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ARCHEOMODERNITAS Rivista semestrale di Ineffabili fatti d'Arte nr.1

Il neologismo “ARCHEOMODERNITAS" che intitola la rivista, allude al processo che muove la ricerca artistica nell’ambito della tradizione creativa avvalendosi dell’esempio e dell’afflato del passato ma si connette funzionalmente e organicamente al patrimonio linguistico-espressivo del panorama contemporaneo all’epoca in cui tale processo si produce... www.exstudentiaccademiabellearti.org

Il neologismo “ARCHEOMODERNITAS" che intitola la rivista, allude al processo che muove la ricerca artistica nell’ambito della tradizione creativa avvalendosi dell’esempio e dell’afflato del passato ma si connette funzionalmente e organicamente al patrimonio linguistico-espressivo del panorama contemporaneo all’epoca in cui tale processo si produce... www.exstudentiaccademiabellearti.org

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ARTE CONTEMPORANEA: "L’arte <strong>di</strong> Adele Plotkin", prima docente<br />

<strong>di</strong> Psicologia della Forma all’Accademia <strong>di</strong> Belle Arti <strong>di</strong> Bari<br />

Per la prima volta on line, questo testo che è<br />

stato estrapolato dalla monografia su Adele<br />

Plotkin per "Archeomodernitas" dal suo autore<br />

Clemente Francavilla getta luce su un’importante<br />

artista contemporanea, allieva <strong>di</strong><br />

Josef Albers, "emigrato da Bottrop in Germania<br />

negli Stati Uniti nel 1933, invitato a guidare<br />

il Design Department, ruolo che mantenne<br />

dal 1950 al 1958. Il programma <strong>di</strong>dattico<br />

prevedeva l’integrazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse <strong>di</strong>scipline<br />

all’interno dei corsi <strong>di</strong> progettazione, su modello<br />

del Bauhaus, la <strong>di</strong>dattica del quale la<br />

Plotkin applicò nel suo insegnamento <strong>di</strong> Psicologia<br />

della Forma all’Accademia <strong>di</strong> Belle<br />

Arti <strong>di</strong> Bari. Clemente Francavilla, suo allievo<br />

<strong>di</strong>retto e oggi docente della stessa <strong>di</strong>sciplina<br />

all’Accademia barese, autore <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> e testi<br />

scolastici <strong>di</strong> grafica in adozione in tutta Italia,<br />

tratteggia l’opera dell’artista partendo<br />

proprio dall’organizzazione <strong>di</strong>dattica voluta<br />

da Albers, da lui sviluppata insieme a Klee,<br />

Kan<strong>di</strong>nsky e Itten, in una esperienza <strong>di</strong>dattica<br />

all’interno del Bauhaus degli anni venti<br />

e trenta in Germania, volta allo stu<strong>di</strong>o della<br />

genetica della forma.<br />

Fra le scuole <strong>di</strong> formazione artistica americane<br />

più accre<strong>di</strong>tate negli anni cinquanta, la<br />

Yale University – School of Design. "La scuola<br />

era sotto la guida del grande Josef Albers, ed<br />

era proprio in quell’epoca che usciva un libro<br />

fondamentale, Arte e percezione visiva, <strong>di</strong> Rudolf<br />

Arnheim. Arnheim era uno dei primi stu<strong>di</strong>osi,<br />

psicologo, che stu<strong>di</strong>ò e collegò fenomeni<br />

della percezione visiva con il mondo dell’arte,<br />

degli artisti. Quasi tutti gli studenti lo leggevano,<br />

lo <strong>di</strong>scutevano, cercando <strong>di</strong> apprendere e<br />

<strong>di</strong>gerire le informazioni lì contenute" (1). Con<br />

queste parole Adele Plotkin racconta il clima<br />

<strong>di</strong> euforia che accompagnava gli studenti, non<br />

solo americani, nel corso quadriennale che<br />

sarebbe culminato in un Bachelor of Fine Art.<br />

Josef Albers, emigrato da Bottrop in Germania<br />

negli Stati Uniti nel 1933, fu invitato a guidare<br />

il Design Department, ruolo che mantenne<br />

dal 1950 al 1958. Il programma <strong>di</strong>dattico<br />

Clemente Francavilla<br />

prevedeva l’integrazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse <strong>di</strong>scipline<br />

all’interno dei corsi <strong>di</strong> progettazione, su modello<br />

del Bauhaus. Fu per esplicita volontà <strong>di</strong><br />

Charles Sawyer, Preside della College of Fine<br />

Arts e <strong>di</strong>rettore del nuovo Department of Design<br />

a Yale, affidare la <strong>di</strong>rezione dei corsi, a<br />

<strong>di</strong>re il vero una scelta controversa, ad una<br />

personalità "straniera" seppur del calibro <strong>di</strong><br />

Josef Albers, anche per rilanciare la scuola<br />

attraverso una rinnovata <strong>di</strong>dattica. Didattica<br />

che Adele Plotkin fece propria applicandola,<br />

a sua volta, vent’anni dopo, quando le fu affidato<br />

il corso <strong>di</strong> Psicologia della Forma presso<br />

la neonata Accademia <strong>di</strong> Belle Arti <strong>di</strong> Bari.<br />

