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e-FARCORO 3-2017

FARCORO è la rivista musicale di AERCO, l'Associazione Emiliana Romagnola Cori

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FarCoro<br />

n. 3 / <strong>2017</strong><br />

Quadrimestrale<br />

dell’AERCO<br />

Associazione<br />

Emiliano<br />

Romagnola<br />

Cori<br />

Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale- 70% CN/BO<br />

Musica dell’anima<br />

Intervista a Mons.<br />

Massimo Palombella<br />

Analisi<br />

Renato Dionisi<br />

Repertorio<br />

I Concorso di<br />

Composizione Corale<br />

Corinfesta


FarCoro n. 3 / <strong>2017</strong><br />

Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale- 70% CN/BO<br />

Editoriale .....................................................................................................1<br />

di Niccolò Paganini<br />

<strong>FARCORO</strong><br />

Quadrimestrale dell’AERCO<br />

Associazione Emiliano Romagnola Cori<br />

settembre - dicembre <strong>2017</strong><br />

Edizione online www.farcoro.it<br />

Autorizzazione del Tribunale di Bologna<br />

N° 4530 del 24/02/1977<br />

Poste Italiane s.p.a.<br />

Spedizione in Abbonamento Postale<br />

70% - CN/BO.<br />

presidente<br />

Andrea Angelini<br />

presidente@aerco.emr.it<br />

Direttore responsabile<br />

Niccolò Paganini<br />

direttore@farcoro.it<br />

Comitato di Redazione<br />

Francesco Barbuto<br />

francescobarbuto@alice.it<br />

Luca Buzzavi<br />

lucabuzzavi@gmail.com<br />

Michele Napolitano<br />

napolitano.mic@gmail.com<br />

Alessandro Zignani<br />

alexzig61@gmail.com<br />

La lettera del Presidente....................................................................2<br />

di Andrea Angelini<br />

Primo Piano ...............................................................................................4<br />

Coro Giovanile dell’Emilia Romagna<br />

di andrea angelini<br />

Il futuro nella coralità<br />

di mario lanaro e andrea d’alpaos<br />

Stile - Musica dell’anima ..................................................................12<br />

Intervista a Mons. Massimo Palombella,<br />

direttore della Cappella Musicale Pontificia ‘Sistina’<br />

di andrea angelini<br />

Storia ...........................................................................................................20<br />

La morte della luce<br />

di alessandro zignani<br />

Tecnica ........................................................................................................23<br />

L’importanza del gesto<br />

di leonardo lollini<br />

Com’è bello cantar!<br />

a cura di luca buzzavi<br />

Grafica e impaginazione<br />

Elisa Pesci<br />

Stampa<br />

Tipolitografia Tipocolor, Parma<br />

Sede Legale<br />

c/o Aerco - Via Barberia 9<br />

40123 Bologna<br />

Contatti redazione:<br />

direttore@farcoro.it<br />

+39 347 9706837<br />

I contenuti della Rivista sono © Copyright 2009 AER-<br />

CO-<strong>FARCORO</strong>, Via Barberia 9, Bologna - Italia. Salvo<br />

diversamente specificato (vedi in calce ad ogni articolo<br />

o altro contenuto della Rivista), tutto il materiale<br />

pubblicato su questa Rivista è protetto da<br />

copyright, dalle leggi sulla proprietà intellettuale e<br />

dalle disposizioni dei trattati internazionali; nessuna<br />

sua parte integrale o parziale può essere riprodotta<br />

sotto alcuna forma o con alcun mezzo senza<br />

autorizzazione scritta. Per informazioni su come ottenere<br />

l’autorizzazione alla riproduzione del materiale<br />

pubblicato, inviare una e-mail all’indirizzo: farcoro@aerco.it.<br />

in copertina<br />

Coro Giovanile dell’Emilia Romagna<br />

Repertorio.................................................................................................28<br />

Ordinario per Schola, Assemblea e Organo - seconda parte<br />

di Fulvio rampi<br />

Un cantiere aperto sulla formazione corale<br />

infantile e giovanile: Corinfesta<br />

di luca buzzavi<br />

Analisi..........................................................................................................54<br />

Renato Dionisi<br />

di FRANCESCO BARBUTO<br />

AERCO notizie.......................................................................................65<br />

70 anni di Coro Stelutis<br />

di puccio pucci<br />

50 anni del Coro La Baita<br />

di davide mammi<br />

Nativitas: i concerti di Natale<br />

FarC<br />

dei cori AERCO


Editoriale<br />

PROF. NICCOLÒ PAGANINI<br />

Direttore responsabile<br />

Carissimi Lettori,<br />

quest’anno abbiamo voluto mettere in primo piano un tema<br />

quanto mai importante come il futuro nella coralità. Grazie<br />

alla ‘provocazione’ di Pier Paolo Scattolin e alle numerose e<br />

autorevoli risposte pubblicate crediamo di aver cominciato a<br />

proporre possibili soluzioni alle problematiche presentate.<br />

La nostra rivista vuole essere in prima linea nell’ offrire stimoli<br />

positivi e buone prassi, articoli di formazione vocale e di<br />

tecnica direttoriale e, naturalmente, brani di repertorio. Siamo<br />

consapevoli e certi che non sia più possibile improvvisare o<br />

lasciare al caso, occorre formarsi e programmare. Il futuro<br />

non s’improvvisa. Qualcuno obietterà che non si può neanche<br />

controllare, certo, ma almeno si può fare in modo di avere gli<br />

strumenti necessari per affrontare determinati problemi. Non<br />

c’è da stupirsi se qualche corista dopo tanti anni decida di<br />

smettere per dedicarsi a qualche altra attività; mi preoccupa<br />

maggiormente, invece, che non ci siano ancora molti giovani<br />

desiderosi di impegnarsi in un coro. Infatti, credo che sia un po’<br />

generalizzata la carenza di uomini nei nostri cori: sono sempre in<br />

meno a decidere di cantare in coro.<br />

Questo settembre, nel mio coro, mi è capitato di rimanere, per<br />

una serie diversa di motivi, con soli tre tenori. Se sei un coro<br />

misto e non fai polifonia classica è un vero problema. È facile<br />

perdersi d’animo e pensare di mollare tutto. La fortuna, ma non<br />

solo, ha voluto che facessero richiesta di entrare sei nuove voci<br />

femminili. Con la disponibilità di alcuni contralti, dalla voce più<br />

profonda, ho deciso di spostarle nei tenori. In questo modo<br />

ho risolto il problema, per ora, ma sono consapevole che non<br />

può essere una soluzione definitiva. E’ necessario continuare a<br />

puntare sui cori scolastici, costituire o collaborare con compagini<br />

di voci bianche e giovanili. Questo è il futuro della coralità e del<br />

mio coro. Credo che sia fondamentale anche farsi conoscere<br />

maggiormente attraverso gli strumenti di comunicazione che<br />

la società di oggi ci fornisce, come un bel sito accattivante e<br />

sempre aggiornato e l’uso dei social. Un altro aspetto da non<br />

sottovalutare è il non restare chiusi nel proprio ‘orticello’, ma<br />

lavorare in rete e collaborare insieme con gli altri cori e con le<br />

associazioni di riferimento. Siamo fortunati perché tante sono<br />

le opportunità, anche da parte della nostra AERCO, che ci sono<br />

proposte; è necessario però crederci e partecipare.<br />

Sperando che troviate sempre nuovi stimoli all’interno della<br />

nostra rivista, vi auguro una ottima e proficua lettura.<br />

oro<br />

| 3


La lettera<br />

del Presidente<br />

Associazione<br />

Emiliano Romagnola<br />

Cori<br />

Dr. ANDREA ANGELINI<br />

Presidente AERCO<br />

‘Sembra che il confine<br />

tra il testo musicale<br />

e l’esecuzione si trovi<br />

nell’area delle alterazioni<br />

implicite’<br />

ALTERAZIONI SCRITTE ED IMPLICITE<br />

Fin dall’inizio dell’XI secolo i musicisti europei hanno avuto<br />

a loro disposizione tutto ciò che era necessario per segnare<br />

l’altezza delle note senza alcuna ambiguità. Nonostante<br />

ciò, i compositori di polifonia vocale sino alla fine del<br />

Rinascimento, ed anche oltre, non pensavano che avrebbero<br />

dovuto annotare ogni alterazione richiesta. Sapevano che<br />

alcune alterazioni potevano essere lasciate fuori dalla<br />

notazione, dal momento che i cantanti le avrebbero rese<br />

appropriate in ogni caso. Sappiamo dell’esistenza di questa<br />

pratica dalle rare ma esplicite dichiarazioni dei teorici del<br />

tempo, come ad esempio quell’autore che verso la fine del XIV<br />

secolo affermò che ‘in generale, non è necessario annotare [le<br />

alterazioni]’. Apprendiamo inoltre che, sebbene non ci fosse<br />

stato un accordo che prevedesse esattamente cosa annotare,<br />

la maggior parte dei musicisti scrisse alcune alterazioni, ma, al<br />

contempo, ne lasciò altre fuori. C’era una tendenza, infatti, a<br />

non trascrivere in particolare quelle alterazioni necessarie per<br />

evitare i tritoni melodici e quelle tipiche delle progressioni<br />

cadenzali. Dal primi anni del XVI secolo in poi i compositori<br />

hanno comunque sostenuto, con sempre maggiore frequenza,<br />

che le alterazioni dovevano essere sempre scritte.<br />

I teorici ci spiegano comunque perché alcune alterazioni<br />

sono state annotate mentre altre no. Poiché molte alterazioni<br />

erano implicite, come questione di convenzione nel contesto<br />

musicale, i compositori potevano contare sull’abilità dei<br />

cantanti per eseguirle correttamente, indipendentemente<br />

dal fatto che fossero scritte o meno. Lasciarle fuori dalla<br />

notazione non era necessario ma nemmeno proibito. Poiché<br />

non in tutti i contesti serviva indicare le alterazioni con la<br />

stessa medesima chiarezza, si poteva decidere di indicarne<br />

alcune anche se, in senso stretto, sarebbero state ridondanti.<br />

(Nei Choirbook o nei Partbook si trovano più facilmente le<br />

alterazioni usate nel contesto melodico e nelle formule<br />

cadenzali mentre è più difficile trovare quelle indicanti una<br />

relazione verticale.)<br />

E’ evidente, quindi, che la realizzazione delle inflessioni<br />

accidentali implicite apparteneva al contesto della prassi<br />

esecutiva. Ma se vogliamo evitare equivoci su quello che<br />

fecero i musicisti medievali e rinascimentali, allora abbiamo<br />

bisogno di comprendere chiaramente se le alterazioni<br />

implicite appartenevano alla sfera del testo musicale (che per<br />

ogni dato brano e per tutte le esecuzioni doveva rimanere<br />

invariato se l’opera voleva conservare la sua identità), o<br />

al campo esecutivo (che poteva variare in ogni singola<br />

esecuzione senza mettere in pericolo l’identità del lavoro).<br />

L’idea che uno degli aspetti di un’ opera poteva essere una<br />

questione di prassi esecutiva non tanto appartenente a<br />

quello che prima ho definito dominio esecutivo, ma piuttosto<br />

al dominio del testo musicale può apparire bizzarro solo in<br />

merito al presupposto anacronistico che la funzione della<br />

| 4


Gli Esacordi della Musica Ficta (da Lux Bella, 1492, p. 8)<br />

immagine della copertina del trattato ‘Practica Musica’ di<br />

Hermann Finck (1527-1558), sull’arte del canto e della produzione<br />

di ornamentazioni ed alterazioni.<br />

notazione musicale è di fissare un ‘testo musicale ideale’<br />

indipendentemente dalla sua specifica realizzazione, un<br />

atteggiamento moderno che non è diventato comune sino alla<br />

fine del XVIII secolo. Per i musicisti precedenti la funzione della<br />

notazione era di fornire istruzioni adeguate per gli esecutori.<br />

Questo spiega il loro atteggiamento pragmatico su ciò che<br />

‘l’implicito poteva, ma non obbligatoriamente doveva, essere<br />

scritto’. Così la pratica del sottintendere, piuttosto che dello<br />

specificare, alcune alterazioni non significa necessariamente<br />

che queste non potevano appartenere al testo musicale.<br />

In realtà, sembra che il confine tra il testo musicale e l’esecuzione<br />

si trovi nell’area delle alterazioni implicite. Una volta che abbiamo<br />

capito le convenzioni che disciplinavano il loro uso, diventerà<br />

chiaro che molte alterazioni appartenevano al testo musicale<br />

invariabile, poiché i contesti che le richiedevano potevano<br />

essere realizzati in un solo modo. Ma si potevano trovare anche<br />

convenzioni che permettevano ai cantanti, in determinate<br />

situazioni, di scegliere tra diverse soluzioni disponibili. In alcuni<br />

contesti i cantanti potevano legittimamente esitare se alterare<br />

o meno, in altri non vi era alcun dubbio che l’alterazione era<br />

necessaria, ma la scelta di questa era comunque lasciata aperta.<br />

Vi sono prove, inoltre, che i cantanti, occasionalmente, erano<br />

in disaccordo su come realizzare il testo. Di conseguenza,<br />

alcune alterazioni implicite devono essere intese come non<br />

appartenenti al testo invariabile, ma alla variabilità della sua<br />

realizzazione.<br />

Quindi, anche se in alcuni contesti, gli esecutori possono aver<br />

avuto l’opportunità di scegliere tra diverse soluzioni accettabili,<br />

per la maggior parte dei casi dobbiamo pensare al problema<br />

delle alterazioni implicite in termini di testo musicale destinato<br />

ad essere realizzato correttamente da cantanti che leggono<br />

notazioni più o meno abbreviate. Questo modo di vedere il<br />

problema ci permetterà di evitare la pista falsa presa, a mio<br />

parere, da quegli studiosi che hanno sostenuto che, poiché le<br />

alterazioni implicite erano una questione di prassi esecutiva<br />

‘è inutile lottare per una versione autentica’ e che è anche<br />

improprio includere le alterazioni nelle moderne edizioni<br />

critiche. Una volta che ci si rende conto che molte alterazioni<br />

implicite appartenevano alla sfera del testo musicale, e che, a<br />

differenza dell’atteggiamento dei musicisti del Rinascimento, la<br />

visione moderna della notazione richiede che il testo integrale<br />

sia scritto, diventa chiaro che la ricerca per la realizzazione<br />

corretta (o, in alcuni casi, la gamma delle realizzazioni accettabili)<br />

delle alterazioni implicite è responsabilità del direttore e che<br />

i risultati di questa ricerca dovrebbero essere illustrati in una<br />

edizione critica.<br />

parte del tenore dalla ‘Passione di San Matteo’ di Richard<br />

Davy (c.1465–1538). Conservata incompleta nel Eton<br />

Choirbook<br />

| 5


Primo Piano<br />

All’incirca un anno fa, quando FENIARCO mi<br />

parlò del Progetto ‘Officina Corale del Futuro’, che<br />

prevedeva l’istituzione di dieci Cori Giovanili in<br />

altrettante regioni, pensai che fosse arrivato oramai<br />

il momento giusto per togliere un sogno dal cassetto.<br />

Anche noi partimmo con un bando di selezione<br />

per i coristi che ne avrebbero dovuto far parte.<br />

Coro giovanile<br />

dell’Emilia Romagna<br />

Quel sogno che non è più nel cassetto<br />

DI andrea angelini<br />

Direttore di coro, compositore, Presidente AERCO<br />

Per aderire al CGER<br />

https://form.jotformeu.com/aercobologna/CGER<br />

Purtroppo dopo circa un paio di mesi le risposte non<br />

erano sufficienti per aderire al progetto FENIARCO e<br />

lo scoramento in me e nei miei colleghi del Consiglio<br />

Direttivo si fecero evidenti. Perché questa debole<br />

adesione? Le motivazioni, ovvio, potevano essere tante:<br />

dalla pubblicità poco incisiva sino al mancato recepimento<br />

dell’importanza del progetto…Su quest’ultimo punto<br />

lasciatemi esternare la mia vision. Io credo che un Coro<br />

Giovanile Regionale debba non essere valutato come un<br />

nucleo elitario, che non rappresenti la coralità amatoriale;<br />

sarebbe così se i suoi componenti non provenissero da<br />

esperienze di cori amatoriali oppure se gli stessi fossero<br />

alla ricerca di un trampolino di lancio per la propria carriera<br />

professionale. Il Coro Giovanile, al contrario, costituisce le<br />

basi per un ‘laboratorio aperto a 360°’: lo è per i cantori<br />

che possono maturare esperienze fantastiche, lo è per i<br />

giovani compositori che possono farsi eseguire opere<br />

inedite, lo è per i giovani direttori che possono misurarsi<br />

con un organico esperto.<br />

Questa opportunità non poteva naufragare, condizionata<br />

da una scadenza di adesione al progetto nazionale… E fu<br />

così che, anche se non inseriti ufficialmente all’interno di<br />

‘Officina Corale del Futuro’, decidemmo di insistere con<br />

la ricerca delle voci sino alla costituzione di un gruppo<br />

sufficientemente nutrito per cominciare! Silvia Biasini<br />

accettò con interesse e coraggio la nomina a direttrice<br />

e tutti insieme finalmente partimmo, all’inizio del <strong>2017</strong>,<br />

verso la meravigliosa avventura. Sono sicuro che questo<br />

coro sarà d’esempio anche per altri giovani che andranno<br />

a sostituire coloro che per motivi anagrafici stanno<br />

6 | Primo PIANO


lasciando le fila dei propri cori d’appartenenza. Ovvio, il turn-over corale non passa solamente<br />

