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FABRIZIO COSTANZO WORK IN PROGRESS 1

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F A B R I Z I O C O S T A N Z O<br />

Work in progress / 1<br />

A - Introduzione. B - Scritti, eventi culturali, direzioni artistiche. C - Testi.<br />

Artestudio MONTECUCCIO


Artestudio MONTECUCCIO<br />

<strong>FABRIZIO</strong> <strong>COSTANZO</strong> / Work in progress<br />

SEZIONE 1<br />

A - Introduzione<br />

B - Scritti, eventi culturali e direzioni artistiche<br />

C - Testi, stralci critici e articoli giornalistici<br />

SEZIONE 2<br />

D - Opere e studi<br />

E - Per mare e per terra. Quasi x gioco (poesie, appunti, bozzetti, carte su legni)<br />

F - Apparati (biografia - esposizioni - bibliografia - scritti - recensioni e testi correlati<br />

stralci critici - notizie e articoli)<br />

Coordinamento editoriale: Artestudio MONTECUCCIO<br />

Ideazione e progetto grafico: Fabrizio Costanzo<br />

Consultazione testi: Archivio Graffiti Art / Archivio Homestudio Montecuccio<br />

Fotografie in entrata: Simona Costanzo<br />

Altre foto presenti: Studio Cappellani, Fabrizio Costanzo, Giuseppe Fell, Toni Gentile


simonacostanzo.com


Artestudio MONTECUCCIO<br />

<strong>FABRIZIO</strong> <strong>COSTANZO</strong> / Work in progress


Introduzione


Sulla soglia dello studio, una scritta, intagliata su una tavoletta di legno,<br />

illuminata da un piccolo lampione di rame.<br />

La camera di un segreto<br />

Se si obliasse tutto il resto, penserei d’essere finita dentro un vicolo della<br />

Palermo d’inizio secolo. Un piccolo paradosso spazio-temporale che m’introduce<br />

in un’impeccabile scenografia, pensata per accogliere e narrare,<br />

dove ogni singolo elemento, mai fuori fuoco, è parte del meccanismo di un<br />

orologio, ironico ed ambizioso, che scandisce un tempo rassicurante. Il ticchettio<br />

si percepisce appena, mentre lo sguardo assapora il puzzle immaginifico<br />

che lega insieme coppe e tavolette di versi, diplomi di benemerenza e<br />

tele vergini, cornici e pennelli, quadri e scatti un po’ sbiaditi, austeri nel loro<br />

bianco e nero, in cui eventi e volti e discussioni, fissati una volta per sempre,<br />

restano a futura memoria. Sublime nel suo silenzio, campeggia l’oro<br />

della Porta di Gerusalemme, di ritorno da un viaggio che l’ha riportata indietro,<br />

proprio là, da dove era partita. Un’altra storia…Alcuni spazi sono rimasti<br />

dolorosamente vuoti per molto tempo, dopo il furto di tredici opere, il sei<br />

gennaio del Duemila. Il tempo di elaborare un lutto non ancora guarito. Delle<br />

opere d’arte si appropria sempre il tempo. Non appartengono più al loro<br />

autore, che si consola tuttavia della loro distanza consapevole. Non così<br />

nello sguardo e del pensiero tolto. Il pittore si chiede dove vivano i suoi quadri<br />

rubati, e spera che la mano che li ha pretesi per sé, ne abbia una cura<br />

amorevole. In qualche modo attende il loro ritorno, per potersene separare<br />

nuovamente, ma stavolta senza rimpianto. E mentre l’artista, mette da parte<br />

la nostalgia, raddrizzando con soddisfazione - novello Peter Pan - il suo<br />

treno di legno, o mostra divertito lo spioncino ricavato sulla porta, con una<br />

veduta su La fonte del cielo, viene in mente di trovarsi dentro un gioco<br />

molto serio, di ricercatezza e passione per la bellezza, coinvolgente ed<br />

autentico.<br />

Dappertutto grossi lucchetti con chiavi rugginose. Un grammofono è fermo<br />

sul tempo sbiadito di un autore sconosciuto, e penne antiche e matite allegoriche<br />

ne scrivono lo spartito. Piccoli feticci, che irradiano energia, che<br />

accentrano significati. Ma ciò che più emoziona, perfetta nella sua semplicità,<br />

è la superba coloriera, il piccolo altare di legno di risulta, scuro e solido,<br />

che il pittore ha costruito con le sue mani, quale atto d’amore per i colori e<br />

la loro disciplina. Ad ognuno è riservato un trattamento d’eccellenza. Il Verde<br />

vescica, la Terra verde antica e di Pozzuoli, le ocre, preponderanti tra<br />

l’azzurro cobalto e i blu oltremare, si mescolano solo tra loro, altezzosi e fieri<br />

per avere dato la loro anima ai cieli, alle terre e ai mari notturni, dove grossi<br />

pesci dagli occhi cerulei, placidi e compassati, si guardano intorno con distacco.<br />

Dietro paraventi reali e immaginari, dietro i grossi volumi di storia<br />

dell’arte, si svela e si cela l’ultimo quadro ancora incompleto, l’ultimo messaggio<br />

da infilare nella bottiglia, prima di intraprendere un altro viaggio. Ogni<br />

oggetto-evento è una cartolina, un souvenir nella camera di un viaggiatore<br />

instancabile, reale e metaforico, che s’interroga intorno al vivere e al dipingere.


Hai quasi la certezza che abbia visto davvero gli alberi impossibili e le case<br />

auree dei suoi quadri, in una terra magica, lontana o prossima, in cui si ergono<br />

e si arrampicano sfidando ogni legge. E tutto lascia presagire che abbia<br />

ancora molte storie da narrare. Lo farà a suo modo, con mano immaginifica,<br />

che non fatica a catturare la luce. Si conclude con un colpo d’occhio<br />

rapido, il viaggio nella camera di un segreto, che il pittore non svela neppure<br />

a se stesso. Nel loro acquario notturno, i pesci continuano placidi il loro moto<br />

impossibile, e proprio sulla soglia, prima di lasciare il vicolo, ho la sensazione<br />

che mi abbiano strizzato l’occhio. Allora si tratta davvero di un gioco<br />

tremendamente serio? È inutile porre questa domanda. Il pittore, sornione,<br />

non risponderà…<br />

Elina Chianetta


Facoltà di Architettura di<br />

Palermo<br />

La formazione<br />

Anni universitari. Gli incontri, da studente, con Cesare Ajroldi, Pasquale<br />

Culotta, Margherita De Simone, Maria Giuffrè, Giuseppe La Monica, Nicola<br />

Giuliano Leone, Giuliana Tripodo, Leonardo Urbani in Facoltà di Architettura,<br />

e quelli con Giuseppe Bellafiore, Antonino Buttitta e Renato Tomasino in<br />

Facoltà di Lettere (dove Fabrizio Costanzo completa i suoi studi universitari)<br />

determineranno la sua formazione artistica.<br />

Nel frattempo Costanzo lavora nello studio di via Quintino Sella dove architetti,<br />

pittori e docenti d’arte, progettano, dipingono e sviluppano idee, alternando<br />

progetti reali a utopie creative.<br />

La brillante laurea in Architettura nel 1987, e l’abilitazione alla professione<br />

nel 1988, spostano definitivamente il baricentro della sua ricerca culturale<br />

sull’arte visiva, determinandone un definitivo approdo alla pittura e alla progettazione<br />

artistica.<br />

Trasferitosi nello studio di via Monte Cuccio comincia ad elaborare le prime<br />

opere che lo indirizzeranno verso uno studio specifico dei sistemi di rappresentazione,<br />

dei colori e dei materiali: nasce il primo borgo verticalizzato<br />

(Borgo Tristano, 1988).


Con Nicola Giuliano Leone, Cesare Ajroldi e Giuliana Tripodo<br />

FACOLTA’ DI ARCHITETTURA - Palermo, luglio 1987


La prima personale<br />

Con Enzo Patti<br />

La prima Personale di Fabrizio Costanzo si svolge nel 1989 al Cenacolo,<br />

una delle gallerie più antiche di Palermo.<br />

La mostra dell’esordio artistico, difficile e carica di emozione, è allestita in<br />

maniera poco usuale. Costanzo, non sarà presentato da un critico ufficiale<br />

ma da Enzo Patti, che affiancherà inaspettatamente il giovane pittore con la<br />

sua singolare scrittura misterica e inintelligibile, generando curiosità, critiche<br />

e consensi nell’ambiente culturale palermitano.<br />

In quel periodo Fabrizio Costanzo è molto attratto dalla pittura di Enzo Patti,<br />

da quel suo modo così specifico di entrare in simbiosi con il legno, di dipingerlo<br />

seguendo le linee naturali d’invecchiamento, di fiutarlo visivamente e,<br />

d’altronde, lo stesso Patti apprezza la verticalizzazione pittorica delle opere<br />

di Costanzo, sistema di rappresentazione adottato e costruito meticolosamente<br />

da quest’ultimo fin dagli esordi e che sarà subito recensito con interesse<br />

da Albano Rossi, critico d’arte della R.A.I.<br />

Dodici anni più tardi, un altro critico d’arte, Nicolò D’Alessandro, porrà l’accento<br />

sul legame professionale tra i due artisti delineando Fabrizio Costanzo<br />

Poeta dell’immagine (Storia della Sicilia – Editrice Editalia – Gruppo Istituto<br />

Poligrafico e Zecca dello Stato).


Enzo Patti a BORGO NOVIZIO - Palermo, 1989


L’impegno didattico<br />

In un’intervista del 1992 sul mensile Mondello, al giornalista che gli chiede<br />

se la sua formazione artistica, “costituita da apporti culturali così diversificati”,<br />

lo danneggi, risponde: “Al contrario, mi arricchisce professionalmente e<br />

nella vita; oggi, nel nostro ambito, siamo abituati a pensare e ad agire settorialmente<br />

dimenticandoci che l’arte è una e che diversi sono soltanto gli approcci:<br />

pittura, scultura e architettura (solo per citare le classiche) fanno parte<br />

di un’unica formazione e di un unico bagaglio culturale…”. Ancora, Gioacchino<br />

Lavanco, docente di Psicologia di Comunità all’Università degli Studi di<br />

Palermo, nel catalogo dell’autore De Ciclo Vitae (1996) scrive: “Nelle sue<br />

minute geometrie si legge, sia la figura dell’architetto - lo studioso attento di<br />

tecniche di rappresentazione che, a proprio piacimento, sa usare e manipolare<br />

gli strumenti - sia quella dell’artista che, attraverso la visione storica dei<br />

borghi medioevali, ci presenta il suo mondo giocherellone e beffardo...Poi,<br />

c’è la figura di Fabrizio Costanzo insegnante, che spiega Storia dell’arte, che<br />

guida al disegno, che educa al gusto estetico ed alla sua ricchezza. E’ in<br />

quel contatto quotidiano con i giovani, nella scelta di una semplicità che non<br />

lascia spazio alle semplificazioni, in quel rigore adulto, che gli è permesso di<br />

credere nel fantastico, nel sogno, nell’impossibile… Una ricerca della precisione<br />

come atto dovuto, che attua la sua dimensione di insegnante: la semplice<br />

linea o il tocco di colore diventano, in aula, elementi fondamentali da<br />

essere studiati e analizzati. Il segno così indica ciò che esso è, ma anche ciò<br />

che vi sta oltre, con la capacità insita di descrivere, di stimolare ed evocare”.<br />

L’iter didattico, percorso da Fabrizio Costanzo in tanti anni di insegnamento,<br />

può riassumersi in tre periodi che ricalcano altrettanti modi di porsi nei confronti<br />

della didattica espressiva.<br />

Nei primi anni Novanta, l’aspetto teorico e tecnico profuso supera, con largo<br />

margine, quello artistico e laboratoriale. Sono gli anni dell’insegnamento ai<br />

Licei Classico e Scientifico che danno una visione più distaccata (o meglio<br />

disincantata) della disciplina Storia dell’arte e Disegno. In quel periodo il<br />

pensiero prevale sul fare producendo un coinvolgimento emozionale di tipo<br />

concettuale.<br />

Gli anni successivi, a cavallo del Duemila, sono vissuti alla Scuola Media<br />

Statale Leonardo Sciascia attraverso una didattica sul campo, in cui l’aspetto<br />

laboratoriale prevale su quello concettuale. Fabrizio Costanzo lavora intensamente<br />

in un ambiente sociale difficile - quello dello Zen - puntando<br />

sull’aspetto motivazionale. L’arte, è una valvola di sfogo, salva e riscatta la<br />

vita, combatte il degrado e l’emarginazione, unisce perché parte dal basso,<br />

muove piccole e grandi cose, genera uguaglianza e rispetto per il prossimo.<br />

Via dell’Arte ne è un esempio: ideata da Costanzo e realizzata insieme agli<br />

alunni più difficili della scuola, crea interesse e motivazione, semina il bello<br />

dove c’è il brutto. L’esperienza con Antonio Presti ribadisce e intensifica lo<br />

stesso concetto. Le 20 bandiere realizzate da Fabrizio Costanzo, Giovanni<br />

Iannello e i loro alunni nei progetti Io sono il fiume dell’umanità e La grande<br />

Madre, testimoniano l’ulteriore impegno didattico profuso in quel particolare<br />

ambiente attraverso le dinamiche espressivo-manipolative. Il laboratorio, in<br />

tal senso, diventa il luogo dell’integrazione morale e sociale dove gli alunni<br />

esprimono un valore aggiunto operando in sinergia, disegnando e dipingendo<br />

(con coinvolgimento ed emotività) i temi proposti dell’acqua e della terra.<br />

Vengono così stesi grandi lenzuoli alle pareti che modificano l’aspetto statico<br />

del luogo didattico ora interpretato in funzione ludico-motoria.


Il terzo periodo fondamentale - quello odierno - pone in evidenza l’esperienza<br />

maturata negli altri due periodi antecedenti e si contestualizza nella<br />

Scuola Media Statale Antonino Pecoraro. Adesso il bilanciamento degli<br />

aspetti teorico-concettuali e di quelli laboratoriali si sintetizza in un'unica<br />

nuova logica. L’insegnamento è cambiato, o meglio, è in continua evoluzione.<br />

La tecnologia informatica si è insinuata tra la dinamica del fare, del pensare<br />

e del recepire. I ritmi di apprendimento sono accelerati e slittano verso<br />

dimensioni affascinanti e globalizzanti per un verso, asettiche e prive di profondità,<br />

per un altro. L’immagine alla Lim offre grandi prospettive esplorative,<br />

traguardi immediati e manipolazioni sensoriali non indifferenti. E’ in questo<br />

contesto che nasce la mostra Pecorart di Fabrizio Costanzo che, sviluppata<br />

in accordo con le linee generali della Road Map (elaborata in Corea nel<br />

2006), intende porre al centro dell’insegnamento l’alunno e la sua sfera<br />

creativa. Nella didattica in classe l’opera d’arte viene così considerata veicolo<br />

comunicativo da esplorare, destrutturare e ristrutturare attraverso la continua<br />

sollecitazione degli input sensoriali del docente. Gli alunni, dal canto<br />

loro, contestualizzano le opere d’arte all’interno delle realtà territoriali e si<br />

riconoscono negli elaborati che producono ogni giorno e che espongono<br />

accuratamente nella scuola-atelier. Gli anni dal 2012 ad oggi sono dedicati<br />

all’impegno per i Beni Culturali e Ambientali e, nello specifico, per il Patrimonio<br />

Unesco che, soprattutto in Sicilia, annoterà un’ulteriore spinta con il riconoscimento<br />

unescano nel 2015 dell’itinerario Arabo-normanno a Palermo e<br />

delle cattedrali di Monreale e Cefalù. Fabrizio Costanzo, nello stesso anno<br />

elaborerà il progetto UNESCOLIVE che sarà particolarmente apprezzato a<br />

Roma ottenendo un riconoscimento ufficiale. Nello stesso anno l’istituto Pecoraro<br />

sarà dichiarato Scuola in rete Unesco e, da ora in poi porterà avanti<br />

un programma specifico centrato sull’impegno culturale e ambientale del<br />

nostro territorio attenzionando gli aspetti variegati della nostra Isola.


Sopra - F. Costanzo ed un suo alunno dipingono l’albero della vita di Keith Haring. - S.M.S. L.SCIASCIA, maggio 2007<br />

Sotto - Via dell’arte - Scuola Media Statale LEONARDO SCIASCIA


Con Antonio Presti e Giovanni Iannello<br />

Fiumara d’Arte - ART HOTEL CASTEL DI TUSA (Me), maggio 2006 e VILLA MARGI (Me), maggio 2007


Io sono il fiume Oreto dell’umanità (in collaborazione con Giovanni Iannello)<br />

Le bandiere della Fiumara d’Arte - Scuola Media Statale LEONARDO SCIASCIA - Palermo, maggio 2007


La Grande Madre (in collaborazione con Giovanni Iannello)<br />

Le bandiere della Fiumara d’Arte - OSPEDALE CIVICO - S.M.S. LEONARDO SCIASCIA - Palermo, maggio 2008


Cittattiva (in collaborazione con Licia Messana)<br />

Scuola Media Statale ANTON<strong>IN</strong>O PECORARO - Palermo, 2012 /2013


Arte in bottiglia (in collaborazione con Paolo Mottareale)<br />

Scuola Media Statale ANTON<strong>IN</strong>O PECORARO - Palermo, 2012/2013


PecorArt (in collaborazione con Maria Pia Cardella e Maria Gervasi)<br />

Scuola Media Statale ANTON<strong>IN</strong>O PECORARO - Palermo, maggio 2010 e 2013


PecorArt (in collaborazione con Maria Pia Cardella e Maria Gervasi)<br />

S.M.S. ANTON<strong>IN</strong>O PECORARO - Palermo, maggio 2014


M U S E O A R T E C O N T E M P O R A N E A S I C I L I A<br />

Laboratorio “dripping” di Pollock (classe 3C - in collaborazione con Rita Di Fiore)<br />

Catania/Scuola Media Statale ANTON<strong>IN</strong>O PECORARO - Palermo, 14 aprile 2015


M U S E O A R T E C O N T E M P O R A N E A S I C I L I A<br />

Laboratorio “riciclo Arte povera” di Alberto Burri (classe 3D - in collaborazione con Germana Pagano)<br />

Catania/Scuola Media Statale ANTON<strong>IN</strong>O PECORARO - Palermo, 14 aprile 2015


Il periodo lombardo<br />

Il rapporto con Massimo Moavero, stilista di Krizia prima e di Missoni poi, è<br />

un rapporto d’amicizia che perdura e si consolida nel tempo. Negli anni, troverà<br />

la giusta definizione anche sul piano professionale e della stima reciproca.<br />

Nei loro frequenti incontri, amichevoli e di lavoro, vi è sempre un continuo<br />

scambio d’esperienze che, pur diverse, s’integrano a vicenda, dando<br />

spunto a idee sempre nuove. In uno di questi incontri, l’intesa porterà, tra<br />

l’altro, all’elaborazione dell’opera di Costanzo Trittico di Altamira – olio su<br />

tavola del 1993 – appositamente ideata e realizzata per l’amico stilista.<br />

L’altro incontro interessante di questo periodo è quello con Fabrizio Malerba,<br />

industriale famoso e cultore d’arte. Malerba conoscerà Fabrizio Costanzo<br />

grazie a Massimo Moavero: anche in questo caso l’intesa con il collezionista<br />

sarà veloce e intensa: inizierà così una fitta corrispondenza di lettere e bozzetti<br />

che definirà, nei mesi, la fase preparatoria dei disegni di un nuovo trittico,<br />

studiato e realizzato per Fabrizio Malerba - Miracolo sotto le stelle – olio<br />

su tela del 1995.<br />

L’esperienza lombarda è un momento significativo nella crescita culturale di<br />

Costanzo e continuerà negli anni a venire. Inizia con i progetti de Il luogo<br />

ritrovato e Sagrati di Milano (entrambi concepiti per il capoluogo lombardo<br />

negli anni 1989 e 1990), prosegue, attraverso lo scritto di Matilde Trapassi<br />

(dell’Accademia di Brera - Milano), passa ancora per i già citati Massimo<br />

Moavero e Fabrizio Malerba e, nel 2002, approda con l’organizzazione della<br />

mostra-convegno Così lontano, così vicino: artisti lombardi e siciliani al Palazzo<br />

Ruggeriano di Altofonte.<br />

Un filo rosso conduce dunque Fabrizio Costanzo verso la Lombardia portando<br />

linfa nuova all’opera pittorica dell’autore, soprattutto per quanto riguarda il<br />

tema della verticalizzazione nella rivisitazione del borgo medioevale, sistema<br />

di rappresentazione da lui preferito nella costruzione dell’immagine bitridimensionale.<br />

La ricerca culturale specifica, applicata all’iter espressivo,<br />

nel tempo, si dimostrerà proficua e interessante. In quegli anni, infatti, la<br />

critica nazionale definirà la pittura di Fabrizio Costanzo in vari modi:… ”una<br />

scatola simbolica” (Matilde Trapassi)… ”una ricreazione artistica” (Carlo Castronovo)…<br />

”un miracolo figurativo” (Albano Rossi).


Trittico di Altamira e Miracolo sotto le stelle, i due trittici prodotti rispettivamente per Massimo Moavero (stilista di<br />

Krizia e Missoni Sport) e Fabrizio Malerba (Malerba Calze) oggi esposti a Milano e a Varese in due collezioni private.<br />

A sinistra: Trittico di Altamira, 1993 - olio su tavola 210x90<br />

A destra: Artestudio Montecuccio, servizio fotografico di Toni Gentile per Miracolo sotto le stelle - olio su tela 120 x 150


Il primo convegno Internazionale<br />

La collaborazione con<br />

l’Università degli Studi di Palermo<br />

Negli anni 1997-98, Costanzo collabora più volte con l’Università degli Studi<br />

di Palermo.<br />

Il primo convegno internazionale Fratelli di Caino? del 1997 rinvigorisce<br />

l’intesa già stabilita un anno prima tra Fabrizio Costanzo e Gioacchino Lavanco.<br />

La collaborazione tra i due in questo periodo è molto stretta e i vari incontri<br />

porteranno alla stesura di Per mare e per terra: Quasi x gioco, un quaderno<br />

d’immagini e parole di vena ironica.<br />

Per l’occasione la Facoltà di Psicologia commissionerà all’artista l’opera<br />

Terra Antica del Buon Governo, in linea con il tema del convegno - un<br />

omaggio al tema storico medioevale ma anche all’uomo politico inteso nella<br />

sua azione etica, capace di organizzare lo spazio e la funzione pubblica<br />

amministrativa attraverso un comportamento corretto e razionale.<br />

Una visione augurale e positiva della città, quella proposta da Fabrizio Costanzo,<br />

fortemente verticalizzata, che crea una società comunque di affetti<br />

“con le casette quasi sempre uguali e semplici che si aggregano e si confortano<br />

a vicenda” (Dora Avella, 1990).<br />

Il convegno, a carattere internazionale, includerà, tra l’altro, presenze prestigiose<br />

nel mondo della cultura, dalla Francia agli Stati Uniti, testimoniando il<br />

grande interesse prestato in questo periodo verso le problematiche sociali<br />

ed esistenziali.


Con Gioacchino Lavanco<br />

Convegno Internazionale Fratelli di Caino? FACOLTA’ DI PSICOLOGIA / Hotel Splendid La Torre (Palermo, aprile 1997)


I convegni successivi<br />

Il secondo convegno del 1997, Giovani e disagio, si svolge a Ribera ed è<br />

organizzato ancora da Gioacchino Lavanco nell’ambito della Cattedra di<br />

Psicologia di Comunità dell’Università di Palermo, ricalcando alcuni dei temi<br />

già affrontati nel precedente convegno (crisi della società odierna con possibili<br />

soluzioni da adottare in chiave di programma di prevenzione e d’informazione).<br />

In occasione di questa manifestazione l’autore riprenderà il disegno<br />

a china La sorpresa (1997) per illustrarne il manifesto; L’opera, poi rielaborata<br />

in olio su tela, sarà rubata nel 2000 (insieme ad altre dodici opere di<br />

Costanzo) alla personale Notturni della galleria-ristorante Liolà di Terrasini.<br />

La terza manifestazione nazionale è il simposio di medicina La chirurgia<br />

addominale oggi (1998), organizzato da Maurizio Romano all’Addaura Hotel<br />

con il patrocinio dell’Università degli Studi di Palermo e di altri importanti<br />

partners; qui l’autore condurrà la sua personale-performance Momento di<br />

lavoro con pausa, strutturando un “frizzante” atelier-laboratorio in sincronia<br />

con il simposio ed il pubblico presente.<br />

Nel 2003 l’appuntamento culturale è con Arte & Mestieri nella Conca D’Oro.<br />

Il convegno che ne segue, inserito all’interno di una complessa manifestazione,<br />

ha luogo ad Altofonte (Palazzo Ruggeriano), ed è strutturato con eminenti<br />

rappresentanti della cultura siciliana di cui farà parte anche Fabrizio<br />

Costanzo in qualità di Delegato Regionale dell’A.I.A.M. di Roma e di direttore<br />

artistico della Graffiti dell’Addaura Hotel di Palermo.<br />

Segue il convegno dell’Hotel Splendid La Torre (2007) organizzato dall’Ordine<br />

degli Psicologi della Regione Siciliana e dall’Ordine dei Medici-Chirurghi<br />

e Odontoiatri della Provincia di Palermo – La promozione del cambiamento:<br />

il contributo dell’approccio centrato sulla persona – che impegnerà Costanzo<br />

(insieme ad altri artisti), in una intensa attività espositiva.<br />

Nel 2008, al Sanpaolo Palace Hotel di Palermo – e nell’ambito del 7° Congresso<br />

Nazionale degli Architetti (2008) - Fabrizio Costanzo e Francesco<br />

Pintaudi sperimenteranno la personale Tracce dipingendo “a quattro mani”<br />

le loro opere (carte, tele e tavole) durante le fasi multiple del congresso. Le<br />

Contaminazioni di segni storici e contemporanei dei due artisti continuerà in<br />

altre manifestazioni e nell’ambito della committenza privata creando un movimento<br />

d’opinione con produzione di parecchi scritti sull’argomento.<br />

Nel 2013 Fabrizio Costanzo è invitato da Maria Lo Presti a San Giovanni<br />

Decollato dove l’Associazione Biblia, la Facoltà Teologica di Sicilia, l’Università<br />

degli Studi e l’Osservatorio astronomico di Palermo organizzeranno ìl<br />

simposio Alla ricerca delle origini. L’evento darà l’opportunità all’autore di<br />

pubblicizzare l’opera Stella del Sud che farà da supporto visivo e concettuale<br />

al confronto multidisciplinare della tematica discussa.<br />

Nel 2015, la manifestazione Nei luoghi della Storia, presenterà vari appuntamenti<br />

culturali di prim’ordine insieme alla mostra di pittura di Fabrizio Costanzo,<br />

Manlio Giannici e Gery Scalzo (Le atmosfere incantate del suono e<br />

del colore). Saranno organizzate, la conferenza La Via del Molo e la Dimora<br />

Storica di Palazzo Montalbo - Il gusto per il bello; la tavola rotonda Report<br />

sulla ceramica tra memoria e progetto; il seminario Il sistema di accreditamento<br />

dei luoghi della cultura della Regione Siciliana: nuovi approcci per<br />

standard di qualità; il convegno internazionale Conservare è tramandare:<br />

tecniche di pavimentazione antiche e strutture in terra cruda: una sfida ben<br />

consolidata.


La sorpresa - Disegno illustrativo del convegno Giovani e disagio - Ribera, 1997<br />

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PALERMO - CATTEDRA DI PSICOLOGIA DI COMUNITA’


L’Accademia Internazionale<br />

d’Arte Moderna di Roma<br />

La nascita della Delegazione<br />

di Palermo<br />

“Il 25 Settembre del 2000, l’Accademia Internazionale d’Arte Moderna, con<br />

sede in Roma, delibera la costituzione della prima Delegazione A.I.A.M. di<br />

Palermo (dal 2002 estesa a Delegazione Regionale). Il Delegato accademico<br />

ufficiale, prof. arch. Fabrizio Costanzo è nominato per presa d’atto del<br />

Presidente avv. Francesco de Benedetta con Delega Reg/ta al n°741 di<br />

protocollo”.<br />

L’impegno di Fabrizio Costanzo, in campo istituzionale è intenso; la prestigiosa<br />

accademia, con delegazioni in varie parti del mondo, approda anche a<br />

Palermo e comincia ad essere conosciuta nell’Isola anche attraverso i continui<br />

patrocini accordati alla Delegazione siciliana in occasione delle manifestazioni<br />

artistiche organizzate.<br />

L’A.I.A.M. (come Ente) sorge a Roma nel 1955, e si costituisce in Accademia<br />

nel 1975 con atto notarile reg./to agli Atti Pubblici della Capitale e depositato<br />

al Ministero dei Beni Culturali. Nel 2005 è riconosciuta quale NGO<br />

(Non Governmental Organization) delle Nazioni Unite ed iscritta al n. 8886 /<br />

DESA. Svolge attività di diffusione della cultura attraverso i numerosi organi<br />

istituzionali di cui è composta. Nel Consiglio direttivo: Rapporti con gli Esteri,<br />

l’Ufficio Stampa e il Parlamento; commissioni varie: Referenti per il Notiziario<br />

(cartaceo e on line), la tenuta dell’Albo, la Borsa Valori delle opere d’arte,<br />

gli Studi, i problemi finanziari e la programmazione artistica, Delegati italiani<br />

e stranieri, Senato accademico, Classi di merito e corrispondenti…) e si<br />

pregia dei nomi più prestigiosi dell’arte moderna e contemporanea a livello<br />

internazionale. Al suo interno risiedono: l’Archivio storico degli artisti, la Pinacoteca<br />

e la Biblioteca.


Con Francesco De Benedetta<br />

Complesso Monumentale di SANTA MARIA DELLO SPASIMO - Palermo, agosto 2000


Dalla Storia della Sicilia<br />

al Made in Sicily<br />

Con Nicolò D’Alessandro<br />

La Storia della Sicilia (2001) - Editrice Editalia - Gruppo Istituto Poligrafico e<br />

Zecca dello Stato, è il più autorevole Gruppo editoriale esistente in Italia.<br />

L’opera si presenta come la più attenta e accurata ricostruzione di tremila<br />

anni di cultura isolana; considerando infatti l’ambizione del progetto editoriale<br />

e la vastità delle epoche trattate, si è reso indispensabile il coinvolgimento<br />

di alcuni fra i massimi esperti nei diversi campi del sapere coordinati<br />

dall’illustre storico Rosario Romeo. La pubblicazione analizza non solo la<br />

storia dell’isola ma si addentra nei molteplici aspetti della cultura, della filosofia,<br />

della letteratura, dell’architettura e dell’arte in generale. Presentata in<br />

una elegante veste editoriale (11 volumi e oltre 1000 illustrazioni) ha una<br />

chiara trattazione degli argomenti ed è stata condotta alla luce delle indagini<br />

più rigorose.<br />

Nel volume X di aggiornamento (Arti figurative e architettura in Sicilia II), al<br />

capitolo XI – Artisti siciliani del Secondo Novecento – Nicolò D’Alessandro<br />

storicizza, con cognizione e lucidità, quegli artisti che si sono distinti nel<br />

campo delle arti visive per l’impegno e la qualità del lavoro svolto.<br />

Fabrizio Costanzo è citato all’interno della prestigiosa opera editoriale con<br />

poche ma significative parole, collocato nel Secondo Novecento artistico<br />

insieme alla figura di Enzo Patti con cui ha esordito come pittore:…”Vicino<br />

ai temi di Enzo Patti è Fabrizio Costanzo (Palermo, 1961), poeta dell’immagine”.<br />

In una lettera di ringraziamento a Nicolò D’Alessandro, Fabrizio Costanzo<br />

dirà: “Poche parole e ben dette possono superare i fiumi di complimenti<br />

a cui spesso siamo abituati in altri contesti, così come un silenzio può<br />

superare l’urlo di chi, con forza, deve apparire a tutti i costi eclatante; con<br />

onere e con onore ci hai dato una responsabilità in più rispetto alla storia:<br />

esserci!.”<br />

Il riferimento è agli artisti del Gruppo Graffiti. La soddisfazione per Fabrizio<br />

Costanzo, in questo caso è doppia, poiché la Storia della Sicilia lo premierà<br />

insieme a gran parte degli autori presenti alla mostra dell’Addaura Hotel,<br />

testimoniando la coerenza delle scelte operate nel 1999 con Francesco<br />

Carbone.<br />

Il cammino con Nicolò D’Alessandro proseguirà anche negli anni successivi<br />

con un continuo scambio di opinioni sull’arte ed una lettura critica e amichevole<br />

sul suo stato di salute a Palermo, consolidandosi nell’approdo al doppio<br />

impegno espositivo della Galleria d’Arte Moderna Le ciminiere di Catania<br />

e dell’Albergo delle Povere di Palermo. Le due manifestazioni, dal titolo<br />

emblematico e ironico Made in Sicily, coinvolgeranno 176 artisti per volta,<br />

testimoniando la presenza di una ricerca culturale isolana chiara e continua<br />

che, partendo dalla Sicilia, racconterà l’evoluzione delle persistenze figurative<br />

sul territorio. Il dialogo, vivo e approfondito s’inserirà con fervore nel panorama<br />

artistico internazionale confrontandosi, necessariamente, con il<br />

grande equivoco dell’arte contemporanea.


Nicolò D’Alessandro discute con gli alunni di Fabrizio Costanzo alla mostra Made in Sicily<br />

ALBERGO DELLE POVERE - Palermo, nov/dic 2011


Dimore storiche & co<br />

“Ogni attimo nascono luoghi nei luoghi, una creazione spontanea ed inarrestabile…Cercatori<br />

instancabili, fabbricanti di luoghi, ci muoviamo dentro di<br />

essi quasi avessimo una riserva di vita infinita, perché ad ogni passo epoche<br />

e stagioni, passate e future, si muovono con noi (Elina Chianetta, Luoghi,<br />

2007)".<br />

Fabrizio Costanzo espone le sue opere nelle stanze dei palazzi antichi ripercorrendo<br />

la memoria di quei luoghi, dando linfa e nuovo significato alla<br />

sua attività espositiva.<br />

Nel confronto spazio-temporale egli avvia un processo di contaminazione<br />

visiva e psicologica attraverso segni ispirati alla dimensione umana, al silenzio,<br />

alla riflessione, all’ironia.<br />

Un filo rosso segna la presenza dell’artista dentro le sedi storiche siciliane.<br />

Le mostre nelle architetture storiche, civili e religiose - la Chiesa di S.Ignazio<br />

all’Olivella a Palermo (1994), Palazzo Cataldi a Terrasini (1996 e 1997),<br />

Palazzo dei Benedettini/Biblioteca a Cinisi (1995-96), Cappella sconsacrata<br />

a Cinisi (1997), Castello di Carini (2001 e 2008), Albergo delle Povere a<br />

Palermo (2002 e 2012), Palazzo Ruggeriano ad Altofonte (2003), Villa Filangeri<br />

(Giardino d’inverno) a Santa Flavia (2005), Palazzo Pantelleria-<br />

Varvaro a Palermo (2005 e 2006), Palazzo Branciforte a Palermo (2006),<br />

Collegio di Maria a Monreale (2007), Villa Niscemi a Palermo (2007), Santa<br />

Maria dello Spasimo a Palermo (2007), Villa Boscogrande a Palermo<br />

(2008), Chiesa di Sant’Euralia dei Catalani a Palermo (2009), Loggiato di<br />

San Bartolomeo a Palermo (2010 e 2012), Palazzo Florio a Favignana<br />

(2011), Ciminiere a Catania (2011), Real Fonderia Oretea a Palermo<br />

(2013), Palazzo Montalbo a Palermo (2015) - solo per citare le strutture<br />

storiche siciliane – testimoniano il sentimento profondo che lega Costanzo a<br />

questo tipo di esperienza espositiva in cui il presente si coniuga al passato<br />

interagendo nel tempo.<br />

Un filone continuo, coerente e significativo di esposizioni, che vale la pena<br />

sottolineare, è rappresentato dagli Incontri d’arte diretti da Giuseppe Di<br />

Franco (in collaborazione con Gery Scalzo) in cui i linguaggi musicali, letterari<br />

e visivi si contaminano creando un trinomio d’eccezione all’interno di<br />

un’atmosfera armonica e sinergica.


Il Salotto del Gattopardo<br />

VILLA BOSCOGRANDE - Palermo, febbraio 2008


Luoghi<br />

“Ciò che è noto, non è per ciò stesso, conosciuto”<br />

Hegel - Scienza della logica<br />

“Quale che sia il loro nome, i luoghi hanno molti nomi. Tanti, quante sono le<br />

emozioni.<br />

Ci sono giorni felici, sospesi, in cui si offrono - tela perfetta - per una narrazione<br />

sorprendente della nostra anima. Mai indifferenti.<br />

Stazionano più spesso in un luminoso ed intermittente oblio: gioco della<br />

mente, che mantiene viva la sensazione che c’è sempre qualcosa d’altro,<br />

che non avevamo visto, qualcosa che emergerà, all’improvviso. Per sorprenderci.<br />

Nell’istante in cui cerchiamo di fermarli - in un’immagine pittorica, scultorea,<br />

in un verso - sappiamo già che in essi quel qualcosa non riusciremo né vorremo<br />

svelarlo. Per mantenerlo vivo…<br />

I luoghi sono lì, mappa oggettiva nel mondo, ma sono tanto più nel nostro<br />

altrove, rigenerati nella memoria, vividi nella nostra personale geografia.<br />

Saturi di vita, sono voragini temporali, in cui, strato dopo strato, si depositano<br />

storie gloriose ed infami: talune piccolissime, simili ad un quieto borbottio,<br />

altre un lamentarsi, flebile e monotono. Altre ancora sono urlo, rombo di<br />

guerra, boato spettrale. Ogni attimo nascono luoghi nei luoghi, una creazione<br />

spontanea ed inarrestabile.<br />

Nell’accentrare e decentrare sguardi e slanci, generano un movimento, un<br />

battito sonoro, il cui andamento sincopato ci narra il nostro essere contemporanei,<br />

la nostra memoria del mondo, la nostra responsabilità.<br />

Cercatori instancabili, fabbricanti di luoghi, ci muoviamo dentro di essi quasi<br />

avessimo una riserva di vita infinita, perché ad ogni passo, epoche e stagioni<br />

- passate e future - si muovono con noi. Perciò è necessario dimenticarli,<br />

ogni tanto, renderli leggeri, affini alla nostra curiosità, alla nostra natura incostante.<br />

E perché non diventino sinistramente commestibili occorre sottrarli<br />

e restituirli all’oblio, senza mai perderne la Memoria”. (Elina Chianetta - I<br />

luoghi dell’oblio, 2007).<br />

Fabrizio Costanzo ha viaggiato in Europa, Asia, Africa. Ha conosciuto popoli<br />

diversi, religioni diverse, linguaggi artistici diversi.<br />

Ha visitato luoghi-memoria, realtà quotidiane, miracoli della natura. Ha visto,<br />

sentito, toccato, odorato l’altro, per capire umori e rumori della gente.<br />

Ha trasformato luoghi fisici in tracce-pensiero…


Traccia-pensiero<br />

HAUS DER MUSIK - Vienna, 2006


Contaminazioni<br />

Dipingere a 4 mani<br />

La sperimentazione artistica di Fabrizio Costanzo e Francesco Pintaudi inizia<br />

nel 2007 con la Personale Tracce, nata all’interno del 7° Convegno Nazionale<br />

degli Architetti, una mostra insolita che mette a confronto due diversi<br />

modi di dipingere e di intendere la pittura, una scommessa apparentemente<br />

persa in partenza, che si evolverà invece, negli anni successivi, in una<br />

esperienza ricca di stimoli, formativa e significativa. La personale Tracce<br />

cambierà pelle imprevedibilmente trasformandosi, ben presto, in un’altra<br />

mostra. I due pittori, nella hall-atelier del Sanpaolo Palace Hotel, si spingeranno<br />

oltre, dando vita ad una coinvolgente performance a 4 mani che invoglierà<br />

un folto pubblico di visitatori e di convegnisti. Saranno prodotte, tra<br />

carte e tavole, una quarantina di opere di diversi formati che si aggiungeranno<br />

a quelle già esposte dall’inizio separatamente. Critici e cultori scriveranno<br />

nove testi sull’evento e le principali testate giornalistiche pubblicheranno<br />

altri articoli sull’argomento. Da ora in poi le contaminazioni di Costanzo e<br />

Pintaudi non si fermeranno più. Seguiranno altre opere elaborate per altrettanti<br />

mostre: Trame e nobili mura (2008), dittico in legno dipinto sulla tematica<br />

storica della baronessa di Carini e conservato nella pinacoteca La Grua-<br />

Talamanca del Castello; Esculentiae memoriae (Il pranzo di Giafar) 2008,<br />

tele dipinte sul cibo siciliano per le mostre itineranti curate da Salvo Ferlito;<br />

Metamorfosi (2010), tele-dittico incentrate sulla disamina puntuale e toccante<br />

del mare, elemento-simbolo bioetico da preservare, elaborate per la mostra<br />

Blu? Il mare come non lo avete mai visto, diretta dallo stesso Fabrizio<br />

Costanzo. Infine, nel 2014, la grande opera realizzata in dieci pannelli, Pescatori<br />

di Reperti, per una committenza privata, “un omaggio all’uomo ed<br />

alla sua storia, un inno alla bellezza, alla ricchezza del nostro patrimonio<br />

artistico, al mare che tuttora conserva tesori inestimabili...luce del mondo”.


Fabrizio Costanzo e Francesco Pintaudi<br />

STUDIO P<strong>IN</strong>TAUDI - Palermo, marzo 2014


Studio 71<br />

Lo Studio 71 di Palermo, luogo di ritrovo di artisti “ad ampio raggio”, nei<br />

suoi oltre trent’anni di attività espositiva ha organizzato mostre ed eventi<br />

culturali di buon livello, molti dei quali pensati e realizzati con spirito di abnegazione.<br />

Una tipologia di manifestazioni a sé è sicuramente quella legata<br />

al vino ed alla solidarietà, due tematiche apparentemente disgiunte ma<br />

che, nel tempo, si sono rivelate un vero e proprio volano di fattibilità finalizzate<br />

all’obiettivo da raggiungere. Negli anni, Francesco M. Scorsone, Mariella<br />

Calvaruso e Vinny Scorsone si sono fatti portatori di un messaggio<br />

universale importante - la Solidarietà, appunto - che ha trovato voce e corpo<br />

nei tanti artisti che hanno aderito spontaneamente all’invito della galleria<br />

-studio.<br />

L’etichetta, mass-media dalla connotazione simbolica e accattivante, mira<br />

ad una comunicazione ammaliatrice. Considerarne soltanto il suo valore<br />

estetico può essere limitativo. L’etichetta veste il corpo-bottiglia e vestendolo<br />

ne disvela le anime: l’anima del vino e l’anima dell’artista… corpo e anima.<br />

A volte demone travestito da angelo, altre volte angelo in sembianza di<br />

demone… il gelido vetro ha bisogno di essere scaldato, curato, coccolato.<br />

Bisogna coprirlo, mettergli addosso un bell’abito, il suo abito…(Vinny Scorsone).<br />

Tre sono le manifestazioni che hanno coinvolto Fabrizio Costanzo all’interno<br />

delle tematiche anzidette: la prima, Un’etichetta per solidarietà, è stata<br />

realizzata con le sole forze dello Studio 71, le altre due - O’Scuru o’ scuru e<br />

Lu veru piaciri, sono state messe in atto con il contributo fondamentale di<br />

Pucci Giuffrida dell’azienda Al-Cantara di Randazzo (Ct), che ha saputo<br />

tradurre le sue idee in progetto e il progetto in realtà credendo nell’aspetto<br />

culturale del vino e realizzando gli eventi-solidarietà fino a proporli alla Fiera<br />

del libro di Torino. E’ così che Al-Cantara - in arabo “ponte”- ha collegato<br />

simbolicamente Arte, Vino e Poesia, privilegiando intuizione e intelletto,<br />

rendendo magica ogni bottiglia.


Lu veru piaciri - le bottiglie decorate da Fabrizio Costanzo<br />

Azienda vitinicola Al-Cantara - Randazzo (Ct) / Studio 71 - Palermo - 2011


Un’etichetta per solidarietà<br />

Un’etichetta per solidarietà - l’etichetta realizzata da Fabrizio Costanzo<br />

Studio 71 - Palermo - 2004


O’Scuru o’scuru - l’etichetta realizzata da Fabrizio Costanzo<br />

Azienda vitivinicola Al-Cantara - Randazzo (Ct) / Studio 71 - Palermo - 2010


Santhià<br />

La mostra nazionale di pittura contemporanea Santhià, fondata nel 1964, è<br />

compresa nel Calendario delle Manifestazioni Ufficiali dello Stato.<br />

“Ispirandosi ai valori universali di cultura perseguiti con gli “Amici della Scala”<br />

di Milano, si presenta nella sua matrice idealistica, staccandosi nettamente<br />

dalle molte iniziative concorsistiche legate ad interessi speculativi o<br />

di mercato”.<br />

Tra i premi figurano quelli del Presidente della Repubblica e di Sua Santità, i<br />

premi di rappresentanza di Alte Autorità dello Stato, di Enti, di personalità<br />

della politica, della cultura e della vita sociale italiana.<br />

La giuria, negli anni, ha annoverato illustri rappresentanti della cultura: Lorenzo<br />

Alessandri, Angelo Gilardino, Renzo Mezzacapo, Angelo Mistrangelo,<br />

Ugo Nespolo, Dino Pasquali, Giorgio Seveso, Matteo Smolizza, Mario<br />

Pistono, Gianfranco Bertolino.<br />

La manifestazione è riservata a circa 250 artisti selezionati dalla Commissione<br />

preposta.<br />

Fabrizio Costanzo, invitato per la prima volta nel 1997 (Trentaquattresima<br />

edizione) vi partecipa, fuori concorso fino al 2000, ed in concorso, dal 2001<br />

ad oggi. Negli anni vince i seguenti premi nazionali:<br />

Luciano Verdiani (Trentottesima edizione) 2001; Banca Sella (Trentanovesima<br />

edizione) 2002; Felice Cavallotti (Quarantesima edizione) 2003; Arcangelo<br />

Corelli (Quarantunesima edizione) 2004; Giuseppe Porta (Quarantatreesima<br />

edizione) 2006; Valerio Bacigalupo (Quarantaquattresima edizione)<br />

2007; Francesco Rosso (Quarantacinquesima edizione) 2008; Nicolò<br />

Paganini (Quarantaseiesima edizione) 2009; Ignazio Isler (Quarantasettesima<br />

edizione) 2010. Dal 2011 la manifestazione non ha più luogo e chiude<br />

definitivamente il suo ciclo storico.


Artestudio MONTECUCCIO<br />

<strong>FABRIZIO</strong> <strong>COSTANZO</strong> / Work in progress


simonacostanzo.com


Scritti, direzioni artistiche, eventi culturali


Scritti, direzioni artistiche<br />

eventi culturali<br />

Gli scritti, le direzioni artistiche, le presentazioni di autori, i convegni e<br />

gli altri eventi culturali - prodotti a partire dagli anni Novanta - sono da<br />

considerare un unico bagaglio esperienziale. Nella maggior parte dei<br />

casi trattasi di testi critici pubblicati in cataloghi d’arte, articoli giornalistici,<br />

trascrizioni di interviste con la R.A.I. e le TV private, semplici appunti<br />

pensati in studio. Altri scritti sono correlati alla presentazione di mostre<br />

personali e collettive di artisti, vere e proprie occasioni di dialogo con<br />

pittori e operatori del settore. Dal 1995 ad oggi, Fabrizio Costanzo testimonia<br />

la sua ricerca culturale anche attraverso la cura, calibrata e mai<br />

frenetica, di eventi culturali d'arte visiva. Nel 1996, Gioacchino Lavanco<br />

scrive: “Dietro le diverse figure di Costanzo, ovvero dietro i molteplici<br />

aspetti della stessa persona ritroviamo, con compiacimento, la figura di<br />

un uomo “senza professione”: non si scomodi il Musil dell’assenza di<br />

qualità perché qui la mancanza di professione è una “scelta professionale”,<br />

quella che non vuol fare dell’arte un semplice mestiere, della<br />

creatività una catena di montaggio, della ricerca un’adesione a schemi,<br />

modelli, correnti predefinite…”<br />

Un’unica motivazione congiunge le esperienze che iniziano – nel 1995 -<br />

con il Centro Arti Sperimentali La Sinopia di Palermo (all’interno di una<br />

ricerca di formule espositive alternative) e proseguono attraverso altre<br />

tappe fondamentali quali Graffiti (mostra permanente degli artisti siciliani<br />

contemporanei, nata nel 1999 e tuttora in corso); Maschere (1999); Col<br />

ferro (2001) – tutti eventi organizzati dentro l’Addaura Hotel di Palermo;<br />

le prestigiose mostre Nel castello (2001), a Carini; Così lontano, così<br />

vicino: artisti lombardi e siciliani a confronto (2002), a Palazzo Ruggeriano<br />

di Altofonte nell’ambito di una manifestazione-convegno di arte, territorio<br />

e didattica; Segno & Colore (2002), all’Hotel Club Ramuxara di<br />

Campobello di Mazara; Segni & Segnali (2002), all’Albergo delle Povere<br />

di Palermo; la mostra italo-rumena (2003), all’Accademia di Romania<br />

(Roma); I Cinquant’anni del Cenacolo (2004), nella omonima galleria di<br />

Palermo; Incontri con gli artisti (2004), ancora alla galleria Il Cenacolo;<br />

Ti dirò (2006), al Palazzo Branciforte di Palermo. Seguono le mostre<br />

organizzate e dirette in collaborazione con Francesco Pintaudi al Sanpaolo<br />

Palace Hotel di Palermo: Felix Ziz (2006-2007); I luoghi dell’oblio<br />

(2007); Palermo: I luoghi della storia (2007); Annodamenti & Bizzarrie<br />

(2007); Tracce (2007-2008); Ludusmentis (2008); E’ qui la Natività del<br />

Caravaggio? (2009). Graffiti Day (2009), sposta nuovamente il baricentro<br />

dell’attenzione sull’Addaura Hotel, proponendo una manifestazioneevento<br />

(per i dieci anni di attività della mostra Graffiti), incentrata su<br />

cultura, legalità e ambiente. Un successo pieno, di pubblico, giornalisti e<br />

critici, subito bissato nel 2010, con la mostra Blu? Il mare come non lo<br />

avete mai visto, nella quale l’acquario dadaista, ideato coraggiosamente<br />

da Roberto Cavallaro, diventa il pretesto per discutere sugli habitat.


Manlio Mele e Gioacchino Lavanco presentano la Personale di Fabrizio Costanzo De ciclo vitae<br />

PALAZZO CATALDI - Terrasini, 21 dicembre 1996


Modulo piramidale, verticalismo compositivo,<br />

dimensione simbolica<br />

Nel quadro, le particolari applicazioni del modulo piramidale,<br />

del verticalismo compositivo, del bilanciamento di<br />

forme e della ricerca cromatica, trasformano il significato<br />

degli elementi ben riconoscibili nella nostra esperienza<br />

quotidiana (elementi naturali quali l’albero, la montagna,<br />

l’acqua, il sole, la luna, le stelle, la terra etc…e quelli<br />

artefatti quali la casa, la strada, l’ingresso etc.) determinando<br />

una sorta di dimensione simbolica dell’io, non<br />

spiegabile e non raggiungibile in quanto esistente solo<br />

nella sua essenza fluttuante. In tal senso il processo di<br />

identificazione elemento-significato, appartenendo soltanto<br />

all’artista, esula dai normali canali di comunicazione<br />

e procede al di sopra della comune percezione sensoriale….<br />

Fabrizio Costanzo / De Ciclo Vitae, 1996 – I quaderni de La Sinopia<br />

Sulla rappresentazione<br />

Nella configurazione rappresentativa e progettuale<br />

dell’immagine il braccio traccia le prime linee e l’opera<br />

d’arte prende forma. In quell’istante l’idea si materializza<br />

rendendo visibile un processo fino a quel punto considerato<br />

invisibile. L’idea, non è un atto puro e autonomo: si<br />

presenta inerente al pensiero… e il pensiero è costruzione.<br />

Nasce così una dicotomia tra questi due termini facilmente<br />

risolvibile considerando l’idea come una particolare<br />

costruzione, vera e propria progettazione mentale che<br />

si materializza tramite un’ispirazione di tipo noumenico:<br />

non esiste un assoluto che governa le regole così come<br />

non esiste un assoluto che governa le emozioni: ogni<br />

regola deve controllare un’emozione e viceversa...poi<br />

entra in campo il gioco come finzione (struttura ed essenza<br />

dell’arte stessa) e la rappresentazione si complica...<br />

verso assi portanti. Tale assetto autorizzerebbe a considerare<br />

l’opera nella sua essenza compositiva e progettuale,<br />

un esercizio da svolgere tecnicamente (e correttamente)<br />

dove le linee, le texture e i colori avvalorerebbero<br />

un loro peso visivo. Gli studi sulla teoria Gestaltica<br />

(psicologia della forma), compiuti in Germania nei primi<br />

anni del Novecento, perseguirono il concetto cardine che<br />

ognuno di noi percepisce i segni attraverso un assetto<br />

unitario della forma. Il gioco, l’esperienza e la memoria,<br />

utilizzando la teoria basilare della pregnanza della forma,<br />

ci inducono peraltro a trasformare i segni in immagini già<br />

note. Ancora una tesi (quella di Jackson Pollock in The<br />

Tradition of the new - 1959) considera l’atto stesso del<br />

dipingere il modo di essere e di manifestare il mondo<br />

interiore dell’artista. Nel caso specifico, il quadro non<br />

viene considerato come supporto tecnico (e di cultura)<br />

ma luogo dell’evento, topos dove si coagulano le differenti<br />

e complesse fasi fenomenologiche che stanno alla base<br />

del meccanismo infinito di scelte di cui l’arte ha bisogno…<br />

un filo rosso congiunge l’arte all’io e alla materia, alla<br />

realtà e all’astrazione. Le tesi, apparentemente controverse<br />

(o distanti) confermano la natura equivoca dell’opera<br />

d’arte che, se per un verso risponde a dettami di rappresentazione<br />

tecnico-strutturale, dall’altra mostra di essere<br />

specchio degli eventi quotidiani, memoria e futuro del<br />

nostro io, segno e metafora, spirito, pensiero e intuizione,<br />

speranza e tragedia, spiegazione dell’inspiegabile, dolce<br />

mistero di vita.<br />

Fabrizio Costanzo / De Ciclo Vitae, 1996 – I quaderni de La Sinopia<br />

Fabrizio Costanzo / De Ciclo Vitae, 1996 – I quaderni de La Sinopia<br />

Sulla percezione visiva<br />

Studi autorevoli sulla percezione visiva sostengono l’ipotesi<br />

di un’idea strutturale che verificherebbe il senso d’armonia<br />

nell’opera d’arte, configurando quest’ultima attra-


Sull’opera d’arte<br />

L’opera d’arte, in quanto luogo delle esperienze tecniche<br />

e psichiche, dà significato al mistero della rappresentazione<br />

rinnovando l’evento fascinoso della nascita, prima<br />

fase del ciclo della vita. Il suo significato introspettivo,<br />

onirico e psicologico per un verso, intellettivo e spirituale<br />

per un altro ne riassume in sé la dimensione sensoriale,<br />

connotazione chiara e precisa (ma altalenante) di un<br />

viaggio ipotetico a metà tra virtuale e reale. Enorme la<br />

diaspora tecnica e interpretativa in cui si dipana l’opera<br />

d’arte in rapporto al tentativo di manipolazione su cui i<br />

grandi maestri hanno indagato: uno per tutti (e a noi non<br />

troppo lontano) Maurits Cornelis Escher che ha descritto<br />

con arguzia e sagacia l’inganno rappresentativo, riducendo<br />

l’assurdo della realtà entro i limiti gestibili dall’intelligenza<br />

umana. Tutto ciò spiega solo in minima parte la<br />

difficoltà interpretativa dell’opera d’arte, sulla cui esistenza<br />

ruotano le dimensioni dell’artista e dell’osservatore,<br />

della società e della politica, degli affetti e degli incontri…<br />

e tant’altro. Il Quid in questione, non quantificabile spazialmente<br />

e indefinito nel tempo, è un’enorme incognita<br />

che intercede nella dimensione misterica dell’opera d’arte,<br />

di natura ipotetica, non verificabile nel suo assetto<br />

figurativo.<br />

Fabrizio Costanzo / Appunti in studio – Palermo, dicembre 2000


La Sinopia di Palermo<br />

La Sinopia, luogo di memoria fondata dallo scultore Salvo Salvato, nasce<br />

negli anni Ottanta come laboratorio-bottega di restauro. Fabrizio<br />

Costanzo inizia a farne parte nel 1995, quando questa si costituisce in<br />

Centro Arti Sperimentali.<br />

Sette sono gli artisti del nucleo fondante: Nicola Busacca, Paolo Chirco,<br />

Fabrizio Costanzo, Toni D’Antoni, Pino Manzella, Marcello Palminteri e<br />

Salvo Salvato.<br />

La Sinopia organizza la sua attività espositiva a Palermo e in provincia -<br />

tranne Isolamata, manifestazione di punta che si svolgerà a Bari - riscuotendo<br />

consensi di critica e di pubblico. Le mostre ospitano artisti qualificati<br />

- molti dei quali operanti nel circuito nazionale - e sono supportate<br />

da I quaderni della Sinopia. Negli ultimi due anni il nucleo degli artisti –<br />

adesso formato da Fabrizio Costanzo, Toni D’Antoni e Salvo Salvato –<br />

promuoverà un’interessante attività di ricerca sperimentale organizzando<br />

manifestazioni e progettando la propria struttura espositiva (il serpentone),<br />

capace di adattarsi con i suoi moduli aggregativi ai singoli luoghi<br />

di esposizione. La Sinopia così costituita si propone come un bel<br />

“giocattolo” che sperimenta formule e offre qualità, ma come tutti i gruppi<br />

artistici, la sua storia avrà un andamento a parabola con un inizio, un<br />

apice ed una fine. In ogni caso segnerà un punto fermo negli artisti che,<br />

per primi o per ultimi, avranno creduto in essa.<br />

L’ultima manifestazione di rilievo organizzata dal Centro Arti Sperimentali<br />

è la Graffiti (Addaura Hotel), degli artisti siciliani contemporanei,<br />

inaugurata l’8 maggio 1999 con Francesco Carbone. Siamo all’epilogo:<br />

da questo momento le strade si divideranno: La Sinopia come gruppo<br />

artistico non esisterà più ma proseguirà il suo cammino con Salvo Salvato.<br />

Fabrizio Costanzo gestirà invece l’Addaura Art dirigendo la Graffiti<br />

autonomamente.


Salvo Salvato presenta il catalogo De ciclo vitae di Fabrizio Costanzo nell’ambito delle iniziative de La Sinopia<br />

PALAZZO CATALDI - Terrasini, 21 dicembre 1996


Graffiti<br />

Gli anni della Graffiti<br />

L’inaugurazione con<br />

Francesco Carbone<br />

Il 1999 segna una svolta nell’attività artistica di Fabrizio Costanzo.<br />

Scioltasi La Sinopia, egli inizia a promuovere la Graffiti dell’Addaura<br />

Hotel attraverso un’intensa attività espositiva. Il progetto, ideato da Costanzo,<br />

è semplice ma ambizioso: per la realizzazione l’autore si rivolge<br />

a Francesco Carbone, uno dei critici d’arte più rappresentativi nel panorama<br />

culturale siciliano. Questi, dopo vari incontri sul tema, decide di<br />

condividere il progetto espositivo di Costanzo e di seguirlo nella sua fase<br />

evolutiva.<br />

Il proposito è quello di istituire una mostra permanente e dinamica, una<br />

vetrina di artisti siciliani contemporanei (o operanti in Sicilia) dentro uno<br />

spazio espositivo diverso dalla galleria d’arte che da anni ormai è in crisi<br />

di pubblico. L’hotel, progettato da Massimo Coraci, si presenta perfetto<br />

per tale scopo: elegante, accogliente, all’avanguardia, ben gestito e con<br />

parecchie migliaia di persone che annualmente vi gravitano all’interno<br />

per diversi motivi.<br />

La struttura della mostra prevede tre nuclei distinti ma sincronici di artisti<br />

che espongono le loro opere nei luoghi di accoglienza dell’hotel: il primo<br />

nucleo è composto da artisti professionisti che lavorano autonomamente<br />

o con le gallerie di appartenenza del territorio nazionale; il secondo nucleo<br />

è formato da giovani promesse già segnalate nell’ambiente culturale<br />

siciliano; il terzo nucleo è rappresentato da docenti che insegnano<br />

discipline artistiche nei vari ordini di Scuola e all’Accademia di Belle Arti.<br />

La mostra, diretta da Fabrizio Costanzo, nasce sotto una buona stella e<br />

Francesco Carbone, entusiasta, scriverà un testo intitolato Una mostra<br />

esemplare, in cui esalterà la validità dell’intera operazione e la capacità<br />

organizzativa di Fabrizio Costanzo, definendolo “intelligente e attivo operatore<br />

culturale”. All’inaugurazione la curiosità è forte e parteciperanno<br />

quasi tutti gli artisti invitati, critici d’arte, giornalisti, rappresentanti della<br />

cultura ed un gran pubblico. In seguito, saranno scritti parecchi articoli<br />

nazionali sulla mostra dell’Addaura Hotel e la Graffiti comincerà ad essere<br />

conosciuta anche oltre lo Stretto.