Il destino volle che questa scelta destasse le<br />

medesime perplessità rivolte nei confronti <strong>di</strong><br />

una personalità "straniera", quella per l’americana<br />

Adele Plotkin.<br />

Adele Plotikin era nata a Newark nel New Jersey,<br />

insieme alle sorelle Barbara e Frances.<br />

Conclusi gli stu<strong>di</strong> alla Yale University all’età <strong>di</strong><br />

ventiquattro anni, consegue una borsa <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o<br />

Fulbright per la pittura e si reca in Italia,<br />

a Venezia. Lì conosce Tancre<strong>di</strong>, Vedova e altri<br />

pittori veneziani. È un periodo fruttuoso <strong>di</strong><br />

esperienze e, non certo casualmente, troverà<br />

in Emilio Vedova un potente punto <strong>di</strong> riscontro<br />

con il maestro armeno-americano Arshile<br />

Gorky.<br />

Durante questi primi anni <strong>di</strong> soggiorno in Italia,<br />

a Venezia e successivamente a Roma per<br />

un rinnovo della borsa <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o, Adele Plotkin<br />

vive da vicino il rinnovato <strong>di</strong>battito artistico<br />

europeo. È proprio a Roma che per la prima<br />

volta in Italia, espone nel 1970 presso la<br />

galleria Schneider. Intanto Adele Plotkin è<br />

ad Ischia. Lì si definisce il legame con Carlo<br />

Fer<strong>di</strong>nando Russo, intellettuale <strong>di</strong> Lucca<br />

e figlio <strong>di</strong> Luigi Russo. Il rapporto d’intesa è<br />

straor<strong>di</strong>nario, gli interessi culturali comuni.<br />

Si trasferiscono insieme a Bari e per lei inizia<br />

anche il lungo periodo <strong>di</strong> docenza (che durerà<br />

fino al 1996) presso l’Accademia <strong>di</strong> Belle Arti,<br />

inaugurando il corso <strong>di</strong> Psicologia della Forma.<br />

L’insegnamento <strong>di</strong> questa <strong>di</strong>sciplina è <strong>di</strong><br />

fondamentale importanza per gli sviluppi del<br />

linguaggio figurativo <strong>di</strong> Adele Plotkin. È anche<br />

fondamentale per capire le sue opere, via<br />

via più complesse (ad<strong>di</strong>rittura fuorvianti agli<br />

occhi <strong>di</strong> un osservatore improvvisato) e lontane<br />

dagli esor<strong>di</strong> giovanili. Il lettore si chiederà<br />

che cosa sia la Psicologia della Forma, e<br />

soprattutto, come mai l’artista americana potesse<br />

esserne coinvolta come docente. All’inizio<br />

sono state riportate le sue parole riguardo<br />

una significativa circostanza che caratterizzava<br />

le entusiasmanti lezioni a Yale. Quella in<br />

cui le lezioni <strong>di</strong> Josef Albers, in particolare il<br />

suo corso sul colore, si affiancavano allo stu<strong>di</strong>o<br />

<strong>di</strong> un libro «che tutti gli studenti leggevano»,<br />

"Art and Visual Perception: a Psychology<br />

of the Creative Eye", <strong>di</strong> Rudolf Arnheim (emigrato<br />

anch’egli negli Stati Uniti nel 1940).<br />

L’importanza <strong>di</strong> quel libro risiedeva nel fatto<br />

che Arnheim per primo, avesse funzionalmente<br />

applicato le leggi della psicologia della<br />

percezione visiva alla lettura dell’opera d’arte.<br />

Secondo la Gestaltpsychologie (la Psicologia<br />

della Forma) in<strong>fatti</strong>, qualunque fenomeno<br />

estetico si può comprendere e dunque spiegare<br />

non solo ed esclusivamente da un punto<br />

<strong>di</strong> vista semantico, vale a <strong>di</strong>re <strong>di</strong> un contenuto,<br />

ma anche soltanto attraverso le cosiddette<br />

regole sintattiche, vale a <strong>di</strong>re la sua "forma",<br />

intesa come un insieme strutturato delle singole<br />

parti: il modo in cui gli elementi figurali<br />

interagiscono tra loro e rispetto al campo, l’equilibrio<br />

visivo, il valore spaziale del colore,<br />

la sovrapposizione fenomenica e in generale<br />

le regole <strong>di</strong> organizzazione visiva (2). Devo riba<strong>di</strong>re<br />

l’importanza <strong>di</strong> tutto ciò ai fini <strong>di</strong> una<br />

reale comprensione del percorso <strong>di</strong> ricerca <strong>di</strong><br />