attraverso questo progetto (AERCO è molto impegnata nel promuovere la coralità scolastica<br />

e infantile in generale), ma è comunque un messaggio che vogliamo dare al mondo esterno: i<br />

giovani amano cantare e si impegnano per farlo!<br />

Questa breve intervista con Silvia Biasini, direttrice del Coro Giovanile dell’Emilia Romagna<br />

(CGER), renderà ancora più evidente con quale spirito e determinazione questi ragazzi hanno<br />

aderito a quel sogno ‘che il cassetto non racchiude più’!<br />

AA: Tutti gli esseri umani nascono con la musica dentro, o con la capacità di percepirla, alcuni più<br />

di altri, soprattutto se hanno la fortuna di essere spinti in quella direzione. Il tuo amore per la<br />

musica, da cosa nasce?<br />

SB: In casa mia fin da bambina ho sempre respirato aria di musica. Mio nonno materno, cantante,<br />

organista, corista del coro lirico della città, mi ha fatto appassionare all’opera lirica che ascoltavamo<br />

insieme tutti i pomeriggi e da lì è iniziato il lungo viaggio che mi ha portato alla grande passione<br />

per la polifonia e la musica corale.<br />

AA: Attraverso quali fasi si è sviluppata l’attività del Coro Giovanile Regionale dell’Emilia<br />

Romagna? Quali i punti di svolta più significativi?<br />

SB: È stato fondamentale il ruolo di AERCO che ha creduto fortemente in questo progetto fin da<br />

subito. I punti di svolta sono stati due: la tua decisione, come Presidente, di partire col progetto<br />

fissando le prove anche se con soli 10 iscritti al coro e il coraggio di affrontare il concerto del<br />

9 aprile, nostro debutto, dopo sole 2 prove. Questo ha dimostrato ai ragazzi totale fiducia che<br />

hanno ricambiato con un grande impegno.<br />

AA: Essendo un coro di recente formazione penso che sia importante anche il lavoro sull’incontro del<br />

gruppo, sul contatto tra i vari componenti. Quali le strategie per favorire questa consapevolezza?<br />

SB: La sinergia tra le persone e il dialogo anche non verbale fatto di sguardi e sorrisi è importantissimo,<br />

per questo facciamo quando è possibile attività anche per favorire questo aspetto che tra le altre<br />

cose portano anche alla preparazione vocale prima della prova. Spesso invertiamo la posizione<br />

delle sezioni vocali all’interno del coro per permettere un semplice sguardo tra i cantori e quando<br />

vi è la possibilità, cantiamo in cerchio a sezioni miste uomini/donne. Il contatto è assicurato!<br />

Quando le prove si protraggono tutto il giorno è fondamentale trascorrere il pranzo insieme, è<br />

un divertimento assoluto!<br />

AA: Come si sviluppa il lavoro del coro, come imposti le prove? C’è una particolare attenzione<br />

anche al lavoro corporeo, oltre che a quello vocale?<br />

SB: La gestione della prova del coro giovanile regionale è molto diversa dalle prove dei cori a cui<br />

coro giovanile dell’emilia romagna | 7


tutti noi direttori siamo abituati, soprattutto per il fatto che è mensile e non settimanale,<br />

quindi da direttore devi concentrare il lavoro di quattro prove in una sola, spesso con un<br />

concerto la sera. Il lavoro corporeo è molto importante perché una prova di una giornata<br />

implica tensioni che, se non vengono risolte, possono creare agitazione e preoccupazione<br />

in concerto. Devo ammettere che la prova giornaliera seppur molto stancante per un<br />

direttore, è molto formativa, mette alla prova le capacità comunicative e tecniche del<br />

direttore e serve a forgiarne la tenuta e la concentrazione.<br />

AA: In base alla tua esperienza, quali sono le problematiche maggiori per chi, come te, è<br />

impegnata nella direzione di un coro giovanile?<br />

SB: Innanzitutto la difficoltà maggiore è convincere i giovani che cantare non è un’operazione<br />

‘noiosa’ ma tutt’altro, poi una volta convinti e trovati, c’è il fatto di trovare un repertorio<br />

vario che possa accontentare tutti e quindi appassionarli al coro, dal cantante barocco che<br />

ha studiato in Conservatorio, al musicista rock, al ragazzo che sotto la doccia canta solo<br />

musica leggera, per arrivare al cantante lirico. Per questo il nostro repertorio comprende<br />

un po’ di tutto e sono pronta ad accettare da loro suggerimenti in merito.<br />

AA: Una cosa prodigiosa della musica è che è un’arte che si svolge nell’immediato, qui e<br />

ora. Quali sono gli obiettivi per i quali vi state impegnando?<br />

SB: Ho cercato un repertorio che potesse creare un suono del coro, che potesse dare<br />

a questi ragazzi un’identità corale e sebbene il cammino sia ancora lungo, ci stiamo<br />

riuscendo. Un altro obiettivo sarà quello di ampliare il repertorio spingendoci indietro nel<br />

tempo nella polifonia rinascimentale.<br />

AA: Quali sono i risultati dell’attività fin qui svolta, che ti rendono più orgogliosa?<br />

SB: Il CGER è formato da 20 coristi che una domenica al mese da tutta la regione si alzano<br />

presto, arrivano alle prove alle 10 con tantissima grinta e voglia di cantare, affrontano ore<br />

e ore di prova con il sorriso e durante il concerto danno il massimo, tutto questo mi rende<br />

estremamente orgogliosa, molto più forse della lettura di una difficile partitura come<br />

il Kyrie di H. Pousseur che abbiamo portato in concerto il 22 ottobre a Bologna e il 29<br />

Ottobre a Ferrara.<br />

‘Il Coro Giovanile<br />

è un ‘laboratorio<br />

aperto a 360°’:<br />

lo è per i cantori<br />

che possono<br />

maturare<br />

esperienze<br />

fantastiche, lo<br />

è per i giovani<br />

compositori che<br />

possono farsi<br />

eseguire opere<br />

inedite, lo è per i<br />

giovani direttori<br />

che possono<br />

misurarsi con un<br />

organico esperto’<br />

AA: E’ importante come coro avere un momento particolare per mostrare il proprio lavoro,<br />

raggiungendo un contatto significativo con il pubblico. Quali sono state le occasioni che vi<br />

hanno permesso di stabilire questo contatto?<br />

SB: Il 9 aprile, giorno del nostro debutto in occasione dell’assemblea di AERCO, momento<br />

molto proficuo che ha portato anche l’inserimento di nuovi cantori; 22 ottobre a Bologna<br />

nella Chiesa di San Benedetto per la Rassegna CantaBo, un momento molto importante e<br />

un grande onore poter dividere il concerto con il Coro da Camera di Bologna diretto dal m°<br />

Pier Paolo Scattolin, il 29 ottobre siamo stati a Ferrara, ospiti della Rassegna Roffi insieme<br />

al coro di voci bianche Le Allegre Note e il 23 dicembre andremo a Gaggio Montano per<br />

partecipare ad una rassegna natalizia.<br />

Il Coro giovanile in concerto a Parma<br />

8 | Primo PIANO


Primo Piano<br />

In uno dei miei primi interventi, anni fa, aprivo con<br />

una domanda: ci ritroviamo per cantare o cantiamo<br />

per ritrovarci? Era uno spartiacque allora e lo è<br />

ancora. Sembrerà semplicistico, ma se un coro è più<br />

interessato a far musica e mette in secondo piano la<br />

divisa e i concerti-scambio ha maggiori probabilità<br />

di superare quelle difficoltà che fanno parte della<br />

vita di un’associazione.<br />

Il futuro nella coralità<br />

Nel primo numero di FarCoro del 2016 abbiamo pubblicato un articolo del M° Pier Paolo Scattolin, dal titolo<br />

‘Il futuro nella coralità’, da cui sono scaturite interessanti riflessioni dei nostri lettori. Ne pubblichiamo due.<br />

di MARIO LANARO<br />

MARIO LANARO<br />

È organista (allievo di R.<br />

Buja), direttore di coro e<br />

orchestra. Svolge attività<br />

didattica al Conservatorio<br />

di Verona (dal 1993<br />

Cattedra di Esercitazioni<br />

Corali), dopo aver<br />

insegnato a Rovigo, Trento<br />

e Riva del Garda. Da giovanissimo ha iniziato la sua<br />

carriera come direttore di coro, ottenendo già prima<br />

dei vent’anni quattro vittorie ai concorsi corali nazionali<br />

di Vittorio Veneto, Adria e Ivrea col Gruppo Corale<br />

Valleogra di Schio. Interessato alla composizione corale<br />

ha ottenuto vari riconoscimenti. Collabora con varie<br />

case editrici, con associazioni musicali ed enti a livello<br />

nazionale ed internazionale. Ha diretto il Gruppo<br />

Corale Valleogra di Schio, il coro della Brigata Alpina<br />

Julia (1981-82), la Schola Cantorum di Malo (1975-97), il<br />

Concentus Vocalis (Vicenza), lo Studio Corale di Verona<br />

(1997-98), il coro-laboratorio Studio 97 (prov. di Vicenza)<br />

e l’Insieme Vocale “Umberto Zeni”.<br />

Un direttore che continua a perfezionarsi, ascoltando<br />

e studiando per proprio conto nuove pagine (non solo<br />

su Youtube), che non ha paura di farsi ‘vedere’ da un<br />

collega più esperto, ha più possibilità di trovare nuove<br />

voci, porterà innovazioni, avrà il coraggio di rischiare e<br />

di aprirsi ai cambiamenti. Qual è il futuro della coralità?<br />

Cosi formulata è una domanda a cui è difficile rispondere<br />

dato che le identità e il livello medio dei cori cambiano di<br />

regione in regione. Più che vivisezionare l’ambiente corale<br />

dovremmo portare alcuni esempi di gruppi che godono di<br />

buona salute: non è difficile trovarli.<br />

Nelle mie lezioni al Conservatorio di Verona e nelle<br />

chiacchierate dopo prove mi soffermo spesso sugli aspetti<br />

emozionali, facendo notare che amare il proprio gruppo<br />

e sentirsene parte non deve impedire il dialogo con altri<br />

cori, l’apertura alla collaborazione tra direttori e cantori.<br />

C’è invece la paura del confronto, specialmente quando<br />

ci si accontenta di risultati modesti, tanto da invitare alla<br />

propria rassegna annuale complessi che mantengono lo<br />

stesso livello (se non inferiore). Ci si lamenta da qualche<br />

tempo per le poche occasioni concertistiche, e ciò vale<br />

per la polifonia quanto per la derivazione popolare.<br />

Conosciamo tutti il ritornello se c’è il concerto ci si<br />

impegna di più, ma in tempi di ristrettezze urge rivalutare<br />

la primaria funzione educativa della lezione; in altre parole<br />

il cantore dovrebbe trovare maggior appagamento nella<br />

gioia di apprendere, nella prioritaria consapevolezza di<br />

una crescita musicale, culturale e umana. La prova serale<br />

IL FUTURO NELLA CORALITA’ | 9


dovrebbe diventare il momento più intenso della vita di un corista. Pretendere questo è<br />

forse utopistico? Per me, che da quarant’anni insegno ad amare il canto corale, a perfezionare<br />

il gesto, l’analisi, la pianificazione della prova, utopia non è. Non commettiamo l’errore di<br />

cercare giustificazioni all’esterno senza prima guardare dentro la nostra sala prove. Per un<br />

momento non lamentiamoci di una scuola che non sente l’esigenza di un corso di teatro o<br />

di un coro in ogni classe; evitiamo le critiche a chi continua a proporre in chiesa musiche e<br />

testi di bassissimo livello. Questo è il nostro habitat, purtroppo: continueremo a professare<br />

le nostre convinzioni, certamente, ma ora analizziamo senza sconti la coralità amatoriale.<br />

La voglia di imparare, l’esigenza di migliorare la propria voce, quella della sezione e di tutto<br />

l’insieme resta a mio avviso l’obiettivo primario, poi verrà il resto.<br />

Nel momento in cui un coro entra in crisi, e i motivi possono essere dati da monotonia<br />

repertoriale, tempi di lettura biblici, mancanza di concerti, cantori che lasciano, l’anagrafe<br />

sempre più avanzata, si deve avere il coraggio di intervenire in tempi brevi. Cercare soluzioni<br />

rapide, anche radicali, è da preferire ad una lenta agonia nella speranza che cambi qualcosa<br />

dall’esterno. Da anni sostengo che non son tanto i repertori da rivedere, ma il modo con<br />

cui vengono portati al pubblico. Molti cori, sia pur preparati musicalmente, sul palco sono<br />

impacciati e non brillano per agilità scenica; al presentatore manca la dimensione del<br />

tempo, non c’è una regìa, un filo conduttore. Abbiamo stancato il pubblico con le lunghe<br />

presentazioni, le targhe-ricordo, i saluti dell’assessore e del parroco, il brano a gruppi uniti<br />

a fine serata. Sono tutti ingredienti che hanno fatto il loro tempo, altri devono essere i<br />

ritmi, altri i dosaggi: meno parole e più musica. Al concerto dell’anniversario (decennale,<br />

ventennale ecc.) non dedicheremo tutta la serata a celebrare il passato, con il concorso<br />

vinto quindici anni prima e l’elencazione dei cantori che son passati in sala prove (ottima<br />

cosa stampare tutto questo in un opuscolo apposito), ma inviteremo un coro (magari<br />

più bravo) ed eseguiremo la prima pagina con cui il coro ha iniziato e l’ultima imparata.<br />

