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La cura delle relazioni in riferimento alle pratiche di vicinato - Mag

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L.U.E.S.Libera Università dell’Economia Sociale– Mutua per l’Autogestione - Società <strong>di</strong> Mutuo Soccorso6“<strong>La</strong> Cura <strong>delle</strong> Relazioni <strong>in</strong> <strong>riferimento</strong><strong>alle</strong> Pratiche <strong>di</strong> Vic<strong>in</strong>ato”“<strong>La</strong> Cura Delle Relazionicon <strong>riferimento</strong>Dispensa della<strong>alle</strong>lezione<strong>pratiche</strong><strong>di</strong> Alessandra<strong>di</strong>Devic<strong>in</strong>ato”Per<strong>in</strong>i5 marzo 2010MASTER 2010 <strong>in</strong> PEDAGOGIA <strong>delle</strong> RELAZIONILA CURA DELLE RELAZIONINel lavoro <strong>di</strong> <strong>cura</strong> <strong>delle</strong> Vite – dell’Ambiente - del Tessuto Sociale


Master 2010 <strong>in</strong> Pedagogia <strong>delle</strong> Relazioni“<strong>La</strong> Cura <strong>delle</strong> Relazioni”Aver <strong>cura</strong> - <strong>delle</strong> vite umane, dell’ambiente, dell’abitare e dellasocietà nel suo <strong>in</strong>sieme - sono necessità, potenzialità edesideri lavorativi <strong>di</strong> tante donne e via via anche <strong>di</strong> uom<strong>in</strong>i.E così aumentano, oggi, le funzioni e le professioni che sirichiamano alla <strong>cura</strong> e che si fondano sulle competenze relazionalie sulle parole “che possono nutrire” e a volte “guarire” <strong>in</strong>cont<strong>in</strong>uità con l’opera materna.Ma aver <strong>cura</strong> <strong>di</strong> chi e <strong>di</strong> ciò che ci sta vic<strong>in</strong>o presuppone l’aver<strong>cura</strong> <strong>di</strong> noi stesse e <strong>di</strong> noi stessi.Darsi tempo per sé, sostare, <strong>in</strong>terrogare motivazioni e azioni;scambiare con altri e altre; scoprire <strong>pratiche</strong> ed esperienze <strong>di</strong>donne e uom<strong>in</strong>i che possono illum<strong>in</strong>arci e fortificarci sono<strong>di</strong>mensioni e contenuti del Master “<strong>La</strong> <strong>cura</strong> <strong>delle</strong> <strong>relazioni</strong>”.a <strong>cura</strong> <strong>di</strong> Loredana AldegheriCoord<strong>in</strong>atrice dell’<strong>in</strong>iziativa formativa ed e<strong>di</strong>toriale


<strong>La</strong> Cura <strong>delle</strong> Relazioni <strong>in</strong> <strong>riferimento</strong> <strong>alle</strong> <strong>pratiche</strong> <strong>di</strong> vic<strong>in</strong>ato- docenza <strong>di</strong> Alessandra De Per<strong>in</strong>i 1 -Alcune considerazioni generalisulla necessità e l’importanza <strong>delle</strong> <strong>pratiche</strong> <strong>di</strong> vic<strong>in</strong>atoParto col farvi due domande, perché vorrei far capire cosa significhi essere vic<strong>in</strong>i, chevorrei fossero da stimolo.1) Chi sono i miei vic<strong>in</strong>i e le mie vic<strong>in</strong>e <strong>di</strong> casa? Conosco i loro nomi? So che cosafanno?2) Quali gesti faccio tutti i giorni per rendere accogliente e ricco <strong>di</strong> <strong>in</strong>contri e <strong>di</strong> scambiil luogo <strong>in</strong> cui vivo?Cito “Al mercato della felicità” <strong>di</strong> Luisa Muraro, dove mercato non è scambio alienato,ma luogo dove portiamo tutto <strong>di</strong> noi stessi, desideri, competenze, aspettative e sensodella vita, scambiandoli <strong>in</strong> cont<strong>in</strong>uazione con gli altri <strong>in</strong> un mercato simbolico.Desirè leggerà ora uno stralcio <strong>di</strong> un romanzo. “Senza vergogna. Una storia <strong>di</strong>coraggio contro l’AIDS”, <strong>di</strong> Ursula Rütter Barzaghi, <strong>in</strong> cui una madre si rende contoche presto tutti vedranno i segni della malattia del figlio, che non sarà più nascosta.“Il triste segreto stava ora per lasciare la nostra torre d’avorio, per <strong>di</strong>ffondersirapidamente nelle case circostanti, scatenando forse una paura irrazionale che ciavrebbe separato dai loro abitanti. Un giorno, rientrando a casa all’ora <strong>di</strong> pranzo eEnrico mi <strong>di</strong>sse, tutto agitato, “Mamma, ho <strong>in</strong>contrato la signora che abita al primopiano, nella casa <strong>di</strong> fronte, e quando l’ho salutata lei ha voltato la testa dall’altraparte”. Per me fu come un pugno nello stomaco. Con grande fatica, mi imposi <strong>di</strong>rimanere calma. Per il momento la nostra agitazione si basava unicamente sulsospetto, perché un saluto non contraccambiato non significava necessariamenteun’aperta avversione. Inoltre, anche se la signora fosse stata a conoscenza dellasituazione <strong>di</strong> Enrico, non era sicuro che sarebbe andata <strong>in</strong> giro a raccontarlo a tutti,ma questa illusione crollò quando nel giro <strong>di</strong> pochi giorni mi resi conto che anche altrici salutavano con un certo imbarazzo. Mi sembrava <strong>di</strong> leggere nei loro sguar<strong>di</strong> unmisto <strong>di</strong> paura, pietà e curiosità, ma per quanto i miei sensi fossero all’erta, pronti ad<strong>in</strong><strong>di</strong>viduare ogni accenno <strong>di</strong> m<strong>in</strong>accia, non percepii alcuna ostilità. Non avevo più alcun1 Il testo della docente Alessandra de Per<strong>in</strong>i è stato <strong>in</strong>tegrato con gli <strong>in</strong>terventi <strong>in</strong> aula, trascritti da OrianaFasoli.1


dubbio, la notizia era stata <strong>di</strong>ffusa con grande zelo ed ecco, dopo alcuni giorni,arrivare la conferma da Giuseppe, il portiere amico <strong>di</strong> Enrico e <strong>di</strong> Marco. Il pover<strong>in</strong>o si<strong>di</strong>chiarò <strong>in</strong><strong>di</strong>gnato che qualcuno potesse <strong>di</strong>re <strong>delle</strong> cattiverie sul conto <strong>di</strong> un ragazzoche si era sempre comportato <strong>in</strong> modo esemplare e che non faceva del male anessuno. Mi sentii terribilmente imbarazzata perché la cosiddetta cattiveria non era, <strong>in</strong>effetti, altro che la pura verità. Nonostante l’abituale scambio <strong>di</strong> convenevoli con lepersone del vic<strong>in</strong>ato, <strong>in</strong>tuivo benissimo che le loro parole nascondevano ben altripensieri. Questa situazione si trasc<strong>in</strong>ò a lungo, f<strong>in</strong>ché, dopo averci pensato bene,decisi <strong>di</strong> <strong>in</strong>iziare la mia crociata con Giuliana. Madre <strong>di</strong> tre figli, aveva scelto, comeme, <strong>di</strong> fare la casal<strong>in</strong>ga, per occuparsi a tempo pieno della famiglia. Era stata lei achiedere a Vanna se str<strong>in</strong>gere la mano a Enrico potesse essere pericoloso e ormai miero risolta a vedere <strong>in</strong> questa domanda il desiderio <strong>di</strong> capire il problema, non <strong>di</strong>rimuoverlo. Giuliana era una donna <strong>alle</strong>gra ed estroversa, a volte f<strong>in</strong> troppo s<strong>in</strong>cera,qualità che le avevano pro<strong>cura</strong>to un ruolo <strong>di</strong> spicco nel vic<strong>in</strong>ato. Con lei avrei potutoessere ragionevolmente certa che, parlandole con onestà, si sarebbe sentita <strong>in</strong>vestitadel dovere morale <strong>di</strong> impegnarsi aff<strong>in</strong>ché nel piccolo mondo che ci circondava la<strong>di</strong>gnità <strong>di</strong> Enrico fosse rispettata. <strong>La</strong> s<strong>in</strong>cera <strong>di</strong>sponibilità mostrata da Giuliana mispronò a completare con maggior fiducia nel m<strong>in</strong>or tempo possibile il giro del vic<strong>in</strong>atoperché, se da un lato desideravo solidarietà e rispetto, dall’altro era <strong>in</strong><strong>di</strong>spensabilefornire subito agli <strong>in</strong>teressati una corretta e v<strong>in</strong>cente <strong>in</strong>formazione sulle modalità <strong>di</strong>trasmissione dell’HIV. S<strong>in</strong> dai primi <strong>in</strong>contri, constatai che affrontare l’argomento confranchezza era la carta v<strong>in</strong>cente. Nel giro <strong>di</strong> 24 ore, tutti quelli che avevo contattatoerano passati a trovarlo”.Questa donna ha capito l’importanza: non si può lasciare che crescano strane fantasie,paure, accanto a noi, silenzi imbarazzati. E’ necessario, per la convivenza, lo sguardosereno, il saluto, e lei <strong>di</strong> fatto è andata porta per porta, a suonare, <strong>di</strong>cendo a tutti laverità. Ha superato il problema che era per lei la vergogna. Questa per me fa parte <strong>di</strong>quelle esperienze per cui ti accorgi che è necessario mettersi <strong>in</strong> relazione, non è solouna scelta arbitraria. Citando un altro punto, nel corso della guerra nell’ex Jugoslavia,sono state molte le volte <strong>in</strong> cui le persone hanno raccontato <strong>di</strong> essere state salvate daivic<strong>in</strong>i <strong>di</strong> casa! In altri casi ci si accorge che stare <strong>in</strong> relazione con chi abita vic<strong>in</strong>o a terende più sicuro un territorio, ti fa stare meglio, e ti fa capire che i problemi sipossono risolvere, <strong>in</strong>vece <strong>di</strong> aspettare le soluzioni istituzionali, <strong>in</strong> contestorimboccandosi le maniche. Ho raccolto <strong>in</strong> 20 anni notizie <strong>in</strong> questo senso. Un altroesempio recente riguarda i fatti <strong>di</strong> Rosarno, raccontati dalla giornalista Franca2