Adele Plotkin. Percorso che inizia nei primi<br />

anni cinquanta, a Yale. Il lettore deve anche<br />

sapere che il background cui poggiava tutta<br />

l’organizzazione <strong>di</strong>dattica voluta da Albers,<br />

aveva una storia che non può esser trascurata.<br />

Quella che vedeva protagonisti lo stesso<br />

Albers, insieme a Klee, Kan<strong>di</strong>nsky, Itten, in<br />

una esperienza <strong>di</strong>dattica all’interno del Bauhaus<br />

degli anni venti e trenta in Germania,<br />

volta allo stu<strong>di</strong>o della genetica della forma.<br />

È all’interno <strong>di</strong> questo gruppo che nasce una<br />

nuova concezione dell’arte ma soprattutto<br />

una ideologia della creazione artistica.<br />

Ma dobbiamo ritornare a tempi più recenti,<br />

quelli che vedono quasi un riaffiorare nella<br />

vita artistica <strong>di</strong> Adele Plotkin, dell’esperienza<br />

<strong>di</strong> Yale, delle lezioni con Albers. Perché lei<br />

stessa ne incarnerà meto<strong>di</strong> ed esperienza durante<br />

il periodo trascorso con i suoi privilegiati<br />

studenti in Accademia <strong>di</strong> Belle Arti. Ritengo<br />

che questa esperienza sia stata per lei <strong>di</strong> capitale<br />

importanza, del resto, qualcosa <strong>di</strong> simile<br />

era già accaduto con lo stesso Albers e i suoi<br />

studenti americani. In<strong>fatti</strong> fu proprio come<br />

conseguenza <strong>di</strong> quelle lezioni che nacque uno<br />

speciale sodalizio studente-insegnante.<br />

Si spiega perché soltanto una allieva <strong>di</strong> Albers<br />

potesse accollarsi un tale insegnamento. Dunque,<br />

la psicologia sperimentale <strong>di</strong> Arnheim<br />

unita alla verifica pratica <strong>di</strong> Albers, presero<br />

a contrad<strong>di</strong>stinguere le lezioni tenute in Accademia<br />

<strong>di</strong> Belle Arti da Adele Plotkin. Questo<br />

consentì all’artista <strong>di</strong> Newark <strong>di</strong> rivivere<br />

lei stessa quella esperienza che, a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong><br />

anni era tornata improvvisamente vitale.<br />

A partire dagli anni ottanta si delinea un’idea<br />

<strong>di</strong> ricerca ben precisa e perentoria<br />

supportata da stu<strong>di</strong> meticolosi. È un periodo<br />

<strong>di</strong> fertile produzione. È gioviale e <strong>di</strong>sincantato.<br />

Questo periodo è però introdotto da una<br />

breve ricerca che vede protagonista il cerchio<br />

(fig.1). Forme circolari, forse un ricordo dei<br />

"Dischi" che Adele Plotkin ebbe modo <strong>di</strong> vedere<br />

nello stu<strong>di</strong>o veneziano <strong>di</strong> Emilio Vedova,<br />

negli anni sessanta.<br />

Molto più probabilmente la forma circolare<br />

rappresenta qui, in sostituzione <strong>di</strong> quella quadrata<br />

utilizzata nel periodo precedente, una<br />

semplice porzione <strong>di</strong> spazio. Non uno spazio<br />

d’esistenza come per Vedova, ma il particolare<br />

della volumetria dello spazio fenomenico.<br />

È necessario che il lettore non si faccia fuorviare<br />

dalle analogie apparenti, anche quando<br />

sarà inevitabile prendere atto della presenza<br />

<strong>di</strong> quei piccoli segni a penna, sottili come tracce<br />

<strong>di</strong> scrittura, segni <strong>di</strong> una calligrafia indecifrabile<br />

come per l’artista americano Mark<br />

Tobey. Da ora in poi, in<strong>fatti</strong>, le composizioni<br />

<strong>di</strong> Adele Plotkin escluderanno qualsiasi implicazione<br />

hard, quelle legate alla gestualità segnica<br />

che implicano un coinvolgimento personalistico,<br />

emotivo ed esistenzialista (come per<br />

Vedova o Tobey). Nelle opere <strong>di</strong> Adele Plotkin<br />

non vi sarà mai più traccia <strong>di</strong> questo. Le sue<br />

opere tenderanno sempre più verso il <strong>di</strong>sincanto<br />

della fenomenologia della visione, verso<br />

la perfezione estrema dei dettagli, a tal punto<br />

che lei medesima annoterà in una pagina<br />

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