Fabrizio Costanzo inaugura la mostra Graffiti con Francesco Carbone, Toni D’Antoni e Salvo Salvato<br />

ADDAURA HOTEL RESIDENCE CONGRESSI - Palermo, 8 maggio 1999


Graffiti<br />

Una mostra esemplare<br />

Gli interrogativi sulle sorti dell'arte del terzo millennio si fanno sempre più pressanti e spesso anche drammatici nell'impossibilità<br />

di fornire adeguata risposta di segni e segnali che lascino intravedere qualche indizio al riguardo. Nonostante<br />

ciò l'arte non subisce alcun arresto, anzi un crescente numero di mostre allestite in luoghi e sedi prima del tutto<br />

estranei a tali iniziative, dimostrano il contrario.<br />

Questa rassegna, di notevole spessore artistico-culturale, testimonia infatti la continua validità delle scelte effettuate,<br />

soprattutto se concepite e realizzate con rigore critico relativo alla selezione degli artisti, nonché all'interesse delle loro<br />

poetiche e dei loro linguaggi; proprio in considerazione della presenza di noti artisti la mostra ha risposto a tali esigenze.<br />

Ai requisiti in questione hanno badato gli organizzatori della rassegna. La direzione artistica, l'allestimento della<br />

mostra e quant'altro attiene all'iniziativa, sono stati affidati al prof. arch. Fabrizio Costanzo, anch'egli valido artista, intelligente<br />

ed attivo operatore culturale. L'operazione ha anche lo scopo di consentire agli artisti partecipanti di porsi a confronto<br />

sia sul piano delle scelte poetiche che su quello delle rese linguistiche o espressive, fornendo agli studiosi nel<br />

campo dell'arte - tra l'altro - il panorama delle tendenze artistiche offerto dalla presente proposta.<br />

Fabrizio Costanzo ha valutato e considerato la rassegna ed il suo significato sotto vari aspetti: ha evidenziato in fondo<br />

ciò che molti altri operatori spesso trascurano, cioè che una mostra d'arte non si può limitare ad appendere quadri o ad<br />

esporre sculture in uno spazio, ma dev'essere nel contempo occasione di conoscenza e di approfondimento sugli<br />

aspetti più salienti dell'arte contemporanea.<br />

Francesco Carbone / Graffiti - Addaura Hotel. Palermo, maggio 1999


Con Francesco Carbone<br />

ADDAURA HOTEL RESIDENCE CONGRESSI - Palermo, 8 maggio 1999


Sopra: M. Palminteri, L. La Barbera, F. Costanzo, P. Manzella, F. Lo Cascio, S. Salvato, F. Carbone, A. Lugaro, T. D’Antoni<br />

Sotto: momenti dell’inaugurazione della mostra Graffiti - con M. Coraci e F. Carbone - Palermo, 8 maggio 1999


N. Bruno, F. Costanzo, A. Caruso, A. Affronti, P. Giambanco, E. Pagani, S. Lo Presti, N. Perricone, L. La Barbera<br />

ADDAURA HOTEL RESIDENCE CONGRESSI - Brindisi di fine anno - Palermo, dicembre 2002


Graffiti<br />

Addaura, graffiti d’oggi<br />

Anche oggi, negli spazi espositivi dell’Addaura Hotel di<br />

Palermo, si può visitare la collettiva intitolata Graffiti,<br />

esposizione permanente d’arte visiva organizzata da La<br />

Sinopia e dall’Addaura Art. La mostra offre una panoramica<br />

sull’arte siciliana contemporanea e raccoglie opere<br />

di oltre venti autori, improntate su linguaggi e tecniche<br />

pittoriche differenziate. Curatore della mostra è Fabrizio<br />

Costanzo…<br />

Dario Lo Verde / Giornale di Sicilia - Palermo, 16 giugno 1999<br />

L’arte alloggia all’ Addaura Hotel<br />

Venti artisti siciliani selezionati da La Sinopia espongono<br />

le proprie opere alla mostra d’Arte visiva denominata<br />

Graffiti che è stata recentemente presentata da<br />

Francesco Carbone presso L’Addaura Hotel di Palermo.<br />

Gli artisti che hanno inaugurato sono: Salvatore Caputo,<br />

Fabrizio Costanzo, Toni D’Antoni, Salvo Gurgone,<br />

Leonardo La Barbera, Franco Lo Cascio, Stefano Lo<br />

Presti, Achille Lugaro, Pino Manzella, Riccardo Mazzarino,<br />

Marcello Palminteri, Gabriella Patti, Calogero Piro,<br />

Gianni Provenzano, Daniela Riccioli, Saverio Robberto,<br />

Salvo Salvato, Giusto Sucato, Ranieri Wanderlingh, Eva<br />

Warnke. Il progetto espositivo nasce da una comunione<br />

d’intenti tra l’arch. Massimo Coraci, general manager dell’Addaura<br />

Hotel, e il prof. arch. Fabrizio Costanzo, promotore<br />

del Centro Arti Sperimentali La Sinopia, che ha<br />

curato l’intera manifestazione; la mostra raccoglie una<br />

grande diversità di linguaggi e di materiali...<br />

I viaggiatori residenti all’Addaura Hotel potranno rendersi<br />

conto direttamente dei fermenti culturali presenti nella<br />

nostra regione.<br />

Arti Sperimentali La Sinopia…proprio alle soglie del terzo<br />

millennio, momento in cui si fanno sempre più pressanti e<br />

drammatici gli interrogativi sulle sorti dell’arte.<br />

La direzione artistica è stata affidata al prof. arch. Fabrizio<br />

Costanzo, egli stesso artista ed operatore culturale,<br />

che ha proposto, a partire dall’8 maggio 1999 la rassegna<br />

di artisti siciliani contemporanei Graffiti.<br />

Perché questo titolo? E’ una sorta di nome magico che si<br />

fonde indissolubilmente con il luogo preistorico in cui l’hotel<br />

sorge; infatti, in questa zona sono state ritrovate incisioni<br />

risalenti a circa 12.000 anni A.C. fra cui la più interessante<br />

è ritenuta La Scena interpretata da Jole Bovio<br />

Marconi, soprintendente alle antichità di Palermo, come<br />

una danza rituale d’iniziazione alla pubertà o virilità, raffigurante<br />

uomini camuffati con maschere a testa d’uccello<br />

e becco lungo, alcuni dei quali hanno capigliatura rigonfia<br />

e sesso accentuato (itifallia).<br />

Anche il nome stesso del complesso l’Addaura, ovvero<br />

l’alloro, è doppiamente augurale, primo, perché questa<br />

pianta in Sicilia si riproduce in maniera spontanea con<br />

estrema facilità, e ciò si spera che avvenga per i valori di<br />

crescita individuale e sociale che l’arte porta in se, secondo,<br />

perché sia un auspicio di verdi allori per questi interessanti<br />

artisti siciliani, alcuni dei quali sono stati nostri<br />

ospiti qui a Bari.<br />

Daniela Cinti / Kantiere culturale Il Centauro - Bari, giugno 1999<br />

Germano Scargiali / Palermo Parla - Palermo, mag./giu. 1999<br />

Palermo, mostra permanente d’Arte visiva<br />

all’ Addaura Hotel<br />

Un hotel, che è anche residence e centro congressi, situato<br />

alle falde del Monte Pellegrino, a 150 metri dal mare,<br />

ha raccolto le preziose energie culturali del Centro


Graffiti<br />

Graffiti<br />

Palermo, Graffiti all’ Addaura Hotel<br />

…Sotto la direzione artistica del prof. arch. Fabrizio Costanzo,<br />

anch’egli autore di alcune opere della rassegna,<br />

espongono noti artisti siciliani contemporanei scelti con<br />

rigore critico per i linguaggi e per la carica espressiva<br />

che permea le loro creazioni… La rassegna, permanente<br />

e dinamica, apre la strada al confronto ed alla scoperta di<br />

nuove forme espressive, approfondendo gli aspetti salienti,<br />

e non da tutti conosciuti, dell’arte contemporanea<br />

siciliana. Un simile progetto non poteva trovare sistemazione<br />

migliore, vista la disponibilità e l’accoglienza dell’Addaura<br />

Hotel che, facendo da contenitore alle opere, in<br />

ampi saloni, grazie alla competenza del personale, diviene<br />

anche e soprattutto punto d’incontro amichevole e<br />

culturale per i visitatori.<br />

Luigi Aco - Il Mattino - Napoli, 8 luglio 1999<br />

Graffiti all’Addaura Hotel di Palermo<br />

Inaugurata nel maggio scorso, la mostra permanente<br />

d’Arte visiva Graffiti – Artisti Siciliani Contemporanei -<br />

organizzata dal Centro Arti Sperimentali La Sinopia e<br />

dall’Addaura Art di Palermo. Luogo scelto per ospitare<br />

questa particolare ed interessante rassegna è l’Addaura<br />

Hotel Residence Congressi di Palermo. Di nuova costruzione,<br />

l’hotel prende il nome dalla pianta che rigogliosa<br />

cresce nella zona alle falde del monte pellegrino, l’alloro,<br />

e si pone come scopo non solo di offrire ai suoi ospiti i<br />

migliori servizi, ma di permettere loro di conoscere più<br />

direttamente la cultura siciliana: sia nella scelta del luogo<br />

in cui sorge, ricco di ricordi risalenti alla preistoria, sia<br />

nella capacità di proporre iniziative con cui valorizzare le<br />

numerose risorse dell’isola.<br />

Chiaro esempio è proprio la rassegna, permanente e<br />

dinamica che, nell’avvicendarsi degli artisti e delle opere,<br />

apre la strada al confronto ed alla scoperta di nuove forme<br />

espressive e di particolari scelte poetiche…<br />

Graffiti, un nuovo concetto di esporre<br />

…Gli autori invitati provengono in parte dall’Accademia di<br />

Belle Arti di Palermo (lo stesso direttore e i docenti) e in<br />

parte da varie gallerie che hanno gentilmente concesso ai<br />

loro artisti di poter intervenire per l’occasione. Sono presenti<br />

inoltre giovani autori, bravi, ma relativamente conosciuti.<br />

E’ stato esposto un vasto repertorio di linguaggi<br />

visivi, opere eseguite con tecniche tradizionali e innovative.<br />

Qualche esempio: sculture e micro sculture in pietra<br />

arenaria o in vetro e ferro, libri-oggetto in legno e carta<br />

con applicazioni di chiodi, rulli in pergamena decorati e<br />

girevoli, una maternità in terracotta con lumino che si<br />

accende, un trittico in legno che si apre e si chiude…<br />

La mostra, presentata dal noto critico d’arte prof. Francesco<br />

Carbone, è stata ideata dal direttore artistico prof.<br />

arch. Fabrizio Costanzo, che ha pensato, per l’occasione,<br />

ad un nuovo concetto di esporre: la Graffiti, infatti, ha<br />

carattere permanente e dinamico con rotazione periodica<br />

di opere ed artisti…<br />

Carlo Della Valle / Il Notiziario dell’Accademia Internazionale d’Arte<br />

Moderna – Roma, apr./giu. 1999 n° 48<br />

Luigi Aco - Il Messaggero - Roma, 25 giugno 1999


Graffiti<br />

Mostrare, più che promuovere<br />

Graffiti è il frutto di un’idea nata con l’intento di mostrare, più che di promuovere, il vasto e variegato panorama artistico<br />

siciliano - una vetrina - come la definisce lo stesso Fabrizio Costanzo, promotore e direttore artistico di questa insolita<br />

mostra, stabile e continuamente aggiornata sia negli artisti che nelle opere, che presenta al visitatore - turista, frequentatore<br />

di convegni o altro - un assaggio di quella che è l’arte, autoctona o di importazione, in questa terra. Per ottenere<br />

un risultato positivo, all’interno dell’Addaura hotel, sono state individuate, le zone di maggior transito nelle quali potere<br />

collocare le opere, in modo da rendere quasi obbligatoria la visibilità delle stesse. Nutrito il numero degli artisti partecipanti<br />

che fornisce una pluralità di linguaggi e di poetiche artistiche contemporanee inerenti la fertile produzione territoriale<br />

presente nell’isola.<br />

La storia ufficiale di Graffiti prende l’avvio l’8 maggio 1999 con la partecipazione attiva del compianto critico d’arte<br />

Francesco Carbone. Allora gli artisti erano 20, oggi hanno raggiunto il numero di 42. Un crescendo di presenze quindi,<br />

che, seppur selezionate, hanno subito un’impennata dovuta al grande interesse riscontrato verso questa singolare iniziativa.<br />

Sostanzialmente però, da quel 23 dicembre 1999 la vetrina ha subito poche modifiche concettuali, mantenendo<br />

invariati gli intenti e l’idea di base. Inizialmente il progetto prevedeva l’allestimento di tre sezioni dedicate rispettivamente<br />

agli artisti professionisti, ai docenti dell’Accademia di Belle Arti e ai giovani (dai 30 ai 40 anni), ma con il passare del<br />

tempo questi ruoli si sono mischiati rendendo quasi nullo lo schematismo iniziale. Tele, disegni e incisioni, installazioni<br />

di matrice figurativa, astratta, informale e quant’altro fanno compagnia allo spettatore attento o al fugace frequentatore<br />

dell’hotel accompagnandolo nella sua deambulazione da un luogo all’altro. Generi così tanto diversi tra loro si ritrovano<br />

accomunati in uno spazio fisico che pretende da questi la perfetta simbiosi con lo spirito del luogo, che ne condividano<br />

le emozioni e lo stile e non dimentichino l’importanza storica del territorio (ricordiamo che l’albergo sorge in prossimità<br />

delle grotte dell’Addaura, alle falde di Monte Pellegrino e quasi in riva al mare, dove sono stati ritrovati, in tempi passati,<br />

dei graffiti risalenti a circa 12000 anni A.C., da qui il nome del complesso e dell’iniziativa culturale). L’idea di un albergo,<br />

che fosse al contempo un luogo di cultura, nacque dall’architetto Massimo Coraci, progettista e proprietario<br />

dell’Addaura hotel, che istituì l’Addaura Art. Quando tempo dopo, nel 1998, egli conobbe l’architetto Fabrizio Costanzo,<br />

pittore e promotore del Centro Arti Sperimentali La Sinopia di Palermo, sviluppò con questi il progetto che da tempo<br />

inseguiva. L’anno successivo i due, avvalendosi della professionalità e dell’autorevolezza del critico d’arte Francesco<br />

Carbone, cominciarono un’opera di epurazione nei riguardi dei dipinti e di una parte di autori già presenti nelle sale<br />

dell’albergo. Vennero così sostituiti gli artisti e rivisitata la gestione della rassegna in virtù dell’idea innovativa. L’8 maggio<br />

1999, finalmente, l’idea divenne realtà (…). Dal novembre 2000 l’intero progetto espositivo è patrocinato dall’Accademia<br />

Internazionale d’Arte Moderna di Roma e dall’aprile 2002 è possibile seguirlo anche via internet. Un’altra caratteristica<br />

del progetto è quella di fornire agli artisti un luogo d’incontro dove discutere e confrontarsi in un piacevole contesto<br />

alberghiero.<br />

A distanza di tre anni, parecchi articoli sono stati scritti in Italia sulla Graffiti. L’impegnativo cammino intrapreso da Fabrizio<br />

Costanzo è proseguito confermando l’intento iniziale e consentendo alla rassegna, unica nel suo genere, di vivere<br />

nel tempo mutando aspetto e artisti.<br />

Vinny Scorsone / Addaura Hotel - Palermo, 4 aprile 2003 (da un’intervista a Fabrizio Costanzo per la rivista Artefile)


Graffiti<br />

Tasselli di bellezza<br />

Scelte poetiche, manierismo linguistico, studiati comportamenti e manifestazioni espressive spingono l’ingegnosa creatività<br />

a completare la ricerca ed esprimere ancora una novità da perseguire nella forma e nel colore.<br />

Il Giornale di Sicilia, nella pagina di cultura del 9 dicembre 2004, nel presentare l’ultimo mio libro Incontri con gli artisti<br />

mi ha definito “il burocrate che ama il bello”, infatti, la ricerca della bellezza è stata ed è la costante riflessione della mia<br />

ricerca artistica, cadenzata nel tempo, rapportata a luoghi, persone e circostanze, oggi…al contesto della Graffiti come<br />

punto di riferimento culturale ben preciso nella nostra città. La Permanente, voluta e diretta da Fabrizio Costanzo, presenta<br />

“il bello” nelle tante sfaccettature degli autori. Inaugurata l’8 maggio 1999 dal Centro Arti Sperimentali La Sinopia<br />

di Palermo (Fabrizio Costanzo, Toni D’Antoni e Salvo Salvato), da Francesco Carbone e da Massimo Coraci… oggi è<br />

più che mai viva! Il segreto di tanta audience è l’unione di più elementi: i critici che spontaneamente hanno scritto sulla<br />

Graffiti, le prestigiose testate giornalistiche nazionali che hanno dato voce a questa singolare idea progettuale, il patrocinio<br />

dell’Accademia Internazionale d’Arte Moderna di Roma, il catalogo Scirocco degli artisti siciliani contemporanei,<br />

miostudio che per primo ha creduto nell’aspetto virtuale della Graffiti diffondendola, attraverso internet, in varie parti del<br />

mondo (in Oriente soprattutto, avviando uno scambio culturale assai interessante), in ultimo, nel 2005, Pittorica, che ha<br />

stretto con Graffiti una collaborazione fattiva. Possiamo affermare che oggi a Palermo, Graffiti & Pittorica offrono un<br />

ventaglio espositivo d’ampio respiro che coinvolge professionisti affermati, autori noti e giovani talenti. I tasselli di bellezza<br />

della Graffiti sono diventati le voci degli artisti che, compatti, hanno formato un mosaico compiuto, ben strutturato<br />

e corroborato nel tempo. Nelle sale dell’Addaura Hotel è così emersa la varietà dei linguaggi espressivi, un mondo<br />

interiore in cui gli artisti hanno reso al meglio la forma figurativa esprimendo i loro sentimenti, evidenziando dialettiche<br />

incentrate sul valore estetico universale.<br />

Tra i tanti aspetti positivi di tale iniziativa ne vorrei sottolineare uno, quello dell’ospitalità, che qui, all’Addaura Hotel è<br />

subito apparsa palese grazie alla gestione professionale degli architetti Silvana Moncada e Massimo Coraci che hanno<br />

accolto la mostra e gli artisti con affetto e simpatia. Qui, in albergo, espositori e opere si susseguono ogni giorno, sollecitando<br />

l’osservatore alla riflessione ed alla curiosità, invogliandolo culturalmente, coinvolgendolo emotivamente in una<br />

dinamica espositiva sempre nuova.<br />

Giuseppe Mendola / Addaura Hotel - Palermo, febbraio 2005


Il Cielo dentro la memoria<br />

L’occasione è propizia per parlare di Palermo, ma soprattutto del suo bellissimo (anzi eclatante) spazio culturale consegnatoci<br />

dalla storia e filtrato attraverso i secoli. Santa Maria dello Spasimo s’identifica con la recente rinascita della<br />

città ma anche con il travaglio di cinque secoli di storia e di cultura locali.<br />

Oggi, il complesso è riemerso grazie ai lavori di restauro iniziati nel 1988 e rappresenta uno dei luoghi artistico-culturali<br />

di primo piano della città. Il visitatore che vi entra dentro è subito rapito da un senso di stupore che solo un luogo magico<br />

come questo può emanare; due sono i parametri imprescindibili che occorre considerare se si vuole analizzare la<br />

struttura architettonica (dopo avere tralasciato la meraviglia): la memoria e la reinvenzione. La prima ci riporta alla data<br />

del 1506, anno in cui il giureconsulto Girolamo Basilicò aveva fondato un monastero per i Padri di Monte Oliveto dentro<br />

il rione della Kalsa a Palermo. Nel 1573 la presenza dei pirati turchi che minacciavano la città indusse il vicerè spagnolo<br />

a potenziare le opere di difesa della città e, in tal modo, la vecchia cinta muraria costituita da torri e cortine venne<br />

rinforzata con grandi bastioni a forma pentagonale, uno dei quali ricadenti proprio nel luogo dove sorgeva il monastero<br />

degli Olivetani. Questi ultimi, di conseguenza, dovettero abbandonare la sacra struttura ed ebbero in cambio il monastero<br />

di Santo Spirito, fuori dalle mura, dove oggi sorge l’omonimo cimitero. In seguito, chiesa e monastero furono acquistati<br />

dal Senato palermitano e trasformati in magazzini. Nella chiesa, successivamente adibita anche a pubblico<br />

teatro, vennero eseguite sacre rappresentazioni. Arriviamo adesso al nocciolo della questione. Perché allora l’intero<br />

complesso conventuale (chiesa, ospedale e magazzini comunali) venne denominato Lo Spasimo? Il motivo affascinante<br />

risiede in un quadro che, nel 1516, il giureconsulto Basilicò aveva commissionato al grande Raffaello Sanzio per la<br />

chiesa costruita anni prima, intitolato appunto Spasimo di Sicilia. Il Vasari ci racconta le peripezie dell’opera rivelandoci<br />

che, durante il trasporto del quadro stesso, da Roma in Sicilia la nave naufragò subito dopo essere uscita dal porto;<br />

miracolo volle che il dipinto si salvò, imballato ottimamente e, galleggiando, attraverso le onde giunse a Genova. I Padri<br />

Olivetani, così, recuperarono la preziosa opera che venne finalmente collocata nella chiesa dello Spasimo. Quando,<br />

nel 1573 i Padri Olivetani si dovettero trasferire altrove per il motivo anzidetto, portarono via anche il quadro di Raffaello.<br />

Nel 1661, un certo Giovanni Dies volendosi procacciare il favore del viceré Ferdinando D’Ayala, approfittando di una<br />

situazione turbolenta ed in maniera alquanto scorretta, regalò il dipinto al viceré che a sua volta lo donò al re Filippo IV.<br />

Quest’ultimo, per disobbligarsi, promise quattromila scudi al convento e cinquecento al priore Staropoli, ma, furbescamente,<br />

il compenso non fu mai pagato. Le suppliche dei Padri Olivetani furono tante e durarono fino al XIX secolo.<br />

L’opera, ancor oggi, è in territorio spagnolo, esposta al museo del Prado di Madrid.<br />

In questo incredibile luogo ho assaporato il fresco di una caldissima mattina di agosto. Ho condiviso le sensazioni, gli<br />

odori, gli umori ma anche la storia, la memoria e le invenzioni dello Spasimo, consapevole del fatto che la perfezione di<br />

una architettura non scaturisce da una formula matematica, ma dalla magia della sua spazialità. La chiesa, concepita<br />

come luogo chiuso e con una sensibilità tardo gotica, oggi ha mantenuto il suo fascino e la sua coerenza, pur avendo<br />

modificato l’assetto strutturale di alcune parti (attualmente, infatti, è un luogo aperto o semiaperto e non ha la copertura).<br />

L’architettura cinquecentesca, sorge come una cattedrale nel deserto, adagiandosi sul tessuto urbanistico di un<br />

centro storico ferito e lacerato in più punti. L’intervento di Daniel Buren, artista di fama internazionale, è oggi il pretesto<br />

per parlare ancora una volta dello Spasimo. Il suo progetto (la reinvenzione – secondo parametro di analisi) intitolato A<br />

cielo aperto, lavoro in situ - ribadisce la vitalità del luogo con la conseguente capacità camaleontica di trasformarsi ma<br />

anche di adattarsi alla particolare visione espressa dall’artista francese. In verità il suo intervento, nel fittizio gioco di<br />

specchi, moltiplica i punti di vista da cui godere della bellezza del sito, coinvolgendo psicologicamente il visitatore che<br />

avvia un dialogo emozionale e fisico con tale spazio. Lo stesso accade, nella chiesa, per i pannelli colorati che contrastano<br />

significativamente (ma non violentemente) con le monofore, e per le bande metalliche in bianco e nero che ricoprono<br />

l’intradosso degli archi: in entrambi i casi è accentuata la lettura dei pieni sui vuoti della struttura, ma non è alterata<br />

la spazialità dell’insieme in cui il cielo entra dentro la memoria storica del sito. In conclusione, Palermo è viva e Lo<br />

Spasimo ne è la prova tangibile. La città si sta trasformando in un laboratorio artistico permanente ed efficiente e l’Officina<br />

delle Arti Contemporanee testimonierà, in futuro, lo sviluppo di un percorso culturale autonomo.<br />

Fabrizio Costanzo / Il Notiziario dell’A.I.A.M. (Roma) – Notizie dal Mondo dell’Arte - Ed. cartacea n°51 (gen./mar. 2001) - Ed. telematica dic. 2000


Daniel Buren - A cielo aperto - lavoro in situ<br />

SANTA MARIA DELLO SPASIMO - Palermo, ottobre 2000


L’artista e la bottega medioevale...sempre attuale<br />

Proviamo a dare uno sguardo alla civiltà del passato soffermandoci, in particolare, su di un preciso momento storico,<br />

buio per alcuni, attivo e pieno di prospettive per altri: il Medioevo. Tali considerazioni partono, neanche a dirlo, dall’universo<br />

artista, pieno di problematiche anche in quel tempo; questi, pittore, scultore o architetto che fosse, viveva all’interno<br />

di un meccanismo perverso che ne azzerava la professionalità e la libertà espressiva, relegando la sua attività<br />

sociale ad una dimensione di secondo piano, comune a molte altre. La condizione culturale era così bassa che nessun<br />

esponente dell’alta borghesia o della nobiltà avrebbe mai pensato di intraprendere tale strada. Istituzionalmente l’artista<br />

doveva far parte di una corporazione che, in apparenza, lo proteggeva e lo preservava da ingiustizie palesi: in realtà<br />

tanti erano gli oneri e le regole che doveva seguire, inesistenti gli onori. Il pittore apparteneva alla corporazione dei<br />

Medici e degli Speziali così come i mercanti di colore, i medici, i farmacisti e i commercianti di prodotti vari. Scultori ed<br />

architetti, ancor più giù, appartenevano alla corporazione minore dei Muratori e dei Carpentieri. Il pittore, sembrava<br />

quindi quello messo meglio, ma in realtà il suo potere di contrattazione all’interno della corporazione era assai relativo<br />

in quanto si configurava come semplice sottoposto dell’arte al pari dei macinatori di colori e degli imbianchini, senza<br />

avere alcuna parte attiva nel sistema. La situazione per il pittore però, gradualmente, sembrò migliorare dalla metà del<br />

Trecento in poi, e si assistette a continui segnali d’indipendenza e di dinamicità di questi, tali da arrivare, in seguito,<br />

persino alla riunione autonoma come dipintore e a far parte della Compagnia di San Luca (Firenze), un’importante confraternita<br />

religiosa di laici. Il pittore quindi, emancipato rispetto allo scultore ed all’architetto, cominciò ad organizzarsi in<br />

maniera sempre più qualitativa mostrando un estremo rigore procedurale nella pratica didattica.<br />

La bottega era organizzata capillarmente e considerata l’ombelico del mondo. Tutti gravitavano attorno ad essa: apprendisti,<br />

giornalieri, aiuti, gente comune, artisti vari, ricchi borghesi, ordini monastici, nobili, ecclesiastici ecc.. Nella<br />

bottega si realizzavano oggetti di diverso tipo perché l’artista, avendo una formazione poliedrica, riceveva le commissioni<br />

più disparate, dall’affresco alla gualdrappa da cavallo, dalla pala d’altare agli stendardi e ai cortinaggi, solo per<br />

fare qualche esempio. Il pittore iniziava come apprendista presso un Maestro della corporazione; qui, con un approccio<br />

graduale, imparava il mestiere e la disciplina, cominciando, com’è ovvio, dalle mansioni più umili, prime fra tutte la<br />

macinazione dei colori e la preparazione delle tavole. Per anni seguiva il proprio Maestro con impegno e dedizione<br />

senza avere la possibilità e la coscienza di dipingere autonomamente. Solo in seguito l’apprendista-pittore poteva copiare<br />

i capolavori del Maestro e impararne tutti gli espedienti. La corporazione prescriveva anche i colori da usare e<br />

quelli da bandire (ad esempio era proibito il blu di Prussia e concesso invece il blu oltremare, che peraltro insieme al<br />

color oro era fondamentale e molto caro).<br />

Nel Medioevo il rapporto artista-committente era sintomatico della società di quel periodo: non esisteva la cosiddetta<br />

libertà artistica così come la intendiamo oggi e, chi commissionava, si aspettava dall’artista esattamente la trasposizione<br />

pratica del suo pensiero senza divagazioni di sorta. Solo il sommo Giotto, riconosciuto unanimemente e celebrato<br />

fin dai tempi, poteva esprimere il suo genio liberamente (ma sempre entro certi limiti). Il rapporto artista-committente<br />

era quindi unilaterale e poco (o per niente) democratico, e come tale equiparato ad un qualsiasi rapporto tra l’autorità e<br />

l’operaio subordinato. Il committente poteva inoltre esigere un eventuale risarcimento dall’artista se il prodotto finale<br />

non lo soddisfaceva, in virtù del fatto che era l’unico a potere sostenere l’onere per le procedure. Tutto questo potrebbe<br />

far pensare che i contratti stipulati fossero superficiali nella loro stesura: nient’affatto! – Molti aspetti del prodotto da<br />

realizzare erano ben definiti ed evidenziati: dimensioni, materiali, numero delle figure e ancora, compensi, termini del<br />

pagamento, scadenze di consegna dell’opera. L’artista doveva accollarsi le spese del salario dei lavoranti della bottega<br />

e, spesso, dei materiali occorrenti per eseguire l’opera. E’ facile, a questo punto trarre la conclusione che l’artista beneficiava<br />

ben poco del fatto di potersi riunire all’interno della corporazione dovendo sottostare a contratti così pesanti.. La<br />

voglia di arricchirsi o di stare bene economicamente, anche a quei tempi, doveva essere forte per la categoria, ma le<br />

somme elargite dai committenti erano quasi sempre esigue e non permettevano all’artista di condurre una vita agiata;<br />

pare addirittura che, nel caso di commissioni monastiche, il pagamento avvenisse in natura.<br />

Queste le considerazioni sul periodo storico preso in esame; sorge spontanea una domanda: potrebbe essere valida,<br />

oggi, un’organizzazione didattico-professionale così strutturata? Una sorta di fabbrica delle idee dove artisti dalla formazione<br />

completa rispondono ad ogni tipo di richiesta del committente più o meno ricco ma pur sempre esigente?<br />

La storia ci insegna che qualcosa di simile è già stato sperimentato in Germania con la scuola Bauhaus di Weimar…


ma quella è stata tutta un'altra storia.<br />

Sognare è lecito e, aggiungerei, non sempre utopistico. Per tale motivo, nonostante la società del 2000 ci impone di<br />

andare avanti nell’ottica del pixel, penso che una sana velatura di nostalgia non ci danneggerebbe. L’immagine dell’artista,<br />

maestro di bottega è anacronistica ma perseguibile, così come quella dell’artista-apprendista che con modestia<br />

impara il mestiere senza vergognarsene, soprattutto, senza pensare di saltare le tappe obbligatorie, insostituibili, della<br />

sua formazione di uomo e di artista-professionista. Spesso, la velocità d’intenti e di tempi e la “fretta commerciale”<br />

(tanto per intenderci), sono gran brutte bestie che ci stressano; occorre andare avanti, intuendo che i “tempi biologici”<br />

sono necessari anche per l’opera d’arte e che l’artista-demiurgo, oggi come ieri, ha l’obbligo morale di rispondere<br />

alle richieste più disparate con qualità e preparazione, a volte a voce bassa, altre volte in silenzio, in una società, quella<br />

odierna, che preferisce urlare ed esprimersi in forma eclatante pur di stupire e di raggiungere il sospirato indice di<br />

ascolto.<br />

Fabrizio Costanzo / Il Notiziario dell’A.I.A.M. (Roma) – Notizie dal mondo dell’arte - Ed. cartacea ed Edizione telematica dicembre 2001


Graffiti<br />

Nel Castello<br />

L’Addaura Art, nel panorama delle iniziative d’arte per il turismo, sposta il baricentro della sua azione a Carini, ospite<br />

del Comune, nel bellissimo castello appena restaurato che profuma ancora d’arte e di storia. Il maniero, il cui aspetto<br />

attuale è quello del XVI secolo, si presenta massiccio, con mura di pietra alte e compatte, torrioni circolari e quadrati,<br />

un vasto cortile interno con vari ambienti intorno, una scala che porta al piano superiore e altri elementi che connotano<br />

e denotano un luogo fisico… e di sentimenti. Suggerisce materia, geometria, raccordo funzionale, concatenazione<br />

strutturale, sintesi di linguaggio, simbologia, metafora: tutto oltrepassa la pura sfera visiva per assurgere a parametro<br />

psicologico ed emotivo, stimolo e carica creativa. A completare il quadro di per sé complesso, il castello si lega alla<br />

storia della Baronessa di Carini, Laura Lanzi, uccisa dal padre, come racconta un poemetto in lingua siciliana: il fatto<br />

ha dato fama al luogo ed è stato ampiamente pubblicizzato dai mass-media… insomma gli elementi identificativi del<br />

luogo ci sono tutti, storico-artistici, scenografici e spaziali, spettacolari, sentimentali. Il castello, architettura sicura e<br />

ambiziosa, testimonia ancor oggi le azioni degli uomini che si perpetuano attraverso i secoli.<br />

La collettiva organizzata a cura della Delegazione A.I.A.M. di Palermo, propone i nomi già noti del Gruppo Graffiti<br />

dell’Addaura Hotel di Palermo. Tanti gli artisti di primo piano gravitanti nel giro dell’Accademia di Belle Arti di Palermo e<br />

dell’Accademia d’Arte Moderna di Roma e, oltre la metà, recentemente storicizzati da Nicolò D’Alessandro nella prestigiosa<br />

Storia della Sicilia di Editalia – Gruppo Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, tutto ciò a conferma, se ce ne fosse<br />

bisogno, della qualità degli artisti selezionati e delle opere oggi presenti alla mostra-evento di Carini. L’aspetto che<br />

sicuramente vale la pena sottolineare è quello relativo al fatto che una collettiva, di solito, presenta un numero di pittori<br />

e scultori non sempre bene assortito, che si conoscono poco o niente pur esponendo spalla a spalla: qui invece il gruppo<br />

sta insieme da circa tre anni, ogni giorno, vivendo lo spazio fisico e di relazione dell’Addaura Hotel di Palermo.<br />

Il luogo, quindi, ancora una volta unisce gli autori, li sprona a conoscersi, a confrontarsi, a dialogare, diventando sinonimo<br />

d’identità nel momento stesso in cui gli artisti s’identificano con esso. Il castello di Carini certamente si pone in questi<br />

termini, rendendo pubblico il suo spazio fisico, esaltandolo se è il caso, porgendolo a pittori e scultori in un confronto<br />

continuo e sinergico di azioni e d’idee. Abbiamo superato il Duemila, ma gli uomini (e gli artisti in particolare), pur se<br />

proiettati verso il futuro globalizzante, dimostrano di essere legati sentimentalmente al luogo inteso come entità spaziotemporale,<br />

memoria affettiva: apprezzano il presente senza rinnegare il passato, condizione unica e lecita per guardare<br />

il futuro.<br />

Fabrizio Costanzo / Carini, 9 settembre 2001


Fabrizio Costanzo presenta la mostra con il Sindaco di Carini Gaetano La Fata<br />

Nel Castello - CASTELLO DI CAR<strong>IN</strong>I - 9 settembre 2001


Graffiti<br />

Nel Castello - artisti siciliani contemporanei<br />

Lontana dall’ordine generalizzante d’una possibile tendenza o da sterili pretese stilistiche, una mostra come questa,<br />

voluta e coordinata dall’intelligente pittore e operatore culturale Fabrizio Costanzo, trova forza e carattere nell’assenza<br />

di un linguaggio dominante superandone le barriere e offrendo un panorama ampio e diversificato sull’attuale produzione<br />

artistica siciliana. Il nutrito numero di presenze permette di verificare, accanto alle esperienze di artisti la cui fama è<br />

ormai consolidata, quelle delle generazioni più vicine, proponendo l’analisi su personalità maturate in contesti differenti,<br />

ma tutte capaci di avvertirci dell’aderenza di ciascuno al proprio tempo e soprattutto della capacità di confrontarsi con<br />

la complessità del mondo contemporaneo. Tale ampiezza di riferimenti rintraccia, in un percorso che comprende grafica,<br />

pittura e scultura, il senso della convivenza poetica, cioè di uno sviluppo che basa le ragioni d’un esistere sulla qualità<br />

del fare, testimoniando peraltro la costante vitalità dell’esercizio dell’arte…<br />

Marcello Palminteri / Nel castello – Carini, settembre 2001<br />

Nel castello<br />

Trentatrè artisti siciliani contemporanei espongono le loro creazioni al Castello di Carini, una mostra diretta e coordinata<br />

dal pittore Fabrizio Costanzo che, per l’occasione, ha voluto evitare tematiche e connotazioni specifiche per offrire<br />

un ampio ventaglio di opere frutto della creatività degli artisti siciliani contemporanei. Questi i noti artisti presenti: Antonella<br />

Affronti, Nino Bruno, Nicola Busacca, Salvatore Caputo, Roberto Cavallaro, Paolo Chirco, Fabrizio Costanzo,<br />

Egidio Cotroneo, Rosetta D’Alessandro, Toni D’Antoni, Marcello Follari, Pippo Giambanco, Manlio Giannici, Anna Kennel,<br />

Leonardo La Barbera, Sonia Lo Bue, Franco Lo Cascio, Stefano Lo Presti, Achille Lugaro, Pino Manzella, Riccardo<br />

Mazzarino, Elena Pagani, Gabriella Patti, Antonino G.Perricone, Francesco Pintaudi, Calogero Piro, Gianni Provenzano,<br />

Daniela Riccioli, Giuseppe Simonetti, Giusto Sucato, Totò Vitrano, Vincenzo Vinciguerra, Eva Warnke.<br />

La mostra, realizzata con il patrocinio dell’Assessorato Cultura e Turismo del Comune di Carini, è stata organizzata in<br />

collaborazione con l’Accademia Internazionale D’Arte Moderna di Roma e con L’Addaura Art di Palermo.<br />

Corrado Lo Piccolo / Servizio per il TG di Tele Occidente – Montelepre<br />

Nel castello – Carini, 13 settembre 2001


Graffiti<br />

Nel Castello<br />

Parliamo adesso di pittura.<br />

Domenica, e fino al 16 Settembre 2001, si potrà ammirare la rassegna di 33 artisti siciliani contemporanei. Noi ne abbiamo<br />

parlato con l’organizzatore e artista della singolare iniziativa, il prof. arch. Fabrizio Costanzo.<br />

- Professore Costanzo, qui al castello di Carini, una rassegna di 33 artisti: cosa vogliono rappresentare?<br />

- Anzitutto se stessi attraverso il loro linguaggio. Questi artisti costituiscono già un gruppo di professionisti ben consolidato<br />

che proviene dall’Addaura Hotel di Palermo. Lì, con Francesco Carbone, abbiamo condiviso un progetto espositivo<br />

che oggi include una quarantina di autori, con formazioni differenti: una parte proviene dall’Accademia di Belle Arti<br />

di Palermo, un’altra appartiene alle gallerie, un ultimo gruppo è costituito da giovani artisti che si sono già distinti nel<br />

campo delle arti visive.<br />

- Lei mi diceva che molti autori hanno un’esperienza artistica di un certo valore, comunque sono conosciuti fuori dalla<br />

Sicilia…<br />

- Si, molti dei nostri artisti sono già conosciuti in Italia o all’estero. Sono da esempio quasi tutti i pittori e gli scultori oggi<br />

presenti a Carini. Uno degli obiettivi che noi dell’Addaura Art intendiamo portare avanti è la divulgazione del nostro<br />

gruppo fuori dall’isola: era anche il sogno di Francesco Carbone… Oggi il sogno è diventato realtà perché la Graffiti<br />

dell’Addaura Hotel è conosciuta, stimata e patrocinata dall’Accademia Internazionale d’Arte Moderna di Roma e da<br />

questa divulgata in varie parti del mondo.<br />

- Perché il castello di Carini?<br />

- Il castello di Carini è indubbiamente un luogo di memoria; noi abbiamo voluto intitolare la mostra semplicemente “Nel<br />

castello” in quanto omaggio al luogo stesso. Nell’era della globalizzazione l’artista dimostra di essere ancora legato al<br />

luogo: noi dell’Addaura Art ci ritroviamo in un hotel in quanto architettura contemporanea, il castello, invece è un luogo<br />

di memoria. Nel momento stesso in cui il luogo di memoria condivide la propria esperienza con quella degli artisti di<br />

oggi e, in generale, con l’arte contemporanea, la simbiosi che ne deriva diventa un fatto assolutamente lecito e identificativo.<br />

Partinico – TV 7 / Intervista per il TG7 - Carini, 11 settembre 2001


Nel Castello<br />

CASTELLO DI CAR<strong>IN</strong>I - 9 settembre 2001


Sopra e sotto: A.Perricone, M.Coraci, P.Chirco, R.D’Alessandro, A.Lugaro, F.Costanzo, M.Palminteri, G.Sucato<br />

P.Giambanco, E.Warnke, A.Affronti, G.Patti, G.Simonetti, M.Follari, N.Busacca, P.Manzella, F.Pintaudi, E.Pagani


Arte & Mestieri nella Conca d’Oro<br />

Arte, storia e cultura: le potenzialità del patrimonio artistico, storico e culturale di Altofonte nella Sicilia d’oggi.<br />

Il territorio, luogo di esperienza delle risorse umane (produttive e culturali), esprime la capacità di autogestirsi e di autorappresentarsi<br />

attraverso un lavoro di rete utile e indispensabile per la sua stessa sopravvivenza, impiegando tutte le<br />

potenzialità in atto affinché verifichi il fatidico passaggio da “semplice porzione di terra… a luogo delle attività produttive”<br />

– Zingarelli).<br />

La capacità autorappresentativa è da intendersi come abilità progettuale, volontà ferma e decisa di costruire il dato<br />

culturale attraverso varie componenti ambientali e storiche in grado di evidenziare, sia il carattere di memoria del luogo<br />

che la sua esigenza di proiettarsi nel futuro. In quest’ottica è lecito pensare ad una gestione intelligente del territorio,<br />

che non può e non deve continuare a sopravvivere perché il rischio è quello di essere dimenticato.<br />

L’esperienza odierna di Altofonte, è un chiaro esempio di congruo utilizzo delle risorse in atto nel territorio. Sponsor<br />

privati ed Enti pubblici vanno a braccetto, cooperano, si cercano, trovano aiuto e spinta nell’istituzione didattica di ogni<br />

ordine e grado, nei commercianti, nella gente comune: tutti devono bere alla stessa fonte, vivere il luogo respirandone<br />

l’atmosfera culturale: occorre proporre un’attrattiva interessante e piacevole al visitatore del comprensorio, della provincia,<br />

dell’Isola, turista o altro, trovando un pretesto utile per farlo giungere fin qui. Il pericolo, va detto subito, è quello di<br />

creare un oggetto culturale troppo prezioso per Altofonte, un oasi nel deserto, bella a vedersi ma utilizzabile solo per<br />

pochi: bisogna, al contrario, seminare tutto il territorio, far sì che l’evento abbia consistenza e continuità, venga assimilato<br />

naturalmente e senza forzature, affinché ne diventi parte integrante; il processo dovrà essere innescato con cura e<br />

meticolosità per riuscire ad andare avanti da solo, entrando dentro le case della gente ma soprattutto nei loro pensieri.<br />

Solo allora il territorio comincerà a diventare interessante e acquisterà potere di contrattazione spendibile in termini di<br />

fiducia reciproca, di ricerca culturale e di ritorno economico.<br />

Altofonte e Addaura, situazioni territoriali, storiche e ambientali così diverse ma limitrofe a Palermo, sono confrontabili<br />

perché entrambe traggono spunto e linfa dalla memoria del luogo: i normanni ad Altofonte, i graffiti all’Addaura…ma<br />

non solo. I segni del territorio, ivi compresi quelli paesaggistici e urbanistici, devono essere integrati e supportati da altri<br />

segni forti, opportunamente tarati e verificati durante l’iter procedurale, come ad esempio la costituzione di una pinacoteca<br />

organizzata in maniera dinamica e moderna: un esempio tra i tanti che mi vengono in mente è il museo polifunzionale<br />

Mirò di Barcellona, organizzato in varie sezioni con all’interno sale destinate alla didattica di ogni ordine e grado,<br />

laboratori per la sperimentazione contemporanea degli artisti del territorio, aule convegno, biblioteca, uffici computerizzati<br />

per la ricerca virtuale in campo artistico e, naturalmente, locali per l’esposizione delle opere. Certo questo è un<br />

esempio volutamente eclatante e provocatorio a cui vi ho accennato, ma non andando troppo lontano potrei suggerirvi<br />

tanti altri esempi, a noi vicini, sicuramente applicabili ad Altofonte con un‘opportuna opera di ridimensionamento progettuale.<br />

Penso all’esperienza calabra del paesino di Falerna, che ha visto protagonisti artisti provenienti dall’intero<br />

territorio nazionale per decorare porte e portali delle case degli abitanti del luogo; l’interessante formula di Una farfalla<br />

sul mare nell’isola di Favignana con la performance didattico-espressiva dei pittori che hanno realizzato gigantesche<br />

tele per poi donarle alla pinacoteca Comunale; le molteplici esperienze artistiche di tanti altri centri urbani che sono<br />

venuti alla ribalta per la realizzazione di murales, arredi urbani di ogni tipo o gli esempi ormai famosi di Gibellina e della<br />

Fiumara d’arte; in ultimo Graffiti a Palermo, nata in punta di piedi (ma con chiari intenti) ad opera del sottoscritto, di<br />

Massimo Coraci e di Francesco Carbone e che oggi fornisce un valido modello espositivo sotto forma di struttura organizzativa,<br />

sperimentazione e valorizzazione del luogo di appartenenza.<br />

Queste e tante altre esperienze dimostrano inequivocabilmente che non basta e non serve organizzare una mostra o<br />

un convegno, seppur interessanti, per identificare un luogo: occorre ben altro, la continuità soprattutto, la perseveranza<br />

nell’obiettivo da raggiungere, la convinzione di poter operare bene senza pretendere un risultato evidente ed istantaneo.<br />

Bisogna aver chiara la differenza fra mostra e progetto culturale: la prima attua un’esperienza limitata nel tempo,<br />

programmata per avere un apice e poi esaurirsi (struttura a parabola). Il secondo, è un vero e proprio progetto che<br />

nasce e si sviluppa nel tempo, duraturo o ciclico con risultati non riscontrabili che a lungo termine, che investe in cultura<br />

ed in economia configurandosi con un ritorno d’immagine dello stesso tipo.<br />

In quest’ultima ottica, il convegno odierno ha senso solo se fa il punto della situazione, propone strategie, si arricchisce


di nuovi elementi, diventa, insieme al progetto espositivo, segno forte e permanente, rappresentativo ed identificativo<br />

del contesto in cui opera.<br />

Fabrizio Costanzo / Arte, turismo e territorio: Graffiti, un percorso alternativo di gestione delle risorse (da un intervento/relazione al convegno)<br />

ABBAZIA CISTERCENZE, Altofonte, 11 maggio 2002<br />

Il Notiziario dell’A.I.A.M. (Roma) – Notizie dal mondo dell’arte - Edizione cartacea n°55 (gen./mar. 2003) ed Edizione telematica


Fabrizio Costanzo inaugura la mostra-convegno con Cesare Onorato<br />

Arte & Mestieri nella Conca d’Oro - PALAZZO RUGGERIANO - Altofonte, 11 maggio 2002


Fabrizio Costanzo incontra il sindaco di Altofonte Salvatore Corsale<br />

Arte & Mestieri nella Conca d’Oro - PALAZZO RUGGERIANO - Altofonte, 11 maggio 2002


Graffiti e Addaura Art: dal binomio Arte -Turismo alla sperimentazione espositiva<br />

Graffiti, un nome, un luogo, una tecnica, una memoria culturale e storica, una mostra: la nostra.<br />

Una sperimentazione visiva e organizzativa diventata realtà grazie all’impegno congiunto del sottoscritto (promotore<br />

del progetto e direttore artistico della mostra), del compianto critico d’arte e artista Francesco Carbone (figura di primo<br />

piano nell’arte visiva e nell’organizzazione di eventi culturali), di Massimo Coraci che, da manager e progettista del<br />

luogo dove ha sede la mostra permanente, ha concepito l’Addaura Hotel Residence Congressi di Palermo come una<br />

struttura alberghiera polifunzionale in grado di ospitare artisti ed opere d’arte. Un progetto espositivo che ha preso forma<br />

e consistenza grazie all’accuratezza e alla pazienza con cui sono state collocate le tessere-puzzle dell’immagine.<br />

E’ così che, in un grande contenitore, abbiamo messo tutta la nostra professionalità, l’esperienza fin qui accumulata e<br />

una buona dose d’inventiva, doti queste, che non guastano mai. Abbiamo coinvolto giovani e valenti artisti, pittori professionisti<br />

delle gallerie, l’Accademia di Belle Arti di Palermo con in testa il suo direttore Stefano Lo Presti; abbiamo<br />

trovato lo sponsor ufficiale su internet (www.mioStudio.it) invitando i visitatori dell’hotel (oltre 40.000 ad anno) a consultare<br />

la mostra e i siti degli artisti attraverso il nostro Internet point. Ci siamo pubblicizzati sul catalogo degli artisti siciliani<br />

(Scirocco Edizioni)…riassumendo, abbiamo sfruttato le risorse in atto (anche quelle del territorio) creando un servizio<br />

di rete. Oggi, a distanza di tre anni, mostriamo un prodotto ben congegnato, esportabile, che fornisce energie, organizzazione<br />

ed artisti ad altre manifestazioni con ritorno spontaneo d’immagine. Parecchi gli articoli già scritti sulla Graffiti<br />

(oltre 10), di cui alcuni su testate giornalistiche prestigiose come Il Mattino di Napoli e Il Messaggero di Roma. Tanta<br />

promozione, quindi, per una mostra capillare, reale e virtuale che raccoglie parecchi linguaggi differenziati e varie tecniche,<br />

dalla pittura ai disegni e alle incisioni, dalle sculture alle installazioni.<br />

Da Novembre 2000, l’intero progetto espositivo è patrocinato dall’Accademia Internazionale d’Arte Moderna di Roma<br />

che contribuisce, con il suo prestigio, ad impreziosire ancor più una mostra singolare di per sé ricca di spunti e annotazioni.<br />

L’esperienza di Altofonte ci entusiasma e ci arricchisce ulteriormente per vari motivi: perché c’introduce dentro un<br />

luogo storico che, come il nostro dell’Addaura, intende rispettare e valorizzare il proprio patrimonio artistico; perché ci<br />

proietta nella dinamica culturale ed organizzativa privato-pubblico-didattica; perché c’induce al confronto con artisti di<br />

una dimensione diversa dalla nostra (l’associazione Milano Arte), “Così lontana, così vicina… e così interessante”.<br />

Fabrizio Costanzo / Arte & Mestieri nella Conca d’Oro – Così lontano così vicino: artisti lombardi e siciliani al Palazzo Ruggeriano<br />

(da un’introduzione al catalogo del convegno) - Altofonte, maggio 2002


Angelo Denaro, Manlio Giannici, Fabrizio Costanzo, Antonella Affronti<br />

Così lontano così vicino: artisti lombardi e siciliani al Palazzo Ruggeriano - Altofonte, 10 maggio 2002


Angelo Morello (Università di Palermo), Fabrizio Costanzo (Delegato Regionale A.I.A.M. Roma),<br />

Nino Di Lorenzo (Sindaco di Piana degli Albanesi), Carla Zucchi (Presidente Associazione Milano Arte)<br />

Convegno Arte, storia e cultura: le potenzialità del patrimonio artistico, storico e culturale di Altofonte nella Sicilia d’oggi<br />

PALAZZO RUGGERIANO - Altofonte, 11 maggio 2002


Angelo Morello (Università di Palermo), Fabrizio Costanzo (Delegato Regionale A.I.A.M. Roma),<br />

Carla Zucchi (Presidente Associazione Milano Arte), Pasquale Hamel (Storico)<br />

Convegno Arte, storia e cultura: le potenzialità del patrimonio artistico, storico e culturale di Altofonte nella Sicilia d’oggi<br />

PALAZZO RUGGERIANO - Altofonte, 11 maggio 2002


Graffiti<br />

Parametri di lettura dell’opera d’arte<br />

Il corso di formazione per docenti incentrato sulla didattica del linguaggio cinematografico, trova il suo momento centrale<br />

nella lettura dei parametri dell’opera d’arte cui oggi è dedicato il mio intervento.<br />

Il piano di lavoro prevede due fasi distinte ma integrate tra loro: una di discussione e di chiarimento degli elementi basilari<br />

che intercorrono (con le varianti insite) nel processo di lettura dell’opera d’arte; l’altro, di applicazione nel reale degli<br />

elementi anzidetti teoricamente, attraverso l’osservazione diretta del manufatto artistico.<br />

La mostra Graffiti degli artisti siciliani contemporanei presenti all’Addaura Hotel di Palermo ben si presta al nostro<br />

obiettivo di lavoro, in quanto presenta varietà di linguaggi, espressioni e materiali ed è già concepita nell’ottica didattico<br />

-professionale. Il principio chiave che sarà seguito in tutto il corso è quello della destrutturazione/ristrutturazione dell’opera,<br />

con conseguente lettura finale e tabulazione dei dati. Lo studio dal vero abituerà i docenti all’emozione ed al<br />

sentimento…alla formazione dell’io psichico ed indagativo che sarà in seguito trasferito agli alunni in classe o durante<br />

visite e viaggi d’istruzione. Il piano di lavoro intende scavalcare la soluzione quasi sempre teorica e ipotetica dello studio<br />

didattico effettuato sulle immagini riprodotte per valorizzare invece l’osservazione diretta dell’opera d’arte dove interviene<br />

un fattore di emozionalità visiva simile a quello della rappresentazione teatrale.<br />

Durante la prima fase, nello specifico, saranno affrontati gli elementi-parametro che sono presenti nell’opera d’arte e<br />

che compongono i cinque livelli di lettura visiva. Primo livello/generale: intuitività dello spazio, tecniche anatomiche,<br />

struttura del linguaggio visivo e percezione visiva. Secondo livello/culturale: conoscenza generale dei Beni Culturali e<br />

Ambientali e degli aspetti sociali, religiosi, psicologici, storico-politici, geografici ed economici che gravitano intorno<br />

all’opera d’arte. Terzo livello/tecnico: conoscenza dei materiali e applicazioni della geometria descrittiva; sistemi di rappresentazione<br />

(impianto compositivo e struttura portante); configurazione congruente (relazione tra i singoli elementi e<br />

in rapporto con la superficie da adottare nella rappresentazione; bilanciamento visivo dei colori e delle forme, ecc.);<br />

validità e coerenza del tema trattato in relazione al linguaggio ed alla tecnica utilizzata dall’artista. Quarto livello/<br />

estraniamento: parametri che l’artista-pittore deve mettere in gioco nell’esecuzione dell’opera; carattere divergente<br />

(possibilità di arrivare alla soluzione del problema attraverso percorsi differenziati. Quinto livello/quid: indeterminato e<br />

indefinibile, necessario perché incide sulla nostra psiche. E’ in stretto rapporto con la memoria, il quotidiano e le abitudini,<br />

il contesto territoriale e socio politico, la salute, gli incontri, l’educazione familiare, la formazione professionale,<br />

ecc.. A questo punto, stilati i parametri individuativi, possiamo affermare che l’opera d’arte, per definirsi tale, deve tener<br />

conto di tutti e cinque i livelli esposti. I primi quattro innescano una condizione necessaria ma non sufficiente e possono<br />

essere utilizzati dall’intelletto tramite lo studio e l’applicazione. Il quinto livello (quid) non quantificabile spazialmente e<br />

temporalmente, è una vera e propria incognita che possiede infinite variabili. L’ineffabilità dell’opera d’arte dipende da<br />

quest’ultimo livello: è il dolce mistero di una disciplina senso-non senso che ha le sue regole ma non si rivela come<br />

scienza esatta….<br />

La seconda fase permetterà di addentrarci all’interno dell’opera d’arte stimolando direttamente i nostri sensi. Di fronte<br />

al quadro, attiveremo una condizione psichica di attrazione-repulsione che ci guiderà (e ci condizionerà) successivamente<br />

nell’espressione del giudizio.<br />

Il senso-consenso rispetto alle situazioni pregnanti (che già conosciamo e ritroviamo nel bagaglio delle nostre esperienze<br />

di vita) ci stimolerà e ci farà schierare positivamente nei confronti di ciò che osserveremo (rispetto all’idea, alle<br />

tecniche, ai linguaggi, alle tematiche ecc.); il non senso-consenso ci depisterà conducendoci invece sul livello di nonconoscenza<br />

(o di conoscenza ripudiata). Queste due posizioni sono proprio quelle che indagheranno il nostro quid di<br />

partenza, chiudendo il cerchio della conoscenza e delle sensazioni come attività dell’intelletto….<br />

Fabrizio Costanzo / Corso di formazione per docenti – Istituto Comprensivo Leonardo Sciascia e Addaura Hotel. Palermo 2002<br />

(da un intervento/relazione sui parametri di lettura dell’opera d’arte)


Opere in esposizione / momenti dell’evento<br />

Corso di formazione per docenti – ADDAURA HOTEL - Palermo, 2002


Segno & Colore<br />

L’Hotel Club Ramuxara di Campobello di Mazara, con l’iniziativa in oggetto, investe in cultura affidando la propria immagine<br />

ad artisti professionisti che giocano un ruolo importante dentro e fuori il territorio siciliano. Come già ampiamente<br />

detto in altri contesti, l’Addaura Art espone attingendo artisti dalla Graffiti dell’Addaura Hotel di Palermo, con<br />

supporto di idee e organizzazione, soprattutto di professionalità, affinché la semplice vetrina espositiva si trasformi in<br />

occasione culturale di confronto tecnico e di linguaggi. Non la collettiva sterile, quindi, formata da artisti occasionalmente<br />

invitati che poi si disperdono, ma un gruppo ben affiatato e già collaudato, molto più ampio di quello odierno, che<br />

alloggia da anni in un altro albergo (l’Addaura Hotel di Palermo). Pittori e scultori siciliani, partendo dal loro luogoesposizione,<br />

dialogano, s’incontrano (con il pubblico e gli addetti ai lavori), si confrontano con altri artisti, creano movimento<br />

e situazioni.<br />

Graffiti & Addaura Art, con il patrocinio permanente A.I.A.M. (Accademia Internazionale d’Arte Moderna di Roma), sono<br />

già una realtà nella nostra Isola… e oltre: lo dimostrano i numerosi articoli scritti sulla mostra (permanente e dinamica)<br />

da prestigiose testate giornalistiche nazionali.<br />

Oggi, l’Hotel Club Ramuxara, diligentemente, coglie il messaggio facendosi promotore di una rassegna di arti visive<br />

particolare ed elegante, un confronto, tra gli artisti dell’Addaura Art ed altri artisti siciliani contemporanei, rivolto ai turisti<br />

frequentatori dell’albergo e, in generale, al territorio circostante. Ramuxara, quindi, nell’ottica di Segno & Colore, non si<br />

propone più soltanto come un albergo: benché giovane (di nuovissima costruzione) vuole elevarsi a situs culturale polivalente,<br />

valorizzando il luogo e apponendo le tessere di un’immagine da definire.<br />

Fabrizio Costanzo / Segno & Colore - Hotel Ramuxara - Campobello di Mazara, luglio 2002<br />

Presentazione in catalogo


Marcello Palminteri, Fabrizio Costanzo e l’assessore alla cultura di Campobello di Mazara inaugurano la mostra<br />

Segno & Colore - HOTEL RAMUXARA, 17 luglio 2002


Segni & Segnali<br />

Segni & Segnali rappresentano i due poli identificativi e significativi della mostra in atto. Evidenziano, nel contempo,<br />

aspetti diversi della stessa ricerca, da quello espressivo della Tabula picta che intende mostrarsi in un unicum (benché<br />

caratterizzata da individualità e linguaggi specifici), a quello prettamente comunicativo che mira a diffondere segnali distensivi<br />

di dialogo e messaggi culturali fortemente condizionanti.<br />

Sollecitazioni sensoriali, visive soprattutto, tessere di un puzzle che trovano l’immagine conclusiva nel gioco-sostegno<br />

delle parti. Gli artisti professionisti qui presenti, partono dal capoluogo siciliano per diffondere la loro azione dentro e fuori<br />

l’Isola, veicolando e storicizzando l’iter espressivo all’interno di un luogo di assoluto valore storico e architettonico (…).<br />

Fabrizio Costanzo / Premio La Fenice - presentazione in catalogo<br />

Assessorato Beni Culturali e Ambientali - Pubblica Istruzione - Regione Siciliana - Soprintendenza Beni Culturali e Ambientali di Palermo<br />

Un momento della manifestazione<br />

Premio La Fenice - ALBERGO DELLE POVERE, ottobre 2002


Premio La Fenice / la giuria: Vinny Scorsone, Angela Zuccarello, Bent Parodi, Maria Teresa Prestigiacomo, Pino Giacopelli<br />

Antonella Brandi, Alberto Monteleone, Donatella Moncada, Carmela Cannizzaro, Salvo Ferlito, Fabrizio Costanzo


Guttuso guarda Guttuso<br />

Un evento nell’evento.<br />

Sentimentale, passionale, lucido e analitico: irripetibile. E’ Renato Guttuso in mostra a Bagheria - Dal Fronte nuovo<br />

all’autobiografia - nel segno dei venticinque anni dei Beni Culturali in Sicilia.<br />

L’intera regione è in festa (non solo perché si avvicina il Natale…) e saluta il passaggio al nuovo anno con una serie di<br />

manifestazioni di alto livello. A Palermo: La ricerca dell’identità da Antonello a De Chirico dell’Albergo delle Povere,<br />

curata da Vittorio Sgarbi; I Serpotta, tra restauro e ricerca, con l’apertura degli oratori serpottiani; il restauro della Fontana<br />

Pretoria; Forme d’acqua a Palazzo Belmonte Riso e, punta dell’iceberg, a Bagheria, nella settecentesca villa Cattolica,<br />

Guttuso. Dal Fronte nuovo all’autobiografia curata da Fabio Carapezza Guttuso e Dora Favatella Lo Cascio. Qui,<br />

tra il profumo degli aranci, il cielo limpido e il mare blu (come il blu d’Aspra inventato da Guttuso) si erge maestosa la<br />

storica villa (una delle tante che da queste parti fanno corpo unico con il fenomeno delle bellissime ville settecentesche<br />

della Conca d’Oro di Palermo, Bagheria e Mezzo Monreale, dove l’antica nobiltà amava trascorrere al fresco le caldi<br />

estati siciliane.<br />

Oggi, villa Cattolica, dopo tre anni di laboriosi restauri rivive magicamente, restituendo la fabbrica alla pubblica fruizione.<br />

La città così si riappropria della significativa area culturale d’importanza internazionale diventata Civica Galleria<br />

d’Arte Moderna e Contemporanea, dedicata al maestro Renato Guttuso. In questa splendida cornice emozionale e di<br />

eventi Guttuso scrive una pagina di storia con una mostra accanto un’altra mostra: entrambe lo riguardano, entrambe<br />

si guardano e si completano, l’una nei corpi bassi della villa (quella temporanea), l’altra nel piano nobile (quella permanente).<br />

Le oltre trecento opere al momento presenti a villa Cattolica testimoniano uno spaccato di vita pubblica e privata,<br />

di grande rispetto. Nell’esedra esterna ancora una testimonianza di alto livello: il grande sarcofago rettangolare della<br />

tomba di Guttuso che qui riposa, interamente costruito in marmo azzurro del Brasile, mirabilmente progettato da<br />

Giacomo Manzù.<br />

La mostra temporanea Guttuso. Dal Fronte nuovo all’autobiografia, propone un ventennio di produzione del maestro<br />

(1946-1966). L’esposizione, strutturata per sezioni, evidenzia gli aspetti noti e meno noti della sua attività da intellettuale:<br />

dalle collaborazioni teatrali alle varie illustrazioni, ai rapporti con le altre personalità della cultura (pittori, letterati,<br />

politici, musicisti), con la gente comune e con la sfera privata. Guttuso, negli anni del dopoguerra sarà un protagonista<br />

scomodo dell’Italia del rilancio, sempre dentro il dibattito sul Realismo, perno di una situazione di contese artistiche che<br />

sfocerà spesso nel sociale e nel politico. Promuoverà il rinnovamento della cultura nazionale proponendo l’avvicinamento<br />

a modelli europei in generale, e francesi in particolare. Il Fronte nuovo delle arti sintetizzerà il momento di euforia<br />

storica del periodo ma sarà solo una fase (che finirà nel 1950) cui ne seguiranno altre di uguale slancio, come quella<br />

del Realismo programmatico di contenuto sociale (vedi L’occupazione delle terre incolte in Sicilia o di contenuto storico,<br />

La battaglia di Ponte dell’Ammiraglio, opere di grandi dimensioni, entrambe esposte alla Biennale di Venezia negli<br />

anni ‘50 e ‘52. Il movimento realista, d’importanza primaria nell’Italia del secondo dopoguerra, proporrà una figurazione<br />

di forte impegno etico-sociale, la ricerca di un linguaggio comprensibile dalle masse ed il conseguente superamento<br />

della frattura uomo-arte, coinvolgendo tutte le forze intellettuali dell’epoca. Come dirà lo stesso Guttuso “La mia adesione<br />

al Realismo era per me l’unico modo di affrontare la crisi… in una situazione che vedevamo precipitare”. Altre opere<br />

come il Boogie Woogie o La spiaggia sono altrettante testimonianze, tra le tante, della profonda esigenza di rinnovamento<br />

che Guttuso sentirà di dover seguire dalla metà degli anni Cinquanta in poi: muteranno così i soggetti (ed i contenuti)<br />

della sua ricerca stilistica. Adesso i fumatori, le figure per strada, i nudi, le nature morte, il paesaggio, gli amici<br />

ed altro pervaderanno i suoi quadri inserendosi nel solco profondo di una vita vissuta negli aspetti più profondi, veri,<br />

non più celebrativi; gli oggetti stessi acquisteranno una forza evocativa senza precedenti e l’esistenza verrà attenzionata<br />

nei minimi dettagli.<br />

Renato Guttuso sta cambiando e L’edicola, l’unica grande scultura da lui prodotta, sarà l’emblema di tale cambiamento:<br />

ancora Guttuso – “L’uomo che legge il giornale continuava ad occuparmi la mente, era un personaggio della mia<br />

esistenza” - così l’edicola (ovvero la cultura) acquisterà la funzione ed il significato di un tempio: è il preludio della realizzazione<br />

dei dipinti del 1966 che costituiranno il ciclo dell’Autobiografia.