I Cantori di Santomio, nei concerti per il loro cinquantesimo, stanno eseguendo otto<br />

mottetti commissionati ad altrettanti compositori. Sono vari i cori che chiedono ad un<br />

musicista uno o più lavori, all’interno di un ampio progetto compositivo da sviluppare nel<br />

tempo: ecco il futuro.<br />

La velocità di produzione resta il primo obiettivo per tutti,<br />

alle prime esperienze o dopo anni. Il direttore dovrebbe<br />

migliorare la fase di lettura evitando le lunghe attese ai<br />

cantori che aspettano annoiati il loro turno. Saper leggere<br />

individualmente la propria parte resta un traguardo, ma ci<br />

possono essere altre strategie: capi-sezione che provano<br />

in sale diverse, tracce studio molto curate (cantate dallo<br />

stesso direttore o da un corista con la supervisione del<br />

maestro) da ascoltare per proprio conto prima della prova<br />

serale; proposte di ascolto di vari brani (anche qui serve<br />

lo sforzo personale) da studiare in futuro o anche solo<br />

per un ampliamento delle conoscenze. Soprattutto è la<br />

preparazione del direttore che può velocizzare questa<br />

prima fase: migliorando la sua prima vista nel canto e al<br />

pianoforte, curando il suo timbro, cercando nuove parole<br />

eleverà il suo messaggio pedagogico. Ogni parte va ben<br />

assimilata ed eseguita poi davanti al cantore con sicurezza,<br />

dato che quella prima immagine sonora rimarrà sempre<br />

impressa nella sua mente.<br />

Alcune associazioni corali sono composte dalla<br />

formazione principale, madrigalistica (o gruppo scelto) la<br />

sezione giovanile e le voci bianche; il corista più portato, che ha già una formazione di<br />

base, viene sostenuto economicamente nel frequentare corsi di perfezionamento proposti<br />

