisogni spirituali e religiosi<strong>del</strong> medesimo.• E’ nel settore <strong>del</strong>l’assistenza <strong>del</strong> malato <strong>morente</strong>,principalmente nelle istituzioni che offrono curepalliative, che è possibile rilevare, forse più che inogni altro settore, l’importanza assegnataall’accompagnamento <strong>spirituale</strong> <strong>del</strong> paziente”.• ( Brusco A.,L’accompagnamento <strong>spirituale</strong> <strong>del</strong> <strong>morente</strong>, in Di Mola,Cure Palliative. Approccio multidisciplinare…pg.309)


Cicely Saunders (1918-2005)• “ricordiamoci che la sofferenza in faseterminale è sempre “total pain” -doloreglobale- e quindi bisogna integrare lacomponente medico-farmacologica pertrattare il dolore fisico, ma ricordiamoci che laradice <strong>del</strong>la sofferenza in fase terminale ètotale in molti casi psicologica, emotiva,<strong>spirituale</strong>, per cui non si può pensare adimpostare una terapia antalgica solo intermini medico-farmacologici, ma bisognaimplementarla questa terapia con una forterelazionalità, promuovere una adeguatarisposta alle componenti personali <strong>del</strong> doloreterminale”(Saunders C., Spiritual pain, in Hospital Chaplain,3,1988pg 29-32)


Elizabeth Kubler-Ross (1926-2004)• il percorso psico-affettivo<strong>spirituale</strong><strong>del</strong> malato in faseterminale• I "cinque stadi psicologici <strong>del</strong>morire“:- negazione,- rabbia,- baratto,- depressione- accettazione


Virginia Henderson1897-1996Army School of Nursing• l’assistenzainfermieristicarispettosa <strong>del</strong>lapersona ammalatapassanecessariamenteattraverso ilriconoscimento deisuoi bisognispirituali


Abraham Maslow (1908-1970)• scala di Maslow


“bisogni spirituali”• “L’espressione “bisogni spirituali” ne evocal’ampiezza (spirituali) e ne afferma la necessità• ( bisogni). Là risiedono la sua ricchezza e la suaoriginalità: non c’è accompagnamento <strong>spirituale</strong>solidamente fondato sul piano etico se l’attenzionealla dimensione <strong>spirituale</strong> <strong>del</strong>la persona è ritenuto unfatto accessorio. Là dove l’assistenza ai malati gravirischia di essere minacciata (per es. dalla troppatecnica), le parole “bisogni spirituali” richiamano lanecessità, per esigenze di umanità, di elargire ilcampo <strong>del</strong>la solidarietà, di accentuarne la presenza.”(Matray B., Besoins spirituels des grands malades, in “Utude”,Julliet –aout 1993)


I bisogni spirituali dei morenti• 1- L’esigenza da parte <strong>del</strong> <strong>morente</strong> diessere e di continuare ad essere unsoggetto.• 2- La ricerca di un significato <strong>del</strong>la vitae <strong>del</strong>l’esperienza vissutanell’avvicinarsi <strong>del</strong>la morte


I bisogni spirituali dei morenti• 3- La riconciliazione• 4- La solidarietà• 5- La ricerca di qualcosa di essenziale• 6- La separazione


Spiritualità, spiritualità religiosa,spiritualità confessionale• Quando la spiritualità ed i bisogni nascono otrovano la loro soddisfazione o la lorogiustificazione in una fede e nella relazionecon una divinità , attraverso un sistema dicredenze, di riti, di simboli, di sacerdoti,allora si parla di spiritualità religiosa, che sipuò esprimere attraverso le varie confessionireligiose, spiritualità confessionale , chepossono essere la religione cristiana, lamusulmana, l’ebraica, la buddista….


“<strong>spirituale</strong>" e "religioso"• "Curare i morenti significa sapere che uncerto numero di essi sente la necessità ditrovare al di là di se stessi una sorgente a cuidissetarsi “ (Jomain Ch., Vivere l'ultimo istante, Ed. Paoline,Milano 1987)• Le domande più comuni <strong>del</strong> <strong>morente</strong> inalcuni casi riguardano "l'aldilà", le "ragioni"<strong>del</strong>la propria sofferenza, gli "scopi" <strong>del</strong>lavita, la possibilità <strong>del</strong> perdono


“<strong>spirituale</strong>" e "religioso"• Queste domande non pretendono da chiassiste il paziente una risposta dicontenuto e tuttavia la "presenza" di chiassiste è molto importante "perché, aquanto sembra, il travaglio <strong>spirituale</strong> habisogno di un testimone".