Adesso il Padre agrimensore, Il pittore di carretti ma soprattutto Nuvola Rossa testimonieranno la strada intrapresa dal<br />

maestro in senso introspettivo dove la dimensione interiore si è trasformata in immagine, vivendo attraverso il filtro<br />

della memoria.<br />

Ancora una volta egli percorrerà una fase fondamentale della sua vita da artista che, unita a quella sociale, intellettuale,<br />

politica o semplicemente esistenziale lo vedrà sempre protagonista degli eventi verificatisi intorno a lui, anche<br />

quando proverà a raffigurarsi in disparte seduto al tavolino, apparentemente distaccato dalla scena, ma sempre lucido<br />

nell’analisi critica e percettiva.<br />

Fabrizio Costanzo / Il Notiziario dell’A.I.A.M. (Roma) - Notizie dal mondo dell’arte - Edizione cartacea ed Edizione telematica dicembre 2003


I Cinquant’anni del Cenacolo<br />

Cinquant’anni di storia, cinquant’anni di memoria.<br />

La galleria d’arte Il Cenacolo dopo mezzo secolo di attività si racconta, festeggiando con stile e professionalità il suo<br />

lungo cammino, fin da quando, negli anni Cinquanta, Ninni Pampalone e Silvana Paladino svolgevano qui la loro attività<br />

coinvolgendo pittori, scultori, architetti, fotografi ed artigiani.<br />

Oggi, la presenza di una rappresentanza di artisti di primo piano appositamente invitati (alcuni dei quali già storicizzati<br />

nella Storia della Sicilia dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato), dà lustro alla manifestazione in atto. Molti i nomi di<br />

critici d’arte e giornalisti particolarmente noti che sono rimasti legati al Cenacolo: Raffaele Biordi, Giovanni Cappuzzo,<br />

Francesco Carbone, Carlo Castronovo, Bianca Maria Cordaro, Mario Crispo, Federico De Maria, Melo Freni, Francesco<br />

Gallo, Aldo Gerbino, Pino Giacopelli, Renato Giani, Franco Grasso, Nino Martinez, Pietro Mazzamuto, Bent Parodi,<br />

Albano Rossi, Giuseppe Servello e tanti altri, tutti esponenti della cultura che hanno accostato il loro talento artisticoletterario<br />

alla galleria ed a Vincenzo Vinciguerra in particolare. L’avvenimento cade nella fase storica in cui le gallerie<br />

d’arte (e non solo quelle) attraversano una crisi d’identità (mancanza di comunicazione nel rapporto arte-pubblico),<br />

conseguenza diretta del difficile e complesso momento che registra la società odierna. L’immagine, oggi, come pura<br />

visibilità, ha acquisito una dimensione comunicativa senza precedenti ed un valore estetico e psicologico fortemente<br />

condizionante. La conseguenza più immediata è l’allargamento del piano d’offerta e l’accesa competizione dei vari<br />

settori interessati. L’artista, faber imaginis, diventa genius loci di un luogo totalizzante, il mondo intero, contenitore di<br />

tutti i linguaggi specifici, incisivo nell’identità spaziale e psichica in cui opera, consapevole soprattutto delle altrui culture.<br />

All’interno di questo contesto cangiante, l’avanguardia artistica odierna mostra un volto multiforme, una pelle camaleontica<br />

che punta dritto al futuro pur rimanendo saldamente ancorata al passato. E’ una situazione di grande instabilità,<br />

che genera un panorama variegato intriso di contraddizioni, ma che ha anche il gran merito di scatenare un processo<br />

iperattivo in cui, alla moltitudine di input corrispondono altrettante risposte.<br />

L’arte, specchio dell’anima ed elemento cardine della società, deve proporre una profonda riflessione su se stessa,<br />

manipolando con cura e sapienza i propri meccanismi rappresentativi, le tecniche, le ideologie e quant’altro intimamente<br />

collegato ad essa, consapevole dell’enorme carico di responsabilità che porta con sé. In senso lato, l’immagine si<br />

schiera, ponendosi al centro della nostra stessa esistenza, consentendo un riscatto all’indifferenza comune. I linguaggi<br />

presentati al Cenacolo sono la sfaccettatura di sensibilità poliedriche nate e cresciute nella nostra isola, ma che hanno<br />

trovato occasione di dialogo e confronto nel panorama nazionale. Contro gli estremismi delle ideologie e della gestualità<br />

la galleria propone un’arte limpida, tecnica, di contenuti, facilmente decifrabile.<br />

Fabrizio Costanzo / Cinquant’anni del Cenacolo - Galleria d’Arte Il Cenacolo - Palermo, 17 aprile 2004


Gery Scalzo, Salvo Benanti, Vincenzo Vinciguerra, Fabrizio Costanzo, Antonella Affronti<br />

I Cinquant’anni del Cenacolo - Galleria d’Arte IL CENACOLO - Palermo, 17 aprile 2004


Fabrizio Costanzo consegna a Vincenzo Vinciguerra la medaglia per l’attività della galleria<br />

Tra i presenti: Giusy Leone, Achille Lugaro, Salvo Benanti, Nino Bruno, Antonella Pomara


Fabrizio Costanzo consegna a Gabriella Patti la medaglia per l’attività professionale<br />

I Cinquant’anni del Cenacolo - Galleria d’Arte IL CENACOLO - Palermo, 17 aprile 2004


La frantumazione dell’essere<br />

“Quello che stiamo attraversando è un particolare momento storico, contraddistinto da una sorta di diaspora, un processo<br />

di polverizzazione del sapere che ha frantumato alcuni miti a cui erano legati quanti ci hanno preceduto. Caduta<br />

l’assoluta certezza, in preda ad una sorta d’inquietudine, l’uomo ha bruciato sull’altare del solipsismo, della solitudine<br />

angosciante e lacerante, tutti i miti e le seduzioni del passato. Trafitto da questa condizione di crisi, l’individuo ha in<br />

certo modo sgretolato l’unitarietà dell’essere…”<br />

Così Giovanni Cappuzzo, in una delle tante presentazioni in galleria, sintetizzava il suo pensiero sulla società e sull’animo<br />

umano. La breve introduzione testimonia l’alta sensibilità dell’uomo e del critico che, con intelligenza, apertura<br />

mentale e rigore stilistico fotografava la società odierna introducendo i connotati generali agli astanti per poi porre gli<br />

assiomi della discussione in termini specifici e contingenti di assoluta aderenza alla realtà. Una delle doti più grandi di<br />

Cappuzzo era l’incisività colloquiale e la capacità di attenzionare il pubblico che invitava alla riflessione ed al ragionamento.<br />

La sua chiarezza espositiva, rispecchiando la sicurezza concettuale, esternava un linguaggio autentico e avvolgente,<br />

che invogliava e ammaliava. Nonostante ciò, l’atmosfera che si creava non era ipnotica ma armonica e di trasporto<br />

emotivo, illuminante e coerente. Il testo, da cui desumeva il suo intervento tipo, aveva una strutturazione ben<br />

precisa: inquadramento storico-letterario, individuazione delle parole chiave su cui imperniava l’intero discorso, riferimenti<br />

ad altri artisti o contesti culturali, ulteriori spunti di discussione (ampliamento), eventuali citazioni in latino<br />

(impreziosimento). Tutto ciò dimostra l’ampia cultura di Giovanni Cappuzzo, intellettuale colto e raffinato, presenza<br />

forte e convincente nel settore delle arti visive, della letteratura e dei Beni Culturali e Ambientali. In una introduzione al<br />

catalogo degli artisti siciliani del 1995, citando l’opera di Jackson Pollock, The tradition of the new, considerava la tela<br />

del pittore come un topos fenomenologico, luogo degli eventi con le infinite variabili, come infinite sono le componenti<br />

della società. Compito del critico è allora quello di cogliere l’indecifrabilità del tempo, con tutte le problematiche insite,<br />

per poterle studiare e analizzare, spiegarle al pubblico… Nel dualismo arte-pubblicità, l’immagine diventa simbolo, contenuto<br />

virtuale, significante, forza manipolatrice. L’arte, in tale situazione, deve dimostrare la sua autonomia attraverso,<br />

punti, linee, texture ecc., e impadronirsi di una nuova spazialità e gestualità. Deve divincolarsi in un terreno difficile,<br />

manifestando un’esigenza esplorativa in quanto linguaggio avente la necessità di affidarsi al segno, al colore, alla grafia,<br />

come dimensione estrema di libertà: “In un tempo tragico come l’attuale in cui lo spazio del mondo è colmo di offese<br />

e di prevaricazioni dell’uomo sull’uomo e in cui il cerchio delle nostre idee s’impoverisce di nozioni e di convenzioni…<br />

il margine residuo della nostra libertà, in una dimensione da ultima spiaggia, è costituito dall’arte, come unico spazio<br />

vitale”. L’arte contemporanea, spia-testimone della situazione attuale esprime uno sconvolgimento strutturale di<br />

matrice psicologica e morfologica dove la frantumazione dell’essere, dell’unicum accademico, porta alla frantumazione<br />

del sapere, al caos, alla sfaccettatura culturale (e quindi storica)… alla psicanalisi, alla crisi odierna: l’uomo esplora il<br />

mondo interrogando se stesso, il proprio io, inerpicandosi verso ritmi sconosciuti.<br />

Giovanni Cappuzzo, uomo semplice, professionista scrupoloso, amante d’arte autorevole, coscienza critica e morale<br />

del nostro tempo, pur consapevole della crisi generazionale, non si arrendeva a tutto ciò e apriva sempre il suo cuore<br />

alla speranza, ai valori civili e spirituali…“Voglio sperare che i nostri sogni non diventino merce di scambio e che ci sia<br />

riservato uno spazio per vivere con la nostra fresca capacità di determinazione e d’eccitazione”.<br />

Fabrizio Costanzo / Galleria Il Cenacolo – Palermo, 22 gennaio 2004<br />

(da un intervento/relazione al simposio sul critico d’arte Giovanni Cappuzzo)


Fabrizio Costanzo presenta la rivista Artefile di Marcello Palminteri<br />

Galleria d’Arte IL CENACOLO - Palermo, aprile 2004


Il difficile mestiere del critico d’arte<br />

L’arte, nella sua denominazione significante, è comunicazione simbiotica spazio-temporale, essenza universale in cui<br />

tutti gli elementi strutturali e compositivi mirano all’unità visiva. Nella sua accezione fenomenologica, l’opera d’arte si<br />

esprime come luogo di eventi, res cogitans visiva, struttura attiva autonoma e pensante capace di interagire con l’osservatore<br />

critico o la persona comune.<br />

Il libro Incontri con gli artisti, pur partendo da una preferenza di linguaggio legata alla lezione classica e accademica in<br />

generale (per dichiarazione del suo stesso autore Giuseppe Mendola), va avanti verso una linea di pensiero assai moderna<br />

ed evoluta, che porta dritto all’esplorazione dei contesti espressivi contemporanei (con un uso-abuso del valore<br />

segnico-comunicativo). In tal senso, il critico d’arte oggi opera su diversi registri interpretativi non sempre comprensibili,<br />

che riguardano, da una parte, il quid indecifrabile della dimensione estetica dell’artista e delle sue peregrinazioni mentali<br />

quotidiane; dall’altra, la tecnica espressiva, la struttura compositiva, gli aspetti semiotici ecc., che incidono praticamente<br />

sul risultato finale dell’opera d’arte.<br />

Le emozioni contemporanee (come ogni altro aspetto della nostra vita quotidiana), essendo brevi e veloci, rientrano in<br />

una logica psichica che fagocita tutto e subito per produrre altro che a sua volta viene ingerito ed espulso immediatamente<br />

senza essere metabolizzato… Ecco, la metabolizzazione, come sinonimo di percorso qualitativo interiorizzato,<br />

deve indurre ad una riflessione sugli input segnici ed iconici che incidono nell’opera d’arte… D’altronde, l’asetticità comunicativa<br />

è già presente nello stesso ambito tecnico-operativo del critico, il quale, abbandonata la manualità gestuale<br />

della scrittura ad inchiostro, scrive i suoi testi al computer, cancellando ogni pentimento, consegnando, già nella bozza,<br />

un prodotto perfetto privo di cancellature, non discutibile dal punto di vista del risultato estetico, ma finto nell’elaborazione<br />

cerebrale. Quanti pentimenti, negli artisti, ci hanno fatto comprendere la vera natura di un dato della realtà, magari<br />

ripensato più volte, riproposto, infine liberato dall’idea ed esteriorizzato dopo un travaglio durato un attimo o anni…<br />

Dubbi, incertezze, parvenze, realtà analizzate da più angolazioni, sono quelle che Pirandello ci ha insegnato e che<br />

l’agrigentino Giuseppe Mendola ben esprime, con la mimica, nei suoi testi a volte formalmente tortuosi ma limpidi nel<br />

ragionamento.<br />

Noi, oggi, in questa riunione, insieme all’autore di Incontri con gli artisti, rivendichiamo il valore dell’uomo con i suoi<br />

sentimenti e la sua morale, valorizziamo l’amicizia e la vera comunicazione, ci proiettiamo nel futuro ben consapevoli di<br />

quanto il passato ci abbia lasciato: a noi il compito di seguire la giusta traccia e di leggerne il significato…<br />

Fabrizio Costanzo / Galleria Il Cenacolo – Palermo, dicembre 2004<br />

(da un intervento/relazione alla presentazione del libro Incontri con gli artisti di Giuseppe Mendola)


Fabrizio Costanzo presenta la raccolta di Giuseppe Mendola Incontri con gli artisti<br />

Galleria d’Arte IL CENACOLO - Palermo, 8 dicembre 2004


Presentato al CEPU, da Fabrizio Costanzo, Pietro Mazzamuto e Nicola Romano il volume di<br />

Giuseppe Mendola Incontri con gli artisti<br />

Nell’accogliente aula magna del CEPU, venerdì 20 maggio 2005, ha avuto luogo la presentazione del volume di Giuseppe<br />

Mendola Incontri con gli artisti, a cura di Fabrizio Costanzo, Pietro Mazzamuto e Nicola Romano.<br />

La manifestazione, organizzata dall’Associazione Impiegati in Quiescenza della Regione Siciliana, di concerto con<br />

CEPU, ha ottenuto un lusinghiero successo, sia per le numerose personalità dell’arte e della cultura che vi sono intervenute,<br />

sia per le connotazioni di valore contenute nel libro e che sono state sottolineate dagli oratori. Peraltro, in sala,<br />

erano presenti numerosi artisti tra quelli descritti da Giuseppe Mendola nel suo volume: abbiamo notato, oltre Fabrizio<br />

Costanzo, Antonella Affronti, Antonella Anzalone, Grazia Contarini, Claudia Nazari, Enza Maria Orestano, Maria Giovanna<br />

Peri, Giorgio Ravazzolo, Fulvia Reyes, Anna Santoro, Vincenzo Vinciguerra, Angela Zuccarello e Maria Marino<br />

Becchina (vedova Gianbecchina).<br />

Fabrizio Costanzo, dopo essere stato citato da Nicola Romano per il titolo davvero appropriato espresso sull’autore,<br />

(Giuseppe Mendola tra umanità e professionalità) e per il commento in generale, ha preso la parola soffermandosi, in<br />

un primo momento, sul contesto del libro nato nell’ambito della galleria Il Cenacolo di Palermo e della rivista Sikania.<br />

Successivamente, Costanzo ha richiamato i trascorsi di Mendola risalendo agli anni ’70, al colloquio con l’Editore Flaccovio<br />

ed al passaggio, dalla carriera amministrativo-ispettiva della Regione all’attività critica nel campo delle arti visive.<br />

In entrambi gli ambiti, ha denotato l’assoluto bisogno di comunicare, esigenza tradotta in pratica, ancor oggi, utilizzando<br />

la sua vecchia Olivetti per scrivere e la gomma per cancellare. Sempre alla ricerca di una tela da analizzare, il critico<br />

deve considerare l’opera nella sua accezione di linfa vitale e luogo degli eventi, per poterne raccogliere gli impulsi e<br />

tradurli in scrittura.<br />

Felice Giacone / Notiziario A.I.Q.Re.S. – Palermo, apr./mag. 2005


Fabrizio Costanzo presenta la raccolta di Giuseppe Mendola Incontri con gli artisti con Pietro Mazzamuto e Nicola Romano<br />

REGIONE SICILIANA/CEPU – Palermo, 20 maggio 2005


La pittura del silenzio<br />

Francesco Lojacono e la nuova Galleria d’Arte Moderna di Palermo<br />

L’avvenimento principe di questi giorni a Palermo, e l’ultimo, in ordine, dopo una serie d’importanti iniziative artistiche<br />

(le progettazioni della passeggiata a mare del Foro Italico e dei giardini del castello della Zisa, il restauro della fontana<br />

Pretoria e delle esedre di villa Giulia, l’apertura al pubblico dei palazzi storici e degli oratori serpottiani – solo per citare<br />

le principali), è la mostra di Francesco Lojacono. Il pittore palermitano, operante nella seconda metà dell’Ottocento,<br />

inaugura l’attività della nuova Civica Galleria d’Arte Moderna di Palermo, alloggiata da quasi cento anni nelle sale di via<br />

Turati e annessa al Teatro Politeama. Oggi, trasferitasi nel bellissimo ex convento tardo rinascimentale e barocco di<br />

Sant’Anna alla Misericordia, trova nuova linfa, dotata finalmente di moderne tecnologie espositive.<br />

L’iniziativa, posta sotto l’alto patronato del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, si configura come momento<br />

culturale di straordinaria importanza per Palermo ed è visitabile secondo i percorsi della conoscenza progettati a<br />

diversi livelli, sia per i ragazzi che per gli adulti. La mostra presenta oltre cento dipinti in parte mai esposti al pubblico,<br />

provenienti da musei italiani e stranieri e da collezioni private, corredata da una ricca sezione fotografica. Certo, ad un<br />

miglior esordio cittadino Francesco Lojacono non poteva ambire: l’artista celebra in tal modo, con tutti gli onori, la sua<br />

prima antologica articolata in sette sezioni espositive: l’immagine dell’artista; la formazione tra Napoli e Firenze; il Naturalismo;<br />

il vulcano e il mare; i luoghi di Sicilia; la stagione delle esposizioni; verso il Simbolismo. L’esposizione, in un<br />

clic fotografico, ripercorre il difficile e complesso periodo sociale dell’Ottocento siciliano soffermandosi soprattutto<br />

sull’incantevole contesto naturale di Palermo poco prima delle traumatiche trasformazioni urbanistiche che la porterà<br />

ad uniformarsi alle principali capitali europee. In un grande contenitore convergono così le migrazioni contadine, dai<br />

centri rurali alla città con i relativi primi problemi di industrializzazione, il pensiero illuminista da una parte e quello romantico<br />

dall’altra, il Verismo isolano in mezzo. Lontano dalle profonde trasformazioni che da lì a poco l’Impressionismo<br />

porterà avanti a Parigi, Palermo vive nei salotti aristocratici le idee diffuse dai diplomatici inglesi, prime fra tutte il gusto<br />

per il paesaggio. Francesco Lojacono, filtra gli avvenimenti e i contesti descrivendo il suo ideale di paesaggio, consegnando<br />

ai posteri l’ultima immagine di una Sicilia incontaminata e connotata da elementi caratterizzanti, ergendo a<br />

protagonista un genere considerato fino ad allora minore rispetto ai temi storici, religiosi ed alla ritrattistica. Di conseguenza<br />

gli elementi naturalistici riconoscibili nella Palermo dell’epoca (primo tra tutti Monte Pellegrino) connotano marcatamente<br />

i suoi quadri, diffondendo un’immagine lirica della città. Il paesaggio viene descritto attraverso scogli, porticcioli<br />

e marine, palme, ulivi, fichi d’india, agrumi, ninfee e vegetazione varia, pescatori e contadini. Già nella seconda<br />

metà del Settecento la Sicilia diventerà meta di viaggi per almeno due motivi: l’interesse che susciteranno i templi greci<br />

(nonostante le devastazioni delle guerre), che la porranno al centro dell’attenzione in pieno stile neoclassico e, dal punto<br />

di vista scientifico, i fenomeni naturalistici dei vulcani e dei terremoti che interesseranno gli studiosi dell’epoca<br />

(soprattutto naturalisti e, nello specifico, geologi). L’Isola diverrà, dal XVIII secolo in poi, meta ambita da parte dei viaggiatori<br />

provenienti da ogni parte d’Europa che la includeranno nel Gran Tour. Tra i tanti, il poeta Goethe visiterà la Sicilia<br />

con il pittore paesaggista Christoph Heinrich Kniep che lo aiuterà a impressionare i vari momenti della sua visita<br />

disegnando anche Monte Pellegrino, definito da Goethe… “il più bello di tutti i promontori del mondo”. Più tardi, nel XIX<br />

secolo saranno molti gli inglesi e gli americani che arriveranno nell’Isola con ottiche diverse. Vale la pena ricordare<br />

William Agnew Paton, archeologo e scrittore americano che visiterà la Sicilia nel 1897, descrivendo monte Pellegrino,<br />

l’Acquasanta, villa Belmonte, i boschetti di agrumi, i gerani, i fichi d’india ecc., ovvero gli stessi luoghi e gli stessi elementi<br />

che verranno attenzionati da Francesco Lojacono in un’ottica positiva e rassicurante (anche nel caso di altri contesti<br />

siciliani come l’Etna). Pur confermando i legami con la coeva pittura di Napoli e Firenze (ambienti culturali che ne<br />

forgeranno la formazione) l’immagine di Lojacono, silente, sarà capace di zumare repentinamente sui particolari naturalistici,<br />

anche su un singolo elemento, descrivendo una sensazione di calma quasi irreale, alternando primi piani a<br />

campi medi o lunghi, giocando con la linea d’orizzonte, qualche volta a metà del campo visivo - altre volte alta - per<br />

permettere di descrivere la vegetazione dettagliatamente, prima d‘individuare l’elemento di chiusura percettivo. E’ così<br />

che nasceranno le sue opere che ritrarranno un insieme naturalistico dalle colline che sovrastano Santa Maria di Gesù,<br />

dal porto, dall’Aspra o dalla Piana dei Colli. Francesco Lojacono, artista di fama internazionale (espone a Vienna, Parigi<br />

e Bordeaux), consoliderà la sua fama attraverso due opere fondamentali, una alloggiata nella Galleria Nazionale di<br />

Capodimonte a Napoli, La strada di campagna, l’altra, L’arrivo inatteso, scelta dalla Regina Margherita per il Palazzo<br />

del Quirinale a Roma.


Cantore internazionale della sua terra, capace di descrivere bellezze e asprezze della Sicilia in un’ottica serena e pacifica,<br />

Lojacono si porrà, a buon diritto, come intellettuale di primo piano nel fervente dibattito sul realismo meridionale.<br />

La critica e la sua città oggi gli tributano un doveroso omaggio inquadrandolo e confermandolo nel contesto della pittura<br />

italiana ed europea.<br />

Fabrizio Costanzo / Il Notiziario dell’A.I.A.M. (Roma) - Notizie dal mondo dell’arte - Ed. cartacea ed Edizione telematica dicembre 2005


Graffiti<br />

Ti dirò<br />

Come ci presenteremo al futuro? Cosa diremo all’ipotetico interlocutore fisico o virtuale che ci chiederà di esprimerci<br />

con un’idea e non con nome, cognome e riti burocratici? Nel contesto che verrà privilegeremo l’aspetto esistenziale o<br />

quello spirituale, l’atteggiamento naturalistico o quello storico? Ritorneremo al caos primordiale di Democrito e Anassagora<br />

o preferiremo il mondo pitagorico governato dall’ordine numerico? E che valore daremo alla maternità ed alla libertà?<br />

Dialogheremo con i segni grafici o con quelli del computer? Soprattutto, comunicheremo con sentimento o in<br />

maniera asettica?… Lasceremo una traccia?<br />

Probabilmente, la scommessa sul futuro consisterà anche nell’humus comunicativo con cui saremo capaci di mantenere<br />

i rapporti col nostro prossimo, uno scarto qualitativo che ci fornirà qualità e dimensione del vivere. La forma visiva,<br />

prima ancora della scrittura, accompagna l’uomo nella sua peregrinazione comunicativa. Fin dall’era preistorica, segni,<br />

linee, colori, texture, forme elementari si mescolano con sguardi, gesti, comportamenti sociali e danze tribali, identificando<br />

una precisa volontà nel voler dominare animali ed eventi naturali attraverso la loro rappresentazione. Le immagini<br />

che ne vengono fuori sono particolarmente significative e dimostrano come linguaggi pittorico-scultorei e visivi in<br />

generale, ma soprattutto sentimenti e sensazioni del vivere, entrano in simbiosi con la magia e la spiritualità, consegnando<br />

all’umanità un unicum espressivo non sempre facile da identificare, spiegare e separare nelle singole componenti<br />

mentali e strutturali. Gli oggetti materiali, nel tempo e nello spazio, acquistano significati simbolici ponendosi su di<br />

un piano sensoriale indefinito e indeterminato. L’uomo, per primo, ha comunicato con la parola registrando pensieri ed<br />

emozioni, muovendo il grande passo verso la fondazione di società complesse; con la scrittura, ha tramandato ai posteri<br />

pensieri e conoscenze acquisite dalle singole generazioni, salvando dall’oblio il patrimonio culturale ed emozionale<br />

delle grandi civiltà del passato, dimostrando che, oltre al meccanismo dell’eredità genetica, condiviso da tutti gli esseri<br />

viventi, possiede anche quello dell’eredità culturale che lo configura dominante sulla terra. Le ulteriori tappe della<br />

comunicazione - la stampa, il telegrafo ed il telefono, la radio e la televisione, fino ai contemporanei computer (e naturalmente<br />

ad internet) - testimoniano uno sviluppo esponenziale nel campo della comunicazione, della diffusione culturale,<br />

dello scambio d’idee ed informazioni. Oggi, il rischio a cui andiamo incontro è quello di un prevedibile livellamento<br />

e snaturamento delle manifestazioni spontanee nelle varie etnie, uno svilimento della configurazione popolare che potrebbe<br />

portarci al conseguente accentramento dei mezzi di comunicazione di massa: la posta in gioco è altissima ma la<br />

prospettiva di uno scambio cosmico di pensieri tra i popoli ci affascina, facendoci sognare una dimensione spaziotemporale<br />

senza precedenti! L’uomo, operando con ingegno e creatività, consegna alla storia il documento del suo<br />

cammino perenne, assegnando all’arte il compito di salvare le identità culturali nell’ambito di una forma comunicativa<br />

universale.<br />

Pablo Picasso (un esempio per tutti), agli inizi del ‘900, ha dato prova del suo talento artistico attraverso una ricerca<br />

espressiva a trecentosessanta gradi: dalla sua terra natia ha prodotto immagini psichiche senza tempo, ha intrecciato<br />

luoghi, storia e arte smantellando il parziale sistema di rappresentazione prospettica ed introducendo la totale visione<br />

strutturale cubista, ha eliminato la frontiera tra bellezza classica ed africana, il prima e il dopo, l’essere e il non essere,<br />

il vero e il falso, ha consegnato ai posteri una carica emotiva ed esplorativa senza precedenti. L’uomo, oggi, consapevole<br />

dell’eredità storica che trasmetterà al futuro, lascerà una traccia indelebile del suo cammino, che scolpirà nella<br />

memoria. Le opere visive che produrrà, dalla preistoria all’epoca contemporanea, costituiranno un patrimonio d’informazioni<br />

e di sentimenti unico, non sostituibile da altra forma linguistica, configurandosi - in un parto espressivo inspiegabile<br />

- nel grande mistero della vita. Siamo consapevoli dell’enorme potere che la comunicazione ha sulla nostra esistenza<br />

e di quanto, quella virtuale ci possa far sentire isolati nel reale, comunicando senza comunicare anche a fini<br />

utilitaristici. In un’accezione prettamente esistenziale e filosofica possiamo affermare che la comunicazione s’identifica<br />

con il divenire e la vita, così come, la sua mancanza, genera la stasi e la morte. La comunicazione, come arché di tutte<br />

le cose, pone la condizione necessaria e sufficiente per vivere e soddisfare l’esigenza interiore, lasciando un messaggio<br />

oltre la stessa esistenza. Ti dirò, in tal senso, esplora il nostro io dichiarando esplicitamente la propria esigenza di<br />

comunicare, intendendo fortemente spronare al dialogo, proponendo una costruttività del messaggio, ponendo dubbi e<br />

certezze esistenziali. L’uomo, attraverso le varie forme comunicative ci consegna un patrimonio generazionale di enorme<br />

significato - dalla musica allo sport, dalla storia alla letteratura, dalla scienza alla fisica, dalla tecnologia all’arte e a<br />

tutto ciò che gli gira intorno - indagando l’universo e i suoi affascinanti meccanismi, in un dialogo infinito…


Graffiti<br />

Art<br />

Utopisticamente, si potrebbe persino pensare ad un messaggio cosmico tra i popoli in cui la comunicazione spaziotemporale<br />

s’identifica con la loro sinergia artistica, testimoniando l’ampiezza e la profondità dell’intero percorso umano.<br />

Oggi, gli artisti presenti a Palazzo Branciforte, s’immergono con coraggio nella tematica espositiva, sfidando se stessi e<br />

gli altri, dichiarando i loro propositi in rapporto ad un luogo storico. Protagonisti degli eventi storico-sociali (e quindi<br />

ideologici) della società, come la cartina di tornasole, essi sono testimoni lucidi ed analitici dei continui cambiamenti<br />

che il quotidiano produce, intrappolano l’energia con il loro pensiero (e con gli strumenti di lavoro) e la restituiscono<br />

sotto forma d’impulsi nelle diverse forme espressive. Con un unico parto, l’immagine e la scrittura, ponendosi a confronto<br />

(e poi entrando in simbiosi), esprimono un unico concetto.<br />

Nasce così l’idea progettuale di Ti dirò, spinta dall’esigenza di testimoniare il messaggio degli artisti d’oggi attraverso<br />

un trittico scritto-pittorico con valenza di documento storico. In tale contesto, gli autori, nel rispetto delle loro idee, dei<br />

linguaggi e delle tematiche, dialogano con un immaginario interlocutore, il futuro, traducendo, il loro pensiero attuale<br />

nel domani: un messaggio altro… oltre.<br />

Fabrizio Costanzo / Ti dirò - Palazzo Branciforte – Palermo, febbraio 2006 - Presentazione in catalogo


Teresa Ferlisi, Fabrizio Costanzo, Vincenzo Gennaro, Pino Schifano presentano la mostra<br />

Ti dirò - PALAZZO BRANCIFORTE - Palermo, 18 febbraio 2006


Fabrizio Costanzo è intervistato da Mario Azzolini per RAI 3<br />

Ti dirò - PALAZZO BRANCIFORTE - Palermo, 18 febbraio 2006


Graffiti Art Graffiti Art<br />

Graffiti<br />

La creatività siciliana dialoga con il futuro<br />

Ti dirò. Segni e messaggi per il futuro è il titolo della mostra<br />

che s’inaugura oggi pomeriggio negli ampi spazi al<br />

pianterreno di Palazzo Branciforte.<br />

Una grande collettiva, a cura di Fabrizio Costanzo e Pino<br />

Schifano, che vede riuniti i lavori di trentaquattro artisti<br />

siciliani, selezionati dal Gruppo Graffiti & Addaura Art e<br />

dall’Associazione Pittorica, la stessa che da oltre cinque<br />

anni gestisce il portale web Pittorica.it. Due realtà, queste,<br />

che da anni, sulle orme del lavoro iniziato dall’artista<br />

e critico Francesco Carbone, sono impegnate nella promozione<br />

della creatività isolana, attraverso l’associazionismo<br />

e l’attività espositiva.<br />

Ti dirò vuole essere un ipotetico viaggio nel futuro, un<br />

messaggio che gli artisti di oggi rivolgono a coloro che<br />

verranno domani. Su quale piano avviene la comunicazione<br />

tra il presente e il futuro? Qual è il senso di un<br />

messaggio alla posterità? Ognuno dei trentaquattro<br />

artisti ha risposto con il linguaggio che gli è proprio, con il<br />

segno, il colore, la materia plasmata. In molti lavori si è<br />

insinuata la parola. Come se ad essa non si potesse<br />

rinunciare, per consegnare ai posteri la testimonianza più<br />

completa di un pensiero, di un desiderio, di un’ideologia…<br />

Emilia Valenza / Giornale di Sicilia - Palermo, 18 febbraio 2006<br />

Ti diro'…Segni e messaggi per il futuro<br />

L’Associazione Culturale Pittorica, che da oltre cinque<br />

anni gestisce il noto portale web Pittorica.it, e lo storico<br />

Gruppo Graffiti (sorto nel 1999 dall’impegno del compianto<br />

critico d’arte Francesco Carbone, ed oggi diretto dal<br />

professor Fabrizio Costanzo) presentano la mostra d’arte<br />

contemporanea dal titolo - Ti dirò…Segni e messaggi per<br />

il futuro. La mostra a tema prevede l’esposizione di opere<br />

pittoriche e scultoree, appositamente realizzate per l’occasione<br />

da trentaquattro artisti che, sensibili protagonisti<br />

degli eventi storici, sociali ed ideologici della società in<br />

cui vivono ed operano, sono testimoni lucidi ed analitici<br />

dei continui cambiamenti che il quotidiano produce a<br />

trecentosessanta gradi.<br />

Essi ne intrappolano l’energia con il loro pensiero (e con<br />

gli strumenti di lavoro) restituendola sotto forma d’impulsi<br />

nelle forme espressive più disparate. Considerando che<br />

spesso l’immagine, da sola, non è sufficiente ad esprimere<br />

il pensiero dell’artista, allora, con un unico parto estetico,<br />

vengono poste a confronto (o integrate vicendevolmente)<br />

l’immagine e la scrittura sintetizzando così l’idea<br />

di ciascun autore. La finalità del progetto-mostra non sta,<br />

dunque, essenzialmente sulla possibilità - tuttavia non<br />

esclusa - di porre in essere operazioni meramente sinestetiche,<br />

ne' di promuovere in prima istanza rivoluzioni<br />

artistiche - anch’esse pur possibili - di carattere formale,<br />

essendo l’arte, di per se stessa, autonoma nel suo farsi<br />

cultura della società alla quale appartiene.<br />

L’idea progettuale nasce, invece, dall’esigenza di testimoniare<br />

il pensiero degli artisti d’oggi, pensando al futuro,<br />

attraverso un prodotto scritto-pittorico con valenza di testimonianza<br />

storica. In tale contesto, gli autori, nel rispetto<br />

dei loro linguaggi e delle loro tematiche, intessono un<br />

dialogo con un immaginario interlocutore, il futuro appunto,<br />

traducendo, con l’immagine e la scrittura, il loro pensiero<br />

attuale sul domani: segni e messaggi per il futuro.<br />

La libertà espressiva e la forza concettuale che ciascun<br />

artista ha voluto imprimere alla propria opera è, al contempo,<br />

un importante contributo alla prospettiva di costruzione<br />

del possibile miglior mondo prossimo venturo ed un<br />

input creativo foriero di promesse nella ricerca espressiva<br />

e del linguaggio. La mostra, curata da Fabrizio Costanzo<br />

e Pino Schifano, prevede la presenza di trentaquattro<br />

artisti che produrranno un trittico scritto-pittorico…<br />

Cronache Siciliane – Palermo, 23 febbraio 2006<br />

Ti dirò…<br />

A Palazzo Branciforte s’inaugura la mostra di arte contemporanea<br />

Ti dirò…segni e messaggi per il futuro. Pittorica<br />

e il Gruppo Graffiti & Addaura Art presentano una<br />

mostra composta da trittici prodotti da trentaquattro artisti.<br />

Gli artisti levano una voce al futuro, alle generazioni che<br />

verranno, ragionando sul presente con la consapevolezza<br />

che l'arte non ha tempo. I veri artisti, spesso, hanno la<br />

capacità di prevedere il futuro, e forse proprio per questo<br />

motivo non vengono apprezzati dai contemporanei.


Graffiti<br />

Graffiti Art<br />

Oggi i trentaquattro autori (scultori e pittori), hanno deciso<br />

di dire la loro sul domani. In un'era dove la comunicazione,<br />

il contatto anche con popoli lontani è un must -<br />

un motore che spinge sempre di più in avanti - l'uomo<br />

spesso si sente solo, o meglio, isolato nel suo grido contro<br />

il presente o verso il futuro. La prospettiva cambia…le<br />

parole sfuggono. Ecco perché l'arte, l'immagine, i colori<br />

riescono a colmare quell'enorme vuoto che spesso<br />

s’interpone fra uomini e parole. Segni che raccontano<br />

storie, invitano a sperare, che aprono porte verso nuovi<br />

mondi e modi di vivere. Le opere sono dei trittici, ognuno<br />

personalizzato, che acquista vita secondo tecniche diverse.<br />

L'olio su tela, l'acristucco su tela, legno, cartone e<br />

ferro assumono nuovi significati, vivono attraverso le<br />

mani sapienti degli artisti che trasmettono il loro messaggio<br />

al futuro con un mezzo duraturo e indelebile: l'arte.<br />

Maria Letizia Affronti / Palermo, 24h Night & Day – febbraio 2006<br />

Pensieri di artisti con colori e parole<br />

A Palazzo Branciforte s’inaugura una mostra d’arte contemporanea<br />

organizzata dall’associazione Pittorica e dal<br />

Gruppo Graffiti & Addaura Art, curata da Fabrizio Costanzo<br />

e Pino Schifano.<br />

La mostra a tema prevede l’esposizione di opere pittoriche<br />

e scultoree realizzate per l’occasione da trentaquattro<br />

artisti che, sensibili protagonisti degli eventi storici,<br />

sociali e ideologici della società in cui vivono ed operano,<br />

sono testimoni lucidi e analitici dei continui cambiamenti<br />

che il quotidiano produce a trecentosessanta gradi.<br />

L’idea progettuale nasce dall’esigenza di leggere il pensiero<br />

degli artisti d’oggi attraverso un prodotto scrittopittorico<br />

con valenza di testimonianza storica…<br />

La Repubblica – Palermo, 18 febbraio 2006<br />

Ti dirò, una grande esposizione d’arte<br />

contemporanea a Palazzo Branciforte<br />

Parole che dipingono, opere d’arte che parlano, pongono<br />

dubbi, dialogano con il fruitore di oggi e di domani. Linguaggio<br />

umano e cultura visuale s’intrecciano e forniscono<br />

le coordinate per interpretare il mondo, chiavi di lettura da<br />

lanciare nel futuro. Trentaquattro artisti hanno dato vita a<br />

creazioni personali che assumono il valore di documenti<br />

storici, immagini della realtà odierna da inviare ai posteri.<br />

E’ nata così Ti dirò…Segni e messaggi per il futuro, mostra<br />

d’arte contemporanea allestita a Palazzo Branciforte,<br />

frutto della sinergia fra l’Associazione culturale Pittorica,<br />

presieduta dalla dott.ssa Teresa Ferlisi, e lo storico Gruppo<br />

Graffiti & Addaura Art, diretto dal professore Fabrizio<br />

Costanzo. Due realtà, queste, che, proseguendo il lavoro<br />

del compianto Francesco Carbone, puntano alla promozione<br />

ed alla valorizzazione degli artisti isolani. Il filo conduttore<br />

dell’esposizione, secondo gli organizzatori, privilegiava<br />

dunque l’aspetto della comunicazione nella dimensione<br />

spazio-temporale, ed è in questa ottica che gli artisti<br />

si sono espressi con opere create appositamente. Ed<br />

ecco, quindi, che ogni artista affronta tematiche attuali –<br />

locali o globali – le interiorizza e ne traspone il contenuto<br />

attraverso il filtro della propria sensibilità artistica, arricchendo<br />

l’opera con le parole. Testi (personali o citazioni<br />

letterarie) che spiegano e ne chiariscono il senso nascosto<br />

e velato che appare agli occhi del pubblico, attraverso<br />

un procedimento che senza difficoltà potremmo descrivere<br />

utilizzando la parola greca ékphrasis, propriamente,<br />

descrizione delle immagini. Nel percorso creato all’interno<br />

delle sale del palazzo offerto all’uopo dalla Fondazione<br />

Banco di Sicilia, il pubblico s’immerge in un’atmosfera<br />

unica, quasi onirica, dove ciascun viaggiatore percorre<br />

l’attualità, ne intravede le mille sfaccettature, i problemi<br />

che affliggono sia la realtà Siciliana che l’intero globo<br />

terrestre, quanto ancora gli eterni dilemmi dell’anima. Le<br />

tematiche affrontate non lasciano mai spazio alla banalità<br />

ma rintracciano sempre un messaggio profondo, un segno<br />

nel presente che i posteri analizzeranno come traccia<br />

del proprio passato. Già, perché il tema di fondo è la comunicazione<br />

tra civiltà, al di là delle barriere spaziotemporali,<br />

dialogo profondo che ha il valore del divenire,<br />

della vita, della dinamicità: infatti non comunicare significherebbe<br />

stasi e morte. Dunque sguardi altri e oltre, per<br />

individuare l’unica strada possibile nella storia evolutiva<br />

dell’uomo. Le molteplici tematiche si snodano – per convenzione<br />

– attraverso la forma strutturale del trittico, che<br />

a volte appare come una sequenza cronologica, altre<br />

quasi una sequenza cinematografica, come sostiene


Graffiti Art<br />

Graffiti Art<br />

Fabrizio Costanzo che, insieme a Pino Schifano, ha curato<br />

la mostra – “la risposta che dobbiamo dare agli altri<br />

e a noi stessi, e che più ci preme, è sul piano della memoria,<br />

se lasceremo una traccia rispetto a tutti i segni<br />

quantitativi e qualitativi messi in gioco”.<br />

Ecco, i segni qualitativi. Quale incidenza, sul piano estetico<br />

- “La mostra è stata un grande successo d’immagine<br />

anche per l’alta qualità delle opere esposte” – chiarisce<br />

Pino Schifano - “ciascun artista si è espresso secondo il<br />

proprio personalissimo stile – già noto ed apprezzato dal<br />

pubblico e dalla critica più qualificata – ma, direi, anche<br />

con un impegno creativo ed ideativo particolarmente<br />

fervido per l’occasione”.<br />

Le caratteristiche formali complessive riflettono - con<br />

apprezzabili varianti innovative - quelle delle più interessanti<br />

e fondamentali correnti che si sono affermate dal<br />

secondo dopoguerra ad oggi. E, del resto, siamo ancora<br />

pienamente immersi nel Novecento, anche in campo<br />

internazionale, seppure con numerosi tentativi di ricerca,<br />

che non sono ancora, tuttavia, punti di riferimento universale.<br />

Abbiamo proposto un’idea, non una variante locale della<br />

Biennale veneziana. Né avevamo la pretesa di provocare<br />

rivoluzioni artistiche – peraltro pur possibili – essendo<br />

l’Arte, di per sé, autonoma e incondizionabile nel suo<br />

farsi sincera testimone della società alla quale appartiene.<br />

C’è di certo, nell’insieme delle opere, nella loro forza<br />

formale e simbolica, quella capacità di raccordare il tempo<br />

presente con la storia passata e quella di un futuro<br />

prossimo venturo: una bella ragione per spiegare il successo<br />

conseguito dalla mostra. Un successo che si traduce<br />

anche in cifre: un migliaio di visitatori già all’inaugurazione<br />

ed una vasta attenzione del mondo artistico, culturale,<br />

critico e giornalistico. Diffusione di servizi stampa<br />

e televisivi (anche nazionali) ed ampia presenza redazionale<br />

ed informativa su portali web.<br />

E si comincia a parlare di una prospettiva, come anche<br />

ad una periodicità della mostra. Per tante altre cose da<br />

dire…<br />

Claudio Cirà / Sicilia Tempo - Palermo, marzo 2006<br />

RAI 3<br />

Luminoso e solare allestimento nell’antico Palazzo Branciforte<br />

di Palermo per la mostra Ti dirò…segni e messaggi<br />

per il futuro.<br />

Una grande e qualificata collettiva curata da Pino Schifano<br />

e Fabrizio Costanzo…Messi insieme i lavori di 34 artisti<br />

siciliani per iniziativa delle associazioni culturali Pittorica,<br />

sito virtuale, e Graffiti & Addaura Art, due realtà che,<br />

proseguendo il lavoro di Francesco Carbone, puntano<br />

alla promozione e alla valorizzazione degli artisti isolani.<br />

L’esposizione ha come filo conduttore quello della comunicazione<br />

nella dimensione spazio-temporale. Partendo<br />

dal luogo fisico della Sicilia, gli artisti raccolgono l’energia<br />

della realtà e la restituiscono sotto forma d’impulsi. Il loro<br />

sguardo nel presente serve a lasciare una traccia indelebile<br />

nel futuro…<br />

Fabrizio Costanzo – “Nel percorso sono descritte diverse<br />

tematiche come quelle della realtà, della libertà, della<br />

storia, della memoria ma anche tematiche specifiche come<br />

la maternità… Il senso della mostra, la risposta che<br />

dobbiamo dare agli altri e a noi stessi, e che più ci preme,<br />

è sul piano della memoria, se lasceremo una traccia rispetto<br />

a tutti i segni quantitativi e qualitativi che metteremo<br />

in gioco…”.<br />

Mario Azzolini / R.A.I. 3 - Palermo, 19 Febbraio 2006<br />

Gazzettino di Sicilia - 20 febbraio 2006<br />

Sarà ospitata fino al 3 marzo, Ti dirò…segni e messaggi<br />

per il futuro. La mostra, curata da Fabrizio Costanzo e da<br />

Pino Schifano prevede l’esposizione di 34 opere di artisti<br />

palermitani. Palermo è una città che assume un tenore<br />

culturale e artistico sempre maggiore e che non di rado<br />

dà spazio a forme artistiche non prettamente canoniche.<br />

E’ così che parametri e opere dell’arte contemporanea<br />

vengono sempre più apprezzate da un curioso pubblico<br />

palermitano attento alle novità. Per venire incontro a queste<br />

correnti artistiche relativamente nuove, il Palazzo<br />

Branciforte di via Bara all’Olivella a Palermo ospiterà la<br />

mostra dal titolo Ti dirò…segni e messaggi per il futuro.<br />

Si tratta di una mostra di arte contemporanea frutto del<br />

lavoro attento e minuzioso, ma soprattutto appassionato,


Graffiti<br />

Graffiti<br />

Graffiti Art<br />

di artisti siciliani noti e meno noti, una mostra ricca di<br />

fantasia, di luminosità, di tematiche e simboli che impongono<br />

una seria riflessione estetica, un percorso, quindi,<br />

tutt’altro che superficiale, un percorso che conquista e<br />

che seduce, insomma, da non perdere.<br />

Salvatore Galizia / CTS - Palermo, 26 febbraio 2006


Logos et fabula<br />

Il mito con le sue leggende. La storia con le sue architetture, i suoi eventi e i suoi uomini. La strabiliante posizione geografica.<br />

Poi la natura con i suoi profumi e le sue asprezze, il mare, il cielo, i vulcani, la luce. Una terra d’incanto e di<br />

incantesimi, di bellezze abbaglianti e di eventi… che attrae. Una terra antica, significante, che ha trovato la propria<br />

dimensione e connotazione nel mito ancor prima che la propria storia fosse stata scritta.<br />

La fabula descrive tre ninfe impegnate in un meraviglioso viaggio alla ricerca di doni da trovare in ogni angolo del mondo,<br />

doni che la terra offre e che loro raccolgono. In questa ricerca d’identità e di curiosità, sulla via di ritorno, s’imbattono<br />

in uno specchio d’acqua d’indicibile bellezza. La magia di quel momento le incanta facendo sì che esse si dispongano<br />

sull’acqua in tre direzioni, lasciando cadere pugnetti di terra…dando vita ai luoghi sacri della Sicilia; tre ninfe, tre<br />

gambe a raggiera e tre direzioni racchiudono così, in un triangolo, un’isola favolosa chiamata Triquetra (Trinacria), tanto<br />

bella da essere custodita, tutelata, difesa e protetta dalla testa della Medusa che in ogni modo cercherà di dissuadere<br />

i nemici e gli invasori dal portarle guerra e distruzione. La fabula è solo la prima di tante che, procedendo all’interno<br />

del mito, decanta gli elementi, entrando in simbiosi con l’acqua, la terra e il fuoco… dal ratto di Proserpina (sulle rive<br />

del lago di Pergusa), alle lotte tra il sommo Zeus e i Giganti (primi abitatori dell’Isola); dall’attività di Hefesto (il Dio fabbro<br />

che ha la sua fucina posta sotto il vulcano Etna e che forgia fulmini per Zeus e corone per gli Dei), alla fonte Aretusa,<br />

vicino Siracusa, dove la ninfa si rifugia ad Ortigia per sfuggire ad Alfeo (venendo trasformata in sorgente da Afrodite).<br />

Poi ancora Cariddi, Galatea, Camarina e tanti altri luoghi sacri che raccontano il mito. Nella Sicilia dai tanti volti, gli<br />

oggetti d’uso quotidiano danno dimensione e senso alla vita e la rinnovano. In questa terra-mestiere l’arte si fonde con<br />

l’artigianato, la creatività con le motivazioni, la materia eletta con quella povera. Qui le idee degli artisti si concretizzano<br />

prendendo forma. Hefesto, il dio del fuoco, manipolatore e creatore della materia è fabbro e artista insieme e lavora<br />

nelle viscere del vulcano.<br />

Oggi, in Sicilia, il mito rivive nelle officine e nelle botteghe artigiane dove si lavorano il ferro, il legno, la pietra, la cartapesta<br />

e il gesso, si manipolano le pelli e le argille, si tagliano e si combinano i vetri, si fondono e si lavorano gli argenti,<br />

gli ori e le pietre preziose: un crogiuolo d’idee, esperienziali ed innovative, concepite dall’uomo per l’uomo, che in molti<br />

casi rappresentano vere e proprie opere d’arte e che oramai trovano occasione di dialogo e d’integrazione con i moderni<br />

settori industriali. Ancora, la storia e la cultura mostrano una Sicilia attraversata da dominatori e uomini illustri che, in<br />

entrambi i casi (e per diversi motivi), hanno lasciato un segno profondo nella nostra Isola, scalfendola o accarezzandola,<br />

prostrandola o esaltandola, forgiandone l’aspetto ed il carattere, una connotazione forte e chiara che oggi la caratterizza<br />

nell’esteriorità e nell’anima. Felix Ziz, fiore felice, si propone come terra ricca, propizia, prospera, fertile, feconda,<br />

utile ma anche gradita, salutare e desiderata, ben augurante, spirituale, necessaria, da cui non si può prescindere,<br />

come scrisse Goethe, per poter comprendere l’Italia.<br />

Gli artisti di Felix vivono la Sicilia con la luce, i profumi, l’architettura, la spiritualità, il mito, la storia…il ferro, il legno, la<br />

pietra, il cotto, il vetro, la terra e i materiali poveri riciclati, predisposti con i sensi in un percorso-rappresentazione attraverso<br />

gli odori degli agrumi, lo sfrangiamento dei campi di grano, il vento caldo di scirocco sui fichidindia, il cielo limpido,<br />

il mare trasparente ma anche un nuovo sentire e sperimentare con la capacità insita di mettersi in gioco attraverso<br />

la creatività e la ricerca personale. Nati e cresciuti nella nostra Isola, gli autori, trovano occasione di dialogo con altri<br />

luoghi, perseguendo la dimensione sicula nel contesto globale (che freddamente è sintetizzato dalla sigla Glocal in<br />

contrapposizione a Global) rappresentando un compromesso estetico nel linguaggio espressivo odierno, modellando<br />

forme autonome e ben delineate contro ogni appiattimento culturale o uniformità ideativa, creando la trama di un discorso<br />

inconfondibile e perciò specifico, spendibile in termini di sperimentazione. Il filo rosso perseguito dal Gruppo<br />

Graffiti & Addaura Art (di cui l’odierna mostra ne rappresenta solo una parte) s’insinua tra le due diverse sponde, valorizzando<br />

il tessuto espressivo isolano nelle sue componenti tradizionali, esaltandone e valorizzandone gli elementi specifici,<br />

guardando attentamente oltre, inserendosi di buon diritto nel dibattito artistico internazionale. I linguaggi espressivi<br />

proposti nella mostra odierna - come iter comunicativi - procedono attraverso le dimensioni storiche ed innovative,<br />

proponendo logos e caos rappresentativi, fervori visivi e iter descrittivi mai sopiti, ricchi d’impulsi e di apparenti contraddizioni.<br />

Una ricchezza d’idee che testimonia l’anima di una terra sempre diversa, di un popolo capace di guardarsi allo<br />

specchio e di rigenerarsi.<br />

Fabrizio Costanzo / Felix Ziz - Sanpaolo Palace Gallery. Palermo, ott. 2006 / gen. 2007 - Presentazione in catalogo


Fabrizio Costanzo, Salvo Ferlito, Francesco Pintaudi presentano la mostra<br />

Felix Ziz - SANPAOLO PALACE HOTEL - Palermo, 7 ottobre 2006


Malgrado tutto<br />

La globalizzazione si è ormai fatta sentire, e parecchio,<br />

anche nel campo dell’arte, dove già da diversi decenni gli<br />

strateghi del nuovo sistema geo-politico avevano imposto<br />

le loro regole e i loro principi, considerati a torto o a ragione<br />

buoni per tutti…Credo che le irrequietezze superficialmente<br />

cosmopolite e gli omologanti internazionalismi<br />

alla moda travisino le ricerche artistiche, le quali non<br />

possono prescindere dai luoghi, dalla storia, dalla cultura,<br />

dai sentimenti e dalle genti nel cui ambito nascono e<br />

si sviluppano. In un mondo che va verso una nuova cultura<br />

multietnica, l’arte deve tornare ad essere un importante<br />

strumento di scambio culturale, e per far questo è<br />

auspicabile che i popoli, ma anche le minoranze, etniche<br />

o di altro genere, esprimano liberamente se stessi, senza<br />

influenze forzate e appiattimenti di circostanza…Questa<br />

mostra vuole provare a proporre valori universali, partendo<br />

da noi stessi – da quello che siamo e da quello che<br />

eravamo – dalla nostra terra e dalla nostra storia…<br />

Francesco Pintaudi / Felix Ziz - Palermo, ottobre 2006<br />

Icone di Sicilia<br />

Grazie ad una iconicità esplicita e chiaramente intelligibile,<br />

perseguita con modalità, tecniche e linguaggi difformi<br />

e variegati (e quindi in grado di declinare la sicilianità con<br />

congrua ampiezza di sguardo), i nostri dieci artisti hanno<br />

elaborato una peculiare semeiotica, capace di offrire ai<br />

fruitori quel sistema di linee guida e punti cardinali di<br />

assoluta rilevanza ai fini d’un buon orientamento nell’immaginario<br />

collettivo dei siciliani. Un risultato – quest’ultimo<br />

– ottenuto coniugando una ideatività decisa e risoluta<br />

con un altrettanto affinata fabrilità, sì da pervenire alla<br />

realizzazione di immagini e manufatti simbolo, dalla compiuta<br />

valenza comunicativa e affabulatoria.<br />

Il caleidoscopio di luci e colori dei vetri di La Barbera<br />

(incline a catturare e riverberare la tipica luminosità isolana),<br />

la efestina metallurgia di cui è artefice Vitrano (nella<br />

quale si concreta l’aspetto ctonio e vulcanico di questa<br />

terra), il sinuoso cromatismo dei paesaggi dell’Affronti<br />

(tanto anti-naturalistico nella sua sintesi di tratto e composizione,<br />

quanto fedele e veritiero nella resa delle intense<br />

tonalità dei panorami), il conchiuso simbolismo delle icone<br />

di Costanzo (che riassume, con gioiosa e apparente<br />

semplicità, la salienza del peso della storia, del mito e<br />

della natura), il veristico impianto delle tele di Cavallaro (i<br />

cui trompe l’oeil ben consacrano l’importanza dell’arte<br />

figulina), la concreta manualità di D’Antoni (anch’essa<br />

direttamente incentrata sulla esaltazione delle potenzialità<br />

estetiche della materia argillosa), le citazioni storicistiche<br />

di Pintaudi (ancora una volta rimarcanti il sedimento<br />

impareggiabile delle antiche civiltà) e quelle altrettanto<br />

indicative di Giambanco (con il loro rutilare di memorie<br />

della grande stagione panormita del tardo-Manierismo e<br />

del Barocco), la polimorfa ricerca scultorea di Rizzo<br />

(oscillante fra declinazioni figurative ed esiti astrattisti) e<br />

la visionaria polimatericità pittorica di Chirco (caratteristicamente<br />

tripudiante di tecniche miste) si ergono dunque<br />

ad eloquente novero di chiari referenti, atti a narrare con<br />

dovizia informativa le piacevolezze della nostra Felix Ziz.<br />

Una miscellanea di differenti sensibilità, linguaggi, modalità<br />

d’esecuzione nonché stilemi, che, pur definendo un<br />

articolato mosaico di vissuti soggettivi, riesce ad andar<br />

ben oltre la semplice mappatura delle singole personalità,<br />

per tradursi, infine, in una composta e leggibile cartografia<br />

affettiva della sicilitudo, fedele testimonianza immaginifica<br />

e tributo amoroso reso dai nostri dieci artisti alla<br />

loro felix insula .<br />

Salvo Ferlito / Felix Ziz - Palermo, ottobre 2006


In un telaio figurativo,<br />

dieci artisti ricamano la Sicilia<br />

In una veste un po’ insolita, dieci artisti siciliani del Gruppo<br />

Graffiti & Addaura Art presentano Felix Ziz, tra pittura,<br />

scultura ed altre forme manipolative.<br />

Nel contesto dell’albergo (la grande hall e gli spazi d’accoglienza)<br />

la mostra, diretta da Fabrizio Costanzo e<br />

Francesco Pintaudi (in collaborazione con Salvo Ferlito),<br />

si configura nel suo aspetto poliedrico dialogando con il<br />

turismo, i convegni, la gastronomia e altro.<br />

“Ho visitato Felix Ziz il giorno dell’inaugurazione e sono<br />

tornato ben volentieri in seguito, perché l’esposizione mi<br />

ha attratto particolarmente presentando tecniche e materiali<br />

diversi, che stuzzicavano la mia curiosità. Osservando<br />

le opere mi sono soffermato su alcuni oggetti della<br />

memoria riciclati e artefatti e su altri naturali - canne,<br />

stoffe, sabbie, terre, sassi, conchiglie, ferri vecchi e chiodi<br />

arrugginiti, legni consunti, jute, insieme ad acrilici, oli,<br />

smalti e pigmenti vari - utilizzati su supporti più o meno<br />

nobili, insomma, un telaio figurativo di ampio respiro su<br />

cui gli artisti hanno ricamato le proprie idee…”.<br />

Giuseppe Mendola / Boè – Palermo, nov./dic. 2006<br />

Felix Ziz, ovvero Fiore felice<br />

Una mostra dedicata alla Sicilia<br />

Antonella Affronti, Roberto Cavallaro, Paolo Chirco, Fabrizio<br />

Costanzo, Toni D’antoni, Pippo Giambanco, Leonardo<br />

La Barbera, Francesco Pintaudi, Giacomo Rizzo e<br />

Totò Vitrano sono i dieci artisti che - con le loro opere di<br />

pittura, scultura ed altre forme manipolative - danno vita<br />

alla mostra Felix Ziz in cui, come nel catalogo, “è l’aggiornata<br />

riflessione sull’intonsa vis dell’ambiente naturale e<br />

sull’estrema pregnanza dell’eredità culturale a farla pienamente<br />

da padrona, sì da restituire agli osservatori<br />

un’immagine suadente (ma anche assai esplicativa) della<br />

nostra complessa e multiforme isola”.<br />

Sikania – Palermo, novembre 2006<br />

Felix Ziz: narrazione di una mostra<br />

Fuoco, acqua, terra: ai tre elementi evocati dalla varietà<br />

dei materiali di questa mostra, si affianca un quarto elemento,<br />

il vento, che passa e raccoglie aromi e suggestioni:<br />

un novello cantastorie che avvicina imprevedibilmente<br />

le opere, che tesse u cuntu di una Sicilia possibile, poetica<br />

e magica, quale ci consegnano gli artisti di Felix<br />

Ziz….<br />

Elina Chianetta / Felix Ziz – Palermo, dicembre 2006<br />

Un titolo a metà strada tra il latino e l’arabo…<br />

A capire il senso della mostra ci aiuta la presentazione in<br />

catalogo di Salvo Ferlito, ed in particolare la sua oratoria<br />

dalla quale traspare l’attenta analisi cartografica di una<br />

produzione artistica che punta sulla sicilianitudine degli<br />

autori i quali nelle loro opere tendono a rimarcare (non<br />

senza ottimi effetti) l’iconografia della Sicilia e dei suoi<br />

aspetti…Alla mostra partecipano anche i curatori Fabrizio<br />

Costanzo e Francesco Pintaudi e, mentre per Costanzo<br />

la variabile predominante è la minuziosità simbolista con<br />

la quale affronta ogni sua opera, per Pintaudi troviamo<br />

una sorta di recupero della memoria attraverso l’uso del<br />

colore (smalti e acrilici) tale da dare la sensazione dell’affresco…<br />

Francesco M. Scorsone / Centonove – Messina, 24 novembre 2006


Luoghi, teatri della mente<br />

Luoghi dimenticati, sognati, idealizzati, inventati, mai visti. Intrappolati nella tela dei ricordi.<br />

Luoghi vissuti, riemersi sul filo della memoria.<br />

Luoghi sacri, teatrali, privati. La storia è colma di luoghi, dalla caverna preistorica alla moschea, dai palazzi storici alle<br />

architetture dei giardini, dalle chiese alle piazze barocche, dalle piramidi egizie e maya ai templi occidentali e buddisti,<br />

ai custodi del sonno cinesi.<br />

Luoghi come teorie, manipolazioni della realtà, descrizioni minuziose di prospettive rinascimentali, di spazialità barocche,<br />

di luce impressionista, di frantumazioni cubiste.<br />

Luoghi assoluti, astratti, escheriani.<br />

Luoghi metafisici stranianti, impossibili, di là dal tempo e dallo spazio, visioni surreali dove il sogno incontra la realtà.<br />

Luoghi-silenzio, di opere d’arte, strappate al fare, conservate in statici musei.<br />

Luoghi-evento, teatrali, rituali, spettacolarizzati dall’uomo che recita se stesso mimando il gioco della vita.<br />

Luoghi comuni, piazze, strade. Muri quotidiani fumettati da Haring.<br />

Luoghi-caos pervasi dal dinamismo futurista. Luoghi noti e sconosciuti. Luoghi.<br />

La psicologia topologica (dal greco topos – luogo) ha studiato a fondo il significato del luogo inteso come spazio di relazione.<br />

La teoria gestaltica ha dimostrato che gli individui hanno organizzato il loro intorno secondo precise leggi strutturate,<br />

leggi percettive di similarità, prossimità, continuità, delimitazione. Lewin ha sostenuto la capacità dell’uomo di<br />

muoversi ed agire (da soggetto attivo) nell’ambiente, decidendo liberamente, pur condizionato dai modelli culturali specifici<br />

(le istituzioni). Walter Benjamin ha riportato la nozione di spazio entro i limiti della dialettica uomo-storia, affermando<br />

che, lunghi periodi storici e dinamiche complesse di esistenza delle società hanno influenzato la percezione umana<br />

sensoriale nei diversi territori. All’interno del concetto di configurazione nella teoria gestaltica, Rudolph Arnheim ha<br />

sostenuto che l’aspetto di un oggetto non è mai soltanto determinato dall’immagine che colpisce direttamente il nostro<br />

occhio (vedi la sfera che logicamente completa la forma rotonda parzialmente visibile di fronte). In tale accezione, non<br />

si vive una realtà parziale, ma completa. La forma dell’oggetto, quindi, non sempre coincide con l’effettivo limite di un<br />

corpo fisico. Edward T. Hall, nell’opera La dimensione nascosta, analizzando i vari comportamenti culturali dell’uomo<br />

nel loro complesso e affrontando i modi di usare lo spazio e di attribuirgli un significato, si è addentrato nel campo<br />

dell’arte considerandone l’aspetto percettivo. In particolare, l’autore, ha sottolineato il ruolo della pittura che, pur non<br />

potendo riprodurre direttamente, ad esempio, il profumo di un frutto, può evocare sensazioni simili attraverso segni<br />

rappresentativi opportunamente selezionati.<br />

I pensieri di Rudolph Arnheim e di Edward T. Hall, pur divergenti, sono complementari in un punto e ci permettono di<br />

guardare ancora più dentro il concetto di luogo inteso come sistema relazionale e di conoscenza spazio-temporale.<br />

L’artista, per Hall ha il compito di aiutare il profano a mettere ordine nel proprio universo culturale, a decifrare il fenomeno<br />

visivo, ma lo fa (vedi Arnheim) secondo una suggestione sensoriale che non sempre raffigura l’oggetto, le persone,<br />

e i luoghi in maniera chiara e completa. In taluni casi può semplicemente evocarli o descriverli in parte, citarli, trasfigurarli,<br />

e non per questo, necessariamente, sono conosciuti dall’osservatore in maniera incompleta. Una posizione<br />

estrema è quella di Jackson Pollock, che ha sublimato il concetto fisico del luogo, trasferendolo sulla tela. Questa, definita<br />

luogo degli eventi, si configura come forza attiva e propulsiva, capace di generare sentimenti e passioni in un moto<br />

dinamico irrefrenabile dove l’artista, in preda ad un raptus creativo - e senza nulla di preordinato - sgocciola il colore<br />

secondo l’input del dripping. L’opera d’arte, non più elemento passivo, instaura un rapporto simbiotico con l’artista concentrando<br />

su di essa l’universo delle esperienze esaltanti o frustranti. Ma ci sono altri luoghi, teatri della mente, che<br />

fanno parte unicamente del nostro io, della nostra esperienza di vita, del nostro modo di essere. Sono i luoghi della<br />

memoria, non descritti da teorie o altro, ma dai sensi. I dodici artisti presenti in questa mostra ripercorrono la strada<br />

della loro vita attraverso ricordi di viaggi, profumi, materiali, luoghi familiari, sogni, esperienze, introspezioni. Particelle<br />

insostituibili del meccanismo cosmico, scrutano l’universo, lo analizzano, restituendolo sotto forma d’impulsi linguistici e<br />

strutturali.


Le varie tematiche proposte si snodano così in tentativi di ricerca dove il segno-parola, il segno-immagine e il segnostruttura<br />

vengono esplorati attraverso forme e contenuti, travalicando il senso della realtà descritta.<br />

Gli schemi compositivi che ne derivano risultano proiettati in canoni evolutivi: nasce un vocabolario di sensi e d’intenti<br />

visivi che sfiora e imbriglia la memoria, un gioco nel gioco di cui l’artista, padrone della situazione, ne conosce le regole,<br />

componendo e scomponendo il meccanismo imperfetto della realtà (artifex ludens sicut dei).<br />

Fabrizio Costanzo / I luoghi dell’oblio - Sanpaolo Palace Gallery. Palermo, mar./giu. 2007 - Presentazione in catalogo


Ludusmentis<br />

Una mostra come questa pone certamente domande sul carattere fenomenologico della comunicazione, su come<br />

questa può e deve relazionarsi con la nostra quotidianità.<br />

Viviamo un momento storico spettacolare in cui abbiamo polverizzato i saperi, messo da parte i miti e i sentimentalismi,<br />

frantumato l’essere (o ciò che pensavamo tale), e da ogni particella ne abbiamo ricavato e ridefinito una nuova identità.<br />

Ci chiediamo: dopo le nostre conquiste globalizzanti siamo più forti o più deboli? Il bicchiere è mezzo vuoto o mezzo<br />

pieno? Siamo in crisi? La nostra condizione esistenziale, dagli anni Sessanta in poi, ha visto nascere in Europa e negli<br />

Stati Uniti movimenti artistici di rottura riluttanti verso qualsiasi legame specifico con le forme d’arte precedenti e con i<br />

significati ad essi attribuiti, movimenti che, pur diversi tra loro, sono stati accomunati dalla stessa volontà dissacrante.<br />

Dissolta la forma e la progettualità, essi hanno perseguito il segno e l’improvvisazione (all’interno del nuovo significato<br />

di materia) esprimendo, in compenso, la genuinità dell’atto creativo. E’ così che, i movimenti dell’Arte segnica, l’Action<br />

painting, l’Informale, lo Spazialismo, La Pop art, la Op art, l’Arte cinetica, l’Arte ecologica e l’Arte povera si sono alternati<br />

ad altre correnti artistiche come il Neorealismo sociale prima, l’Iperrealismo e la Transavanguardia poi, auspicando<br />

un ritorno alla figurazione ma con indirizzi e risultati estetici diversi ed eclettici, fino ad arrivare alle estremizzazioni della<br />

Body art, non ultima ma assai significativa perché da considerarsi punto estremo di un processo di liberazione dai<br />

vinco 䁬 i imposti dalla società: nella performance il corpo partecipa al processo espressivo ed il rapporto artistaosservatore<br />

ne è stravolto; l’Arte concettuale, in cui l’oggetto e la materia hanno perduto il ruolo di protagonista dell’opera<br />

d’arte dentro una comunicazione sempre più finalizzata all’ideazione ed al processo, ed ancora, la Street art,<br />

una forma d’arte degli anni Ottanta, totalmente immersa nella quotidianità, che riassume i diversi approcci creativi nella<br />

dimensione urbana...In un panorama così ampio, è necessario trarre delle conclusioni. Per dirla con Escher “far rientrare<br />

dentro il finito di un cerchio l’infinito delle possibilità ideative” affinché si colga il senso di tutto ciò. E’ quindi opportuno<br />

sottolineare almeno un aspetto positivo e fondamentale della ricerca culturale odierna, ovvero quello connesso alla<br />

libertà delle procedure espressive attuate dagli artisti in Europa e nelle grandi democrazie del mondo, dove i loro studi<br />

sono stati condotti senza condizionamenti, in assoluta autonomia procedurale e concettuale. Gli operatori adesso hanno<br />

l’obbligo di riflettere su tutto ciò e, conseguenzialmente, di vegliare sull’impegno etico connesso al libero processo<br />

creativo, affinché non vada sprecata l’occasione di essere salvaguardati nelle identità, facendosi altresì imbrigliare<br />

dall’invasività spettacolare e globalizzante della comunicazione odierna. L’arte contemporanea, in sostanza, procede<br />

su un filo rosso non riconducibile a categorie fisse. Il sistema comunicativo-espressivo odierno - sfuggente, complesso<br />

ed eterogeneo - sviluppa (e fagocita) valori nuovi ed elementi inaspettati, si confronta con la molteplicità delle tecnologie,<br />

dei materiali e dei processi, si caratterizza sempre più per l’esigenza di unicità ed individualità nell’estrinsecazione<br />

dell’atto creativo, rifiutando l’appartenenza a gruppi, movimenti, maestri e scuole.<br />

I linguaggi di Candiloro, Emanuele e Mott, oggi presenti al Sanpaolo Palace Hotel, partendo da una realtà sì fatta ma<br />

anche idiomatica del capoluogo palermitano, s’inseriscono con personalità e calibratura nel dibattito culturale dei nostri<br />

giorni, interagendo con i processi ludici del fare arte, coinvolgendo consapevolmente la sfera estetica.<br />

Fabrizio Costanzo / Ludusmentis - Sanpaolo Palace Gallery. Palermo, lug./nov. 2008 - Presentazione in catalogo


Fabrizio Costanzo e l’installazione Electric chair di Richard Mott<br />

Ludusmentis - SANPAOLO PALACE HOTEL - Palermo, ottobre 2006


Un catalogo, una vita<br />

Una dialettica tra contenuti e processi<br />

Le azioni progettuali in rete, finalizzate al raggiungimento dell’obiettivo della solidarietà, assumono particolare importanza<br />

in un contesto di esperienze ed emozioni comuni. Nello specifico, la mostra-concorso L’arte del Volontariato di<br />

Villa Niscemi, avvicina i giovani ed i professionisti a questo mondo in maniera costruttiva e spontanea. A tale genere<br />

d’iniziativa, gli artisti del Gruppo Graffiti non sono nuovi: già altre volte hanno dimostrato la loro etica professionale prodigandosi<br />

a favore di chi soffre con la presenza, il lavoro e le donazioni - vedi le ultime mostre di Santa Maria dello<br />

Spasimo (2007) e di Villa Boscogrande (2008) a Palermo.<br />

Il catalogo prodotto nel 2008, egregiamente coordinato dalla giornalista Laura Poma e dal Presidente dell’A.R.I.S. Rocco<br />

Di Lorenzo, ci dà lo spunto per ampliare il discorso, andando oltre il risultato estetico. La pubblicazione, ponendosi<br />

come strumento divulgativo a supporto della mostra, evidenzia una sua valenza simbolica che racchiude vite e opere<br />

degli artisti partecipanti alla manifestazione. Nella disputa con l’altro strumento di comunicazione per eccellenza del<br />

Ventunesimo secolo – internet (e tutto ciò che riguarda la telematica) – ne esce a testa alta. Ancora oggi per noi è essenziale<br />

appartenere ad un oggetto reale attraverso i sensi: ci è indispensabile leggere e sfogliare un catalogo sentendo<br />

e toccando la porosità delle sue pagine, osservare le foto seduti su di una comoda poltrona e sotto la luce rassicurante<br />

di un lume: abbiamo bisogno di memorie, di affetto, della terra sotto i piedi, del senso della vita e della Bellezza.<br />

A quest’ultimo valore universale siamo indissolubilmente legati; oggi però il nostro approccio è profondamente cambiato<br />

rispetto al passato. Siamo incapaci di usufruirne perché di carattere privato ed esclusivo. I greci invece praticavano<br />

la bellezza nella piazza, pubblicamente, vivendola tutti i giorni: Bellezza e Giustizia entravano in simbiosi, la legge morale<br />

e quella estetica coincidevano dando senso e significato alla vita. Oggi la bellezza è eclatante ed esteriorizzante,<br />

produce audience e riscontro economico. Qualche volta sfocia nel cruento (vedi performance scioccanti e oscene) e<br />

deve colpire subito, ad ogni costo…non è meditativa, non crea consensi. Abbiamo frantumato l’essere in tante particelle,<br />

altri microcosmi anarchici: siamo isole. Non riconosciamo più i maestri e i movimenti: non discutiamo. E’ un problema<br />

di comunicazione, adesso libera e multidimensionale, ma nel contempo parossistica e non lineare. Storicamente,<br />

l’arte di fine millennio è caratterizzata dalla voglia d’indipendenza creativa e dall’estrema varietà delle proposte; per<br />

tentare di comprenderla occorre considerare i cambiamenti che si sono verificati all’interno della società e l’interscambio<br />

sempre più intenso di uomini, prodotti e idee, che ha permesso una circolazione della cultura su scala globale: lo<br />

sviluppo impressionante della tecnologia ha aumentato le opportunità a disposizione degli artisti facilitando il nascere<br />

ed il proliferare di tendenze e dinamiche assai diverse tra loro. Il Capitalismo degli anni ’70 ha altresì formato al suo<br />

interno una opposizione, un’aspra lotta politica e ideologica al cui interno il mondo artistico ha risposto in maniera<br />

estremamente variegata, portando avanti il fenomeno delle Neoavanguardie. Gli artisti hanno così evidenziato le contraddizioni<br />

sociali e liberato la creatività personale da ogni condizionamento estetico e culturale: Joseph Kosuth, ad<br />

esempio, ha espresso un nuovo concetto di creatività incentrato sul momento ideativo. Per l’artista l’arte è processo<br />

mentale da ricreare davanti allo spettatore. Conta solo l’idea, non la sua realizzazione. Non è quindi importante l’aspetto<br />

estetico del risultato. Nell’opera Uno e tre cappelli rappresenta in tre modi diversi lo stesso concetto: la fotografia di<br />

un cappello, un cappello vero, e la sua definizione linguistica tratta da un dizionario. Kosuth, in pratica, indica l’inutilità<br />

dell’oggetto (non esiste alcun motivo per rappresentarlo) e nega alla radice qualsiasi forma di opera d’arte. Molti artisti,<br />

in questo periodo, si sono schierati contro lo sfruttamento commerciale del loro lavoro proponendo un’arte volutamente<br />

invendibile, senza mercato. Cristo e Richard Long, aderenti alla Land Art, hanno agito direttamente sul territorio, segnando<br />

il paesaggio con realizzazioni talmente colossali da non poter essere esposte in nessuna galleria. Gilbert &<br />

George hanno considerato il loro corpo come un’opera d’arte vivente, sostituendo all’oggetto-contenuto, il concettoprocesso:<br />

nelle performance e negli happening gli artisti creano direttamente davanti al pubblico facendolo partecipare<br />

alle loro azioni. Nell’ultimo trentennio del XX secolo il significato di arte si è ampliato a dismisura coinvolgendo la musica,<br />

il teatro, la danza e il video o impiegando materiali non artistici. Per Joseph Beuys l’arte è trasformazione, trasmissione<br />

di energia vitale che spettacolarizza esibendosi dal vivo. Egli rifiuta i consueti strumenti artistici preferendo impiegare<br />

oggetti e materiali prelevati dalla realtà quotidiana che assembla in maniera sconcertante e provocatoria. In Pianoforte<br />

a coda, usa un pianoforte senza gambe, alcuni frammenti di un violino distrutto dall’artista, il suo cappello e le<br />

fotografie che documentano le fasi dell’evento.


