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gennaio 2013 - Comune di Modena

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speciale scuola 2.0<strong>di</strong> Gabriella Moran<strong>di</strong>, Gabriella Borbeggiani, Sonia BettatiCoor<strong>di</strong>namento Provinciale Presidenti CDI Circolo e CGE i genitori stannoa guardare?Interrogativi e timori deigenitori sull’evoluzionedell’appren<strong>di</strong>mento neigiovani. Le nuoveresponsabilità educativetra scuola e famigliaPensare ad un futuro scolasticoimpostato su una <strong>di</strong>dattica<strong>di</strong>gitalizzata, a noi genitoriprovoca più che un sentimento <strong>di</strong>fiducia, una serie <strong>di</strong> interrogativi.Soprattutto per quanto riguarda leconseguenze sulla formazione deiragazzi nella fascia più giovane, incui l’appren<strong>di</strong>mento è fortementelegato all’esperienza, determinatodal fare le cose e dall’esperire i concettiofferti dalla <strong>di</strong>dattica.Ci interroghiamo su come potrannoi nostri figli stu<strong>di</strong>are e fare propridei testi che vengono offerti loro giàpronti, pre-impostati, che possonoessere rielaborati con un semplicecomando copia-incolla, riducendo alminimo la necessità <strong>di</strong> comprenderele implicazioni e i significati correlatialle nozioni, per inquadrarle inun contesto cognitivo più ampio ecompleto, più personale.Riteniamo probabile che ciò possarendere lo scrivere sempre piùsuperfluo e sempre meno pensato,conformato a stereotipi standar<strong>di</strong>zzatibenché universali. Una tendenzache ve<strong>di</strong>amo ogni giorno nel<strong>di</strong>alogare dei nativi <strong>di</strong>gitali, nellacomunicazione sincopata delle chate dei messaggini, fatta <strong>di</strong> ‘botta e risposta,parole ad effetto e <strong>di</strong> icone(faccine) che, da sole, con imme<strong>di</strong>ataimprecisione, parlano al postoloro, indebolendo il bisogno <strong>di</strong>esprimere ogni sfumatura e <strong>di</strong> essereveramente compresi.è vero in molti casi, che la scuola <strong>di</strong>oggi è fatta <strong>di</strong> nozioni veicolate inmodo noioso e poco affascinante, maquesto ammodernamento presunto,non porterà a sorvolare in superficiesugli aspetti profon<strong>di</strong> della storia,della realtà, della geografia, dell’arte?Perché, ci chie<strong>di</strong>amo, noi non ciaccontentiamo della superficie dellecose e vogliamo andare in profon<strong>di</strong>tà,anche se non siamo stu<strong>di</strong>osi oricercatori? La risposta è perché ci èstato insegnato a scuola. La nostrascuola ci ha insegnato a cercare nelfondo delle cose, arrivandoci conpazienza e con coraggio, come adun nostro personalissimo traguardo.Inoltre, che fine farebbero i parametri<strong>di</strong> valutazione/preparazionedegli alunni? Sulla base <strong>di</strong> qualicriteri verrebbero valutati gli elaboratidegli studenti? … e gli errori<strong>di</strong> scrittura, <strong>di</strong> copiatura, <strong>di</strong> sintassiresi accidentali o plausibili da unutilizzo massiccio dei software nellaproduzione <strong>di</strong> un qualsiasi testo, o <strong>di</strong>una ricerca che non sia fatta solo <strong>di</strong>presentazioni grafiche?Temiamo che la via più breve e piùcomoda sarà la più percorsa dallementi veloci e naturalmente egocentrichedei ragazzi, e sarà forseanche la meno gestibile dagli educatori-insegnanti,che faticherannoa contenerli e ad accompagnarli inuna adeguata riflessione ed elaborazionedell’apprendere.Ci chie<strong>di</strong>amo quanto noi adulti, comunitàeducante, me<strong>di</strong>amente incompetentirispetto a questi mezzi,sapremo valutare o arginare gli effetti<strong>di</strong> una presenza preponderantedel virtuale nell’ambiente primarioin cui si sviluppa la vita <strong>di</strong> relazionereale dei nostri figli, la scuola.Cre<strong>di</strong>amo quin<strong>di</strong> che sia opportunoe saggio affidarsi ad esperti per valutarepreventivamente le ricadutepsicologiche e pedagogiche <strong>di</strong> unapratica <strong>di</strong>gitale <strong>di</strong>ffusa e tanto innestatanel processo <strong>di</strong> crescita <strong>di</strong> unapopolazione giovane, <strong>di</strong>versa caso percaso e ancora in via <strong>di</strong> definizione.Forse, sarebbe più utile e ragionevoleottimizzare l’utilizzo <strong>di</strong> strumenticollettivi, rivolti al gruppo classecome le Lavagne interattive (LIM)<strong>di</strong> cui le scuole stanno faticosamentecercando <strong>di</strong> dotarsi, e potenziarecapillarmente la formazione dei docentirispetto al mondo del <strong>di</strong>gitale.Il processo <strong>di</strong> <strong>di</strong>gitalizzazione dellascuola, dovrà sicuramente seguirepercorsi e modalità guidati e benpadroneggiati dal docente, poichésiamo convinti che non ci sia appren<strong>di</strong>mentose non c’è una sapienterelazione, veicolo insostituibile <strong>di</strong>passione ed interesse per il sapere.Ultimo ma non meno importante sarebbeil problema dell’accuratezzanella gestione materiale dei supportiinformatici (e-book o tablet) acquistatidalle scuole o, più probabilmentedalle famiglie, specie tra i piùpiccoli.Alunni virtuali,bambini realiQuesta storia inizia più omeno nel 2005. In anticiposui finanziamenti ministerialisiamo riusciti a farci acquistaredue lavagne interattive multime<strong>di</strong>alie le abbiamo installate nelle nostreaule. Non se ne parlava ancora, inquel periodo, e non c’erano suggerimenti<strong>di</strong>dattici, né voci a favore ocontro. Anche per questo motivo,la sperimentazione che abbiamocondotto nella scuola primaria Cittadelladal 2005 ci ha consentito <strong>di</strong>osservare un cambiamento sostanzialenel rapporto dei bambini conle nuove tecnologie. L’episo<strong>di</strong>o cheriportiamo è stato già inserito in unapubblicazione per la Erickson, maci piace riprenderlo come punto <strong>di</strong>partenza.In una delle prime attività, abbiamochiesto a un bambino <strong>di</strong> colorareuna figura <strong>di</strong> rosso. Lui ha premutoil <strong>di</strong>to in<strong>di</strong>ce sull’icona del rosso.Poi gli abbiamo chiesto <strong>di</strong> prendereil giallo e riempire un’altra figura.Il bambino ci ha guardati un po’ perplessoe si è rifiutato. “Non posso”,ha detto.“Perché non puoi?”“Perché così il giallo si sporca”.La risposta <strong>di</strong> questo bambino, particolarmenteattento all’uso delletempere, ha rappresentato per noiuna sorta <strong>di</strong> zeitgeist, lo spirito deltempo che stavamo vivendo. Difronte alla LIM, i bambini eranorimasti a bocca aperta, i più timi<strong>di</strong>si erano rifiutati <strong>di</strong> affrontare il pericolo,quasi tutti si avvicinavano conun timore reverenziale. E poi c’erail problema della definizione delconfine tra mondo reale e virtualitàche tanto aveva confuso il bambino“pittore”.I nostri alunni del 2005 non vivevanoin un mondo deprivato tecnologicamente.Se è vero che conoscevanol’esistenza dei computer, non li ritenevanoperò invasivi: le macchineservivano per lavorare, per scrivereo per giocare. Al limite, esse potevanoessere utilizzate per imparare,ma si trovavano recintate in un laboratorioapposito.Come in tutte le storie che meritano<strong>di</strong> essere raccontate, passano gli annie si arriva ai giorni nostri. I bambinicrescono, vanno alle me<strong>di</strong>e e ai loroposti siede una nuova generazione.Sarà un caso, ma quando avviamola prima attività con la LIM quasinessuno si stupisce. Notiamo ilsolito aumento dell’attenzione, c’èqualcuno che lascia cadere il classico“wow”, ma si tratta <strong>di</strong> casi spora<strong>di</strong>ci.Tra le nostre attività c’è anche unsito <strong>di</strong> classe: bambini e insegnantipubblicano notizie, immagini e storiecome fosse un giornale online.Anche in questo caso è possibilemarcare un prima e un dopo.Il web 2.0 si fa sentire: i bambininon si limitano a postare notizie ecommenti, ma chiedono componenti,suggeriscono miglioramenti.Il nostro obiettivo è sostanzialmenteraggiunto. Abbiamo realizzato unascuola che non si limita a svolgere ilsuo compito in aula. Il gruppo continuaa vivere e a formarsi anche dopoil suono della campanella. Rimaneil tema <strong>di</strong> come portare questa comunitàvirtuale a occupare <strong>di</strong> nuovole vie e le piazze della città, vincerela paura degli adulti e tornare afare esperienze pratiche. Ma nessunasperimentazione si può mai <strong>di</strong>rerealmente conclusa.Negli ultimi anni la riflessione sullenuove tecnologie in mano ai bambiniha riprodotto gli schemi usualidegli apocalittici contro gli integrati.Noi, non può essere <strong>di</strong>versamenteper chi è impegnato in prima linea,abbiamo ragionato sul come.Nel nostro caso abbiamo costruitosoftware da utilizzare in appren<strong>di</strong>mentocooperativo e abbiamo potenziatouna <strong>di</strong>dattica per competenze.Ci sembra un modo <strong>di</strong> declinarele tecnologie a favore della vita veradei bambini.Due insegnanti dellaprimaria Cittadellaraccontano come hannoreagito al nuovo rapportoche, in pochi anni, si ècreato tra i bambini e letecnologiespeciale scuola 2.0<strong>di</strong> Eva Pigliapoco e Ivan Sciapeconedocenti scuola primaria Cittadella <strong>Modena</strong>10 11

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