“<strong>spirituale</strong>" e "religioso"• L’accompagnamento <strong>spirituale</strong> <strong>del</strong> <strong>morente</strong>non è dunque sinonimo diaccompagnamento religioso, anche se lareligione, massimamente quella cristiana, dasempre ha avuto particolare attenzione per lepersone malate ed in fin di vita.• Questa prassi va mantenuta, nel rispetto <strong>del</strong>pluralismo etico e confessionale, anche segli studi sul campo dimostrano che alla finela persona che muore va cercando lasoddisfazione dei suoi bisogni spirituali nellareligione, ed in quella cristiana in particolare


“<strong>spirituale</strong>" e "religioso"• Se è doveroso rispettare la libertà<strong>del</strong>l’altro, per un cristiano è doverosorispettare anche la verità, e la verità perun cristiano è Cristo, non come sceltaideologica ma come unica veritàpossibile


evangelizzare la morte• “130. La crisi che l'avvicinarsi <strong>del</strong>la morte comporta, induce ilcristiano e la Chiesa a farsi portatori <strong>del</strong>la luce di verità chesolo la fede può accendere sul mistero <strong>del</strong>la morte.• La morte è un evento che introduce nella vita di Dio, su cui solola rivelazione può pronunciare una parola di verità. Questaverità va annunciata nella fede al <strong>morente</strong>. L'annuncio «pieno digrazia e di verità» (Gv 1, 14) <strong>del</strong> Vangelo accompagna ilcristiano dall'inizio al termine <strong>del</strong>la vita che vince la morte eapre il morire umano alla speranza più grande……• 131. Occorre dunque evangelizzare la morte: annunciare ilVangelo al <strong>morente</strong>. È un dovere pastorale <strong>del</strong>la comunitàecclesiale in ciascun membro, secondo le responsabilità diognuno.”•(Carta degli operatori sanitari, Pontificio Consiglio per laPastorale degli operatori sanitari, 1995)


Chi deve esserel’accompagnatore <strong>del</strong> <strong>morente</strong>?• La risposta più largamente condivisa è:l’equipe terapeutica affiancata da uncappellano, o da un assistente<strong>spirituale</strong>, o da un laico o da unministro <strong>del</strong>la consolazione o da unoperatore pastorale, che sensibilizzinogli altri ai bisogni spirituali <strong>del</strong> <strong>morente</strong>


Chi deve esserel’accompagnatore <strong>del</strong> <strong>morente</strong>?• è un compito di tutti i cristiani, che discendedal battesimo.• E’ in virtù <strong>del</strong> battesimo che abbiamoricevuto che siamo inviati in missione pressol’uomo che soffre. Sotto questo aspetto ilministero <strong>del</strong>la consolazione è pertanto diogni cristiano battezzato.• In altre parole, il ministero <strong>del</strong>la consolazionenon è solo un modo di “fare” le cose, maessenzialmente un modo di “essere” per farele cose.


capacità relazionale• La capacità relazionale <strong>del</strong>l’ accompagnatore( sapere, saper essere e saper fare) dipendesoprattutto dalla propria relazione con ilproblema <strong>del</strong>la morte, dal confrontarsi con lapropria morte.• Le persone che non hanno raggiunto unrapporto sereno nei confronti <strong>del</strong>la propriamorte incontrano grosse difficoltà accantoad una persona che muore.


capacità relazionale• Certamente l’accompagnamento<strong>spirituale</strong>,oltre alla vicinanza di personesensibili, quali il sacerdote, glioperatori pastorali, i volontari ,dovràavvalersi possibilmente di altre risorse,quali il supporto <strong>del</strong>la famiglia, deipropri cari e amici o l'appartenenza aun comunità ecclesiale.


Lo scandalo <strong>del</strong>la Croce• Il tetralemma di Epicuro:• “ Dio o vuole abolire il male e non può,o può e non vuole,o non può e non vuole,o può e vuole”


Dio può e vuole•se è così,perché non lofa?


Dio può e vuole• Dio non c’entra nulla,- o perché non esiste,- o perché non si interessa<strong>del</strong>le sue creature- o perché si interessasolo <strong>del</strong>l’anima e non <strong>del</strong>corpo


Perché la sofferenza e la morte• La teoria <strong>del</strong>la retribuzione• l’insegnamento• sofferenza come salvezza• Ma per chi sperimenta in prima personaquesto, le parole non servono e nonbastano…resta sempre un mistero,profondo, insondabile, che nessunariflessione riesce a mitigare…


Perché la sofferenza e la morte• Per saper vedere un valore nella sofferenza enella morte, bisogna andare oltre la biologia,oltre la natura, oltre la storia, oltre lacultura….• bisogna entrare nella “notte oscura” di SanGiovanni <strong>del</strong>la Croce, penetrare nella scienza<strong>del</strong>la Croce, senza sicurezze, senza conforti,senza consolazioni (quante volte andiamocercando le consolazioni di Dio e noncerchiamo il Dio <strong>del</strong>le consolazioni!), senzagiustificazioni, senza luce, senza punti diriferimento.