Michelangelo Pistoletto, nell’Arte povera, sistema accanto ad un mucchio di stracci una statua classica (Venere degli<br />

stracci), simbolo della bellezza eterna, facendola idealmente dialogare con ciò che resta del veloce trascorrere delle<br />

mode: un cumulo di stracci contro la società consumistica! Ancora, la Body Art, tra ricerca, esperienza e spettacolo<br />

esplora i limiti del corpo umano e le reazioni dell’artista e del pubblico.<br />

Questi pochi ma significativi esempi di artisti e movimenti – alcuni dei quali ancora attuali – l’ulteriore spinta della Transavanguardia<br />

alla fine degli anni ’70 (con le videoinstallazioni di Fabrizio Plessi) e gli ultimi fenomeni del Graffitismo e<br />

della Street art, testimoniano il difficile passaggio epocale che stiamo vivendo: oggi non è possibile sostituire i valori,<br />

così come è impensabile andare avanti allo sbaraglio senza soffermarsi sul quotidiano, sulle piccole cose che fanno<br />

grande l’esistenza dell’essere umano e dell’artista nello specifico. Non si può tornare al passato e proporre un tuffo<br />

all’indietro nella memoria perché sarebbe anacronistico, ma occorre conoscere le dinamiche storiche e socio-culturali<br />

per poter produrre con coerenza e proporre una dialettica tra contenuti e processi, logos e caos, entrambi facce della<br />

stessa medaglia.<br />

La mostra di villa Niscemi è una mostra di contenuti…e di processi. Tutti e diciotto gli artisti sono operatori culturali del<br />

Ventunesimo secolo: fanno dell’arte una ricerca, la producono per contenuti e seguono i processi. Guardano al futuro,<br />

danno risposte agli altri ma soprattutto a se stessi. Il binomio immagine-immaginare, ben evidenziato nel contesto del<br />

Volontariato – e in questa iniziativa in particolare – pone le basi per ulteriori ampie discussioni. La certezza di ciò che<br />

la visione è (nella strutturazione del linguaggio visivo), diventa speranza nell’immaginare un mondo migliore in cui tutti<br />

cooperano (giovani e anziani, persone sane e bisognose), una forza-unione trainante che rende forti e coraggiosi.<br />

Scrive Rudolph Arnheim “L’arte non è un isola, serve per capire il mondo”. Sostiene Bertolt Brecht “Tutte le arti contribuiscono<br />

all’arte più grande di tutte: quella di vivere”. Traslando il discorso, i due autori, così diversi e distanti tra loro,<br />

procedono tra Arte e Vita, icone e azioni: segni-tracce e input vitali che danno senso e significato alla discussione<br />

odierna.<br />

Fabrizio Costanzo / L’arte del volontariato – Biotos – Palermo, 2 ottobre 2008 - Presentazione catalogo


Fabrizio Costanzo ed Elena Pagani presentano il catalogo della mostra<br />

L’arte del volontariato - BIOTOS - Palermo, 2 ottobre 2008


Elena Pagani, Fabrizio Costanzo, Rocco Di Lorenzo, Laura Poma<br />

L’arte del volontariato - BIOTOS - Palermo, 2 ottobre 2008


Graffiti Art<br />

Graffiti Art<br />

Graffiti<br />

Graffiti Day<br />

Cultura, legalità, ambiente all’ombra della Montagna Sacra<br />

Da un’idea…<br />

Sono trascorsi dieci anni da quell’8 maggio 1999.<br />

Menzionare gli artisti che si sono susseguiti l’uno dopo l’altro nel nostro hotel o le opere che vi sono state esposte, non<br />

è sufficiente. Sono le emozioni che mi piace ricordare, quei momenti del 1998, quando io, Francesco Carbone e Massimo<br />

Coraci, discutevamo, a cena o seduti sui divani, di come dovevamo organizzare e strutturare la futura mostra Graffiti:<br />

frasi, spunti, idee, schizzi e annotazioni che nel tempo prendevano forma. Alcune cose erano programmate con<br />

cura, altre nascevano spontaneamente: tutto era però voluto con entusiasmo e determinazione, doti che oggi naufragano<br />

nel mare dell’indifferenza. Dieci anni fa, il nostro proposito di costituire una mostra permanente e dinamica, che<br />

coinvolgesse le componenti della didattica, dei professionisti e dei giovani emergenti, fu un’idea vincente, subito accolta<br />

con partecipazione da artisti e operatori del settore coinvolti. Posso affermare, senza timore di essere smentito, che<br />

la Graffiti, è stata la prima mostra in assoluto ad avere tali caratteristiche. Il progetto espositivo, è stato realizzato, grazie<br />

a Massimo Coraci che, da architetto progettista dell’hotel, cultore dell’arte e manager, si è calato nei panni del mecenate,<br />

attivandosi come un operaio per rendere fattibile un’idea, che doveva rispondere - ed ha risposto - sul piano<br />

culturale e su quello commerciale. Giornalisti, critici, cultori dell’arte, turisti e semplici visitatori, hanno discusso con gli<br />

autori, creando un clima piacevole e di confronto. In dieci anni, oltre 200.000 persone, di tutte le nazionalità, sono entrate<br />

in contatto con la mostra. Gli artisti hanno contribuito alla diffusione dell’evento, in maniera professionale, passionale…e<br />

coraggiosa, dando vita ad una delle realtà più belle di Palermo. Si sono messi in discussione, giocando per<br />

lavoro (e lavorando per gioco), impiegando notevoli energie psico-fisiche, collaborando con spirito di gruppo, liberi nelle<br />

scelte e negli orientamenti. Oggi, le fasi artistiche connesse al Graffiti Day per i dieci anni della permanente Graffiti (le<br />

presentazioni de La bestia di Bizhan Bassiri e delle installazioni-totem), ribadiscono la volontà di lasciare segni forti nel<br />

territorio e all’Addaura Hotel in particolare. L’iniziativa rientra nella linea di condotta fortemente voluta da Massimo Coraci,<br />

votata al rispetto della natura e condivisa da tutti gli operatori impegnati in hotel. L’iter punta energicamente sull’aspetto<br />

espressivo-ambientale come premessa culturale e morale finalizzata al dialogo con il territorio.<br />

Un filo rosso che si snoda dal 1999 ad oggi, privilegiando la legalità ed il rispetto della persona. Come stile di vita.<br />

Fabrizio Costanzo / Sicilia Tempo – Palermo, maggio 2009 - Presentazione catalogo


Fabrizio Costanzo intervistato dalla giornalista di Video C6.tv<br />

Conferenza stampa: Fabrizio Costanzo, Massimo Coraci, Bizhan Bassiri, Salvo Ferlito - ADDAURA HOTEL - Palermo, 8 maggio 2009


Graffiti<br />

17 Totem per il Graffiti Day<br />

Offrire un articolato sistema di miliaria con cui orientarsi nel controverso panorama della contemporaneità.<br />

Parrebbe essere questo l’intento prioritario perseguito dai diciassette artisti coinvolti nel progetto 17 Totem per il Graffiti<br />

Day, a conferma dell’insopprimibile esigenza di marcare simbolicamente il territorio esistenziale, sì da lasciare tracce e<br />

segni assai evidenti, che possano fungere al contempo da bagaglio esperienziale per il presente e da memoria e tacitiano<br />

monumentum per il futuro. Non è per tanto un caso – quindi – che l’intento di celebrare i dieci anni di Graffiti<br />

abbia previsto la realizzazione di opere d’arte tutt’altro che effimere quali dei totem, poiché questi, in virtù della loro<br />

significativa possanza volumetrico-visiva, si rivelano dei congrui ed appropriati strumenti d’affermazione dell’Ego artistico,<br />

in grado di incarnare, con dovizia e precisione, quel modo di intendere il proprio essere ed esistere al mondo e<br />

quell’idea di sé, maturati nel corso d’una intera vita di uomini e di protagonisti delle arti visuali. Epitomi, dunque,<br />

nonché sublimati e concentrati visivi di io strutturati per progressivi passaggi e sedimentazioni esperienziali, che, innalzandosi<br />

in forme simboliche di elevata gradazione emozionale ed affettiva, si offrono quali paradigmi cui relazionarsi e<br />

riferirsi, in una interlocuzione che possa fungere da ideale referente ai fini d’una più dettagliata mappatura del qui e ora<br />

e – in definitiva – d’una più chiara (ma non per questo più rassicurante) topografia della nostra identità spaziotemporale.<br />

Segni – come detto – nel senso d’una lata semiologia, ma anche, volendo, d’una semeiotica di stampo clinico<br />

- probanti e indicativi d’una condizione assolutamente individuale, e tuttavia capaci, in forza del loro innestarsi come<br />

nodi fondanti, in una estesa tramatura di interrelazioni, di delineare il puntuale diagramma d’una articolata e generale<br />

situazione, al contempo psicologica, sociale, cultural-antropologica e quindi storica.<br />

Non, per tanto, semplici strutture-monito (nei termini tipici del simbolismo religioso cui i totem alludono nella loro impostazione<br />

primigenia ed aborigena), non soglie invalicabili (inevitabilmente indicatrici di codici normativi ai quali attenersi<br />

strettamente nel viver quotidiano), ma puntuali trascrizioni immaginifiche di vissuti personali (artistici innanzitutto, e<br />

contestualmente anche esistenziali), tali da ergersi a efficace segnaletica cui guardare non passivamente e con la quale<br />

confrontarsi dialetticamente in cerca di illuminanti spunti e suggestioni.<br />

Racconti sempre ben conclusi in loro (e ovviamente doviziosi, a prescindere dal grado di facondia e dal tono più o meno<br />

retorico dei diversi e peculiari registri narrativi adottati dagli autori) e ciò nonostante in grado di integrarsi armonicamente,<br />

fornendo agli osservatori quel sistema di coordinate – cui nell’incipit si è accennato – capaci di guidare non solo<br />

nella dimensione della singola ideatività artistica d’ogni artefice coinvolto, ma anche – e primariamente – di fungere da<br />

palesi referenti per chi cerchi delle prese di posizione non ambigue nell’incerto panorama intellettuale del mondo circostante.<br />

Il che induce ad inquadrare i processi ideativi e gestuali dei nostri artisti in tassonomie di pregnanza tutt’altro<br />

che irrilevante o superficiale, rilanciando, ancora una volta, l’obbligata riflessione sulle categorie del moderno e del<br />

postmoderno e sull’imprescindibilità d’ogni vero fare artistico da un pensiero estremamente forte e consapevole (…).<br />

Muove proprio da queste “energiche” premesse l’impegno progettual-esecutivo dei diciassette partecipanti all’iniziativa,<br />

i quali, non a caso, hanno operato una variegata e articolata serie di fabulazioni, in cui la componente della più accesa<br />

fantasia visuale non esula però mai da visioni dell’esistente improntate a una debita attitudine riflessiva ed analitica di<br />

notevole profondità e di rilevante peso specifico. E tutto ciò, prescindendo da qualsivoglia sterile e obsoleta controversia<br />

su tecniche e linguaggi (che infatti spaziano dal segno graffitistico al predominio del colore, dal verbo figurativo alla<br />

libera astrazione, dal ricorso al ready made agli inserti polimaterici, in un caleidoscopio di ibridazioni fra grafica, pittura,<br />

scultura, uso concreto della parola, tale da condurre a delle installazioni assai contaminate), poiché quello che conta<br />

maggiormente è contemperare le esigenze correlate a ben precise cifre estetico-stilistiche e la volontà di rendere<br />

leggibili le idee sottese ai gesti degli artisti, senza però incorrere in derive iconologiche di tipo semplicistico o riduttivamente<br />

didascalico (nonostante l’affioramento, qui e là, di qualche tentazione di siffatto genere) e mantenendo piuttosto<br />

il rapporto fra significante e significato entro ambiti semantici non troppo labili, così da indirizzare il focus ottico degli<br />

osservatori verso l’obiettivo tematico immaginato.<br />

Totem, dunque, quali ideali miliaria che segnino il passo di chi ad essi sappia volgere lo sguardo; inconsueti indicatori<br />

di percorsi, la cui comunicativa forza di orientamento ed induzione è lasciata – in fondo e come sempre – all’acuità<br />

visiva e alla capacità recettiva di tutti noi, viandanti viepiù dispersi e isolati in un girovagare senza posa nei troppi<br />

territori oscuri dell’esistere.<br />

Salvo Ferlito / Sicilia Tempo - Palermo, maggio 2009 / L’inchiesta - Palermo, giugno 2009 - Presentazione catalogo


Graffiti<br />

Kairòs, a tempo debito<br />

ossia “suonare lo strumento del nome per far aprire una porta”, usare parole che intimano<br />

l’apertura di un passaggio: questo accade nel nominare insieme graffiti e totem.<br />

Con sorprendente rapidità siamo indotti ad evocare un tempo della mente che il passare dei secoli non ha mutato nella<br />

struttura, ma solo nella forma: quel tempo in cui la rappresentazione nasceva a se stessa, un vero e proprio rito di passaggio,<br />

dove l’individuo - sebbene ancora non come individuo, ma come gruppo o clan - da creatura in simbiosi tra le<br />

creature, animali e vegetali, diventava uomo, essere umano. Nella nostra immaginazione prende di nuovo vita la mano<br />

mirabilmente ferma - per dirlo con le parole di Hardouin - che ha scolpito gli acrobati nella grotta dell’Addaura, conferendo<br />

loro leggerezza ed eleganza: la dura roccia non l’ha ostacolata, mentre riproduceva una danza o con maggiore<br />

probabilità un rito cruento - l’efferatezza di un engramma - che non è rimasto fisso solo nella sua mente, che non è<br />

stato nascosto nel ventre della roccia, bensì accessibile alla luce del sole, in tutta la sua perturbante bellezza. Bellezza<br />

delle origini.<br />

: nei tratti sottili e superficiali o nel solco profondo lasciati da quella mano, nel cerchio magico<br />

di uomini e di animali, immersi nel ciclo del divenire - vita, morte e generazione - c’è tutta la forza del rapporto<br />

mistico con la natura, intrisa di forze sconosciute ed extraumane, forze prodigiose e minacciose, senza il cui aiuto la<br />

vita non avrebbe potuto perpetuarsi. Un tempo della mente che si è replicato in mille rituali e manufatti, feticci, maschere-parola.<br />

E da quei recessi più reconditi emergeva l’anima della boscaglia - il Totem - una visione in sogno - territorio<br />

sconfinato che di quel tempo conserva ancora intatto tutto il mistero. Dentro il suo perimetro, lungo la verticale del suo<br />

moto ascensionale - un cammino dritto che si spingeva fino a toccare il proprio Zenit - s’istauravano parentele di visioni<br />

e vincoli di appartenenza che affratellavano gli uomini e sancivano rapporti d’identità.<br />

: i Totem del nostro tempo non risuonano allo stesso modo, benché abbiamo mantenuto il<br />

loro scopo - posto che fosse l’unico. Si limitano a gridare la potenza del denaro e della tecnologia, accrescendo lo spazio<br />

del profano, ponendosi al Nadir - al punto più basso. Sono gettati contro di noi, aggressivi. Iniqui e poveri, creano<br />

impoverimento. Mercificano la vita. La materia densa dello spirito non appare, non fa capolino. Non si intuisce nessun<br />

enigma, solo una tessera opaca. Un babelismo caotico e desolante.<br />

: nelle intenzioni di chi ha voluto questa mostra il totem si riprende il proprio spazio simbolico<br />

e rappresentativo. Si offre agli artisti e gli artisti lo ripensano e c’è lo restituiscono - il totem prima di assurgere a<br />

significato collettivo è qualcosa che prende vita nella nostra intimità più ancestrale - accresciuto nella sua pluralità semantica,<br />

nel suo dinamismo, nella sua espressività e spiritualità: oltre la bidimensionalità della tela, come immagine<br />

nello spazio.<br />

: Monte Pellegrino come un novello Ziggurat. Si ritorna sulla terrazza superiore a tracciare<br />

più di una linea, a designare più di un punto di osservazione che ci permetta di guardare al nostro tempo con nuove<br />

intenzionalità, con nuova consapevolezza.<br />

C’è bisogno di un nuovo patto di alleanza tra gli uomini. E l’arte, nel suo palesarci l’immanenza della nostra esistenza<br />

quotidiana, la contrapposizione tra istantaneo ed eterno, nell’alimentare domande, fa la sua parte. Kairòs, a tempo<br />

debito.<br />

Elina Chianetta / Sicilia Tempo – Palermo, maggio 2009 - Presentazione catalogo


Fabrizio Costanzo e Massimo Coraci presentano la mostra<br />

Graffiti Day - ADDAURA HOTEL - Palermo, 9 maggio 2009


Enrico Colajanni, Massimo Coraci, Fabrizio Costanzo e Salvo Ferlito presentano la mostra<br />

Graffiti Day - ADDAURA HOTEL - Palermo, 9 maggio 2009


Sergio FIGUCCIA<br />

Paolo CHIRCO<br />

Gnomone<br />

Evolution<br />

Pietro EMANUELE<br />

Antonella AFFRONTI<br />

Lo scudiero del re<br />

Mutazioni<br />

Mutazioni<br />

della<br />

della<br />

pietra<br />

pietra<br />

Angelo DENARO<br />

Fabrizio <strong>COSTANZO</strong><br />

Il serpente piumato<br />

Inno alla luna<br />

Giuseppe FELL<br />

Roberto CAVALLARO<br />

Up and Down<br />

Graffitotem<br />

Bozzetti totem<br />

Graffiti Day - ADDAURA HOTEL - Palermo, 8 maggio 2009


Pino MANZELLA<br />

Francesco P<strong>IN</strong>TAUDI<br />

Totem della memoria<br />

Totem dissonante<br />

Leonardo LA BARBERA<br />

Maria Gabriella PATTI<br />

L’uomo oggi<br />

Altro celeste viene dopo altro celeste<br />

Fabio MATTALIANO<br />

Giacomo VIZZ<strong>IN</strong>I<br />

Cromatic E.mail<br />

AlberoUomo<br />

Mario LO COCO<br />

Antonino PERRICONE<br />

Totem per gli dei del fuoco<br />

Opera prima, ascoltando Toscanini<br />

Bozzetti totem<br />

Graffiti Day - ADDAURA HOTEL - Palermo, 8 maggio 2009


Sergio FIGUCCIA<br />

Paolo CHIRCO<br />

Gnomone<br />

Evolution<br />

Pietro EMANUELE<br />

Antonella AFFRONTI<br />

Lo scudiero del re<br />

Mutazioni della pietra<br />

Angelo DENARO<br />

Marcella GRECO<br />

Il serpente piumato<br />

Zoo Addiopizzo<br />

Giuseppe FELL<br />

Roberto CAVALLARO<br />

Up and Down<br />

Graffitotem<br />

Totem/Antonella AFFRONTI<br />

La scopertura dei totem in esposizione<br />

Graffiti Day - ADDAURA HOTEL - Palermo, 8 maggio 2009


Pino MANZELLA<br />

Francesco P<strong>IN</strong>TAUDI<br />

Totem della memoria<br />

Totem dissonante<br />

Leonardo LA BARBERA<br />

Maria Gabriella PATTI<br />

L’uomo oggi<br />

Altro celeste viene dopo altro celeste<br />

Giacomo VIZZ<strong>IN</strong>I<br />

Fabio MATTALIANO<br />

Antonino PERRICONE Mario LO COCO<br />

AlberoUomo<br />

Cromatic E.mail<br />

Totem per gli dei del fuoco<br />

Opera prima, ascoltando Toscanini<br />

La scopertura dei totem in esposizione<br />

Graffiti Day - ADDAURA HOTEL - Palermo, 8 maggio 2009


Graffiti<br />

Graffiti Day - L’inaugurazione: cronaca di un successo annunciato<br />

Si. Un grande successo. Anche perché le fasi del coordinamento generale si sono svolte esattamente come erano<br />

state previste. Il Graffiti Day, nei propositi degli organizzatori, doveva essere una manifestazione speciale, coerente<br />

con il percorso sperimentale fin qui esibito nei 10 anni di vita.<br />

Massimo Coraci e Fabrizio Costanzo, volevamo qualcosa di forte, di diverso, così hanno progettato minuziosamente<br />

(da architetti?) tanti piccoli eventi dentro l’Evento.<br />

La serata si è aperta con la proiezione delle immagini sulle pareti esterne dell’hotel. Il percorso iniziatico con le luminarie<br />

ha condotto il pubblico alla statua bronzea di Bizhan Bassiri, scoperta con grande pathos da Massimo Coraci. Poi i<br />

visitatori sono stati convogliati nella grande Sala Mediterraneo, trovandosi a cospetto con i totem opportunamente<br />

coperti. Sul palco, mentre si susseguivano le immagini delle fasi di lavoro dei totem e dei graffiti della grotta, Massimo<br />

Coraci e Fabrizio Costanzo hanno aperto la manifestazione ringraziando gli sponsor e i patrocinatori per la collaborazione<br />

fattiva, Elina Chianetta e Bruno Corà, per il prezioso contributo dato nel catalogo della manifestazione. Quindi è<br />

stato invitato ad unirsi Enrico Colajanni, presidente dell’associazione Futuro Libero, che è intervenuto sulla tematica<br />

della legalità. Successivamente, dopo l’intervento di Fabrizio Costanzo sui 10 anni del Gruppo Graffiti & Addaura Art,<br />

ha preso la parola Salvo Ferlito, che ha presentato la mostra dal punto di vista critico. Conclusi i discorsi e premiati gli<br />

artisti, si è dato inizio alla fase più emozionante della serata: la scopertura dei totem, eseguita, una ad una, personalmente<br />

dagli autori. Un folto pubblico ha cominciato ad affollare la foresta dei totem. Tra i tanti commenti positivi delle<br />

persone, i più significativi sono stati senz’altro quelli sull’emozione: la gente era visibilmente elettrizzata, e questa, per<br />

gli organizzatori, è stata una ricompensa grandissima. Quante persone, oggi, si emozionano ad una mostra? In un<br />

momento successivo, sono state avviate le proiezioni di Bizhan Bassiri e di Sergio Figuccia (il cortometraggio Il terzo<br />

tempo, sulla legalità), con il gran finale affidato al Trio di Gianni Cavallaro, un’icona del jazz palermitano, per un totem<br />

musicale che ha coronato una serata indimenticabile.<br />

Pino Schifano / Sicilia Tempo - Palermo, maggio 2009<br />

Cultura, legalità, ambiente…<br />

Da queste tre parole passa il riscatto della Sicilia. Cultura: abbiamo un inestimabile patrimonio culturale, ma dobbiamo<br />

capirlo, rispettarlo e proteggerlo per farne occasione di sviluppo turistico. Legalità: dobbiamo capovolgere l’immagine<br />

negativa che ci ha contraddistinto per troppo tempo: da un popolo ostaggio delle mafie e delle loro ataviche prepotenze,<br />

ad uno che finalmente raddrizza la schiena (i totem si ergono fieri), si ribella a questo triste stereotipo e si mostra<br />

al mondo con una nuova dignità, nel rispetto delle regole civili. Ambiente: abbiamo il dovere di affrontare la nuova sfida<br />

di questo secolo che Jeremy Rifkin chiama Terza Rivoluzione Industriale, che deve transitare attraverso il rispetto<br />

dell’ambiente e l’uso delle fonti rinnovabili. “Non c’è futuro per il turismo se non c’è rispetto dell’ambiente”...<br />

Massimo Coraci / Sicilia Tempo - Palermo, maggio 2009 - Presentazione catalogo


Fabrizio <strong>COSTANZO</strong> Inno alla luna<br />

Fabrizio <strong>COSTANZO</strong> Inno alla luna<br />

Simona Costanzo scopre il Totem Inno alla luna di Fabrizio Costanzo<br />

Graffiti Day - ADDAURA HOTEL - Palermo, 8 maggio 2009


Graffiti<br />

Il Graffiti Day: l’arte a servizio di cultura, ambiente e legalità<br />

Palermo 8 maggio 2009. E' stato presentato all'hotel Addaura di Mondello il Graffiti Day 99/09. Una manifestazioneevento<br />

per celebrare i primi dieci anni di apertura della mostra Addaura Art, la rassegna permanente all’interno dell’albergo<br />

palermitano che, patrocinata dall’Accademia Internazionale d’Arte Moderna di Roma, ha avuto ed ha, come<br />

obiettivo, la promozione del territorio nel capoluogo dell'Isola attraverso la valorizzazione dei suoi artisti e del patrimonio<br />

archeologico locale. “Duecentomila persone hanno visto le opere del nostro hotel”, sostiene il direttore artistico<br />

dell’Addaura Art, Fabrizio Costanzo.<br />

Una mostra che farà da cassa di risonanza, anche nel futuro, per numerosi artisti siciliani, e che possiamo definire,<br />

dopo tanto tempo, un vero e proprio prodotto culturale. Un evento di alta qualità d’immagine e comunicazione nell'ambito<br />

dell'arte contemporanea che, nel Graffity Day, vedrà coinvolti 17 artisti siciliani affermati (Antonella Affronti, Roberto<br />

Cavallaro, Paolo Chirco, Fabrizio Costanzo, Angelo Denaro, Pietro Emanuele, Giuseppe Fell, Sergio Figuccia, Marcella<br />

Greco, Leonardo La Barbera, Mario Lo Coco, Pino Manzella, Fabio Mattaliano, Gabriella Patti, Antonino G. Perricone,<br />

Francesco Pintaudi e Giacomo Vizzini) nella realizzazione di altrettante sculture/totem (di cui una dedicata al<br />

Comitato Addiopizzo) e, in aggiunta, La Bestia, una grande opera in bronzo dell'artista persiano Bizhan Bassiri. La mostra<br />

è sottotitolata Cultura, Ambiente, Legalità all'ombra della Montagna Sacra, quella che, all'interno delle grotte<br />

dell'Addaura, custodisce l'unica importante testimonianza del più antico insediamento umano presente nel golfo di<br />

Mondello: 30 mirabili graffiti tracciati circa 14.000 anni fa. "Da queste tre parole passa il riscatto del nostro popolo" -<br />

afferma l'architetto Massimo Coraci, uno dei curatori della mostra - "…e della nostra terra, la cui civiltà viene prima di<br />

tutte le altre, e che allo stesso tempo le sintetizza, conservandone i valori portanti che ancora oggi ne fanno una incontaminata<br />

fucina di pensiero e di arte".<br />

Alessandro Costanzo / Video C6.tv - Riprendiamo l’Italia / Addaura Hotel - Palermo, 8 maggio 2009 - Intervista e videoconferenza


Momenti vari della manifestazione<br />

Graffiti Day - ADDAURA HOTEL - Palermo, 8 maggio 2009


Graffiti<br />

Un nuovo dono di Bizhan Bassiri: La bestia, l’orrido che scaccia l’orrido<br />

Bizhan Bassiri, vive ed opera tra Roma e San Casciano dei Bagni. Di origini persiane, giunge a Roma nel 1975 dove si<br />

forma all’Accademia di Belle Arti, sotto la guida di Toti Scialoja...La sua ricerca artistica inizia con l’utilizzo di materiali<br />

diversi: superfici di cartapesta e di alluminio, ferro o bronzo, elementi lavici, elaborazioni fotografiche. E’ interessato al<br />

fluire magmatico della materia, sempre in relazione con lo spazio architettonico. Il suo intento è quello di coniugare il<br />

linguaggio artistico con quello poetico, letterario, teatrale e musicale attraverso una ricerca che trova fondamento nel<br />

suo Manifesto del Pensiero Magmatico. Stretto e duraturo (oltre dodici anni), il suo rapporto con la Graffiti dell’Addaura<br />

Hotel, dove sono esposte sue opere di pittura e scultura. In particolare una installazione-meteorite (Unicorno - pietra<br />

lavica fusa in bronzo), che rappresenta la materializzazione dell’intuizione visiva dell’artista, in stretta relazione con il<br />

progetto “La caduta delle Meteoriti nelle ore vitali che anticipano la visione” – che ha coinvolto le città di Gent, Firenze<br />

e Roma. Ed ora, per il Graffiti Day dell’Addaura Hotel, La bestia – anch’essa fusa in bronzo – a sancire lo stretto rapporto<br />

di Bassiri con gli elementi vitali e, nello specifico, con il territorio dell’Addaura…<br />

Pino Schifano / Sicilia Tempo - Palermo, maggio 2009<br />

Tra i tanti contributi:<br />

Addaura Hotel – Graffiti Day<br />

Diciassette totem per ricordare che legalità ed ambiente possono andare d’accordo. E’ il progetto espositivo del Graffiti<br />

Day, rassegna che si apre oggi all’Addaura Hotel che così festeggia i primi dieci anni di apertura del Gruppo Graffiti &<br />

Addaura Art (1999-2009). Costruito in collaborazione con la Provincia, il Graffiti Day prevede 17 sculture-totem<br />

(ricavate da tronchi di castagno), firmati da Antonella Affronti, Roberto Cavallaro, Paolo Chirco, Fabrizio Costanzo,<br />

Angelo Denaro, Pietro Emanuele, Giuseppe Fell, Sergio Figuccia, Marcella Greco (per AddioPizzo), Leonardo La Barbera,<br />

Mario Lo Coco, Pino Manzella, Fabio Mattaliano, Gabriella Patti, Antonino G. Perricone, Giacomo Vizzini e di una<br />

grande opera in bronzo (La bestia) di Bizhan Bassiri. Obiettivo della collettiva è la promozione del territorio attraverso<br />

la valorizzazione dei suoi artisti e del patrimonio archeologico…<br />

Giornale di Sicilia – Palermo, 9 maggio 2009


BIZHAN BASSIRI<br />

La bestia<br />

Momenti vari della manifestazione - la scopertura de La bestia<br />

Graffiti Day - ADDAURA HOTEL - Palermo, 8 maggio 2009


Graffiti<br />

Graffiti Day: il riscatto della Sicilia<br />

Presentata a Mondello, presso l’Addaura Hotel, il Graffiti Day, 1999-2009, una mostra-evento di arte contemporanea,<br />

che intende celebrare i primi dieci anni di attività della Graffiti. La rassegna permanente, ospitata all’Addaura Hotel, è<br />

nata con l’obiettivo di promuovere il territorio del capoluogo siciliano attraverso la valorizzazione dei suoi artisti e del<br />

patrimonio archeologico locale. La Montagna Sacra (Monte Pellegrino) custodisce, all’interno di una grotta dell’Addaura,<br />

pitture rupestri – trenta magnifici graffiti – tra le maggiori testimonianze del paleolitico in Italia…<br />

Quotidiano Arte.it – Il giornale del patrimonio culturale - Palermo, maggio 2009<br />

Graffiti Day: Mostra/Evento per i dieci anni del Gruppo Graffiti & Addaura Art<br />

Cultura, Ambiente, Legalità all’ombra della Montagna Sacra<br />

Graffiti Day: 1999-2009 è il nuovo progetto espositivo, dall’alto impatto comunicativo, promosso dall’Addaura Art all’Addaura<br />

Hotel di Palermo. La mostra, nata come Graffiti da una comunione d’intenti tra Massimo Coraci (architetto, progettista<br />

e manager dell’hotel), Fabrizio Costanzo (Architetto-docente e direttore artistico della Graffiti) e Francesco Carbone<br />

(docente e critico d’arte) è unica nel suo genere ed ha carattere permanente e dinamico. Scrive Francesco Carbone<br />

nel 1999: “Gli interrogativi sulle sorti dell'arte del terzo millennio si fanno sempre più pressanti e spesso anche<br />

drammatici nell'impossibilità di fornire adeguata risposta di segni e segnali che lascino intravedere qualche indizio al<br />

riguardo. Nonostante ciò l'arte non subisce alcun arresto, anzi un crescente numero di mostre allestite in luoghi e sedi<br />

prima del tutto estranei a tali iniziative, dimostrano il contrario. Questa rassegna, di notevole spessore artisticoculturale,<br />

testimonia infatti la continua validità delle scelte effettuate, soprattutto se concepite e realizzate con rigore<br />

critico relativo alla selezione degli artisti, nonché all'interesse delle loro poetiche e dei loro linguaggi; proprio in considerazione<br />

della presenza di noti artisti la mostra ha risposto a tali esigenze…”. Oggi, a distanza di dieci anni da quella<br />

felice intuizione, l’Addaura Art festeggia la Mostra Permanente Graffiti (pur senza il compianto Francesco), con il Graffiti<br />

Day, una manifestazione ben congegnata che include momenti significativi per il Gruppo Graffiti & Addaura Art, come<br />

la Cultura, l’Ambiente e la Legalità.<br />

Guidasicilia - Palermo, maggio 2009


Graffiti<br />

All’Addaura Hotel in mostra i totem dedicati… alla Montagna Sacra<br />

Tra le opere spiccano quella realizzata da AddioPizzo e quella dedicata ai morti uccisi dalla mano mafiosa, con le foto<br />

di Puglisi, Fava e Rostagno. L’artista persiano Bizhan Bassiri, inoltre, esporrà La bestia, una grande scultura in bronzo<br />

che accoglierà i visitatori nell’atrio. La manifestazione si aprirà alle 16 con il vernissage di piccoli totem affidati ai bambini<br />

di alcune scuole primarie della città. Alle 20 inizierà la proiezione - a dimensione naturale - delle immagini dei graffiti<br />

delle grotte dell’Addaura sulle pareti esterne dell’hotel, mentre alle 20.30 ci sarà la presentazione vera e propria dei<br />

totem con gli interventi di Fabrizio Costanzo, direttore artistico della Graffiti, e Salvo Ferlito, critico d’arte. “La mostra<br />

Graffiti – racconta Massimo Coraci, architetto, progettista e manager dell’hotel – ha registrato oltre duecentomila presenze<br />

ed è un successo per noi molto importante. Questa struttura alberghiera vuole essere un luogo di sperimentazione<br />

artistica aperta a tutti. Il Graffiti Day intende far veicolare la cultura dell’ambiente e della legalità, capovolgendo<br />

l’immagine negativa che ci ha contraddistinto per tanto tempo”..in programma anche il concerto del trio jazz Cavallaro.<br />

Repubblica - Palermo, 9 maggio 2009<br />

All’ombra della Montagna sacra<br />

Dieci anni di cultura, ambiente, storia e legalità all’ombra della Montagna sacra. Diciassette sculture – incentrate sui<br />

temi della giustizia, della legalità e della pace – opere di altrettanti artisti, per celebrare i primi dieci anni dell’Addaura<br />

Art e per ricordare che l’area in cui sorge l’hotel è stata uno dei primi insediamenti di uomini primitivi, stabilitisi nelle<br />

grotte prospicienti l’azzurro mare di Mondello-Addaura…<br />

Palermo Parla - Palermo, giu./lug. 2009<br />

Graffiti Day: la manifestazione<br />

Un evento di alta qualità d’immagine e comunicazione nell’ambito dell’arte moderna, che ha visto coinvolti 17 affermati<br />

artisti siciliani nella realizzazione di altrettante grandi sculture/totem (ricavate da massicci tronchi di castagno alti 2.22<br />

metri e montati su basi di acciaio) di cui una dedicata ad AddioPizzo, più una grande opera in bronzo dell’artista<br />

Bizhan Bassiri. La manifestazione è stata valorizzata dalle immagini dei Graffiti delle grotte dell’Addaura, proiettate in<br />

grande dimensione sulle pareti esterne dell’Addaura Hotel. I bambini, tra i nove e i dieci anni, hanno creato 9 minitotem<br />

che sono stati esposti insieme alle opere della mostra, veicolando il messaggio positivo dell’evento anche alle<br />

generazioni più giovani. Durante la serata del 9 maggio, inoltre, è stato proiettato il cortometraggio "Il terzo tempo"<br />

prodotto da Pittorica.it sul tema della Legalità che aveva già riscosso un notevole successo nella terza edizione della<br />

Mostra del Cinema dello Stretto svoltasi a Messina dal 21 al 25 aprile…<br />

Pittorica.it - Palermo, maggio 2009


Organizzazione: RicercArte - Palermo di Naire Feo e Bartolomeo Conciauro<br />

Manifestazione a cura di Germana Riccioli<br />

Patrocini: DARC (Dip. Regionale per l’Architettura e l’Arte Contemporanea) - Reg. Siciliana Comune di Trabia<br />

Testi critici: Germana Riccioli, Fabrizio Costanzo, Claudio Alessandri, Michele Benfari, Antonio Zingali<br />

EXPO PLE<strong>IN</strong>-AIR<br />

Natura e Ambiente del territorio<br />

Oggi abbiamo difficoltà a partorire i Luoghi, a leggere e ad organizzare i Paesaggi.<br />

La globalizzazione ha consolidato la pratica del non-luogo, creando un disequilibrio territoriale. Il paesaggio, in quanto<br />

categoria dinamica e transculturale, si presenta con un quadro complesso e multiforme, che testimonia la storia dell’uomo<br />

nella sua relazione con la natura, coinvolgendo linee, forme e colori per un verso, conoscenze e innovazioni tecnologiche<br />

per un altro. Architetti, urbanisti, paesaggisti ed operatori a vario titolo, in fase di progettazione, sono tenuti a leggere<br />

correttamente i segni del territorio, affinché l’attività estetica su di esso esercitata, possa muoversi - all’interno di<br />

parametri di continuità - entro le categorie del riconoscimento e dell’interpretazione. I luoghi devono ritrovare l’ideale di<br />

bellezza - indispensabile per la formazione etico-sociale dell’individuo e per il suo rapporto con la natura.<br />

Anche il nostro territorio dev’essere letto in tal senso.<br />

Nel 1997, in una pubblicazione del sottoscritto (Per mare e per terra: Quasi x gioco), prodotta con la Facoltà di Psicologia<br />

di Palermo in occasione di un convegno internazionale - la Sicilia veniva così descritta: “E’ terra di prodigi, è terra<br />

complicata, non semina e non coglie… rappresenta”. In queste poche parole (e nel titolo del catalogo), si racchiudeva il<br />

senso ed il significato di ciò che la nostra Isola è: una complicata sequenza di vicende culturali e storico-sociali in cui il<br />

mare, la terra e tutta la vegetazione (all’interno di una alchemica trama di segni, magia, forme e colori) creano il miracolo<br />

della rappresentazione. Un unicum naturale e culturale che, procedendo dentro le regole del gioco, genera la grande<br />

Mens Insulae in grado d’indurre, nei secoli, artisti e artigiani ad utilizzare ed a manipolare indifferentemente tecniche<br />

nobili e non, creando con il ferro, il legno, i marmi, gli stucchi, la ceramica, la cartapesta, il gesso, il vetro e gli argenti.<br />

Nella scatola scenica della nostra Insula, il regista, gli attori, le comparse e l’ampia scenografia percorrono una lunga e<br />

laboriosa strada, un Percorso-Rappresentazione, che conduce dritto alla Identità.<br />

In questo variegato e multiforme contesto s’inserisce l’estemporanea di pittura di Torre Artale in cui i pittori hanno ben<br />

descritto il prodigio della natura, filtrando le connotazioni del luogo attraverso le proprie esperienze personali, riferendosi<br />

a quella immagine seconda leopardiana da cui non si può prescindere quando si osserva un paesaggio: dietro ogni oggetto<br />

o elemento di natura che l’uomo guarda con gli occhi, c’è sempre un altro significato, più vero, più profondo, più<br />

evocativo, che egli deve cogliere con gli altri sensi. Dentro la tematica naturalistica, gli artisti hanno osservato il paesaggio,<br />

dipingendo gli elementi culturali e ambientali caratterizzanti la Sicilia e l’interland di Trabia: sole, luna e cielo, mare e<br />

terra, vegetazione, animali ed elementi artefatti (graffiti, muri in pietra, fontane e l’immancabile torre). Ma è l’aspetto sensoriale<br />

che ha generato lo scarto tra i vari autori: una parte di loro ha guardato le forme esaltandone gli aspetti cromatico<br />

- espressivi. Altri hanno apprezzato i profumi della terra e del mare, altri ancora hanno sentito la natura toccandone gli<br />

elementi. All’interno di un limitato segmento temporale, i pittori hanno colto nell’ambiente, immagini evocative e rimandi


ealistici, simbologie e valori, creando, in alcuni casi, contaminazioni e trame segniche interessanti.<br />

Giovanna Calabretta, Alberto Amodeo, Rosario Trapani e Manà, hanno descritto una natura vibrante, al limite<br />

dell’Espressionismo, con un approccio estetico alla realtà, ironico e sensuale; in Vittorio Silvestri e Dora Flavianna, gli<br />

elementi naturalistici sono diventati pretesto per creare texture semiotiche dentro il ludus dell’immaginario; Maria Giovanna<br />

Vincenti, Bartolomeo Conciauro, Marcello Castiglia, Luca Di Cesare, Giovanna Calabretta, Tony Curcio ed Enrico<br />

Sansone, si sono riferiti ad una iconicità esplicita frutto di una modalità stilistica riconducibile a punti cardinali già<br />

collaudati; Angela Di Blasi, Franco Montemaggiore, Mascal, Giusy Cannizzaro e Miron Traian, hanno accentuato l’aspetto<br />

favolistico e surreale, descrivendo la realtà attraverso traslati onirici; Nuccia Gandolfo, Gaetano Li Grani, Donato<br />

Larotonda e Maurizio Tomasello, hanno cliccato sulla natura restituendo immagini limpide e dettagliate. Interessanti,<br />

i tagli rappresentativi di Maurizio Costa, Naire Feo e Donato La Rotonda, la connotazione preistorica di Angelo Denaro,<br />

la ricerca materico-espressiva di Tiziana Viola Massa ed il simbolismo di Letizia Abbate. Tutti hanno espresso differenti<br />

sensibilità fornendo linguaggi e modalità di esecuzione autonomi, preferendo riferirsi all’unicum scenico isolano<br />

(pur con alcune connotazioni innovative) e non alla espressività globalizzante.<br />

Arte Torre Artale mostra di possedere abilità progettuale: non vuole fermarsi alla semplice organizzazione della estemporanea<br />

di pittura, ma intende procedere all’interno di una valorizzazione culturale e ambientale più incisiva, impegnandosi<br />

nella giusta direzione: nel tempo ha dato input al suo interland attraverso la connotazione storica del luogo<br />

(la memoria) e le numerose attività culturali che si sono susseguite, simbiotizzando le risorse del territorio con le esigenze<br />

d’intervento, inserendosi in progetti di potenzialità e sviluppo. Oggi il paesaggio è diventato interessante, avendo<br />

acquistato un potere di contrattazione tale da poter essere speso in termini di bene comune. L’estemporanea di<br />

pittura, la nascente pinacoteca e i numerosi murales realizzati qui in hotel sono già segni forti, indicatori di una precisa<br />

volontà di cui si deve tener conto. Ricerc-Arte, Torre Artale e gli sponsor hanno già capito tutto ciò.<br />

Fabrizio Costanzo / Arte Torre Artale – Torre Artale – Trabia (Pa), 5 luglio 2009 - Presentazione catalogo


Fabrizio Costanzo, Germana Riccioli, Claudio Alessandri<br />

Arte Torre Artale - TORRE ARTALE - Trabia, 5 luglio 2009


Arte Torre Artale - TORRE ARTALE - Trabia, 5 luglio 2009


AMORE E SEGRETI A PALERMO NELL’ACQUARIO DI SCRIMA<br />

Un amore tormentato, ricercato e forse mai consumato in una Palermo malata ed affascinante, che fa da sfondo ad una vicenda tragica<br />

e misteriosa. Tutto questo racconta L’acquario di Francesco Scrima…I protagonisti sono Alfonso e Irene, che vivono in due appartamenti<br />

l’uno di fronte all’altro. Si osservano, si spiano, si scrutano ma non hanno il coraggio di fare il primo passo. La causa? Un po’<br />

l’emozione ed un po’ i segreti che tormentano entrambi. Fantasmi di un passato che torna sempre e che è difficile cacciare via. Testimone<br />

indiretto di questa storia è un piccolo pesce rosso che abita in un bellissimo acquario… La Repubblica - 11 giugno 2009<br />

L’acquario - Francesco Scrima - Edizioni La Zisa - 2009<br />

La copertina di Fabrizio Costanzo


Con Francesco Scrima<br />

SANPAOLO PALACE HOTEL - Palermo


Parche del destino<br />

Nel cortometraggio Tracce di un possibile domani, che definisce e conclude la Trilogia della valigetta, l’uomo dialoga con<br />

se stesso, confrontandosi con alcuni valori essenziali della vita. Nell’ottica dell’opera qui presentata, la solitudine, l’amore<br />

e l’odio, i sensi, la religiosità, la speranza e la certezza, diventano vere e proprie problematiche esistenziali che Sergio<br />

Figuccia propone attraverso le scene che si susseguono con ritmo alterno - lente e riflessive alcune volte, concitate altre.<br />

Lo spettatore, all’inizio, si concentra sull’aspetto misterico di Amin - il sottomesso - che in preda ad un momento di sentito<br />

raccoglimento in preghiera, chiede di essere illuminato sull’azione che dovrà svolgere. Chiede, dicevo, non esegue,<br />

perché probabilmente la sua fede vacilla già prima dell’evento catartico dell’autobus. La frame successiva è proprio l’incontro<br />

sull’autobus con la donna e la bambina, simbolo di una maternità tutta cristiana, che turba e depista il povero<br />

Amin, inaspettatamente emozionato davanti una scena semplice e chiara: la vita nel suo perpetuarsi. E’ qui che avviene<br />

l’illuminazione, scenicamente evidenziata proprio da un raggio di luce che entra prepotentemente dentro il mezzo pubblico<br />

infuocando, per un attimo, il viso di Amin. E’ solo un istante, sufficiente per giustificare un cambiamento di pensiero e<br />

d’azione. Poi di nuovo un ritmo serrato tra Amin e Abdul - il principe - e la scena finale, sentimentale, di Amin che, abbracciato<br />

a suo figlio, tre anni dopo, guarda anche lui il futuro come la donna con la bambina del passato. Una frame<br />

lascerei fuori, quella di Amin – adesso umano - che riapre la valigetta – a conclusione della vicenda – e trancia il filo rosso<br />

del detonatore, stavolta non per uccidere, ma per rendere la vita, in antitesi con le tre famose parche – Cloto, Lachesi<br />

e Atropo che, nel mito, tagliano invece il filo vitale, recidendolo per sempre.<br />

Tracce di un possibile domani apre le porte ad un futuro di speranza a cui Figuccia crede fermamente. L’uomo non può<br />

essere spettatore passivo degli eventi, né succube del volere degli altri. La sua libertà (e quella di Amin, in particolare)<br />

passa attraverso la dignità e l’amore per gli altri. Il regista, attraverso i suoi personaggi, si confronta con i valori essenziali<br />

della vita – l’esistenza, la spiritualità, la felicità, il bene e il male…ponendo domande e non pretendendo risposte. E’<br />

lecito leggere l’intera opera nell’ottica di una problematica posta ma non risolta, intuita ma non dimostrata. Una situazione<br />

esistenziale complessa che include la vasta sfera etica e spirituale, le etnie, le ideologie e le mortificazioni concettuali.<br />

Figuccia, all’interno del dato sociale (ancor più che artistico) traccia la linea di un domani migliore, in cui l’uomo, stupido<br />

o intelligente, buono o cattivo, bianco o nero, di qualsiasi religione, si confronta con se stesso, interrogandosi sull’esistenza<br />

e sul perché delle cose. Un film sì fatto è un gioco sulla vita. L’uomo immerso in una solitudine senza tempo, con<br />

il silenzio, alla fine, risolve e lenisce le azioni impulsive, diventa egli stesso medium comunicativo, attore e spettatore di<br />

una scena simbolica, che filtra l’anima e lo spirito più che gli interessi e la politica. Il cortometraggio esprime, in sostanza,<br />

il disagio del mondo che non riesce a svincolarsi dagli orpelli dell’odio ma che nel contempo semina amore e speranza in<br />

un possibile domani…<br />

Fabrizio Costanzo / Tracce di un possibile domani – Cine Ariston. Palermo, marzo 2010


Fabrizio Costanzo presenta il cortometraggio di Sergio Figuccia<br />

Tracce di un possibile domani - C<strong>IN</strong>EMA ARISTON - Palermo, 14 marzo 2010


Blu? Il mare come non lo avete mai visto<br />

Vogliamo ipotizzare il mare nel futuro?<br />

Se davvero crediamo in esso come risorsa, valore etico e principio estetico occorre modificare cultura, stile di vita e politica.<br />

Il mare, con una superficie più che doppia rispetto alle terre emerse (trecentodieci milioni di chilometri quadrati –<br />

otto volte quella della luna!), è un vero e proprio mondo nascosto da esplorare, in cui la vegetazione acquatica e la fauna<br />

marina - pesci, poriferi, conchiglie, coralli, alghe ed altro – generano caleidoscopici giochi di colore nelle infinite forme<br />

naturali. Peccato che ad una tale bellezza estetica non corrisponda un altrettanto stato di salute degli ecosistemi acquatici<br />

mondiali che peggiora di giorno in giorno. Il loro benessere ed il loro equilibrio dipendono oggi da un concreto cambiamento<br />

culturale basato sul concetto di sostenibilità il quale, pur non compromettendo la possibilità delle future generazioni<br />

di perdurare nello sviluppo, preserva la qualità e la quantità del patrimonio e delle riserve naturali esauribili. Il dibattito<br />

sulla globalizzazione ha evidenziato, tra i tanti aspetti, le problematiche legate all’ambiente e ad ogni tipo d’inquinamento,<br />

frutto di modelli di sviluppo, produzione e consumo affermatisi nei Paesi occidentali e da qui esportati altrove. La concentrazione<br />

di gas serra - la cui massiccia presenza sta portando ad un aumento della temperatura – ha alterato in maniera<br />

determinante la composizione dell’atmosfera terrestre provocando una serie di cambiamenti climatici. Questi hanno<br />

influito direttamente sugli ecosistemi, modificandone sensibilmente le strategie di sopravvivenza degli organismi, ampliandone<br />

o riducendone la biodiversità propria di una determinata nicchia ecologica. Scioglimento dei ghiacciai, innalzamento<br />

del livello medio degli oceani, desertificazione, tropicalizzazione sono alcune delle conseguenze che portano al<br />

surriscaldamento della terra. I cambiamenti degli ecosistemi, a loro volta, sono causa di alluvioni, frane, inondazioni,<br />

trombe d’aria, cicloni, che possono provocare danni alle colture, agli animali, alle infrastrutture, etc. E’ vero, le previsioni<br />

sono catastrofiche, ma non troppo lontane dalla realtà visto che alcuni fenomeni si stanno già verificando con intensità<br />

sempre maggiore.<br />

Il Protocollo di Kyoto del 1997, individuando il malessere della terra, ha cercato di porre un freno alla crescita smisurata<br />

di quei gas - come l'anidride carbonica o il metano - che l’uomo emette continuamente nell'atmosfera attraverso un consumo<br />

smodato di combustibili fossili. Sono state 184 le nazioni che hanno firmato quel Protocollo - non senza ripensamenti<br />

politici e problemi diplomatici – con l'impegno improrogabile di ridurre le emissioni entro il 2012. In questa prima<br />

fase, gli obblighi dovevano riguardare solo i Paesi industrializzati, con un complesso sistema di pesi e misure. Ad oggi, la<br />

situazione climatica è peggiorata ed il trattato internazionale appare ancora cagionevole. Il cammino da percorrere per il<br />

raggiungimento di un accordo vincolante tra le nazioni è lungo e tortuoso, considerato il dato sconfortante che nessuno<br />

dei Paesi, Italia inclusa, ha mantenuto la promessa di ridurre le emissioni.<br />

Fabrizio Costanzo / Blu? Il mare come non lo avete mai visto – Addaura Hotel – Palermo, luglio 2010 - Presentazione mostra


La presentazione<br />

Il pubblico...e le barchette<br />

Dietro le quinte<br />

Blu? Il mare come non lo avete mai visto - Addaura Hotel - Palermo, 9 luglio 2010


Ancora Blu…<br />

Questa mostra non può (e non deve) dare una risposta alla problematica sul mare, però può aiutarci a riflettere – tra<br />

ironia e cruda realtà - su come oggi buttiamo al vento una risorsa naturale bella dentro e fuori, vitale per la nostra dimensione<br />

psico-fisica. Blu? ci ricorda che il mare è uno, ma che mille sono i modi per poterlo aiutare se davvero lo vogliamo.<br />

L’evento di oggi – tra mito, leggenda, cronaca, natura…e scherzi concettuali – s’insinua nel quotidiano parlando del mare<br />

e della vita, nel tentativo, mai sopito, di scuotere le coscienze. Lo spunto è dato dall’Art-acquario dadaista realizzato da<br />

Roberto Cavallaro che, con incisività e vena ironica - ma anche con aperta denuncia - propone un mare…di oggetti riciclati.<br />

Il progetto Blu? Il mare come non l’avete mai visto - intende interpretare il mare nelle tante sfaccettature, con linguaggi,<br />

materiali e procedimenti differenziati, proponendo pitture, installazioni e oggetti vari. A distanza di appena un<br />

anno dall’altro importante evento (il Graffiti Day), l’Addaura Art propone un rinnovato impegno per l’ambiente ed il territorio<br />

palermitano in particolare, proseguendo con coerenza il percorso culturale già intrapreso e che ne contraddistingue il<br />

cammino da 11 anni. Una strada aperta alla ricerca ed alla sperimentazione che sviscera, anche in questa occasione,<br />

un’energia estetico-espressiva ben mirata.<br />

Antonella Affronti ha navigato nel mare degli eventi, seguendone flussi e riflussi; scandendo il tempo e lo spazio attraverso<br />

una ricerca informale, più gestuale che descrittiva, più energica che riflessiva.<br />

Salvatore Caputo si è affidato al mito, immergendo i suoi pensieri nella notte, nel momento magico in cui tutti gli elementi<br />

trovano pace, si placano, e il riflesso lunare, delicatamente, accarezza ogni cosa.<br />

Roberto Cavallaro ha inventato un gioco-giocattolo di matrice dadaista, rivisitando la fauna e la vegetazione marina, ironizzando<br />

su materiali impossibili da riciclare ma che dentro l’acquario acquistano nuovo significato.<br />

Paolo Chirco ha utilizzato i materiali della terra, del mare e artefatti. Attraverso procedimenti psico-manipolativi ha simbiotizzato<br />

le memorie del mare.<br />

Fabrizio Costanzo e Francesco Pintaudi, nel loro dittico a quattro mani, hanno descritto una metamorfosi acquatica, cliccando<br />

sugli ecosistemi la cui alterazione, non sempre visibile ad occhio nudo, spesso è già in atto ed ha provocato danni<br />

irreversibili.<br />

Filli Cusenza ha ri-guardato la vita con la leggerezza delle fiabe, dove bimbi piccoli hanno “nuotato” il mare e “volato” il<br />

cielo, confondendone i blu; i loro grandi occhi hanno scrutato l’orizzonte in cerca del grande amico.<br />

Pina D’Agostino ci ha parlato di una pagina triste del mare, che accoglie nel suo ventre-vita…la vita e la morte di chi tenta<br />

un viaggio improbabile dove l’unica possibilità di riuscita è sempre superiore alla disperazione certa di chi vive nella<br />

propria terra.<br />

Toni D’Antoni ha attraversato terre e civiltà lungo un percorso d’acqua che racchiude - in uno scrigno prezioso - ciò che<br />

l’uomo ha prodotto nel corso dei millenni. Lo ha cristallizzato consegnandolo ai posteri, a futura memoria, in tutto il suo<br />

splendore.<br />

Angelo Denaro, attraverso la triste storia di un sub ci ha fatto scoprire un mondo incontaminato, un ecosistema curato e<br />

perfettamente autosufficiente in cui gli equilibri sono legge. Quel filo di luce è ancora oggi un unico concetto emozionale<br />

che lega il suo lungo racconto di bellezza.<br />

Pietro Emanuele è entrato in un vortice pittorico, e dentro questo ha inserito elementi diversificati, metallici, presentandoci<br />

un mare dinamico, fluttuante, colmo di sorprese, mai domo.


Giuseppe Fell ha fotografato la realtà attraverso semplici e significativi segnali-monito di un passato certo e di un futuro<br />

(forse) negato. Le orme dell’uomo marcano ancora il territorio e ci inducono alla speranza…ma non hanno più una connotazione<br />

ben precisa.<br />

Sergio Figuccia ci ha regalato “Yakamoz” - Il riflesso della luna sull’acqua - ricordandoci che questa, è la più bella parola<br />

del mondo ma che è anche sinonimo di bellezza e mistericità ricollegabile alle notti di luna piena, in cui lo scintillio è capace<br />

di irretire i turchi nei loro momenti di rilassamento sul Bosforo.<br />

Manlio Giannici ci ha condotto nel suo mare tranquillo, naturale e archeologico dove bolle magiche e leggere levitano<br />

sospese dentro il fluido acquatico. Qui gli elementi rispondono ad una legge universale definendosi nella loro forma perfetta,<br />

collocandosi con misura nello spazio.<br />

Leonardo La Barbera, vive il mare ed il cielo dividendo la sua anima tra esaltazione del gesto timbrico - pennellate apparentemente<br />

istintive e flussi guizzanti curvilinei che riversa sui supporti bidimensionali - e ragionevolezza cosmica, che<br />

ipotizza e verifica nei suoi vetri, giocando sapientemente con le trasparenze e i colori.<br />

Mario Lo Coco ha prodotto una strabiliante onda, sfuggente e arrabbiata, in 14 pezzi, altrettante tessere di un mosaico<br />

significante. Due le particolarità evidenti: le tonalità cangianti verde acqua e azzurro-blu che la rendono sempre diversa<br />

nel suo aspetto e la poliedricità della sua collocazione spaziale.<br />

Pino Manzella ha squarciato il mare con un segno, ritrovando il blu nel mare ocra. Ma quel mare è scritto e descritto<br />

dall’uomo, vissuto e temuto, rispettato e offeso. Adesso chiede pace e un giusto nutrimento.<br />

Fabio Mattaliano ha innalzato “l’alga anomala” attraverso un gioco di bottiglie, un’inaspettata installazione ludica che<br />

propone con ironia la plastica come nuovo ideale di bellezza…nutrimento di pesci fantasma.<br />

Richard Mott ha increspato il mare con una tela blu, luogo di eventi. La sua è una tessera-simbolo, profonda e piena, su<br />

cui i fatti di cronaca, i concetti e i processi mentali sono rimasti intrappolati per essere poi accuratamente analizzati e<br />

metabolizzati.<br />

Gabriella Patti ha liquidato le forme del flusso materico. I timbri cerulei sono lievi e delicati, spontanei e mai definiti. Fluttuano<br />

nell’etere in cerca di un appagamento, consapevoli del loro magico ruolo.<br />

Maria Giovanna Peri non si è immersa nel mare e non lo ha esplorato…ha preferito osservarlo in simbiosi con il cielo, il<br />

sole e la gente. Il suo è un clic fenomenico, forse glaciale e cristallizzante ma fortemente comunicativo, al cui interno<br />

l’essere umano vive il vortice della quotidianità.<br />

Antonino Perricone ha inventato la “Donna-mare” da amare e ascoltare, che incanta e seduce attraverso le movenze del<br />

suo corpo armonico ed equilibrato, ma che ammonisce chi ne altera l’equilibrio psico-fisico. Nella perfetta simbiosi donna<br />

-natura ricorda a tutti il suo essere ambivalente, nel contempo semplice e complessa.<br />

Giusto Sucato ha costruito un bestiario acquatico arcimboldiano attraverso materiali di risulta. Ricicla chiodi, latte, legni,<br />

stoffe, tutti gli elementi del quotidiano, riconnotando con ingegno l’identità delle cose.<br />

Giacomo Vizzini si è immerso nel mare individuando la preda, sottolineando che il fondale marino non è l’Eden perduto e<br />

non persegue solo l’ideale di bellezza, ma può diventare un territorio aspro e duro, di conquista, dove il più debole soccombe.<br />

Fabrizio Costanzo / Blu? Il mare come non lo avete mai visto – Addaura Hotel – Palermo, luglio 2010 - Presentazione mostra


La presentazione<br />

Il pubblico...e le barchette<br />

Dietro le quinte<br />

Blu? Il mare come non lo avete mai visto - Addaura Hotel - Palermo, 9 luglio 2010


La presentazione<br />

Il pubblico...e le barchette<br />

Dietro le quinte<br />

Blu? Il mare come non lo avete mai visto - Addaura Hotel - Palermo, 9 luglio 2010


Antonella AFFRONTI Salvatore CAPUTO Roberto CAVALLARO<br />

Paolo CHIRCO<br />

Fabrizio <strong>COSTANZO</strong><br />

Filli CUSENZA<br />

Pina D’AGOST<strong>IN</strong>O<br />

Toni D’ANTONI<br />

Angelo DENARO<br />

Pietro EMANUELE<br />

Giuseppe FELL<br />

Sergio FIGUCCIA


Manlio GIANNICI Leonardo LA BARBERA Mario LO COCO Pino MANZELLA<br />

Fabio MATTALIANO<br />

Gabriella PATTI<br />

Maria Giovanna PERI<br />

Antonino PERRICONE<br />

Francesco P<strong>IN</strong>TAUDI<br />

Giusto SUCATO<br />

Giacomo VIZZ<strong>IN</strong>I<br />

<strong>COSTANZO</strong> & P<strong>IN</strong>TAUDI


Tre sfumature di “Blu”<br />

Mare nostrum: il mare “percepito”<br />

Questa sera seduto sull’orlo del crepuscolo<br />

I piedi a dondolare sopra le onde<br />

Guarderò scendere la notte:<br />

si crederà tutta sola.<br />

E mi dirà il cuore: fai di me qualcosa<br />

Che io senta se sono sempre il tuo cuore.<br />

(Jules Supervielle, Gravitazioni)<br />

Il “mare nostrum” è il mare che ciascuno porta dentro, ciò che resta di tutti i mari sognati, desiderati, amati, perduti, conquistati:<br />

un mare che ha la “forma” della nostra storia, specchio delle nostre gioie infantili, della perfetta quiete o del burrascoso<br />

ribollire di certe nostre passioni. Tutti i nostri sensi cercano il mare: lo sguardo, per accordare il nostro respiro; le<br />

nostre narici, per nutrirsi del suo aroma salmastro, il nostro corpo tutto, per farsi cingere dalla sua forza respingente e<br />

avvolgente ad un tempo, in uno scambio di energie primitivo, come il nostro prendere forma, di uomini e di donne, in un<br />

grembo acquatico, in cui abbiamo vissuto come pesci. Né il vento, né la terra, né il fuoco possono essere toccati e toccarci<br />

come l’acqua. Il suo corpo liquido è sempre pronto ad offrirsi al nostro. Torniamo “semplici” davanti al mare: ed è<br />

tale la nostra resa, davanti alla sua potenza, che qualcosa in noi, segretamente, ci suggerisce che forse non era del tutto<br />

folle la credenza che il mare fosse governato da una selva misteriosa di dei.<br />

(…) Coraggio, Bulkington, coraggio!<br />

Stringi i denti, semidio.<br />

Dalle sferzate d’acqua della tua morte nell’oceano<br />

si scaglia in alto, a perpendicolo, la tua deificazione.<br />

Mareare: il mare “narrato”<br />

(Moby Dick, Melville)<br />

L’uomo di mare, il mare dell’uomo. Da che iniziarono le navigazioni e il mare divenne “territorio” di conquista, il mare “si<br />

prese” l’uomo: non più mero luogo di commerci, mezzo di sostentamento, ma domus del mito, patria liquida di eroi, di<br />

creature mostruose e seducenti. Ogni viaggio accresceva l’immaginario di nuovi pericoli e di nuove chimere, dando corso<br />

a straordinarie narrazioni. Il senso più alto della libertà, dello spirito di conquista, se lo prese il mare. L’uomo<br />

“rassomiglia” al mare: ha come lui profondità e specularità - che negli umani ha il suono dolce di “empatia” - e come il<br />

mare anche l’uomo è “un cosmo alieno” che nutre, al riparo della luce, esseri sconosciuti di cui solo ciascuno di noi conosce<br />

il nome.


