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Sulla creatività e il movimento creativo

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affettiva” (Stern D.N. p. 42); ed è su questa esperienza che si saldano le basi del nostro sensoesistenziale.Il nostro corpo è predisposto, già prima della nascita, ad entrare in relazione dinamica con <strong>il</strong> mondo.Nella vitalità del corpo e nella sua naturale tendenza a manifestarsi, entrando in relazione conl’ambiente, troviamo quindi la radice della spinta creativa. Di fatto, D. Winnicott individua le primeforme della <strong>creatività</strong> nel gioco del bambino con <strong>il</strong> proprio corpo.“Ogni nostro cambiamento interiore si manifesta in un <strong>movimento</strong>, anche se forse sarebbe piùgiusto dire: è un <strong>movimento</strong>. Non sempre sono movimenti chiaramente visib<strong>il</strong>i, molte volte sonosott<strong>il</strong>i modificazioni: come le vibrazioni delle dita, un restringimento nel centro del petto o unachiusura quasi impercettib<strong>il</strong>e delle spalle; che sfuggono alla maggior parte degli osservatori. Ilcorpo umano, in quanto vivente, è in costante pulsazione e ogni parte del nostro organismo ha unmodo di farlo che le è caratteristico; <strong>il</strong> cuore ha un pulsare regolare e ininterrotto, i diversi tipi dimuscolatura si spandono e si contraggono o si allungano e si accorciano, perfino <strong>il</strong> tessutocerebrale si gonfia e sgonfia. Le emozioni, come la paura, la rabbia,la gioia ecc, modificano pereccesso o per difetto questi patterns; abbiamo un nodo alla gola, sentiamo un batter di ali nel petto,braccia, pugni e spalle si contraggono ad esempio, mentre, in altri casi, <strong>il</strong> nostro respiro si espandee i nostri passi diventano leggeri.Anche gli stimoli del mondo ci trasformano; <strong>il</strong> semplice atto del percepire ci modifica,creando unavariazione del flusso dei nostri movimenti spontanei. Un tuono improvviso ci fa sussultare, losciacquio di una fontana ci distende, osservare <strong>il</strong> volteggiare dei gabbiani può tranqu<strong>il</strong>lizzare <strong>il</strong>nostro respiro mentre certi tipi di luce possono irritarci, e <strong>il</strong> contatto o la semplice vicinanza deglialtri sicuramente non ci lascia immutati. Usando un’immagine visiva, possiamo dire che siamocome gli anemoni di mare, creature marine la cui forma si modifica costantemente in risposta aiminimi stimoli sebbene, frequentemente, siamo poco attenti e quindi poco consapevoli di questonostro costante mutare ” (Garcìa M.E., Monteleone A. p.168)Questa variazione permanente dello stato corporeo è <strong>il</strong> fondamento del nostro senso d’identità;organizza <strong>il</strong> substrato di base della percezione e della conoscenza. Possiamo riconoscere la forza ela leggerezza, la velocità e la lentezza perché, in qualche modo nel nostro corpo, c’è un’esperienzasim<strong>il</strong>e. Allo stesso modo, possiamo accedere alle concezioni di espansione, di caduta, distagnamento o di nebulosità , le quali sensazioni ci accompagnano in ogni momento e sonoessenziali per la vita. Il flusso di questi movimenti sott<strong>il</strong>i è alla base dei nostri stati d’animo,sentimenti e pensieri; è una specie di musica interiore che si modula costantemente nell’incontrocon <strong>il</strong> mondo e nutre ogni nostra espressione creativa.L’allontanamento del corpoLa nostra prima infanzia é caratterizzata dalla diretta relazione con la vitalità del corpo. Man manoche cresciamo però acquistiamo nuove capacità necessarie per lo sv<strong>il</strong>uppo; impariamo a parlare e apensare, ad affrontare le esigenze crescenti dell’ambiente e questo ci allontana dell’esperienza delcorpo sentito. I nostri movimenti volontari diventano dissociati dai nostri impulsi profondi. Anche <strong>il</strong>nostro modo di percepire si trasforma, ed <strong>il</strong> nostro originale modo di vibrare nell’incontrare <strong>il</strong>mondo rimane sullo sfondo. Questo incide profondamente su come percepiamo <strong>il</strong> corpo checonsideriamo non più in maniera globale ma segmentata.“Da giovani, quando guardavamo un aeroplano nel cielo, l’intero corpo guardava in su. Quando cichinavamo per guardare un insetto, l’intero corpo si chinava giù ma poi, gradualmente soltanto gliocchi, con un limitato <strong>movimento</strong> del collo hanno guardato. Quando ci allunghiamo verso qualcosa,soltanto <strong>il</strong> braccio si allunga. Quando camminiamo, solo le gambe camminano. L’eccitazionecorporea, l’azione totale di tutto l’organismo, si è frantumata in gesti separati. Il bel flussodell’energia, <strong>il</strong> senso di connessione, è sparito” (Whitehouse,in Pallaro 2003 p. 45)4

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