Fortunato: le persone si sono abbandonate ad una violenza che ha spaventato esbigottito la popolazione <strong>in</strong>erme. Come la giovane madre che stava rientrando coi figlida scuola, è stata bloccata, ferita, e poi salvata dai vic<strong>in</strong>i e la sua macch<strong>in</strong>a bruciata.Come le madri e padri che piangevano per il dolore <strong>di</strong> vedere la propria macch<strong>in</strong>a, lavetr<strong>in</strong>a del negozio, così come la paura ha armato le spranghe e i bastoni la mano <strong>di</strong>tanti africani che hanno <strong>di</strong>strutto tutto quello che hanno <strong>in</strong>contrato nella loro strada…”.Questo per sottol<strong>in</strong>eare che per vic<strong>in</strong>i <strong>in</strong>ten<strong>di</strong>amo la funzione primaria, elementare,non è ancora un rapporto politico, non è ancora un rapporto profondo. Il rapportoprimario è che il vic<strong>in</strong>o guarda al territorio <strong>in</strong>sieme a te, ti guarda, ti vede, e daqualche parte funziona come controllo sociale, fonte <strong>di</strong> sicurezza, non è solo unosguardo <strong>in</strong>vasivo, curioso sul tuo privato, perché se lo viviamo solo così allora nonabbiamo capito le potenzialità umane, politiche, dell’avere <strong>delle</strong> persone che ci vivonoaccanto. Anche nel libro “Napoli com<strong>in</strong>cia a Scampia” si parla <strong>di</strong> <strong>pratiche</strong> <strong>di</strong> vic<strong>in</strong>ato edho trovato riferimenti <strong>in</strong> molti altri libri, magari su altri temi, come se autori e autrici<strong>di</strong> saggi toccassero da vic<strong>in</strong>o il cambiamento imme<strong>di</strong>ato che si può avere da subitonella propria vita, che è guardare chi abbiamo vic<strong>in</strong>o per fare un percorso <strong>di</strong> scopertae <strong>di</strong> esplorazione del territorio, della realtà <strong>in</strong> cui si vive e capire cosa non va, cosasalvare, cosa cambiare. Ci sono priorità da ristabilire, cose preziose da salvaguardare,da mettere <strong>in</strong> luce e cose da mo<strong>di</strong>ficare anche dentro <strong>di</strong> noi. Tutti capiscono che ilprimo cambiamento è nelle <strong>relazioni</strong>: se queste non cambiano, il mondo non cambia.Spesso <strong>in</strong>vece i teorici ragionano sulle categorie <strong>in</strong><strong>di</strong>viduo – società, soggettocollettivitàe non vedono la relazione. Se aggiungiamo il contributo straord<strong>in</strong>ario che lapolitica <strong>delle</strong> donne ha dato negli ultimi 30 anni al pensiero politico e che i sessi sonodue, nelle <strong>relazioni</strong> fa un’enorme <strong>di</strong>fferenza, perché queste sono tra donne, trauom<strong>in</strong>i, tra donne e uom<strong>in</strong>i, con altre <strong>di</strong>fferenze che vengono tutte da questa prima,orig<strong>in</strong>aria, <strong>di</strong>fferenza.Vorrei parlarvi dell’associazione nata negli anni Novanta che porta ancora avantiquesto progetto <strong>di</strong> nuove <strong>relazioni</strong>. Tutti noi vogliamo capire come realizzare questanuova civiltà <strong>delle</strong> <strong>relazioni</strong>, che solo pochi sono <strong>in</strong> grado oggi <strong>di</strong> vedere, <strong>di</strong> cogliere isegni del cambiamento. C’è la fiducia <strong>in</strong> un cambiamento già <strong>in</strong> atto, al tempo stessoscommessa sul futuro, data dai segni che bisogna cogliere.Prendersi <strong>cura</strong> del territorio e dei suoi abitanti (anche gli animali), gran<strong>di</strong> e piccoli, èun pr<strong>in</strong>cipio fondamentale della vita sociale. L’attenzione verso il benessere <strong>di</strong> altre ealtri, bamb<strong>in</strong>i e anziani <strong>in</strong> particolare, è una antica e preziosa tra<strong>di</strong>zione.3


Potremmo chiederci da chi ci sia arrivata questa antica tra<strong>di</strong>zione, <strong>in</strong>terrogando noistessi. Soprattutto noi nel Veneto, come testimoniano gli stu<strong>di</strong> dello storico PaulG<strong>in</strong>sborg, esiste questa tra<strong>di</strong>zione. Spesso i figli vanno a vivere vic<strong>in</strong>o ai genitori, lefiglie giovani tengono la rete dei rapporti dei familiari e del vic<strong>in</strong>ato, ci si trova a casacon i parenti la domenica. Tutte queste sono risorse, con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> felicità. <strong>La</strong> famiglianon è solo un luogo <strong>di</strong> conflitto. Il problema <strong>delle</strong> gran<strong>di</strong> città è che la fiducia èvenuta meno, c’è <strong>di</strong>ffidenza, aumenta la paura dell’altro, c’è c<strong>in</strong>ismo, mancanza <strong>di</strong>ironia e <strong>di</strong> autocritica, per non avere scatti reattivi arrabbiandosi subito per ogni cosa,c’è risentimento, aggressività, che cresce con il <strong>di</strong>m<strong>in</strong>uire dei rapporti personali.“Verità a bassissima risoluzione”, libro scritto da Domenico Cogliandro, analizza iluoghi della modernità e i comportamenti sono stereotipati, ci sono momenti <strong>di</strong>contatto sociale che <strong>di</strong>ventano simili <strong>alle</strong> ore d’aria dei detenuti, a causa <strong>di</strong> luoghispersonalizzati che possono essere estranianti perché non è previsto il sostare. Leregole <strong>di</strong> buon vic<strong>in</strong>ato e cortesia reciproca si sono perse.Il problema <strong>delle</strong> gran<strong>di</strong> città oggi è la fiducia sociale e l’onestà, una volta date perscontate, che sono quasi del tutto venute meno. Diffidenza e paura dell’altroaumentano nelle città contemporanee <strong>in</strong>sieme a c<strong>in</strong>ismo, mancanza <strong>di</strong> ironia e <strong>di</strong>autocritica. Il risentimento e le reazioni aggressive crescono <strong>in</strong> proporzione alla<strong>di</strong>m<strong>in</strong>uzione dei rapporti e dei contatti personali.Si sono via via perdute nel corso degli ultimi c<strong>in</strong>quant’anni le regole del buon vic<strong>in</strong>ato,<strong>di</strong> cortesia reciproca, mentre è cresciuta la rabbia e l’<strong>in</strong><strong>di</strong>fferenza, l’arroganza sullestrade.<strong>La</strong> presenza <strong>di</strong> <strong>in</strong>numerevoli reti <strong>di</strong> relazione, <strong>di</strong> associazioni, <strong>di</strong> figure sociali positivenel territorio rende possibile una maggior <strong>di</strong>sponibilità all’accoglienza, meno egoismo,quartieri più sicuri e aiuta a mo<strong>di</strong>ficare la vita dei rapporti, a far fronte <strong>alle</strong> <strong>di</strong>fficoltà eai vari problemi del quartiere. Oggi i bamb<strong>in</strong>i non possono più giocare fuori casa comeavveniva f<strong>in</strong>o agli anni Sessanta. Le reti aiutano a far fronte ai problemi. A Mestre cisono dei giovani che si occupano <strong>di</strong> attività che una volta venivano spontanee, sonoassociazioni ere<strong>di</strong> naturali <strong>di</strong> quello che uom<strong>in</strong>i e donne facevano una volta per i luoghiche amavano.Quando mancano queste figure sociali positive che sappiano opporsi al <strong>di</strong>samore e al<strong>di</strong>sord<strong>in</strong>e (come <strong>relazioni</strong> sbagliate), la vita comune non riesce a sottrarsi ai durirapporti <strong>di</strong> forza. C’è <strong>di</strong>sorientamento <strong>delle</strong> coscienze, ci sono porte <strong>di</strong> casa sbarrate,calcoli <strong>in</strong>garbugliati, forme <strong>di</strong> opportunismo, <strong>di</strong>sprezzo nei confronti <strong>di</strong> tutto ciò che è<strong>di</strong>verso, nuovo, straniero. Se prevale la logica del danaro, malattia e vecchiaia sono4


abbandonate a se stesse e le giovani generazioni si aggregano <strong>in</strong>torno ad un grandevuoto <strong>di</strong> senso, non aspirano a nulla <strong>di</strong> grande. Questo vuoto <strong>di</strong> senso si trasformanel bullismo e nella violenza che <strong>di</strong>laga oggi nelle scuole, nei quartieri, perché questiadolescenti non aspirano a nulla <strong>di</strong> grande. Questo è un problema <strong>di</strong> tutti, <strong>di</strong> cui lacomunità può farsi carico.<strong>La</strong> scommessa è andare oltre questi rapporti <strong>di</strong> forza e rilanciare il piano <strong>di</strong> rapportiliberi, basati sul riconoscimento <strong>delle</strong> <strong>di</strong>verse qualità e desideri <strong>di</strong> ognuno.Una volte erano aperte, oggi le porte <strong>di</strong> casa sono chiuse e c’è una netta separazionetra spazio privato e pubblico.Se le donne che abitano <strong>in</strong> città, <strong>in</strong>vece <strong>di</strong> cercare vie più alte e più libere <strong>di</strong>realizzazione (avere un desiderio e poter esprimerlo, senza contrattare al ribasso perpoterlo realizzare) e <strong>di</strong> espressione <strong>di</strong> sé, consumano le proprie giornate <strong>in</strong> animositàpersonali con le cognate e le colleghe, lanciando <strong>alle</strong> vic<strong>in</strong>e <strong>di</strong> casa sguar<strong>di</strong> che sonocome frecce avvelenate, v<strong>in</strong>ce la logica della <strong>di</strong>struttività e della mortificazione. Se gliuom<strong>in</strong>i che abitano <strong>in</strong> città non riconoscono il valore <strong>delle</strong> me<strong>di</strong>azioni femm<strong>in</strong>ili (chesono moltissime e vanno riconosciute come me<strong>di</strong>azioni <strong>di</strong> pensiero e <strong>di</strong> azioni), se nonsi mettono <strong>in</strong> <strong>di</strong>scussione (per un nuovo senso della verità non basato sul conflitto perla conquista del potere), se non cercano <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficarsi, lo spazio <strong>in</strong> città si restr<strong>in</strong>ge, leaspirazioni si rimpiccioliscono, la relazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenza tra uomo e donna si adegua aimodelli socialmente stabiliti, non si evolve e non si r<strong>in</strong>nova.Uom<strong>in</strong>i e donne hanno necessità <strong>di</strong> stabilire un nuovo “patto sessuale”, nuove forme <strong>di</strong>scambio e <strong>di</strong> relazione, altrimenti la società non cambia e <strong>in</strong> città regna <strong>di</strong>sord<strong>in</strong>e econfusione. F<strong>in</strong>ché non ci si sopporta più e alcune, alcuni arrivano a compiere gestiestremi dettati dalla <strong>di</strong>sperazione.Le politiche istituzionali, quando funzionano, possono aiutare a risolvere problemiconcreti, offrire risorse, strumenti, figure professionali competenti, ma certo non<strong>di</strong>pende da loro la qualità dei legami fra uom<strong>in</strong>i e donne, i rapporti tra abitanti.Se le cose non vanno, se lo spazio si rimpicciolisce e la vita non mostra qualchesignificato, se prevale la logica alienante e corrosiva del danaro e della forza, bisognafermarsi e cercare gli <strong>in</strong>gre<strong>di</strong>enti per restituire la fragranza del pane all’esistenzaquoti<strong>di</strong>ana e capire come, con quali me<strong>di</strong>azioni affrontare gli <strong>in</strong>numerevoli conflitti e lecontrad<strong>di</strong>zioni.I liberi rapporti vanno messi al primo posto, questa è la priorità: non l’<strong>in</strong><strong>di</strong>viduo, ma le<strong>relazioni</strong>. Anche a scuola bisogna salvaguardare lo spazio <strong>di</strong> <strong>di</strong>alogo tra <strong>in</strong>segnante eallievo, relazione che è il cuore stesso della scuola. Il senso della politica ha orig<strong>in</strong>e da5