(…) Richiama, te ne prego,<br />

alla mente che t’ho reso di gran servizi,<br />

che non t’ho mai detto alcuna menzogna,<br />

che non ho commesso errori…”<br />

Idromanzia: “Blu?” VS “Fleuve d’oubli”: il mare “pensato”<br />

(La Tempesta, W. Shakespeare)<br />

Sembra irrimediabilmente perduto questo senso di paradisiaca o sublime contiguità con il mare, da quando il suo sfruttamento<br />

intensivo lo ha reso territorio da razziare: al mare sono occorsi migliaia di anni per venire al mondo, ma poche<br />

generazioni di uomini potrebbero bastare ad ucciderlo. Sangue azzurro versato, senza pentimento. L’arte può risarcirlo?<br />

Con i colori salmastri dell’immaginazione e dei ricordi, cantarne il dolore e la bellezza originaria, farne il ritratto, da quando<br />

si sono confusi i suoi lineamenti? (…”eppur mi sembra di veder sul tuo viso quel che tu dovresti essere…” La Tempesta,<br />

W. Shakespeare). Della forza del suo incantamento, pari alla sua fragilità dinnanzi all’uomo, gli artisti ne fanno installazione,<br />

scultura, la distendono sulle tele, che diventano ammonimento e canto - un requiem e un allegretto, un pie lesu<br />

o una passacaglia - e tutte insieme sono, metaforicamente, le vele di un bastimento senza cannoni e senza reti, che<br />

attraversa il mare e ne contamina i colori, senza disperdere i veleni.<br />

è il loro canto, non da pescatori o marinai, ma da moltiplicatori di acqua limpida e di pesci: lo intonano<br />

per gli uomini di terra, lo rivolgono alla loro pericolosa distrazione; lo cantano a chi ha oltraggiato la sacralità del<br />

mare, rendendolo una discarica a cielo aperto, a chi respinge lo straniero dalle coste, facendo del mare un incolpevole<br />

omicida. Sangue di mare e di uomini versato, che nessuno scorge dalla riva, affollata di ombrelloni, l’orizzonte dello sterminio<br />

ben nascosto dal profilo di grandi navi per navigatori immobili, che passeggiano sui ponti lucidi e che, come i marinai<br />

di Ulisse, hanno le orecchie chiuse al richiamo delle “creature marine”, che sembra dire:<br />

(La<br />

Tempesta, W.Shakespeare).<br />

Elina Chianetta / Blu? Il mare come non lo avete mai visto – Addaura Hotel – Palermo, luglio 2010 / Presentazione mostra


Ventiquattro artisti in “Blu”<br />

Una collettiva ideata e curata da Fabrizio Costanzo<br />

“Il mare come non lo avete mai visto” è il tema sul quale si misurano con tecniche diverse gli autori. Dai tradizionali agli<br />

sperimentatori. Come Mattaliano e Cavallaro.<br />

Palermo. “Blu”, la mostra inaugurata il 9 luglio presso l’Addaura Hotel di Palermo, si protrarrà fino alla fine dell’estate e<br />

dà il pretesto per parlare del mare. Bene ha fatto Fabrizio Costanzo, ideatore e curatore della mostra, a scegliere per<br />

questa rassegna un titolo quanto mai significativo: “Il mare come non lo avete mai visto”, quindi “visto dall’altro lato”,<br />

coinvolgendo 24 artisti, quasi tutti palermitani, sul tema del mare e come non lo hanno mai visto. Se mai qualcuno mi<br />

dovesse fare una simile domanda sul mare o di cosa ne penso, il mio pensiero non andrebbe immediatamente ai disastri<br />

ecologici che da sempre hanno inquinato questa risorsa, che un tempo si riteneva inesauribile, ma ai bombardamenti<br />

aerei e navali durante la seconda guerra mondiale che hanno sconquassato gli oceani Pacifico, Atlantico e Indiano o alle<br />

bombe atomiche sganciate nell’atollo di Mururoa dalla Francia - solo perché negli anni Sessanta era un possedimento<br />

francese - o quelle liberate nel deserto del Sahara le cui polveri sollevate e trasportate dai venti di scirocco per anni sono<br />

piovute poi nel mare Mediterraneo e nei paesi del suo bacino. Tutti sono colpevoli, nessuno escluso. Le marinerie di tutti<br />

i paesi della terra (anche quelli che di fatto sembrano non avere sbocchi sul mare) hanno colpe gravissime perché non<br />

potevano non sapere che i loro atti scellerati avrebbero distrutto flora e fauna, la prima sostegno dell’altra. Certamente il<br />

transatlantico, come il pescatore dilettante avranno anche le loro colpe, come colpe gravi hanno tutti i comuni che scaricano<br />

i loro liquami a mare inquinandolo in modo irreversibile, ma certamente questi ultimi hanno adottato mezzi per contenere,<br />

sia pure in modo effimero, tale disastro ecologico. I potenti della terra si spartiscono parti del pianeta indipendentemente<br />

dalla posizione geografica sopra e sotto il mare, in cielo come in terra. Gli spazi aerei appartengono a qualcuno;<br />

come il mare, appartiene sempre a qualcuno. Strani velivoli solcano indisturbati i cieli dei cinque continenti così come<br />

baleniere, navi cisterna, sottomarini (nucleari o meno) inquinano in modo irreversibile questo bene dell’umanità. Ed è<br />

tutt’ora in corso il disastro più grave che atto umano abbia mai compiuto, quello a carico della BP, ex British Petroleum<br />

che nel 1998 cambiò la propria denominazione sociale, fondendosi con l’Amoco perché, essendo inglese, nella sua corsa<br />

speculativa mondiale non voleva avere ostacoli di nessun genere, soprattutto di carattere interculturale. Spero fortemente<br />

che la natura, generosa come sempre, troverà una soluzione per arginare lo scempio che sta compiendo questo<br />

irresponsabile ammorbatore del pianeta. A ben poco servirà una mostra come questa che, pur avendo tutte le caratteristiche<br />

della denuncia contro l’inquinamento, nel suo complesso risulta troppo organica…<br />

Angelo Denaro, Richard Mott, Giacomo Vizzini, Giuseppe Fell, così come tanti altri, hanno interpretato questo “liquido”<br />

di cui ci nutriamo giornalmente in modo oserei dire tradizionale. Ricordiamoci che il tema era: “Il mare come non lo avete<br />

mai visto”. A questo dettato hanno risposto bene, anzi molto bene: Fabio Mattaliano “L’alga anomala” una istallazione<br />

trasparente e verticale di bottiglie di plastica e Roberto Cavallaro relativamente all’improbabile acquario, un’istallazione di<br />

sapore Dada e poi Pina D’Agostino con il suo viaggio impossibile in fondo al mare tra le mille difficoltà, non ultima una<br />

rete che intrappola le sue compagne di viaggio; Sergio Figuccia, Antonella Affronti, Salvatore Caputo, la coppia Costanzo-Pintaudi<br />

che abbiamo avuto modo di vedere in più occasioni e che non ci tradisce neanche in questa tornata espositiva,<br />

Antonino G. Perricone e il suo spumeggiante manichino e, ovviamente, Giusto Sucato con i suoi oramai consolidati<br />

pesci di latta riciclata. Di forte richiamo alla fiaba e al sogno è invece l’opera di Filli Cusenza, uno straordinario esempio<br />

di Fiber art. Mentre non passa inosservata la ceramica prodotta da Mario Lo Coco per questo evento che riprende il tema<br />

dell’onda marina che si infrange sulla spiaggia, con la differenza che in questo caso è vista dal mare…Bisogna che<br />

tutti ci ricordiamo che stiamo dentro la storia e, per quanto è possibile dobbiamo tentare di cambiarla.<br />

Francesco M. Scorsone / Centonove – Messina, anno XVII / n. 30 – 30 luglio 2010


Blu? Il mare come non lo avete mai visto<br />

All’Addaura Hotel, una mostra che interpreta le mille sfaccettature del mare.<br />

A distanza di appena un anno dall’altro importante evento (il Graffiti Day), l’Addaura Art rinnova il suo impegno per l’ambiente<br />

ed il territorio palermitano in particolare, proseguendo con coerenza il percorso culturale già intrapreso e che ne<br />

contraddistingue il cammino da oltre 10 anni. Una strada aperta alla ricerca ed alla sperimentazione che sviscera, anche<br />

in questa occasione, un’energia estetico-espressiva ben mirata.<br />

L’evento di oggi - tra mito, leggenda, cronaca, natura…e scherzi concettuali – s’insinua nel quotidiano parlando del mare<br />

e della vita, nel tentativo, mai sopito, di scuotere le coscienze. Il progetto Blu? Il mare come non lo avete mai visto – direttore<br />

artistico Fabrizio Costanzo e coordinatore Massimo Coraci - intende interpretare il mare nelle tante sfaccettature.<br />

Elina Chianetta, presentatrice della mostra, si sofferma su almeno tre sfumature di “Blu”.<br />

Il Mare nostrum come mare “percepito”, cioè il mare che ciascuno porta dentro, ciò che resta di tutti i mari sognati, desiderati,<br />

amati, perduti, conquistati: un mare che ha la “forma” della nostra storia, specchio delle nostre gioie infantili, della<br />

perfetta quiete o del burrascoso ribollire di certe nostre passioni, in uno scambio di energie primitivo, come il nostro prendere<br />

forma, di uomini e di donne, in un grembo acquatico, in cui abbiamo vissuto come pesci. Il mare “narrato”, l’uomo di<br />

mare, il mare dell’uomo. L’uomo “rassomiglia” al mare: ha come lui profondità e specularità – che negli umani evidenzia il<br />

suono dolce di “empatia” – e come il mare anche l’uomo è un “cosmo alieno” che nutre, al riparo della luce, esseri sconosciuti<br />

di cui solo ciascuno di noi conosce il nome. Il mare “pensato”. Sembra irrimediabilmente perduto questo senso di<br />

paradisiaca o sublime contiguità con il mare, da quando il suo sfruttamento intensivo lo ha reso territorio da razziare: al<br />

mare sono occorsi migliaia di anni per venire al mondo, ma poche generazioni di uomini potrebbero bastare ad ucciderlo.<br />

Sangue azzurro versato, senza pentimento. L’arte può risarcirlo? Con i colori salmastri dell’immaginazione e dei ricordi,<br />

cantarne il dolore e la bellezza originaria, farne il ritratto, da quando si sono confusi i suoi lineamenti? Della forza del suo<br />

incantamento pari alla sua fragilità dinnanzi all’uomo, gli artisti ne fanno installazione, scultura, la distendono sulle tele,<br />

che diventano ammonimento e canto, e tutte insieme sono, metaforicamente, le vele di un bastimento senza cannoni e<br />

senza reti, che attraversa il mare e ne contamina i colori, senza disperdere i veleni.<br />

è il loro canto, non da pescatori o marinai, ma da moltiplicatori di acqua limpida e di pesci: lo intonano<br />

per gli uomini di terra, lo rivolgono alla loro pericolosa distrazione; lo cantano a chi ha oltraggiato la sacralità del<br />

mare, rendendolo una discarica a cielo aperto, a chi respinge lo straniero dalle coste, facendo del mare un incolpevole<br />

omicida. Sangue di mare e di uomini versato, che nessuno scorge dalla riva, affollata di ombrelloni, l’orizzonte dello sterminio<br />

ben nascosto dal profilo di grandi navi per navigatori immobili, che passeggiano sui ponti lucidi e che, come i marinai<br />

di Ulisse, hanno le orecchie chiuse al richiamo delle “creature marine”.<br />

L’evento ha superato le attese. Grande pubblico (didattica, turismo, artisti, critici, giornalisti, galleristi…). A fine mostra,<br />

simbolicamente, sono state distribuite le barchette di carta Blu a tutti i visitatori (appositamente costruite dalla Express<br />

Digital Photo). Fra gli ospiti d’onore, il grande Nicolò D’Alessandro, particolarmente interessato ed entusiasta per l’iniziativa,<br />

ha elogiato la mostra ma anche l’intera collezione dell’Addaura Hotel che attualmente, tra pitture, installazioni e oggetti<br />

vari, conta oltre 150 opere distribuite in uno scenario sempre ben curato.<br />

Uno dei meriti riconosciuti a Fabrizio Costanzo, per aver saputo gestire artisti ben consolidati e dalle forti personalità che<br />

difficilmente si sarebbero uniti in altre situazioni qui a Palermo…<br />

Pino Schifano / Sicilia Tempo – Palermo, settembre 2010


Blu?...Un’ampia panoramica tra l’arte contemporanea ed il mare<br />

Sul potere evocativo del mare, sulla capacità delle azzurre vastità marine di alimentare l’ispirazione artistica, nonché –<br />

più banalmente – di innescare fantasiosissime spirali fabulistiche e mitopoietiche, si potrebbe scrivere un poderoso<br />

trattato di carattere accademico. Dal paradigmatico epos di Omero alla metaforica Tempesta shakespeariana, dalla<br />

“leviatanica” ossessione di Melville alla futur-tecnologica profezia di Verne, dalla possente drammaticità di Hemingway<br />

alla poetica leggiadria di Prevert – per rimanere brevemente in ambito letterario – e ancora dal vivace naturalismo delle<br />

pitture murali minoiche (con scattanti delfini ed altri pesci che guizzano nei flutti) al raffinato decorativismo di quelle<br />

d’epoca romana (scene dall’Odissea, vedute di città portuali), dalla poliedricità figurativa dell’evangelica pesca miracolosa<br />

(dai paradigmi musivi bizantini a quella pensata per gli arazzi dal sommo Raffaello) alla “tempestosa” maestosità marina<br />

dei pittori olandesi del ‘600 (Van Ruysdael sopra tutti), dalla fosca e pre-informale visionarietà di William Turner alla<br />

raffinata empatia “pre-ambientalistica” di Hokusai, dai luminosi colorismi degli impressionisti fino alle esplosioni ipercromiche<br />

dei fauves e ai ritorni classicistici dei novecentisti – per fare un breve excursus nelle arti visuali – e inoltre dall’incalzante<br />

contrappunto vivaldiano (La tempesta di mare) alle più pausate atmosfere di Debussy (La mer) – per citare<br />

qualche limitato exemplum musicale – è infatti tutto un incedere diacronico di svariate (e monumentali) dissertazioni sulla<br />

tematica, in grado di offrire un’ampia panoramica sulle immense potenzialità immaginifiche e narrative di cui il mare è<br />

foriero sin dagli albori della nostra civiltà, e quindi sul ruolo che esso ha giocato (e continua a giocare) nella determinazione<br />

dell’immaginario culturale dell’intera umanità. Se è vero – come ipotizzano alcune scuole di pensiero – che le modalità<br />

più profonde e radicate del cogitare umano si presentano (e rimangono) pressoché identiche e invarianti in spazi e<br />

tempi fra loro anche assai diversi e distanziati (basterebbe qui soffermarsi un attimo a contare quante generazioni si susseguono<br />

lungo una linea familiare nel corso di un secolo, cioè non più di cinque, per comprendere come ciascuno di noi<br />

sia stato preceduto negli ultimi 2000 anni, ovvero nell’arco di tempo che va dall’epoca di Augusto e Cristo ad oggigiorno,<br />

da non più di 99 individui, e complessivamente da circa 200, procedendo a ritroso fino al 2000 A.C., e per intuire così,<br />

con un certo sgomento, come un’idea possa muoversi lungo i millenni alla stregua d’una freccia che percorra con gran<br />

celerità la propria traiettoria), ciò spiega e motiva ampiamente il perché il mare continui ancor oggi a esercitare un fascino<br />

immutato su artisti ed intellettuali, fungendo – come in antiquo – da autentico epicentro e fonte ispiratrice, capaci di<br />

catalizzare, con deterministica efficacia, un difforme e polimorfo sublimato di pensieri, affetti ed emozioni. Il mare, dunque,<br />

quale possente polo d’attrazione, vero e proprio “maelstrom” – volendo citare una “visione” marinara del grande<br />

Edgar Allan Poe – al cui intenso vorticare è impossibile sottrarsi, in una “discesa” che obbliga al confronto con se stessi<br />

e col mondo circostante. A questa incontenibile pulsione hanno immancabilmente ottemperato anche gli artisti del Gruppo<br />

Graffiti, aderendo al progetto di una mostra collettiva – non casualmente intitolata Blu?...– per l’appunto tutta incentrata<br />

sul mare e sulla sua inconsunta capacità di evocazione.<br />

Ventiquattro declinazioni ben differenziate – quelle dei partecipanti a questa interessante iniziativa – improntate a tecniche,<br />

linguaggi e – soprattutto – assetti narrativi estremamente variegati, i quali, per ciò medesimo, si rivelano congruamente<br />

atte a fornire un ben articolato caleidoscopio di intriganti e suggestivi spunti di analisi e riflessione.<br />

Iperrealismo metafisico (Giannici), realismo sociologico (Peri), affabulazione immaginifica (Cusenza, Costanzo e Pintaudi),<br />

ironia surreale (Cavallaro), astrazione allusiva (Chirco, La Barbera), espressività materica (Lo Coco), simbolismo<br />

allegorico (D’Antoni, Perricone, Mattaliano), colorismo emozionale (Denaro, Manzella), impegno civile (D’Agostino), informale<br />

evocativo (Patti), humour impietoso (Mott), misteriosità crepuscolare (Caputo), vedutismo criptico (Figuccia), pathos<br />

veristico (Vizzini), inventiva fantasiosa (Sucato), turbolenza polimaterica (Emanuele), cronachismo inquietante<br />

(Fell), pregnanza ipercromica (Affronti), si alternano e susseguono in un incedere visuale che induce nell’osservatore un<br />

obbligato approccio analitico e speculativo.


E tutto ciò – dunque – al di là della semplice “offerta” d’una gamma di gradazioni di carattere estetico, che pure devono<br />

esserci e vanno rispettate nella loro ampia opinabilità, ma piuttosto a conferma dell’assoluta rilevanza – per una<br />

mostra collettiva – della peculiarità (e della significatività) della tematica portante, in quanto filo narrativo, minimo comun<br />

denominatore e linea di repere, innanzitutto per gli artisti compartecipi – così chiamati a una mirata gestione della<br />

loro espressività – e non di meno per i visitatori – cui viene chiesta un’accurata e partecipata lettura simpatetica. Una<br />

esposizione – questa allestita all’Hotel Addaura – che ribadisce con forza la valenza del legame e del contesto associativo<br />

(da considerare non solo una occasione ed un ambito ideale in cui incontrarsi e confrontarsi, ma soprattutto<br />

uno strumento culturale che consente, sul piano pratico, di svincolarsi dalla dipendenza, troppo spesso clientelare, da<br />

pubbliche amministrazioni del tutto sorde a qualsivoglia iniziativa che non riguardi parenti, amici, amanti, clientele varie<br />

e pseudo-intelletuali di notorietà mediatica), rilanciando la necessità – com’era in altri tempi – di travalicare gli steccati<br />

degli sterili soggettivismi e tornacontismi da retrobottega (che purtroppo abbondano anche fra gli artisti) in funzione<br />

non tanto di movimentismi para (o pseudo) avanguardistici, quanto d’una piena consapevolezza del valore dell’unità di<br />

intenti da perseguire (che non rispondano a vacui programmi od obsolete ideologie) e quindi d’una rinnovata coscienza<br />

del ruolo sociale dell’ideare e agire artistici.<br />

Un modus operandi che dovrebbe anche assumere il peso “politico” proprio dell’esercizio di una fisiologica funzione di<br />

controllo e di analisi critica nei confronti di chi gestisce e amministra le attività culturali, da attuare non solo nelle forme<br />

naturali della proposta e dell’offerta di spunti di riflessione mediante la sollecitazione posta in essere dalle opere d’arte<br />

e dalle relative cornici espositive, ma anche nelle vesti di censure ed invettive (senza tema di ritorsioni) laddove l’operato<br />

dei pubblici amministratori (e dei colleghi artisti ed intellettuali variamente “accoliti”) – in fatto di cultura ed anche<br />

altro – sconfini nell’inaccettabile indecenza.<br />

Salvo Ferlito / Blu? Il mare come non lo avete mai visto - Pittorica – Palermo, settembre 2010<br />

Blu?...Artisti in mostra<br />

Alle spalle l’imponente parete verticale di grigio granito del monte Pellegrino, poco più in alto la misteriosa ferita<br />

dell’antro che ospitò i “remoti” abitanti di quel luogo (i famosissimi graffiti), che ci narrano - scaturendo dal nero profondo<br />

della “non conoscenza” - riti propiziatori di abbondanti prede, animali in atto di sottrarsi alla cattura e misteriose<br />

silhouette di uomini danzanti. Il prospetto guarda il mare dal blu intenso, una distesa incontaminata animata da piccole<br />

“creste” bianche di spuma destata dal vento leggero, che giunge fino all’Addaura Hotel portando con sé il piacevole<br />

profumo di salsedine…Il magnifico complesso alberghiero, non poteva esimersi dall’offrire ai clienti un settore dedicato<br />

alla cultura…Vigila su questo delicato aspetto - e da parecchi anni - Fabrizio Costanzo, architetto, anche lui raffinato<br />

artista, occupandosi, sapientemente e con cura, della direzione artistica delle mostre. Attualmente si svolge la collettiva<br />

Blu?...composta da ben ventiquattro artisti che si sono cimentati su di un argomento tragicamente attuale: l’inquinamento<br />

della terra e del mare. Il giudizio sulla qualità artistica di tutte le opere, non può che essere positivo, meritevole<br />

dell’attenzione di esperti e profani, forse i secondi sono coloro che potranno maggiormente giudicare se i vari artisti<br />

sono stati in grado di rendere l’immagine di un mondo che agonizza, soffocato da rifiuti di ogni genere, e che non riesce<br />

a trovare la smarrita armonia fra natura e progresso…<br />

Claudio Alessandri / SiciliaInformazioni – Palermo, luglio 2010


La presentazione<br />

Blu? Il mare come non lo avete mai visto - Addaura Hotel - Palermo, 9 luglio 2010


La presentazione<br />

Blu? Il mare come non lo avete mai visto - Addaura Hotel - Palermo, 9 luglio 2010


Dell’immagine inintelligibile<br />

Una mostra sulle immagini è una mostra sulla vita vissuta attimo per attimo, che corre sul filo della memoria, che ne progetta<br />

il futuro. L’uomo, al di là degli stimoli che ha ricevuto dal mondo esterno e dalla natura in particolare, ha accumulato<br />

nel tempo un tesoro di esperienze introspettive che ha riversato sulla sua sfera esistenziale. Procedendo in una continua<br />

ricerca del centro, nel corso dei millenni (e fin dalla sua comparsa) egli ha esplorato il suo intorno spaziando tra gli opposti,<br />

ricercando l’essere pur esprimendosi con le apparenze, ambendo al vero pur vivendo nella falsità. Nei suoi ruoli di<br />

indagatore l’uomo – filosofo, psicoanalista, antropologo, biologo, teologo, artista e, in generale, acuto osservatore della<br />

psiche e della realtà terrena e divina, ha profuso i codici che oggi rappresentano l’immenso patrimonio culturale delle<br />

immagini, dei linguaggi specifici e dei simboli esistenti al mondo. In diverse modalità e forme, egli ha tradotto quei segnitraccia<br />

in pensiero, mito, storia e arte, identificandoli nel quotidiano, proiettandoli nel mistico o immergendoli nella psiche.<br />

Il segno, in sostanza, si è incuneato nell’idea primigenia esprimendo l’inesprimibile, connotando il visibile e l’invisibile,<br />

sfidando i tempi e i luoghi.<br />

La Prisca Sapientia, rivelata direttamente da Dio a Mosè e tramandata per mezzo di una lunga catena di grandi uomini,<br />

ha superato tutto ciò, conservando l’essenza significativa dello spirito puro e preservando il suo codice mistico dall’abuso<br />

dei profani.<br />

Il segno contemporaneo è figlio ed essenza di quello arcaico. E’ arrivato fino a noi corroborato dalle esagerate esperienze<br />

dell’uomo di oltre quarantamila anni fa e in tutti i suoi aspetti espressivi, simbolici, magici e cultuali significanti, percorrendo<br />

luoghi, tempi e modalità assai diverse. Dalle incisioni rupestri alle grandi civiltà fluviali, dai popoli occidentali a quelli<br />

musulmani, dal lungo arco medioevale all’arte rinascimentale, dalla rivoluzione del Seicento al dibattito estetico illuminista<br />

e romantico, dalle avanguardie artistiche del Novecento alla pienezza del nostro tempo, senza dimenticare l’arte di<br />

quei popoli – India, Oriente, Africa, Oceania, America del Nord, America Centrale e regione andina (civiltà precolombiane)<br />

- spesso esclusa dai libri di testo didattici - ma che ha reso il cammino culturale dell’uomo un’avventura unica, affascinante<br />

e insostituibile.<br />

In aggiunta – in una carrellata forzatamente incompleta di citazioni temporali e tematiche - occorre ricordare l’immenso<br />

patrimonio di pensiero filosofico e mistico che ha connotato e supportato i percorsi storici sempre travagliati del passato,<br />

fino ad arrivare ai più recenti studi fenomenologici e psicoanalitici e alla pesante problematica esistenzialista del presente.<br />

Questo oceano concettuale, inglobandosi nella circolarità del mondo, ma nutrendosi del suo seme originario (il centro),<br />

ha prodotto una infinità di segni e simboli. In un processo di generazione e rigenerazione, l’uomo oggi, raccoglie i<br />

frutti - archetipici, simbolici, mistici, allegorici e alchemici del passato ed ogni sorta di input comunicativi del presente - da<br />

una pianta surreale e multiforme. Un ricchissimo patrimonio d’immagini significanti scagliate nell’etere attraverso la logica<br />

globalizzante di internet, ha reso il nostro cosmo dinamico e caotico, senza peculiarità specifiche, ma con una immensa<br />

offerta mediatica. Ecco, gli artisti di oggi assorbono tutto ciò in maniera consequenziale e sintomatica, attuando la loro<br />

ricerca poliedrica e multidirezionale senza alcun pregiudizio ideologico. La grande produzione odierna, connotata da materiali<br />

tradizionali e innovativi, performance, installazioni, video e procedimenti dinamici di tipo informatico, inseriti dentro<br />

contenitori di movimenti-ombra e ideologie fluide, impongono una nuova chiave di lettura del prodotto-evento visivo.<br />

I sei autori presenti al Loggiato San Bartolomeo, in rappresentanza dell’associazione Pittorica, partendo dalla Sicilia, s’inseriscono<br />

nel dibattito espressivo dell’arte contemporanea, seguendo un iter comunicativo e progettuale impegnativo. La<br />

struttura simbolica della loro pittura rappresenta una griglia spaziale di riferimento sulla quale appoggiano una ricerca<br />

segnica diversamente indirizzata (…).<br />

Fabrizio Costanzo / Prisca Sapientia - Pittorica-Assocultura / Testo in catalogo / Loggiato San Bartolomeo - Palermo, gennaio 2012


Fabrizio Costanzo ed Eugenio Trapani<br />

Prisca Sapientia - LOGGIATO SAN BARTOLOMEO - Palermo, gennaio 2012


Caccia alla Chimera<br />

Nel bagaglio delle esperienze culturali annoverate da Fabrizio Costanzo è da includere anche una sua insolita presenza<br />

come personaggio del Noir Caccia alla Chimera, il primo romanzo noir multisensoriale per il web. L’opera inedita di Sergio<br />

Figuccia, come un vero e proprio film da leggere, è prodotta con modalità del tutto innovative e presenta contenuti ed<br />

inserti multisensoriali integrati da contributi artistici, fotografici, audio e video che ne potenziano la ricettività da parte dei<br />

lettori, una sorta di esperimento sulla rete, con una proposta di testo letterario pubblicato ad episodi (settimanalmente),<br />

per aumentare la suspense.<br />

LA TRAMA<br />

Il racconto, ambientato nel fatidico anno 2012 (l’anno della profezia dei Maya), si snoda attraverso le tematiche dell’ingegneria<br />

genetica e l’invadente e cinico mondo dei media, e si svolge prevalentemente all’interno di una televisione privata<br />

globale di ultima generazione (YouGlobe Television). Il regista dell’innovativo telegiornale di questa tv è la voce narrante,<br />

mentre i protagonisti principali sono: il più celebre lettore del TG, la sua compagna di vita e di lavoro ed un misterioso<br />

scienziato svedese, malato terminale. Prima di morire il dottore farà una clamorosa dichiarazione pubblica che sconvolgerà<br />

la vita dei due giornalisti e del loro staff. Verranno tutti coinvolti nell’interpretazione di una profezia di Nostradamus,<br />

mai spiegata in passato. Diverse figure si muovono all’interno del romanzo.<br />

Fabrizio Costanzo è una di queste, e parteciperà al noir quasi per gioco, su invito di Sergio Figuccia, interpretando il personaggio<br />

di Juan José Navarro, un pittore spagnolo che insegna all’Accademia Rubens di Milano. Navarro, entrerà in<br />

scena nel 15° capitolo, quando la giornalista Cinzia Forestieri lo andrà a trovare in sede per chiedergli alcune notizie sulla<br />

vicenda della Chimera. Il pittore si mostrerà subito disponibile al dialogo, ma ribadirà di non essere coinvolto nella vicenda<br />

su cui lei sta indagando. Accennerà solo al fatto di sapere che Kurt Polasacra, ricercatore svedese, si trova in Brasile<br />

(all’interno di una missione di accoglienza per bambini abbandonati di una favela di Rio de Janeiro) e che quest’ultimo<br />

è del tutto estraneo agli omicidi per cui è sospettato. Navarro, è qui presentato come una persona che sa il fatto suo<br />

(e forse sa anche qualcosa in più sulla persona sospettata) ma non si sbilancerà nel colloquio con la giornalista, anzi<br />

sorriderà ironicamente. D’altronde si capisce subito che anche lui, in qualche modo è coinvolto nell’intrigo internazionale.<br />

Nel 1968, infatti, Navarro, appena diciannovenne, già distintosi per le sue capacità artistiche talvolta utilizzate anche in<br />

campo fotografico - collaborò (per una serie di fortunate coincidenze) ad un esperimento di grande interesse scientifico<br />

della durata di un anno. Navarro ne prese parte (senza sapere di cosa si trattasse), accettando l’incarico di storicizzarlo<br />

con le sue foto, e così si ritrovò, giovane, in uno staff di prim’ordine che nel suo specifico settore ha praticamente scritto<br />

la storia. Entrato come reporter ufficiale, ben presto Navarro mise al servizio del gruppo degli otto anche le sue doti di<br />

ritrattista, diventando il beniamino dello staff. Elaborò così alcuni disegni dei protagonisti (tra cui quello dello scienziato<br />

svedese Samuel Magnusson) e scattò delle foto sull’esperimento della Chimera...<br />

Sergio Figuccia / Caccia alla Chimera – Palermo, 2012 - Note tratte dall’edizione cartacea.


JUAN JOSE’ NAVARRO<br />

Caccia alla Chimera<br />

Fabrizio Costanzo è Juan José Navarro, pittore spagnolo che insegna all’Accademia Rubens di Milano.<br />

Scatti fotografici effettuati sul set<br />

Caccia alla Chimera - Palermo, 2012


Palermo salva? / Da La città salvata<br />

Le artiste: Carla Accardi, Ida Barbarigo, Gabriella Benedini, Mirella Bentivoglio, Valentina<br />

Berardinone, Maria Bernardone, Irma Blank, Renata Boero, Monica Bonvicini, Sara Campesan,<br />

Lucilla Catania, Amalia Del Ponte, Chiara Diamantini, Giosetta Fioroni, Paola<br />

Gandolfi, Maria Lai, Lucia Marcucci, Elisa Montessori, Liliana Moro, Lidia Puglioli, Cloti<br />

Ricciardi, Sara Rossi, Marilena Sassi, Fausta Squatriti, Anna Torelli.<br />

La mostra<br />

La mostra, nata da una comunione d’intenti tra l’Assessorato alla cultura del Comune di Palermo e la Biblioteca delle<br />

donne UDIPALERMO, espone le opere create nel 2009 nell’ambito della Biennale di Venezia, per il Centenario della nascita<br />

di Simone Weil. La tematica proposta, va detto subito, è di quelle profonde, che non lasciano scampo. Mi ricorda il<br />

Blue Hole, un luogo che ho visitato sul Mar Rosso, ad Est della penisola egiziana del Sinai. In quest’area, la depressione<br />

carsica del mare corallifero attira sul fondale i sub visitatori, inducendoli alla scoperta, meravigliandoli e coinvolgendoli<br />

emozionalmente. È l’effetto che ho provato anch’io visitando la mostra, una sensazione dapprima di leggerezza, che ti<br />

avvolge e coinvolge, e che è diventata sempre più profonda e interessante man mano che ho continuato nell’osservazione.<br />

La protagonista è una città, Venezia, attorno ad essa ruotano il pensiero di una filosofa dalla personalità complessa<br />

(la cui vita è stata costellata da tantissime vicende), un testo storico (la cronaca dell’abate di Saint-Real ), una tragedia<br />

ed un film tratto da questa (Venezia salva), le tematiche della guerra, della città, dello sradicamento, della forza, dell’attenzione<br />

e della bellezza (insieme ad altre con cui si integrano in una relazione di mutuo sostegno), venti artiste di livello<br />

internazionale che dialogano con Simone Weil attraverso i loro libri artistici…infine Palermo. Come si relaziona tutto ciò?<br />

Procediamo con ordine. Anzitutto soffermiamoci sulla personalità davvero complessa di Simone Weil. La sua attività speculativa<br />

ed esperienziale è molteplice e si fonda su principi sensoriali di percezione in cui il corpo si lega indissolubilmente<br />

alla mente e all’anima in una connotazione spazio-temporale tendente allo spirituale. La vocazione naturale verso l’abnegazione<br />

di se stessa, la volontà di amare oltremisura e la capacità di leggere la realtà secondo stilemi di vita e chiavi di<br />

lettura molteplici ne fanno una personalità sfuggente, non catalogabile, di grande fascino, un fascino che – come dicevo<br />

prima – attrae irrimediabilmente inducendo a esplorare insieme a lei i meandri umani più imprevedibili. Al centro della<br />

storia c’è Venezia. Simona Weil, legge la cronaca dell’abate di Saint-Real della metà del Seicento prima dell’inizio della<br />

Seconda Guerra Mondiale e da questa trae interessanti motivazioni per la stesura della sua tragedia Venezia Salva. Con<br />

un ulteriore balzo spazio-temporale e traslandone l’idea, Venezia oggi rivive il passaggio magico dalla politica del Consiglio<br />

dei Dieci (la memoria), alla grazia femminile delle venti artiste invitate alla Biennale di Venezia (ed ora a Palermo)<br />

per dialogare con l’opera della Weil (il presente), ovvero, il passaggio dallo stato di Forza dell’uomo alla dolcezza femminile.<br />

Ciò che affievolirà gli animi sarà il sentimento di Pietà e l’Amore di Violetta, che renderà tutto possibile. In questo<br />

stato di grazia ci si avvicinerà progressivamente all’idea di Bellezza del mondo, una delle tematiche più interessanti del<br />

pensiero weiliano che si pone a metà strada tra il necessario ed il bene e che “si manifesta ad una certa distanza”.<br />

Nell’accezione così invogliante noi potremo solo guardare la bellezza, ma non nutrircene. La realtà, regno della forza, ci<br />

indurrà a tener conto di questo dato imprescindibile e ciò che potremo fare sarà soltanto prodigarci per essa, cercando di<br />

salvarla. La tematica verrà esposta nella tragedia Venezia Salva rimasta incompiuta per la morte prematura – a 34 anni –<br />

dell’autrice, che ha come protagonista la città lagunare. L’opera enfatizzerà i due sentimenti fondamentali riscontrabili nella<br />

tragedia, appunto quelli della Pietà e dell’Amore, entrambi perpetrati nei confronti della città di Venezia, che pervaderà


ispettivamente il congiurato Jaffier (il traditore pentito che salverà Venezia), l’altro congiurato, Renaud (posseduto dalla<br />

Forza) ed il personaggio di Violetta (l’innocenza felice). All’interno della tragedia vagheranno gli stolti mercenari (che considerano<br />

Venezia come un giocattolo da buttar via) e il sogno (lo sradicamento dalla realtà) dei vinti. Questi gli elementi<br />

chiave dell’opera Venezia salva, in cui la città si salverà con un finale concitato ma a lieto fine.<br />

Oggi le venti artiste invitate, in processione come Vestali, procedono per onorare Venezia e la sua Laguna Sacra, non<br />

tanto per mantenerne acceso il fuoco, quanto per attingerne le loro coppe al mare. Ognuna di esse berrà un sorso della<br />

pozione magica ma non tutte ne trarranno benefici. Diverse tra loro saranno le condizioni e i sentimenti che ne restituiranno:<br />

la tragicità della Guerra, la Città, lo Sradicamento, la Forza. Altre “Vestali” volgeranno invece agli aspetti positivi<br />

della condizione umana descrivendo (o meglio soffermandosi) sui concetti dell’Attenzione e della Bellezza, le grandi<br />

aspettative che salveranno il mondo e che concluderanno l’Opera, il catalogo e questa mostra.<br />

La mostra odierna di Palermo, ci offre interessanti spunti di riflessione non tanto per quel che riguarda le due città in questione,<br />

distanti tra loro per storia, dinamiche socio-politiche, struttura morfologica, posizione geografica, clima ed altro<br />

(quindi relazionabili solo forzosamente) quanto per le tematiche affrontate venute fuori dalla tragedia Venezia salva e<br />

dall’opera congiunta delle venti artiste qui presenti che ci invitano ad una riflessione sui valori universali che devono guidare<br />

la nostra esistenza strettamente legati allo spazio di una città, al suo sistema relazionale e alla sua memoria. A questo<br />

proposito mi piace ricordare l’importanza che Simone Weil attribuisce al contatto “a pelle”, il limen, con cui il nostro<br />

corpo psico-fisico interagisce con l’ambiente circostante emettendone e ricevendone impulsi. Una “Palermo salva” purtroppo<br />

non esiste ma, sinceramente, mi piacerebbe che esistesse. Palermo, città bellissima, vive saldamente ancorata a<br />

peculiarità semantiche e dinamiche sociali che si ripercuotono da millenni. La Ziz “Tuttoporto” non ha saputo o voluto<br />

sviluppare una cultura del mare come avrebbe meritato. Ha invece generato un inestricabile tessuto storico e psicosociale<br />

– più volte lacerato e rattoppato - che è un unicum al mondo. Non sono d’accordo con chi sostiene che occorre<br />

“guardare” alla Bellezza della nostra città non scoperchiandone le brutture perché ciò significherebbe avvalorare la politica<br />

dello struzzo passando oltre un’altra tematica fondamentale – La Coscienza – non esplicitamente evidenziata in Venezia<br />

salva ma che potremmo sicuramente far rientrare nell’Attenzione e nell’Io passivo con cui la Weil “sospende” per un<br />

attimo Venezia prima di passare al tema della Bellezza. In quest’ultima fase, vero fine a cui dobbiamo tendere se vogliamo<br />

salvare Palermo e tutte le realtà del mondo, occorre imparare a percepire - più che a guardare – le piccole cose che<br />

rientrano in una lettura più complessa dell’intero sistema socio-economico, bio-etico e sensoriale di un luogo. Insomma, è<br />

necessario che noi tutti, addetti ai lavori e non, impariamo a leggere (o a ri-leggere) la complessità delle componenti che<br />

gravano o impreziosiscono un luogo per essere in grado, successivamente, di sfruttarne al meglio le risorse. Non possiamo<br />

più permetterci di sbagliare diagnosi. Guai a continuare a dare la “medicina” sbagliata, sarebbe peggio che non capirne<br />

i sintomi. E allora, come afferma Simone Weil, addestriamoci all’attenzione delle cose prendendocene cura, decentriamo<br />

il nostro “io”, facciamo il vuoto dentro di noi per accogliere gli altri. La ricerca della Bellezza, come valore etico, sensoriale<br />

e spirituale, sempre e comunque ci salverà.<br />

Fabrizio Costanzo / La città salvata, omaggio a Simone Weil - Pittorica / Archivio Storico Comunale di Palermo, gennaio 2014


Ragazza con l’orecchino… una Perla nel Secolo d’oro<br />

Delft, l’alba, o pieno giorno: poco importa.<br />

Qui la vita scorre tranquilla, sempre uguale. Le donne sono intente a lavorare, a sbrigare le loro faccende domestiche, i<br />

bimbi giocano, la vita si rinnova pur nella monotonia del ripetersi dei giorni. Diderot ben caratterizza gli olandesi del periodo…”sono<br />

come formiche umane, si spargono in tutti i paesi della terra, raccolgono tutto ciò che trovano di raro, di utile e<br />

di prezioso e lo portano nei loro magazzini...La ricchezza è senza vanità, la libertà senza insolenza, le imposte senza<br />

vessazione né miseria”. Il cittadino ottiene la certezza della grazia divina attraverso la realizzazione di sé, condizione<br />

essenziale per intensificare il senso di patriottismo e di solidarietà. A tutto ciò si aggiunga l’ossessione che gli olandesi<br />

mostrano per la pulizia nelle proprie case, in un periodo in cui l’igiene personale, nel resto dell’Europa, è appannaggio di<br />

una stretta cerchia di “cultori”. Vermeer, ne La stradina sottolinea il gioco tra interno ed esterno, la soglia di casa - al di là<br />

della quale s’intravedono le donne immerse nel loro lavoro - la strada e i palazzi come sinonimo di decoro, ordine e pulizia.<br />

Ecco, il Secolo d’oro, a Delft si manifesta così, nella compostezza di chi vive la vita di tutti i giorni. Il Seicento, in campo<br />

artistico, è un periodo in cui il mercato olandese è dominato dai “fijnschilders”, pittori che lavorano in finezza e ad ore<br />

di lavoro, scrutando e analizzando ogni dettaglio della realtà. Questa categoria di artisti si rivolge a committenti ben precisi,<br />

i ricchi mercanti, che mostrano estremo interesse per il genere proposto. Esiste una vera e propria scala di valori di<br />

tipo commerciale che mette al primo posto le scene di interni borghesi, le nature morte e le preziose tavole imbandite<br />

rispetto ad altre tematiche come le scene campestri e le osterie. I temi mitologici, storici, di guerra e i nudi, per diversi<br />

motivi non sono ricercati. La società olandese evidenzia una ricchezza diffusa, è operosa e si rispecchia in ciò che la<br />

circonda: tavole imbandite, domestiche al lavoro, bambini, madri, spose, adolescenti intenti nel compiere azioni quotidiane.<br />

L’ideologia calvinista non permette lo sfarzo delle grandi regge nobiliari come quelle esistenti in Italia, Francia e Inghilterra.<br />

Le abitazioni hanno dimensioni contenute e quindi anche i quadri devono essere di piccolo formato. Due curiosità:<br />

l’alto numero dei pittori presenti a Delft e in tutti i Paesi Bassi e il fatto che due terzi delle abitazioni abbiano opere<br />

appese alle pareti. In questo contesto opera Vermeer.<br />

Della sua biografia si conosce ben poco: la sua data di nascita approssimativa, qualche documento ufficiale e commenti<br />

di altri artisti. Sposò Chaterina Bolnes, cattolica, e da lei ebbe quindici figli di cui undici sopravvissero. La sua attività artistica<br />

andava a rilento e non bastava a soddisfare le esigenze della famiglia numerosa. Badò quindi alla locanda del padre<br />

fino ad ereditarla, si dedicò ad attività commerciali varie e dipinse poco ma in maniera eccelsa.<br />

Attualmente si conoscono trentasei opere del maestro, troppo poche per evitare le difficoltà economiche che, alla fine, lo<br />

spegneranno a soli quarantatre anni. Le fonti ci riferiscono che il suo talento venne riconosciuto unanimemente e che fu a<br />

capo della Gilda di San Luca, ma la vita trascorsa per intero a Delft lo relegherà forzosamente in un ambito pur sempre<br />

ristretto per le sue ambizioni. Vermeer possedeva una tecnica eccelsa. Era in grado di ottenere colori trasparenti ed una<br />

resa vivida e dinamica applicando piccoli punti ravvicinati (pointillé). Il procedere scientifico andava al di là dei contenuti. I<br />

soggetti erano solo espedienti per sperimentare e verificare la sua pittura. Probabilmente, come altri artisti del periodo,<br />

utilizzò la camera oscura per raffigurare con estrema precisione i suoi personaggi, e ciò giustificherebbe sia la mancanza<br />

di schizzi preparatori che gli effetti fuori fuoco (di tipo fotografico) che si riscontrano in alcune opere. I suoi capolavori<br />

erano curati al massimo e dipinti con colori costosissimi e di prima qualità come il blu oltremare ottenuto dai lapislazzuli.<br />

La vicenda di Vermeer, vero enigma della pittura della Golden Age (fu soprannominato Sfinge di Delft), è in ogni caso<br />

affascinante, anche in considerazione del fatto che, il noto falsario olandese Han Van Meegeren, creò e diffuse parecchi<br />

falsi d’autore di Vermeer. Oggi, il Maestro, dopo la riemersione dall’oblio di oltre due secoli, è considerato uno degli artisti<br />

più autorevoli del Seicento.


La ragazza con l’orecchino di perla. La “ragazza” di Vermeer viene fuori dall’oscurità configurandosi, di tre quarti, nella<br />

sua enigmatica dolcezza. E’ come se la giovane donna – quasi un’adolescente – si fosse nascosta per secoli nella casa<br />

in cui è stata ritratta. Il suo volto ed il contesto sono molto diversi da quelli de La lattaia, La merlettaia, La donna con<br />

brocca, La donna in blu, La pesatrice di perle o La ragazza che legge una lettera presso la finestra. Tutte queste donne<br />

sono attorniate da numerosi oggetti e occupate nelle loro mansioni o in attività varie, la ragazza con il turbante, no. In una<br />

dimensione silenziosa in cui l’unità atmosferica e psicologica fa tutt’uno con il tempo e lo spazio, “la ragazza” si volge<br />

indietro, forse richiamata dall’artista. La sua bocca è semiaperta e fortemente sensuale. E’ in questo attimo sospeso che<br />

inizia il gioco leggero della seduzione tra la ragazza e l’artista, fatto di parole non dette, di sguardi innocenti, d’intenti.<br />

L’atteggiamento visivo precede quello tattile e i gesti rimandano ad una introspezione profonda. Tracy Chevalier, nel romanzo<br />

tratto dall’opera di Vermeer, ci descrive la storia di Griet, sedici anni, al servizio del pittore. Si dovrà occupare<br />

delle pulizie del suo atelier muovendosi con circospezione tra i fragili oggetti. Vermeer s’innamorerà della giovane serva<br />

e deciderà di ritrarla in modo inusuale (pur contro la sua volontà) con un turbante ed una grossa perla della moglie<br />

dell’artista per presunte esigenze di luce riflessa. La perla sarà dipinta con rara maestria attraverso due sole pennellate a<br />

forma di goccia separate l’una dall’altra, sufficienti per farci immaginare l’intera perla.<br />

L'opera, oggi, è uscita dalla sua dimora eccellente, il Maurithuis Museum a l'Aia, in Olanda, per effetto di lavori di restauro<br />

ed ampliamento che attualmente interessano la sua sede. La chiusura del museo ha indotto la direzione a progettare<br />

un selezionato tour mondiale con al centro l’opera. Bologna é così diventata l'unica tappa in Italia e in Europa della preziosa<br />

opera, che ha toccato anche il Giappone e gli Stati Uniti. Tralasciando dal contesto della manifestazione il corpus<br />

delle altre trentasei opere secentesche e “l’effetto collaterale” degli artisti contemporanei in chiave di rivisitazione odierna,<br />

direi che l’operazione culturale e di marketing sia stata nel complesso positiva. Goldin ha messo in atto e coordinato<br />

un'imponente macchina organizzativa che i bolognesi hanno supportato con sagacia, entusiasmo, accoglienza e spirito<br />

imprenditoriale. Io stesso, a Bologna, ne ho sperimentato di persona l'intero meccanismo ricevendone un'impressione del<br />

tutto positiva. L'input mediatico, partito dalla città in maniera capillare si è ulteriormente rinforzato attraverso la collaborazione<br />

delle attività commerciali, la produzione dei gadget, l’editoria, gli spot nazionali, il romanzo di Tracy Chevalier ed il<br />

film successivamente realizzato da Peter Webber, creando un feedback culturale e sentimentale di primo piano. Bologna<br />

si è così specchiata nell’immagine della “ragazza”, assimilandone l’anima e riflettendone la luce: alla fine tutti quanti ci<br />

siamo innamorati di quel bellissimo sguardo delicato e intrigante…<br />

Fabrizio Costanzo / Ragazza con l’orecchino...Una Perla nel Secolo d’Oro - Pittorica / Palazzo Fava - Bologna, marzo 2014


<strong>FABRIZIO</strong> <strong>COSTANZO</strong><br />

MANLIO GIANNICI<br />

GERY SCALZO


IL GERME DELLA VITA E’ QUI<br />

Da un’ intervista di Marilisa Giammona<br />

Tele One – Palermo, 19 novembre 2015<br />

A Palazzo Montalbo, Nei Luoghi della Storia, Fabrizio Costanzo presenta Le atmosfere incantate del suono e del colore<br />

come sinonimo di Weltshaaung, ricreazione artistica, rigenerazione psico-fisica da cui le forme prendono vita.<br />

Due sono le tematiche affrontate in questo luogo magico.<br />

La prima, è riconducibile al limen della Porta di Ishtar che stabilisce la condizione ambivalente del mondo. Fuori la<br />

guerra e la corruzione, quelle che nel Medioevo avremmo definito “Gli effetti del cattivo governo” di martiniana memoria,<br />

un mondo infelice e dimenticato che “non semina e non coglie” e in cui vige l’inerzia. Dentro, il benessere, la coerenza<br />

e la convivenza tra i popoli, un mondo dove gli esili alberi - filiformi e verticalizzati - giocano con le geometrie<br />

pure e con le dune di luce. Terra felice, frame di un mito-racconto che s’inserisce nel cerchio magico della vita e che<br />

dialoga con le delicate cromie della natura. In questo mondo incantato, su cui si staglia un cielo blu oltremare, profondo<br />

e rassicurante, regnano l’ordine e l’armonia e l’uomo sarà il grande presente-assente. La luna, forma-simbolo di<br />

estrema purezza, da sola o in compagnia, vigilerà sugli eventi, rassicurando e dando coraggio, accompagnando la<br />

notte fino alle prime luci dell’alba.<br />

L’altro aspetto peculiare della produzione di Fabrizio Costanzo, presentato nella mostra di Palazzo Montalbo, riguarda<br />

le tre grafiti acquerellate tratte da Pescatori di reperti, una grande opera in dieci pannelli dedicata ai Beni archeologici<br />

e prodotta a quattro mani con Francesco Pintaudi; un omaggio chiaro ed esplicito al luogo e al pregio storico-artistico<br />

che esso rappresenta. L’accezione, nel caso specifico, è l’azione ludica che ne consegue, la sdrammatizzazione della<br />

memoria che qui diventa frivola, leggera, disinvolta. Un segno-forma di pesci “divertiti” che dialoga “impertinente” con<br />

la linea certosina dei reperti del passato, rendendo “vivi” questi ultimi. Un richiamo, hic et nunc, al linguaggio dell’arte<br />

contemporanea che non vuole essere irriverente nei confronti della storia ma piuttosto tende a dipanarne il tempo vetusto<br />

in pillole leggere di simpatica ironia.


L’OSPEDALE DELL’ARTE APRE LE SUE PORTE<br />

Alla scoperta di tele, ceramiche e sculture<br />

Mostre, concerti, conferenze, incontri, visite ai laboratori: un programma rivolto<br />

a scolaresche e visitatori curiosi di conoscere come funziona il mondo che si occupa<br />

di salvare le opere d’arte.<br />

Varchi un cancello e ti ritrovi sotto soffitti affrescati che da fuori neanche t’immagini. Poi entri e scopri microscopi, tele<br />

e cavalletti, strumenti e resine: tutto un mondo che è dedito al salvataggio delle opere d’arte. Siamo al Centro Regionale<br />

per la Progettazione e il Restauro ospitato, praticamente da sempre, a Palazzo Montalbo, alle spalle del porto:<br />

qui hanno sede tutti i laboratori scientifici e specialistici in cui si recuperano manufatti, tele e carte. Da oggi il Centro<br />

aprirà le porte alle scuole e ai visitatori.<br />

Su spinta della direttrice Enza Cilia Platamone, e con l’aiuto del direttore artistico Giuseppe Di Franco, il Centro si è<br />

dato una “ripulita” e si è messo in mostra, per raccontare la Sicilia attraverso arte e tradizioni. Fino al 27 novembre,<br />

Nei luoghi della Storia, promossa dall’Assessorato Regionale ai Beni Culturali, apre i battenti incontrando i protagonisti<br />

e inaugurando due mostre, La ceramica siciliana tra memoria e progetto e Le atmosfere incantate del suono e del<br />

colore. Alla prima, coordinata da Patrizia Italiano, partecipano diciotto ceramisti provenienti dai maggiori centri di produzione<br />

figulina in Sicilia (Caltagirone, Sciacca, Santo Stefano di Camastra, Burgio). Le atmosfere incantate del suono<br />

e del colore presenta invece le tele di Gery Scalzo, Fabrizio Costanzo e Manlio Giannici.<br />

“La visita al Centro permetterà di scoprire come si lavora nei laboratori”, spiega Enza Cilia. Giuseppe Di Franco ha<br />

invitato anche alcuni musicisti: oggi è previsto il concerto Un viaggio nella musica con i soprani Francesca Mazzara e<br />

Federica Faldetta e il tenore Fabrizio Corona, accompagnati da Alessandro Librio (violino) e Salvatore Scinaldi<br />

(pianoforte). Domani, la conferenza La Via del Molo e la Dimora Storica di Palazzo Montalbo – il gusto per il bello,<br />

mentre nella giornata conclusiva si svolgerà la tavola rotonda Report sulla Ceramica tra memoria e progetto.<br />

Un passo indietro ed eccoci alla scoperta del luogo: Palazzo Montalbo è stato costruito tra il 1567 e il 1590, per volontà<br />

del viceré Garcia de Toledo, sul Molo Nuovo di Palermo, considerato l’Ottava meraviglia del Mondo per la sua<br />

estrema modernità ingegneristica. Quasi quattrocento anni dopo sarà questo uno dei luoghi più bombardati della città:<br />

resteranno in piedi soltanto l’Arsenale smirigliano, la Via dei Marchesi De Gregorio, l’ex Quinta Casa dei Gesuiti al<br />

Molo e l’attiguo Palazzo del duca di Montalbo...<br />

Simonetta Trovato - Giornale di Sicilia – Palermo, 17 novembre 2015


CERAMICA, ARTE E MUSICA PER RACCONTARE LA SICILIA: MOSTRA A PALERMO<br />

Ceramica, pittura e musica per raccontare la Sicilia attraverso la sua arte e le sue tradizioni, in uno storico edificio che<br />

apre le porte per mostrarsi in tutta la sua bellezza. Oggi a Palermo è stata presentata la terza edizione della manifestazione<br />

artistica e musicale Nei luoghi della Storia. Un viaggio tra arte, storia e cultura, che si svolgerà a Palazzo Montalbo<br />

- sede del Centro Regionale per la Progettazione ed il Restauro - dal oggi e fino al 27 novembre, kermesse direttamente<br />

promossa dall'Assessorato Regionale dei Beni culturali e dell'Identità Siciliana.<br />

La rassegna prevedrà, martedì 17, la cerimonia di apertura con la partecipazione di Carlo Vermiglio, Assessore Regionale<br />

dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana; Gaetano Pennino, Dirigente Generale del Dipartimento dei Beni Culturali e<br />

dell’Identità Siciliana; Enza Cilia Platamone, Direttore del Centro Regionale per la Progettazione e il Restauro; Giuseppe<br />

Di Franco, presidente dell’Associazione Culturale Quadrelle, regista e direttore artistico della manifestazione; Patrizia<br />

Italiano, coordinamento e organizzazione sezione ceramica; Vincenzo Merlo, curatore sezione ceramica e Gery Scalzo,<br />

coordinatore della mostra di pittura. Presenterà la giornalista Licia Raimondi.<br />

A seguire l'inaugurazione delle due mostre: La ceramica siciliana tra memoria e progetto e Le atmosfere incantate del<br />

suono e del colore. All'esposizione di ceramica parteciperanno 18 artisti, ognuno con una propria opera, provenienti dai<br />

vari centri siciliani che hanno fatto scuola e che vantano lunga tradizione, come Caltagirone, Sciacca, Santo Stefano di<br />

Camastra, Burgio. I 18 artisti, ognuno attraverso peculiari percorsi di tradizione, ricerca e innovazione, offriranno un quadro<br />

variegato di espressioni, capace di fare della Sicilia una delle regioni d'Italia più ricche di identità creative. Una trentina,<br />

invece, le opere pittoriche che saranno esposte dagli artisti Gery Scalzo, Fabrizio Costanzo e Manlio Giannici.<br />

“Questa è per Palazzo Montalbo una significativa occasione per fondere arte e cultura, un'iniziativa frutto della sinergia<br />

con l'Assessorato regionale che ci permetterà, grazie al coinvolgimento delle scuole che verranno a visitare non solo le<br />

mostre ma anche i nostri laboratori di restauro, di trasmettere questo sapere. La ceramica è bella come una tela, vinca<br />

sempre la bellezza”, ha detto nel corso della presentazione il direttore del CRPR, Enza Cilia Platamone.<br />

“Ringrazio l'Assessorato regionale che ha permesso la realizzazione del progetto, figlio di un excursus professionale che<br />

risale al 2002. Questa rassegna è forse l'unica che unisce tre forme d'arte come ceramica, pittura e musica”, ha spiegato<br />

il direttore artistico Giuseppe Di Franco.<br />

Nei luoghi della Storia prevedrà anche il concerto di musica classico-lirica Un viaggio nella musica, con Francesca<br />

Mazzara (soprano), Federica Faldetta (soprano), Fabrizio Corona (tenore), Alessandro Librio (violino), Salvatore Scinaldi<br />

(pianoforte), concerto offerto dalla Fondazione Accademia Filangeri.<br />

Domani in programma la conferenza La Via del Molo e la Dimora Storica di Palazzo Montalbo - Il gusto per il bello, mentre<br />

nella giornata conclusiva, venerdì 27, si terrà la tavola rotonda Report sulla Ceramica tra memoria e progetto.<br />

Nei luoghi della Storia - Tele Giornale di Sicilia - Palermo, 17 novembre 2015 / L’inchiesta Sicilia - Palermo, 18 novembre 2015.


NEI LUOGHI DELLA STORIA<br />

Un viaggio tra Arte, Storia e Cultura<br />

Momenti vari della manifestazione<br />

Palazzo Montalbo - Palermo, 17 – 27 novembre 2015


PITTURA DI SOGNI E DI MISTERI A PALAZZO MONTALBO DI PALERMO<br />

Blog di Francesco Scorsone - Palermo,17 novembre 2015<br />

Le atmosfere incantate del suono e del colore è il titolo dell'evento ideato e curato da Gery Scalzo. Suo è il testo di seguito<br />

per la mostra di pittura che si svolge a Palermo, nel Centro Regionale Progettazione e Restauro di Palazzo Montalbo<br />

dal 17 al 27 novembre 2015. Gli artisti invitati fanno parte di quel gruppo che ha visto la loro espressione pittorica<br />

legata ai concerti curati dal maestro Di Franco: dal concerto spiritual, eseguito nel lontano 2002 nella chiesa di San Francesco,<br />

alle esposizioni e ai concerti realizzati nelle dimore più prestigiose dell’entourage palermitano. Oggi, Palazzo<br />

Montalbo, Sede Regionale per la Progettazione e il Restauro, tra le iniziative atte a promuovere arte, storia e cultura,<br />

propone la rassegna Nei luoghi della Storia e ospita un’esposizione di ceramiche antiche, un concerto di musica classica<br />

e una mostra di pittura dei maestri Gery Scalzo, Fabrizio Costanzo e Manlio Giannici, artisti dal respiro internazionale per<br />

le numerose esposizioni all’estero e per i riconoscimenti di prestigio.<br />

Nelle opere di Gery Scalzo, una nuova vista si apre sul “mondo”, dove lo spettatore diventa anche attore e viceversa,<br />

uno spettatore che entra nell’opera alla maniera di Akira Kurosawa, interpretando le emozioni dell’artista per condividere<br />

e coltivare lo stesso sogno. Le molteplici sfaccettature dei piani ribaltati e le geometrie “innamorate” congelano i paesaggi<br />

della memoria in una composizione che non dimentica la forma originaria e che, nella sua metamorfosi, intende ricreare<br />

l’emozione di una realtà rappresentata nella quale il dominio degli azzurri e dei verdi si scioglie in atmosfere incantate<br />

dove il colore e l’emozione, diventano canto e poesia. Nella pittura di Fabrizio Costanzo, le architetture del sogno contengono<br />

volte dai cieli stellati mentre il fato insegue il mito, sublimandolo nel racconto filiforme del segno. Le efflorescenze<br />

si aprono a labirinti onirici da cui nascono frattali di una memoria che si addensa nei particolari, fagocitando lo spazio<br />

nelle piccole costruzioni, nei bagli, nei paesaggi, negli oggetti, dove il gioco delle tonalità calde si sposa con il chiarore di<br />

una pallida luna, in un rimando metafisico nel quale la rappresentazione cristallizzata coagula la memoria: unico patrimonio<br />

dell’uomo nell’unica stagione della vita: il tempo. Nelle opere di Manlio Giannici, la fantasia e l’introspezione, collaborando<br />

con l’identità della forma, produce, in maniera evidente, metafore e simboli di una realtà dai risvolti psicologici.<br />

Mi piace riportare un pensiero di Giannici: “A volte è utile vedersi dentro, leggersi e amarsi e poi….nell’immenso, volare”.<br />

Questo concetto liberatorio presente in moltissimi autori, in Giannici diventa azzurra espressione dei silenzi negli abissi<br />

marini, dove la quiete e la bellezza tengono sospesa l’anima del fruitore appagando, in parte, la voglia d’infinito, sollecitandolo<br />

ad andare “oltre”, al di là della siepe, dove “il naufragar m’è dolce” dice il poeta, e questo andare oltre “m’illumina<br />

d’immenso” sottolinea Ungaretti. Ma la voglia d’infinito cede alla paura e gli opposti suggeriscono all’artista il risvolto della<br />

medaglia - “uomo sei ancora quello della fionda e della pietra” - afferma Quasimodo. Ancora una volta, la solitudine<br />

dell’uomo, solo con se stesso, produce interrogativi ed enigmi. Nascono, così, le opere dai temi: animale uomo, piccolo<br />

uomo, grande uomo, uomo marionetta, uomo chi sei, da dove vieni. La metafora continua a tessere storie e l’uomo a<br />

guardarsi dentro, forse solo per trovare le proprie radici e per continuare ad esistere.