‘Dobbiamo<br />

incoraggiare<br />

tutte le forme<br />

di coralità,<br />

dobbiamo<br />

sostenere<br />

concretamente<br />

quelle realtà<br />

corali che<br />

investono nella<br />

musica e che,<br />

prima di tutto,<br />

si ritovano per<br />

cantare’<br />

Mario Lanaro al Festival di Primavera<br />

10 | Primo PIANO


Lezione sul gesto di Mario Lanaro al Conservatorio<br />

‘E. F. Dall’Abaco’ di Verona<br />

dalle associazioni regionali (meglio ancora se affronterà un<br />

corso accademico al conservatorio); a lui verrà poi affidata<br />

la conduzione della formazione giovanile o voci bianche.<br />

Serve una felice intesa tra i direttori e nella gestione<br />

amministrativa. I rischi ci sono dato che appena la nuova<br />

sezione cammina da sola potrebbe sentire il bisogno di<br />

autonomia. Conosciamo casi dove un vicedirettore se<br />

ne va portandosi appresso una fetta di coro o un’intera<br />

sottosezione, dando vita ad una nuova realtà. La cosa, a<br />

prima vista, sa di tradimento... ma siamo sicuri che ciò<br />

sia veramente negativo? Tanti sono i gruppi giovanili che<br />

stanno raggiungendo ottimi risultati. I cori scolastici non<br />

sono più una novità: a loro diremo che non esiste solo Oh<br />

happy day o Sister Act, ma De Andrè, Il Quartetto Cetra,<br />

tanto pop italiano da rivisitare. I compositori creeranno<br />

pagine ad hoc a tre voci miste (senza rimpiangere la<br />

più completa scrittura per SCTB) con testi poetici del<br />

passato e nuovi. Accanto ai giovanili esiste l’attività corale<br />

delle Università degli Adulti, grande bacino di energie:<br />

investiamo anche nella terza e - oggi - quarta età: ecco<br />

il futuro. Al Conservatorio Dall’Abaco, nel biennio di<br />

Musicoterapia, propongo vocalizzi, esercizi, giochi parlati<br />

e cantati, canti adatti alle voci anziane.<br />

Se sia più importante avere buoni coristi o un buon<br />

direttore è una questione mai risolta: sono due<br />

componenti che si fondono continuamente, impossibile<br />

separarle. Io punto il dito verso il maestro, mi sento di<br />

farlo perché è un problema che vivo da oltre quarant’anni,<br />

come esecutore, compositore e docente. C’è una coralità<br />

che sta invecchiando (penso ai cori ANA e ai maschili<br />

di derivazione popolare in genere, ad alcune scholae<br />

cantorum) ed è una realtà che va accettata con serenità,<br />

senza rabbia. I giovani non amano cantare! Niente di più<br />

sbagliato, ho incontrato in una mia masterclass a Milano<br />

i bravi allievi del Coro CET: il più ‘vecchio’ ha venticinque<br />

anni. Purtroppo non esiste la pillola della giovinezza<br />

vocale, ma c’è ancora spazio per elevare la qualità delle<br />

forze presenti, che formano attualmente i nostri cori.<br />

Dobbiamo incoraggiare tutte le forme di coralità, nelle<br />

scuole, quelle più umili ancorate all’associazionismo;<br />

dobbiamo sostenere concretamente, anche<br />

economicamente, quelle realtà corali che investono nella<br />

musica e che - prima di tutto - si ritrovano per cantare.<br />

IL FUTURO NELLA CORALITA’ | 11


Pensieri sparsi sulla coralità italiana<br />

di ANDREA D’ALPAOS<br />

Ho accettato con grande piacere l’invito a scrivere qualche<br />

considerazione sul tema della coralità. Ho letto con<br />

attenzione l’articolo del M° Scattolin nel quale vengono<br />

offerti tantissimi spunti di riflessione. Concordo sul fatto<br />

che la strada da percorrere sia lunga e complessa ma se<br />

mai si parte mai si arriverà..<br />

Ciò che scrivo non ha forma organica...è piuttosto una serie<br />

di pensieri sparsi che riguardano il far coro , l’arte, le idee<br />

che creano la musica. Partiamo da una presa di coscienza:<br />

Il mondo cambia. Le cose cambiano. Le mode passano.<br />

Una parte del mondo corale è in crisi perché la società<br />

che ha prodotto e determinato alcuni valori è entrata in<br />

crisi. E’ cambiata, si è evoluta (purtroppo forse involuta...).<br />

La comunicazione cambia costantemente quindi i modi<br />

di comunicare si adeguano. Ci sono delle con-cause<br />

per il disinteresse verso la musica corale. Bisogna fare,<br />

se non autocritica, un’analisi obiettiva. La tecnologia<br />

ha modificato le abitudini nella fruizione dei prodotti<br />

e nell’organizzazione del tempo libero (quindi nella<br />

vita sociale). Ci sono dei vantaggi: YouTube ci consente<br />

di ascoltare, scoprire, conoscere migliaia di canzoni,<br />

artisti, gruppi. Possiamo cliccare download e scaricare<br />

testi, spartiti, canzoni in un secondo. Con un unico click<br />

possiamo far viaggiare un file nei computer di tutti i<br />

coristi contemporaneamente (non son passati millenni<br />

da fotocopie e audiocassette). Ma ci sono ovviamente<br />

andrea d’alpaos<br />

Laureato in Lettere, ha<br />

conseguito la Licenza<br />

di Teoria e solfeggio, il<br />

diploma di Storia della<br />

musica, il diploma di<br />

Armonia complementare.<br />

Dal 1998 è direttore del<br />

Coro Gospel Joy Singers,<br />

che si è distinto vincendo i<br />

Concorsi nazionali di Gallio (2003), Roncade (2002) e il<br />

T.I.M. (Torneo Internazionale di Musica) Edizione 2000 e<br />

partecipando alla registrazione del CD Sogno di Andrea<br />

Bocelli. E’ direttore inoltre dei Gospel Mini Singers e<br />

dei Revelation Singers. E’ autore di testi e musiche per<br />

colonne sonore di film e allestimenti teatrali.<br />

Ha ottenuto per due edizioni consecutive, nel 1999 e<br />

nel 2000, il Premio come miglior compositore gospel al<br />

Concorso Internazionale ‘Song Expo’ , in Olanda.<br />

gli svantaggi: la pigrizia! Il mondo è tutto dentro al nostro<br />

cellulare quindi la realtà diventa non necessaria. Non<br />

usciamo più per andare a comprare un disco...possiamo<br />

scaricarlo sul cellulare. Non andiamo a sentire un concerto<br />

e se fa freddo e piove saltiamo le prove del coro perché<br />

tanto arriverà a casa il file audio!<br />

Diciamo che dobbiamo trovare un nuovo equilibrio e<br />

accettare che ci siano diversi punti di vista. Venticinque<br />

anni fa quasi non esistevano cori gospel, vocal pop o simili.<br />

Essendo stato io uno dei ‘colpevoli’ a proporre un diverso<br />

modo di far coro ricordo perfettamente la ‘chiusura’ e lo<br />

scetticismo del mondo corale ‘accademico’ e a lungo le<br />

nuove proposte son state guardate con diffidenza. Adesso<br />

ci sono centinaia di cori gospel o pop e in tanti concorsi<br />

si è provveduto a creare categorie specifiche. E’ una nuova<br />

realtà che sta cercando spazi e una propria identità. E’ certo<br />

preoccupante che altre tipologie di coro stiano vivendo<br />

un momento di difficoltà ma dobbiamo anche accogliere<br />

positivamente lo sviluppo di nuove forme espressive e un<br />

nuovo modo di socializzare e stare insieme.<br />

Musica di qualità<br />

Penso che tutti siano d’accordo sulla ricerca di qualità. Dire<br />

musica classica non garantisce la qualità. Cosa vogliamo<br />

dalla coralità italiana? Io direi: energia, coinvolgimento,<br />

stupore e curiosità, capacità di comunicare. Polifonia<br />

rinascimentale o barocca, repertorio romantico o<br />

contemporaneo, gospel o vocal-pop... non importa quale<br />

di queste strade scegliamo; ciò che conta è il cercare<br />

la bellezza del suono, il piacere nel raggiungere nuovi<br />

traguardi, la cura del dettaglio. La cura della presentazione<br />

(come presentiamo e come ci presentiamo). Non basta<br />

mettersi una tunica per essere ‘gospel’ così come non basta<br />

dare al coro un nome altisonante per cantare ‘barocco’.<br />

Questo significa rispetto per noi stessi e per il pubblico.<br />

Quando c’è qualità allora possiamo e dobbiamo accettare<br />

diverse prospettive.<br />

Nel proporre un autore (ad esempio Bach) o un brano<br />

possiamo: ispirarci a…, rendere omaggio a..., dare un<br />

nuovo colore a..., giocare con... ma ciò che conta è la<br />

qualità. Si può anche giocare con la musica colta se fatto<br />

con rispetto e qualità (to play, spielen, jouer... giocare/<br />

suonare… come sapete, in molte lingue le parole giocare e<br />

suonare coincidono). Cosa significa qualità?<br />

Secondo me è riuscire a proporre un’idea al 100% delle<br />

nostre possibilità. Mi piace ascoltare i ‘cori bravi’ (es. Coro<br />

Giovanile Italiano) ma provo la stessa emozione quando<br />

12 | Primo PIANO


Andrea D’Alpaos e i Joy Singers<br />

ascolto un brano di qualsiasi coro minore di provincia<br />

che ha dato in quel brano il massimo della propria<br />

potenzialità. La musica ha un grande potere evocativo.<br />

Se espressa con totale dedizione non può non creare<br />

momenti di magia e una vibrazione che unisce coristi,<br />

direttore e pubblico. Bisogna capire e sfruttare<br />

l’opportunità, il privilegio di salire su un palcoscenico.<br />

La musica nelle scuole<br />

Dirò cose banali e già sentite; non serve uno scienziato<br />

per affermare che arte e musica avrebbero un incredibile<br />

impatto positivo su bambini e ragazzi. I limiti della<br />

scuola italiana sono evidenti e imbarazzanti. Facciamo<br />

mea culpa nel senso che, data per cronica l’assenza delle<br />

istituzioni politiche, dobbiamo smettere di lamentarci e<br />

imparare ad ottimizzare il pochissimo tempo e le scarse<br />

risorse economiche. Un consiglio per le scuole ma utile<br />

anche ai cori: investire un po’ di tempo e risorse con<br />

collaborazioni di qualità. Troppo spesso le scelte del<br />

repertorio o degli insegnanti per preparare un concerto<br />

o un percorso didattico sono orientate verso chi offre<br />

il prezzo più basso. La competenza ha un costo e<br />

soprattutto un valore. A volte è più produttivo investire<br />

le risorse in un docente che verrà per un numero limitato<br />

di lezioni ma che con il suo carisma e competenza darà<br />

una spinta incredibile ai ragazzi.<br />

Tornando alla qualità, negli ultimi anni la Feniarco e le<br />

associazioni regionali hanno fatto un grandissimo lavoro<br />

sulla qualità creando occasioni di incontro e corsi di<br />

formazione e specializzazione per direttori di coro, i cui<br />

risultati già si vedono (ho ancora negli occhi e nel cuore<br />

l’energia e l’entusiasmo dei cori scolastici che hanno<br />

partecipato al Festival di Primavera a Montecatini ).<br />

Il prossimo passo da sostenere con grande attenzione è<br />

un nodo fondamentale: la comunicazione. La qualità non<br />

basterà se non si saprà trasmetterla. Questo concetto<br />

è legato al problema del pubblico e della carenza di<br />

coristi citato dal M° Scattolin. Dobbiamo ripensare la<br />

comunicazione. Come detto all’inizio le cose cambiano<br />

e le mode cambiano... Un concerto ha motivo di esistere<br />

se c’è una relazione tra i suoi elementi necessari: Coro,<br />

repertorio, pubblico. Nel proporre repertori impegnativi<br />

bisogna sempre ricordare che lo scopo del concerto è il<br />

comunicare, trasmettere un’idea, un’emozione, dei valori.<br />

E fondamentale la scelta della scaletta: ad esempio,<br />

dopo aver eseguito un brano della durata di 10 minuti<br />

con armonie ‘impegnative’ che richiedono particolare<br />

attenzione nell’ascolto, sarebbe una buona idea che il<br />

brano successivo fosse meno ‘impegnato’ e un po’ più<br />

accattivante. Dobbiamo accettare e tener presente che<br />

una delle tante cose cambiate nei secoli è la soglia di<br />

attenzione, la capacità di concentrazione.<br />

Contaminazioni<br />

Ho grande ammirazione e rispetto per le ricerche e le<br />

esecuzioni filologiche ma, come già detto, bisogna<br />

pensare a come trasmettere in maniera leggibile le storie<br />

d’altri tempi. Soprattutto non sono utili alla coralità<br />

le chiusure élitarie nei confronti di chi invece vuole<br />

sperimentare o vuole giocare con le idee... Monteverdi<br />

o Gesualdo da Venosa sono stati dei magnifici ribelli del<br />

loro tempo andando oltre tutte le convenzioni. Bach a<br />

volte non ha voluto, ma spesso non ha potuto scrivere in<br />

uno stile diverso per i limiti imposti dalla sua società, dalle<br />

condizioni economiche e dai suoi datori di lavoro!<br />

Perché quindi non esser liberi di sperimentare senza sensi<br />

di colpa spaziando tra gli stili e i repertori? Contaminare<br />

non ha solamente una connotazione negativa...<br />

Quanto detto in maniera sommaria non ha nessuna velleità<br />

dottrinale. L’unico scopo era quello di offrire alcuni spunti<br />

per aprirsi a idee diverse. Vedere le cose da altri punti di<br />

vista con la speranza che ci possa essere più curiosità e<br />

determinazione da parte di tutti a far sì che tutte le strade<br />

intraprese dai vari cori, direttori, compositori trovino<br />

sempre più spesso delle convergenze o dei crocevia. Dei<br />

punti di ristoro dove ci si possa fermare ogni tanto per<br />

rigenerarsi e per un momento di condivisione del viaggio<br />

nella musica.<br />

IL FUTURO NELLA CORALITA’ | 13


Stile<br />

Musica dell’anima<br />

La Cappella Musicale<br />

Pontificia ‘Sistina’: fra<br />

Tradizione e Modernità<br />

Intervista con il maestro-direttore, Mons. Massimo Palombella<br />

di ANDREA ANGELINi<br />

Direttore di coro, compositore, Presidente AERCO<br />

MASSIMO PALOMBELLA<br />

Fondatore e Maestro<br />

Direttore del Coro<br />

Interuniversitario di Roma,<br />

ha lavorato nella pastorale<br />

universitaria della Diocesi<br />

di Roma dal 1995 al 2010. È<br />

stato docente fino al 2011<br />

alla Pontificia Università<br />

Salesiana e insegna al Conservatorio G. Cantelli di<br />

Novara, nel biennio di specializzazione in Musica Sacra,<br />

di Composizione per la Liturgia, Polifonia Romana e<br />

Legislazione della Musica Sacra. Inoltre è stato docente<br />

all’Università La Sapienza di Roma, al Conservatorio di<br />

Torino e al Pontificio Istituto di Musica Sacra in Urbe ha<br />

insegnato Liturgia. Dal 1998 al 2010 ha diretto la Rivista<br />

di Musica per la Liturgia Armonia di Voci, dell’Editrice<br />

ElleDiCi. Il 16 ottobre 2010 è stato nominato da Papa<br />

Benedetto XVI maestro direttore della Cappella<br />

Musicale Pontificia ‘Sistina’ e riconfermato nel 2015 da<br />

Papa Francesco. Il 14 gennaio <strong>2017</strong> Papa Francesco lo ha<br />

nominato consultore della Congregazione per il Culto<br />

Divino e la disciplina dei Sacramenti.<br />

Andrea Angelini: Considerando i nostri tempi, ci piacerebbe<br />

che parlasse della Musica sacra tra cultura e liturgia: quali<br />

riflessioni e proposte in merito alla situazione in Italia?<br />

Massimo Palombella: E’ molto interessante il connubio<br />

cultura e liturgia perché è esattamente quello su cui il<br />

Concilio Vaticano II, l’ultima grande riforma liturgica che<br />

ha fatto la Chiesa Cattolica, ci pone doverosamente;<br />

chiedendoci il dialogo con la modernità, la Chiesa desidera,<br />

in ambito musicale, anche la ricezione nella musica<br />

destinata alla liturgia di quanto oggi è il patrimonio e la<br />

cultura musicale; basti pensare all’avanzamento che ha fatto<br />

la musica con il Novecento, dopo Wagner, dopo Mahler…<br />

In qualche modo credo che il Concilio ci chieda due cose:<br />

dapprima, che l’azione compositiva per la liturgia debba<br />

tener conto di dove siamo oggi e non di guardare indietro;<br />

d’altra parte c’è la salvaguardia del patrimonio culturale<br />

della Chiesa - che è l’origine della musica occidentale -<br />

ovvero il canto gregoriano e la polifonia. Il Concilio,<br />

chiedendoci il dialogo con la modernità, ci ricorda di non<br />

sottovalutare gli studi semiologici intrapresi su questa<br />

materia. Il canto gregoriano, dopo il lavoro scientifico fatto<br />

da Solesmes, che ci ha consegnato il Graduale Triplex 1 , non<br />

possiamo più pensare di eseguirlo con il Liber Usualis. 2<br />

1 Il Graduale Triplex è un libro liturgico che contiene i canti<br />

della messa del repertorio gregoriano. È stato pubblicato nel<br />

1979 ed è stato continuamente ristampato dall’Abbazia di<br />

Solesmes su mandato ufficiale della Chiesa cattolica.<br />

2 Il Liber Usualis Missae et Officii, ma più comunemente<br />

Liber Usualis, è un libro liturgico che contiene una raccolta<br />

dei canti gregoriani utilizzati non solo dalla Chiesa cattolica<br />

14 | Musica dell’anima


Mons. Massimo Palombella<br />

Con gli studi semiologici intrapresi, con tutto quello che<br />

è il patrimonio culturale che ci è arrivato a livello di studi<br />

scientifici, chi esegue la polifonia rinascimentale nella<br />

Liturgia ha il dovere di tradurre il segno grafico in segno<br />

sonoro con pertinenza. Ecco le due grandi sfide che in<br />

qualche modo il Concilio Vaticano II pone, oggi. In Italia la<br />

Conferenza Episcopale, da questo punto di vista, ha avviato<br />

da tempo un massiccio ed importante lavoro culturale,<br />

anche con la codificazione di un repertorio nazionale di<br />

canti. In sostanza si sono avviati dei processi, che qualcuno<br />

magari non apprezzerà, lamentandosi ‘Perché una volta,<br />

una volta…’. Se guardiamo la storia, anche il Concilio di<br />

Trento avviò dei processi e noi conosciamo chi, subito,<br />

in questi processi entrò: Giovanni Pierluigi da Palestrina.<br />

In quel momento la Cappella Sistina fu la prima grande<br />

realizzatrice del Concilio tridentino, con l’intelligibilità del<br />

testo; però prima che la riforma liturgica entrasse in tutto<br />

il contesto ecclesiale sono passati tanti anni. Quindi, di<br />

romana. Dei canti vengono trascritti i testi e la melodia<br />

nella sola notazione quadrata. La prima edizione risale al<br />

1896, effettuata dai monaci dell’Abbazia di Solesmes. Sono<br />

seguite diverse edizioni e dopo il Concilio Vaticano II non ha<br />

avuto più nuove edizioni. Il Liber Usualis è diffuso in tutto<br />

il mondo in latino, anche se attualmente viene sostituito<br />

dal più aggiornato Graduale Triplex dove nel repertorio,<br />

oltre alla notazione quadrata, viene trascritta anche la<br />

notazione sangallese e metense e dove la scelta dei brani è<br />

più meditata.<br />

per sé, noi siamo molto vicini al Concilio Vaticano II. Devo<br />

dire che in Italia sono stati avviati ottimi processi per la<br />

realizzazione del Concilio, che è un lavoro lungo perché<br />

significa pensare con una lingua viva, e questo significa<br />

entrare automaticamente in un contesto culturale che<br />

bisogna conoscere e occorre inoltre ‘declinare’ oggi tutto<br />

il grande patrimonio culturale della Chiesa. Si tratta di un<br />

lungo, grosso lavoro che necessita di studio e di ricerca e<br />

sono convinto che la Chiesa italiana ha avviato un ottimo<br />

lavoro sotto questo punto di vista.<br />

AA: Il mondo corale è spesso un settore di nicchia, poco<br />

valorizzato o criticato. Partendo dalle parole pronunciate<br />

da Papa Francesco che ha sottolineato la necessità di<br />

valorizzare il patrimonio della musica sacra ed anche la sua<br />

attualizzazione con linguaggi moderni, quali potrebbero<br />

essere le proposte per educare i giovani alla musica corale<br />

sacra?<br />

MP: Io penso che ci sia un principio, alla base, quando<br />

parliamo di giovani e parliamo di educazione: bisogna<br />

amare ciò che amano i giovani perché loro amino ciò che<br />

amiamo noi. Nella mia esperienza - prima di diventare<br />

Maestro della Cappella Sistina, lavoravo nell’Università<br />

dove svolgevo, oltre all’insegnamento, anche attività<br />

pastorale avendo un coro - non ho mai trovato difficoltà nel<br />

lavorare con i giovani ad un livello alto e culturale. Perché<br />

il livello culturale ci deve essere, nel senso che bisogna<br />

INTERVISTA A MONS. MASSIMO PALOMBELLA | 15


‘Il primo ruolo<br />

del direttore è<br />

quello di essere<br />

una persona<br />

che studia e che<br />

ricerca e poi, in<br />

seconda battuta,<br />

ha il ruolo di<br />

diventare, a poco,<br />

a poco, invisibile’<br />

avere la capacità di mediare il patrimonio culturale con un linguaggio comprensibile;<br />

fortunatamente l’equazione ‘Abbasso il livello, così ho più gente’ non funziona. Quindi, in<br />

fin dei conti più l’educatore o il maestro studia, rimane aggiornato, continua la sua ricerca<br />

e si preoccupa di comunicarla, più diventa affascinante il cammino. Quando pensiamo<br />

‘Queste cose qui non sono più capite, quindi lasciamole stare’ è perché noi non studiamo<br />

più e non studiamo neanche di farci amare. Il farsi amare, il far stimare le cose, è uno<br />

studio; bisogna cercare, fare del discernimento, e il discernimento è fatica (perché si può<br />

sbagliare, come in ogni sperimentazione), per cui è un lavoro che implica un investimento<br />

di energie. Non credo che sia difficile educare i giovani alla musica sacra, come educarli<br />

all’arte, alla letteratura latina, come educarli a qualunque aspetto culturale fondante,<br />

se questo lo si contestualizza in un discorso, e soprattutto ai giovani passa qualunque<br />

messaggio se siamo in grado di creare una relazione; senza relazione non passa nulla. E’<br />

importante che i grandi valori culturali siano sempre mediati da relazioni volte alla crescita<br />

e alla maturazione alla verità dei nostri giovani.<br />

AA: Parliamo dei Pueri Cantores, che tradizionalmente accompagnano con il canto la<br />

liturgia e il ruolo della Schola Cantorum; questi vanno sempre più scomparendo. Cosa fare<br />

per garantirne la presenza, e favorirne la diffusione non solo presso le chiese di una certa<br />

importanza?<br />

MP: Esiste un’associazione internazionale di Pueri Cantores, bisogna però essere qui molto<br />

precisi. Perché la Cappella Sistina ha i Pueri Cantores e investe con una scuola annessa,<br />

dalla terza elementare alla terza media? Perché i Pueri Cantores sono solo maschi e non<br />

ci sono bambine? Perché effettivamente la vera voce bianca, cosiddetta, è la voce del<br />

bambino, che non permane sempre uguale, ma, prima della muta della voce, acquisisce<br />

una serie di ‘ambrature’, un insieme di mutamenti dovuti alla fisiologia, che danno quella<br />

ricchezza di armonici che ha un coro di bambini e che invece non ha un coro di sole<br />

bambine. Qui c’è un problema di ordine culturale: se noi incidiamo con una etichetta<br />

discografica come Deutsche Grammophon abbiamo il dovere di creare un prodotto che<br />

sia esteticamente pertinente. Quindi, o incido con i falsettisti o con i bambini! Questo è<br />

un ambito molto importante e culturale. Io credo che d’altra parte l’educare in generale i<br />

bambini e le bambine al canto sia un ottimo elemento pastorale e formativo per il futuro<br />

di queste persone nel senso che l’avviare un bambino ad una disciplina che esige il canto<br />

corale, fatto ad un certo livello, gli farà acquisire un metodo di lavoro scientifico, rigoroso,<br />

che potranno usare in qualunque lavoro che faranno, come anche nelle relazioni della<br />

vita e anche nel ruolo di padre, di madre. Ecco il motivo per cui credo che sia importante<br />

che si investa culturalmente sui bambini e sulle bambine in relazione alla musica perché<br />

la musica ha il duplice aspetto di essere bella ma di chiedere un sacrificio, una costante<br />

fatica perché possa essere bella. Tutto questo processo ha quindi una sorta di un’attrazione<br />

congiunta ad una intrinseca fatica, e questo processo è estremamente educativo in una<br />

tenera età dove la ‘ricezione’ e l’essere in una precisa metodologia può giovare per tutta<br />

la vita.<br />

AA: Parliamo un po’ della Cappella Musicale Pontificia ‘Sistina’ ovvero la più antica<br />

formazione corale del mondo ancora in attività. Nel corso dei secoli, ha seguito,<br />

partecipandovi attivamente, tutte le riforme della liturgia papale fino ad oggi. Quale la<br />

responsabilità di un ruolo così importante e quali i momenti più significativi nelle diverse<br />

attività svolte?<br />

MP: La Cappella Musicale Pontificia ha la grande responsabilità di agire nella Chiesa come<br />

fece, per esempio, nel ‘500 in relazione alla Riforma Liturgica del Concilio di Trento.<br />

Questa Riforma si fece strada grazie all’immediata attuazione che ne fece la Cappella<br />

Sistina nelle Celebrazioni Papali. Ora, se siamo onesti e corretti dobbiamo dire che la<br />

stessa cosa non è avvenuta per il Concilio Vaticano II perché Domenico Bartolucci - e<br />

16 | Musica dell’anima


INTERVISTA A MONS. MASSIMO PALOMBELLA | 17


quest’anno si celebrano i cento anni della sua nascita - fu un uomo che alla guida della<br />

Cappella Sistina rifiutò categoricamente la Riforma Liturgica del Concilio Vaticano II,<br />

arroccandosi su alcune ingiustificate posizioni. Questa chiusura culturale purtroppo non<br />

gli ha permesso nemmeno di recepire tutto ciò che nello stesso periodo accadeva nella<br />

musica, e quindi gli studi semiologici sul canto gregoriano, la polifonia rinascimentale,<br />

come anche di quello che era successo dopo Verdi. In qualche modo, nella mente di<br />

Bartolucci, la storia della musica finiva con Verdi. Ecco questo è stato forse veramente<br />

un’hapax legomenon 3 nella storia della Sistina nel senso che è stata forse la prima volta<br />

che questa istituzione non ha seguito il corso di una Riforma, ed infatti, per la Santa Sede,<br />

ad un certo punto fu necessario provvedere ad una sostituzione perché praticamente<br />

si ritrovava con un’istituzione bloccata ecclesialmente, esteticamente e culturalmente. Il<br />

mio predecessore, il maestro Liberto, portò davvero questa istituzione musicale all’interno<br />

della Riforma Liturgica del Concilio Vaticano II, pur con tante difficoltà poiché c’erano<br />

ancora molti che ritenevano che bisognasse fare come faceva Bartolucci. Io ho avuto la<br />

fortuna di aver avuto un predecessore che in qualche modo è stato un ‘cuscinetto’ tra<br />

Bartolucci e la riforma liturgica del Concilio Vaticano II che con me fu una cosa quasi<br />

‘normale’. Io sono figlio della riforma liturgica per cui ci credo profondamente e credo<br />

anche che la musica antica possa avere molto giovamento dalla riforma liturgica del<br />

Concilio Vaticano II per quello che ho detto prima, ovvero per il dovere della recezione gli<br />

studi semiologici e per il dovere di un intelligente dialogo con la modernità. La Cappella<br />

Musicale Pontificia ha quindi questo primo e grande compito, di essere in primis l’attuatrice<br />

delle Riforme della Chiesa in ambito liturgico-musicale, ha poi, non meno importante, la<br />

responsabilità dell’esemplarità della prassi esecutiva; il modo di cantare il gregoriano e<br />

la polifonia rinascimentale dovrebbe essere in qualche modo esemplare non perché noi<br />

siamo più bravi degli altri, ma perché la Cappella Musicale Pontificia è un’istituzione che<br />

dedica tre ore al giorno ad uno studio quasi ‘monografico’ circa appunto il gregoriano<br />

e la polifonia rinascimentale, esattamente come l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia<br />

ogni giorno prova un certo repertorio sinfonico corale e come il Teatro dell’Opera studia<br />

ogni giorno un certo repertorio operistico. Inoltre abbiamo a disposizione l’archivio<br />

della Cappella Musicale Pontificia, il cosiddetto Fondo Cappella Sistina nella Biblioteca<br />