questo primato <strong>delle</strong> <strong>relazioni</strong>. Ci vogliono gesti carichi <strong>di</strong> significato, parole<strong>in</strong>tagliate come gioielli per far fronte al furore dei quartieri degradati, alla per<strong>di</strong>taprogressiva <strong>di</strong> senso e <strong>di</strong> spiritualità, ai ricatti e <strong>alle</strong> prepotenze, per consolare doloriirreversibili e promuovere desideri <strong>in</strong>au<strong>di</strong>ti. Deve esserci una f<strong>in</strong>ezza nella ricerca dell<strong>in</strong>guaggio, perché altrimenti ci sono fra<strong>in</strong>ten<strong>di</strong>menti cont<strong>in</strong>ui, conflitti. Questa è lame<strong>di</strong>azione, non legata alla parola colta, ma al contesto, legando la parola alla poesia.Bisogna cercarle, provare a <strong>di</strong>rle queste parole, scriverle a lettere d’oro, ripeterle avoce alta. Cantarle. Spesso le parole degli specialisti mancano della spiritualità chehanno le parole della l<strong>in</strong>gua corrente, per aiutare i giovani ad avere fiducia, per glianziani che vanno <strong>in</strong>contro a sofferenza e solitud<strong>in</strong>e, per consolare dolori irreversibili,per promuovere desideri <strong>in</strong>au<strong>di</strong>ti. <strong>La</strong> parola è l’essenza della nostra umanità, fa parte<strong>di</strong> noi, non è separata da noi. È un patimento scrivere le parole, arrivare a toccare ilcuore della gente senza adattarsi ad usare parole che tocch<strong>in</strong>o corde facili, luoghicomuni.Le città sono contesti <strong>di</strong> relazione, dove niente rimane immobile e immutabile. Le cittànon sono scenari vuoti, risuonano dei passi e <strong>delle</strong> voci <strong>di</strong> chi le abita e le attraversa.Ce le portiamo dentro come sfondo del nostro agire, spazio dei nostri <strong>in</strong>contri,contesti dove si esprimono le nostre passioni. Le città natali, per esempio, sono iluoghi della nostra memoria profonda, dove abitano o hanno abitato quelle e quelliche amiamo, dove nostra madre ci ha messo al mondo.Quando si parla <strong>di</strong> “tenuta” del tessuto sociale ci si riferisce <strong>in</strong> realtà a tutte quelledonne e quegli uom<strong>in</strong>i che, <strong>di</strong> fronte allo sgretolamento dei legami, alla per<strong>di</strong>tagenerale dei riferimenti, sanno <strong>in</strong>terpretare al rialzo i comportamenti e i sentimenticomuni, offrire la cont<strong>in</strong>uità <strong>di</strong> una presenza che orienta, restituire speranza e <strong>in</strong><strong>di</strong>carevie <strong>di</strong> uscita dallo sconforto e dalla bruttezza. Le loro qualità sono transitive, rendonopossibile uno scambio più ricco tra abitanti. È questa la forza reale che consente allacittà <strong>di</strong> stare <strong>in</strong> pie<strong>di</strong> anche nei momenti più <strong>di</strong>fficili, nello sgomento generale.Al <strong>di</strong> sopra <strong>delle</strong> ideologie e <strong>delle</strong> false identità che <strong>di</strong>vidono la città <strong>in</strong> tanti luoghiseparati, <strong>in</strong> gruppi <strong>di</strong> appartenenza e istituzioni non comunicanti tra loro, <strong>in</strong><strong>di</strong>ssonanza con i ruoli sociali che fanno ostacolo alla vita dei liberi rapporti, esiste eresiste, nonostante tutto, la pratica quoti<strong>di</strong>ana <strong>di</strong> <strong>in</strong>trecciare <strong>relazioni</strong> autentiche chedalla casa si estende sul territorio e viceversa, rendendo le città abitabili, più vic<strong>in</strong>e aibisogni quoti<strong>di</strong>ani, più accoglienti. Tutto questo e altro ancora, molto <strong>di</strong> più è pratica<strong>di</strong> vic<strong>in</strong>ato.6


Quando i legami, <strong>in</strong>nanzitutto quelli tra donne, tra madri e figlie, sono concepiti perdurare tutta la vita e sentiti più importanti e significativi <strong>di</strong> una promessa <strong>di</strong>matrimonio, allora sì che la città poggia su basi solide e non ha bisogno <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendersi,<strong>di</strong> erigere muri <strong>di</strong> o<strong>di</strong>o e <strong>in</strong><strong>di</strong>fferenza! Allora sì c’è un futuro.Le politiche istituzionali realizzano solo <strong>in</strong> m<strong>in</strong>ima parte il governo della città che, <strong>di</strong>fatto, passa per le mani <strong>di</strong> tutte quelle donne che <strong>in</strong>trecciano ogni giorno quella fittarete <strong>di</strong> scambi, <strong>di</strong> legami <strong>di</strong> fiducia, su cui si regge il cuore, il centro vivo della città.Il genio pratico <strong>di</strong> chi conosce l’impegno quoti<strong>di</strong>ano <strong>di</strong> <strong>alle</strong>vare figli, tenere <strong>in</strong> ord<strong>in</strong>e epulita una casa, assistere genitori anziani o parenti malati, comb<strong>in</strong>ando <strong>in</strong>siemeeconomia domestica e vita familiare con i <strong>di</strong>versi contesti sociali e lavorativi, cozzatutti i giorni contro ideologie, programmi politici e valori universali che sisovrappongono all’esistente, senza coglierne la complessità e lo spessore.È grande il debito che la città ha con le “vic<strong>in</strong>e <strong>di</strong> casa”, con tutte quelle donne che,sempre <strong>in</strong>daffarate, come api ronzano <strong>di</strong> casa <strong>in</strong> casa, raccogliendo chiacchiere e<strong>in</strong>numerevoli storie, offrendo perle <strong>di</strong> saggezza, consigli pratici, <strong>in</strong>formazioni.Hanno una certa età, la mente esploratrice e uno sguardo speciale nei confronti <strong>delle</strong>bamb<strong>in</strong>e e dei bamb<strong>in</strong>i. Sono donne attente, capaci <strong>di</strong> me<strong>di</strong>azione. Il loro lavoro non èsolo materiale, ma simbolico, perché ha a che vedere con la capacità <strong>di</strong> dare una<strong>di</strong>rezione e un ord<strong>in</strong>e all’esistenza quoti<strong>di</strong>ana, il saper guardare <strong>in</strong> faccia gli ostacoli etenere <strong>in</strong>sieme, <strong>in</strong> uno stesso spazio, persone e cose, badando che non si cre<strong>in</strong>oconflitti <strong>di</strong>struttivi, costruendo ponti tra le generazioni.<strong>La</strong> città è opera <strong>di</strong> donne e uom<strong>in</strong>i che sanno ascoltare il grido <strong>di</strong> aiuto <strong>delle</strong> e degliabitanti e porre limiti al processo generale <strong>di</strong> sra<strong>di</strong>camento, <strong>cura</strong>ndo le feritedell’umiliazione, sostenendo i giovani alla deriva, ponendo limiti ai loro comportamenti<strong>di</strong>struttivi e auto<strong>di</strong>struttivi, accostandosi alla materia <strong>in</strong>fuocata dei conflitti, <strong>alle</strong> gran<strong>di</strong>sofferenze, a chi è abbandonato nello sconforto e nella <strong>di</strong>sperazione, <strong>alle</strong>contrad<strong>di</strong>zioni ritenute <strong>in</strong>sanabili, senza reagire con <strong>di</strong>scorsi consolatori e ideologici,senza scandalizzarsi, <strong>in</strong><strong>di</strong>gnarsi o giu<strong>di</strong>care severamente l’altrui comportamento, macon la semplice volontà <strong>di</strong> capire, passo dopo passo, come uscirne, dove trovare legiuste me<strong>di</strong>azioni.Vic<strong>in</strong>e <strong>di</strong> casaNei primi anni Novanta, <strong>di</strong> fronte ai drammatici avvenimenti, come il crollo dei paesidell’Est, la guerra del Golfo, la guerra <strong>in</strong> ex Iugoslavia, il fenomeno dell’immigrazionepovera e clandest<strong>in</strong>a dal Sud e dall’Est del mondo che <strong>in</strong> pochi anni cambiòra<strong>di</strong>calmente il volto <strong>delle</strong> città italiane, le Vic<strong>in</strong>e <strong>di</strong> casa, donne che alla lettera7