Nei Luoghi della Storia: un viaggio tra Arte, Storia e Cultura<br />

Momenti vari della manifestazione<br />

Palazzo Montalbo - Palermo, 17 – 27 novembre 2015


Nei Luoghi della Storia: un viaggio tra Arte, Storia e Cultura<br />

Momenti vari della manifestazione<br />

Palazzo Montalbo - Palermo, 17 – 27 novembre 2015


A PALERMO, A PALAZZO MONTALBO, L’<strong>IN</strong>IZIATIVA NEI LUOGHI DELLA STORIA<br />

Tele e ceramiche a Palazzo Montalbo, sede del Centro Restauro della Regione Siciliana. In mostra, per dieci giorni, i<br />

quadri di Gery Scalzo, Fabrizio Costanzo e Manlio Giannici e poi dibattiti e concerti – previsto anche un incontro sulle<br />

tecniche di recupero con esperti del Centro di Restauro e poi un report sulla ceramica dalla tradizione di Burgio a quella<br />

di Caltagirone passando per il collezionismo contemporaneo della casa-museo palermitana Stanze al Genio e della Fiumara<br />

d’Arte di Antonio Presti a Marina di Tusa. Numerosissimi gli artisti presenti Nei Luoghi della storia - si chiama così<br />

l’iniziativa curata da Giuseppe Di Franco - il quale afferma “La manifestazione nasce per la valorizzazione dei siti storicomonumentali<br />

poco conosciuti di Palermo dove realizzare iniziative artistico-culturali e musicali, accomunando varie tipologie<br />

di espressioni artistiche. Sono stati così coinvolti tre noti pittori siciliani – Gery Scalzo, Fabrizio Costanzo e Manlio<br />

Giannici – e i ceramisti (in rappresentanza delle varie scuole) coordinati da Patrizia Italiano; in più, all’interno di questo<br />

progetto, è stato dedicato uno spazio alla musica con la presenza di artisti siciliani: proprio ieri c’è stato qui, a Palazzo<br />

Montalbo, un concerto di musica classica e classico-lirica che ha registrato un pubblico numeroso e un successo strepitoso”.<br />

RAI3 – Davide Camarrone – TGR del 19 novembre 2015<br />

PALAZZO MONTALBO: CERAMICHE E TELE RACCONTANO LA SICILIA<br />

Ceramica e pittura per raccontare la Sicilia attraverso la sua arte e le sue tradizioni, in uno storico edificio che apre le<br />

porte per mostrarsi in tutta la sua bellezza. Le due esposizioni che sono state organizzate nell’ambito della Terza edizione<br />

della manifestazione artistica e musicale Nei luoghi della Storia sono: “La ceramica siciliana tra memoria e progetto” e<br />

“Le atmosfere incantate del suono e del colore”. All’esposizione di ceramica partecipano 18 artisti, ognuno con una propria<br />

opera, provenienti dai vari centri siciliani. Una trentina, invece, le opere pittoriche esposte dagli artisti Gery Scalzo,<br />

Fabrizio Costanzo e Manlio Giannici.<br />

Giornale di Sicilia – Palermo, 25 novembre 2015


Occasioni di dialogo con gli artisti<br />

Fabrizio Costanzo, dalla metà degli anni Novanta cura una serie di iniziative<br />

culturali, pianificando progetti espositivi particolarmente impegnativi.<br />

In generale, in quegli anni, l’aspetto intellettuale - insieme a quello<br />

politico - connotava spesso le singole attività creando fermenti ed entusiasmi<br />

oggi impensabili. Erano appunto, “tempi d’azione” in cui gli artisti<br />

si riunivano, riscuotevano consensi, agivano, consumavano le idee dando<br />

forma a progetti che poi traducevano in mostre a costo zero.<br />

Nella sezione Occasioni di dialogo con gli artisti, Fabrizio Costanzo si<br />

confronta con le loro ideologie e problematiche. Scrive testi, presenta<br />

artisti, ma soprattutto “vive” dall’interno le situazioni calde di quegli anni.<br />

Oggi, luoghi, tempi e modalità di confronto sono assai diversi. Una parte<br />

degli artisti ha camminato con l’autore, conquistando gli eventi attraverso<br />

le vicissitudini de La Sinopia, altri hanno percorso la strada più comoda<br />

del Sanpaolo Palace Hotel (per breve tempo) dove le mostre sono<br />

state supportate da un’organizzazione alberghiera ben strutturata che<br />

ha ammorbidito e facilitato le singole fasi di realizzazione dei progetti<br />

espositivi (peraltro curate insieme a Francesco Pintaudi). L’ultima fase<br />

(quella attuale) è un caso a sé, unico nel suo genere. La mostra Graffiti,<br />

progettata con Massimo Coraci e condivisa dal compianto Francesco<br />

Carbone, presenta una fase ideativa ed uno sviluppo operativo dinamico<br />

e permanente, ampiamente copiato successivamente da altre strutture e<br />

non solo turistiche. Qui le occasioni di dialogo con gli artisti si sono generate<br />

e sviluppate a stretto contatto, dentro un congegno ben rodato e<br />

con un’organizzazione di base che ha sempre offerto linfa vitale per lo<br />

sviluppo degli eventi. Tutto ciò testimonia la diversa natura degli scritti di<br />

Fabrizio Costanzo - intensi, accorati e vissuti alcuni, più asettici altri.<br />

Infine i testi etichettati prodotti per artisti di caratura - ma che non hanno<br />

condiviso un percorso di vita con l’autore - hanno chiuso il cerchio delle<br />

esperienze letterarie aprendo invece il fronte delle considerazioni e dei<br />

ripensamenti personali. Una società che non soffre e che non combatte<br />

non genera crescita culturale ma isole. Gli artisti oggi riflettono una crisi<br />

sociale, politica ed economica insanabile, che apparentemente produce<br />

i colori della globalizzazione ma che in realtà riflette il grigio delle identità.<br />

In campo artistico si organizzano meno mostre e si hanno meno occasioni<br />

di dialogo. Il fermento degli anni Novanta (l’ultimo colpo di coda<br />

della società) non esiste più ed ogni artista datato percorre la propria<br />

strada portando nel cuore le battaglie condotte e condivise intensamente,<br />

ma che le nuove generazioni - attraversando luoghi e tempi culturali<br />

differenti - sconoscono.


E’ sintomatico considerare che, in un momento storico e caotico come il<br />

nostro, connotato da gravi problematiche e da quesiti irrisolti, la maschera<br />

si pone oggi in tutta la sua valenza…e ambiguità, identificandosi con la<br />

società che la partorisce, dichiarandosi al contempo identità e non, verità<br />

e bugia.<br />

MASCHERE E SOCIETA’<br />

Roberto Cavallaro<br />

Siamo alla disperata ricerca di una credibilità per capire noi stessi, per<br />

sopravvivere all’interno della realtà quotidiana.<br />

La maschera di Roberto Cavallaro ci dice ciò che non è…ma che vorrebbe<br />

essere nel corso di un determinato tempo, a volte nel corso della<br />

stessa giornata: basti pensare a tutta la vasta gamma di stati sociali, o<br />

semplicemente a come cambia il nostro umore a distanza di pochi minuti.<br />

Maschera in senso lato quindi, intesa come espressione camaleontica<br />

del nostro stesso viso, come anima-spia dei nostri sentimenti.<br />

Tutto ciò ed altro ancora riassume la maschera, mito e sregolatezza,<br />

connotazione storica ben definita o semplice divertimento di carnevale,<br />

identità e, in definitiva, specchio di se stessa…<br />

Fabrizio Costanzo / Maschere e società - personale di Roberto Cavallaro<br />

Addaura Hotel – Palermo, luglio 1999<br />

Occasioni di dialogo con gli artisti


Magia, odori, colori si disseminano nell’aria.<br />

DENTRO LA PELLE<br />

Roberto Cavallaro<br />

Occasioni di dialogo con gli artisti<br />

Strane figure tribali in guisa di maschere interagiscono con lo sfondo, si<br />

rivelano in uno scenario artificioso. Un caleidoscopio di forme dipinte a<br />

grandi linee, con genuina originalità, si dispone sul supporto di juta, legno<br />

o tela. Poi, scendendo nel dettaglio, gli elementi si moltiplicano, le<br />

trame s’infittiscono: segni astratti creano improbabili giochi fino a conformare<br />

figure reali; altre volte è la materia stessa a parlare, configurandosi<br />

nella sua essenzialità con tutte le insite potenzialità, spiegandoci il linguaggio<br />

della vita e della morte, del caos e della quiete, del giorno e della<br />

la notte, di come l’uomo, nell’era del computer, si misura con se stesso.<br />

…Le maschere e le pitture di Roberto Cavallaro, nelle quattro stanze qui<br />

presentate, pur vivendo la sostanza psicologica di un’area geografica<br />

ben definita, si confrontano costantemente e in sinergia con il linguaggio<br />

contemporaneo delle maschere odierne: il punk, il poliziotto, il tifoso,<br />

l’intellettuale ecc. sono il prodotto di un universo che vive nella sua ambiguità<br />

oggi come ieri e che qui è analizzato sistematicamente dal punto<br />

di vista psicologico ed emozionale.<br />

Nella maschera, in sostanza, convivono il bene e il male, il quotidiano<br />

indagato nella sua essenza ambivalente, felice e dolorosa, esprimibile<br />

ed inesprimibile: gioco dell’immaginario e intelligenza semiologia che<br />

inseguendo le orme del pensiero traducono il codice della vita…<br />

Fabrizio Costanzo / Dentro la pelle - personale di Roberto Cavallaro<br />

Travelcafè – Palermo, maggio 2000


Tre autori, tre generazioni, tre modi di porsi nell’ambito artistico e di forgiare<br />

la materia eletta: il ferro.<br />

COL FERRO<br />

Nicola Busacca<br />

Giusto Sucato<br />

Totò Vitrano<br />

Occasioni di dialogo con gli artisti<br />

Col ferro, Nicola Busacca, il più giovane, ma con una preparazione<br />

accademica alle spalle, sintetizza i modelli che la natura offre individuando<br />

l’elemento specifico su cui concentra la sua attenzione, esaltando<br />

forma e contenuti, configurando composizioni all’interno di spazi ben<br />

definiti, misurati: una visione chiara e cristallina, perfettamente consapevole<br />

dei limiti e delle potenzialità della materia, esaltante per altri versi,<br />

un percorso artistico depurato da tutte le sostanze inquinanti della realtà,<br />

da quelle contaminazioni che spesso legano alla mimesi della natura.<br />

La purezza formale ricercata non trascura però gli aspetti estetici, psicologici<br />

e sentimentali della materia che, nel farsi opera, sintetizza i processi<br />

di nascita, crescita e stabilizzazione: è allora che solitamente Busacca<br />

buca l’elemento per carpirne la sostanza e pervenire all’assoluto<br />

impalpabile, come nel caso del trittico Aria. L’oculatezza del processo<br />

ideativo e la capacità di discernimento degli elementi inoltre, si contestualizzano<br />

e si amalgamano in una assoluta identità espressiva, ritrovando<br />

l’assioma ben definito in un insieme linguistico puro e coerente,<br />

che riassume e definisce l’iter procedurale.<br />

Col ferro, Giusto Sucato, “madrenatura”, plasma i suoi oggetti reali o<br />

surreali, entrando in simbiosi con i prodotti della terra che cerca, trova e<br />

colloca nel suo iter creativo. La sua è una continua battaglia contro l’inutilità<br />

oggettuale. I segni che l’uomo lascia nei luoghi sono quelli della<br />

memoria, paradigma della storia: simbolici, solari, arcani…sono tracce<br />

indelebili del suo cammino - del passato che ci ha lasciato - e che Sucato,<br />

oggi, raccoglie e manipola con una gestualità senza confini. Nella<br />

sua produzione ogni cosa è descritta ma impensabile, lecita ma dissacrante:<br />

i libri-oggetto, le sedie-omaggio, le scritture con chiodi, i pannelli<br />

polimaterici…tutto si identifica nella sua tabula visionaria…I materiali<br />

usati e riciclati (ferro, legno, cuoio, gesso, canne, carta, chiodi, garze ed<br />

altro) hanno pari dignità, appartenendo ad un universo contaminato in<br />

cui la povertà e la preziosità degli elementi non sono fattori discriminanti<br />

all’interno del processo creativo.<br />

Col ferro, Totò Vitrano, oculato e ironico, realizza strutture leggere che<br />

libera nello spazio sfidando le leggi di gravità. La lamiera è come un<br />

foglio di carta, una morbida stoffa merlettata pronta per essere disegnata<br />

o ricamata, tarlata nell’anima e nella mente, apparentemente debole<br />

fisicamente ma forte nell’anima e nella psiche. Ben nota è l’ironia nel<br />

trattare i temi delle sue opere: penso, ad esempio, a quelle piantine naturali<br />

da innaffiare amorevolmente, bisognose d’affetto e, in generale, a<br />

tutta la sua vasta produzione di natura vegetale e animale. E’ lo spirito<br />

libero che prevale sulle leggi del creato, la vita che supera la morte, il


gioco che diventa serio nel suo farsi regola. L’approccio al ferro è specifico,<br />

pieno e totale, senza compromessi. La sintesi strutturale, scevra da<br />

canoni puramente accademici, è una ricerca intelligente e costante che<br />

genera ritmi, vibrazioni profonde e sonorità espressive.<br />

Simbiosi, osmosi, giochi di linee, superfici e volumi s’intrecciano nella<br />

dimensione atemporale dei tre autori, dando allo spettatore un senso di<br />

attrazione e di stupore. La materia, apparentemente inerte e incolore,<br />

improvvisamente cambia pelle, si anima, acquista significati pregnanti,<br />

si mostra camaleontica, docilmente ammaestrata dalle loro mani esperte.<br />

Ancora, scendendo nel dettaglio, la materia stessa, letta e compresa,<br />

esaltata nel suo valore artistico e simbolico, evidenzia le trame, i colpi di<br />

martello, i fori del trapano, le saldature, le scintille: l’artista infervorato<br />

dialoga con il ferro manipolandolo, ponendo l’impronta, artefice del proprio<br />

destino. La scultura, mestiere nobile e difficile, misura, attimo per<br />

attimo, le qualità dell’artista, impegnandolo totalmente nella sua competenza<br />

bidimensionale e tridimensionale. Attraverso un lavoro complicato<br />

(stressante fisicamente e psicologicamente) lo scultore definisce il Sublime<br />

che vi è nell’arte del porre, come sosteneva il superbo Michelangelo,<br />

ma anche nell’arte del bucare, del fondere, dell’assemblare…<br />

Fabrizio Costanzo / Col ferro - personale di Nicola Busacca, Giusto Sucato, Totò Vitrano<br />

Addaura Hotel Residence Congressi – Palermo, lug./ago. 2001<br />

COL FERRO<br />

Nicola Busacca<br />

Giusto Sucato<br />

Totò Vitrano<br />

Occasioni di dialogo con gli artisti


In pittura, occorre confrontarsi di continuo con la realtà ed aver chiari i<br />

vari elementi: tecnica d’esecuzione, composizione, anatomia, sistemi di<br />

rappresentazione, struttura e percezione del linguaggio visivo, psicologia<br />

e pregnanza della forma, e ancora, grande sensibilità, adeguata<br />

preparazione culturale e una buona dose d’ironia, quella che anima e<br />

rende libero l’oggetto rappresentato, che si concede all’inventiva e<br />

all’umore di chi intende gustare con gli occhi.<br />

ARRIVEDERCI EVA<br />

Eva Warnke<br />

Occasioni di dialogo con gli artisti<br />

Proviamo ora ad entrare dentro un trompe-oeil di Eva Warnke: ad un<br />

primo sguardo superficiale troviamo una minuziosa descrizione di elementi<br />

tratti dalla realtà, tecnica abilissima e realismo puro…gli oggetti<br />

raffigurati recitano, intrecciano un intimo rapporto, entrano in simbiosi<br />

con lo spazio virtuale descritto, dialogano tra loro e con lo spettatore:<br />

una parete, un tavolo antico, un oggetto quotidiano alcune volte ci portano<br />

verso una situazione familiare, già nota, attraente…altre volte, gli<br />

stessi elementi sembrano perdersi in una dimensione infinita e indefinita,<br />

imprigionati entrambi nella capacità manipolativa dell’artista, in quel<br />

suo modo così dolce e così autoritario di dimostrare padronanza descrittiva<br />

e sensoriale…<br />

Fabrizio Costanzo / Arrivederci Eva - personale di Eva Warnke<br />

Bottega di Hefesto – Palermo, novembre 2002


Un luogo nel mondo: il San Basilio a Palermo.<br />

FORMA MENTIS<br />

Fabio Mattaliano<br />

Una pittura eterna, un’atmosfera significativa: il silenzio…L’aspetto comunicativo,<br />

nelle opere di Fabio Mattaliano, sembra sconfinare nel sacrale,<br />

in una dimensione metafisica, fuori dal tempo e dallo spazio, sospesa<br />

nell’aria, eterea…Il segno delinea la composizione dell’opera,<br />

diventa sogno, pur all’interno di un cromatismo strutturale. L’architettura<br />

dipinta esula il vero significato costruttivo…leggera, impalpabile, pensiero.<br />

Nella dimensione realistica assume una connotazione psicologica<br />

introspettiva, fortemente ieratica. Questo non senso, esprime il senso di<br />

una pittura sempre protesa verso l’aspetto immaginativo, sublime al<br />

tempo stesso. Architravi, fregi e cornici, intere trabeazioni o semplici<br />

dentelli, sono in realtà la ricerca di matrici geometriche pure, quadrati,<br />

rettangoli, triangoli e cerchi non viziati dalla forma esperienziale.<br />

Artifex ludens sicut Deus, nel meccanismo ludico il pittore-architetto<br />

controlla le forme giocando come un Dio, manipolando la sua macchina<br />

scenica, apparentemente elementare nel sistema percettivo, assolutamente<br />

complessa nell’assetto ideologico e nel costrutto psicologico, di<br />

difficile descrizione verbale, evocativa.<br />

Occasioni di dialogo con gli artisti<br />

Ho visto un luogo che era la mia vita, e sui suoi muri ho appeso i miei<br />

sogni. Ancora…Colori, forme, spazi…sono entità che ci raggiungono al<br />

limitar della pelle e lì diventano sensazioni, emozioni, umori…così l’artista,<br />

tra le righe, sintetizza il suo pensiero, evidenziando un canale comunicativo<br />

poliedrico, formato da sensazioni visive (le idee che si tramutano<br />

in immagini) e scritture (le idee che si tramutano in messaggi) entrambe<br />

facce della stessa medaglia, inscindibili, bisognose ognuna<br />

dell’altra, e per questo, interagenti e interessanti. La ricerca qui condotta<br />

incuriosisce, lambisce la memoria, si proietta nel futuro consapevole del<br />

suo obiettivo finale. Narra il libro della Genesi che Dio, per prima cosa,<br />

creò la luce e solo dopo, il cielo, il sole, le stelle e i pianeti. La luce, come<br />

ricerca e come certezza ha il potere di definire gli elementi del mondo<br />

naturale, di delinearne le forme scivolando su di esse, accarezzandone<br />

le asperità. Luce indagatrice, quindi, come essenza, chiarezza,<br />

qualità, verità, direzione, intensità, composizione, gioco fisico introspettivo,<br />

Forma mentis, appunto, disegnata, voluta e narrata dagli uomini per<br />

gli uomini o per un’entità divina. Nel gioco strutturale ed in quello mentale<br />

ha sede la storia e qui, all’ex monastero di San Basilio, la memoria è il<br />

quid psichico per potere capire il logos umano: nella ricerca d’intenti<br />

l’atmosfera crea il silenzio, il silenzio crea l’atmosfera.<br />

C’è un luogo nella mente …<br />

Fabrizio Costanzo / Forma Mentis - personale di Fabio Mattaliano<br />

miostudio.it – Palermo, gennaio 2004


DEL LUCIDO IMMAG<strong>IN</strong>ARE<br />

Achille Lugaro<br />

Occasioni di dialogo con gli artisti<br />

Gli oggetti di Achille Lugaro sono rappresentati con lucida cognizione,<br />

inseriti con cura all’interno del quadro compositivo. Ogni elemento, minuziosamente<br />

descritto, appare nel luogo più congeniale, in attesa, mimando<br />

il gioco del silenzio di antica memoria. L’osservazione nasce<br />

da un costrutto ideologico, un citazionismo filosofico, psichico e morale<br />

che pone l’uomo al centro dell’universo (e della rappresentazione), anche<br />

quando egli è assente. Lugaro pone l’uomo solo davanti al creato,<br />

consapevole però della possibilità che egli ha nel gestirlo e dominarlo<br />

con la sola forza del pensiero. Con chiarezza, riaffiorano i grandi filosofi<br />

del passato che hanno descritto l’animo umano nella sua condizione<br />

introspettiva - come Platone e Aristotele, o in rapporto alla dimensione<br />

ordine-caos, come Empedocle, o ancora, più recentemente, hanno studiato<br />

il dramma esistenziale dell’uomo, come Kierkegaard… Il lucido<br />

immaginare di Lugaro è la descrizione attenta e puntuale della condizione<br />

contraddittoria e mutevole dell’uomo, intrisa d’enigmi e d’introspezioni,<br />

di limiti e di potenzialità… è l’acuta rappresentazione dell’uomomisura<br />

dechirichiano, sospeso nella dimensione psico-atmosferica, al di<br />

là del tempo e dello spazio. L’artista è l’oracolo della sua generazione,<br />

che guida l’uomo nella ricerca, che sentenzia e predice il futuro, ma è<br />

anche il demiurgo che plasma le idee, l’architetto che costruisce lo spazio;<br />

le tre condizioni determinano una dimensione rappresentativa priva<br />

d’aria, vento e sole, un ecosistema impossibile da modellare dove solo<br />

la mente può vivere e sviluppare il suo habitat.<br />

Parametri fondamentali di lettura dell’opera di Lugaro sono la memoria e<br />

la capacità immaginativa che, vagando nel campo delle idee, assumono<br />

l’aspetto e la connotazione di specifici costrutti psichici. La prima ci ricorda<br />

che l’uomo è parte integrante del creato, direttamente collegato alle<br />

nozioni di percorribilità spazio-temporale. Un filo rosso congiunge la sua<br />

esistenza a quella dei suoi avi intersecando concetti di storia, arte e<br />

religione. Ciò è condizione necessaria ma non sufficiente per spiegare<br />

dimensione, condizione e punto di partenza dell’uomo. L’immaginazione<br />

- secondo parametro di lettura - ci riporta invece all’universo uomo in<br />

termini di potenzialità esplicativa, fuori dai canoni usuali, dove la capacità<br />

immaginativa è esercitata, incanalata e supportata all’interno di una<br />

lucida analisi progettuale. Immaginare non è come fantasticare: l’elaborazione<br />

della forma, traducendo le normali ambientazioni in sottesi significati,<br />

amplia il dato puramente visivo. In alcuni casi, la ricerca, particolarmente<br />

raffinata, lambisce la sfera spirituale ed emozionale individuando<br />

e interpretando tematiche filosofiche specifiche di grande effetto.<br />

Fabrizio Costanzo / Del lucido immaginare - personale di Achille Lugaro<br />

Annuario d’Arte Moderna A.C.C.A. (Roma) 2004


Il concetto di linea nel campo delle arti visive è, per sua natura, particolarmente<br />

esteso, perché abbraccia l’intera figurazione spazio-temporale<br />

dell’essere umano e si connota di riferimenti storici, interpretativi, compositivi<br />

e simbolici diversi in ogni epoca. Il primo elemento espressivo fu il<br />

graffito, in seguito campito con il colore che, traducendo il gesto puro<br />

dell’uomo preistorico, propose un’iniziale forma di comunicazione con<br />

caratteri descrittivi e magico-propiziatori autonomi.<br />

STRUTTURA E PENSIERO<br />

Antonella Affronti<br />

Occasioni di dialogo con gli artisti<br />

La lettura della linea, come contorno proiettivo delle figure, fu un criterio<br />

successivo che stabilì un’ulteriore tappa evolutiva di pensiero nei confronti<br />

degli uomini preistorici e delle antiche culture in generale. Queste<br />

ultime, attribuendo alla linea (e quindi al segno) il carattere più estensivo<br />

di significante la connotarono attraverso diverse tecniche e intensità,<br />

assegnandole molteplici valori riguardanti soprattutto la sfera simbolica.<br />

Consapevole di tutto ciò l’uomo, in seguito (e fino ai nostri giorni) ha<br />

prodotto la linea soffermandosi sulla potenzialità del suo atto creativo,<br />

visualizzandola e inserendola nel variegato panorama artistico odierno<br />

dove la rivoluzione della concezione estetico-percettiva (sperimentazioni<br />

varie di materiali, contenuti, sistemi di rappresentazione ed altro) si è<br />

alternata a malinconici ritorni accademici.<br />

…La struttura del linguaggio visivo, campo delle esperienze fisiche, racconta<br />

il senso e l’essenza dello spazio dove linee, texture, luce e ritmo<br />

s’intersecano e si materializzano dipanandosi nel tempo. L’effluvio di<br />

linee, in un movimento di contrazione e dilatazione, pattina su una superficie<br />

irreale trasformando le linee-struttura in linee-pensiero...In un<br />

periodo storico di grandi e veloci comunicazioni il rischio fondato è quello<br />

di non potere o non sapere comunicare nella forma più incisiva, senza<br />

traslitterazioni, e di dimenticare magari l’autenticità e l’immediatezza di<br />

un discorso portato a buon fine…la linea, come ricerca interiore, è rappresentazione<br />

cardine dell’intero orientamento creativo (che fa tutt’uno<br />

con la coscienza)…dove ogni elemento cromatico o pseudo-figurativo<br />

gioca il proprio ruolo affettivamente…<br />

Per Antonella Affronti, la linea è sinonimo di regola e libertà, mimesi<br />

fisica, psichica e concettuale o semplicemente pensiero, un filo rosso<br />

che, attraversando il filtro della memoria, giunge inesorabile fino ai nostri<br />

giorni, sviluppando concetti storico-sociali e affettivo-emozionali globali,<br />

inerenti l’intero percorso della storia umana.<br />

Fabrizio Costanzo / Struttura e pensiero - personale di Antonella Affronti<br />

Lulapalusa Art Cafè – Palermo, 18 gennaio 2004


LA SPIRITUALITA’ DELL’ESSERE<br />

COME ATTIVITA’ <strong>IN</strong>TELLETTIVA<br />

Flora Schicchi<br />

Occasioni di dialogo con gli artisti<br />

Il ciclo dell’esistenza, attraverso le fasi di nascita-crescita-moltiplicazionemorte,<br />

trova il suo significato più profondo nell’attività intellettiva e culturale<br />

dell’uomo che, da particella del creato, si erge a creatore del mondo,<br />

strutturando se stesso e dando significato a tutte le cose…Nelle<br />

opere di Flora Schicchi, l’occhio umano percepisce l’oggetto della realtà<br />

instaurando con esso un rapporto sensoriale, emozionale ed estetico<br />

che si traduce in finzione scenica: mens e scaena s’incontrano in un<br />

tutt’uno, seppellendo la morte e dando significato alla realtà - rerum<br />

natura - nel turbinio del suo esistere…Il sentimento e la memoria giocano<br />

un ruolo fluidificante (anche se non esclusivo) nella concezione<br />

dell’artista, facendo sì che l’immagine si componga, nella sua genesi, tra<br />

finzione e realtà, carattere storico e reinvenzione…La rielaborazione,<br />

nella sua apparente semplicità, dona all’osservatore una moltitudine<br />

d’input, depistandolo in un primo momento, accompagnandolo successivamente,<br />

lungo un percorso coerente e sicuro: sono i viaggi dell’anima,<br />

in cui il senso dell’effimero nell’uomo è superato dalla profonda ricerca<br />

di se stesso, del perché delle cose, e in generale, del significato della<br />

vita.<br />

…La rappresentazione pittorica, all’interno di una visione bugiarda e<br />

ingannevole, contiene in nuce il dono del miracolo creativo, un’immagine<br />

insieme psichica e spirituale, altalenante tra incanto e disincanto.<br />

L’artista sente quest’impulso e lo traduce in materia, cogliendo l’invisibile<br />

energia della natura; gli elementi s’imprimono così nella retina<br />

della memoria, rientrando nella logica lirico-evocativa, avviando il meraviglioso<br />

gioco della tensione emozionale. Dentro un ritmo descrittivo ben<br />

calibrato, la Schicchi pone la ricerca di una natura positiva ed entusiasta,<br />

un’esperienza profonda e vibrante che s’incastona nella matrice<br />

introspettiva e riflessiva.<br />

In questo strano gioco caratteriale e di vita, le immagini del presente<br />

s’intersecano con quelle del passato - scrigni di ricordi - modellandosi<br />

dentro una rappresentatività creativa indice di approfondimenti iconologici<br />

e semiografici d’ampio respiro.<br />

Fabrizio Costanzo / La spiritualità dell’essere... - personale di Flora Schicchi<br />

Libreria Idiomi – Palermo, dic 2004 - intervista di Loredana Mormino per SICILIAUNO


Un libro significante sfoglia le sue pagine aprendo lentamente le immagini,<br />

offrendo agli altri il senso e la dimensione della vita. Il racconto<br />

contiene la trama di una quotidianità lucida, lineare, percorsa dal filtro<br />

della memoria. E’ l’immagine del nostro tempo, molle e decisa nel contempo,<br />

silente, impregnata di tanta sicilianità, vogliosa di confrontarsi<br />

con il mondo.<br />

IL QUOTIDIANO, FILTRO DELLA<br />

MEMORIA<br />

Giacomo Vizzini<br />

Occasioni di dialogo con gli artisti<br />

I protagonisti dei quadri di Giacomo Vizzini sono gli oggetti predisposti in<br />

un contenitore esperienziale fortemente caratteriale, astratto e impalpabile<br />

per un verso, descrittivo e lirico per un altro. Gli elementi in primo<br />

piano interagiscono con altri più lontani o con lo sfondo, entrano in simbiosi,<br />

riuniscono in un significato più significati, cercano altro, oltre. Un<br />

accordo equilibrato relaziona gli obblighi rappresentativi con l’emozione<br />

visiva, la tersezza morale con l’oculatezza sensoriale, la semplicità con<br />

la complessità d’approccio dell’iter culturale. Osservando le immagini si<br />

rimane imbrigliati nella riflessione, punto d’inizio e d’arrivo dell’incedere<br />

espressivo. Lo spazio virtuale contemporaneo è descritto con un’anima<br />

antica, valorizzando memoria e sentimento, tradizione e innovazione...<br />

Scendendo nel dettaglio, la macchina rappresentativa si svela: la struttura<br />

del colore (splendida quella corposa spatolata) e gli oggetti, intercalati<br />

e disposti dentro il ritmo compositivo dell’opera, dialogano con l’osservatore,<br />

generando un gioco di rimandi percettivi fortemente allusivo.<br />

Vizzini, approda all’unità visiva viaggiando nel tempo, fissando i concetti<br />

cardine all’interno di un’analisi percettiva acuta e profonda. La sua capacità<br />

immediata di cliccare sulla realtà genera uno scarto qualitativo che<br />

consegna all’osservatore un prodotto apparentemente statico, in realtà<br />

vivo ed espressivo nel turbinio fisico e mentale, istintivo e creativo, colmo<br />

d’affetto. In un quotidiano frenetico e caotico in cui si preferisce<br />

apparire più che essere, le immagini acquistano un significato profondo<br />

ed emozionale, fermano il tempo, generano calma e riflessione: la speranza<br />

di un nuovo giorno.<br />

La poetica, al di là del dato prettamente espressivo, diventa filosofia di<br />

vita, ricerca, linguaggio esistenziale di un crepuscolarismo colto dove<br />

l’oggetto, il gesto, la scenografia si dichiarano punto di partenza di un<br />

percorso-significante, che talvolta dice senza svelarsi: è allora che il<br />

reale diventa sensazione, parvenza, macchia-tessitura, trama di un percorso<br />

vitale che procede a metà tra logos e furor. L’artista supera il dato<br />

reale guardando il mondo dall’alto per poi immergersi in esso, definendolo<br />

nelle sue innumerevoli tessere, slegate e sfuocate, in un primo<br />

tempo, collegate e nitide, successivamente: immagine di vita.<br />

Fabrizio Costanzo / Il quotidiano, filtro della memoria - personale di Giacomo Vizzini<br />

San Giorgio dei Genovesi – Palermo, maggio 2005


DEL SEGNO, DELL’EQUILIBRIO<br />

Domenico Mezzatesta<br />

Occasioni di dialogo con gli artisti<br />

L’arte contemporanea, specchio-testimone della condizione storica odierna<br />

pone oggi nuove problematiche sotto il profilo espressivo, socioculturale,<br />

politico e produttivo. La moltitudine d’input, l’assetto segnico<br />

poliedrico e la sintassi evolutiva assolutamente inedite, sconvolgono le<br />

consonanze armoniche e gli equilibri già precari imponendo all’uomo di<br />

rivedere dimensione e ideologie secondo il nuovo stile di vita. Il motore<br />

di ricerca dell’arte, generatore di processi complessi e delicati, innesca<br />

così un meccanismo di strutture polimorfiche - all’interno della ricerca<br />

ideativa nuova e crescente - che sollecita e condiziona la sensibilità<br />

dell’artista. Siamo circondati da immagini pubblicitarie, sinonimi di vita<br />

accattivanti, che ci propongono modelli culturali fittizi frutto di una lettura<br />

asettica della realtà. In un contesto in cui alteriamo il rapporto significante-significato,<br />

non riusciamo più a decidere, siamo più vulnerabili.<br />

Giulio Carlo Argan, in una conferenza del 1973 alla Galleria Nazionale<br />

d’Arte Moderna di Roma, sosteneva che la crisi dell’arte aveva raggiunto<br />

un punto limite di non ritorno con la conseguente polverizzazione del<br />

sapere e la destabilizzazione dell’essere. Sostituiti i vecchi miti con i<br />

nuovi, l’uomo perseguiva l’estetica del bello, preferendo gli attributi alla<br />

sostanza…L’autonomia di una ricerca estetica oggi è ancora possibile. Il<br />

riscatto dell’arte può avvenire in termini di segno, colore, forma, svincolati<br />

dal sistema sociale condizionante. Immergendoci nella natura (e<br />

riscrivendone il codice di sopravvivenza) siamo in grado di ritrovare un<br />

ordine cosmico inalterato, riproponendo situazioni spaziali, psicologiche,<br />

gestuali e tecnologiche innovative…il punto cardine dell’orientamento<br />

creativo.<br />

E’ così che, in Domenico Mezzatesta, il concetto fisico di sperimentazione<br />

segnica e cromatica spazio-temporale diventa sedimentazione emozionale,<br />

abbracciando la storia dell’uomo dalla gestualità preistorica al<br />

villaggio globale. Il prodotto finale, sinonimo di equilibrio e raffinatezza, è<br />

di grande effetto e trova la soluzione stilistica più appropriata nella giustapposizione<br />

degli elementi, una ricerca di contenuti che riassume l’omogeneità<br />

delle ideazioni progettuali, un percorso visivo di estrema purezza,<br />

un libro, dove le pagine esprimono il senso e la dimensione della<br />

vita.<br />

Fabrizio Costanzo / Del segno, dell’equilibrio - personale di Domenico Mezzatesta<br />

Valore Art Gallery – Palermo, marzo 2007


TRA ESSERE E PARVENZA<br />

Mauro Maraschi<br />

Occasioni di dialogo con gli artisti<br />

Un’immagine, fragile ed eterea si materializza, acquistando forma e<br />

dimensione, suggerendo una misteriosa tensione espressiva sul volto<br />

della donna. Una bellezza quotidiana, tolta dall’olimpo degli dei, narra la<br />

fatica del vivere di tutti i giorni dove il tempo, implacabile, mobilita i sensi<br />

e la ragione. Un’altra figura, imbrigliata nell’alveo di un marchio sociale,<br />

si muove freneticamente in cerca di una identità. Volti consapevoli testimoniano<br />

l’essenzialità e la precarietà del vivere oggi ma anche la speranza<br />

di raggiungere un obiettivo, di filtrare un raggio di luce in un mondo<br />

buio e senza stelle. La ricerca di Mauro Maraschi, attraverso un percorso<br />

significativo, pone l’uomo solo davanti al creato, con tanti quesiti<br />

da risolvere. I temi d’affrontare sono molti, troppi, ma tutti ruotano attorno<br />

al senso della vita ed al ruolo che ha oggi l’essere umano in un simile<br />

contesto. Ancora una volta ci si trova di fronte al problema della comunicazione<br />

attraverso i temi della spiritualità, della storia evoluzionistica,<br />

della psiche, di un mondo materiale e tecnologico che genera pseudocertezze,<br />

spinte non sempre controllabili. Siamo ben lontani, sia dai<br />

sereni modelli greci e rinascimentali che dalla spiritualità medioevale...Mauro<br />

Maraschi dipinge contemporaneamente l’essere, il non essere<br />

e la parvenza, una dimensione simbiotica dove ogni affermazione è,<br />

non è, o sembra. Il suo, senza dubbio, è un approccio difficile ma delineante<br />

e qualificante del modo di esprimersi e di schierarsi nella pittura.<br />

La società, dalla fine dell’Ottocento ad oggi, ha imboccato una strada<br />

senza ritorno, rinnegando regole e modelli in virtù di un’immersione totale<br />

nella vita, rimodellando il rapporto tra l’uomo ed il suo essere, il suo<br />

sapere, le sue certezze...Da lì a poco, gli espressionisti ne disegneranno<br />

la condizione di angelo caduto, gli astrattisti ne polverizzeranno il suo<br />

essere. Picasso ne metterà a nudo la dimensione bestiale…l’uomo cadrà<br />

a pezzi e perdureranno gli aspetti fluttuanti e transitori. Si assisterà<br />

all’allontanamento progressivo dal centro: un esempio per tutti è quello<br />

di Francis Bacon che esplorerà gli stati umani esistenziali più bassi e<br />

disperati. Si divulgherà così, da una parte, la poetica dell’irrazionale,<br />

dall’altra, il razionalismo costruttivo che considererà l’arte come progetto,<br />

riscatto. La lotta tra i due poli (destino ineluttabile e utopia progettuale),<br />

ovvero la disputa caos-logos, su un filo rosso, si proietterà fino ai<br />

nostri giorni, sovrapponendo all’input generazionale dell’ultimo secolo<br />

un nuovo disordine costituito da pixel e aspetti virtuali…Maraschi oggi,<br />

individuando i parametri estetici ed emotivi della caducità umana<br />

(bellezza, moralità, dolcezza, amicizia, gratitudine etc.) e tralasciando<br />

invece quelli di perfezione, immortalità, forza, accarezza l’idea di una<br />

comunicazione che dia un senso alla vita, da riscattare nell’ideale di<br />

bellezza del quotidiano riaffermando l’uomo, essere pensante.<br />

Fabrizio Costanzo / Tra essere e parvenza - personale di Mauro Maraschi<br />

Ex Noviziato dei Crociferi – Palermo, 2008


Un unico concetto emozionale, fisico e psicologico abbraccia la storia<br />

dell’uomo, dai suoi esordi fino ai nostri giorni.<br />

QUEL FILO DI LUCE<br />

Angelo Denaro<br />

Occasioni di dialogo con gli artisti<br />

Paesaggi, culture, tecniche e conoscenze, compongono una relazione<br />

inscindibile di valori in cui l’essere umano, con il susseguirsi delle generazioni,<br />

trasmette il sapere universale ed opera insieme all’ordine delle<br />

cose, alle luci, alle forme, alle superfici, agli avvenimenti. Tutto ciò avviene<br />

attraverso un continuo scambio di esperienze estetiche, percezioni,<br />

conoscenze, rappresentazioni di dati, sensibili e non. I luoghi, in pratica,<br />

sono transiti di memoria nel tempo e nello spazio, categorie dinamiche<br />

e transculturali dove gli elementi, naturali ed artificiali, interagiscono<br />

tra loro. Viviamo il degrado del paesaggio naturale in cui lo spirito della<br />

globalizzazione ha partorito i non luoghi. Lo stravolgimento delle connotazioni<br />

naturali ed il conseguente impoverimento delle identità culturali<br />

ha reso necessario un intervento di salvaguardia da parte dell’uomo ed<br />

una riorganizzazione intelligente del territorio: oggi abbiamo la necessità<br />

di ritrovare un nuovo equilibrio. Tutti gli operatori culturali ed ambientali<br />

a vario titolo, e le persone comuni, sono chiamate ad agire responsabilmente<br />

ed a saper leggere il territorio.<br />

Friedensreich Hundertwasser, fautore della bioarchitettura, ha sostenuto<br />

tenacemente la conciliazione e l’integrazione dell’attività e dei comportamenti<br />

umani con le preesistenze ambientali ed i fenomeni naturali. Kurt<br />

Lewin, ha indagato l’ambiente dal punto di vista topologico, come spazio<br />

di vita psicologico, luogo di relazione, in cui l’uomo, parte attiva e generatore<br />

di processi, si confronta con tutto ciò che lo circonda…Lo spazio<br />

oggetto di studio di Angelo Denaro non è di natura geometrica, né<br />

contemplativa, è esistenziale, incentrato sulla presenza determinante<br />

dell’uomo che tende a riformare il suo habitat psico-fisico. In tale accezione,<br />

la nozione di spazio s’identifica con quella più complessa di ambiente,<br />

caratterizzandosi dinamicamente e procurando tensioni nei luoghi.<br />

Norberg-Schulz, a proposito della nozione di spazio-ambiente, ha<br />

sostenuto altresì che la vita si svolge su una varietà di piani, da quello<br />

sensorio-motorio a quello esclusivamente simbolico e che nell’ambiente<br />

bisogna tener conto dei risultati provenienti dai campi specifici della sociologia,<br />

dell’antropologia e dell’economia. La pittura qui descritta è colta<br />

ma parla con un linguaggio universale, non rientra in stilemi e movimenti<br />

catalogati, non contempla. Emoziona per la sua schiettezza.<br />

...Quel filo di luce così esile e così visibile è un percorso nitido di ricerca<br />

che racconta la vita, squarcia le tenebre, illumina la terra e il cielo. E’ un<br />

filo lineare, che però ha percorso, tra tante insidie, il labirintico Palazzo<br />

di Cnosso del re Minosse. Angelo Denaro, si è addentrato nei meandri<br />

di quel luogo raccontandone tutti gli aspetti. In una realtà priva di individui,<br />

ha descritto l’uomo ombra, subdolo, che si è aggirato per i tracciati,


degradando l’ambiente, e l’uomo speranza, fiducioso e positivo, sempre<br />

pronto a tendere una mano e a credere nella perfezione dei meccanismi<br />

biologici: le due facce della stessa medaglia…Angelo Denaro, identificando<br />

gli elementi-cardine della realtà, plasma le forme in nuovi significati,<br />

opera per segni e tessiture, pitture e impasti, parcellizzazioni di un<br />

humus culturale sempre vivo…Memoria e creatività, segni-traccia e immagini-pensiero<br />

dialogano con un nuovo linguaggio, una nuova spazialità,<br />

definendo un innovativo coagulo estetico-comunicativo.<br />

Il disegno si veste di ricchezza visiva e la pittura evidenzia un impianto<br />

sicuro, incisivo, di grande apertura culturale. La rappresentatività, accompagnata<br />

da una profonda e magica accuratezza descrittiva, denota<br />

un assemblaggio di percorsi che si avvale di una tecnica ben consolidata<br />

nel tempo. Affiorano antiche culture che suggeriscono approfondimenti<br />

densi di significati formali, ottiche antropologiche…Forse un tentativo<br />

panico di riconciliarsi con la natura? O la voglia di ritrovare la magia<br />

nella gestualità rituale?…Un ritorno alle origini per dimostrare la fiducia<br />

nel futuro, una ripresa del segno-immagine per codificare un nuovo linguaggio…una<br />

comunicazione spazio-temporale di grande emozione,<br />

quasi una ricreazione estetica.<br />

Quel filo di luce ancor oggi squarcia le tenebre…<br />

Fabrizio Costanzo / Quel filo di luce - personale di Angelo Denaro<br />

Galleria di Villa Niscemi – Palermo, novembre 2008<br />

QUEL FILO DI LUCE<br />

Angelo Denaro<br />

Occasioni di dialogo con gli artisti


Pochi artisti (e pochi uomini in generale) hanno la reale capacità di sentire<br />

il Luogo e di simbiotizzarlo…Qualcuno ne fa terra di conquista, qualcun<br />

altro lo interpreta romanticamente, altri ancora lo leggono ma non<br />

riescono ad intervenire con coerenza e creatività.<br />

ARCHITETTO DEL TEMPO<br />

Bishan Bassiri<br />

Occasioni di dialogo con gli artisti<br />

Bassiri, esploratore dell’immaginario, attenziona il reale in ogni sua manifestazione.<br />

Dimostra il suo interesse a trecentosessanta gradi verso<br />

tutti i materiali organici e inorganici (dagli elementi lavici alle elaborazioni<br />

fotografiche, alla cartapesta, all’alluminio, al ferro, al bronzo…),<br />

verso il cosmo (nell’accezione estetica e scientifica), verso l’uomo e le<br />

sue possibilità rappresentative, convinto fautore dell’unità dei linguaggi<br />

artistici (visivo, poetico-letterario, teatrale e musicale). E’ proprio questo<br />

suo interesse nell’indagare dal dentro le cose (ogni cosa) che lo rende<br />

così acuto e sensibile. La sua è una ricerca sulla bellezza intesa come<br />

potenzialità degli elementi, equilibrio tra le parti. Legge il luogo nel duplice<br />

aspetto logos-caos, come categoria dinamica transculturale, intriso di<br />

enigmi e di magia. Coniuga i meccanismi della natura alla storia dell’uomo,<br />

un unico pensiero fluente, in cui le tracce hanno valenza autonoma<br />

al di là della dimensione spazio-temporale. La funzione dell’artista è<br />

quella di porsi come anello di congiunzione tra le varie condizioni della<br />

realtà, che devono essere analizzate e restituite sotto forma di livelli di<br />

rappresentazione. Nella sua condizione di osservatore, ritrova semplicemente<br />

l’equilibrio psico-fisico del locus, entrando in armonia con il creato,<br />

senza sentenziare…in una sua sentita visita alla grotta dell’Addaura<br />

in cui, natura e magia, sensi ed ispirazione, atmosfera solenne e riti<br />

pagani s’intrecciavano idealmente con i segni e le immagini misteriche<br />

del luogo, Bassiri subito percepì una dimensione onirica profonda ed<br />

ispiratrice, che tradusse in opera d’arte. L’artista si era immerso totalmente<br />

nel territorio dell’Addaura, guardandolo ad occhi chiusi, con la<br />

mente, immaginando la forza espressiva delle forme, il movimento di<br />

dilatazione e contrazione di quei segni che da linee-struttura si erano<br />

tramutati in linee-pensiero.<br />

Da parecchi anni sue opere di pittura e scultura sono presenti all’Addaura<br />

Hotel di Palermo, insieme a quelle degli artisti siciliani della Graffiti –<br />

tra queste, una installazione-meteorite (L’unicorno – in pietra lavica fusa<br />

in bronzo) che rappresenta la materializzazione dell’intuizione visiva<br />

dell’artista, ed ora, per il Graffiti Day, La bestia – anch’essa fusa in bronzo<br />

– a sancire lo stretto rapporto di Bassiri con gli elementi vitali e, nello<br />

specifico, con l’ambiente della Montagna Sacra.<br />

La bestia di Bassiri, rappresenta l’orrido che scaccia l’orrido, proprio<br />

come l’immagine della medusa sicula diventa anatema, forza benefica,<br />

talismano in grado di tenere lontani gli spiriti maligni. La bestia, l’unicorno<br />

di Bassiri e i totem Graffiti, insieme, difendono il territorio dandogli


sicurezza, ricodificandone il significato, ripercorrendo il circuito esistenziale.<br />

Bassiri, oggi è artista Graffiti perché si pone come artifex loci, testimone<br />

e demiurgo dell’Addaura. Nel manifesto sul Magmatismo – che<br />

da solo ne rappresenta il pensiero filosofico ed il testamento spirituale -<br />

pone le basi verso le tematiche psico-fisiche legate ai luoghi.<br />

Così recita…“L’immagine precede la conoscenza” – “Il tempo e la<br />

storia sono assenti” – “la luce proviene dall’interno dell’opera” –<br />

“la forza divina e quella devastante sono contenute all’interno dell’opera”<br />

“l’artista contempla in condizione eterna” – “l’immagine sovrana resta<br />

senza subire il tempo, di esso si nutre e ringiovanisce” – “l’opera d’arte<br />

cessa di esistere nel momento dello sconfinamento nel vero” – “tutti i<br />

nostri cinque sensi anticipano il pensiero” - l’opera non può nascere<br />

come illustrazione o realizzazione di un progetto… non dà la soluzione,<br />

è un emblema da scavare... è meteorite proveniente dal cosmo e non<br />

appartiene alla terra…”<br />

ARCHITETTO DEL TEMPO<br />

Bishan Bassiri<br />

Cercatore instancabile di pietre viventi e architetto del tempo, Bizhan<br />

Bassiri trae segni evidenti ed indelebili dal cerchio magico delle forze<br />

fluenti, ritrovando nella semplicità delle cose e nella limpidezza ideativa,<br />

il senso della vita.<br />

Fabrizio Costanzo / Architetto del tempo - Bizhan Bassiri, Graffiti Day<br />

Addaura Hotel - Palermo, maggio 2009<br />

Occasioni di dialogo con gli artisti


Consideriamo subito alcuni aspetti del pensiero di Edouard Jeanneret,<br />

in arte Le Corbusier.<br />

C’E’ UNO SPIRITO NUOVO…<br />

O DELL’EQUILIBRIO TIMBRICO<br />

Franco Mineo<br />

Occasioni di dialogo con gli artisti<br />

Nell’opera Verso un’architettura, 1920-21 – pietra miliare dell’architettura<br />

moderna - a proposito del fare creativo, l’artista sosteneva che ogni<br />

prodotto estetico presuppone un quantum di interesse sensoriale ed<br />

intellettuale rispondente il primo, al colore, di pertinenza dei popoli semplici,<br />

dei contadini e dei selvaggi; il secondo, all’armonia-proporzione,<br />

come attività dell’intelletto dell’uomo colto. Le Corbusier diceva inoltre,<br />

che il colore - il superfluo necessario – e l’armonia-proporzione - il necessario<br />

superfluo - rappresentavano i due estremi ideologici su cui si<br />

orientava l’attività creativa dell’uomo. Questa particolare impalcatura<br />

concettuale, poneva le basi di un discorso più complesso, comprendente<br />

altri fattori, la cui meta finale sintetizzava un’idea sostanziale di purezza<br />

formale a cui Ozenfant e Le Corbusier lavorarono a lungo, condividendola<br />

e difendendola per tutta la vita. Che senso ha, quindi, oggi,<br />

presentare una mostra su Le Corbusier – un omaggio che non è un<br />

omaggio – che ripropone un’idea così apparentemente astrusa? Franco<br />

Mineo, evidentemente, sta attuando una ricerca seria e meticolosa, coraggiosa<br />

e non comune direi, sul solco di un rigore filologico che tuttavia<br />

lascia ampio spazio a quegli impulsi emozionali di cui l’uomo abbisogna,<br />

e l’artista si serve, per poter condurre il suo studio. Un giorno, Matisse -<br />

grande maestro del colore - rivelando candidamente di essersi innamorato<br />

di un bel blu, fece una dichiarazione d’amore e da contadino, ma<br />

sappiamo tutti quanto fosse colto e intellettuale… Mineo dal canto suo,<br />

intende dare ordine alla molteplicità del Creato, esplorandone le leggi<br />

per trarne fuori una linfa fresca e vitale, gioiosa, positiva negli intenti e<br />

nei fatti. Scruta il mondo, la natura vegetale e animale, gli oggetti inanimati<br />

e le persone, sublimando la vita come manifestazione di perfezione.<br />

La tabula di Mineo ha un alto valore evocativo ma è, strutturalmente,<br />

tessitura di equilibri spaziali e cromatici in cui ogni oggetto, pur avendo<br />

peso, forma e vita autonomi, si relaziona con gli altri. Nel mutuo sostegno,<br />

i suoi segni-struttura e i timbri-forma, avvalorano un’azione ludica<br />

che toglie l’amaro al quotidiano donando sorriso al prossimo. Siamo<br />

certamente distanti dal luogo degli eventi così caro a Jackson Pollock, in<br />

cui l’intervento dell’artista generava input difficilmente controllabili e che<br />

acquistavano vita autonoma. In Mineo i segni e i timbri si simbiotizzano<br />

– in un gioco di rimandi - con la forma strutturale, definendo la scatola<br />

scenica del quadro e della realtà, acquistando incisività e significato,<br />

materializzandosi in un pensiero lucido, chiaro. La sedia di Le Corbusier,<br />

indice di un nuovo approccio estetico-funzionale al mondo del design<br />

- e così affettivamente resa protagonista da Franco Mineo - chiude<br />

il cerchio della sua ricerca bi-tridimensionale, configurandosi come unità<br />

di sintesi del processo visivo: siamo in presenza di un unicum sensoriale


e percettivo che contribuisce a dare stabilità e chiarezza ai due aspetti<br />

dimensionali. Quello tridimensionale rientra con parsimonia in un assetto<br />

fisico ben strutturato. Oggetto funzionale e caro alla memoria, la sedia<br />

è modello di vita dell’abitazione moderna, chiave di lettura delle nostre<br />

abitudini e spia-testimone dell’uomo che con essa dialoga e si confronta<br />

attraverso la storia. Quello bidimensionale è invece finestra sul<br />

mondo, dove gli elementi-eventi – nel dialogo interno-esterno e primo<br />

piano-sfondo - acquistano nuovo significato. Entrambi gli aspetti dimensionali<br />

diventano altresì gioco timbrico texturale insinuandosi nella coscienza<br />

e nel processo ludico-creativo. L’intera struttura del linguaggio<br />

visivo è mimesi psico-concettuale, che filtra la memoria attraverso percorsi<br />

storico-sociali ed emozionali, presentandosi, oggi, libera e depurata.<br />

Un accordo armonico ed equilibrato relaziona i calibrati obblighi rappresentativi<br />

con l’emozione visiva, definisce gli elementi essenziali e i<br />

complessi iter esplorativi. Ne viene fuori un’immagine integra, che, muovendosi<br />

tra incanto e disincanto, rientra nei processi della natura e del<br />

quotidiano, un quid incontenibile e affascinante di bellezza ludica, che si<br />

nutre della complessità della vita restituendola in forma schietta e serena.<br />

Nella ricerca di una purezza visiva in termini etici ed estetici, l’artista<br />

ritrova così il significato più profondo nella presenza sentimentale degli<br />

elementi-segno caratterizzanti, che si insinuano nella forma sterile delle<br />

geometrie asettiche per diventare vita. Oggi, come artisti e uomini di<br />

cultura siamo chiamati a rispondere delle nostre azioni e ad essere dentro<br />

il dibattito culturale e sociale. Mantenere un posto nella storia significa<br />

esserci. Certo, ci si può limitare ad osservare e dipingere, è vero, ma<br />

leggere e capire la pittura ed i processi che sottendono ad essa è ben<br />

altra cosa… Questa è la strada difficile su cui oggi s’insinua - e procede<br />

con cautela – Franco Mineo, progettando i suoi dipinti. La sua ricerca<br />

pittorica, riflessiva e introspettiva, è esperienza intellettuale sull’arte contemporanea<br />

o, più semplicemente, percorso quotidiano dell’uomo d’oggi.<br />

C’E’ UNO SPIRITO NUOVO<br />

O DELL’EQUILIBRIO TIMBRICO<br />

Franco Mineo<br />

Occasioni di dialogo con gli artisti<br />

“C’è uno spirito nuovo: spirito di costruzione e di sintesi guidato da una concezione<br />

chiara…” (Esprit Nouveau, 1920).<br />

Fabrizio Costanzo/C’è uno spirito nuovo o dell’equilibrio timbrico - personale di F.Mineo<br />

Palazzo della Vicaria – Trapani, dic./gen. 2010-2011


DELL’IMMAG<strong>IN</strong>E <strong>IN</strong><strong>IN</strong>TELLIGIBILE<br />

Antonella Affronti<br />

Fabrizio Costanzo<br />

Tanina Cuccia<br />

Occasioni di dialogo con gli artisti<br />

Nel segno-struttura, Antonella Affronti supera la realtà descritta e raccontata,<br />

cogliendo l’impulso della materia. La sua linea morbida e avviluppante,<br />

che ha accarezzato il mondo definendone la produzione negli<br />

ultimi anni, è diventata oggi input timbrico, simbolo arcaico e contemporaneo<br />

che ispeziona in profondità le viscere della terra tramutandosi in<br />

materia empirica. Dentro questa corposa sostanza, la linea ha sviluppato<br />

un’energia indomita, pulsante, che ha messo a nudo il dramma esistenziale<br />

dell’uomo delineandone i due estremi di luce e ombra, esplorandone<br />

la storia e ridisegnandone il futuro...<br />

Nel segno-icona, Tanina Cuccia rappresenta le sue figure ieratiche,<br />

cariche di memoria e sentimento religioso. Il corteo iconico giunto fino ai<br />

nostri giorni – Cristo, la Madonna, gli angeli, i profeti, i dignitari e altro -<br />

ha percorso un tragitto esperienziale difficile, affondando le radici nel<br />

mondo degli uomini, sporcandosi di biacca, evidenziando lacune. La<br />

figura non è integra: come la pagina manoscritta di un palinsesto – scritta,<br />

cancellata e scritta nuovamente - mostra i segni di un cammino lungo<br />

e profondo pur nella compostezza del suo esibirsi. E’ così che spirito e<br />

materia dialogano, confrontando il limite terreno con l’impalpabilità eterea,<br />

esprimendo il tempo contemporaneo...<br />

Nel segno-traccia, Giuseppe Fell incide sul piano visivo ricercando cromatismi<br />

arcaici, quasi strappi materici che mettono in luce l’essenzialità<br />

dei concetti. In un incastrarsi di piani figurativi e segnici la struttura<br />

espressiva si presenta irta di timbri e suggestioni insinuandosi nella coscienza.<br />

Ne viene fuori un’immagine depurata, senza orpelli, che punta<br />

dritto all’anima. Il pesce-ichthys, spesso descritto nelle sue opere, è il<br />

segno-simbolo che ci riporta all’ambiguità cristiano-pagana, ricordandoci<br />

la comune matrice religiosa dell’immagine ma anche la forza propulsiva<br />

di tale codice che si pone in tutto il suo prorompente significato semiologico<br />

e trascendente, travalicando l’uomo e le sue azioni.<br />

Nel segno-logos, Sergio Figuccia progetta il suo spazio mentale scandendo<br />

kronos, il tempo degli uomini. Il suo fine, però, non è la costruzione<br />

di un luogo fisico dell’esistenza, né la razionalizzazione degli eventi<br />

fine a se stessi. L’artista assembla materia e spirito, gioca con concetti e<br />

sistemi di rappresentazione, manipola solidi e forme pure, lettere e anagrammi,<br />

segni e scritture arcaiche. È l’oracolo-alchemico che, muovendosi<br />

sapientemente nel silenzio, osserva gli oggetti e gli eventi del nostro<br />

quotidiano ponendosi domande e dando risposte. Conosce altresì<br />

le formule dell’esistenza e le rivela - in un gioco-enigma - sulla tabula<br />

scripta, mistero di vita.


Nel segno-scrittura, Pino Manzella incide sugli eventi ripercorrendo<br />

tempi e luoghi della memoria. La sua, è una ricerca sensoriale e alchemica<br />

al tempo stesso, che si nutre del seme della storia non per descrivere,<br />

raccontare o evocare, ma per incidere su di essa, destrutturandone<br />

gli eventi per poi ricomporli attraverso la sua cronaca calligrafica. L’artista,<br />

con uguale intensità, analizza i contesti sociali e naturali, prestando<br />

particolare attenzione al territorio inteso nella sua accezione di habitat<br />

antropologico, operando una puntuale lettura critica, schierandosi nel<br />

magma dell’indifferenza collettiva...<br />

Fabrizio Costanzo / Dell’immagine inintelligibile - Prisca Sapientia<br />

Loggiato San Bartolomeo - Palermo, gennaio 2012<br />

DELL’IMMAG<strong>IN</strong>E <strong>IN</strong><strong>IN</strong>TELLIGIBILE<br />

Giuseppe Fell<br />

Sergio Figuccia<br />

Pino Manzella<br />

Occasioni di dialogo con gli artisti


ARTEFEX LUDENS<br />

Antonino Nacci<br />

Occasioni di dialogo con gli artisti<br />

Una formica rituale, in cerca di una meta, segue paziente una scia silenziosa;<br />

forme antropomorfe e consapevoli si attraggono tra terra e cielo,<br />

librandosi dentro un’atmosfera indefinita; pesci-ictys guizzano, volando<br />

su onde zigzaganti; lucertole, cavalli, meduse e strani vegetali marcano<br />

la loro presenza all’interno di strisce verticalizzanti, di spazi impossibili…<br />

Poi, ancora segni – tanti segni – incidono la materia: sfere, triangoli,<br />

quadrati, spirali, frecce, lettere dell’alfabeto, falci di lune ed ogni sorta di<br />

graffito. Nel mondo di Antonino Nacci, una miriade di elementi abitano i<br />

luoghi. Sono presenze dinamiche, sfuggenti, ripetute, organizzate; contrassegnano<br />

un territorio psicologico e si configurano come rappresentazioni<br />

ludiche di un codice-concetto già strutturato. Nacci ama i colori<br />

della terra e li recupera nella porosità della sabbia. Stende con delicatezza<br />

il materiale mischiandolo alla colla vinilica e incidendolo con tratto<br />

sicuro. Pur non descrivendo la bellezza, ciò che costruisce è bello, ponderato.<br />

La sua pittura, lucida e controllata, esprime grande forza comunicativa<br />

con una tavolozza apparentemente povera ma ricca di variazioni<br />

tonali. La mostra di Nacci – in un viaggio che guarda oltre – dialoga<br />

con segni e forme che si muovono in spazi ben definiti e diversamente<br />

colorati, che hanno la capacità insita di descrivere, stimolare ed evocare,<br />

incuneandosi tra delicati cromatismi tonali e rese materiche. Il suo<br />

mondo, è un Caos-Logos irrazionale ma determinato in cui gli elementi<br />

ritmati esprimono la ricchezza interiore nel modo di relazionarsi più che<br />

nel loro valore unico. L’operare giocoso di Antonino Nacci – homo faber<br />

- delinea una tabula atemporale e adimensionale che imprime allo spettatore<br />

una irresistibile componente attrattiva ed emozionale, un’estetica<br />

fantastica e dinamica dentro la quale, come sosteneva il fisico Gert Eilenberger<br />

– “la combinazione armonica di ordine e disordine riconduce,<br />

in natura, al senso della bellezza…” L’apparente confusione generata<br />

da segni e forme è controbilanciata da precisi ritmi vettoriali che incanalano<br />

i flussi di elementi all’interno di scie sinuose o di spazi ben delimitati<br />

e caratterizzati che a loro volta sfociano in veri e propri cartigli ideogrammatici<br />

o determinano elementi pitto-formali. In un tutt’uno, il piano<br />

strutturale gioca con le stratificazioni della materia sabbiosa creando un<br />

progresso materico di opera in opera, dalla forte carica ideativa. In questo<br />

contesto, Antonino Nacci, pur avendo chiara la visione culturale sui<br />

fatti storici e sul quotidiano, propone un mondo leggero, privo di tensioni<br />

fisiche e gravitazionali, dove le famiglie di elementi sono organizzate<br />

e riconoscibili. La tessitura di equilibri spaziali, se letta in chiave puramente<br />

decorativa, può trarre in inganno. La sua, è una tabula viva, luogo<br />

degli eventi (per dirla con Pollock) e possiede una vita autonoma. In<br />

essa i segni-forma vanno considerati inseparabili rispetto alla resa calligrafica,<br />

ai materiali adoperati e al formato che li supporta. Nacci, non<br />

intende raccontare una storia, ma lasciare tracce, suscitare interrogativi.


