PIANETA TERRA
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norma che prevedeva il piano delle aree<br />
di estrazione.<br />
Da più parti era stato prospettato il rischio<br />
che, se i procedimenti in corso fossero<br />
stati considerati dalla norma come<br />
semplicemente sospesi, essi avrebbero<br />
potuto riprendere il proprio iter in occasione<br />
di una eventuale ed ulteriore manovra<br />
legislativa.<br />
Le modifiche introdotte dalla Legge di<br />
Stabilità non hanno pertanto tacitato le<br />
istanze referendarie, ritenendosi la consultazione<br />
l’unico strumento idoneo a<br />
consentire la definitiva abrogazione delle<br />
norme ritenute incompatibili con l’ordinamento.<br />
Pertanto, le assemblee regionali<br />
hanno nuovamente interpellato<br />
l’Ufficio Centrale per il referendum della<br />
Dall’abrogazione referendaria<br />
deriverebbe un vincolo per il<br />
legislatore<br />
Corte di Cassazione, il quale, pronunciandosi<br />
l’8 gennaio alla luce delle modifiche<br />
normative ha ritenuto che, dei 6<br />
quesiti inizialmente prospettati, soltanto<br />
uno - quello cioè che riguarda, in sostanza,<br />
la durata delle autorizzazioni a<br />
perforare ed estrarre - non soddisfacesse<br />
la richiesta dei promotori. Il Parlamento<br />
aveva infatti approvato la<br />
modifica della norma del codice dell’ambiente<br />
che consentiva la conclusione dei<br />
procedimenti in corso, prevedendo però<br />
che i permessi e le concessioni già rilasciati<br />
non avessero più scadenza. Né si<br />
chiariva che i procedimenti in corso dovessero<br />
ritenersi definitivamente chiusi<br />
e non solo sospesi. Su due quesiti, tuttavia,<br />
e cioè quelli che riguardano la durata<br />
di permessi già concessi ed il Piano<br />
estrazioni, le Regioni promotrici invero<br />
hanno ritenuto non condivisibile la decisione<br />
della Corte di Cassazione, sollevando<br />
pertanto un conflitto di<br />
attribuzione rispetto al Parlamento davanti<br />
alla Corte Costituzionale, sul rilievo<br />
per cui lo Stato, nel cancellare il Piano<br />
estrazioni malgrado la scelta della Cassazione<br />
di accogliere tutti i sei quesiti referendari,<br />
si fosse auto-attribuito poteri<br />
ad esso non spettanti.<br />
Dall’abrogazione referendaria deriverebbe<br />
un vincolo per il legislatore, che<br />
non potrebbe più rimuovere il divieto di<br />
cercare ed estrarre gas e petrolio entro<br />
le 12 miglia, ma anche l’obbligo per la<br />
pubblica amministrazione (il Ministero<br />
dello Sviluppo economico) di<br />
chiudere definitivamente i procedimenti<br />
in corso, finalizzati al rilascio<br />
dei permessi e delle<br />
concessioni. Nel dettaglio, sono<br />
nove le Regioni, fra le 10 che avevano<br />
depositato i quesiti referendari,<br />
ad aver sollevato il conflitto di<br />
attribuzione: Basilicata, Marche, Puglia,<br />
Sardegna, Veneto, Calabria, Liguria,<br />
Campania e Molise, ora tutte in attesa<br />
della decisione della Corte Costituzionale,<br />
che verrà pubblicata entro il 10 febbraio.<br />
Si tratta di una decisione, a ben<br />
vedere, di importanza strategica affinché,<br />
anche tramite una maggiore chiarezza<br />
con riferimento ai confini entro i quali<br />
sono consentite determinate attività a<br />
forte impatto ambientale, quali certamente<br />
sono quelle estrattive, possa in<br />
qualche modo agevolarsi la tanto auspicata<br />
transizione energetica, che consenta<br />
un impiego delle risorse maggiormente<br />
conforme al rispetto del patrimonio naturale<br />
e dell’ambiente. n<br />
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