vivevano vic<strong>in</strong>e, nello stesso quartiere <strong>di</strong> Mestre, si costituirono <strong>in</strong> associazione e siv<strong>in</strong>colarono <strong>in</strong> un patto: porre un limite <strong>alle</strong> guerre, alla violenza e al degrado sotto laporta <strong>di</strong> casa, con un’azione quoti<strong>di</strong>ana <strong>di</strong> “<strong>cura</strong>” dei rapporti e <strong>di</strong> attenzione neiconfronti della città e del proprio quartiere.<strong>La</strong> politica <strong>delle</strong> Vic<strong>in</strong>e <strong>di</strong> casa si collega alla storia italiana e <strong>in</strong>ternazionale degli anniNovanta. Gli eventi dei primi anni Novanta ponevano la necessità <strong>di</strong> una politica chefosse all’altezza <strong>delle</strong> gran<strong>di</strong> contrad<strong>di</strong>zioni e dei problemi <strong>di</strong> un mondo attraversato daguerre, conflitti, città <strong>di</strong>strutte e bombardate <strong>in</strong> <strong>di</strong>retta alla televisione, crolli <strong>di</strong>governi, nazionalismi, assass<strong>in</strong>i politici, eso<strong>di</strong> <strong>di</strong> massa, profughi che premevano <strong>alle</strong>frontiere dell’Occidente dopo la caduta del muro <strong>di</strong> Berl<strong>in</strong>o, crisi economiche, crisi <strong>di</strong>identità personali e collettive. In Italia lo scandalo <strong>delle</strong> tangenti, con cent<strong>in</strong>aia <strong>di</strong>arresti, suici<strong>di</strong> clamorosi, uom<strong>in</strong>i rispettabili che uscivano <strong>di</strong> casa ammanettati e sicoprivano il volto per la vergogna, omici<strong>di</strong> <strong>di</strong> mafia, attentati e <strong>in</strong>cen<strong>di</strong> dolosi <strong>in</strong> variecittà d’Italia, hanno fatto crollare la fiducia <strong>in</strong> uno Stato socialmente responsabile. Inquegli anni la politica dei partiti e s<strong>in</strong>dacati si rivelava più che mai <strong>in</strong>adeguata,<strong>in</strong>capace <strong>di</strong> cogliere il vivo dei problemi. Buoni sentimenti, ideali, valori universalicostituivano deboli argomenti <strong>di</strong> fronte <strong>alle</strong> oscure paure, le reazioni <strong>di</strong>fensive, icomportamenti violenti, esasperati, spaventati della gente. Città <strong>in</strong>tere <strong>in</strong> quegli anni<strong>in</strong>sorgevano contro le amm<strong>in</strong>istrazioni comunali e, per questo, erano accusate daimass me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> razzismo, egoismo, colpevolizzate, <strong>in</strong>vece <strong>di</strong> essere aiutate a ritrovaremisura, forme <strong>di</strong> autogoverno. <strong>La</strong> gente esprimeva una forte emotività, eraesasperata, accorreva <strong>in</strong> massa <strong>alle</strong> assemblee, gridava, si arrabbiava, non ascoltavaragioni. Molti giovani maschi, bisognosi <strong>di</strong> identità forti, ritrovavano l’antica ferocia e siimpegnavano <strong>in</strong> gare mortali, <strong>in</strong> prove <strong>di</strong> forza sempre più rischiose per la vita propriae altrui.<strong>La</strong> globalizzazione aveva mo<strong>di</strong>ficato il volto <strong>delle</strong> città: cambiamenti velocissimi,per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> punti <strong>di</strong> <strong>riferimento</strong> reali e simbolici, <strong>di</strong>sgregazione sociale. Nella nostracittà, come <strong>in</strong> molte altre città italiane, f<strong>in</strong> dai primi anni Novanta, giungono profughi,z<strong>in</strong>gari, albanesi, senegalesi, arrivano dall’Est le prime “badanti”. Sulle strade <strong>di</strong> nottegiovani prostitute contendono il posto a quelle professionalizzate locali.Dove una politica all’altezza <strong>di</strong> tali problemi? Certezze che solo pochi anni primasembravano solide si rivelano ormai ideologiche; con le ristrutturazioni aziendali eistituzionali <strong>in</strong> corso, quelli che sembravano <strong>di</strong>ritti sacrosanti, ottenuti dopo anni <strong>di</strong>lotte, si rivelarono dei privilegi. Divennero evidenti i limiti <strong>di</strong> <strong>in</strong>terventi sul territorio da8


parte <strong>di</strong> esperti o <strong>di</strong> volontari che si sostituivano <strong>alle</strong> istituzioni e mettevano <strong>in</strong> attopolitiche <strong>di</strong> riven<strong>di</strong>cazione e contrapposizione.Il primo passo fu mettersi <strong>in</strong> ascolto <strong>delle</strong> ragioni più vere, dei bisogni più profon<strong>di</strong>,guardare alla realtà con la fiducia nelle proprie e altrui capacità <strong>in</strong>ventive. Lo spaziovic<strong>in</strong>o a casa fu il primo luogo politico da cui noi Vic<strong>in</strong>e <strong>di</strong> casa decidemmo <strong>di</strong> partire.Ci premeva affermare la forza <strong>delle</strong> <strong>relazioni</strong> <strong>di</strong> vic<strong>in</strong>ato, favorire una presa <strong>di</strong>coscienza, a partire da queste semplici domande: chi abita vic<strong>in</strong>o a me? Che cosaposso fare per vivere meglio <strong>in</strong> questa città e con<strong>di</strong>videre con le mie vic<strong>in</strong>e e i mieivic<strong>in</strong>i <strong>di</strong> casa un’idea grande <strong>di</strong> città? Volgere lo sguardo, fare il primo passo,rimboccarsi le maniche, andare a vedere <strong>di</strong> persona che cosa bolle <strong>in</strong> pentola,costruire una rete <strong>di</strong> rapporti, sdrammatizzare le paure, <strong>di</strong>re pubblicamente la verità:questi furono le prime azioni della nostra politica.Le <strong>relazioni</strong> sono ancora oggi alla base del progetto <strong>delle</strong> Vic<strong>in</strong>e <strong>di</strong> casa.L’amore per il luogo <strong>in</strong> cui si vive, collegato strettamente agli affetti familiari e airapporti <strong>di</strong> vic<strong>in</strong>ato, non è un semplice sentimento, è una forza che va coltivata,perché può aprire spazi imprevisti e dare risposte positive e orig<strong>in</strong>ali ai gran<strong>di</strong>problemi del presente.<strong>La</strong> vic<strong>in</strong>anza è una risorsa preziosa, perché rende possibile la costruzione <strong>di</strong> legamistabili, consente la cont<strong>in</strong>uità nel tempo <strong>di</strong> un <strong>di</strong>alogo <strong>di</strong> vita, <strong>in</strong>contri e scambifrequenti e favorisce un’ampia circolazione <strong>di</strong> idee e <strong>in</strong>formazioni.Essere vic<strong>in</strong>e e vic<strong>in</strong>i ci dà la possibilità <strong>di</strong> ascoltare i desideri più nascosti, <strong>di</strong> percepirela bellezza <strong>di</strong> un gesto, <strong>di</strong> prendere decisioni rapide, <strong>di</strong> affrontare e chiarire subito iconflitti, prima che si gener<strong>in</strong>o fantasmi e risentimenti, <strong>di</strong> risolvere praticamente, <strong>in</strong>contesto, problemi <strong>di</strong> varia natura e <strong>di</strong> analizzare con molta precisione e concretezzaostacoli e contrad<strong>di</strong>zioni.Se ci impegniamo a salvaguardare lo spazio vic<strong>in</strong>o a casa, il luogo dove si svolge lanostra esistenza quoti<strong>di</strong>ana “<strong>in</strong> presenza” <strong>di</strong> altre e altri, si r<strong>in</strong>nova quel fondamentaleatto <strong>di</strong> fiducia a partire dal quale tutti, donne, uom<strong>in</strong>i, bamb<strong>in</strong>i, animali, possiamoabitare <strong>in</strong>sieme, nello stesso territorio, con reciproco vantaggio e <strong>in</strong> pace.Salvaguardare uno spazio <strong>di</strong> vita sociale, culturale, lavorativa e affettiva è un impegnoche ha a che vedere con la capacità <strong>di</strong> fare ord<strong>in</strong>e, <strong>di</strong> prevedere le contrad<strong>di</strong>zioni e gliostacoli, <strong>di</strong> badare che <strong>in</strong>torno a noi non si cre<strong>in</strong>o sentimenti <strong>di</strong>struttivi, silenzi carichi<strong>di</strong> ostilità fra vic<strong>in</strong>i e familiari, costruendo ponti tra le <strong>di</strong>verse culture e generazioni.Questo lavoro, simile alla tessitura, al fare e <strong>di</strong>sfare una maglia <strong>di</strong> lana, all’impastare ilpane, si ricollega <strong>alle</strong> regole non scritte e antichissime dell’amore materno, alla civiltà9


della casa, a quel primo <strong>in</strong>segnamento ricevuto da nostra madre o d<strong>alle</strong> figurefemm<strong>in</strong>ili della famiglia che riguarda la <strong>cura</strong> dei corpi, l’ospitalità, l’attenzione aisentimenti, ai bisogni materiali non separati da quelli spirituali, la sobrietà e lacapacità <strong>di</strong> risparmio, il senso della misura e del limite, il rispetto dell’altro e dell’altra.Solo un cambiamento profondo dei rapporti sociali e familiari, può contrastarel’estraneità che avanza, <strong>di</strong>vorando <strong>in</strong>teri caseggiati, uno dopo l’altro, l’<strong>in</strong>quietud<strong>in</strong>e <strong>di</strong>tante e <strong>di</strong> tanti, dovuta ad una vita povera o del tutto priva <strong>di</strong> legami autentici esignificativi.Se le cose non vanno, se la vita non mostra un significato, bisogna rimboccarsi lemaniche e impastare <strong>di</strong> nuovo gli <strong>in</strong>gre<strong>di</strong>enti.Il vic<strong>in</strong>ato tra passato e presenteI rapporti <strong>di</strong> vic<strong>in</strong>ato sono stati per tante donne l’unica forma <strong>di</strong> socialità esterna allafamiglia. Storicamente sono qu<strong>in</strong><strong>di</strong> legati alla tra<strong>di</strong>zione femm<strong>in</strong>ile, <strong>alle</strong> possibilitàquoti<strong>di</strong>ane <strong>di</strong> movimento e <strong>di</strong> <strong>in</strong>contro tra donne.Con lo sviluppo dei nuovi modelli <strong>di</strong> e<strong>di</strong>lizia urbana, a partire dagli anni Sessanta,anche <strong>in</strong> Italia, come nel resto d’Europa, si verificò il decl<strong>in</strong>o della civiltà urbana e irapporti <strong>di</strong> vic<strong>in</strong>ato com<strong>in</strong>ciarono a scomparire. Furono moltissime le donne cheproprio <strong>in</strong> quegli anni fecero esperienza <strong>di</strong> una profonda solitud<strong>in</strong>e, alienazione eper<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> punti tra<strong>di</strong>zionali <strong>di</strong> <strong>riferimento</strong>: sempre più isolate, abitando <strong>in</strong> rioni oquartieri popolari <strong>di</strong> recente costruzione, lontani dal centro e dai luoghi <strong>di</strong> lavoro,spesso privi <strong>di</strong> strutture, <strong>di</strong> verde e <strong>di</strong> servizi, <strong>di</strong> negozi, quelle donne hannoconosciuto il <strong>di</strong>sagio, l’estraneità, il dolore della separazione dalla comunità d’orig<strong>in</strong>e,dal paese <strong>di</strong> provenienza e, non riuscendo ad adattarsi alla nuova situazione, alcune sisono rifugiate nella depressione, altre sono rimaste <strong>in</strong>trappolate nella vita privata,de<strong>di</strong>candosi alla <strong>cura</strong> ossessiva della casa e dei figli. A soffrire <strong>di</strong> questa situazionefurono soprattutto le casal<strong>in</strong>ghe a basso red<strong>di</strong>to: donne giovani con due o tre bamb<strong>in</strong>i<strong>di</strong> cui prendersi <strong>cura</strong> <strong>in</strong> un piccolo appartamento, donne anziane che avevano seguitola famiglia trasferita per lavoro al Nord. Tuttavia proprio a partire da qui, da questasofferenza e <strong>in</strong>quietud<strong>in</strong>e femm<strong>in</strong>ile, dovuta all’<strong>in</strong>debolimento dei tra<strong>di</strong>zionali rapportifamiliari e <strong>di</strong> vic<strong>in</strong>ato, ha preso forma ed è cresciuta nelle città una r<strong>in</strong>novata capacitàfemm<strong>in</strong>ile <strong>di</strong> “fare” comunità, <strong>di</strong> <strong>in</strong>ventare forme <strong>di</strong> socialità e comunicazione, <strong>di</strong>creare tessuto sociale, <strong>in</strong>trecciando senso pratico, impegno personale, capacità <strong>di</strong>relazione, desiderio <strong>di</strong> un mondo più grande del ristretto ambito domestico. Non è uncaso che, proprio negli anni Ottanta e Novanta, per la prima volta <strong>in</strong> Italia tante10