Apostolica Vaticana che è il più grande archivio musicale esistente al mondo dei secoli<br />

XV, XVI e XVII in relazione alla musica scritta per la Liturgia. Tutto repertorio catalogato,<br />

per cui tutto ciò che, ad esempio, al concerto questa sera sentirete, è frutto di edizione<br />

critica fatta o su manoscritti o sulla stampa più antica. Il maestro della Cappella Sistina<br />

ha questo dovere di lavoro di studio e di ricerca perché se io non faccio questo, tanta<br />

musica rimane lettera morta. Il dovere della esemplarità della prassi esecutiva deriva dal<br />

fatto che il maestro della Cappella Sistina può avere a disposizione le parti rinascimentali<br />

e quindi fare uno studio semiologicamente e scientificamente corretto e pertinente sulle<br />

parti. Questo significa anche ‘sperimentare’ senza avere la preoccupazione di montare un<br />

mottetto per eseguirlo subito, ma provare la realizzazione di un color minor, sperimentare<br />

come meglio eseguire una certa figura retorica… Ecco, la Cappella Sistina è una sorta di<br />

‘laboratorio’ da questo punto di vista! In ultima istanza la Cappella Sistina canta a tutte le<br />

celebrazioni a cui è presente il Papa ma ha anche una folta attività di concerti. Perché fa<br />

questa attività concertistica? Non gira certo il mondo per il piacere di eseguire un po’ di<br />

musica, ma viaggia così tanto per rispondere esclusivamente a un mandato ecclesiale, cioè<br />

quello dell’annuncio del Vangelo; ogni nostro concerto è un’esperienza estetica, ma tutto<br />

il materiale musicale va ricondotto al luogo dove questa musica ha preso corpo, ovvero la<br />

Liturgia. Ogni brano che eseguiamo è così sempre presentato, collocato, spiegato nel suo<br />

‘ Chi fa il mio<br />

lavoro deve essere<br />

un uomo attento<br />

al suo tempo,<br />

appassionato di<br />

musica moderna,<br />

di musica<br />

contemporanea<br />

e sperimentale,<br />

che stima i suoi<br />

colleghi e che è<br />

quindi curioso<br />

di andare ad<br />

ascoltare la<br />

musica composta<br />

ed eseguita da<br />

altri ’<br />

3 In linguistica e in filologia, un hapax legomenon (spesso anche solo hapax o, meno di<br />

frequente, apax; al plurale hapax legomena o hapax legomenoi), è una forma linguistica<br />

(parola o espressione), che compare una sola volta nell’ambito di un testo, di un autore o<br />

dell’intero sistema letterario di una lingua.<br />

18 | Musica dell’anima


collaborazione con questa istituzione ma che non era mai<br />

stato possibile farlo per suo modo di cantare, molto, molto<br />

lontano dalla prassi rinascimentale. E’ molto interessante<br />

l’esperienza della registrazione; noi incidiamo in Cappella<br />

Sistina perché siamo forse l’unica realtà corale al mondo<br />

che può avere la totalità della pertinenza estetica, cioè<br />

musiche per le celebrazioni del Papa che si svolgevano<br />

nella Cappella Sistina, quindi con quella precisa acustica.<br />

Mons. Palombella e Andrea Angelini<br />

AA: Quindi per lei è molto importante il discorso<br />

filologico, sia a livello estetico dell’ambiente che della<br />

prassi esecutiva...<br />

MP: Sì, assolutamente. E’ questo che ci permette di<br />

incidere con etichette come Deutsche Grammophon.<br />

Io non mi sentirei mai di incidere William Byrd perché è<br />

molto lontano dalle nostre corde. Per esempio, dovendo<br />

incidere per Deutsche Grammophon il Miserere di Allegri,<br />

ho cercato e trovato nell’archivio della Cappella Sistina il<br />

codice sistino 205-206, l’originale manoscritto di Allegri.<br />

Di conseguenza ho anche cercato di disporre spazialmente<br />

i solisti, più o meno evincendo come erano disposti dalle<br />

cronache delle celebrazioni papali di quel tempo; fare un<br />

prodotto per un’etichetta discografica come questa, esige<br />

un grande lavoro scientifico, filologico ed estetico.<br />

Il Concilio Vaticano II<br />

significato storico e liturgico. Un’esperienza di concerto<br />

della Cappella Musicale Pontificia è quindi un’esperienza<br />

di fede, è un’occasione per fare un’esperienza di Dio.<br />

Questo è l’unico motivo per cui la Cappella Sistina accetta<br />

di fare un concerto.<br />

AA: La ‘Sistina’ è impegnata periodicamente in tournée<br />

internazionali. Sotto la sua direzione ha iniziato ad<br />

incidere in esclusiva con Deutsche Grammophon e ha vinto<br />

il premio Echo Klassik per il CD Cantate Domino (2015). Ci<br />

può parlare di questa esperienza?<br />

MP: Non sono io andato a cercare Deutsche Grammophon,<br />

sono loro che mi hanno contattato perché hanno<br />

riscontrato che la Cappella Musicale Pontificia ha<br />

cambiato radicalmente il suo modo di cantare, cioè è<br />

passata da un linguaggio operistico decadente di fine<br />

Ottocento ad una vocalità rinascimentale, a un fraseggio<br />

coerente e alla ricerca di una forte pertinenza estetica di<br />

quello che eseguiva. E’ la più antica istituzione del mondo,<br />

ha a disposizione tanto, per cui Deutsche Grammophon<br />

ha, in qualche modo, fatto una scommessa dicendo<br />

che avrebbero in passato sempre voluto avviare una<br />

AA: Posso chiederle un paragone con la vocalità ferma e<br />

senza armonici che usano gli Inglesi, per esempio i Tallis<br />

Scholars, che hanno eseguito un concerto in Cappella<br />

Sistina per il suo grande restauro, cantando, fra l’altro,<br />

proprio il Misere di Allegri.<br />

MP: Citando i Tallis Scholars, per il solo e semplice fatto<br />

che vi cantino anche le donne, ci si allontana un po’ dal<br />

punto di vista di pertinenza estetica. Io credo che la<br />

vocalità di ciò che veniva scritto per essere cantato in<br />

Cappella Sistina deve essere una vocalità rinascimentale.<br />

In questa tecnica vocale non esiste il terzo registro, quindi<br />

dev’essere una vocalità molto coperta, molto appuntita,<br />

ma con tutto quel calore mediterraneo che noi Italiani<br />

abbiamo nella nostra vocalità. Ad esempio io credo, e<br />

questa è una mia convinzione studiando i manoscritti,<br />

che quegli spartiti siano pieni di figure retoriche che<br />

poi noi troviamo ben codificate nel barocco, perché noi<br />

del barocco sappiamo molto mentre del Rinascimento<br />

poco a livello di prassi esecutiva. Io credo che la musica<br />

rinascimentale sia un insieme di figure retoriche, di<br />

tensione e di distensione che chiedono continue messe<br />

di voce. E’ una musica molto colorata di per sé, per<br />

cui io credo che cantarla ferma è trattarla come fosse<br />

musica quattrocentesca; posso capire che si canti Dufay<br />

o Despresz in quel modo poiché il testo era spesso un<br />

‘pretesto’ per fare contrappunto. Quando abbiamo inciso<br />

un brano di Dufay e uno di Desprez abbiamo cantato<br />

INTERVISTA A MONS. MASSIMO PALOMBELLA | 19


come fossimo degli strumenti musicali perché l’intenzione<br />

compositiva era quella, cioè non esisteva l’attenzione<br />

al testo. C’è uno grande sbarramento che è l’entrata nel<br />

Rinascimento maturo, dove ad un certo punto il testo<br />

diventa quella realtà su cui viene costruita la musica. In<br />

relazione al testo ci sono figure retoriche di tensione e di<br />

distensione; c’è una grande tensione data dalla parola e<br />

dalla frase. Credo che tutto questo sia nel DNA della musica<br />

scritta per la Cappella Sistina, per le celebrazioni papali.<br />

Lorenzo Perosi<br />

D’altronde basta ammirare i dipinti michelangioleschi<br />

per rendersi conto di come il Rinascimento non fosse<br />

certo un momento storico sbiadito. Tutto deve essere<br />

assolutamente filtrato da una ratio, da una poderosa<br />

intelligenza: messe di voce, tensione, distensione, colores<br />

minores, hochetus 4 … Concludendo, tutto deve essere<br />

filtrato da una profonda ratio, da un profondo controllo,<br />

quasi ‘maniacale’ di ciò che è tipico e caratterizzante il<br />

rinascimento.<br />

AA: Può accettare la proposta di un’esecuzione con voce<br />

ferma al solo fine di sperimentare un’estetica diversa,<br />

conscia comunque di non essere nella sfera della<br />

riproduzione filologica ma all’interno di un piacere estetico<br />

differente?<br />

MP: Questo sì, assolutamente. Si può fare, nessuno lo<br />

vieta. Ritengo però che sia come togliere il sale e il<br />

pepe a questa musica, nel senso che armonicamente è<br />

musica povera. Se poi il coro non evidenzia la parola… Il<br />

Rinascimento è un momento storico caratteristico, che ha<br />

avuto la stessa attenzione al contrappunto e alla parola.<br />

Allora se il coro non usa queste attenzioni, l’esecuzione si<br />

inaridisce enormemente.<br />

4 Espediente polifonico, diffuso specialmente in Francia<br />

tra XI e XII secolo, caratterizzato dalla spezzatura delle<br />

voci, mediante pause tra sillaba e sillaba (e con ricerca di<br />

contrattempo tra voce e voce), così da richiamare un effetto<br />

di singhiozzo.<br />

AA: Si potrebbe obbiettare che anche la musica di Arvo<br />

Pärt, costruita con la tecnica dei tintinnabuli, abbia una<br />

armonia molto semplice che non richieda questo tipo di<br />

attenzioni e di vocalità di cui abbiamo parlato prima. Qui<br />

forse c’è la ricerca del piacere contemplativo della voce<br />

ferma e che magari il tentativo dei gruppi inglesi sia quello<br />

di portare tale diversa sperimentazione anche nella musica<br />

rinascimentale.<br />

MP: Sì, la mia convinzione è che tanto successo per questi<br />

gruppi inglesi negli anni ‘80 e ‘90 sia fondamentalmente<br />

dovuto al motivo che chi doveva fare questo lavoro<br />

filologico non lo fece! La Cappella Sistina non lo<br />

faceva davvero. Noi abbiamo inciso ora con Deutsche<br />

Grammophon la Missa Papae Marcelli di Palestrina che<br />

è stato un lavoro inaudito: ce ne sono così tante incise<br />

che mi sono detto ‘O ne incidiamo una che veramente dia<br />

una svolta o non la incidiamo’. E’ stato un lavoro filologico<br />

enorme perché ho dovuto recuperare l’edizione del 1567<br />

dovendo di conseguenza decidere di non inserire l’Agnus<br />

Dei II perché non è di Palestrina. Benché ci sia nel codice<br />

18 di Santa Maria Maggiore, nel codice 22 della Sistina,<br />

Palestrina quando ha pubblicato nel 1567 il secondo libro<br />

delle Messe non l’ha inserito, e nel 1599, quando è stata<br />

pubblicata un’edizione postuma, l’editore non l’ha messo e<br />

hanno scritto Agnus Dei secundus dicitur ut supra primus.<br />

I colores minores, il problema di superare le battute,<br />

il problema delle figure retoriche, del tactus coerente<br />

alla scrittura del compositore… è stato un lavoro molto<br />

impegnativo per ottenere un prodotto filologicamente<br />

corretto, all’altezza dell’istituzione che detiene i<br />

manoscritti e che veramente dicesse qualcosa di nuovo,<br />

spiegandone le ragioni nel libretto che accompagna<br />

il CD; Condivido il fatto che un gruppo corale possa<br />

avere il piacere estetico di attuare quello che lei dice,<br />

ma il nostro compito è eseguire questo tipo di musica<br />

dandone, a oggi, una interpretazione plausibile, verificata,<br />

scientifica, opinabile ovviamente, però ragionata e scavata<br />

in profondità.<br />

AA: La musica è il linguaggio dello spirito. La sua segreta<br />

corrente vibra tra il cuore di colui che canta e l’anima di<br />

colui che ascolta; sono parole di Kahlil Gibran. Qual è il<br />

ruolo del direttore di coro, in tutto questo?<br />

MP: Il direttore del coro ha un ruolo secondo me molto<br />

importante. Il primo ruolo è quello di essere una persona<br />

che studia e che ricerca e poi, in seconda battuta, ha il<br />

ruolo di diventare, a poco, a poco, invisibile. La musica<br />

è fatta per essere concertata e non per essere diretta.<br />

In generale, e questa è una grande tradizione, la musica<br />

rinascimentale non era diretta; tutti leggevano da un libro<br />

centrale senza che qualcuno si assumesse il compito della<br />

direzione come oggi noi la comprendiamo.<br />

20 | Musica dell’anima


‘ Chiedendoci<br />

il dialogo con<br />

la modernità,<br />

la Chiesa<br />

desidera anche la<br />

ricezione, nella<br />

musica destinata<br />

alla liturgia, di<br />

quanto oggi è il<br />

patrimonio e la<br />

cultura musicale’<br />

AA: Nella Basilica di San Marco c’era probabilmente una figura che stava al centro<br />

dell’abside, dietro all’altare, per risolvere le problematiche relative all’esecuzione con il<br />

doppio coro…<br />

MP: Il ruolo del direttore è quello di fare una buona concertazione. Ma il vero ruolo<br />

del direttore di coro, e mi creda che poi i coristi si accorgono di questo, è di essere<br />

una persona che studia, che ricerca e che richiede ai coristi un po’ meno di quello fa<br />

lui; non si può chiedere ai coristi cose che il direttore non fa, lui deve essere il primo a<br />

dare l’esempio. Per i miei coristi è necessario lo studio personale, di tre ore, e lo studio<br />

corale, altre tre ore. Quindi io devo studiare almeno sei ore al giorno, ma io studio ben di<br />

più, perché poi c’è la ricerca e tanto altro… Questo problema in relazione alla musica da<br />

eseguire; secondo problema, nel mio caso, maestro-direttore, è che devo anche comporre.<br />

Il maestro-direttore di questa istituzione, prima di tutto non va identificato, secondo<br />

me, come è stato fatto con Bartolucci, ovvero che il maestro della Cappella Sistina sia,<br />

fondamentalmente, ‘solo’ un compositore. Il maestro della Cappella Sistina è ‘anche’ un<br />

compositore, ma egli ha, come abbiamo detto precedentemente, la responsabilità del<br />

patrimonio culturale della Chiesa; quindi deve essere un esperto e uno studioso di musica<br />

antica e deve tradurre con pertinenza il segno grafico in segno sonoro. In relazione al<br />

comporre, il maestro della Cappella Sistina deve avere lo sguardo in avanti. Deve fare<br />

come faceva Palestrina, come ha fatto Lorenzo Perosi. Quest’ultimo ha tolto, all’inizio del<br />

secolo XX, la Cappella Sistina dalla posizione in cui l’aveva relegata Domenico Mustafà,<br />

scrivendo soltanto alla Palestrina con lo stile contrappuntistico. Perosi ha osato scrivere<br />

non alla Palestrina vivendo profondamente nel suo momento storico. Ecco, io credo che il<br />

maestro della Cappella Sistina debba essere un uomo che, nel suo gesto compositivo, viva<br />

il presente e che, dopo Wagner, dopo Mahler, si lasci sfidare da tutto ciò che è accaduto<br />

nella musica. Il gesto compositivo del maestro della Cappella Sistina deve essere un gesto<br />

che tiene conto di dove lui vive oggi: deve scrivere per l’uomo di oggi e non per l’uomo del<br />