Perché la sofferenza e la morte• Vediamo che Dio ha creato la naturalibera, con sue leggi, leggi d’amore e dilibertà, che non possono essereinfrante, pena la fine <strong>del</strong>l’amore.• Le leggi naturali non sono di per sèsalvifiche


Perché la sofferenza e la morte• Dio creatore non rimane spettatore passivodi quanto avviene di bello e di brutto sotto ilsole; Dio amore sa che nella natura e nellesue leggi, che ancora gemono nelle doglie<strong>del</strong> parto e aspettano di essere liberate dallaschiavitù <strong>del</strong>la corruzione (cfr Rom 8,19-23),esistono la sofferenza e la morte, per lacreatura fatta a sua immagine e somiglianza .• E questo amore non ha voluto lasciarel’uomo solo, di fronte al suo dolore.


Perché la sofferenza e la morte• L’ amore di Dio, si è incarnato nel Figlio,Gesù Cristo, per condividere in tutto leconseguenze di questa libertà cieca <strong>del</strong>lanatura, che può causare sofferenza e morte,e redimerla.• Dio veramente è protagonista nellaproblematica <strong>del</strong>la sofferenza e <strong>del</strong>la morte,ma non perché ne abbia bisogno per unqualsivoglia motivo, ma perché è lui il primoa portare su di sè le conseguenze di dolore edi sangue che la libertà e l’amore richiedono.


Perché la sofferenza e la morte• La nostra realtà, redenta da GesùCristo, ci dice che il dolore e la mortenon sono l’ultima parola, ma lapenultima: l’ultima è la resurrezione


Perché la sofferenza e la morte• Gesù Cristo sulla croce è l’icona<strong>del</strong>l’uomo che muore, in fase terminale• Sulla croce Gesù non ha chiesto discendere e non ha chiesto di morireprima per non soffrire più.


Perché la sofferenza e la morte• Questa è l’icona <strong>del</strong>l’amore di Dio, <strong>del</strong>suo regno che non è di questo mondo;• ed è per tale motivo che questo mondonon ha compreso, e continua a noncomprendere, quello che non gliappartiene


Kerigma• Ma questo modo di amare, questo mododi morire, Dio non l’ha lasciato appeso persempre ad una croce, ma lo ha risuscitatoper donarcelo vivo per sempre e,attraverso questo amore, dare anche a noila vita eterna, perché la Vita e non lamorte fosse il Kirios <strong>del</strong>la nostraesistenza


Kerigma• Questo Kerigma deve essere nel cuore dichi sta accanto al <strong>morente</strong>, perché l’unicagaranzia di luce nelle tenebre è questaresurrezione che l’uomo porta dentro disé, dono che ha avuto gratis con ilsacramento <strong>del</strong> battesimo


La dormitioDormitio, di Kiko Arguello – La Corona Misterica_ San Bartolo in Tuto, Scandicci - Firenze


Una comunità che si prende cura• “22. Alla società che si impegna per garantirela tutela dei diritti dei cittadini alla salute, laChiesa con la parola che viene da Dio e conla testimonianza propone l’ideale di unacomunità che si prende cura, difendendo epromovendo la persona nella sua globalità ecoinvolgendo la famiglia, gli operatorisanitari e pastorali.(Commissione Episcopale per il servizio <strong>del</strong>la carità e lasalute«Predicate il Vangelo e curate i malati».La comunità cristiana ela pastorale <strong>del</strong>la salute - Nota pastorale- 4/6/2006)


conclusioni• L’accompagnamento al malato in faseterminale non è solo tutto quanto un“sano” può offrire al malato, ma anche,ed a volte soprattutto, quantol’ammalato può offrire al sano, in altreparole è anche vero che l’ammalatoterminale, prossimo a morire,“accompagna” per un tempo colui checontinuerà a vivere


conclusioni• La morte, per chi muore e per chi loaccompagna, ha sempre una valenzapedagogica, che bisogna scoprire perrendere fecondo il tempo <strong>del</strong>le “viacrucis”.


conclusioni• Questa ricerca di fecondità fa parte<strong>del</strong>le caratteristiche spirituali<strong>del</strong>l’uomo, che emergono a prescindere<strong>del</strong>le idee, religiose o no, sia di chimuore che di chi assiste.


conclusioni• La ricerca di un senso però, per lo piùsfocia nella religione, unica a saperorientare una risposta, che hacertamente una grande capacità disupporto e di speranza


conclusioni• Tra le religioni, quella cristiana è quellache attraverso il mistero pasquale <strong>del</strong>lamorte e resurrezione di Gesù Cristorealizza la “salvezza” <strong>del</strong>l’uomo, chemuoia o che continui a vivere


conclusioni• “ Chi ci rotolerà viail masso dall’ingresso <strong>del</strong>sepolcro?” (Mc,16,3)


conclusioni• Il sepolcro è vuoto: questa è lasperanza, anzi la certezza cristiana.


• La morte non è la luce che si estingue. È la lampada che sispegne perché è sopraggiunta l'alba (P.A.Pangrazzi)

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