donne, sp<strong>in</strong>te da problemi pratici o da vari drammi familiari, decisero <strong>di</strong> riunirsiautonomamente <strong>in</strong> associazione, <strong>di</strong> costituirsi <strong>in</strong> comitati <strong>di</strong> quartiere, delegazionicittad<strong>in</strong>e, cooperative: penso all’associazione dei familiari <strong>delle</strong> vittime <strong>di</strong> Ustica o aquella <strong>delle</strong> vittime della strage <strong>di</strong> Bologna del 1980, ai comitati <strong>di</strong> mamme <strong>di</strong> drogatia Napoli, <strong>alle</strong> “Donne contro la mafia”, vedove <strong>di</strong> poliziotti, funzionari, giu<strong>di</strong>ciassass<strong>in</strong>ati (Paul G<strong>in</strong>sborg, L’Italia del tempo presente, E<strong>in</strong>au<strong>di</strong> 1998). Le lotte <strong>delle</strong>donne <strong>di</strong> Napoli che un anno e mezzo fa si sono mobilitate contro il degrado delproprio territorio causato d<strong>alle</strong> <strong>di</strong>scariche e dai cumuli <strong>di</strong> immon<strong>di</strong>zie nelle strade dellacittà o quelle <strong>delle</strong> donne del movimento “No Dal Mol<strong>in</strong>” che da anni si mobilitano aVicenza contro la costruzione della nuova base militare USA possono essere collocate<strong>in</strong> questo orizzonte che va allargandosi sempre più <strong>di</strong> donne attive nel territorio <strong>in</strong>prima persona, molto combattive con cui le politiche istituzionali che governano lecittà devono fare i conti. A partire dagli anni Ottanta-Novanta le donne hanno cessato<strong>di</strong> essere un universo separato dalla vita economica, politica e sociale del Paese eallargato il proprio campo d’azione oltre l’ambito familiare, <strong>in</strong>iziando a tessere nuovepossibilità per sé e per altre e altri.In questi ultimi trent’anni è avvenuto <strong>di</strong> fatto il ra<strong>di</strong>camento <strong>delle</strong> donne nella societàcivile: sono nati comitati, sono state fondate librerie, centri culturali, club, riviste,agenzie <strong>di</strong> viaggi, società sportive, si sono realizzate associazioni e cooperative nonprofit che affrontano i problemi ambientali, il degrado sociale, la per<strong>di</strong>ta generale <strong>di</strong>senso della comunità. Per fare tutto questo è stato fondamentale apprendere emettere <strong>in</strong> pratica la politica <strong>delle</strong> donne che è la politica del desiderio e <strong>delle</strong> libere<strong>relazioni</strong>.Le Vic<strong>in</strong>e <strong>di</strong> casa si <strong>in</strong>seriscono <strong>in</strong> questo cambiamento profondo della società italiana.<strong>La</strong> certezza da cui sono partite le Vic<strong>in</strong>e è che la me<strong>di</strong>azione primaria <strong>di</strong> tutti iproblemi della città è <strong>in</strong>nanzitutto la tessitura dei rapporti fra abitanti. Non sononecessari, come ho già detto, partiti, s<strong>in</strong>dacati, macch<strong>in</strong>e organizzative enormi négran<strong>di</strong> risorse f<strong>in</strong>anziarie, leggi, regolamenti e neppure particolari competenzeprofessionali (queste da sole non bastano, anzi, a volte ostacolo).Ci vogliono <strong>relazioni</strong>, scambi significativi fra donne e uom<strong>in</strong>i che hanno <strong>in</strong>telligenza edesperienza del territorio, perché lo conoscono passo passo, da vic<strong>in</strong>o e per questopossono risolvere i problemi <strong>in</strong> contesto. Queste “figure del territorio” sono i soggettida cui <strong>di</strong>pende la r<strong>in</strong>ascita <strong>delle</strong> città, il ritorno della fiducia, la convivenza su nuovebasi e premesse.11


<strong>La</strong> pratica <strong>delle</strong> <strong>in</strong>tervisteLe Vic<strong>in</strong>e hanno chiesto a molte donne della propria città e ad alcuni uom<strong>in</strong>i <strong>di</strong>raccontare la propria storia, <strong>di</strong> mettere <strong>in</strong> parole il sapere nato dalla loro praticaquoti<strong>di</strong>ana <strong>di</strong> <strong>cura</strong> e responsabilità nei confronti del territorio. È <strong>in</strong>iziato così un ascoltoattivo, da cui sono nati dei libretti, molti articoli sui giornali locali, trascrizioni <strong>di</strong><strong>in</strong>terviste che rendono conto del lavoro e dell’esperienza <strong>di</strong> <strong>in</strong>fermiere, <strong>in</strong>segnanti,pensionati, s<strong>in</strong>dacalisti, donne e uom<strong>in</strong>i del volontariato, suore, levatrici, vigili, donne<strong>delle</strong> pulizie, sarte, commercianti, giornaliste, bi<strong>delle</strong>, impren<strong>di</strong>trici. Questi raccontimostrarono il volto sconosciuto della società, fanno vedere <strong>di</strong> che stoffa è fatta, suquali basi poggia la città, quella che lavora, che si oppone alla bruttezza e al degrado,che <strong>di</strong> fronte al <strong>di</strong>sagio, alla malattia, al dolore cerca <strong>di</strong> tessere nuove possibilità (ve<strong>di</strong>il libro che ho <strong>cura</strong>to per la <strong>Mag</strong> “Storie <strong>di</strong> vite e <strong>di</strong> imprese sociali”).Quando parlo <strong>di</strong> <strong>relazioni</strong> <strong>in</strong>tendo quelle vissute e <strong>in</strong>trecciate al <strong>di</strong> sopra <strong>delle</strong> logichefamiliari, <strong>delle</strong> regole e funzioni sociali, dei ruoli; realizzate per il piacere e ilparticolare tipo <strong>di</strong> sapere che esse danno, mai rese secondarie rispetto ad unprogetto, un obiettivo, mai “sacrificate” <strong>in</strong> nome <strong>di</strong> un pr<strong>in</strong>cipio superiore.Parlo <strong>di</strong> <strong>relazioni</strong> vere, quelle più vic<strong>in</strong>e alla modalità gioiosa del rapporto con lamadre, <strong>relazioni</strong> <strong>in</strong> cui si sviluppa agio, si rendono possibili momenti <strong>di</strong> felicità,all’<strong>in</strong>terno <strong>delle</strong> quali sono <strong>di</strong>cibili desideri, sentimenti, <strong>di</strong>fficoltà, contrad<strong>di</strong>zioni. Soloqueste consentono una vita sensata e ricca <strong>di</strong> slanci <strong>in</strong>ventivi, altrimenti sicostruiscono organizzazioni e appartenenze, strutture che sembrano forti, ma che alungo andare si svuotano <strong>di</strong> significato e si rivelano fragilissime.Essere vic<strong>in</strong>e, vic<strong>in</strong>i significa non allontanarsi mai dallo spazio dei rapporti umani, dal<strong>di</strong>alogo e dal confronto, unica garanzia <strong>di</strong> un mondo vero, reale, con<strong>di</strong>viso.Come si fa a sapere cosa accade <strong>in</strong> città, a livello profondo <strong>di</strong>co, se non si sa cosaaccade nei rapporti fra abitanti, <strong>in</strong>nanzitutto fra donne e uom<strong>in</strong>i?<strong>La</strong> vic<strong>in</strong>anza è una risorsa, ma spesso viene <strong>in</strong>vece ritenuta un ostacolo, perché agiscelo stereotipo del vic<strong>in</strong>o come “nemico”, presenza ostile e <strong>in</strong>quietante che ci spia dalpianerottolo, ci fa <strong>di</strong>spetti e sgarbi o me<strong>di</strong>ta vendette (ve<strong>di</strong> il massacro <strong>di</strong> Erba). Igiornali tutti i giorni parlano <strong>delle</strong> guerre e dei conflitti f<strong>in</strong>iti <strong>in</strong> tribunale fra vic<strong>in</strong>i <strong>di</strong>casa. Eppure il vic<strong>in</strong>ato storicamente è all’orig<strong>in</strong>e della città stessa. Le cittàme<strong>di</strong>oevali, per esempio, nascono proprio da patti e v<strong>in</strong>coli fra vic<strong>in</strong>i: le “Vic<strong>in</strong>ìe”.IL VICINATO IN OGNI PARTE DEL MONDO12