Nelle sabbie, il gioco comunicativo – tra incanto e disincanto - è assai<br />

delicato. Qui l’artista propone un attento bilanciamento di pesi e contrappesi,<br />

alternando il prima e il dopo temporale, il qui e l’altrove fisico, il<br />

piccolo e il grande dimensionale, relazionandosi simbioticamente con il<br />

suo aspetto psichico e umorale. E’ in questa fase che Nacci – artefex<br />

ludens - indaga il quotidiano con ironia e saggezza, analizzandone gli<br />

eventi dinamici (panta rei), una realtà reinterpretata, riscritta, rimodulata<br />

e convertita in colori armonici e rese di materia ben calibrate, una rivisitazione<br />

dolce e poetica che esprime il senso della vita tout court.<br />

Le opere di Nacci, in sostanza, denotano una simbiosi totale con la materia.<br />

Sia che la incida, la buchi, la bruci o la ricucia - assemblandola,<br />

evidenziandola, nascondendola o, addirittura, rinnegandola - il suo operare<br />

è decisamente attuale e contemporaneo. In una realtà che sta profondamente<br />

cambiando, intende assolutamente orientarsi. Le sue opere<br />

appaiono come mappe concettuali, luoghi esplorati e misurati, controllati<br />

e calibrati in cui i fatti sono meticolosamente appuntati. Piccole magie<br />

che evocano ricordi lontani, che emozionano.<br />

Negli anni Ottanta, le pagine esistenziali subiranno una chiara evoluzione.<br />

La visione del mondo diventerà sempre più fluttuante ed onirica.<br />

Cominceranno così le descrizioni di mondi arcani e sconosciuti, di realtà<br />

complicate e sempre più frenetiche dove gli elementi anzidetti si misureranno,<br />

adesso, con un quotidiano irriconoscibile. Nacci, nell’ultima produzione,<br />

introdurrà il rosso ed il nero sui toni sabbiati, evidenziando la<br />

sua crisi personale e quel senso di disagio a cui il mondo sta andando<br />

incontro, ma lo farà sempre con stile e riservatezza, in punta di piedi. Il<br />

suo linguaggio, senza barriere territoriali, non conoscerà la globalizzazione<br />

del Duemila, ma la descriverà ugualmente.<br />

ARTEFEX LUDENS<br />

Antonino Nacci<br />

Occasioni di dialogo con gli artisti<br />

Fabrizio Costanzo / Artefex ludens - personale di Antonino Nacci<br />

Palazzo Sant’Elia / pittorica.it – Palermo, aprile 2012


LA CITTA’ SALVATA<br />

Omaggio a Simone Weil<br />

Carol Rama<br />

Sulla guerra / Carol Rama. L’artista punterà alla sofferenza. Il suo<br />

è un grido di dolore sul mondo, forte e netto come il suo segno.<br />

Rama è l’unica che, pur appartenendo alla mostra è presente a<br />

Venezia ma non a Palermo. Non presenta libri artistici, soltanto un<br />

disegno a china su carta pentagrammata, un omaggio all’unità<br />

delle arti ed alla comune sensibilità artistica. La sua coppa ha attinto<br />

l’acqua sacra dalla laguna e ne ha raccolto solo grida di sofferenza<br />

che amplifica affinché tutti si rendano conto dello strazio<br />

che sta vivendo Venezia, stretta nella morsa. Più che un omaggio<br />

a Simone Weil la sua è un”unghiata” alla vita, un graffio contro gli<br />

interessi economici che mortificano l’uomo e ne cancellano la memoria.<br />

Fabrizio Costanzo / Carol Rama - Sulla guerra<br />

Archivio Storico Comunale di Palermo / pittorica.it – Palermo, gennaio 2014<br />

Occasioni di dialogo con gli artisti


LA CITTA’ SALVATA<br />

Omaggio a Simone Weil<br />

Carla Accardi<br />

La città / Carla Accardi. La sua città fremerà di bellezza. L’universo<br />

è bello, da amare, i colori e le forme ne sublimeranno la vita. I<br />

primi intensificano la realtà attraverso il timbro e l’espressività; le<br />

seconde creano la magia della sagoma-limite. Insieme generano il<br />

codice segreto della vita. Nelle pagine di Carla Accardi, sublimate<br />

dal segno inconfondibile, si legge la struttura della laguna che però,<br />

adesso, ha acquisito nuovo significato, nuova atmosfera. La<br />

geometria, apparentemente asettica, riprende vita ed emana luce<br />

propria svelandone le sue forme pure. Più che simbolo, spirito.<br />

Fabrizio Costanzo / Carla Accardi - La città<br />

Archivio Storico Comunale di Palermo / pittorica.it – Palermo, gennaio 2014<br />

Occasioni di dialogo con gli artisti


LA CITTA’ SALVATA<br />

Omaggio a Simone Weil<br />

Sara Rossi<br />

Lo sradicamento / Sara Rossi. Fra tutte le artiste, Sara Rossi è<br />

quella che renderà più evidente la denuncia al disfacimento del<br />

patrimonio artistico di Venezia. Le sue immagini fotografiche sono<br />

eloquenti. Dietro c’è una profonda riflessione sull’architettura strutturale<br />

e sugli assetti urbanistici della città, sugli ecosistemi, sugli<br />

aspetti sociali, sulla memoria. Tutto ciò appare inutile se non è<br />

filtrato dai sensi che inevitabilmente stabiliscono il limen tra il nostro<br />

corpo e lo spazio che lo circonda. Il suo omaggio alla Weil è<br />

silenzioso. Muti sono i palazzi, le case, le chiese tacciono. Anche<br />

la laguna ha un’atmosfera metafisica. Lo sradicamento ne fa perdere<br />

le coordinate spazio-temporali.<br />

Fabrizio Costanzo / Sara Rossi - Lo sradicamento<br />

Archivio Storico Comunale di Palermo / pittorica.it – Palermo, gennaio 2014<br />

Occasioni di dialogo con gli artisti


LA CITTA’ SALVATA<br />

Omaggio a Simone Weil<br />

Maria Lai<br />

La forza / Maria Lai. C’è il fuoco nell’opera dell’artista. Il suo librotexture<br />

evidenzierà le tracce del passaggio dell’uomo che vive in<br />

questo mondo. Il cammino di Maria Lai è difficile e si rinnova giorno<br />

dopo giorno, tessendo e modificando le sue relazioni. Tutto<br />

l’invisibile è raccontato con forza nel suo libro: le opere d’arte<br />

eclatanti, i luoghi famosi e quelli ignoti, piccoli e grandi imprese, il<br />

tempo che scorre, la gente comune. I suoi fili pendenti e aggrovigliati<br />

rappresentano gli eventi trascinati dalla imprevedibilità del<br />

fuoco che li accompagna e ne da forza. Ma la forza – nelle parole<br />

della Weil – abbrutisce l’uomo, lo trasforma in cose, gli toglie l’anima<br />

e la dignità, pietrifica il suo cuore.<br />

Fabrizio Costanzo / Maria Lai - La forza<br />

Archivio Storico Comunale di Palermo / pittorica.it – Palermo, gennaio 2014<br />

Occasioni di dialogo con gli artisti


LA CITTA’ SALVATA<br />

Omaggio a Simone Weil<br />

Irma Blank<br />

L’attenzione / Irma Blank. Ripercorrerà i flussi dell’energia vitale<br />

attraverso l’esperienza della Global writings, una scrittura alfabetica<br />

di sole otto consonanti che pone il testo libero di “volare” nel<br />

foglio disponendosi in maniera autonoma. Il suo segno-scrittura<br />

acquista così significato fuori da ogni codice linguistico diventando<br />

ritmo, texture, inserendosi nello spazio circostante senza condizionamenti<br />

di lettura e di regole grammaticali. Il tratto calligrafico denota<br />

una precisa volontà di guardare la realtà in maniera assoluta<br />

e asemantica, non contaminata dal mondo dell’esperienza. L’omaggio<br />

alla Weil è chiaro e incondizionato: occorre annullare l’io, farlo<br />

diventare buio e passivo affinché non possa più risplendere della<br />

propria luce. Per far ciò è necessario decentrare se stessi creando<br />

il vuoto, soffocando l’ingiustizia, guardando al Sacro.<br />

Fabrizio Costanzo / Irma Blank - L’attenzione<br />

Archivio Storico Comunale di Palermo / pittorica.it – Palermo, gennaio 2014<br />

Occasioni di dialogo con gli artisti


LA CITTA’ SALVATA<br />

Omaggio a Simone Weil<br />

Elisa Montessori<br />

La bellezza / Elisa Montessori. L’artista opererà una simbiosi<br />

psico-strutturale nell’ambito del suo racconto cesellato sulla città<br />

di Venezia. Struttura un linguaggio visivo in cui la percezione e la<br />

memoria s’integrano in un percorso fluido connotato da scritture,<br />

timbri forti e leggeri, segni e immagini. E’ la vita che scorre, che<br />

attua le sue pause e le sue impennate ma che alla fine guarda alla<br />

bellezza. Particolarmente interessante il gioco delle linee-china<br />

che alcune volte contornano le figure, altre volte s’infiltrano e giocano<br />

con le texture atmosferiche. Nell’omaggio a Simona Weil ci<br />

indica la strada della bellezza da seguire: “Noi tendiamo ad essa<br />

senza sapere cosa domandarle. Lei ci offre la sua esistenza. Non<br />

desideriamo altro”.<br />

Fabrizio Costanzo / Elisa Montessori - La bellezza<br />

Archivio Storico Comunale di Palermo / pittorica.it – Palermo, gennaio 2014<br />

Occasioni di dialogo con gli artisti


LA CITTA’ SALVATA<br />

Omaggio a Simone Weil<br />

Le altre artiste<br />

Occasioni di dialogo con gli artisti<br />

Un libro? / Le altre artiste. L'omaggio a Simone Weil ha coinvolto<br />

in tutto 26 artiste che hanno trattato i temi della bellezza, l'attenzione,<br />

la forza e lo sradicamento come vere e proprie icone del<br />

pensiero weiliano. Le artiste invitate si sono confrontate (o isolate)<br />

sul libro di piccolo formato (30x30) che è diventato ''altro'' allo<br />

sguardo di ognuna di loro. In pratica, più che definire le ideeconcetto<br />

in forma di scrittura e d'immagini, le operatrici hanno<br />

riproposto l’idea di un libro-oggetto nella sua metamorfosi di opera<br />

d'arte. La formula - non innovativa, beninteso - copre l'intero arco<br />

storico-culturale che va dalla produzione alessandrina all'arte concettuale.<br />

Ancor oggi il suo panorama esplicativo é vasto e sviluppa<br />

iter processuali ed elucubrazioni mentali di grande significato<br />

che ne travalicano il semplice significato culturale. Vale la pena<br />

sottolineare come qui, all'Archivio Storico Comunale di Palermo, il<br />

confronto tra il libro-manufatto e il libro-tradizione - letto e sepolto<br />

nelle immense scaffalature dell’antica struttura - crei un aspetto<br />

simbiotico-divergente del tutto singolare. Storia e innovazione,<br />

memoria e trasgressione s'integrano e si respingono creando le<br />

condizioni per divagare verso nuovi orizzonti. La lettura diventa<br />

così pensiero e l'intero iter ambivalente: il libro si manifesta e si<br />

cela aprendosi e chiudendosi, affermandosi e negandosi in tutta la<br />

sua valenza, rimandando a sottesi significati. Il libro, ancora, é<br />

tabula su cui gli artisti dipingono concetti e idee, incollano altri oggetti,<br />

bucano, trasformano e aggregano materia, manifestano il<br />

corpo e l'anima che sconfina nello spirituale, mai uguale a se<br />

stesso. Il libro in sostanza diventa l'intero mondo possibilista del<br />

pensiero umano, sguardo sul quotidiano e introspezione dell'anima,<br />

meditazione profonda, silenzio. Un centro gravitazionale dove<br />

le tensioni e il movimento spaziale esprimono la drammaticità degli<br />

eventi ma anche l'etica e il dialogo sereno. Di fronte all'immenso<br />

panorama delle ''qualità'' del libro, l'omaggio a Simone Weil<br />

acquista un valore ben definito. Le artiste ne esplorano l'universo<br />

in termini sensoriali, evidenziandone soprattutto gli aspetti tattili,<br />

olfattivi e uditivi ed estendendone la profondità in termini espressivi.<br />

Fabrizio Costanzo / Le altre artiste - Un libro?<br />

Archivio Storico Comunale di Palermo / pittorica.it – Palermo, gennaio 2014


Artestudio MONTECUCCIO<br />

<strong>FABRIZIO</strong> <strong>COSTANZO</strong> / Work in progress


simonacostanzo.com


Testi, stralci critici e articoli giornalistici


LA RIVISITAZIONE DEL BORGO MEDIOEVALE E LA SUA LETTURA <strong>IN</strong> CHIAVE SIMBOLICO-METAFISICA<br />

La pittura di Costanzo, e ancor più i suoi pastelli, propongono una visione pura della vita, una dimensione armonica e<br />

positiva; i borghi, rivisitati in chiave simbolico-metafisica, ne riflettono un’immagine tipicamente favoleggiante dove coscienza<br />

e stile trovano la loro strutturazione sul piano della memoria, abbandonandosi a sogni e fantasie.<br />

Da una prima lettura delle opere di Costanzo ne deriva una forte emozione generata dal senso di coerenza che si instaura<br />

tra l’osservatore e l’opera d’arte riconducibile ad almeno due fattori fondamentali: il colore e il rigoroso modulo<br />

compositivo.<br />

Che il colore sia una componente essenziale per un quadro è quasi scontato, ma se il suo particolare trattamento<br />

espressivo e l’accostamento di toni e timbri riescono a comunicare uno stato d’animo, a far percepire il profumo e l’essenza<br />

delle cose o, ancor più, il carattere dell’artista, allora il processo creativo raggiunge la sua meta e comunica sensazioni<br />

che vanno al di là del puro dato visivo.<br />

Il rigoroso modulo compositivo mostra altresì uno studio meticoloso delle forme, del segno, delle matrici geometriche e<br />

dell’immagine in generale che derivano dalla sua formazione di architetto. Se si osserva ancor più attentamente questo<br />

borgo si nota come esso sembri proiettato all’infinito tramite le ripetute verticalizzazioni che denotano un’esigenza di<br />

ascesi spirituale che ben si amalgama con il senso di armonia e soavità dell’insieme. Chiara appare la matrice medioevale<br />

attraverso la stilizzazione del borgo trecentesco fiorentino, con il suo sistema di rappresentazione schiacciato su di<br />

un piano dove le profondità si annullano o si evidenziano: è l’incoerenza di un periodo in cui i miti, le speranze, le aspirazioni,<br />

le credenze, la religione e gli uomini si mescolano in un grande “pentolone” generando una società strana ma<br />

produttiva, semplice e vorticosa, che cesella, come in un mosaico, tessera su tessera.<br />

Il senso della natura impronta fortemente quella società così come il senso di speranza e di dedizione al lavoro. L’immagine<br />

che viene fuori dalla rivisitazione di Costanzo è fortemente adimensionale e atemporale ma anche favolistica,<br />

simbolica, metafisica e surreale. Si presenta a noi, oggi, trasfigurata: dimostra di avere attraversato con fatica e con un<br />

carico d’esperienza non indifferente settecento anni di storia fisica e di rappresentazione…<br />

Costanzo, nelle sue opere approda ad una unità compositiva, una sintassi, un linguaggio marcato e deciso, un’autentica<br />

Weltanshauung, una visione del mondo autosufficiente, quasi una ricreazione estetica.<br />

Carlo Castronovo / Lo studente – Palermo, settembre 1989


LA PITTURA TRASOGNATA DI <strong>FABRIZIO</strong> <strong>COSTANZO</strong><br />

THE DREAMT PA<strong>IN</strong>T<strong>IN</strong>GS OF <strong>FABRIZIO</strong> <strong>COSTANZO</strong><br />

Di fronte alle definizioni cristalline, alle bizzarre e poliedriche<br />

invenzioni della pittura di Fabrizio Costanzo, l’occhio<br />

corre indietro a cercare e salutare i suoi affini, i suoi parenti<br />

lontani e perenni, gli straordinari e toccanti, e come<br />

lui umili e pazienti inventori di miracoli figurativi: tra Duccio,<br />

il Sassetta, l’Angelico delle cronache dipinte in Vaticano.<br />

I cieli, i soffitti, le pianure, i pavimenti si stendono allo<br />

stesso modo: tersi, nitidi, con campiture nette, piatte,<br />

omogenee.<br />

Le terre e le acque rivelano di appartenere a un giorno<br />

diverso dalla creazione.<br />

Come per un effetto di magia emergono sul filo dell’orizzonte<br />

i paesi e i castelli e, la vegetazione, dà inizio ad<br />

una crescita cellulare fatta di steli verticali, di piccoli tasselli<br />

intrecciati, di sagome ricorrenti, di profili ondosi e<br />

zigzaganti, provocando una sensazione remota e perciò<br />

vagamente surreale. Però, questa sensazione di surrealtà<br />

non risponde a un programma estetico, né ad una<br />

semplice scelta di gusto. E’ invece, e soprattutto, l’effetto<br />

del sovrumano silenzio che incombe sul mondo pittorico<br />

di Fabrizio Costanzo, sospeso tra storia e favola, riconosciuto<br />

attraverso luoghi, che sono come segnali, situati in<br />

un’isola deserta.<br />

Costanzo è il primo beato che ne accosta gli approdi, o<br />

l’ultimo esule accorato che se ne allontana.<br />

In front of the crystal-clear definitions, and the strange<br />

and multifaceted inventions of Fabrizio Costanzo’s paintings,<br />

the eye moves backwards in an attempt to find and<br />

say hello to his far-off and everlasting relations, extraordinary<br />

and touching and humble and patient inventors of<br />

figurative miracles, just like him, among Duccio, Sassetta,<br />

Angelico of painted history in the Vatican.<br />

The skies, the ceilings, the lowlandes and the floors extend<br />

in the same way: clean, sharp, with net, flat and balanced<br />

back- grounds.<br />

The earths and waters reveal some kind of belonging to<br />

another day from creation.<br />

Almost by magic, the villages and castles appear on the<br />

horizon and vegetation creates a cellular growth made up<br />

of vertical stems, small intertwined pins of recurrent shapes<br />

and forms, of wavy and zigzagging profiles, stimulating<br />

a remote sensation and therefore slightly surreal. But<br />

this sensation of surrealism is the effect of a superhuman<br />

silence that hangs over Costanzo’s world of paintings,<br />

suspended between history and fairytales, recognised<br />

through places that are like signals, located on a desert<br />

island.<br />

Costanzo is the first blessed to approach the shores or<br />

the last concerned exile to leave.<br />

Albano Rossi / R.A.I. Radiotelevisione Italiana - Giornaleradio 12 nov. 1990


FANTASIA E MEMORIA<br />

Fantasia e memoria possono benissimo essere indicate come elementi referenziali cui collegare moduli linguistici contemporanei<br />

e parametri stilistici, come poli entro i quali può muoversi una capacità di esprimersi nel campo delle arti<br />

visuali, affidate prevalentemente agli strumenti tecnici del segno e del colore.<br />

Alla fantasia, nella accezione metafisica della libertà trascendente, appartengono la concezione dello spazio e la designazione<br />

delle scelte contenutistiche entro un’architettura che può essere arcaicamente realistica, audacemente surreale<br />

o soltanto informale.<br />

Alla seconda appartiene la storia delle stratificazioni culturali, la fisionomia noumenica con il residuo di un sentimento<br />

che ci riporta ad una realtà vissuta come una dimensione storica.<br />

L’impegno pittorico di Fabrizio Costanzo si raccorda a questi due principi attraverso la costruzione di un ordine architettonico,<br />

grazie alla equilibrata strutturazione d’insieme, al calcolato ritmo compositivo che nel tono essenziale del suo<br />

proporsi, rivela l’interna coerenza del processo astrattivo.<br />

La presenza quasi costante di un motivo legato alla visualizzazione del borgo medioevale inteso come struttura essenziale<br />

che si sviluppa dentro una cinta muraria quasi sempre in verticale, sottolinea una designazione di campo spaziale,<br />

una esteriorità iconica che oltrepassa comunque la sfera visiva per portarsi sul terreno della metafora e della assonanza<br />

interiore con una fucina di possibilità in cui si coniugano più codici creativi.<br />

Il borgo medioevale, nella sua accezione storico-temporale, diventa simbolo di un passato che ci appartiene come entità<br />

memorativa, stratificazione parcellare, palinsesto da scoprire e rileggere con l’umore psicologico dell’oggi, con la<br />

nostra stravolta sensibilità moderna e con la fresca capacità intuitiva che ci fa cogliere finezze, profili, spessori inediti.<br />

Ma c’è una spazialità di tipo nuovo che suggerisce metafore in un’altalena metafisica di materia e geometria per cui<br />

fino a che il segno non si racchiude in se stesso, circoscrivendo una porzione di spazio ed assumendo una connotazione<br />

morfologica paranaturalistica (casa, mura, albero, fronda), si ha la vaga impressione che il piano di proiezione entro<br />

cui si visualizza l’evento pittorico, sia di tipo innovativo, tale da stravolgere i canoni usuali.<br />

Viene fuori un processo espressivo che fa pensare ad una sorta di emblematismo razionale, dove la sintassi, il raccordo<br />

funzionale fra i singoli elementi raffigurati, disegnati, dipinti risponde ad esplicitazioni che riportano le radici fenomeniche,<br />

già stilizzate e sublimate, sul piano di un equilibrio che ha ragione nell’ambito di una ricerca del valore semantico,<br />

significativo. Le forme, i colori, per Costanzo devono disporsi secondo una specie particolare d’ordine che procede<br />

gradualmente alla conquista di una semplificazione figurativa che conferisce all’insieme una pura essenzialità.<br />

Siamo (e ne avvertiamo sensibilmente il travaglio) alle soglie di una commossa trepidazione, pur nel fermo e deciso<br />

consistere delle forme essenziali; ma c’è al fondo una sorta di stupore e di silenzio illuminato che si lega alla favola<br />

triste della vita, in una vicenda atemporale e metafisica, allusiva per il suo sapore simbologico.<br />

L’albero è allora simbolo del nostro consistere terreno o meglio, la metafora di un favolismo risolto in chiave fantastica<br />

con un sapore irreale nel suo spazio continuo: in ogni caso supera l’impatto naturalistico, l’appagamento contemplativo<br />

ed articola un discorso più ampio e più complesso in una proiezione di tensione viva ed efficace, quasi da immaginario<br />

favolistico, ma con una sottesa presenza razionale.<br />

E’ proprio la scansione dello spazio, l’ordinata strutturazione d’insieme che coniuga reale ed irreale, sul filo di una memoria<br />

calda e avvertita, a sovrintendere ad una operazione lucida di elaborazione artistica.<br />

L’architettura allora diventa, nell’esercizio contemporaneo del segno deciso e del colore selezionato e trattato dentro<br />

una gamma ed una scala di valori sensibili e variabili, uno strumento linguistico che, ubbidendo al sintetismo essenziale,<br />

ha l’eleganza di un “exercise de style sur un topos visuel”, per dirla con Schneider.<br />

Giovanni Cappuzzo / Catalogo Fabrizio Costanzo - Palermo 1990


LA RICERCA ESPRESSIVA COME RECUPERO DI VALORI E DI ALTE F<strong>IN</strong>ALITA’<br />

Apparentemente il mio incontro con Fabrizio Costanzo è stato uno dei più casuali.<br />

Io non sapevo ancora niente né dei suoi quadri né delle sue mostre e questo si è rivelato un bene perché dalle cose<br />

che Costanzo mi diceva, dai suoi interessi e dai suoi desideri veniva fuori il significato più vero dei suoi lavori; significato<br />

che molte volte ho ritrovato anch’io leggendo poi e più attentamente in essi.<br />

Forse perché sento e vivo profondamente la crisi dei nostri giorni in cui il dialogo si annulla nell’indifferenza ed il silenzio<br />

mortifica la spontaneità, mi ritrovo in quella comunità sociale e di affetti composta da piccole case, quasi sempre<br />

uguali e semplici che si aggregano e si confortano a vicenda.<br />

E’ l’antico borgo dove affetti, odio e amore, amicizia venivano spontaneamente e coralmente vissuti.<br />

A questo punto il tessuto ed il volume della città esulano dai riferimenti prettamente storici per diventare specchio dei<br />

nostri desideri nella continua ricerca di dialogo, contrapposizione ai nostri silenzi, ricerca di vicinato, intimità.<br />

Ma in questo mondo pittorico vi sono molti altri motivi che lo caratterizzano personalizzandolo con forza: ne sono un<br />

esempio le strade, tagli drammatici alcuni che dagli estremi confini della città giungono al punto emergente della composizione;<br />

nastri flessuosi e morbidi altri.<br />

Vogliamo intenderli come cammini metafisici verso la perfezione?<br />

Anche qui le opere di Fabrizio Costanzo presentano dualità di segno e di significato.<br />

La massa cuspidata, fortemente geometrizzata, memoria inconscia dell’abbazia o del castello può intendersi come il<br />

riferimento fermo e sicuro verso cui tendiamo ben sapendo che per le poche volte che giungervi è facile, tante difficoltà<br />

invece bisogna superare quasi sempre.<br />

Molte volte, però, al volume sobrio e austero si sostituisce l’albero; un albero che sembra attingere vigore ed energia<br />

dalla terra ma che è, nel suo continuo rinnovarsi, esso stesso forza vivente.<br />

E’ per questo motivo che gli alberi, pur nella loro stilizzazione, svettano con andamento eretto e vibrante verso il cielo?<br />

Al verticalismo del borgo medioevale si contrappongono, con grande flessibilità, i paesaggi marini; l’orizzontalità è solo<br />

apparente, scandita com’è da ritmi e colori al limite di uno strano ideogramma la cui astrazione è evidenziata dalle coloratissime<br />

onde.<br />

Quale salto, inoltre, da un ideogramma ad una sequenza di archi…archi che solo apparentemente propongono uno<br />

spazio metafisico; questo spazio, delimitato da quinte e da archi, per alcuni versi scenografico, prepara ad una emozione<br />

che è tutta da scoprire: la superficie di fondo infatti, anch’essa forata da un arco, si apre su un borgo di cui si scorgono<br />

pochi elementi ma sufficienti perché l’immaginazione senta il bisogno di percorrere questo tunnel al di là del quale<br />

l’artista ci propone la sua realtà sempre presente: il borgo appunto.<br />

E poi c’è il colore che usa sempre netto, indulgente solo poche volte sulle mezze tinte, contrapponendo volumi e cielo,<br />

sfondi e primi piani: il borgo antico risulta così restituito ad una nuova vibrante vitalità.<br />

Non so ne mi sento di etichettare l’arte di Fabrizio Costanzo individuandone le precise matrici culturali del passato o<br />

del nostro tempo; mi sento di affermare invece che ci troviamo dinnanzi ad una ricerca espressiva che, attraverso la<br />

crisi del presente vuole recuperare valori ed alte finalità.<br />

Dora Avella / Galleria Il Cenacolo – Palermo, novembre 1990


IL BORGO METAFISICO TRA MITO E REALTA’<br />

L’immagine è nitida, stagliante, il riflesso d’uno specchio: all’interno di essa un mondo si agita, vorticoso per quanto<br />

quella è immobile, irrazionale per quanto, all’apparenza, risulta razionale l’associazione di forme, colori, contorni.<br />

E la vita è quella, perduta, dell’infanzia come rifugio ancestrale dell’età della purezza come di un riposo cui la mente<br />

tende nel suo divenire anima, e l’anima nel suo divenire mente: ecco che l’immagine è diventata simbolo, e nel simbolo<br />

traspaiono due mondi vicini ed insieme distanti: Dante, da una parte, la mente; e dall’altra, l’anima, Petrarca.<br />

Nella pittura di Fabrizio Costanzo, ogni vita sottende un’altra vita; ogni realtà un’altra, che dà forza sulla prima proprio<br />

in quanto se ne allontana, come le case del borgo, motivo così tipico di molti suoi quadri, che s’assiepano una sull’altra<br />

e nello sforzo dell’unione-contrasto s’elevano verso il cielo.<br />

C’è appunto, qui, tutto il Trecento toscano: quello letterario e quello figurativo, quello politico-sociale e quello religioso.<br />

Da un lato, come detto, Dante e Petrarca, cioè la tensione razionale e la tensione spirituale, e dall’altro Simone Martini<br />

ed i Lorenzetti (con sullo sfondo, la spada piantata nella roccia: il vigore giottesco) cioè la tensione politico-sociale (si<br />

pensi al Cattivo Governo ed al Buon Governo di Ambrogio Lorenzetti, o a Guidoriccio da Fogliano del Martini) fra lotte<br />

di fazione e guerre dei vari borghi.<br />

L’assemblaggio di motivi, si magna licet, è notevole, ma non fa schermo alla nitidezza né all’intelligibilità di essi; semmai<br />

li fortifica, come elementi di un caleidoscopio gigante, sicché a trionfare sono gli accostamenti di colore, che nella<br />

loro perfezione sono come una scala musicale fra le dita abili e svelte d’un pianista.<br />

Ritornando al motivo del borgo, così carico di motivi simbolici, ci sembra che in questo l’arte di Costanzo meravigli per<br />

creatività: l’accostamento costante di reale e irreale, l’immersione in un mondo tutto favolistico in cui il rapporto uomonatura<br />

risulta scarnificato dei suoi elementi superflui, per apparire in una magica essenzialità, tutto questo, dunque,<br />

finisce con l’innalzare ideali da troppo tempo perduti – la purezza, la gioia di vivere con gli altri, il mistero della scoperta<br />

della natura – proprio mentre rifiuta una realtà edulcorata, che poi è quella del nostro tempo, nascosta dietro finzioni<br />

(l’immagine sfuocata al posto di quella nitida) e chiusa da un morbo oscuro (l’assenza di colore come rinuncia alla vita);<br />

ecco allora che quel borgo d’atavica memoria, il borgo “resuscitato” da Costanzo, non è vecchio di sei secoli, ma è<br />

nuovo: è il borgo del Duemila, è il distruttore di questa nuova preistoria (l’etichetta al nostro tempo è mutuata da Pier<br />

Paolo Pasolini) che fagocita e non crea, possiede ma non ama. Ma per distruggere, oggi più che mai, non c’è bisogno<br />

di violenze; ed infatti, lo dicevamo all’inizio, è nella serena immobilità che il borgo si erge – il silenzio superficiale di un<br />

mare tormentato – e la sua arma vincente è l’ironia che deforma qualsiasi legge e qualsiasi categoria dell’universo, per<br />

formare un nuovo linguaggio in cui prevalga, finalmente, il silenzio sull’inutile rissa di parole che la nostra società offre.<br />

Svelare verità? Offrire messaggi? O chiavi e formule terapeutiche? Sono queste le finalità della pittura di Costanzo?<br />

Chi può dirlo? L’ermeneutica, di un romanzo come di un dipinto, ha valore proprio in quanto non è mai unica, intoccabile<br />

come una regola matematica, ma varia al variare delle emozioni di chi entra in contatto con l’opera; e allora lasciamoci<br />

irretire, visto che non siamo più capaci di farlo, dalla meraviglia silenziosa della scoperta.<br />

Francesco Scrima / Universitas - Palermo, gennaio 1990


<strong>IN</strong>CONTRO CON LA PITTURA DI <strong>FABRIZIO</strong> <strong>COSTANZO</strong>, GIOVANE TALENTO PALERMITANO<br />

CHE STA FACENDO PARLARE DI SE’<br />

Decisamente giovane (è nato a Palermo nel 1961) Fabrizio Costanzo è tuttavia un artista che ha fatto parlare di sé in<br />

maniera lusinghiera, critici quotati e che si impone per l’affascinante originalità delle sue opere: non a caso il suo nome<br />

è già presente nell’elitario catalogo dell’Arte Moderna Italiana Mondadori.<br />

L’arte di Costanzo ripropone in nuova veste il bagaglio di esperienza ideologica del borgo medioevale che si sviluppa<br />

all’interno della cinta muraria per difendersi dal mondo esterno e, crescendo vorticosamente, costruisce nuove cinte<br />

murarie concentriche, costringendo la città a svilupparsi densamente e in verticale. Ciò che ne viene fuori è una società<br />

proiettata nel futuro ma con forti condizionamenti del passato, verticalizzata in maniera surreale, riproposta come ritmo,<br />

scansione, modularità, musicalità.<br />

Il simbolismo e la cosmicità risultano evidenti: l’albero della vita, di frequente riproposto, ne è un chiaro esempio. Passando<br />

poi alla lettura tecnica dei quadri di Costanzo vediamo come la realtà dei sogni e la visione favolistica siano rese<br />

tramite ariose, sfumate e leggere campiture disegnate a pastello oppure con calde e decise tinte dipinte ad olio ottenute<br />

con l’impiego quasi esclusivo di terre (brune e verdi), di ocre e di gialli. In ambedue le tecniche predilette il colore<br />

assume un ruolo fondamentale: esso non viene inteso soltanto come fattore puramente visivo ma come espressione<br />

imprescindibile di continuità fra l’oggetto rappresentato e l’armonia dell’insieme, come fattore psicologico dell’opera<br />

generante emozioni.<br />

Francesco Scrima / Universitas – Palermo, gennaio 1990


<strong>FABRIZIO</strong> <strong>COSTANZO</strong> ED I SUOI BORGHI ONIRICI<br />

Il tema della mostra è incentrato sui borghi onirici, borghi desunti dalla memoria e dal mito, proiettati in una realtà pluridimensionale<br />

dove l’immaginazione e la fantasia fanno da perno a tutto il sistema di rappresentazione. Non, quindi, il<br />

borgo tradizionale, quello appartenuto alla storia ed ormai dimenticato, ma un borgo rivissuto, metaforizzato, simbolico,<br />

proiettato nel futuro.<br />

L’immagine che ne viene fuori, ormai svuotata da ogni implicazione con il passato, si presenta nella sua veste favolistica<br />

rievocando ricordi della nostra infanzia ma anche sensazioni e sentimenti appartenenti alla sfera del futuro…<br />

Il piano bidimensionale si alterna con quello tridimensionale dando vita ad una realtà surreale colma di riferimenti e di<br />

significati…<br />

Giuseppe Messina / Giornale di Sicilia - Palermo, 10 novembre 1990<br />

LA PITTURA VISSUTA DENTRO IL RACCONTO FIABESCO<br />

Fabrizio Costanzo, architetto, insegnante e pittore, è uno degli artisti contemporanei emergenti…La sua pittura è coinvolgente<br />

e toccante, diversa dalla produzione di molti artisti odierni spesso troppo ermetici.<br />

Il messaggio che Costanzo ci manda attraverso le sue opere si legge, sia nei colori nitidi dei quadri ad olio o a pastello,<br />

sia nelle figure che sono immaginate come se fossero messe in posa, desiderose di comunicare ma anche di essere<br />

studiate…Le forme sono geometriche e lineari, evidentemente influenzate dalla competenza architettonica del pittore;<br />

colpisce il continuo protendersi delle figure verso l’alto, il volere andare al di là della realtà terrena, in un luogo metafisico<br />

aspaziale e atemporale.<br />

Siamo, in conclusione, di fronte ad una pittura di tipo onirica che ci riporta a certi sogni rasserenanti, immersi in un’atmosfera<br />

surreale, che ci fanno credere e sperare di essere dentro un racconto fiabesco.<br />

Isabella Teresi / Tele Reporter Notizie – Palermo, 16 novembre 1990


APPROVATO DALLA GIUNTA COMUNALE IL PROGETTO PER ABBELLIRE LA PIAZZA DI MONDELLO<br />

La piazza di Mondello cambierà volto: entro dieci giorni circa verrà realizzato infatti un progetto di arredo urbano, approvato<br />

nei giorni scorsi dalla giunta comunale, che l’architetto-pittore palermitano Fabrizio Costanzo ha donato al Comune<br />

su iniziativa dell’Associazione Mondello. Un progetto che, se ben realizzato, contribuirà ad allineare finalmente<br />

Mondello alle altre località turistiche italiane come Sanremo e Portofino, alle quali sicuramente non ha niente da invidiare,<br />

ma da cui si è sempre distanziata per disordine e noncuranza. Si cercherà invece di venire incontro alle esigenze<br />

sia dei cittadini, che sicuramente vedranno più vivibile e accogliente la piazza, sia a quelle dei commercianti che<br />

potranno offrire meglio i loro servizi ai visitatori. La piazza verrà recintata da vasi in terracotta legati da corde marinare;<br />

dentro l’area il fulcro sarà rappresentato dalla fontana al centro che verrà potenziata con zampilli più forti, ed il verde<br />

all’interno, attualmente non curato, sarà costituito da una fioriera circolare dove sarà possibile comporre disegni o scritte<br />

con fiori colorati che daranno il benvenuto ai turisti. Attorno alla fontana, a mezzaluna, verranno installate diverse<br />

panchine alternate a piccole aiuole, mentre di fronte, sul lato opposto, sarà creata la piazzola della musica, una pedana<br />

in legno su cui si esibiranno, tre volte a settimana, pianisti o musicisti che suoneranno musica d’intrattenimento. Sui<br />

due lati opposti della piazza verranno inoltre create altre piazzole circolari con tavolini di 25-40 metri quadrati ciascuna,<br />

una per ogni bar che prospetta sulla piazza; al centro dei tavolini un lume a gas garantirà sempre, anche in mancanza<br />

della corrente elettrica, una luce soft. Gli spazi vuoti dentro l’area saranno spezzati da gruppetti di panchine e aiuole<br />

che eviteranno che si giochi a pallone dentro la piazza. Parecchi contenitori di rifiuti dovrebbero garantire una maggiore<br />

pulizia, mentre, in fondo alla piazza, ci sarà un’area destinata ai motocicli e degli spazi dove posteggiare anche le biciclette.<br />

Ogni arredo sarà mobile visto che non si potrà intervenire sulla pavimentazione e molte panchine o aiuole sono<br />

già state date in dotazione all’Assessorato Ville e giardini: tutto ciò accelererà i tempi di realizzazione del progetto. Per<br />

mantenere ordine e diminuire la possibilità di furti sarà assicurato un servizio di sorveglianza diurna e notturna, da parte<br />

di vigili urbani, carabinieri e polizia.<br />

”…il disegno non nasce da una casualità – spiega l’architetto-pittore Fabrizio Costanzo – ma da geometrie già esistenti<br />

nel luogo; ho cercato comunque di dare al progetto un’impronta più artistica che tecnica. La piazza diventerà un bel<br />

quadro che la gente potrà andare ad ammirare ogni giorno…”.<br />

Costanzo riprende così l’idea del “progetto artistico” già sperimentato a Milano in due occasioni (“Il Luogo ritrovato”<br />

(1989) e “Sagrati” (1990), in collaborazione con Giuseppe Messina e Anne Guy.<br />

Isabella Teresi / L’Ora – Palermo, 15-16 giugno 1991<br />

SISTEMAZIONE DEL VERDE SULLA PIAZZA DI MONDELLO<br />

La sistemazione del verde sulla piazza di Mondello è stata realizzata seguendo criteri lineari nel rispetto della realtà<br />

esistente e con elementi di arredo forniti dall’Assessorato Ville e Giardini. L’idea progettuale, ritrovando le geometrie e<br />

le caratteristiche del sito, si presenta semplice e funzionale, di natura transitoria, in attesa di una radicale sistemazione<br />

degli spazi urbani e della vivibilità dei luoghi.<br />

La piazza, nelle intenzioni di progetto dell’architetto-pittore Fabrizio Costanzo, risponde alle esigenze dei commercianti<br />

che, attraverso le isole messe a disposizione, avranno la possibilità di offrire alla cittadinanza ed ai turisti un servizio di<br />

ristorazione con opportunità di consumare prodotti alimentari tipici del luogo e non. Contemporaneamente si potrà<br />

ascoltare la musica proveniente dall’apposita piazzola (altra idea di progetto) e osservare la fontana rinnovata con i<br />

giochi d’acqua e con la grande fioriera circolare situata nel cuore della piazza. Il sito risponderà inoltre alle esigenze di<br />

tutte quelle persone che in esso vorranno ritrovare un luogo a misura d’uomo in cui riconoscersi, sedendo su alcune<br />

panchine appositamente predisposte per il pubblico o semplicemente passeggiando. Sono stati anche previsti dei parcheggi<br />

per motociclette e biciclette. L’intera area sarà contornata e caratterizzata da dissuasori collegati da corde marinare<br />

in sostituzione delle attuali catene (…).<br />

Mondello / Palermo, luglio 1991


IL PAESAGGIO SIMBOLICO DI <strong>FABRIZIO</strong> <strong>COSTANZO</strong><br />

Ogni pittore, per tutta la vita non fa altro che dipingere lo stesso quadro: è il quadro di sé e del proprio rapporto con il<br />

mondo.<br />

Ma qual è il quadro che dipinge Costanzo?<br />

Esso, secondo me, rimanda ad un illusionismo antico e tardo antico, ad una visione cosmologica fatta di metafore fantastiche<br />

come quelle dell’uomo del medioevo. Fabrizio Costanzo concepisce lo spazio come una scatola che contiene<br />

un paesaggio pieno di simboli: l’esterno è visto come un interno e viceversa, e questo è reso possibile perché il tessuto<br />

pittorico è bidimensionale e tridimensionale al tempo stesso. Non mi è mai piaciuto trovare a tutti i costi dei riferimenti<br />

storici e fare delle analogie o dei confronti, ma se proprio dovessi trovare in qualche modo un esempio precedente in<br />

questa abilità di trasformare forme piane in un inquietante gioco d’incastro di spazi tridimensionali, potrei dire che l’unico<br />

artista a cui ho subito pensato è M.C.Escher, abilissimo disegnatore che guardò attentamente i mosaici dell’Alhambra<br />

dove figura e sfondo interagiscono in un continuum decorativo prezioso ed interessante. Questo studio è alla base<br />

di tutta l’opera di Escher; similmente, Fabrizio Costanzo costruisce immagini complesse ed anch’esse interessanti.<br />

Proviamo ad entrare adesso dentro il quadro: troviamo una visione quasi sempre centrica, una composizione simmetrica,<br />

gradini o pavimento che conducono ad un albero o ad una torre: una piramide visiva, una visione del mondo in termini<br />

di metafora.<br />

Il mondo immaginato da Costanzo è come un albero: l’albero universale congiunge il cielo, la terra ed il sottosuolo e,<br />

per la sua posizione di asse del mondo, simbolizza la protezione, come un Dio Onnipotente che si estende tutto intorno;<br />

la figura dell’albero è un simbolo per il senso intrinseco d’immortalità che esso richiama: lo sviluppo di un percorso<br />

circolare che lo riporta al seme dal quale verrà rigenerato, ed è l’albero cosmico, l’albero della vita, del sapere, della<br />

psiche e della storia. Nella pittura di Fabrizio Costanzo, il colore svolge un ruolo anch’esso simbolico non meno<br />

dell’uso di una casa, di una finestra o di un blocco di pietra: forme semplici in un misurato rapporto di orizzontali e verticali,<br />

costruzioni compositive serrate e articolate; attraverso gradazioni di colore verde (il verde nell’alchimia è il colore<br />

dell’origine), sopra la linea dell’orizzonte troviamo la luna: nel mito, la luna è la sorella del sole, ha trasgredito le leggi<br />

divine e pertanto è diventata simbolo della sessualità profana. Dall’atteggiamento metaforico della fantasia di Costanzo,<br />

scaturisce tutto un sistema di simboli: il sole, la luna, l’albero, la montagna, il labirinto, la torre ecc.<br />

Ma, cosa vuole rappresentare Costanzo? Cosa cerca attraverso questo paesaggio di simboli?<br />

Come un’alchimista, egli ricerca forse la verità, i segreti della natura, della vita, della morte, dell’eternità e dell’infinito. Il<br />

paesaggio ricco di simboli che Costanzo ci presenta, è pervaso di poesia, ma anche di mistero e d’ambiguità, e perciò<br />

riesce a trasmetterci una tensione, un’emozione che ogni artista, segretamente, con la propria opera, spera e vorrebbe<br />

trasmettere: Fabrizio Costanzo c’è riuscito.<br />

Matilde Trapassi Wanstall / Accademia di Belle Arti di Brera – Milano 1991


LA PITTURA FAVOLISTICA DI <strong>FABRIZIO</strong> <strong>COSTANZO</strong><br />

Professore, qual è la sua formazione artistica?<br />

Mi sono laureato in Architettura all’Università di Palermo svolgendo inizialmente la professione dell’architetto, in seguito<br />

ho insegnato Disegno e Storia dell’arte nei licei e, contemporaneamente, ho ripreso a dipingere scoprendo ben presto<br />

la pittura come passione e ragione di vita.<br />

Questa sua formazione artistica che si avvale di apporti culturali così diversificati, la danneggia?<br />

Al contrario, mi arricchisce professionalmente e nella vita; oggi, nel nostro ambito, siamo abituati a pensare e ad agire<br />

settorialmente dimenticandoci che l’arte è unica e che diversi sono soltanto gli approcci: pittura, scultura e architettura<br />

(solo per citare le classiche) fanno parte di un’unica formazione e di un unico bagaglio culturale.<br />

Quando si ha la sensazione di essere un artista?<br />

Molti sono artisti potenziali senza saperlo: per la società, però, solo chi ha il coraggio di esternare ad un pubblico i propri<br />

sentimenti ed il proprio lavoro diventa artista “catalogato”.<br />

Mi parli della sua pittura.<br />

E’ sempre particolarmente difficile parlare di se stessi e del proprio lavoro; la mia pittura è stata definita in vari modi:<br />

“onirica”, “simbolica”, “favolistica”, “surreale” ecc… ma ogni pittura ha un suo preciso significato al di là della corrente<br />

artistica cui appartiene. Spesso storici e critici d’arte “inscatolano” le opere all’interno di periodi e correnti solo per comodità<br />

di trattazione.<br />

Come nascono i suoi quadri?<br />

Nei luoghi più impensabili e meno probabili, indifferentemente di giorno o di notte, sicuramente quando uno viene colto<br />

dal “momento magico”.<br />

Quali sono i temi della sua pittura?<br />

Da anni descrivo il borgo medioevale, non quello ormai storicizzato bensì un borgo proiettato nel futuro, onirico e favolistico<br />

(se proprio devo usare un’etichetta), composto da piccole tessere e da geometrie pure… ma in realtà il borgo è<br />

solo un pretesto per poter parlare di rappresentazione.<br />

Cos’è per lei la rappresentazione?<br />

La rappresentazione è la chiave di lettura dell’universale; essa è nelle cose più semplici ma anche nel nostro modo di<br />

comportarci più complesso.<br />

Recentemente lei ha disegnato il manifesto della Prima Sagra di Primavera di Mondello: come le è venuto in mente<br />

quel disegno?<br />

Per l’occasione ho pensato ad un luogo della borgata marinara ben riconoscibile anche se non prettamente storicizzato:<br />

“la passeggiata a mare”. Su un vaso della ringhiera, che delimita e separa la pavimentazione dal mare, ho immaginato<br />

tanti fiori con un bel sole soprastante che sorride: questa per me è la cornice ideale di Mondello.<br />

Quali sono stati i suoi ultimi impegni artistici nel 1992?<br />

Per quanto riguarda l’Italia, le partecipazioni di Torino (Galleria La Telaccia), Ferrara (Galleria Alba), Roma (Accademia<br />

Internazionale d’Arte Moderna). All’estero, New York (Jacob Javits Convention Center), Stoccolma (Museo Nazionale),<br />

Budapest (Museo Nazionale).<br />

Quali i suoi programmi futuri?<br />

Certamente un ritorno a Palermo e, spero, anche a Mondello!<br />

Ignazio Aiello / Mondello – Palermo, agosto 1992


<strong>FABRIZIO</strong> <strong>COSTANZO</strong> POETA DELL’IMMAG<strong>IN</strong>E<br />

Fabrizio Costanzo è un artista dotato di grandi capacità espressive.<br />

Le sue opere, pervase da suggestive tensioni emozionali, evidenziano una straordinaria sensibilità percettiva. Nel suo<br />

racconto simbolico si muovono fiori, piante, animali e oggetti che appartengono ad un mondo irreale, estranei alla nostra<br />

esperienza quotidiana. All’interno del suo sistema di rappresentazione ricerca un rigoroso modulo compositivo<br />

supportato da un assiduo studio delle matrici geometriche; il colore è utilizzato in maniera attenta e ostenta una forte<br />

componente psicologica; le tessiture sono fitte ed il loro trattamento è meticoloso. Osserva e rielabora la realtà con<br />

creatività sintetizzando un equilibrato ed elegante fraseggio. Costanzo si propone, quindi, come un autentico “poeta<br />

dell’immagine” poiché le sue opere sanno parlare con la suadente cadenza dei sentimenti inalterabili nel tempo. Nonostante<br />

la vasta gamma di riferimenti storici, egli si distacca da questi, depurandosi da tutto ciò che è prettamente reale,<br />

definito e quantificabile.<br />

I suoi dipinti e i suoi disegni ci attraggono e ci coinvolgono, in definitiva ci fanno sognare: il suo mondo e la sua arte,<br />

inesorabilmente ci conquistano.<br />

Lucio Baldi / Galleria La Telaccia - Torino, novembre 1992


QUEL MONDO GIOCHERELLONE E BEFFARDO<br />

THAT PLAYFUL AND DERISORY WORLD<br />

Davvero Fabrizio Costanzo è autore di opere che il critico<br />

d’arte Albano Rossi chiama “miracoli figurativi”? O forse<br />

l’immagine “nitida e stagliante” descritta da Francesco<br />

Scrima appartiene a quella “scatola simbolica” a cui fa<br />

riferimento Matilde Trapassi?<br />

Più d’uno ha scritto sull’opera di Fabrizio Costanzo, ed<br />

ognuno vi ha scoperto, letto, “sentito” qualcosa. Chi, come<br />

Dora Avella, delle forti geometrie e un dialogo costante<br />

fra orizzontalità e verticalità; chi, come Giuseppe<br />

Messina, vi ha visto pulsare “borghi onirici”; chi, invece, e<br />

siamo a Lucio Baldi, non ha esitato a rintracciare nel<br />

segno di Costanzo elementi di un verso, tali da renderlo<br />

“poeta dell’immagine”. C’è forse da stupirsi di questa<br />

polifonia di osservazioni, di questo “incanto” che coglie<br />

l’osservatore, il quale, davanti alle opere di Costanzo,<br />

non resiste alla tentazione di cercare le parole appropriate,<br />

quelle sintesi, quei simboli che riescano a descriverlo,<br />

a comprenderlo, a contenerlo? Probabilmente aveva<br />

ragione Enzo Patti che, in un modo che a qualcuno apparve<br />

provocatorio, nel 1989, presentò una personale di<br />

Costanzo utilizzando un labirinto di segni, tracce di una<br />

lingua mesopotamica inintelligibile a chi vi cerca sensi e<br />

significati codificati: non una parola, solo un’emozione,<br />

un segno fatto di segni. Eppure, lo sforzo compiuto da<br />

quanti della pittura di Fabrizio Costanzo si sono occupati<br />

in questi anni ha il pregio di consegnarci, oggi, una possibile<br />

chiave di lettura, un filo conduttore, una traccia del<br />

discorso. Intanto, che i visitatori facciano tesoro di questo<br />

timido consiglio: dietro la pittura di Costanzo, ma anche<br />

accanto, di lato, e forse ad anticiparlo, c’è Costanzo stesso,<br />

nato un singolare giorno, il 1° Gennaio 1961, quando<br />

ancora il suo destino di pittore era inimmaginabile. Nelle<br />

sue minute geometrie si legge, sia la figura dell’architetto,<br />

lo studioso attento di tecniche di rappresentazione<br />

che, a proprio piacimento, sa usare e manipolare gli strumenti,<br />

sia quella dell’artista che, attraverso la visione<br />

storica dei borghi medioevali, ci presenta il suo mondo<br />

“giocherellone e beffardo”.<br />

Poi c’è la figura di Fabrizio Costanzo insegnante, che<br />

spiega Storia dell’arte, che guida al disegno, che educa<br />

al gusto estetico ed alla sua ricchezza.<br />

Is Fabrizio Costanzo really the author of works that the<br />

art critic Albano Rossi calls “figurative miracles”? Or maybe<br />

does the “clear and silhouetted” image described by<br />

Francesco Scrima belongs to that “symbolic box” to which<br />

Matilde Trapassi refers?<br />

More than one has written about Fabrizio Costanzo’s<br />

work and each of them has found out, read, “felt” something<br />

in it; some, like Dora Avella, have founded hard<br />

geometries and a constant dialogue between horizontality<br />

and verticality; some, like Giuseppe Messina, have seen<br />

“dreamlike villages” beating; others, instead, like Lucio<br />

Baldi, have not hesitated to found in Costanzo’s trace<br />

elements of a verse as to make him “poet of the image”.<br />

Shall we maybe have to wonder at this polyphony of observations,<br />

this “spell” that captures the observer who, in<br />

front of Costanzo’s works, does not resist the temptation<br />

to look for the appropriate words, those syntheses, those<br />

symbols that can describe, understand and contain it?<br />

Perhaps Enzo Patti was right, when, in a way that<br />

seemed provocative to someone in 1989, presented a<br />

Costanzo’s personal exhibition using a maze of signs,<br />

traces of an incomprehensible mesopotamic language for<br />

those who are looking for sense and codified meanings:<br />

no words, only an emotion, a sign made of signs. However,<br />

the effort made by those who have been interested in<br />

Fabrizio Costanzo’s painting in these years is worth delivering<br />

us, today, a reasonable interpretation, a guiding<br />

thread, a trace of speech. In the meantime, let visitors<br />

prize this shy advice highly: behind Costanzo’s painting,<br />

but also beside, near, and maybe ready to anticipate it,<br />

there is Costanzo himself, born on an extraordinary day,<br />

on January 1st 1961, when his career as painter was not<br />

yet imaginable. In his small geometries we can read both<br />

the figure of the architect - the careful scholar of technical<br />

representations who can use and handle as he likes, the<br />

instruments - and that of the artist who, through the historical<br />

vision of medieval villages, shows us his “playful and<br />

derisory” world.<br />

Then, there is the figure of Fabrizio Costanzo as teacher<br />

who explains History of art, who guides to drawing and<br />

trains to beautiful and its richness.


Graffiti<br />

Graffiti Art<br />

E’ in quel contatto quotidiano con i giovani, nella scelta di<br />

una semplicità che non lascia spazio alle semplificazioni,<br />

in quel rigore adulto, che gli è permesso di credere nel<br />

fantastico, nel sogno, nell’impossibile. E’ in quella ricerca<br />

della precisione come “atto dovuto”, che si attua la sua<br />

dimensione d’insegnante: la semplice linea o il tocco di<br />

colore diventano, in aula, elementi fondamentali da essere<br />

studiati e analizzati.<br />

Il segno così indica ciò che esso è, ma anche ciò che vi<br />

sta oltre, con la capacità insita di descrivere, di stimolare,<br />

di evocare.<br />

Dietro le diverse figure di Costanzo, ovvero dietro questi<br />

aspetti della stessa persona ritroviamo, infine, con compiacimento,<br />

la figura di un uomo “senza professione”: non<br />

si scomodi il Musil dell’assenza di qualità perché qui la<br />

mancanza di professione è una “scelta professionale”,<br />

quella che non vuol fare dell’arte un semplice mestiere,<br />

della creatività una catena di montaggio, della ricerca<br />

una adesione a schemi, modelli, correnti predefinite.<br />

Questo, in realtà, è il regalo che Fabrizio Costanzo ci fa<br />

con maggior accortezza. E’ un astrattista? Un simbolista?<br />

Un surrealista o un metafisico? Appartiene forse a<br />

qualche corrente artistica contemporanea, magari di quelle<br />

che rapidamente compaiono e scompaiono?<br />

La verità è che Fabrizio Costanzo ci salva dall’obbligo di<br />

classificarlo, non lo chiede, non lo pretende: umilmente<br />

ce lo risparmia, sapientemente ce lo impedisce. Perché,<br />

in fondo le sue opere sono delle narrazioni, in ognuna<br />

prosegue e si interrompe un discorso.<br />

E’ una storia di borghi, forse del Trecento forse del Duemila.<br />

E’ una storia di angoli, di linee, di piante con lunghe<br />

radici o senza esse. E’ una storia di uomini e di donne<br />

che sono presenti nella misura in cui il mondo di Costanzo<br />

sembra fatto per loro, solo che per un destino che<br />

avvicina Costanzo al Morselli di Dissipatio Humani Generis,<br />

quegli uomini e quelle donne sembrano essersi dissipati<br />

per lasciar spazio ai pesci o agli uccelli, alle piante,<br />

alle cose quotidiane che però appartengono ad una quotidianità<br />

impossibile. Pensate, ad esempio, all’inquietante<br />

presenza di matite nei lavori di Costanzo; e ancora, a<br />

tetti come forme pure, a tronchi come steli infiniti, a foglie<br />

come pennini pronti ad intingersi nei calamai.<br />

It is that daily contact with young people, in the choise of<br />

a simplicity that gives no way to simplifications, in that<br />

adult severity, that he is allowed to believe in fantasy, in<br />

dreams and in the impossible. It is in that search for precision<br />

as “necessary act”, that his dimension as teacher<br />

comes out: the simple line or the touch of the colour becomes,<br />

in the classroom, fondamental elements to be<br />

studied and analyzed.<br />

In this way, the sign shows what it really is but also what<br />

there is beyond, with an inherent ability to describe, stimulate<br />

and evoke.<br />

Behind Costanzo’s differents aspects, or behind these<br />

aspects of the same person, we find out, with pleasure,<br />

the figure of a man “without profession”: let’s not trouble<br />

Musil regarding the lack of quality, because here the lack<br />

of profession it’s a “professional choice”, the choice that<br />

does not want to make art a simple job, creativeness an<br />

assembly line, research an acceptance of prearranged<br />

schemes, models and currents.<br />

This is really the present that Fabrizio Costanzo gives us<br />

with greater care. Is he an abstract artist? Is he a symbolist?<br />

Is he a surrealist or a metaphysical? Does he maybe<br />

belongs to a present-day artistic current, perhaps to one<br />

of those that rapidly appear and disappear?<br />

The truth is that Costanzo saves us from the obligation to<br />

classify him, he does not ask for it, he does not want it:<br />

he humble spares it to us, he wisely prevents it. At the<br />

end his works are tales in which a speech is continued<br />

and interrupted.<br />

It is a story of villages maybe of the fourteenth century or<br />

maybe of the year two thousand. It’s a story of angles,<br />

lines, plans with long roots or without its. It is a story of<br />

men and women who are here in the measure in which<br />

Costanzo’s world is made for them, if only destiny that<br />

brings Costanzo near the Morselli of Dissipatio humani<br />

generis, those men and women seem to have vanished<br />

just to give space to fishes or birds, plants and daily<br />

things that, however, belongs to an impossible every day<br />

life. Think, for instance, of an anxious presence of pencils<br />

in Costanzo’s works, and, moreover, roofs like pure shapes,<br />

trunks like endless stems, leaves like pennibs ready<br />

to dip into the ink.


Graffiti Art<br />

La scrittura viene evocata e la narrazione acquista il fascino<br />

di rinviare ad un altro strumento comunicativo,<br />

quello che dice, che concettualizza, che colora e dà tono.<br />

Attenzione, però: anche questo è un gioco. Non fatevi<br />

imbrigliare dai borghi illuminati di Costanzo passeggiando<br />

tra le sue viuzze e sui suoi tetti; non avventuratevi nei<br />

suoi “borghi felicita”, nelle sue “nevicate”, nelle sue<br />

“brezze marine” o nei suoi “pulviscoli lunari”. Sfuggite alle<br />

sue “attenzioni” ed alle sue “solitudini”, non cercate di dar<br />

nome alle cose che vedrete: esse non ne hanno, nessuno<br />

è mai riuscito a contenerle in un semplice nome. Non<br />

lasciatevi tentare dall’idea di trovare risposte.<br />

Le opere di Costanzo possono solo proporvi domande: è<br />

questo il loro pregio ultimo.<br />

Scoprirete così che fra le messi di parole, le mie e le<br />

altrui comprese, le opere di Fabrizio Costanzo sanno<br />

esprimere la semplicità del silenzio, il silenzio che avvolge<br />

e condiziona ogni sua opera, quasi un invito pressante<br />

a far smettere la fola di suoni che spesso ci avvolge,<br />

e a far spazio, magari per una volta, all’osservazione<br />

ed all’emozione che da essa deriva.<br />

Writing is evoked and narration acquires the charm to<br />

send back to another communicative instrument, the one<br />

that says, that gives the idea, that gives colours and<br />

tone. But pay attention: this is a play, too. Do not get deceived<br />

by Costanzo’s illuminated villages while walking in<br />

its little streets and on its roofs; do not go through his<br />

“happy villages”, “snow-falls”, “breezes” or “lunar dust”.<br />

Avoid his “cares” and his “loneliness”, do not try to give a<br />

name to things that you will see: they have none, nobody<br />

has ever succeeded in containing them into a simple name.<br />

Do not get tempteted by the idea to find any answer.<br />

Costanzo’s works can only give questions: this is their<br />

last merit.<br />

Then you will discover that among the so many words,<br />

mine and those of the others, Fabrizio Costanzo’s works<br />

can express the simplicity of silence, the silence that covers<br />

and influences each of his works, almost an invitation<br />

to stop the fairytale of sounds that often wraps us,<br />

and to give space, even if for once, to observation and<br />

emotion that comes from it.<br />

Gioacchino Lavanco / De ciclo vitae – Presentazione in catalogo.<br />

Palazzo Cataldi - Terrasini 1996


L’ARTE NON E’ UN’ISOLA, SERVE PER CAPIRE IL MONDO<br />

La mostra De ciclo vitae, esposta a Palazzo Cataldi dal 21 dicembre 1996 al 7 gennaio 1997, sintetizza l’attività artistica<br />

nel campo della pittura dell’artista Fabrizio Costanzo.<br />

La raccolta antologica, in un rincorrersi di scritti di vario genere, di pensieri, di note (personali e non), d’immagini di<br />

quadri e di rielaborazioni grafiche, visualizza il tracciato, o meglio, lo spaccato dell’iter pittorico dell’artista.<br />

In tale lasso di tempo, le diverse esperienze culturali e le altrettanti vicende della vita privata dell’autore hanno lasciato<br />

un solco profondo nel suo linguaggio artistico e nel suo animo.<br />

Ecco cosa scrive Dora Avella a proposito dell’olio su tela intitolato “Il tempo della rappresentazione”: “Gli archi…<br />

proponendo uno spazio, per alcuni versi, scenografico, preparano ad una emozione che è tutta da scoprire. Nella superficie<br />

di fondo, infatti, anch’essa forata da un arco… si scorgono pochi elementi, sufficienti perché l’immaginazione<br />

senta il bisogno di percorrere questo tunnel…”.<br />

Redazionale / Giornale di Sicilia – Palermo, 22 dicembre 1996<br />

DE CICLO VITAE<br />

Dal 21 dicembre 1996 al 7 gennaio 1997 il pittore prof. Fabrizio Costanzo ha concluso la sua doppia fatica artisticoculturale<br />

con la presentazione della raccolta antologica De ciclo vitae e la mostra di opere pittoriche nel prestigioso sito<br />

storico di Palazzo Cataldi a Terrasini. La manifestazione è stata patrocinata dall’Assessorato ai Beni Culturali del Comune<br />

di Terrasini e da La Sinopia – Centro Arti Sperimentali.<br />

Riportiamo una nota dello stesso autore: “Uno dei motivi di successo della personale è stato il coinvolgimento di grandi<br />

e piccoli alla manifestazione. Il pubblico partecipe, ha osservato, commentato e, all’occorrenza disegnato e colorato<br />

all’interno di Palazzo Cataldi, sui tavoli appositamente predisposti con il materiale preparato: in particolare l’obiettivo è<br />

stato quello di far lavorare i piccoli…per gioco: mi hanno così tenuto compagnia proprio mentre anch’io, per diciotto<br />

giorni, ho dipinto la mia tavola ad olio. E’ stata una piacevole ed interessante esperienza artistica e di vita, un modo per<br />

crescere insieme nel gioco e nel lavoro, intesi, entrambi, come le due facce della stessa medaglia”.<br />

Redazionale / Notizie dal mondo dell’arte – Il Notiziario n 44 - Roma, aprile – giugno 1997


I DISEGNI MAGICI<br />

MAGIC DRAW<strong>IN</strong>GS<br />

Capacità di un artista il quale, nella fermezza di un silenzio<br />

in positivo, fa emergere tutta l’esplicazione del dipinto,<br />

stimolando i tempi ed evocando trascorsi momenti.<br />

Nel programma estetico di Fabrizio Costanzo, vi sono<br />

una miriade di figure incastrate con inventiva immaginifica<br />

che caratterizza il momento magico del Medioevo nella<br />

sutura del classico con il moderno. Gioco di matita nel<br />

disegno ed espansione del pastello con predilezione dei<br />

verdi, dei gialli e delle terre per le sagome in volumi armoniosi.<br />

Gli oli, nel connubio di uccelli e pesci che si<br />

legano alla idolatrata luna, esaltano la resa pittorica. Una<br />

scatola di simboli che, sparsi nello spazio, danno risalto<br />

alla forza propulsiva e si impegnano e si impennano verso<br />

l’alto in sottesi significati. L’ambientazione è una scena<br />

in versione favolistica di una realtà aspaziale e atemporale<br />

nel ripetuto borgo, ordito di messaggi nascosti nel<br />

chiuso di tanti alveari, con l’essenzialità del sesso nella<br />

libertà dei soggetti descritti. Ricorrente è la notazione<br />

poetica che emerge per addolcire la meccanicità connessa<br />

all’apparato di case ed alberi nell’inquadratura tra<br />

terra e cielo.<br />

Le opere di Costanzo sono il miracolo di un collettivo<br />

immaginato e ridotto nella sintesi di una cultura ingabbiata<br />

nell’ordine delle cose, tali da sembrare merletto ingegnoso<br />

di fine architettura.<br />

Ability of an artist who, in the strength of a positive silence,<br />

makes the whole significance of the painting come to<br />

the surface, stimulating time and recalling moments of the<br />

past.<br />

In the aesthetic program of Fabrizio Costanzo there are<br />

thousands of figures stucked with imaginative inventiveness<br />

that characterises the magical moment of the Middle<br />

Age in the suture of classic and modern. A pencil game in<br />

the drawing and an expansion of pastels with a predilection<br />

for greens, yellows and umber for the profiles in harmonious<br />

volumes. The oil paintings, in the mixing of birds<br />

and fish that join the idolised moon, exalt the pictoral result.<br />

A box of symbols that, scattered in space, give emphasis<br />

to the propulsive force and point upward in underlying<br />

meanings. The setting is a fairy-tale scene of a space<br />

less reality in the recurrent village, full of hidden messages<br />

in the close of many bee-hives, with the essential<br />

of sex in the freedom of the described subjects. There is<br />

a recurrent poetic note that emerges to soften the mechanical<br />

aspect linked to the apparatus of houses and trees<br />

in the setting between earth and sky.<br />

Costanzo’s works are the miracle of a collective imagined<br />

and reduced in the synthesis of a culture enclosed in the<br />

order of things such as to seem an ingenious lace of fine<br />

architecture.<br />

Giuseppe Mendola / Sikania - Palermo, ago./set. 1998


ROMA 1999<br />

IL REALISMO FANTASTICO DI <strong>FABRIZIO</strong> <strong>COSTANZO</strong><br />

Nelle nature marine, le figure si muovono senza alcun vincolo, libere da ogni legge di rappresentazione prospettica e<br />

gravitazionale. Spesso intrecciano tra loro rapporti bizzarri e poliedrici interagendo su scenari dal realismo fantastico.<br />

Quasi al limite di una commedia teatrale le figure recitano, si scambiano battute e con gli occhi si rivolgono allo spettatore:<br />

nel coinvolgimento, quest’ultimo è spinto ad entrare dentro il quadro, all’interno di una sorta di colloquio mentale e<br />

visivo, un dialogo senza parole.<br />

La luce è il motivo dominante delle opere di Costanzo, sempre netta, stagliante, mai indulgente, una luce psicologica e<br />

poco atmosferica, che non possiede ombre, che non illumina tutto…All’interno di una tavolozza cromatica naturale che<br />

si esprime con i verdi, i blu, i gialli, le ocre, le terre e qualche rosso, la sintassi pittorica è nitida e rigorosa, le immagini<br />

hanno un taglio ed un contorno preciso.<br />

Le figure, sia marine che terrestri, benché apparentemente isolate all’interno del contesto del quadro, fanno sempre<br />

parte di un racconto, un ciclo narrativo, un segmento concettuale che procede e si srotola nel tempo.<br />

Carlo Della Valle / Annuario D’Arte Moderna A.C.C.A. – Roma, 1999<br />

IL BORGO DI <strong>COSTANZO</strong>: STUPEFACENTE RI-CREAZIONE<br />

Nel suo singolare immaginario, Fabrizio Costanzo conduce una ricerca assidua e intelligente incanalata all’interno di<br />

un percorso in bilico tra memoria e reinvenzione: siamo al limite di una proposta estetico-ideativa (una ricreazione) sul<br />

piano della rappresentazione, ricca di riferimenti culturali, a volte aulica, incastonata di semplici elementi formali.<br />

La reinvenzione, all’interno di un rigore compositivo, si presenta insieme ingenua e complessa, bidimensionale e tridimensionale,<br />

intrisa di geometrie astratte che alludono al loro significato simbolico. Tale itinerario concettuale, svuotato<br />

di precise connotazioni storiche, determina l’oggetto artistico che si costituisce in una non specificata dimensione<br />

temporale. Nei quadri si avverte l’appartenenza al segno e al significante ma anche la consistenza fisica che consente<br />

di vedere l’oggetto nel suo essere “cosa”, ritaglio di uno spazio, ricordo immaginario, memoria con fughe vertiginose<br />

nel tempo. Il borgo verticalizzato pone l’evidenza di un luogo che diventa atmosfera sognata e magica, stupefacente<br />

espressione di un universo creativo in cui plasticità, colore e architettura interagiscono.<br />

La pittura evidenzia campiture piatte che s’incontrano con cieli a rilievo scuri e scintillanti. Il colore struttura l’immagine<br />

descritta diventandone lo statuto specifico, l’idea stessa del borgo concepito, che reclama la parvenza di un gioco<br />

nell’inganno del suo proporsi.<br />

Francesco Carbone / Addaura Hotel Residence Congressi – Palermo, 1999


<strong>FABRIZIO</strong> <strong>COSTANZO</strong> O DELL’EQUILIBRIO DELLE IMMAG<strong>IN</strong>I<br />