Rinascimento. Chi fa il mio lavoro deve essere un uomo attento al suo tempo, appassionato<br />

di musica moderna, di musica contemporanea e sperimentale, che stima i suoi colleghi e<br />

che è quindi curioso di andare ad ascoltare la musica composta ed eseguita da altri e non<br />

limitarsi a leggere Palestrina e la propria musica. Questo è importante perché il maestrodirettore<br />

deve essere capace di coniugare l’udibilità e la comprensibilità della musica con<br />

la modernità. Credo che questa sia, al momento, la grande sfida che ci aspetta.<br />

Si ringrazia l’ICB (International Choral Bulletin) edito dalla Federazione Internazionale di Musica Corale per la gentile<br />

concessione alla pubblicazione dell’articolo in lingua italiana.<br />

La Cappella Musicale Pontificia Sistina<br />

INTERVISTA A MONS. MASSIMO PALOMBELLA | 21


Storia<br />

Quella terribile rivoluzione filosofica che condannò<br />

il Rinascimento a disperdersi nelle false simmetrie<br />

del Barocco ebbe molteplici motivi, tutti riassumibili<br />

sotto un’unica formula: nelle parole di Hermann<br />

Broch, la ‘morte del centro e, quindi della luce’.<br />

La morte della luce<br />

di alessandro zignani<br />

ALESSANDRO ZIGNANI<br />

Compiuti gli studi di<br />

clarinetto e composizione,<br />

si è dedicato alla direzione<br />

d’orchestra. Dopo una<br />

pratica svolta per lo più<br />

nell’Est europeo (Romania,<br />

Repubblica Ceca, Croazia) è stato direttore artistico<br />

dell’Orchestra da Camera di Rimini, guidandola in un<br />

progetto multidisciplinare tra musica, teatro e letteratura<br />

di nuova concezione. Docente nei Conservatori di<br />

Monopoli e Cesena, si è quindi dedicato allo studio<br />

metodico delle varie tecniche direttoriali. Ha inoltre<br />

pubblicato oltre duecento contributi sulla direzione<br />

d’orchestra sulle riviste ‘CD classica’, ‘Musica’, ‘Opera<br />

International’. La sua metodologia, improntata alla<br />

Psicodinamica, accorpa lo zen, la psicologia junghiana e<br />

la mnemotecnica in una rivoluzionaria concezione della<br />

pratica direttoriale sperimentata su decine di studenti<br />

con risultati sempre lusinghieri.<br />

La consapevolezza copernicana di abitare una meteora di<br />

materia marginale all’universo, la predicazione di Lutero,<br />

col suo scalzare la ragione simbolica della Teologia<br />

dalle sue basi, per sostituirvi un drammatico rapporto di<br />

incertezza col Divino, dove la colpa a priori dell’umana<br />

condizione rende l’arte pietistico ritorno alle radici infantili<br />

– e dunque völkisch, ‘popolari’ – infine, la lotta tra potere<br />

politico ed ecclesiastico, che induce l’architettura civile a<br />

rivaleggiare in falsi fondali e prospettive in fuga con quella<br />

religiosa, fino ad allora giustapposta ai Palazzi Comunali<br />

in quella perfetta armonia nella divisione simbolica degli<br />

spazi che dava alle piazze delle città ideali – si pensi a<br />

Pienza – rinascimentali il fascino di un accordo tra uomo<br />

e divinità: da tutte queste intime tragedie dello stile si<br />

origina l’involuzione convulsa del Manierismo, fiorita di<br />

volute e trompe-l’oeil in cui la coscienza intraprende la<br />

ricerca della luce, del senso, destinata poi a solidificarsi, nel<br />

Barocco, in una razionalizzazione del disordine strutturata<br />

secondo un’unica regola: distinguere, catalogare e quindi<br />

stilizzare ogni umano ‘affetto’: esasperare la soggettività<br />

del sentimento, fino a rendere espressione ciò che prima<br />

non era che armonia di struttura, ponte tra tempo e spazio,<br />

tra simbolo e fuggevole sensazione.<br />

Ciò che lega le facciate curvilinee, quasi evaporanti in<br />

un’aria malsana di afa, del Borromini – un’aria come doveva<br />

essere quella della notte romana in cui l’architetto si gettò<br />

sulla propria spada, incaricando poi il servo del colpo di<br />

grazia – la ‘seconda pratica’ di Monteverdi, per la prima<br />

volta sollevata ai vertici del gusto nel Combattimento di<br />

Tancredi e Clorinda, ed infine lo spazio vuoto, la cupola<br />

nera del Caravaggio: tutto questo, è proprio il senso di<br />

angosciosa attesa dell’Ignoto, il manifestarsi profetico<br />

del mana divino, di cui l’artista si fa aruspice primitivo. Se,<br />

dunque, nel Rinascimento gli artisti dovevano essere anche<br />

teologi, nel Barocco il trionfo dell’introspezione, della<br />

grammatica delle passioni unisce tutte le arti in uno stile di<br />

transizione il cui fascino maggiore è quella ossessione del<br />

22 | STORIA


vuoto, quella paura dello spazio materiale che negli spiriti più elevati si fa metafora della<br />

colpa originaria, e quindi della morte. Nel Barocco la morte non è solo il passaggio buio<br />

che attende l’uomo alla foce del tempo, ma è anche quel salto nella luce con cui inizia<br />

la sua momentanea avventura terrena: essa sta ai due estremi della corda tesa sull’abisso<br />

esistenziale. Ecco dunque il motivo delle false prospettive barocche: inventare chiese<br />

dentro chiese, vite dentro vite; ecco il motivo della prevalenza, in poesia, della metafora<br />

– che è corpo e soffio – sul simbolo, che è trascendente fissità. Così Ciro di Pers, allievo<br />

del Marino, pubblica un sonetto dedicato ad un grande orologio meccanico – ossessione,<br />

questa, dell’epoca – in cui già si intravede quella riduzione dell’uomo a congegno di molle,<br />

fantoccio creato dal Tempo per suo divertimento, così caro al romantico musico-poeta<br />

Hoffmann, ed insieme alla tradizione chassidica degli Ebrei, col loro mito del Golem,<br />

destinato a sfociare poi, in un dramma di Capek, nel moderno robot.<br />

A questo sconvolgente passaggio dell’uomo da centro dell’universo, qual era in Pico<br />

della Mirandola, a scheggia impazzita del tempo, la musica reagisce detronizzando il<br />

contrappunto – il luogo della coincidenza degli opposti – per esaltare l’armonia: questo<br />

microcosmo della forma in cui la perpetua improvvisazione degli abbellimenti (anch’essi<br />

segno di una coazione a riempire lo spazio) e la pulsazione del basso continuo – con il suo<br />

orbitare dentro a formule per cui la ragione individuale cerca di arginare la follia del nonsenso<br />

cosmico – si fa, anche qui per metafora, psicologia dell’animo umano.<br />

La nostra abitudine a riconoscere nella musica l’arte espressiva per eccellenza ci impedisce<br />

di sentire sulla nostra pelle quel senso di disagio e insieme di affascinata rivoluzione dei<br />

sensi che avvolse come una pioggia di lapilli infuocati il pubblico riunito, quella sera di<br />

Carnevale del 1624, in Palazzo Mocenigo, quando Monteverdi distillò nel glorioso genere<br />

del Mottetto tutti i veleni propri all’ancor giovane Diciassettesimo secolo: il secolo del<br />

complesso paterno, in cui le ancora vive libertà nazionali vengono sacrificate sull’altare<br />

dell’assolutismo, come a quel potere che, unico, può salvare dal senso di colpa – la<br />

Riforma è una lotta fratricida tra Cristiani; un insulto a Dio, di cui oscura il Dogma – e dal<br />

conseguente collasso dell’Io.<br />

Il Combattimento di Tancredi e Clorinda è l’alba della passione. Monteverdi, che ne era<br />

ben consapevole, ritenne quindi opportuno ricorrere<br />

all’artificio di una lettera al Mocenigo, per preparare gli<br />

ascoltatori a quella destrutturazione traumatica di ogni<br />

convenzionale sintassi. ‘Sapendo che gli contrarij affetti<br />

sono quelli che grandemente muovono l’animo nostro,<br />

fine del movere che deve avere la bona musica (...) diedi<br />

di piglio al divino Tasso, come poeta che esprime con<br />

ogni proprietà e naturalezza con la sua oratione quelle<br />

passioni che tende a voler descrivere’: così Monteverdi,<br />

in un passaggio di una sapienza retorica davvero barocca,<br />

dove si afferma, quasi distrattamente, che la musica è<br />

un’ ‘arte del movere’ – e quindi dramma – ornata di ogni<br />

‘oratione’, di ogni tecnica della persuasione, secondo<br />

un’idea dell’accordo di suoni come gerarchia dei luoghi<br />

‘topici’ occulti nell’animo umano che porterà Marpurg a catalogare gli stili musicali in<br />

base alle articolazioni dell’orazione classica definiti da Quintiliano: inventio, dispositio,<br />

elocutio, narratio... Ma la grande intuizione di Monteverdi sta in quella litote dell’ ‘oratione<br />

espressa con naturalezza’: uno scontro di significati, come si vede, alla cui base c’è la stessa<br />

dinamica che porta il Bernini, nella Fontana del Tritone, a fare della coda di un delfino una<br />

serto rampicante su cui l’acqua costruisce ponti d’arcobaleno. È il trionfo di quello che<br />

il compositore stesso chiama ‘il concitato genere’: il tactus ritmico racconta l’aritmia del<br />

cuore, in contrapposizione dinamica col melos patetico; a questa opposizione costruttiva,<br />

nell’architettura sacra barocca, corrisponde l’invenzione dello spazio vuoto, a perdita<br />