Il vic<strong>in</strong>ato è un’esperienza comune a uom<strong>in</strong>i e donne <strong>di</strong> ogni paese, risponde ad unbisogno elementare: che gli altri e le altre esistano e ci vivano accanto senza ostilità,con<strong>di</strong>videndo un territorio e prendendosene <strong>cura</strong>. Favorisce il costituirsi <strong>di</strong> un contesto<strong>di</strong> fiducia, il formarsi <strong>di</strong> una l<strong>in</strong>gua e un sentire comune. È una risposta concreta algenerale e spesso <strong>di</strong>sperato bisogno <strong>di</strong> significato, <strong>di</strong> riconoscimento sociale, <strong>di</strong> unord<strong>in</strong>e <strong>di</strong> <strong>riferimento</strong>.<strong>La</strong> pratica del vic<strong>in</strong>ato si collega ad una tra<strong>di</strong>zione ancora molto viva <strong>in</strong> Italia; è fattadello scambio giorno per giorno <strong>di</strong> piccole cose, la festa o la cena fra abitanti <strong>di</strong> unostesso rione, i gesti <strong>di</strong> solidarietà, accoglienza e reciproca protezione, ma non si fermaqui: va oltre, scommette su un r<strong>in</strong>novamento, su un cambiamento della politica edella società; <strong>in</strong>venta nuovi stili <strong>di</strong> vita.Se ci preme salvare la vita <strong>delle</strong> <strong>relazioni</strong> <strong>in</strong> città, siamo nella necessità <strong>di</strong> ristabilireuna circolazione <strong>di</strong> affetti e <strong>di</strong> pensieri, <strong>di</strong> restituire visibilità <strong>alle</strong> figure sociali, e sonotantissime, sulle quali poggia la vita <strong>in</strong> città, donne soprattutto, ma anche moltiuom<strong>in</strong>i, che ogni giorno aiutano a non isolarsi, a non irrigi<strong>di</strong>rsi <strong>in</strong> atteggiamenti ostili,a non precipitare nello sconforto, nella malattia, nell’<strong>in</strong><strong>di</strong>fferenza, a impe<strong>di</strong>re che v<strong>in</strong>cala logica della separazione tra pubblico e privato. Possiamo imparare molto da loro.<strong>La</strong> sofferenza sta aumentando <strong>in</strong> Occidente. È dovuta a povertà spirituale e simbolica.Mancano <strong>pratiche</strong> e gesti che favoriscono il contatto con la parte profonda <strong>di</strong> sé,mancano parole <strong>di</strong> lode e <strong>di</strong> ammirazione. Basta poco a gettare nel buio enell’<strong>in</strong>quietud<strong>in</strong>e chi si sente <strong>in</strong>desiderato e senza desideri, non visto, i giovanisoprattutto. Si muore per fame <strong>di</strong> attenzione, quando nessuno ha tempo per noi,quando si vede che il proprio lavoro è <strong>in</strong>utile e non viene apprezzato. <strong>La</strong> mortificazionesul lavoro cresce a causa dell’<strong>in</strong>capacità <strong>di</strong> chi esercita la funzione <strong>di</strong>rigente. <strong>La</strong>voraresenza alcun riscontro, senza parole <strong>di</strong> riconoscimento è un peso faticoso dasopportare. Dimenticarsi <strong>di</strong> chi vive e lavora accanto a noi, f<strong>in</strong>o a non conoscere piùnemmeno il nome dei nostri vic<strong>in</strong>i e <strong>delle</strong> vic<strong>in</strong>e <strong>di</strong> casa è un segnale <strong>di</strong> grandepericolo: ci stiamo allontanando dalla realtà; senza rendercene conto stiamoalimentando l’estraneità, l’<strong>in</strong><strong>di</strong>fferenza generale. Non si può avere sempre la faccia dafunerale quando ci si rivolge a chi <strong>in</strong>contriamo nel nostro pianerottolo! Proviamo amuoverci verso l’altro, l’altra <strong>in</strong> libertà, anche senza uno scopo preciso, anche solo perscambiare un sorriso, una parola gentile. È anche così che, a poco a poco, cambial’aria che si respira <strong>in</strong> città.Scommettere su un livello più alto <strong>di</strong> rapporti significa proteggere la città dallabruttezza e dal degrado, coltivare la gioia comune, com<strong>in</strong>ciando da gesti elementari,13


semplici, ma carichi <strong>di</strong> significato, come guardarsi negli occhi, sorridersi e non averetroppa fretta <strong>di</strong> chiudere la porta o guardare da un’altra parte.Essere vic<strong>in</strong>e <strong>di</strong> casa significa parlare con le abitanti e gli abitanti del nostro quartieretutti i giorni, camm<strong>in</strong>are <strong>in</strong> mezzo alla gente, entrare nelle case e sedersi adascoltare, non pre<strong>di</strong>care.Madre Teresa <strong>di</strong> Calcutta sapeva che noi non possiamo fare gran<strong>di</strong> cose, ma solopiccole cose con grande impegno e attenzione. È la cont<strong>in</strong>uità <strong>di</strong> un impegno assunto<strong>in</strong> prima persona che conta veramente, non qualità straord<strong>in</strong>arie né potentiorganizzazioni. Conta la puntualità, impegnarsi a tenere accesa la luce e sempreaperto l’orizzonte.Bisogna nom<strong>in</strong>are la relazione che si unisce all’amore per la città, con la politica, che èla forma più alta dell’amore. <strong>La</strong> motivazione profonda che muove, ad esempio, lecooperative <strong>di</strong> tipo B è l’amore per il territorio, per l’armonia.Dibattitoa <strong>cura</strong> <strong>di</strong> Oriana FasoliPartecipante: Che esempi si possono fare <strong>di</strong> buon vic<strong>in</strong>ato, <strong>in</strong> città?Alessandra De Per<strong>in</strong>i: Ho trovato esempi sia nel passato, nella storia, come le“begh<strong>in</strong>e”, nel 1300, donne maestre laiche, che ogni città desiderava. Avevano casettevic<strong>in</strong>e, i begh<strong>in</strong>aggi sono ancora visitabili nei paesi del nord.<strong>La</strong> mamma <strong>di</strong> Santa Chiara faceva pellegr<strong>in</strong>aggi con le vic<strong>in</strong>e e poi sono entrate<strong>in</strong>sieme nel convento della storia.Come esempi <strong>di</strong> buone <strong>pratiche</strong> <strong>di</strong> vic<strong>in</strong>ato, a Mestre siamo state un esempio, anchememorabile, perché abbiamo affrontato la trasformazione della nostra città f<strong>in</strong> daglianni Novanta, con l’occasione della Guerra del Golfo. <strong>La</strong> situazione ci ha portati aragionare su cosa potessimo fare noi, oltre <strong>alle</strong> manifestazioni tra<strong>di</strong>zionali. Ci siamomessi all’opera perché per capire la guerra bisogna capire quanto male funzion<strong>in</strong>o irapporti vic<strong>in</strong>o a casa, per cui abbiamo <strong>in</strong>iziato a lavorare sia con gli immigrati, sia conaltre città per le giovani prostitute che avevano creato sommosse a Mestre,occupando una strada. Qui c’è stato un buon rapporto con le Istituzioni, con cuiabbiamo aiutato le ragazze a trovare ospitalità <strong>in</strong> case <strong>di</strong> vic<strong>in</strong>e e vic<strong>in</strong>i <strong>di</strong> casa come14


forma <strong>di</strong> affidamento temporaneo per poi andare a vivere <strong>in</strong>sieme <strong>in</strong> piccoliappartamenti. <strong>La</strong> famiglia che accoglieva le ragazze riceveva dal Comune una certacifra.Con i profughi, avevo capito che ci sono dei problemi <strong>in</strong> città che non sempre sonorisolvibili, qu<strong>in</strong><strong>di</strong> non bisogna avere la fretta <strong>di</strong> risolverli subito. Serviva una presa <strong>di</strong>parola dì pubblica per far sì che la gente potesse esprimere i propri timori, senza chefosse colpevolizzata per questo. È importante ascoltare, non colpevolizzare, noncoprire con un <strong>di</strong>scorso ideologico, magari <strong>di</strong> s<strong>in</strong>istra, per capire come uscire <strong>in</strong> praticadallo stato <strong>di</strong> paura, <strong>di</strong>sperazione, mentre spesso non si dà importanza a questo nellaconcentrazione sulla soluzione imme<strong>di</strong>ata del problema.Recentemente ho letto <strong>delle</strong> donne <strong>di</strong> “No Dal Mol<strong>in</strong>”, <strong>in</strong> cui è <strong>in</strong> atto una rotturaperché alcuni si orientano <strong>in</strong> modo rigido sull’obiettivo, mentre alcune donne piùsagge non vogliono avere uno scontro <strong>di</strong>retto con le Istituzioni, per una me<strong>di</strong>azione.Tutte le volte che <strong>in</strong>vece <strong>di</strong> arrivare ad uno scontro attuiamo una me<strong>di</strong>azione, questoè buon vic<strong>in</strong>ato. Anche i campi dei terremotati de L’Aquila sono un esempio <strong>di</strong> buonvic<strong>in</strong>ato: si tratta <strong>di</strong> occasioni <strong>in</strong> cui le persone si trovano unite <strong>in</strong> un dest<strong>in</strong>o comune escatta la necessità <strong>di</strong> aiutarsi per far fronte al problema. Non c’è una tecnica, unaformula, ma la creatività è al massimo, ognuno può <strong>in</strong>ventarsi una pratica <strong>di</strong> buonvic<strong>in</strong>ato.Partecipante: Vorrei portare il mio esempio. Da tre anni vivo <strong>in</strong> un paes<strong>in</strong>o sperdutosull’Appenn<strong>in</strong>o Tosco- Emiliano. Sono nata a Bologna centro <strong>in</strong> un palazzo <strong>in</strong> cu<strong>in</strong>essuno conosceva l’altro. Il mio paes<strong>in</strong>o ha 9 abitanti, sono <strong>in</strong> piazza, ora siamo <strong>in</strong>11. Quando sono arrivata ero la nuova, ragazza giovane, mi sono <strong>in</strong>tegrata perché isignori, tra cui uno <strong>di</strong> 89 anni, mi hanno accolta. A fianco a me c’è la “nonna” che haperso un figlio della mia età. Ho imparato moltissimo, perché devi entrare <strong>in</strong> contattocon queste persone, con i lati positivi e negativi. Una tecnica <strong>di</strong> buon vic<strong>in</strong>ato è sapereche tutti quanto siamo “potenziali killer”, ma anche potenziali “angeli”, qu<strong>in</strong><strong>di</strong> bisognastimolare la parte buona. Tra <strong>di</strong> noi dobbiamo darci una mano. Questa matt<strong>in</strong>anevicava e gli anziani mi hanno aiutata a spalare la neve. Vogliamo fare uno spaziocomune per dare modo a tutti <strong>di</strong> <strong>di</strong>re se c’è bisogno <strong>di</strong> qualcosa, co<strong>in</strong>volgendo ilS<strong>in</strong>daco, facciamo parte dei G.A.S., ho imparto a scoprire le <strong>di</strong>verse offerte <strong>di</strong> prodottidel luogo. Per me è stata una bella esperienza.15