Fabrizio Costanzo perviene alla costruzione pittorica del suo immaginario attraverso uno stile sintetico, in cui la qualità<br />

della pittura e la cura affettuosa dei particolari descrivono l’essenziale, ma rigorosamente determinata, struttura delle<br />

forme.<br />

L’artista, mirando alla sostanza delle cose, lega, alla solidità dei volumi geometricamente precisati, la stabilità del dipinto,<br />

realizzando un’intrigante e nel contempo efficace dinamica armonica. Questo svolgersi di geometrie definite e tuttavia<br />

sciolte dagli stessi rigidi vincoli che le contraddistinguono, scarne nella loro assoluta limpidezza, danno appieno il<br />

senso dell’esperienza dell’uomo e della misura del corpo, sebbene non vi sia presenza umana nello spazio virtuale del<br />

quadro. Dove sorgono pianure, colline o irte montagne e dove s’insinuano borghi ordinati da un equilibrio speciale che<br />

offre omogeneità e carattere a tutta la pittura di Costanzo.<br />

Sono visioni svelate da una luce immobile, che attenua la forza del colore e accresce la profondità dell’orizzonte. E,<br />

quando la luce si abbandona alla notte, lo scintillio della luna e delle stelle rimbalza sui tetti delle case e sulle chiome<br />

degli alberi, richiamando lo sguardo verso un altro orizzonte, quello più misterioso del cielo.<br />

Nei notturni - ciclo di opere che questo catalogo storicizza - di fatto, l’infinito di un cielo verde profondo si appropria di<br />

una vasta superficie della tela, avvolgendo ogni immagine senza comprimerla. Così, queste opere permettono di affacciarsi<br />

su un’ampia prospettiva visionaria in cui il buio non è condizione di tenebra o di cecità ma un luogo di riposo e di<br />

quiete. Allora la realtà, tramite l’esercizio poetico del dipingere, si traduce in sogno, un’apertura incantata e innocente<br />

alla memoria e all’attesa, una sospensione metafisica in cui si condensano la bellezza e l’armonia come sostanze<br />

dell’essere.<br />

Marcello Palminteri / Notturni - Presentazione in catalogo – Scirocco Arte Contemporanea – Terrasini, dicembre 1999<br />

<strong>FABRIZIO</strong> <strong>COSTANZO</strong>: NEL BUIO DELLA NOTTE RISPLENDE LA LUNA<br />

Quando il nero della notte scolora il rosso del tramonto, la natura, per un attimo, si cristallizza nell’attesa di un evento<br />

misterioso, un precario equilibrio fra le certezze della luce e l’incognita del buio... Buio che richiama alla mente paure<br />

ancestrali, quando la notte era fantasticamente popolata da entità malefiche pronte a carpire la vita di uomini schiacciati,<br />

incolpevolmente, dalla non conoscenza. Non è così per le ultime realizzazioni di Fabrizio Costanzo che, pur non<br />

abbandonando le passate espressioni artistiche, immerge i suoi paesaggi, i suoi alberi, i suoi borghi da fiaba, nell’oscurità<br />

di una notte fatata, scevra da ansie e prodiga di promesse d’incantato vivere. In quest’atmosfera protettiva dove<br />

l’uomo veglia sereno, le case si ordinano in un vertiginoso equilibrio verticale o si rannicchiano al riparo di monti illuminati<br />

da una luce diffusa.<br />

Costanzo esalta le forme e rinuncia a colori clamorosi che finirebbero per volgarizzare una totalità visiva, concentrata<br />

su un insieme ben composto, immersa in un’atmosfera rarefatta, assorta, esente da acuti dissonanti. Complessi strutturali<br />

geometricamente coerenti, non scaturiti da teoremi astrusi ma da una fantasia feconda che fa rivivere piccoli agglomerati<br />

rurali a misura d’uomo dove, ancor oggi, s’avvertono profumi diffusi per invisibili vicoli, quali messaggi di<br />

quiete in una notte che promette rifugio sicuro da incubi paurosi o da veglie immotivate.<br />

Le opere di Costanzo vengono fuori da un animo sereno, vinto da armonie fiabesche, metafisiche, che si espandono<br />

nella notte rischiarata dall’opalescente lucore di una luna ben augurante. Si è immersi, allora, in una serenità senza<br />

tempo, senza spazio, che s’insinua nel profondo di un’umanità non più pervasa da inumana violenza, sopraffatta invece,<br />

da una natura riposante che è sogno ad occhi aperti ma anche mistero della creazione.<br />

Claudio Alessandri / Notturni – Presentazione in catalogo – Scirocco Arte Contemporanea – Terrasini, dicembre 1999


FURTO NELLA GALLERIA D’ARTE DI UN RISTORANTE A TERRAS<strong>IN</strong>I:<br />

NEL BOTT<strong>IN</strong>O TREDICI OPERE DEL PALERMITANO <strong>COSTANZO</strong><br />

Il furto è stato scoperto ieri mattina ed è stato subito denunciato alle forze dell’ordine.<br />

I ladri sono entrati in azione ieri notte. Dopo avere forzato una porta al numero civico 97 di via Palermo a Terrasini,<br />

sono entrati nel locale e si sono impossessati dei dipinti. Hanno caricato i quadri uno dopo l’altro e, con tutta probabilità,<br />

li hanno sistemati su un furgone dandosi poi alla fuga.<br />

Sul colpo è stata aperta un’indagine.<br />

Gli investigatori ritengono assai probabile che si tratti di un furto su commissione e che i quadri saranno presto piazzati<br />

sul mercato nero…I carabinieri ascolteranno i gestori del locale e della galleria per comprendere se nei giorni passati<br />

sono state notate alcune presenze sospette, perché sembra fuor dubbio che chi è entrato in azione per rubare i quadri<br />

abbia prima compiuto un sopralluogo al Liolà. L’altra notte i banditi si sono così impossessati di tredici quadri del pittore<br />

palermitano Fabrizio Costanzo, che da qualche giorno esponeva nella galleria di Terrasini… ”Da qualche tempo abbiamo<br />

avviato una collaborazione con il ristorante Liolà per allestire una galleria – dice il direttore artistico Marcello Palminteri<br />

– e, facendo leva sul binomio gastronomia-arte, abbiamo organizzato diverse esposizioni. L’altra notte, però,<br />

qualcuno ha deciso di impossessarsi dei quadri esposti e di intralciare il nostro percorso culturale”. Palminteri è visibilmente<br />

dispiaciuto, il raid dei ladri ha inferto un duro colpo all’attività della galleria. Adesso i responsabili del centro culturale<br />

di Terrasini confidano nell’operato delle forze dell’ordine per tentare di riuscire a recuperare i quadri ma l’impresa<br />

non sembra delle più facili. In questi casi, infatti, i ladri sono semplici esecutori, incaricati di mettere le mani sulle opere<br />

d’arte e di consegnarle immediatamente al ricettatore.<br />

Virgilio Fagone / Giornale di Sicilia – Palermo, 7 gennaio 2000<br />

I DIP<strong>IN</strong>TI DI <strong>FABRIZIO</strong> <strong>COSTANZO</strong> VANNO A RUBA<br />

I dipinti di Fabrizio Costanzo vanno a ruba.<br />

Non è un modo di dire, effettivamente tredici opere del pittore architetto Fabrizio Costanzo sono sparite durante<br />

la notte tra il 6 e il 7 Gennaio, alla vigilia della chiusura della personale dell’artista nella sala attigua il ristorante Liolà<br />

adibita a mostra dalla Scirocco Arte Contemporanea in via Palermo 95-97 a Terrasini (Pa).<br />

Le opere, di fattura onirica, hanno catalizzato un pubblico raffinato di visitatori, ma anche l’attenzione di ladri che hanno<br />

selezionato alcune delle opere più pregiate del Maestro che ha esposto con successo trentatré opere nel locale anzidetto.<br />

I quadri di Costanzo attualmente sono quotati dalla VAL.ARTE diversi milioni di lire. Nella Galleria d’arte telematica<br />

dell’A.I.A.M. riportiamo uno dei tredici dipinti rubati, Portando la luna a spasso in una magica notte: è un’opera deliziosa<br />

che ha indotto in peccato i ladri.<br />

Redazionale / Notizie dal mondo dell’arte – Il Notiziario n 50 – Roma, apr./giu. 2000 ed edizione telematica – febbraio 2000


Alcuni dei quadri rubati all’autore in esposizione<br />

Notturni - GALLERIA D’ARTE LIOLA’ - Terrasini, dic./gen. 2000


NEL MONDO DELL’ARTE<br />

(…) Nei medaglioni dei ricordi, indubbiamente dovrei mettere le figure dei tanti artisti che ho frequentato e talvolta presentato<br />

nelle varie mostre, uno per tutti il pittore Vincenzo Vinciguerra, con la sua consumata esperienza, la sua instancabile<br />

volontà a non dare mai per scontato l’esito finale di un quadro, ma anche con la sua abilità tecnica e la capacità<br />

camaleontica nel sapersi rinnovare…L’ultima mia esperienza nella piena maturità l’ho avuta con un artista dal talento<br />

vivo: Fabrizio Costanzo, docente ed architetto, raffinato disegnatore ed armonioso pittore. Le sue immagini, sperimentate<br />

in novità spaziali e coloristiche ed esplorate attraverso sistemi di rappresentazione storici, mi sono subito apparse<br />

come momenti magici. In particolare, i suoi borghi rivisitati mi si sono rivelati in un connubio di tensione spirituale medioevale<br />

e di visione prospettica rinascimentale, con una configurazione finale nitida e smagliante al tempo stesso…<br />

una visione spaziale acutamente visualizzata dalla sua capacità manipolativa….<br />

Giuseppe Mendola / Ricordi (capitolo III) - Edizioni Primosole – Palermo, novembre 1999


ROMA 1999<br />

UNO STRANO GIOCO DI SGUARDI E D’<strong>IN</strong>TENTI<br />

Dentro una rappresentatività ben curata, frutto di una padronanza stilistica e concettuale, si muove il mondo magico e<br />

poetico di Fabrizio Costanzo.<br />

Il segno, nell’essenzialità visiva, predispone una pittura simbolica d’ampio respiro, significativa, dolce e decisa nel contempo.<br />

Un’armonia spaziale di tipo psicologico pervade la composizione dove gli elementi giustapposti ed equilibrati,<br />

recitando, si osservano, inebriando lo spettatore complice in un gioco di sguardi e d’intenti.<br />

Il mio pensiero fisso è sempre rivolto lì, a quell’incredibile quadro che, a distanza di anni, emana una sorta di magia:<br />

Portando la luna a spasso in una magica notte: è l’inizio di un cammino…o un volo mai interrotto? E’ come se le nostre<br />

notti insonni fossero vigilate da quel tranquillo uccello che, ancor oggi, ci protegge, sorvolando le nostre case. Prima<br />

e dopo c’è tutta la ricerca di Costanzo, dagli inizi, i borghi medioevali reinterpretati verticalmente in chiave magicosimbolica,<br />

alla scrittura-segno, alle carte su legno, alle tematiche siciliane e a quelle dei tanti viaggi effettuati.<br />

La flessibilità cognitiva e sensoriale dell’autore è la chiave di lettura per capire come s’inerpichi nei meandri psicologici<br />

e spirituali dei luoghi e delle persone. L’approccio analitico e sornione, dentro una rappresentatività magico-favolistica,<br />

genera una realtà cristallizzata nel tempo. In essa l’uomo non si mostra ma è presente prendendo parte al mistero<br />

dell’universo e dando senso agli elementi del creato.<br />

Tutto partecipa alla configurazione dell’immagine: la luce, che irrompe, netta, a identificare gli elementi, o dolce, ad<br />

accarezzarli; il disegno, d’impianto sicuro, che denota padronanza stilistica ed espressiva; la pittura, ricca visivamente,<br />

che impreziosisce l’intera composizione con una tavolozza composta da pochi colori (quelli della natura) ma d’infinite<br />

tonalità e che trascende la materia comunicando un messaggio estetico fortemente caratterizzante: è così che il gioco<br />

cromatico, imperniato soprattutto sulle ocre, le terre e i verdi diventa significante, mostrandosi nelle tante sfumature e<br />

rendendo la superficie brillante.<br />

Infine le texture e il trattamento delle superfici, che Costanzo cura meticolosamente alternando superfici piatte e rigorose<br />

ad altre corpose, spatolate, pennellate di getto o elaborate con sabbia e segatura per accentuarne l’effetto tridimensionale.<br />

Fanno da corona (ma sono anche struttura portante) le lune, le stelle, i soli, l’acqua, la terra, e in generale la<br />

natura vegetale e animale, soggetti dipinti in maniera essenziale, pregnanti, di nostro gradimento che popolano e definiscono<br />

una dolce e magica atmosfera.<br />

Anne Goliot / Parigi, settembre 2004 / Roma, Annuario d’Arte Moderna A.C.C.A. 2005


TRACCE, UNA MOSTRA <strong>IN</strong>SOLITA<br />

<strong>FABRIZIO</strong> <strong>COSTANZO</strong> E FRANCESCO P<strong>IN</strong>TAUDI, DIP<strong>IN</strong>GERE A QUATTRO MANI<br />

Due pittori (uno architetto, l’altro ingegnere) dopo anni di conoscenza e di stima professionale reciproca, decidono di<br />

esporre insieme accostando i loro linguaggi e le loro tematiche. Da lati opposti.<br />

Nasce Tracce, una mostra sul segno con un obiettivo specifico e coraggioso: accostare le tracce della memoria e quelle<br />

contemporanee (tra armonia storica e stress quotidiano), dal “medioevo” di Costanzo al “copertone” di Pintaudi.<br />

Il progetto espositivo (che segue l’altro sulla comunicazione – Ti dirò – Palazzo Branciforte, 2006) è dinamico e complesso:<br />

si sviluppa e si accresce nel tempo con gli elaborati che vengono prodotti man mano che si procede.<br />

Stranamente, critica e pubblico sono entusiasti…e se ne parla molto. Si crea un movimento d’opinione e si scrivono<br />

testi interessanti…<br />

La mostra, presentata in catalogo da Elina Chianetta, è stata inaugurata con Pino Schifano al Sanpaolo Palace Hotel di<br />

Palermo il 15 dicembre 2007.<br />

E’ coinvolta l’Università, nel cui ambito, in occasione del 7° Congresso Nazionale della Facoltà di Architettura (6-9 febbraio<br />

2008), Fabrizio Costanzo e Francesco Pintaudi dipingeranno in Hotel.<br />

Nella performance, i due pittori si spingeranno oltre operando contemporaneamente sulla stessa opera: le tracce storiche<br />

e quelle quotidiane s’integreranno entrando in simbiosi. Saranno realizzate opere in tecnica mista su vari supporti<br />

che si aggiungeranno a quelle già esposte, rendendo viva e dinamica l’intera esposizione.<br />

Il gioco-ricerca sulle tracce, appena iniziato, avrà un seguito dopo la chiusura della mostra e negli anni a venire: Costanzo<br />

e Pintaudi produrranno altre “contaminazioni” e la loro collaborazione maturerà nel tempo sperimentando approcci<br />

sempre più diversificati.<br />

Miostudio.it


Elina Chianetta e Pino Schifano presentano la mostra di Fabrizio Costanzo e Francesco Pintaudi<br />

Tracce - SANPAOLO PALACE HOTEL - Palermo, 15 dicembre 2007


DISCUSSIONI SU UNA MOSTRA<br />

Vorrei introdurre questa mostra con un’esperienza personale, apparentemente estranea all’evento in atto, un episodio<br />

che risale alla mia gioventù, quando, studente universitario qui a Palermo, lavoravo a Padova, interessandomi già da<br />

allora di teatro, musica e pittura.<br />

Una mattina di gennaio, affacciandomi alla finestra della struttura militare dove vivevo, vidi l’enorme piazzale sottostante<br />

(contornato da tre immensi palazzi) completamente deserto… e bianco per la neve che era caduta; un grande fazzoletto<br />

candido, meraviglioso, splendente della luce che v’incideva. Ad un tratto, da lontano, arrivò una jeep che fece un<br />

percorso ondulato, dolcissimo, che lasciò un solco su quel fazzoletto bianco. Con la mente, mi rifeci immediatamente a<br />

quella che era la poesia futurista, o all’arte Dada. Ma ciò che mi rimase di quell’esperienza (che non dimenticherò più)<br />

fu la traccia, il segno lasciato dall’automezzo. Bene, l’episodio appena raccontato – come potete facilmente intuire – è<br />

strettamente legato al titolo della mostra di Costanzo e Pintaudi e al significato che vuole avere la parola “tracce”, emblema<br />

del segno e del linguaggio. Perché il linguaggio nasce così, con un segno, un solco che i primi uomini fecero e<br />

che poi altri diffusero in tutto il mondo, ognuno con tracciati diversi, diventando linguaggio. Traccia appunto, nel significato<br />

latino di trascinamento, testimonia qualcosa che è stato trascinato, condotto in una certa maniera, rimasto come<br />

segno eterno di un passaggio, presenza, o anche, in maniera transitoria, che viene lavato dalla pioggia, dalle intemperie.<br />

Adesso v’invito ad immaginare la scena di un film dove le riprese, zumate rapidamente, partono da una stella lontanissima<br />

e si avvicinano ad una casa sulla terra; oppure, viceversa, considerate le riprese che partono dall’interno della<br />

finestra di una casa e conducono fuori con un movimento scenico velocissimo. Provate a vedere la terra dall’alto e ad<br />

osservarla improvvisamente in un arco storico che va dalle origini fino ai nostri giorni. Quanti segni e quanti disegni<br />

diversi di camminamenti sono rimasti sulla terra, che si sono sedimentati lasciando le tracce della nostra storia…<br />

Il segno e la traccia non sono altro che la storia di tutti noi, passato, presente e futuro.<br />

Il tema proposto da Fabrizio Costanzo e Francesco Pintaudi è complicatissimo ma estremamente affascinante: se voi<br />

riflettete su quanti significati ha la parola traccia, si potrebbe andare all’infinito. Dalle tracce di cui stiamo parlando, le<br />

orme, alle tracce che si vanno seguendo per andare a scoprire un assassino, alle tracce dei camminamenti di eserciti,<br />

di macchine, di una lumaca che lascia la scia…la scia sulla neve, come dicevamo all’inizio, la traccia di un film, le tracce<br />

delle analisi cliniche, la traccia di un impianto elettrico…Però, per sintetizzare, e per non parlare dell’infinità di tracce<br />

che si potrebbero lasciare, mi vorrei soffermare su due o tre tipi di tracce che hanno attinenza con il tema della mostra<br />

in atto e dell’arte in genere: traccia, in architettura e in ingegneria (uno è architetto e l’altro è ingegnere!) è l’ossatura di<br />

un progetto. In arte (e nello specifico del quadro) è lo schema, l’abbozzo, la sinopia, il disegno preparatorio di un progetto<br />

artistico… e potremmo andare avanti indagando su cosa sono le tracce nella loro professione e nell’arte, ma arriveremmo<br />

sempre ad una conclusione: segno e traccia si guardano vicendevolmente dicendo, l’uno, una cosa nel campo<br />

artistico, l’altra, una cosa nel campo della storia.<br />

Quali sono i punti di congiunzione tra un architetto ed un ingegnere che hanno due storie e due stili diversissimi e che,<br />

apparentemente, non hanno nulla a che spartirsi nella realtà tranne il fatto che, insieme, hanno allestito questa mostra<br />

che è la risultanza di un concetto unico?<br />

Nel modo di pensare di Francesco Pintaudi c’è una certa costruzione mentale che via via, nel corso degli anni, lo ha<br />

portato, da una serie di esperimenti simbolisti e metafisici, naturalistici o più recentemente concettuali e storici, ad un<br />

astrattismo informale, attuale, che è però il portato di un ragionamento in cui il segno si fa materia viva per raccontare<br />

la storia: questo è un po’ il ragionamento…ingegneristico e culturale di Pintaudi. Egli ha continuamente fatto una ricerca<br />

estetica di linguaggi diversi, anche se la componente, il denominatore comune è il cromatismo e l’impatto materico.<br />

Fabrizio Costanzo parte invece da una posizione totalmente diversa. Ha una sorta di stile fissato, preciso, che ha inventato<br />

in un certo momento e che ha seguito con fedeltà in tutto il suo arco artistico. Pintaudi racconta la storia, in<br />

Costanzo la storia s’infila nel suo segno partendo così da una concezione culturale che, nello specifico, lo lega molto<br />

alla pittura del Trecento. Se andate a vedere i grandi capolavori di Giotto, Simone Martini, i Lorenzetti… vi accorgerete<br />

che la prospettiva pionieristica di quei quadri è il modo di narrare le cose e le case soprattutto, l’aspetto urbanistico, lo<br />

sfondo in cui sono inserite le figure di San Francesco o di altri santi.


Tutto ciò induce a considerare il Trecento come una sorta di tessitura geometrica incredibilmente moderna e attuale...<br />

Possiamo dare una spiegazione del concetto attraverso una semplice considerazione sull’Astrattismo di Piet Mondrian<br />

che, con un colpo di genio, ad un certo punto della storia, ha reso razionale e poetica la realtà del suo tempo. Bene, lo<br />

stile di Fabrizio Costanzo io lo accosterei, anche se con un iperbole e con una stranezza, alla musica di Bach rivisitata<br />

da Anton von Webern, massimo esponente del dodecafonismo… che è il corrispondente in musica dell’astrazione di<br />

Mondrian. Immaginate che delle composizioni di Bach siano state affidate a Webern per essere rivisitate con una sorta<br />

di razionalità lirica. Quello che fa Fabrizio Costanzo è la poesia razionale di una geometrizzazione di forme che sono<br />

costanti nel tempo, apparentemente uguali, apparentemente simili, ma espressione di un discorso continuo che, guarda<br />

caso, è la traccia della storia nel suo divenire (…). In Fabrizio Costanzo la storia passa per raccontare forme, in<br />

Francesco Pintaudi la forma passa per raccontare storia. Il parallelismo tra i due sta nel fatto che le rispettive tematiche<br />

s’incrociano perché l’una senza l’altra non può stare!<br />

Azzarderei una curiosità visiva: se provate a guardare a distanza una tavola verticale di Fabrizio Costanzo, vi accorgerete<br />

di una traccia che va dal basso verso l’alto con delle sagomature che, tutto sommato, non sono molto dissimili dal<br />

copertone che sceglie Francesco Pintaudi per raccontare la sua storia vissuta, e che noi, giorno dopo giorno, lasciamo<br />

sull’asfalto…<br />

Pino Schifano / Tracce – presentazione mostra - Sanpaolo Palace Hotel – Palermo, 15 dicembre 2007


LA SFIDA DELLA MEMORIA<br />

Tracce. Orizzonti minimi. Intrinsecamente fragili.<br />

Il tempo, non dà loro requie…Intrinsecamente forti, capaci di reggere a quel logorio incessante, ed affermare la loro<br />

volontà di permanere. Il risultato di questa lotta titanica è la memoria. E l’arte è la sua spada sguainata, il suo esercito<br />

sempre in cammino, il suo baluardo. Il compito tout court dell’artista quello di palesarne lo spessore – per similitudine o<br />

per contrasto, recuperando o distruggendo – ripensando nel proprio linguaggio, le esperienze del sé e di mille altri sé…<br />

La sfida della memoria – il suo richiamo ad essere responsabilmente al mondo è rivolto ad ogni singolo individuo: non<br />

c’è esperienza umana, forma di società, epoca, che possa esimersi dal raccoglierla…<br />

Fabrizio Costanzo e Francesco Pintaudi, pur nella diversità delle scelte stilistiche, si muovono con coerenza, lucidità e<br />

profondità, senza contraddizioni né sbavature, nel solco della memoria…<br />

Elina Chianetta / Tracce – presentazione in catalogo e Sicilia Tempo - Palermo, dicembre 2007<br />

IL MIGLIORE DEI MONDI POSSIBILI<br />

Le sue tracce sembrano scaturire da un tempo insolito per la mente: un tempo assorto, generatore di gesti sapientemente<br />

ricercati, privi di qualsivoglia nevrosi compositiva. Hanno piuttosto l’andamento di un Pianissimo, tra le case dei<br />

suoi borghi, si dipanano con la lentezza di chi pizzica uno strumento, alla ricerca di un accordo: sono esse stesse pentagramma,<br />

su cui le sue matite pensanti – metafora di una multiforme operosità – scrivono le note di una rapsodia.<br />

Costanzo muove sinergicamente tutti i sensi dell’anima, senza mai indugiare in un puro esercizio di stile, senza adagiarsi<br />

nel compiacimento della propria misura cromatica: rivela i tumulti dell’anima, disseminati dovunque nella fragilità<br />

intrinseca delle sue laboriose architetture. Nella loro trama, complessa e densa, nella fioritura compulsiva di segni e<br />

simboli – sia che abitino assolate regioni terrestri o che siano proiettate al limitare di cieli impossibili – riflettono tutte<br />

l’attesa spasmodica di un nuovo patto d’armonia, di un armistizio. Attraversando questo microcosmo ci s’imbatte in<br />

notturni assolati in commiati e dolorose assenze, in gioie purissime, in memorie e versi – secretati in preziosi rotoli vivificati<br />

dalla linfa dei suoi prodigi vegetali. E dietro a tutto ciò, si respira la malinconia di non poter affidare ai propri contemporanei<br />

le chiavi delle sue città, di non poter aprire le porte e le finestre ad una umanità che sappia abitarvi, senza<br />

condurla alla rovina.<br />

Ma la luce stempera ogni cosa: rende possibile al cielo e al mare di riflettere il verde dei prati – colore di speranza –<br />

rafforza la sacralità della terra, conferendo al tutto un moto irresistibilmente ascendente, verticale, indissolubile – una<br />

tensione spirituale squisitamente laica ed ironica, che restituisce autorevolezza all’arte e rende preponderante il ruolo<br />

dell’artista, ridefinendone la progettualità di un mondo che possa essere il migliore possibile.<br />

Se è vero – come scrive Luigi Zoja – che il brutto è immorale (…) una ferita inferta all’anima, si avverte perfettamente,<br />

nel lavoro di Costanzo, l’imperativo di dovere restituire al nostro tempo – ed alla sua bruttezza imperante – il risarcimento<br />

etico della bellezza.<br />

Elina Chianetta / Tracce – presentazione in catalogo e Sicilia Tempo – Palermo, dicembre 2007


DEL BELLO, DELLA LUCE, DELLE ATTESE, DEI SILENZI<br />

Costanzo dissemina frammenti di un discorso che ha come oggetto la devozione per la bellezza in attesa che essa si<br />

riprenda il mondo, la realtà che ci circonda… spera che tutto ciò possa arginare la violenza del brutto e dell’osceno che<br />

viene ostentato da un certo cinema, da una certa letteratura, dalla moda, dall’architettura asservita al guadagno piuttosto<br />

che alla qualificazione di un territorio. Il brutto - per usare una considerazione dello psicanalista Luigi Zoja – ferisce<br />

l’anima, creando una sorta d’intossicazione psichica permanente che è fonte di alienazione, di perdita d’identità.<br />

Costanzo crede nella bellezza come risarcimento etico, nella coincidenza classica del bello e del bene. Per gli antichi<br />

greci, infatti, il concetto di bello era molto più ampio di come lo intendiamo noi oggi e comprendeva non soltanto cose<br />

belle (forme, colori, suoni) ma anche pensieri e abitudini. Platone cita spesso esempi di bello - bei caratteri e belle leggi…Il<br />

bello ed il bene coincidenti… l’autentico bello spirituale - Per tale ragione il bello era di competenza non solo<br />

dell’estetica ma anche dell’etica. Nel suo lirismo onirico, Fabrizio Costanzo rappresenta un mondo possibile cesellato<br />

dalla ricerca di un equilibrio, di un’armonia. Dissemina tracce della consapevole fragilità di cui l’uomo deve farsi carico<br />

per poter raggiungere i propri ideali: nella complessa trama strutturale, le singole tessere, in perfetto equilibrio, si aggregano<br />

e si sostengono a vicenda, inerpicandosi all’infinito. In tale contesto, l’artista, oltre che dipingere attese, rappresenta<br />

silenzi, l’assenza di uomini a cui poter consegnare le chiavi della città. Non ci sono commensali alla tavola de<br />

L’attenzione, non ci sono uomini dentro le mura di quelle città… eppure tutto sembra essere predisposto per accogliere<br />

un’umanità illuminata: indoviniamo le tracce di una spinta, di un’aspirazione spirituale, sebbene tutta umana, squisitamente<br />

laica. Ancora… la luce gioca in questo microcosmo, lievitando, poggiandosi e abbracciandosi agli oggetti, emergendo<br />

inaspettatamente dal loro interno. S’irradia dalla terra verso il cielo, sovvertendo le leggi della natura. I cieli, pieni,<br />

densi, quasi mai trasparenti ricevono la luce da sotto: sembra che la spiritualità che c’è dentro le cose, la faccia<br />

emergere dal loro profondo facendo sì che gli oggetti ne siano avvolti come una seconda pelle. Le terre, le ciotole, i<br />

tetti delle case dei borghi (piccolissime e disciplinate come le cellette di un alveare), l’agile e sottile vegetazione, irradiano<br />

una straordinaria traccia luminosa che solo Costanzo, alchimista della luce, sa dosare…<br />

Elina Chianetta / Tracce - appunti da una mostra - Sanpaolo Palace Hotel – Palermo, gennaio 2008


DAL PATHOS STORICO ALLO STRESS QUOTIDIANO<br />

Al Sanpaolo Palace Hotel è in atto una particolare mostra dal titolo Tracce. I due artisti mettono insieme il repertorio<br />

della loro ultima ricerca, mostrando segni-simbolo specifici, solleticando la memoria e giocando con il quotidiano.<br />

Le tracce di Fabrizio Costanzo e di Francesco Pintaudi, apparentemente distanti tra di loro, in realtà si completano a<br />

vicenda. Nel chiuso armonico di una figura architettonica, floreale o nello stress d’un tratto o d’una forma, entrambi<br />

esprimono operosità e ritmo di vita, ricerca compositiva e compiutezza estetica. Contraggono ed espandono la materia<br />

restituendoci un’immagine bifronte, storica e quotidiana, molle e decisa. Il nostro pianeta è pieno di tracce: naturali,<br />

artificiali, prodotte dall’uomo e non, palesi, nascoste, caratterizzanti, casuali.<br />

Costanzo, con pathos, determina un mondo distillato di vegetazione, case, borghi e ipotetici abitanti dove la nota pregnante<br />

di sollecitazione storica è la nozione di castello, impronta rappresentativa di una forza reale e ideale, di un vissuto<br />

sociale e fiabesco di forme e colori, quasi scatola a sorpresa. Il susseguirsi ed il concatenarsi di elementi serrati<br />

determina una cadenzata ripetizione di simboli che, sparsi nell’apparato pittorico, diventano ingegnosi dadi di una studiata<br />

composizione architettonica, una punteggiata struttura di messaggi nascosti che ribadisce, con determinazione,<br />

la spazialità innovativa.<br />

Pintaudi, con tumulto dell’anima, propone un’esistenza dove, le tracce texturizzate sull’asfalto e le marcate e sfuggenti<br />

striature, sono strette nella morsa di una quotidianità frenetica tra impronte di scarpe, passaggi di biciclette e di automobili,<br />

macchie varie. Superata la rappresentazione di una scientificità botanica, il gigantismo vegetale, i clic sulla Palermo<br />

barocca, e la linea fluida e articolata delle figure del mito greco, ora la sua carica espressiva s’incentra su di un<br />

tratto di tela ove contenere un mondo articolato e quanto mai tambureggiante, sulla forza dei colori magistralmente<br />

impiegati, sulle ammalianti stratificazioni opportunamente strutturate.<br />

La mostra in atto al Sanpaolo Palace Hotel di Palermo si presenta interessante e significativa in quanto, inserendo<br />

input innovativi e connotazioni psico-storiche, pone le basi per una ricerca segnica incentrata sull’uomo e sulle dinamiche<br />

sociali della comunicazione.<br />

Giuseppe Mendola / Tracce – Sanpaolo Palace Hotel – Palermo, gennaio 2008 / Boè – Palermo, lug./ago. 2008


QUANTE TRACCE…<br />

ECCO COME DUE ARTISTI RACCONTANO GLI STESSI SENTIMENTI: DA ANGOLI OPPOSTI<br />

Ciò che spesso ci chiediamo noi poveri e inevitabili mortali è cosa rimarrà del nostro passaggio terreno.<br />

Le nostre ansie, i nostri affanni, il volere a tutti i costi affermare il principio della unicità della propria esistenza, il ripetersi<br />

in esercizi di scrittura citazionistica, il tentativo sempre e comunque di essere i primi della classe quando, forse, non<br />

avremmo neanche il titolo per starci in “classe”, ci pongono spesso in una condizione critica rispetto poi a chi è chiamato<br />

a giudicare il nostro fare o comunque ciò che abbiamo fatto, scritto o detto. In altri termini le tracce che lasciamo<br />

giorno dopo giorno. Tracce, infatti, è il titolo della mostra di Fabrizio Costanzo e Francesco Pintaudi, due artisti che,<br />

apparentemente, non hanno niente in comune tranne la passione per l’arte. Approdati alla pittura per strade diverse,<br />

Fabrizio Costanzo, tra i due, appare il più misurato, preciso, senza mai una sbavatura. La sua pittura è costruita centimetro<br />

dopo centimetro, una pittura puntuale, minuziosa, al limite della pignoleria e della maniacalità compositiva. I suoi<br />

lavori ricordano, soprattutto nei colori, il paesaggio primaverile di Kholui, paesino sulle rive del fiume Teza un piccolo<br />

fiume della Russia centrale. Le sue inondazioni di primavera, ritirandosi, donano al paesaggio un colore particolare,<br />

surreale, che i pittori miniaturisti del luogo amavano e amano dipingere. Ma i lavori di Fabrizio Costanzo non sono mai<br />

delle miniature. La loro realizzazione è da miniaturista, ma certamente non lo sono i formati o i temi trattati: Sotto il<br />

cielo di Gerusalemme - 2007, opera che, personalmente, considero tra le più significative della mostra; Cattedrale -<br />

2002; Finzione e realtà - 2006, in cui le pagine di un libro posto in cima ad una colonna, vengono sfogliate dal vento,<br />

quasi a volere parafrasare ciò che è successo, in occasione dell’esposizione in pubblico sul sagrato di San Pietro, della<br />

salma di Giovanni Paolo II. Ma in questo caso le pagine vengono strappate e il vento se le porta via. Un presagio della<br />

vacuità del nostro essere uomini? Il dubbio che ciò che abbiamo fatto finirà con noi? O forse ciò che abbiamo fatto non<br />

ha inciso talmente le coscienze da meritare di essere tramandato ai nostri eredi attraverso le pagine di un libro. In ogni<br />

caso il messaggio di Costanzo sembra abbastanza chiaro e incisivo. Egli è un attento e puntuale osservatore del mondo<br />

che lo circonda, ne assorbe gli aspetti pregnanti, gli umori e, diversamente da altri artisti, più che procedere per<br />

impeto, per strappi, aspetta che l’idea prenda corpo combinandosi, amalgamandosi con la propria conoscenza in uno<br />

dei suoi “cassetti” dei ricordi. Dopo sarà pronta per diventare quadro…<br />

Francesco M. Scorsone / Tracce - Sicilia Informazioni – Palermo, 8 gennaio 2008 e Centonove – Messina, 19 gennaio 2008


L’ARMONIA <strong>IN</strong>VISIBILE<br />

La difficoltà di individuare tracce, se non nell’accezione di indizi, è nelle forme del nostro mondo isolano: esse si sono<br />

definite, e continuano a farlo, come sovrapposizione di equilibri precari che demandano ad altri e successivi equilibri la<br />

ricerca di un acquietamento, fino alle estreme conseguenze della interruzione del loro processo evolutivo, della sparizione<br />

fisica. Per questo parlo di indizi: perché è sempre quel che resta, o addirittura che sia rimasto nella memoria, a<br />

costituirsi come oggetto di attenzione e di propulsione vitale, di apertura per il futuro. Che l’indizio sia concreto e tangibilmente<br />

materiale o sia parte del nostro immaginifico ideale, forse poco importa: specie se esso è sinonimo di continuità,<br />

di quella scoperta espressiva che il Moderno compie sul passato. Come dimenticare Le Corbusier che rilegge il<br />

Partenone nell’associazione apparentemente insondabile con una potente automobile dell’epoca (inizi anni ’20 del secolo<br />

scorso): associazione scandalosa perché non esalta la meccanica avanguardistica in contrasto con il rudere, come<br />

nelle attuali pubblicità, ma l’analogia tra le due costruzioni, tra i procedimenti progettuali che esse sottendono malgrado<br />

la loro distanza temporale e forse grazie ad essa. Se questa distanza tende perciò ad annullarsi nel senso di una<br />

rinnovata continuità e se è questa a prevalere alla fine, perché allora insistere sulle tracce? E perché questo insistere ci<br />

viene dai due pittori Costanzo e Pintaudi? (…). Mi è capitato di confrontarmi spesso con la presenza di reperti archeologici,<br />

elementi vivi restituiti a un paesaggio diverso dall’originario (ma quale originario?) e come tali testimoni senza<br />

tempo prima che elementi di rappresentazione del loro tempo. Elementi restituiti alla natura dunque, come inevitabilmente<br />

avviene per qualsiasi edificio dell’uomo, tanto da far metaforicamente sostenere ad Auguste Perret che “gli architetti<br />

devono costruire belle rovine”, quasi che una qualità della forma progettata sia il presagio del suo divenire. Anche<br />

per questo non mi piace parlare di tracce se esse fissano e codificano il passato rispetto al presente… in fondo<br />

non mi emoziona l’eccesso di visibilità, convinto, con Eraclito, “che l’armonia invisibile è più forte di quella visibile”.<br />

Francesco Taormina / Tracce – Facoltà di Architettura - Roma, febbraio 2008


TRACCE CHE NON SI CANCELLANO<br />

Quello che rimane indelebile nella memoria dell’anima è l’idea che i sogni e la realtà, i rumori ed il silenzio, l’ordine ed il<br />

disordine possono convivere, al di là della storia e della “Storia”, e dare un senso a questi attimi – ora forti ora deboli –<br />

che si susseguono e che sono il noi che rimane. Sono queste le tracce che le opere di Costanzo e Pintaudi hanno lasciato<br />

dentro di me. Ed è un bene che tutto ciò nasca dalla perplessità, anzi con la perplessità, di due stili, dei relativi<br />

temi, che non si assomigliano, che si respingono quasi. Perché, dopo, ti accorgi che non è così, che una “traccia” non<br />

cancella l’altra, che la forza del loro insieme – non nel senso della commistione, ma della comunione – sta in quello<br />

che non si vede, nella epochè che permette il raccoglimento e suggerisce alla mente.<br />

Entrare nella pittura di Costanzo è come fare un sogno ad occhi aperti, trovarsi in un passato che è anche presente e,<br />

insieme, proiezione mitopoietica: la disciplina dei colori (non il blu della notte, non il giallo del sole, ma quel blu, quel<br />

giallo), l’ordine apparente degli oggetti (case, alberi, fogli di carta, vivi come solo ciò che “comunica”), la simbolicità<br />

evidente dei piccoli dettagli ricorrenti (un segno, oserei dire, montaliano dell’esistenza) danno la sensazione del viaggio<br />

ideale che non riesce a (non vuole) rinunciare del tutto alla realtà, ai sentimenti – percorso metafisico intriso di fisicità.<br />

Nell’arte di Costanzo nulla è gridato, ma come sussurrato e, per questo, lontana dall’oggi più volgare; nulla è freddo,<br />

ma, al contrario, tutto è pieno di amore: amore per ciò che rimane, ancora, nel naufragio del nostro tempo; amore per<br />

un passato che può essere di nuovo presente; amore per l’arte, infine, come ultimo baluardo, arma invisibile, agape. E<br />

così, l’arte di Pintaudi, nella sua estrema, violenta, fisicità, si integra con quella di Costanzo per il suo disperato tentativo<br />

di fissare l’hic et nunc, e di fissarlo con ironia, con il sorriso distaccato dell’occhio di un dio che crea e si diverte della<br />

sua creatura. Qui non ci sono colori pieni, linee ordinate, oggetti simbolici, eppure tutto quello che c’è, e che ha forma,<br />

parla una lingua vera, perché è tutto quello che viviamo, di cui siamo impastati, che ci piaccia o meno, “polvere fango<br />

olio acqua catrame fumo sangue (…)”, anch’esso traccia fissata in eterno dentro di noi.<br />

Francesco Scrima / Tracce - Sanpaolo Palace Hotel – Palermo, giugno 2008


TOPOGRAFIA MNEMONICA<br />

Un apparato iconico assai complesso e articolato, ove il sedimento delle immagini – tanto prescelte, quanto casuali – si<br />

fa puntuale mappatura di quella geografia dell’esistenza, grazie alla quale definire nel presente e veicolare verso il futuro<br />

tutto il senso (e il non senso) del proprio viver quotidiano. Un filo della memoria, per l’appunto, quello dipanato da<br />

Fabrizio Costanzo e Francesco Pintaudi, costellato di “miliaria” dalla simbolica significanza, la cui forza visuale consente<br />

di rimarcare l’intero peso esercitato dalla pittura quale meccanismo di “traduzione” – nell’immediato, in termini di<br />

subitanea formalizzazione dell’immaginario estetico, e quindi in proiezione, in virtù del suo fattivo potere di “tradere”<br />

che dà luogo alla “tradizione” – di quelle “idealità” e di quelle “evenienze” contingenti (relative a un ben preciso contesto<br />

spazio-temporale) che stanno alla base del pensare e dell’agire di ogni artista.<br />

Il che non implica, però, – sia detto con chiarezza – alcuna semplice “registrazione” o – per così dire – “archiviazione”<br />

di rigide sequenze di “icone referenti”, ma piuttosto una peculiare “riflessione visuale” su quanto atto a strutturare una<br />

chiara identità (artistica e socio-antropologica) con connotati di durevolezza temporale.<br />

Si spiega in questi termini, per tanto, sia la focalizzazione del “visus pittorico” su un insieme di segni più classici e consuetudinari,<br />

sia la più divagante incursione in un sistema di significanti assai meno abituale ed assolutamente aleatorio.<br />

Se Costanzo, infatti, punta al recupero – seppure incantato, e quindi senza cascami retorici e forzosi mediterraneismi –<br />

dell’armamentario tipico della cultura visiva isolana (il sole, le architetture calcinate o ammantate dei solenni panni della<br />

storia, i cromatismi accesi e vivaci), mirando alla sua specifica conservazione, Pintaudi, viceversa, concentra la sua<br />

attenzione sulle impronte – nel vero senso della parola – impresse dall’uomo nel suo convulso peregrinare giornaliero<br />

(tracce di copertone od orme di suole gommate), rilevandone il carattere di imperscrutabile e transitoria ragnatela, in<br />

grado di connotare a perfezione la nostra spersonalizzante quotidianità.<br />

Un confronto, quello fra i due artisti palermitani, che non si limita ad una semplice contrapposizione fra punti di vista e<br />

moduli espressivi – figurativo Costanzo, decisamente astrattista Pintaudi – apparentemente lontani e inconciliabili, ma<br />

che costituisce un “classico” caso di dialogo “maieutico”, ove la giusta dialettica – per i suoi connotati di pertinenza e<br />

profondità – è premessa obbligata ad un naturale sbocco verso esiti “ibridativi” e “complementari”, perfettamente in<br />

linea con gli orientamenti artistici della contemporaneità. Sono proprio le tele realizzate a quattro mani, infatti, a dare<br />

l’intero senso ad un progetto assai ben congegnato, che si fa specchio fedele e cartina di tornasole delle dinamiche in<br />

atto nella nostra stretta attualità: ovvero di quell’inevitabile cinetica di incontri-scontri fra opposti speculari, che trova<br />

nella “crasi contaminativa” il suo dovuto sviluppo e soprattutto il suo pieno e fisiologico completamento di tipo visuale.<br />

Sono queste, dunque, le principali “Tracce” destinate a farsi punti cardinali e linee guida d’una ideale topografia mnemonica;<br />

meridiani e paralleli d’una peculiare cartografia dell’esistenza, messi a disposizione di chiunque voglia – oggi –<br />

orientarsi nella propria “stratificata” quotidianità, o di chi – un domani – volesse volgersi a guardare i segni lasciati dai<br />

suoi predecessori, nel tentativo (forse vano) di effettuare – a posteriori – una congrua rilettura di quel che è stato (o<br />

quanto meno di quel poco o di quel tanto che è stato tramandato).<br />

Salvo Ferlito / Tracce - Sanpaolo Palace Hotel – Palermo, novembre 2008


SANT’ERASMO E SANPAOLO: ARCHITETTI E LA MATITA DEL BASILE<br />

Per il 7° Congresso Nazionale degli Architetti, oggi alle 15,30, nell’Ex Deposito Locomotive di Sant’Erasmo, s’inaugura<br />

una collettiva di progetti per la riqualificazione di Pizzo Sella con, alle 19.30, la presentazione al Sanpaolo Palace. Alle<br />

20.00, nella sala “Scavuzzo”, in Piazza Principe di Camporeale, s’inaugura La professione della qualità. Cento disegni<br />

a matita di Ernesto Basile. Esposti disegni del grande architetto palermitano, nella Dotazione Basile della Facoltà di<br />

Architettura. A conclusione, concerto per sola chitarra di Maurizio Norrito.<br />

Sempre nell’ambito del 7° Congresso Nazionale degli Architetti e della mostra Tracce, fino al 9 febbraio, Fabrizio Costanzo<br />

e Francesco Pintaudi dipingeranno, al Sanpaolo Palace Hotel, contemporaneamente sulle stesse opere.<br />

Giornale di Sicilia – Palermo, 7 febbraio 2008<br />

SANPAOLO PALACE: <strong>COSTANZO</strong> E P<strong>IN</strong>TAUDI “DAL VIVO”<br />

Per il 7° Congresso Nazionale degli Architetti, e nell’ambito della mostra Tracce di Fabrizio Costanzo e Francesco Pintaudi,<br />

oggi, al Sanpaolo Palace Hotel di via Messine Marine, i due artisti lavoreranno contemporaneamente sulle loro<br />

opere.<br />

Giornale di Sicilia – Palermo, 9 febbraio 2008<br />

SANPAOLO PALACE: <strong>COSTANZO</strong> E P<strong>IN</strong>TAUDI “TRACCE”<br />

Al Sanpaolo Palace Hotel, Tracce di Fabrizio Costanzo e Francesco Pintaudi. Oli su tela e su tavola, installazioni, tecniche<br />

miste, oggetti in legno. Costanzo dipinge un mondo di vegetazione, Pintaudi tracce sull’asfalto, impronte di scarpe,<br />

passaggi di biciclette. A cura di Elina Chianetta e Pino Schifano.<br />

Giornale di Sicilia – Palermo, 29 giugno 2008<br />

PALERMO, ARCHITETTI A CONFRONTO<br />

Si è tenuto a Palermo, dal 6 al 9 febbraio, il 7° Congresso Nazionale degli Architetti. Tre giorni di lavoro a cui hanno<br />

partecipato circa mille professionisti che si sono confrontati su tematiche legate alla loro professione.<br />

Conoscenza dei saperi e costante aggiornamento, capacità di confrontarsi con la concorrenza entro l’ambito di regole<br />

prefissate e di elaborare risposte con l’utilizzo delle innovazioni tecnologiche nonché con adeguati criteri organizzativi;<br />

tutti elementi base che qualificano l’azione progettuale quale atto di responsabilità culturale, civile e di democrazia<br />

urbana.<br />

Non solo conferenze e dibattiti riservati agli addetti ai lavori, ma anche momenti di cultura e intrattenimento.<br />

Tra i protagonisti, Fabrizio Costanzo e Francesco Pintaudi, autori di una pittura su legno di tracce storiche e contemporanee<br />

miscelate in modo imprevedibilmente originale.<br />

Mondellolido – Palermo, 16 marzo 2008


Fabrizio Costanzo e Pino Schifano commentano L’attenzione<br />

Tracce - SANPAOLO PALACE HOTEL - Palermo, 15 dicembre 2007


Performance di Fabrizio Costanzo nel laboratorio dell’hotel<br />

Tracce - 7° Congresso Nazionale degli Architetti - SANPAOLO PALACE HOTEL - Palermo, 6 febbraio 2008


(…) Il segno, l’accordo cromatico, la costruzione del quadro<br />

denotano una “Scuola” che riconduce ad un discorso<br />

unitario la estroversione creativa. La mostra di Costanzo<br />

ad un primo impatto piace, ad una successiva analisi<br />

critica convince.<br />

Carlo Castronovo / Personale Fabrizio Costanzo<br />

Galleria Il Cenacolo - Palermo, maggio 1989<br />

(…) L’invito, è quello di continuare in questa direzione,<br />

secondo la positiva visione della realtà.<br />

Carmela Angela Di Stefano / Personale Fabrizio Costanzo<br />

Galleria Il Cenacolo - Palermo, maggio 1989<br />

(…) Fabrizio Costanzo porta avanti con notevole successo<br />

la sua idea di borgo medioevale… riscuote ampi consensi<br />

che in futuro gli daranno continue soddisfazioni.<br />

Salvo Alicata / Estate e Arte<br />

Sala Le due giare - Cefalù, agosto 1994<br />

(…) L’arte è fantasia, ma principalmente sogno, e le opere<br />

di Costanzo sono intrise di onirico pur evidenziando un<br />

impianto pittorico ben definito. Il tratto sicuro esalta la<br />

composizione che, pur avvalendosi di una tavolozza non<br />

prodiga di cromatismi, sottolinea l’atmosfera magica di<br />

un mondo osservato attraverso il dipanarsi del tempo; nel<br />

quadro Portando la luna a spasso in una magica notte, la<br />

luna domina un paesaggio animato da creature la cui<br />

fragilità adombra una forza interiore che permette incredibili<br />

sortilegi. E’ sufficiente a dimostrarlo un’anatra in volo<br />

che trascina con una fune un’arrendevole luna? Pensiamo<br />

proprio di sì!<br />

Claudio Alessandri / Percorsi paralleli<br />

Palazzo dei Benedettini - Biblioteca comunale - Cinisi, dic./gen. 1995/96<br />

(…) L’opera Portando la luna a spasso in una magica<br />

notte racchiude un messaggio alato, quasi irreale. La<br />

risposta che ci viene dalla composizione è comunque<br />

delle più positive, sia per il linguaggio allegorico, sia per<br />

la luminosità della luna che sembra sorridere e giocare a<br />

tu per tu con le aeree presenze che le fanno corona.<br />

Fulvio Castellani Catanzaro - Catalogo Arte immagini<br />

Antares - Vincenzo Ursini Editore – 1996<br />

(…) La tensione magico-favolistica esercitata all’interno di<br />

una forte sintesi dinamica, caratterizza i temi di natura<br />

vegetale e animale nelle opere di Fabrizio Costanzo.<br />

Pino Giacopelli / Isolamata<br />

Palermo - Centro Arti Sperimentali La Sinopia - Palermo, maggio 1997<br />

(…) Fabrizio Costanzo riesce a comunicare attraverso<br />

case, alberi, fiori, e lune, vicende ironiche e lievi come ali<br />

di farfalle, dando la possibilità all’uomo di oggi di trovare<br />

una dimensione in cui sentirsi il cuore leggero e puro. C’è<br />

nelle sue opere una scansione suono-silenzio-suono, e a<br />

guardarle e a riguardarle non stancano mai, anzi suggeriscono<br />

sempre inedite aperture e incanti.<br />

Vittoria Bellomo / Isolamata<br />

Kantiere culturale Il Centauro - Bari, maggio 1997<br />

(…) Una certa pregnanza alchemica, di tipo magico (non<br />

surreale) pare permeare queste opere, senza dubbio<br />

espressione di una totalità fiabesca, votata allo stupore,<br />

al canto, all’incanto, all’abbraccio con questa cosa straniante,<br />

assolutamente inutile che è l’arte.<br />

Gianfranco Labrosciano / Notturni<br />

Galleria Scirocco - Terrasini, dic./gen. 1999/00<br />

(…) Valenza tecnica ed emotiva, capacità di sintesi e,<br />

soprattutto, volontà di confronto, stanno alla base della<br />

mostra voluta e coordinata da Fabrizio Costanzo, che già<br />

nell’esemplare chiarezza del suo titolo, Col ferro, indica la<br />

radice operativa che lega i tre artisti coinvolti, al di là della<br />

differenza anagrafica ed espressiva: Nicola Busacca,<br />

Giusto Sucato e Totò Vitrano (…). Possiamo pertanto<br />

affermare, senza timore di smentite, che una mostra come<br />

questa, rivelando poetiche e tendenze apparentemente<br />

distanti fra loro, sostiene il concetto di convivenza<br />

stilistica proprio dell’arte contemporanea la cui essenza<br />

sta nella molteplicità di linguaggi, ovvero in una grammatica<br />

del vedere che vive di continui slittamenti visivi e concettuali.<br />

Marcello Palminteri / Col ferro<br />

Addaura Hotel Residence Congressi - Palermo, lug./ago. 2001


(…) Ad una forte componente geometrizzante, legata alla<br />

solidità dei volumi e delle cose, si rifà Fabrizio Costanzo,<br />

il cui universo è pervaso di primigenia innocenza.<br />

Marcello Palminteri / Nel castello<br />

Castello di Carini, settembre 2001<br />

I suoi borghi medievali sono atemporali, onirici, paesaggi<br />

del pensiero, un mondo che sa esprimere la semplicità<br />

del silenzio…<br />

Pino Schifano / Ti dirò...<br />

Palazzo Branciforte - Palermo, feb./mar. 2006<br />

(…) Non è difficile identificare le tracce del percorso di<br />

una pittura fantastica anche in Sicilia. Sono molti gli artisti<br />

che operano in tale direzione…Enzo Patti (Favignana<br />

1947), pittore e scenografo, rimanda all’oggetto, all’ambigua<br />

visione dello spazio che diventa luogo teatrale. Per<br />

maggiore ambiguità inventa una scrittura che riporta su<br />

manoscritti, rotoli, libri sfogliabili e ancora in leggii, legni<br />

vari e tavole. Vicino ai temi di Enzo Patti è Fabrizio Costanzo<br />

(Palermo 1961), poeta dell’immagine…<br />

Nicolò D’Alessandro / Storia della Sicilia<br />

Editalia - Gruppo Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato - Roma, 2001<br />

(…) Il conchiuso simbolismo delle icone di Costanzo riassume,<br />

con gioiosa e apparente semplicità, la salienza del<br />

peso della storia, del mito e della natura…<br />

Salvo Ferlito / Felix Ziz<br />

Sanpaolo Palace Hotel - Palermo, ott./gen. 2006/07<br />

(…) Ad impreziosire la visione in un programma estetico<br />

ben definito ho apprezzato, in Fabrizio Costanzo, il senso<br />

della natura e della storia intriso d’ironia...<br />

Giuseppe Mendola / Felix Ziz<br />

Sanpaolo Palace Hotel - Palermo, ott./gen. 2006/07<br />

(…) Ancora il magico del passato ritorna nella pregnante<br />

produzione d’ambientazione poetica di Fabrizio Costanzo,<br />

in un’armonia di architettura che sembra comporsi e ricomporsi<br />

per stuzzicare il nostro interesse. Le sue tavolette,<br />

nello specifico, sono dei portatili di grande richiamo<br />

all’occhio e al pensiero col precipuo senso di portafortuna,<br />

sostegno culturale e stimolo artistico. La compiutezza<br />

della composizione scritta e la gradevolezza delle insorgenze<br />

cromatiche risultano ingabbiate in una cornice di<br />

fine fattura che evidenzia un impianto ben strutturato e<br />

che rimane, refert in codicillos, a duratura inventiva nella<br />

memoria…<br />

Giuseppe Mendola / Addaura Hotel - Palermo, 2001<br />

(…) Fabrizio Costanzo trasferisce nelle sue opere l’abilità<br />

di finissimo disegnatore e l’esperienza professionale che<br />

privilegia la componente geometrizzante legata alla solidità<br />

dei volumi e delle cose, dando luogo a ritmi architettonici,<br />

a costruzioni metafisiche tra i cui tasselli s’intrecciano<br />

simbolismo ed ironia, mistero e poesia, in trasognata<br />

tensione magico-favolistica. Una pittura non riduttivamente<br />

classificabile, tuttavia, in alcuno specifico stilema,<br />

se non quello che lui stesso ama definire della rappresentazione<br />

quale chiave di lettura dell’universale.<br />

(…) Per Costanzo, la variabile predominante è la minuziosità<br />

simbolistica con la quale affronta ogni sua opera…<br />

Marcello Scorsone / Felix Ziz<br />

Sanpaolo Palace Hotel - Palermo, ott./gen. 2006/07<br />

Una mostra d’arte, qualunque sia la motivazione che anima<br />

gli organizzatori, deve avere sempre un’adeguata<br />

coreografia degli spazi espositivi. Certamente, quella promossa<br />

dall’Associazione “Il Salotto del Gattopardo”, ospitata<br />

presso la Villa Boscogrande di Palermo - negli ampi<br />

spazi del piano nobile - dà anche grande respiro ai lavori<br />

esposti… sicché fanno bella mostra le opere di Fabrizio<br />

Costanzo e le sue “costruzioni” di Escheriana memoria…<br />

Francesco M. Scorsone / Una mostra a favore dell'ARC, rassegna<br />

Villa Boscogrande – Palermo, febbraio 2008<br />

(In SiciliaInformazione, 25 febbraio 2008)<br />

(…) Fabrizio Costanzo ha realizzato un trittico su tavole<br />

formato da due pale strette e lunghe che si aprono come<br />

un libro, sormontate da un grande sole. Nella superficie,<br />

trattata ad olio, una città - costituita da piccole case -<br />

aspetta silenziosa il divenire di un nuovo millennio…<br />

Filli Cusenza / Fatti ad arte - Galleria Millenium – Bagheria, mar. 2008


(…) Questo libro di ricette di Concetta Amella, è veramente<br />

“cibo per la mente”.<br />

Un libro-catalogo che mi convince…un susseguirsi di<br />

pietanze dimenticate, accompagnate, in questa mostra,<br />

dalla regia di Salvo Ferlito, che ha invitato per l’occasione<br />

sedici artisti a “pranzo”, alla galleria Studio 71, per far<br />

festa a Concetta. Così che ognuno di loro ha “portato” ciò<br />

che meglio lo rappresentava: Fabrizio Costanzo e Francesco<br />

Pintaudi hanno apparecchiato una tavola con ogni<br />

“ben di dio” dedicata a Giafar…<br />

Francesco M. Scorsone / Io sono quello che mangio<br />

Galleria 71 – Palermo, 2009<br />

(In Scorsone Arte Contemporanea, gennaio 2009)<br />

(…) Quando nel 965 gli arabi divennero padroni dell’isola,<br />

la cucina siciliana “toccò” la punta più alta, estendendo<br />

la sua influenza in tutto il bacino del Mediterraneo. Di<br />

questo straordinario periodo, Esculentiae memorie (Il<br />

pranzo di Giafar), ci sussurra gli splendori: frutto della ben<br />

rodata co-produzione tra i due pregevoli artisti Fabrizio<br />

Costanzo e Francesco Pintaudi. Nella loro tela prende<br />

così forma l’opulenza della corte dell’Emiro Giafar II, della<br />

dinastia Kalbita, definito dagli storici come il Lorenzo il<br />

Magnifico della rinascenza araba in Sicilia: in un trionfo di<br />

frutti della terra e del mare, soffusi nella nebbia di vapori<br />

odorosi, che pare si sprigioni dalle pietanze per avvolgere<br />

le cupole e raggiungere il cielo…<br />

Elina Chianetta / De gustibus<br />

Istituto Cervantes – Palermo, feb./mar. 2009<br />

(In Sicilia Tempo, marzo 2009)<br />

(…) Obbligata e doverosa citazione degli antichi graffiti<br />

dell’Addaura. Non mero omaggio di carattere formale,<br />

ma piuttosto sentita rivisitazione contemporanea, finalizzata<br />

ad enucleare quell’intensa ieraticità del segno primitivo,<br />

di cui – da almeno cent’anni a questa parte – si nutrono<br />

il pensiero e il gesto di tanti artisti.<br />

Salvo Ferlito / Graffiti Day (commento al totem Inno alla luna)<br />

Addaura Hotel – Palermo, maggio 2009<br />

(In Graffiti Day, catalogo 2009)<br />

(…) Ironia e pensosa disanima della fragilità di un ecosistema<br />

e della condizione umana, nel dittico Metamorfosi,<br />

di Fabrizio Costanzo e Francesco Pintaudi, impegnati,<br />

ancora una volta, in una collaborazione che ha già prodotto<br />

risultati di grande interesse. I pesci di queste due<br />

tele in dittico, “umani troppo umani” nella loro espressività,<br />

sono toccati da un trasformazione che cancella in loro<br />

“colore e forma”: una metafora della progressiva disumanizzazione<br />

degli uomini e un atto di accusa contro l’impoverimento<br />

delle specie marine. Una perdita di “certezze”<br />

che tocca due mondi, strettamente legati tra loro. “Comme<br />

dans la mer, comme dans les cœurs humains”- “come nel<br />

mare, così nel cuore degli uomini” - potrebbe essere il<br />

sottotitolo del loro lavoro, frutto di una ricerca a due, che<br />

ha messo a confronto stili pittorici differenti, che si sono<br />

però ritrovati e fusi sulla comune percezione di un mondo<br />

che cambia, a volte “furtivamente”, dentro una sottotraccia<br />

di cui spesso non si ha sentore, e che svela i suoi<br />

disastri quando è già troppo tardi.<br />

Elina Chianetta / Blu? Il mare come non lo avete mai visto<br />

(commento all’opera Metamorfosi)<br />

Addaura Hotel - Palermo, lug./set. 2010<br />

ORIZZONTI D’ATTESA<br />

E’ meraviglioso, come la complessità del pensiero possa<br />

racchiudersi in un tratto essenziale, in colori che riescono<br />

ad esprimere mille parole…<br />

Guardando i quadri di Fabrizio Costanzo, viene voglia di<br />

vivere in quei paesaggi puliti, in quel mondo ordinato e<br />

rarefatto, dove il male è assente.<br />

Uno stato di grazia pervade quei luoghi nei quali è possibile<br />

soltanto l’attesa del miracolo o nei quali, forse, il miracolo<br />

è già avvenuto… Una mano benigna è scesa dal<br />

cielo ed ha ordinato le case, ha piantato l’albero, ha ripulito<br />

le vie; la stessa mano ha dato vita a tenere creature<br />

che, infinite e uguali, ripetono nel silenzio, la loro solitudine,<br />

grate dello stare insieme nello stesso spazio.<br />

Non si sente la mancanza dell’essere umano: ci sono le<br />

stelle, gli steli, le lune e i campanili, ci sono gli orizzonti<br />

dorati che certo una creatura con un cuore ha sognato…<br />

ci sono pesci riuniti in rispettosa assemblea che con<br />

stupore attendono che qualcosa avvenga… c’è la luce,


che nel deserto pulsa di una propria vita…c’è un ritmo<br />

segreto che anima con onde nascoste la simmetria degli<br />

elementi…c’è la semplicità e la purezza di un mondo<br />

risorto da passata distruzione nel quale, miracolosamente,<br />

rinasce la poesia.<br />

Agata Raimondi / Appunti dal dvd Fabrizio Costanzo, rappresentazioni<br />

in corso. Palermo, aprile 2010<br />

LE ATMOSFERE <strong>IN</strong>CANTATE<br />

DEL SUONO E DEL COLORE<br />

Nella pittura di Fabrizio Costanzo, le architetture del sogno<br />

contengono volte dai cieli stellati mentre il fato insegue<br />

il mito, sublimandolo nel racconto filiforme del segno.<br />

Le efflorescenze si aprono così a labirinti onirici da<br />

cui nascono frattali di una memoria che si addensa nei<br />

particolari, fagocitando lo spazio nelle piccole costruzioni,<br />

nei bagli, nei paesaggi, negli oggetti, dove il gioco<br />

delle tonalità calde si sposa con il chiarore di una pallida<br />

luna, in un rimando metafisico nel quale la rappresentazione<br />

cristallizzata coagula la memoria, unico patrimonio<br />

dell’uomo nell’unica stagione della vita: il tempo.<br />

Gery Scalzo – Nei Luoghi della Storia, novembre 2015


L’ALBERO DELLE LUCCIOLE<br />

L’albero delle lucciole, per gentile concessione del suo autore, l’artista palermitano Fabrizio Costanzo, è il logo della<br />

nostra Associazione: una scelta “obbligata” dall’essenza stessa dell’opera - un albero magico - che riunisce in sé l’energia<br />

di mondi diversi, quello vegetale e quello animale, in un’unica matrice esistenziale, rendendo palpabile quanto vi<br />

sia di prodigioso in ciò che definiamo Bios, quell’energia vitale al cui interno vive una complessità di forze che non agiscono<br />

mai separatamente e che si muovono in perfetta sinergia. Dove noi vediamo separazione Bios ha unito, dove<br />

noi vediamo il singolo, Bios si è alimentata di una molteplicità di relazioni che abbracciano il macro ed il microcosmo<br />

senza soluzione di continuità.<br />

Il principio di unione che nel quadro è magistralmente espresso, incontra quell’idea di benessere, dell’esistere bene<br />

che è l’obiettivo che Percorsi Naturali vuole promuovere: una condizione che sussiste tenendo presente che la realtà<br />

umana e spirituale, psicologica e fisica insieme, che ogni crescita, ogni prodigio che tocca i nostri sensi, si alimenta del<br />

grande e del piccolissimo, del difforme e dell’omogeneo, del fragile - come può essere fragile una lucciola - e del solido<br />

- come solido può essere un albero.<br />

Elina Chianetta / Percorsi naturali - Villa Virginia – Palermo, 2012<br />

Caro Fabrizio,<br />

L'albero delle lucciole, ma anche albero del desiderio, mi sembra rappresentativo del tuo lavoro. Ben figurerà alla mostra<br />

Made in Sicily.<br />

Restituisce la tua cifra pittorica e la meticolosa cura del particolare che tanti già conoscono. Le tue architetture fantastiche<br />

sono riassunte con leggerezza in questo elemento compositivo metaforico, circolare, sospeso in una atmosfera blu<br />

cobalto, forse cielo, forse oceano ma pur sempre sogno che racconta nostalgie e desideri di un mondo migliore.<br />

Grazie per aver aderito a questo progetto.<br />

A presto Nicolò<br />

Nicolò D’Alessandro / Made in Sicily (commento all’opera L’albero delle lucciole)<br />

Galleria d’Arte Moderna Le Ciminiere - Catania, lug./set. 2011 e Albergo delle Povere - Palermo, nov./dic. 2011


Artestudio MONTECUCCIO<br />

<strong>FABRIZIO</strong> <strong>COSTANZO</strong> / Work in progress

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