‘La ‘seconda<br />

pratica’ di<br />

Monteverdi,<br />

è ben più che<br />

una rivoluzione<br />

stilistica: è il<br />

trionfo del mare<br />

della soggettività<br />

contro i pilastri<br />

del rinascimentale<br />

mondo dei<br />

simboli’<br />

‘Tancredi ferito’ del Guercino<br />

la morte della luce | 23


d’occhio, in cui l’irruzione del transetto nella continuità<br />

delle cappelle laterali forza lo spazio all’impossibile<br />

armonia di buio e luce radente. Le finestre piovono luce<br />

fissa su punti asimmetrici, secondo l’imperscrutabile logica<br />

dell’irradiazione divina, ed a questi luoghi del miracolo si<br />

oppongono le tenebre dell’inconscio, che fanno sì ogni<br />

svolta celi un incubo: ogni simbolo sacro, impregnato<br />

d’ansia, sveli, nell’illusione dei sensi, la presenza del suo<br />

correlato demoniaco. È l’ambiguità del segno: la Santa<br />

Teresa del Bernini, sospesa tra estasi mistica e sensuale<br />

perdizione, raggruppa in sé ogni prospettiva luminosa;<br />

isola nel tempo un singolo istante di gloria così come,<br />

nel Combattimento, Monteverdi sospende il ‘pirrichio<br />

scalpitante’ del ritmo nella radiante conversione finale<br />

‘Estasi di Santa Teresa’ del Bernini<br />

della guerriera saracena, un momento in cui il ‘picciol rivo’<br />

del testo diventa fiume di grazia, e la simbiosi tra arte e<br />

natura si fa – qui per la prima volta – opera d’arte totale.<br />

In una prospettiva opposta – e quindi, baroccamente,<br />

analoga – Caravaggio lavora sulle scansioni del buio in cui<br />

l’architettura della Controriforma precipita le cappelle<br />

laterali, isolando nella luce la rivelazione del vero. In San<br />

Matteo e l’angelo, il pittore mette in scena un vecchio<br />

saggio mentre, nell’atto di scrivere, viene sorpreso da<br />

un fruscio alle sue spalle: è l’angelo di luce, colpito sulla<br />

fronte dal quale il filosofo decifrator di segni si confessa<br />

impotente di fronte alla momentanea verità del miracolo.<br />

‘Ahi vista, ahi conoscenza!’: dice Tancredi allo svelarsi<br />

dell’amata Clorinda, che lui stesso ha ucciso, in un luogo<br />

in cui Monteverdi, architetto dell’anima, rapprende<br />

nell’icona dell’ornamento il fluire, fino ad allora sfrenato,<br />

dell’azione. Siamo nel cuore di un teatro che non è – come<br />

poi sarà nel trionfo dell’Opera – semplice messa in scena,<br />

ma itinerario nell’’uomo interiore’ di Sant’Agostino, per cui<br />

la mente è specchio in cui si riflette, per oscuri enigmi,<br />

la Creazione, e spazio e tempo si fondono in un unico,<br />

irripetibile spazio espressivo.<br />

La ‘seconda pratica’ di Monteverdi, quindi, è ben più<br />

che una rivoluzione stilistica: è il trionfo del mare della<br />

soggettività contro i pilastri del rinascimentale mondo<br />

dei simboli. Ma quella visionaria lettera in cui Monteverdi,<br />

con quell’arte di alludere con noncuranza che ne fa un<br />

importante scrittore, racconta il suo Combattimento, cela<br />

un altro luogo di potente suggestione, allorché afferma<br />

di aver resuscitato quel ‘concitato genere’ tanto caro a<br />

Platone, e non più praticato dai moderni per mancanza di<br />

opportune capacità declamatorie. Il parallelo qui istituito<br />

tra il pulpito delle chiese barocche – vera tribuna per<br />

esercizi nello stile patetico – e la scena del teatro greco, in<br />

cui l’eroe tragico si staglia nella nudità della sua maschera,<br />

ha del prodigioso. Dopo il dialogo del contrappunto,<br />

insomma, la musica armonica non può che praticare<br />

le aspre secche del monologo. Ogni uomo è un’isola,<br />

nonostante il poeta John Donne cerchi, in questi stessi anni,<br />

di affermare pateticamente il contrario. Strana antinomia,<br />

quella del Combattimento, per un giorno di Carnevale;<br />

non fosse che i macchinari scenici, i meravigliosi artifici<br />

delle Feste Rinascimentali cui, in un Rinascimento che<br />

faceva dell’architettura l’epicentro di tutte le arti, misero<br />

mano Leonardo e Michelangelo, svelano, in quella sera del<br />

1624, per la prima volta la loro vera natura: sono epifanie<br />

del mondo alla rovescia, il mondo carnevalesco sotto la<br />

cui giocosità s’annida il dramma della perdita, la manca<br />

di senso onde la musica, da allora, comincia a regredire<br />

alla grammatica delle pulsioni, al ‘pirrichio di concitate<br />

movenze’ monteverdiano dal quale, nei secoli a venire,<br />

non si è più redenta. L’unico possibile risolversi da questo<br />

infernale sposalizio di estasi e sensi è l’invenzione di un<br />

nuovo genere; ma non sarà certo Venezia, che della perdita<br />

del Sacro ha fatto il presupposto della propria potenza<br />

economica, a realizzare questa sintesi. Mentre dunque la<br />

Repubblica del Leone assiste, nei suoi cinquanta teatri, al<br />

trionfo dell’Opera, a Roma i devoti di un santo irregolare,<br />

Filippo Neri, si ingegnano ad inventare una nuova forma<br />

di teatro dell’anima; però, piuttosto che elaborare una<br />

poetica, inventano uno spazio architettonico strategico:<br />

l’Oratorio, facendo dei suoi limiti – il maggiore dei quali è<br />

l’aver rinunciato all’alleanza tra arte e natura – altrettanti<br />

punti di forza. È dunque all’interno di piccole chiese: S.<br />

Girolamo della Carità, Santa Maria dell’Orazione e Morte,<br />

Santa Maria della Rotonda – i cui nomi, oltretutto,<br />

definiscono una grammatica ideale della Pietà barocca<br />

– e nei limiti di una cerimonia dimessa e contrita come<br />

l’Ufficio di Quaresima, che si prepara il superamento<br />

dell’angoscioso dualismo tra sensi e spirito cui dobbiamo<br />

l’eccentrica, correlata genialità di un Monteverdi e di un<br />

Borromini: antinomia del Barocco, questa, che l’estrema<br />

povertà dei mezzi dovesse diventare nuovo rigoglio della<br />

languente intimità devota. Sono, anche questi, i giochi<br />

della luce crepuscolare: della luce morente...<br />

24 | STORIA


Tecnica<br />

Chi si pone alla guida di un qualsiasi tipo di<br />

compagine corale o strumentale dovrebbe possedere,<br />

oltre a un buon orecchio e altrettanto senso ritmico,<br />

una solida formazione musicale, con studi di<br />

composizione, analisi, lettura della partitura, nonché<br />

particolari capacità comunicative e spiccate doti<br />

umane; oltre a ciò dovrebbe aver raggiunto anche<br />

un sicuro controllo del proprio gesto direttoriale.<br />

L’importanza del gesto<br />

DI leonardo lollini<br />

LEONARDO LOLLINI<br />

Perugino, si è diplomato in<br />

Pianoforte, Musica Corale<br />

e Direzione di Coro ed in<br />

Composizione presso il<br />

Conservatorio Statale di<br />

Musica di Perugia. Dopo<br />

aver partecipato a corsi<br />

di perfezionamento e di<br />

didattica musicale, ha tenuto<br />

numerosi concerti alla guida di varie formazioni corali<br />

– comprese quelle di voci bianche – complessi vocali<br />

da camera e gruppi strumentali. Dirige stabilmente il<br />

Coro e l’Ensemble Vocale dell’Associazione Culturale<br />

Musicale ‘Accademia degli Unisoni’ di Perugia – della<br />

quale è anche direttore artistico – e il Coro del<br />

Liceo ‘Calvino’ di Città della Pieve (PG). Ha insegnato<br />

in varie istituzioni musicali in diverse parti d’Italia e<br />

attualmente è titolare della cattedra di Direzione di<br />

Coro e Composizione Corale presso il Conservatorio<br />

Statale di Musica ‘G. B. Martini’ di Bologna.<br />

La cura del gesto dovrebbe essere uno dei suoi interessi<br />

basilari, se non proprio il principale. Tale considerazione<br />

potrebbe e dovrebbe risultare ovvia eppure ancora troppo<br />

spesso si assiste ad esibizioni corali dove l’approssimazione<br />

del gesto del direttore 1 è talvolta a dir poco sconcertante<br />

(non a caso letteralmente l’opposto di ‘concertante’):<br />

gestualità vaga, che spesso non ha nulla a che fare<br />

con la scansione del tempo o con il metro dei brani,<br />

costantemente circolare o a senso unico, sempre uguale<br />

in ampiezza, esagerata rispetto a quello che dovrebbe<br />

effettivamente indicare o superflua, movimenti d’attacco<br />

inappropriati o incerti, ingressi delle voci ignorati, respiri<br />

non indicati, e così via, non sono che alcuni dei difetti che<br />

più comunemente si riscontrano in alcuni direttori, e che<br />

naturalmente non possono che riflettersi in modo negativo<br />

sulla resa di coloro che quei gesti dovranno interpretare.<br />

Purtroppo ancora in troppi sembrano sottovalutare la<br />

preziosa portata di un buon gesto direttoriale: con i giusti<br />

e appropriati movimenti di braccia e mani si possono<br />

e si dovrebbero indicare molteplici aspetti musicali:<br />

dall’imprescindibile scansione ritmica (tranne ovviamente<br />

il caso di ambiti musicali come quello del canto gregoriano)<br />

alle variazioni agogiche, dalla cura delle dinamiche al<br />

modo di articolare i suoni, dall’indicazione delle altezze<br />

alla cura del fraseggio, dall’intonazione dei suoni alla loro<br />

tenuta, gli attacchi, le chiusure, gli ingressi delle voci, ecc.<br />

Tanto più il gesto sarà tecnicamente chiaro e preciso<br />

e allo stesso tempo vario, tanto più il risultato musicale<br />

sarà corrispondentemente accurato, ricca di particolari,<br />

interpretativamente convincente e coinvolgente.<br />

Approfondendo la questione soprattutto relativamente<br />

alle realtà corali non professionistiche, purtroppo si nota<br />

1 Da intendersi in modo neutro, che si tratti di direttore uomo<br />

o donna<br />

L’importanza del gesto | 25


ancora troppo spesso che la qualifica di amatoriale o<br />

dilettantistico sembra orientare alcuni dei direttori (forse<br />

perché poco motivati anche in virtù della gratuità per<br />

la quale spesso prestano la loro opera) ad un approccio<br />

piuttosto superficiale proprio riguardo quella gestualità<br />

con cui le dovrebbero guidare; se poi si tratta di cori di<br />

voci bianche o scolastici pare quasi che taluni si sentano<br />

autorizzati ad improvvisare o a inventare qualsiasi tipo di<br />

gesto diverso da quello ormai universalmente utilizzato (e<br />

codificato in vari trattati sulla direzione), quasi per andare<br />

incontro a non proprio precisate esigenze di semplicità dei<br />

piccoli cantori, finendo poi per essere astrusi e complicati.<br />

In realtà il gesto comunemente in uso può essere anche<br />

estremamente essenziale ed efficacemente comprensibile<br />

da chiunque. Fin da piccoli, nel fare musica d’insieme, si<br />

può e si dovrebbe essere abituati a porre attenzione e<br />

a riconoscere il corretto modo di dirigere, a individuare<br />

i tipici movimenti della scansione ritmica, a distinguere<br />

almeno un battere da un levare. È proprio e soprattutto<br />

alla guida di complessi amatoriali che il direttore dovrebbe<br />

dimostrare di possedere la competenza e l’accuratezza<br />

tecnica necessaria per far esprimere più sfumature possibili,<br />

perché di fronte a compagini di questo tipo, in particolare<br />

se composte da giovanissimi, il suo ruolo non può essere<br />

solo quello di puro concertatore ed esecutore ma anche,<br />

se non soprattutto, di colui che ha la responsabilità della<br />

formazione musicale, che istruisce ed educa alla musica<br />

attraverso il canto d’insieme. Egli è una guida sotto<br />

molteplici punti di vista e fin dall’uso del gesto dovrebbe<br />

sentirsi profondamente responsabile di ciò che imprime,<br />

instilla, trasmette nei propri coristi. Non dovrebbe essere<br />

solo l’ambizione a guidare coloro che scelgono di svolgere<br />

questo ruolo, e la fretta di ottenere risultati non deve far<br />

perdere di vista il fatto che quella del direttore dovrebbe<br />

essere una sorta di missione, portata avanti con adeguata<br />

capacità e una preparazione tecnica il più possibile<br />

raffinata, per riuscire a far esprimere ad altri le più sottili<br />

finezze espressive che si hanno in mente. Invece tra coloro<br />

che fanno musica il direttore di coro – almeno per quello<br />

che riguarda la realtà italiana – sembra essere il meno<br />

obbligato ad una seria formazione specifica: talvolta, ad<br />

essere un poco malevoli, si ha quasi l’impressione che<br />

chiunque abbia anche una semplice infarinatura musicale<br />

possa sentirsi legittimato a formare e dirigere gruppi più o<br />

meno numerosi di cantori. Questa mancanza di adeguata<br />

preparazione, tranne rarissime eccezioni (ma queste<br />

ci possono essere in tutti i campi musicali), non può<br />

che influire negativamente sulla qualità della proposta<br />

tecnico-musicale che questi direttori possono offrire,<br />

a partire proprio dalle proprie capacità gestuali. Ancora<br />

troppo spesso, nei contesti amatoriali, ci si trova di fronte<br />

a direttori, ammirevoli per la passione e l’impegno con<br />

cui si dedicano ai loro gruppi, magari con una buona<br />

preparazione musicale (anche se non specifica), che hanno<br />

le idee talvolta confuse su come usare il proprio gesto. E<br />

purtroppo è soprattutto lì, in ambito dilettantistico che<br />

la gestualità del direttore può aiutare a sopperire a quelle<br />

carenze formative in campo musicale piuttosto frequenti<br />

tra i componenti di quelle formazioni.<br />

A titolo di esempio ci soffermeremo ora su uno dei<br />

momenti più significativi della direzione, ovvero il gesto<br />

d’attacco, perché è lì che si possono in genere riscontrare<br />

i maggiori problemi direttoriali: come vedremo si tratta di<br />

una delle situazioni più importanti e più delicate di tutta<br />

la fase esecutiva. Viene spesso sottovalutato, e invece<br />

in quel breve istante devono poter essere comunicate<br />

le informazioni fondamentali che riguardano non solo<br />

l’inizio ma l’intera composizione. Il direttore deve aver<br />

ben chiaro in mente velocità, dinamica, articolazione e<br />

carattere o affetto da esprimere e trasmetterlo subito<br />

in maniera inequivocabile, senza fraintendimenti, se non<br />

vuole essere lui a dover poi ‘inseguire’ il proprio coro: non<br />

si può lasciare, come talvolta accade, che sia la compagine<br />

guidata a decidere, suo malgrado, tempo e carattere<br />

del brano. Un primo errore, forse il più grave, è quello<br />

di non dare troppo peso, o peggio di non considerare<br />

per niente, il respiro che precede l’attacco del suono. Il<br />

gesto d’incipit deve servire in primo luogo a far prendere<br />

il respiro e questo dovrebbe essere nella stessa velocità<br />

della pulsazione pensata per il brano, ovvero deve indurre<br />

26 | TECNICA


‘ Il direttore è<br />

una guida sotto<br />

molteplici punti<br />

di vista e fin<br />

dall’uso del gesto<br />

dovrebbe sentirsi<br />

profondamente<br />

responsabile di<br />

ciò che imprime,<br />

instilla, trasmette<br />

nei propri coristi’<br />

Coro Accademia degli Unisoni<br />

diretto da Leonardo Lollini<br />

ad un’inspirazione ritmicamente misurata, che risulta di particolare importanza sia per la<br />

sincronia dell’attacco stesso sia perché si cominci immediatamente nel tempo prefigurato:<br />

un respiro più rapido o più lento della velocità che ci si è prefissati potrebbe far partire il<br />

coro nella maniera non voluta, costringendoci a frenare o accelerare (spesso con gestualità<br />

scomposta) per recuperare la giusta scansione, a meno che non ci si voglia adeguare<br />

al nuovo tempo scaturito per errore. In quel respiro poi, se adeguatamente indicato, ci<br />

potranno essere anche le altre informazioni contenute dal brano cantato, come il tipo<br />

di emissione vocale o in generale l’affetto voluto: come ci ha insegnato Fosco Corti, ‘il<br />

respiro è già canto’. Se poi non si fa prendere fiato adeguatamente si costringerà chi canta<br />

a riprenderlo quasi subito, magari interrompendo il giusto fraseggio. Vista l’importanza che<br />

risiede in questo respiro iniziale, sarebbe auspicabile inoltre che il direttore non rimanga<br />

‘in apnea’ proprio in quel frangente, ma respiri sincronicamente con il suo gesto: non solo<br />

stimolerà i coristi a prendere fiato insieme, in maniera spontanea e allo stesso tempo<br />

misurata, ma quel gesto risulterà più autentico e naturale, senza rigidità. Altro difetto<br />

frequente è quello di frenare il gesto poco prima che tocchi quel punto immaginario che<br />

rappresenta il momento vero e proprio dell’attacco del suono, quasi per timore che le voci<br />

non entrino, stando lì ad aspettare che lo facciano. Il problema è che il coro (giustamente)<br />

aspetta che sia invece il direttore a dare un’indicazione precisa per iniziare, che così però<br />

non arriva in maniera chiara, con la conseguenza che l’attacco risulterà nella maggior parte<br />

dei casi approssimativo o a cascata (una voce dopo l’altra), perché mancando un segnale<br />

inequivocabile da parte del direttore ci saranno sempre dei coristi, in genere i più insicuri,<br />

che aspetteranno che siano altri a prendere l’iniziativa per cominciare.<br />

Un altro degli errori che ogni tanto si riscontrano nel gesto iniziale è quello del movimento<br />

autonomo della mano rispetto al braccio, risorsa questa che può essere utilizzata in altri<br />

momenti della conduzione, magari per indicare<br />

la sinuosità di una linea melodica, ma che nel<br />

momento dell’attacco è da sconsigliare. Il motivo<br />

risiede nel fatto che, in questa che ribadiamo<br />

essere un fase assai delicata, più l’avambraccio<br />

e la mano sono solidali tra loro e si comportano<br />

come un unico blocco, un’unica linea non<br />

spezzata, più il punto d’attacco risulterà netto.<br />

Altra abitudine poco corretta che si riscontra<br />

piuttosto frequentemente è quella del controllo<br />

dell’ampiezza del movimento d’inizio: sia che la<br />

partenza preveda il pianissimo sia che contempli<br />

il fortissimo non si notano spesso grandi<br />

differenze nel relativo gesto d’attacco, il quale<br />

quindi potrà essere non adeguato alla dinamica<br />

che si vorrebbe richiedere. Più frequente è l’errore nell’uso del gesto grande anche se in<br />

realtà si vorrebbe una sonorità tenue, cosa che molte volte accade perché il direttore è<br />

condizionato dalla grandezza della compagine che ha di fronte, dal timore che col gesto<br />

piccolo il coro non parta; in realtà se si richiede la massima concentrazione, la perfetta<br />

attenzione ad ogni minimo movimento del gesto, e soprattutto se questo è chiaro, non<br />

ci dovrebbero essere inconvenienti in tal senso. Si potrebbero forse citare anche altre<br />

situazioni legate al gesto iniziale, ma quelle elencate dovrebbero essere già sufficienti a far<br />

capire anche in maniera più generale quanti dettagli si possono esprimere con la propria<br />

gestualità, particolari che se omessi o sbagliati possono danneggiare la performance di<br />

una compagine e il relativo modo di eseguire o interpretare un brano musicale. L’auspicio<br />

è quindi che tutti i direttori di formazioni corali o anche strumentali, di piccole o grandi<br />

dimensioni, amatoriali o professionali, mantengano sempre alta la cura del proprio gesto,<br />

nella consapevolezza della sua grande utilità e delle notevoli risorse che in esso risiedono.<br />