Alessandra De Per<strong>in</strong>i: Le <strong>pratiche</strong> <strong>di</strong> buon vic<strong>in</strong>ato si sono allargate, è anche unaquestione mentale. Anche gli uffici, i luoghi <strong>di</strong> lavoro, sono luoghi per imparare il buonvic<strong>in</strong>ato, migliorando la comunicazione. Anche nelle nuove strutture efficienti, se nonc’è scambio, le cose funzionano male.Partecipante: Tutti bussiamo la porta l’uno dell’altro, anche per una visita, per bere ilcaffè, per parlare.Partecipante: Ho seguito con molta emozione quanto detto, mi sono venute <strong>in</strong>mente le mie esperienze <strong>di</strong> vic<strong>in</strong>ato. Ho avuto un’<strong>in</strong>fanzia meravigliosa perché abitavo<strong>in</strong> una corte agricola. Pranzavo ovunque, ho dormito <strong>in</strong> tante case, <strong>di</strong> cui ricordo gliodori. Per me è stata una grande violenza contro questa civiltà il non vivere vic<strong>in</strong>i, perla gestione del territorio con la complicità dei tecnici che hanno <strong>di</strong>segnato le città, ilnostro paesaggio urbano, orrendo, <strong>in</strong>civile, contro l’aggregazione. Dobbiamo<strong>di</strong>struggere questa realtà, non è possibile che persone vivano appollaiate come poll<strong>in</strong>ei palazzi, senza verde per coltivare verdura, per scambiarsi una parola. Dobbiamofare una forte azione per un cambiamento profondo del nostro vivere, perché essere<strong>in</strong>scatolati ci fa pensare, agire, comprare <strong>in</strong> un determ<strong>in</strong>ato modo. Ho il ricordo antico<strong>di</strong> un’esperienza bella, ricordo i maestri, mentre oggi i bamb<strong>in</strong>i vivono <strong>in</strong> casa, giocanogiochi strutturati <strong>in</strong> palestra, le strade sono chiuse, mi chiedo cosa ci siamo costruiti<strong>in</strong>torno a noi. Mi pare, questa, una grande <strong>in</strong>civiltà.Partecipante: Anch’io mi sento co<strong>in</strong>volta perché sono una <strong>delle</strong> donne <strong>di</strong> “”No DalMol<strong>in</strong>”. Oltre a cercare <strong>di</strong> ascoltare chi la pensa <strong>in</strong> modo <strong>di</strong>versa, ci sforziamo <strong>di</strong> essereaperte al confronto e all’<strong>in</strong>terno del movimento ci sono stati momenti molto <strong>di</strong>fficili, <strong>in</strong>cui le <strong>di</strong>verse anime non riuscivano a parlarsi. È così che è nato il gruppo “Donne uniteper la pace”, unendo vari punti <strong>di</strong> vista per vedere se le donne possono crearecomunicazione. Il camm<strong>in</strong>o è lungo ma ci sono stati dei cambiamenti concreti perchéle donne hanno portato una pratica <strong>di</strong>versa. Il <strong>di</strong>fendere un territorio è legato <strong>alle</strong><strong>pratiche</strong> <strong>di</strong> vic<strong>in</strong>ato.Alessandra De Per<strong>in</strong>i: Si perché si mettono <strong>in</strong>sieme realtà che non <strong>di</strong>alogano traloro, senza <strong>in</strong>testar<strong>di</strong>rsi per raggiungere un obiettivo comune, raggiunto il quale ilmovimento stesso term<strong>in</strong>a <strong>di</strong> esistere.16


Partecipante: Vedo che c’è molta <strong>in</strong><strong>di</strong>fferenza. Ho lasciato la città per portare i mieifigli <strong>in</strong> un paese dove potessero essere a contatto con la natura. Davanti alla mia casac’è un bel parco giochi, io non lavoro e ci passo molto tempo. Devo constatare unacerta maleducazione da parte dei padroni dei cani, i quali non si preoccupano <strong>di</strong> pulireil parco, come dovrebbero fare, d<strong>alle</strong> deiezioni dei loro animali. Ho provato ad attuaremolte soluzioni. C’è una contrad<strong>di</strong>zione tra l’aspetto <strong>cura</strong>to e pulito <strong>delle</strong> villette e iltrattamento riservato al parco, che è pubblico, frequentato soprattutto dai bamb<strong>in</strong>i.Ho provato a parlare con i proprietari, con il Comune, che ha messo il cartello“Giard<strong>in</strong>i Pubblici”, sperando forse che i cani lo leggessero e si regolassero <strong>di</strong>conseguenza. Un giorno ne ho parlato, piuttosto <strong>in</strong>nervosita, con i padroni, i quali perreazione hanno mandato i cani da soli, ormai esperti del percorso ed <strong>in</strong><strong>di</strong>pendenti. Michiedo, ma ai giorni nostri siamo <strong>di</strong>ventati così <strong>in</strong>civili ed egoisti che non c’èsoluzione? Da questo <strong>in</strong>contro ho raccolto uno spunto <strong>in</strong>teressante: parlare con ledonne, con le mamme dei bamb<strong>in</strong>i co<strong>in</strong>volti.Alessandra De Per<strong>in</strong>i: A Mestre c’era il problema <strong>delle</strong> panch<strong>in</strong>e <strong>di</strong>strutte e <strong>di</strong> unparco <strong>di</strong>strutto d<strong>alle</strong> motociclette, allora una vic<strong>in</strong>a <strong>di</strong> casa, con molta calma e senzaaggre<strong>di</strong>re i ragazzi, che hanno capito e si sono adeguati. Lei ha parlato lorosensibilizzandoli sulla situazione, facendo loro immag<strong>in</strong>are che fossero presenti i lorostessi parenti, le loro zie, le loro mamme, così hanno capito e l’hanno riconosciutacome figura autorevole, simile ad una loro familiare.Partecipante: Nel mio quartiere fanno una festa con una tavolata per con<strong>di</strong>videre ilcibo e conoscersi, questo è un bel sistema per creare <strong>relazioni</strong>.Alessandra De Per<strong>in</strong>i: Non tutti vivono <strong>in</strong> piccole contrade, il problema dell’oggi èaffrontare questi problemi nelle gran<strong>di</strong> città, dove è possibile fare qualcosa, con altre<strong>pratiche</strong>. Ad esempio, Naomi Kle<strong>in</strong>e ha scritto “No logo” e “Rec<strong>in</strong>ti e f<strong>in</strong>estre”, <strong>in</strong> cuiparla del vivere <strong>in</strong>sieme dove possono crearsi dei rec<strong>in</strong>ti e <strong>delle</strong> aperture. Già neglianni Novanta Kle<strong>in</strong> è <strong>in</strong> grado <strong>di</strong> descrivere i propri vic<strong>in</strong>i.Partecipante: Porto la testimonianza <strong>di</strong> come riesca a conoscere i miei vic<strong>in</strong>i grazie almio cane! Si fermano, mi salutano: è un <strong>in</strong>terme<strong>di</strong>atore!17


Partecipante: Sono architetto, sono molto critica sulla gestione della strutturaurbanistica <strong>delle</strong> nostre città. Ad esempio, ritengo assurdo che gli unici standar<strong>di</strong>mposti siano i parcheggi per i condom<strong>in</strong>i, mentre spazi comuni ed aree ver<strong>di</strong> vengonoignorati. I piani regolatori vengono elaborati <strong>in</strong> gran segreto per anni, e i risultati sivedono.Il master è stato <strong>in</strong>teressante (piaciuto Brusco, Marzorati lasciata perplessa perchépunta sulla relazione <strong>in</strong> ottica quasi clientelare, che penalizza chi è meno abile <strong>in</strong>questo ambito)Partecipante: Mi occupo dei servizi al lavoro e sono stata molto contenta <strong>di</strong>partecipare a questo master. C’è una domanda che mi porto dentro, nel mio lavoro daun po’ <strong>di</strong> tempo sono cambiate alcune <strong>pratiche</strong>, <strong>di</strong>verse sono le domande <strong>di</strong> coloro chesi rivolgono a noi, con una vulnerabilità <strong>di</strong>ffusa. Stiamo facendo una riflessioneall’<strong>in</strong>terno dei “Progetti <strong>di</strong> <strong>in</strong>clusione socio-professionale”, f<strong>in</strong>anziati dalla Regione conl’appoggio della Comunità Europea. Ci sarebbe molto da <strong>di</strong>re sull’aspettodell’<strong>in</strong>clusione sociale, perché l’accompagnamento al lavoro richiede ai tutor ancheuna funzione <strong>di</strong> allargamento del capitale sociale, <strong>di</strong> fronte a persone che spesso nonhanno nemmeno <strong>delle</strong> reti <strong>di</strong> <strong>riferimento</strong>. Il lavoro <strong>di</strong> questi tutor porta una ricchezza<strong>di</strong> <strong>relazioni</strong>, ma mi chiedo quanto sia strumentale. Ci viene chiesto <strong>di</strong> allargare ilcapitale sociale <strong>di</strong> queste persone per ricucire il tessuto che è venuto a mancare e chefaceva sì che questi problemi non venissero riportati <strong>alle</strong> istituzioni, cheparadossalmente scaricano molto le problematiche sugli operatori stessi, che si stannoammalando per la pressione cui sono sottoposti. Sono sempre più conv<strong>in</strong>ta che ilcambiamento e le possibilità <strong>di</strong> queste persone <strong>di</strong> recuperare una chance sia solo <strong>in</strong>questa relazione, tuttavia c’è della strumentalità?Partecipante: Mi domando se non cre<strong>in</strong>o aspettative irrealizzabili con <strong>relazioni</strong> <strong>di</strong>questo tipo.Loredana Aldegheri: Penso che la necessità non necessariamente <strong>di</strong>ventastrumentalità. <strong>La</strong> maggior parte <strong>delle</strong> persone che ho visto davano cre<strong>di</strong>to aglioperatori con fiducia, anche se erano consapevoli <strong>di</strong> non poter risolvere i problemiimme<strong>di</strong>atamente. Erano arricchite dalla relazione, grazie alla quale potevano pensarea strade nuove.18


Partecipante: C’è un forte accento sulla relazione nel campo del capitale sociale,questo porta una ricchezza straord<strong>in</strong>aria, tuttavia mi chiedo se e quanto siastrumentale.Partecipante: Vedo <strong>in</strong> questo il pericolo della relazione <strong>di</strong> <strong>in</strong>teresse.Partecipante: Queste <strong>relazioni</strong> producono politicamente degli effetti, già l’utilizzo delterm<strong>in</strong>e capitale sociale è specialistico.Alessandra De Per<strong>in</strong>i: Parlo <strong>delle</strong> <strong>relazioni</strong> libere, quando una relazioneprofessionale <strong>di</strong>venta politica? Quando ho una relazione significativa con un o unacollega? Le <strong>relazioni</strong> possono avere un term<strong>in</strong>e, ma non significa che sianostrumentali.Partecipante: Ho fatto del mio lavoro le <strong>relazioni</strong> per co<strong>in</strong>volgere persone nelterritorio. Sono cresciuta molto ascoltando <strong>in</strong> questi <strong>in</strong>contri. Nel mio lavoro ho notatoche spesso si fa molta fatica a vedere la <strong>di</strong>fferenza che c’è tra una relazione <strong>di</strong>amicizia libera e una relazione <strong>di</strong> lavoro professionale. Nella realtà è molto <strong>di</strong>fferente,perché io posso essere molto amica <strong>di</strong> una persona ma <strong>in</strong> un rapporto <strong>di</strong> lavoro cideve essere una relazione mirata su altro, su obiettivi <strong>in</strong> comune, che rimane f<strong>in</strong>e a sestesso anche se la persona la pensa <strong>in</strong> modo <strong>di</strong>verso su molti altri aspetti. Se c’chiarezza e trasparenza f<strong>in</strong> dall’<strong>in</strong>izio della relazione, con patti chiari, non ci sonoproblemi. Se da una relazione libera si passa ad una professionale, può accadere oche tutto è dovuto, o che ci siano aspettative o illusioni. Bisogna smontare il piùpossibile aspettative ed illusioni. Non dobbiamo dare per scontato che l’altro capiscaesattamente cosa vogliamo, da cui l’importanza della parola.Sono contenta <strong>di</strong> vedere come molte persone si siano messe <strong>in</strong> <strong>di</strong>scussione con questomaster, mentre <strong>in</strong> genere la gente fa fatica a confrontarsi.Partecipante: Mi <strong>in</strong>teressava questo master perché mi sono <strong>in</strong>terrogata su mestessa, mi sono fatta un esame <strong>di</strong> coscienza. Mi è piaciuto confrontarmi con le figurescelte nel master, anche se mi sono bloccata perché mi sono resa conto che larelazione è qualcosa <strong>di</strong> molto importante e che richiede, prima <strong>di</strong> tutto, il rispettodell’altro. Cerco <strong>di</strong> vivere <strong>in</strong> modo onesto, anche quando devo riconoscere <strong>di</strong> aver19


