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ARCHEOMODERNITAS Rivista semestrale di Ineffabili fatti d'Arte nr.1

Il neologismo “ARCHEOMODERNITAS" che intitola la rivista, allude al processo che muove la ricerca artistica nell’ambito della tradizione creativa avvalendosi dell’esempio e dell’afflato del passato ma si connette funzionalmente e organicamente al patrimonio linguistico-espressivo del panorama contemporaneo all’epoca in cui tale processo si produce... www.exstudentiaccademiabellearti.org

Il neologismo “ARCHEOMODERNITAS" che intitola la rivista, allude al processo che muove la ricerca artistica nell’ambito della tradizione creativa avvalendosi dell’esempio e dell’afflato del passato ma si connette funzionalmente e organicamente al patrimonio linguistico-espressivo del panorama contemporaneo all’epoca in cui tale processo si produce... www.exstudentiaccademiabellearti.org

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PITTURA DEL CINQUECENTO:<br />

Il ritratto <strong>di</strong> Giovanni dalle bande nere <strong>di</strong> Francesco Salviati<br />

Alessandro Cecchi<br />

Fece ancora la testa, ovvero ritratto del<br />

signor Giovanni dÈMe<strong>di</strong>ci, padre del duca<br />

Cosimo, che fu bellissima; la quale è oggi<br />

nella guardaroba <strong>di</strong> detto signor duca".<br />

Così il Vasari ricorda, nella ‘Vita'del suo<br />

amico Cecchino Salviati, la commissione<br />

<strong>di</strong> un’opera documentata anche dall’inventario<br />

del 1553 <strong>di</strong> Palazzo Vecchio, allora<br />

Palazzo Ducale, da cui risulta, nella<br />

prima stanza della Guardaroba segreta,<br />

"Un quadro <strong>di</strong> legname con ornamento<br />

<strong>di</strong> noce, pittovi drento il Signor Giovanni<br />

dÈMe<strong>di</strong>ci, mano <strong>di</strong> Cechino Salviati".<br />

L’artista (Firenze, 1510 – Roma 1563),<br />

fiorentino <strong>di</strong> nascita ma romano <strong>di</strong> cultura,<br />

lo aveva eseguito durante un soggiorno<br />

in patria durato cinque anni, dal 1543<br />

al 1548, in cui aveva lavorato all’affrescatura<br />

con Storie <strong>di</strong> Furio Camillo della<br />

Sala dell’U<strong>di</strong>enza in Palazzo Vecchio,<br />

come cartonista dell'Arazzeria Me<strong>di</strong>cea e<br />

a <strong>di</strong>versi <strong>di</strong>pinti, oggi <strong>di</strong>visi fra la Galleria<br />

