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La ragione cartografica, ovvero la nascita dell'occidente

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Si dirà che si tratta di semplice impazienza, e che comunque non erano molto lontani dal<strong>la</strong>costa, avendo ormai percorso circa tre quarti del<strong>la</strong> distanza. Resta il fatto che, una volta arrivati,sono convinti di essere dove non sono. Soltanto verso <strong>la</strong> fine dei suoi giorni, nel corso del<strong>la</strong> quartaspedizione, Colombo sarà colto dal sospetto che <strong>la</strong> terra da lui toccata non sia il favoloso Catai diMarco Polo ma un “altro mondo”, un “nuovo mondo”, termini che significativamente iniziano acomparire soltanto nel<strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione del terzo viaggio. E se non fosse in fondo tragica, <strong>la</strong> serie diequivoci che ne segue sarebbe, come le autentiche tragedie, a tratti davvero esi<strong>la</strong>rante. Quel che inogni caso riesce commovente è lo sforzo di Colombo, giunto davvero in vista del<strong>la</strong> terra, per farcoincidere quel che vede, e che Toscanelli non ha mai visto, con i tratti e i lineamenti dipinti sul<strong>la</strong>carta che porta con sé, cui crede ciecamente. In altre parole: pur di rendere conforme <strong>la</strong> terra al<strong>la</strong>sua immagine <strong>cartografica</strong>, egli piglia a calci il mondo. Se nel mondo di Marco Polo, dove nonesiste né spazio né tempo, le cose durano, in quello di Colombo, dominato invece dall’astrazionespazio-temporale, esse al contrario sono estese: le miniere di Beragua, spiega ad esempio nel<strong>la</strong>re<strong>la</strong>zione del suo ultimo viaggio, “si estendono lo spazio di venti giornate a ponente e si trovano adeguale distanza dal polo e dal<strong>la</strong> linea equinoziale”. Lo spazio significa qui l’intervallo tra un nodo el’altro del reticolo dei meridiani e dei paralleli, esattamente secondo il metodo messo a punto daTolomeo nel secondo secolo d.C. per trasformare il globo terrestre in una mappa. Ed è proprio taleastrattissima misura a ricomprendere ed inghiottire per sempre, come il suo letterale significatoevidentemente esprime, i giorni (i viaggi, il mondo) di Marco Polo.Le cose stanno quindi esattamente all’opposto di quel che ancora oggi spesso si crede:l’effetto dell’impresa di Colombo, il primo viaggiatore che viaggia con una mappa, non fu affattoquello di rendere sferica l’immagine del<strong>la</strong> Terra che prima si supponeva piatta, ma al contrario ditrasformare tutta <strong>la</strong> Terra, da sferica che era e si credeva, in una gigantesca tavo<strong>la</strong>, in un gigantescospazio, in un’unica gigantesca mappa. Così nasce, con l’impresa colombiana, l’Occidente: essonasce quando l’Europa perde <strong>la</strong> propria “forma umana”, quel<strong>la</strong> che Novalis tanto rimpiangeva.3. Ma quando <strong>la</strong> Terra aveva assunto forma umana, e a quale prezzo? Già per Tolomeo, il piùgrande geografo dell’antichità, <strong>la</strong> Terra “è una testa”. Ma <strong>la</strong> testa di chi? <strong>La</strong> storia di Salomèinsegna che si tratta del<strong>la</strong> testa di Giovanni Battista, l’ultimo dei profeti e il primo degli apostolicristiani. “Tabu<strong>la</strong> rasa del desiderio”: è questa per René Girard 1 <strong>la</strong> definizione di Salomè, <strong>la</strong> cuidanza ha sedotto l’intera immaginazione occidentale. Per Girard tale definizione resta soltanto unametafora ma invece essa va intesa assolutamente al<strong>la</strong> lettera, come <strong>la</strong> più folgorante e precisadefinizione del<strong>la</strong> carta geografica. Si pensi al partico<strong>la</strong>re decisivo dell’intero racconto, l’”unico dicui ci si ricorda quando si è dimenticato tutto”, perché è su di esso “che tutto riposa,indubitabilmente”: il “vassoio”, il piatto su cui Salomè comanda le sia portato il capo di Giovanni.A Girard ciò pare soltanto “un riflesso da buona casalinga”, e comunque “il massimo del<strong>la</strong>piattezza”. Ma sia Marco che Matteo, gli evangelisti che sono stati i primi a narrarci questa storia,non dicono affatto che si tratta di un semplice piatto. Ambedue adoperano il termine pínax (discustraduce <strong>la</strong> versione <strong>la</strong>tina) che significa, prima di vassoio, tavo<strong>la</strong> che reca un disegno oppure unapittura e comunque una figura. Vale a dire esattamente <strong>la</strong> stessa paro<strong>la</strong> con cui Strabone prima edAgatemero poi designano quel che sbrigativamente indichiamo come <strong>la</strong> prima carta, ma che piùpropriamente costituisce <strong>la</strong> prima raffigurazione geografica del<strong>la</strong> Terra che <strong>la</strong> nostra cultura ricordi:<strong>la</strong> tavo<strong>la</strong> di Anassimandro. <strong>La</strong> cui “tracotanza”, <strong>la</strong> cui empietà consiste appunto, a differenza diquanto sostengono le interpretazioni correnti, nell’aver per primo osato fissare e perciò uccidere,con <strong>la</strong> sua scultura filosofica, <strong>la</strong> natura, che per definizione era per i Greci perpetuo processo emovimento, nell’aver perciò sacrificato <strong>la</strong> vita del mondo in funzione del<strong>la</strong> conoscenza (deldominio del mondo stesso, nell’aver dunque introdotto l’equivalenza tra rigore scientifico e rigore(rigidità) del<strong>la</strong> morte - soltanto il rigor mortis consente <strong>la</strong> misurazione di quel che nasce vivo.1 R. Girard, “<strong>La</strong> danse de Salomè”, in P. Dumouchel, J. Dupuy et al., L’auto-organisation. De <strong>la</strong> physique au politique,Paris, Seuil, 1983, pp. 336-52.3

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