sbagliato. Ho imparato molto, sono più <strong>di</strong>sillusa perché prima pensavo che tutto fossesemplice, mentre non è semplice rispettare l’altro <strong>di</strong>verso da me.Partecipante: Sono stato per molti anni maestro elementare e la scuola può fareancora molto, anche se i ragazzi sono seguiti soprattutto dalla famiglia, <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i <strong>di</strong>ore. Nel tempo libero faccio l’e<strong>di</strong>tore, sono <strong>in</strong>teressato a questi <strong>in</strong>contri perché sonosempre più <strong>di</strong>ssociato da questo modo <strong>di</strong> vivere e cerco un modo sobrio, piùrelazionato <strong>di</strong> vivere e vorrei spendere i miei prossimi anni su queste cose, prendendouna <strong>di</strong>stanza netta e precisa con questo tipo <strong>di</strong> sviluppo. Credo che anche un po’ dellamia umanità sia stata rubata dal modo <strong>di</strong> vivere che siamo costretti a seguire. Mi sonosentito nelle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> esprimermi, mi è piaciuto ascoltare la parte teorica, cosache spesso non abbiamo modo <strong>di</strong> fare.Partecipante: Sono uno studente universitario <strong>di</strong> l<strong>in</strong>gue. Credo che la comunicazionesia molto importante per far sentire gli altri come <strong>delle</strong> persone. Ad esempio, facciol’<strong>alle</strong>natore per una squadra <strong>di</strong> patt<strong>in</strong>aggio e a mia volta partecipavo <strong>alle</strong> gare, ma misentivo considerato un numero. Invece cerco <strong>di</strong> far sentire che tengo agli altri, anchea quelli che non sono eccellenti o che non possono essere competitivi nel mondo delpatt<strong>in</strong>aggio. Quando ci si sente amati si fa del proprio meglio, per questo cerco <strong>di</strong> farsentire <strong>alle</strong> mie allieve che sono <strong>in</strong>teressato a loro, non solo dal punto <strong>di</strong> vistaagonistico, ma umano. In questo master ho trovato gli spunti che cercavo.Partecipante: Mi occupo <strong>di</strong> tecnologia, mi <strong>in</strong>teressa la relazione <strong>in</strong>tima e sociale,vorrei utilizzare l’immag<strong>in</strong>e della cozza e dell’acqua, della relazione come uno statofluido che <strong>in</strong>terconnette le parti sensibili che si approcciano.Partecipante: Sono un s<strong>in</strong>dacalista, la relazione è fatta <strong>di</strong> frasi già precostituite nelmio campo. Dobbiamo cambiare il l<strong>in</strong>guaggio, credo che il l<strong>in</strong>guaggio sia la formulamagica. <strong>La</strong>voriamo <strong>in</strong> tr<strong>in</strong>cea, faccio azioni ben del<strong>in</strong>eate d<strong>alle</strong> leggi. Abbiamo scoperto<strong>delle</strong> <strong>relazioni</strong> nell’emergenza della fabbrica occupata. Non siamo ancora <strong>in</strong> grado <strong>di</strong>relazionarci con certe situazioni che ci siamo trovati davanti, dobbiamo metterci <strong>in</strong><strong>di</strong>scussione anche sulle <strong>pratiche</strong> concrete, sugli stili <strong>di</strong> vita e lo <strong>di</strong>co anche <strong>alle</strong>assemblee.20


Partecipante: Faccio parte <strong>di</strong> due associazioni, tra cui il Circolo della Rosa, donne chefanno cultura a Verona e mi occupo della politica <strong>delle</strong> donne. Ci <strong>in</strong>contriamo econ<strong>di</strong>vi<strong>di</strong>amo obiettivi, ma non è una relazione amicale, anche se <strong>di</strong> grandesod<strong>di</strong>sfazione. Ishtar <strong>in</strong>vece è composta da donne italiane e straniere, la cosaimprevista e bellissima è la relazione <strong>in</strong>staurata con le donne straniere, <strong>relazioni</strong>“scivolose” perché sono impari, strumentali. Credo che abbiamo molto da imparare daloro, perché ci portano quello che noi abbiamo perso. Arrivano qui con una praticarelazionale non perduta, che dovremmo recuperare e a cui non siamo abituati.È sempre importante riflettere sulla relazione e gli apporti teorici degli <strong>in</strong>contri sonochiaramente vissuti dai relatori.Partecipante: Sono stata operaia dagli anni Sessanta, poi sono entrata nellaCooperativa <strong>La</strong> Strada dove ho fatto “la strasarola”, nel riciclaggio dei vestiti usati.<strong>La</strong>vorare <strong>in</strong> fabbrica voleva <strong>di</strong>re lavorare il più possibile. Le <strong>relazioni</strong> mi hanno guarita,perché ho trovato <strong>delle</strong> persone che mi hanno ascoltata senza mettermi etichette,come il mio me<strong>di</strong>co, che mi ha aiutata a svilupparmi come persona. Io <strong>in</strong>fatti lavoravoe basta, non avevo modo <strong>di</strong> leggere, <strong>in</strong>formarmi, confrontarmi, frequentare persone.All’<strong>in</strong>izio ho avuto <strong>di</strong>fficoltà <strong>in</strong> cooperativa, poi con il tempo ho imparato e lacooperativa per me è stata l’università della vita. Sono stata alla scuola dell’attivitàterapeutica popolare, dove ho <strong>in</strong>contrato persone <strong>di</strong> ogni tipo.Ho imparato che ognuno deve lavorare per guadagnarsi la vita, non per arricchirsi,non bisogna essere schiavi del denaro, ma crearsi rapporti umani <strong>in</strong>torno.21


<strong>La</strong> Libera Università dell’Economia Sociale (LUES) nasce nel 2005 nell’ambito delProgetto Europeo EQUAL denom<strong>in</strong>ato Macramè-Reti Sociali ed altri <strong>in</strong>trecci per il TerzoSettore. <strong>La</strong> LUES si propone <strong>di</strong> tesorizzare sia l’esperienza <strong>Mag</strong> nel tempo chel’elaborazione <strong>di</strong> altre e <strong>di</strong>verse realtà Veronesi, Italiane ed Europee operanti nel TerzoSettore. Ovvero altri soggetti, donne e uom<strong>in</strong>i, <strong>in</strong>teressati a sostenere concretamentele libere forme associative e le esperienze autorganizzate nel lavoro, nella cultura enella socialità caratterizzate dalla <strong>di</strong>fferenza femm<strong>in</strong>ile e maschile e generatenell’ottica della sussi<strong>di</strong>arietà. Sono obiettivi della LUES: 1.Consolidare un luogo <strong>di</strong>pensiero a partire dai saperi pratici. 2.Scambiare esperienze e saperi con comunitàfilosofiche, scientifiche, gruppi culturali e <strong>di</strong> ricerca, altre Libere Università. 3.Produrremateriali <strong>di</strong>dattici, testi, opuscoli. 4.Realizzare attività <strong>di</strong> formazione, autoformazione elaboratori <strong>di</strong> crescita culturale compartecipate, anche con soggetti del territorio che sipropongono azioni <strong>di</strong> responsabilità sociale.MAG: Promuove e sostiene - attraverso un centro <strong>di</strong> formazione, cultura e servizil’economiasociale ed il terzo settore locale. <strong>La</strong> <strong>Mag</strong> ha dato avvio, nel 1978, allaf<strong>in</strong>anza etica per l’impren<strong>di</strong>tività sociale. Da alcuni anni si occupa <strong>di</strong> microcre<strong>di</strong>to <strong>alle</strong>nuove povertà.Con il Comitato <strong>Mag</strong> per la Solidarietà Sociale Onlus viene realizzata- attraverso laraccolta fon<strong>di</strong> - una azione umanitaria <strong>di</strong> autosviluppo locale a Ndem Senegal ed ilsostegno allo sportello <strong>Mag</strong> <strong>di</strong> Microcre<strong>di</strong>to.Alessandra De Per<strong>in</strong>i vive a Mestre dove <strong>in</strong>sieme ad alcune amiche e vic<strong>in</strong>e <strong>di</strong> casaha dato vita nel 1992 all’associazione “Le vic<strong>in</strong>e <strong>di</strong> casa”, impegnandosi a renderevisibile “l’oro” <strong>delle</strong> vic<strong>in</strong>e <strong>di</strong> casa, una pratica <strong>di</strong> relazione che rende umana la vita <strong>in</strong>città. Da più <strong>di</strong> vent’anni la sua azione politica è tesa a tenere aperto uno spazio <strong>di</strong>confronto e <strong>di</strong>scussione pubblica sui problemi, le contrad<strong>di</strong>zioni e le profondetrasformazioni <strong>in</strong> atto nel mondo contemporaneo. Ha realizzato per “Le vic<strong>in</strong>e <strong>di</strong>casa” numerose <strong>in</strong>terviste, ponendosi <strong>in</strong> ascolto <strong>delle</strong> <strong>in</strong>numerevoli figure sociali cheoperano nel territorio con competenza e positività. Organizza ogni anno al CentroDonna <strong>di</strong> Mestre libere conversazioni, <strong>in</strong> cui si parla <strong>di</strong> come la realtà cambia a causadella libertà femm<strong>in</strong>ile. Appassionata <strong>di</strong> storia, ha condotto con il “taglio” della<strong>di</strong>fferenza numerosi corsi <strong>di</strong> storia <strong>delle</strong> donne promossi sia d<strong>alle</strong> “Vic<strong>in</strong>e <strong>di</strong> casa”che da istituzioni o associazioni cittad<strong>in</strong>e, assessorati, enti e scuole superiori. Daiprimi anni Novanta fa parte della redazione allargata della rivista <strong>di</strong> pratica politicaVia Dogana. Dal 2000 per la “<strong>Mag</strong> Servizi” <strong>di</strong> Verona ha tenuto corsi e <strong>in</strong>contri <strong>di</strong>formazione, realizzato <strong>in</strong>terviste, <strong>cura</strong>to pubblicazioni, trascrizioni <strong>di</strong> convegni, scrittoarticoli e recensioni per la rivista trimestrale <strong>di</strong> Azione <strong>Mag</strong>. Per le “Città Vic<strong>in</strong>e”, <strong>di</strong>cui fa parte dal 2002, ha <strong>cura</strong>to gli atti <strong>di</strong> tre <strong>in</strong>contri nazionali, due dei qualipubblicati da Azione <strong>Mag</strong>.<strong>Mag</strong> Verona Tel 045-8100279sito web www.magverona.it, e-mail: <strong>in</strong>fo@magverona.it

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