degli Uffizi, la Galleria Palatina e alcune<br />

collezioni straniere.<br />

Il trascorrere inesorabile dei secoli sembrava<br />

aver cancellato ogni traccia del<br />

"Ritratto del signor Giovanni dÈMe<strong>di</strong>ci" e<br />

ci si era ormai rassegnati alla sua per<strong>di</strong>ta<br />

finchè la mia attenzione non fu attratta<br />

nei depositi della Galleria Palatina da un<br />

ritratto <strong>di</strong> uomo d’arme, in cattivo stato<br />

<strong>di</strong> conservazione (inv.1890 n.5195, olio<br />

su tavola, cm 65 x 45), per cui Karla Langedjik,<br />

nel 1980, aveva avanzato l’ipotesi<br />

che potesse trattarsi del <strong>di</strong>pinto salviatesco.<br />

Il <strong>di</strong>pinto, a prima vista, sembrava irrecuperabile,<br />

percorso com’era da vistosi sollevamenti<br />

e segnato da cadute <strong>di</strong> colore,<br />

anche estese che, fortunatamente, erano<br />

per lo più ai margini e non interessavano<br />

il volto del ritrattato. La sua lettura era<br />

poi resa ancor più <strong>di</strong>fficile dallo spesso<br />

strato <strong>di</strong> sporco che copriva il colore, sotto<br />

cui s’intuiva a fatica una notevole qualità<br />

pittorica.(FIG.1)<br />

Solo il restauro poteva sciogliere i dubbi<br />

e consentire un giu<strong>di</strong>zio obiettivo dell’opera.<br />

Grazie a Conad l’intervento, affidato<br />

alle sapienti mani <strong>di</strong> Nicola MacGregor,<br />

è stato possibile e già con la fermatura e<br />

il conseguente abbassamento dei sollevamenti<br />

<strong>di</strong> colore, molta della pittura originale<br />

ha potuto ritrovare il suo luogo. La<br />

pulitura ha poi consentito <strong>di</strong> recuperare<br />

una pittura luminosa, calda e squillante,<br />

tipica <strong>di</strong> Cecchino, veloce e, nello stesso<br />

tempo, accurata nella resa dei particolari.<br />

Sono emersi, nel volto, un incarnato roseo<br />

e una minuzia <strong>di</strong> dettagli come i baffi,<br />

la bocca tumida, i peli sulle guance e<br />

la sottile linea rossa che <strong>di</strong>segna il naso.<br />

(FIG.2) Il tutto si staglia oggi, dopo il restauro,<br />

su <strong>di</strong> uno sfondo <strong>di</strong> colore grigio<br />

violaceo, su cui spicca l’armatura, <strong>di</strong>pinta<br />

con pennellate più libere e sciolte e uso <strong>di</strong><br />

velature, in buona parte perdute, ma con<br />

raffinati fiocchi rossi e una testa <strong>di</strong> leone<br />

sul pettorale. (FIG.3)<br />

La "testa, ovvero ritratto del signor Giovanni<br />

dÈMe<strong>di</strong>ci" è davvero "bellissima"<br />

come l’ha definita il Vasari oltre quattro<br />

secoli fa, e si colloca a giusto titolo<br />

in una galleria ideale che annovera,<br />

con l’autoritratto dell’artista e gli altri,<br />

<strong>di</strong> ignoti, nell’affresco col Trionfo <strong>di</strong> Veio<br />

dell’U<strong>di</strong>enza <strong>di</strong> palazzo, il Giovane della<br />

Collezione Aldobran<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Frascati, il<br />

Giovane con cerbiatto già Torrigiani della<br />

collezione Liechtenstein, l’Uomo con barba<br />

e berretto nero della collezione Kress<br />

<strong>di</strong> New York, il Giovane <strong>di</strong> Saint Louis, il<br />

giovane Giovan Battista Salviati <strong>di</strong> Sarasota,<br />

il Ridolfo Pio da Carpi, l’Uomo della<br />

famiglia Santacroce e il monsignor Giovanni<br />

della Casa <strong>di</strong> Vienna e il Ritratto <strong>di</strong><br />

Pier Luigi Farnese <strong>di</strong> Napoli.<br />

Rispetto a quello <strong>di</strong>pinto da Gian Paolo<br />

Pace detto l’Olmo, pervenuto nel 1545<br />

alle collezioni me<strong>di</strong>cee dall’Aretino e<br />

oggi agli Uffizi, con il volto <strong>di</strong> profilo e lo<br />

sguardo perso in una fissità innaturale<br />

perchè desunto dalla maschera mortuaria,<br />

il Giovanni dalle Bande Nere del Salviati<br />

si qualifica come un ritratto ideale<br />

che trasfigura il modello, facendolo assurgere<br />

ad una <strong>di</strong>mensione eroica fuori<br />

dal tempo, col suo sguardo intenso e<br />

fiero, la testa eretta, <strong>di</strong> tre quarti, su <strong>di</strong><br />

un’armatura esemplata, con varianti, su<br />

quella, conservata nell’armeria ducale,<br />

e utilizzata dal Bronzino per ritrarre, intorno<br />

al 1545, un duca Cosimo bellicoso,<br />

nel quadro già nella Tribuna degli Uffizi e<br />

in altri della stessa serie.<br />

Cecchino dovette <strong>di</strong>pingere il ritratto<br />

dopo l’arrivo a Firenze <strong>di</strong> quello del Pace,<br />

<strong>di</strong> cui riprende la tipologia del condottiero<br />

con barba e baffi ra<strong>di</strong>, e presumibilmente<br />

lo fece fra il 1546 e il 1548. Si<br />

ignora come sia stata accolta l’opera dal<br />

Francesco (detto Cecchino) Salviati, Il trionfo <strong>di</strong> Furio Camillo<br />

duca e dal suo potente maggiordomo Pier<br />

Francesco Riccio. Verrebbe da pensare<br />

non bene – anche se pare impossibile, vista<br />

la qualità del <strong>di</strong>pinto - se l’artista fu<br />

costretto dal <strong>di</strong>sinteresse per lui e dalla<br />

mancanza <strong>di</strong> commissioni, a partire per<br />

Roma "con poca gratia e mal sa<strong>di</strong>sfatto".<br />

L’11 luglio del 1548, come Don Miniato<br />

Pitti scriveva al Vasari, Cecchino era "per<br />

ire à Roma a settembre tutto camuffo"<br />

dopo averci lasciato un capolavoro oggi<br />

rinato a nuova vita e degno degli onori<br />

della Galleria Palatina.<br />

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