L’importanza del gesto | 27


Tecnica<br />

Sulla scia dei contributi sulla vocalità proposti dai<br />

maestri Spremulli e Mazzucato nei due numeri<br />

precedenti, siamo andati a scoprire un’esperienza corale<br />

davvero stimolante, sorta a Mirandola, in provincia di<br />

Modena e prosperata negli ultimi tre anni. Ecco qui<br />

il dialogo aperto tra la logopedista Sara Roncadi e il<br />

maestro Gianni Guicciardi.<br />

Com’è bello cantar!<br />

a cura DI luca buzzavi<br />

Masterclass con la musicoterapeuta Loradana Boito<br />

Sara Roncadi<br />

Il servizio sanitario non offre il percorso completo di tutte<br />

le fasi riabilitative, soprattutto quelle di mantenimento,<br />

da qui come operatore sanitario, per cercare di dare una<br />

risposta a questa incompletezza, ho pensato a strategie per<br />

riempire questo vuoto. Il progetto nasce dall’idea di unire<br />

un percorso terapeutico al di fuori delle mura ospedaliere<br />

con un’occasione di socializzazione e condivisione. Ho<br />

pensato che il canto e la musica fossero strumenti idonei<br />

per cui ho contattato il direttore della Fondazione Scuola di<br />

Musica di Mirandola, m° Mirco Besutti, che mi ha sostenuto<br />

proponendomi la collaborazione con il m° Gianni Guicciardi. Il<br />

progetto è indirizzato a tutti i pazienti con disabilità fonatorie,<br />

articolatorie e deficit comunicativi; in particolare rientrano<br />

nel progetto tutte le patologie che determinano un danno<br />

cerebrale nelle aree del linguaggio, oltre all’afasia anche tutte<br />

le disabilità comunicative per trauma cranico, sclerosi laterale<br />

amiotrofica o sclerosi multipla, morbo di Parkinson. Da gennaio<br />

2014 siamo partiti con una prova sperimentale con un piccolo<br />

gruppo di pazienti in trattamento logopedico presso l’unità<br />

operativa di Medicina Riabilitativa dell’Ospedale di Mirandola.<br />

Visti i benefici che l’attività ha prodotto sulle capacità<br />

comunicative e l’entusiasmo dei partecipanti, da ottobre 2014<br />

abbiamo concretizzato il progetto come un’attività strutturata<br />

all’interno della scuola e come completamento del percorso<br />

terapeutico ospedaliero. Gli incontri, della durata di un’ora e<br />

mezza, si svolgono con cadenza settimanale presso la Scuola di<br />

Musica, in particolare la prima parte viene dedicata ad esercizi<br />

terapeutici di gruppo (respiratori, articolatori e di fonazione)<br />

curata da me come logopedista, mentre la seconda parte viene<br />

gestita dal maestro con attività corale specifica.<br />

28 | TECNICA


Gianni Guicciardi<br />

Terminato il mio periodo lavorativo come docente di<br />

Percezione musicale presso il Conservatorio di Musica di<br />

Mantova, continuai a collaborare con la Scuola di Musica<br />

della Fondazione Andreoli di Mirandola.<br />

All’inizio del 2014, il m° Mirco Besutti, direttore, mi propose<br />

un incontro con la logopedista dott.ssa Sara Roncadi<br />

dell’unità di riabilitazione dell’ospedale di Mirandola.<br />

Durante il colloquio la logopedista mi presentò il suo<br />

progetto: formare un coro con persone che avevano subito<br />

un trauma cerebrale, ictus o altre lesioni, che già seguiva<br />

per la riabilitazione vocale. La forza che mi comunicò<br />

nel presentare il suo progetto mi stimolò al punto tale<br />

di decidere di mettermi in gioco, seppur consapevole<br />

dei problemi che avrei incontrato perché si trattava di<br />

un’esperienza completamente nuova per me. Nel mese di<br />

ottobre seguente, presso i locali della Scuola di Musica di<br />

Mirandola, il progetto partì. Non avevo preparato nessun<br />

canto da proporre perché volevo conoscere direttamente<br />

queste persone. Era importante formare un gruppo<br />

coeso con un clima che li mettesse a proprio agio, inoltre<br />

volevo capire il funzionamento del loro strumento voce.<br />

La disponibilità di tutti e della logopedista, mi aiutò<br />

tantissimo nel comprendere in che direzione avrei dovuto<br />

muovermi. Ai presenti chiesi cosa avrebbero voluto cantare.<br />

Chi aveva la fortuna di esprimersi in modo comprensibile<br />

rispose elencando canzoni che appartenevano alla storia<br />

personale e, immagino, concomitanti con momenti<br />

importanti della vita. Dall’elenco dei brani proposti mi<br />

resi conto immediatamente che avrei dovuto studiare<br />

bene il repertorio musicale da proporre. La riproduzione<br />

vocale non era omogenea, alcuni erano in difficoltà<br />

nell’articolazione, altri meno e infine alcuni riproducevano<br />

normalmente. Dovevo scegliere se utilizzare le canzoni<br />

solo per risvegliare i loro ricordi personali, oppure per un<br />

obiettivo di riabilitazione dell’apparato vocale. Assieme<br />

alla logopedista e ai coristi si decise che tutti dovevano<br />

intervenire nel dare il loro contributo per formare un coro<br />

che, oltre al valore della socializzazione e del ricordo<br />

personale, contribuisse nel potenziare tutte le risorse<br />

personali. Iniziai a proporre dei canti con caratteristiche<br />

corrispondenti al nostro obiettivo. Canzoni con delle forme<br />

musicali semplici e con dei testi formati da un numero<br />

contenuto di parole. Molte canzoni del periodo anni 60/70<br />

e anche canti popolari avevano queste caratteristiche, le<br />

forme motivo erano ripetitive e costituite da delle cellule<br />

ritmiche semplici che favorivano la memorizzazione e<br />

di conseguenza la riproduzione vocale. Il progetto di<br />

formare un coro incominciò a delinearsi anche con un<br />

buon entusiasmo. Alcuni coristi avevano delle difficoltà<br />

nell’articolazione verbale, ma quando si trattava di cantare,<br />

improvvisamente il problema sembrava sconfitto. I brani<br />

musicali erano da me accompagnati con un pianoforte<br />

digitale, dove riducevo al minimo l’accompagnamento<br />

privilegiando la melodia. La scelta della tonalità delle<br />

canzoni era fondamentale, doveva corrispondere al loro<br />

registro vocale, il coro era formato da donne e uomini e<br />

spesso le voci femminili cantavano nel registro maschile,<br />

che corrisponde un’ottava inferiore. Proponendo diversi<br />

esercizi vocali, gradualmente i coristi hanno riconosciuto<br />

il timbro della propria voce, questo ha permesso al coro<br />

di formare un colore vocale misto di voci chiare e scure.<br />

La scelta dei canti doveva rimanere nel medium della<br />

voce, la velocità della riproduzione si è adeguata per<br />

favorire l’articolazione vocale di tutti i coristi. Grazie<br />

alle opportunità di ‘esibirsi’ e cantare pubblicamente,<br />

il coro migliorò sia sulle parti musicali che quelle<br />

socializzanti, valori insostituibili per un’attività di gruppo.<br />

Per valorizzare il più possibile le capacità di ogni corista,<br />

proposi a tutti di scrivere dei testi per una canzone che<br />

poi avrei musicato. Il nome del nostro coro, Com’è bello<br />

cantar, è il titolo di una canzone scritta da due sorelle<br />

che per un buon periodo hanno partecipato a questa<br />

bellissima esperienza. Ora abbiamo in repertorio altre<br />

due canzoni scritte da una corista: La notte di Natale e<br />

Non è importante.<br />

Nel settembre del 2016 la Scuola di Musica organizzò<br />

una giornata di studio sul tema Cantoterapia condotto<br />

dalla prof.ssa Mirella De Fonzo. Avevo la necessità di<br />

conoscere sul piano scientifico l’effetto terapeutico<br />

dell’attività corale. Dal convegno ricevetti tantissime<br />

indicazioni su come procedere in questa nuova e<br />

importantissima esperienza. Per finire, posso affermare<br />

di aver rilevato, da parte di tutti i coristi, una straordinaria<br />

partecipazione a ogni prova. Il loro impegno ha reso più<br />

attiva l’attenzione verso la gestualità corale perché la<br />

memorizzazione delle parole e delle linee melodico –<br />

ritmiche è sempre più presente, così come la percezione<br />

costante della pulsazione ritmica. La consapevolezza<br />

dell’emissione vocale e della durata fonatoria dimostra la<br />

validità di un’attività corale permanente rivolta a persone<br />

che hanno subito dei traumi cerebrali. Il potenziamento<br />

della capacità comunicativa e relazionale è un’altra<br />

importantissima conferma della validità di questo<br />

progetto.<br />

A ulteriore riprova della validità dell’esperienza, il 18 e 19<br />

settembre <strong>2017</strong>, la Fondazione Andreoli ha organizzato<br />

una riuscitissima Masterclass con la musicoterapeuta<br />

Loredana Boito, aperta a tutti i docenti della Scuola<br />

di Musica, che ha avuto il piacere di avere come coro<br />

laboratorio proprio il Com’è bello cantar. Che serva da<br />

stimolo per altre realtà?<br />

com’è bello cantar | 29


Repertorio<br />

Musica dell’anima<br />

Presentiamo, a corredo della rubrica Musica<br />

dell’anima, la seconda parte delle partiture<br />

gentilmente inviateci dal maestro Fulvio Rampi, di<br />

questa Messa composta per Schola, Assemblea e<br />

Organo: Santo e Agnello di Dio.<br />

Ordinario per Schola,<br />

Assemblea e Organo<br />

di Fulvio Rampi<br />

Fulvio Rampi e i Cantori<br />

Gregoriani<br />

Fulvio Rampi, diplomato in organo e composizione<br />

organistica con Luigi Molfino, ha conseguito il Magistero<br />

ed il Dottorato in Canto Gregoriano presso il Pontificio<br />

Istituto di Musica Sacra sotto la guida di Luigi Agustoni.<br />

Successore dello stesso Agustoni alla cattedra di Canto<br />

Gregoriano presso il medesimo Pontificio Istituto, ha al<br />

suo attivo numerose pubblicazioni. Nel 1985 ha fondato<br />

i Cantori Gregoriani, un ensemble professionistico a voci<br />

virili, del quale è direttore stabile. Con tale gruppo svolge<br />

una intensa attività discografica, didattica e concertistica<br />

in Italia e all’estero. Dal 1998 al 2010 è stato direttore della<br />

Cappella Musicale della Cattedrale di Cremona. Nel 2010<br />

ha costituito il Coro Sicardo di Cremona, un ensemble<br />

polifonico col quale svolge regolare servizio liturgico<br />

nella chiesa di S. Abbondio in Cremona, dove è anche<br />

organista titolare. Attualmente è titolare della cattedra di<br />

Prepolifonia al Conservatorio di Musica G. Verdi di Torino.<br />

30 | REPERTORIO


(1ª versione, Assemblea e Schola)<br />

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San - to, san - to, san - toil Si-gno - re Di - o del-l'u -ni<br />

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Segue I coda polifonica<br />

- 1 -


I coda polifonica, SCHOLA, a cappella<br />

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Segue: "Benedetto" (Assemblea)<br />

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Segue II coda polifonica<br />

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II coda polifonica, SCHOLA, a cappella<br />

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- 3 -


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(1ª versione, Schola e Assemblea)<br />

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Assemblea<br />

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Conclusione (Schola a cappella)<br />

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- 2 -


Repertorio<br />

Che la coralità scolastica, delle voci bianche e<br />

giovanile italiana necessiti di nuovo e valido<br />

repertorio è un dato di fatto, basti dare un’occhiata<br />

ai programmi di sala di rassegne e concerti per<br />

accorgersene. Da quest’anno AERCO ha cercato<br />

di dare una risposta convincente, concentrandosi<br />

dapprima sui cori di voci bianche, lanciando il<br />

1° Concorso Internazionale di Composizione per<br />

cori di voci bianche Corinfesta.<br />

Un cantiere aperto sulla<br />

formazione corale infantile e<br />

giovanile: Corinfesta<br />

DI luca buzzavi<br />

Luca buzzavi<br />

Diplomato al Triennio<br />

di Direzione di coro e<br />

Composizione corale<br />

presso il Conservatorio<br />

‘L. Campiani’ di Mantova,<br />

laureato in Fisica presso<br />

l’Università degli studi<br />

di Bologna, ha studiato<br />

Chitarra Classica. Insegna<br />

Chitarra classica, Teoria e solfeggio, Propedeutica<br />

della Musica e Canto corale presso la Fondazione ‘C.<br />

G. Andreoli’ dei comuni dell’Area Nord di Modena<br />

all’interno della quale prepara la classe di canto corale<br />

costituita dal Coro di voci bianche ‘Aurora’. E’ direttore<br />

artistico dell’Accademia Corale ‘Teleion’ (Poggio Rusco<br />

– MN) dove segue il coro da camera ‘Gamma Chorus’<br />

e la Schola gregoriana ‘Matilde di Canossa’, organizza<br />

seminari e corsi estivi con illustri docenti sul Canto<br />

Gregoriano e la Polifonia.<br />

Tale competizione, prende il via dal contesto<br />

preesistente dell’omonima rassegna corale nata nel 2015<br />

a Mirandola (MO) all’interno della Fondazione Scuola<br />

di Musica C. G. Andreoli, sotto la direzione artistica<br />

dei maestri Luca Buzzavi e Gianni Guicciardi e con il<br />

sostegno del maestro Mirco Besutti, direttore della<br />

scuola. Dal <strong>2017</strong> l’evento è patrocinato da AERCO che<br />

vede inserito nella commissione artistica anche un suo<br />

designato, il m° Fabio Pecci.<br />

Il regolamento. In questo contesto – dicevamo –<br />

prende il via il concorso compositivo, con l’obiettivo<br />

principale di catalizzare la creazione di nuovi brani che<br />

rispondano sia all’esigenza didattica che a parametri<br />

estetici. Per la prima edizione si è pensato di restringere<br />

il campo solamente a composizioni a 1 e 2 voci con<br />

utilizzo di pianoforte e/o piccole percussioni o body<br />

percussion, su testi in italiano o in latino, anche se sono<br />

già cantierizzate diverse novità e allargamenti per la<br />

seconda edizione, il cui bando uscirà nel 2018.<br />

I premi. Sono previsti un primo premio e alcune<br />

segnalazioni e sia il brano vincitore che quelli menzionati<br />

dalla giuria vengono pubblicati su FarCoro, mentre solo<br />

il miglior piazzamento riceve un premio in denaro (per<br />

36 | REPERTORIO


Coro Aurora, Mirandola (MO); Coro di voci bianche Ludus Vocalis,<br />

Ravenna; Coro giovanile Città di Schio, Schio (VI) ; Coro di voci bianche<br />

Gli Harmonici, Bergamo Ph. Carlo Benatti<br />

questa prima edizione, fissato in 500 euro) e l’esecuzione<br />

pubblica durante la rassegna Corinfesta mirandolese.<br />

I risultati. Innanzitutto occorre osservare con grande<br />

soddisfazione che, nonostante il bando sia rimasto aperto<br />

solamente da giugno a metà luglio, sono pervenute 28<br />

composizioni da Italia, Polonia, Gran Bretagna, Svizzera,<br />

Stati Uniti e Indonesia. La giuria, formata dai maestri<br />

Daniele Venturi (presidente), Manolo Da Rold, Fabio<br />

Pecci, Luca Buzzavi e Gianni Guicciardi, ha ritenuto di<br />

assegnare i seguenti riconoscimenti:<br />

ampia che ha aperto importanti riflessioni sulla centralità<br />

della formazione dei bambini e ragazzi di oggi, anche e<br />

soprattutto attraverso il canto corale. Il tutto è avvenuto<br />

secondo la formula vincente del confronto tra diverse<br />

esperienze, scelte repertoriali, formazioni, creando una<br />

rete di contatti, amicizie e scambi che sono andati ben<br />

oltre le singole giornate di incontro. I cori che finora hanno<br />

calcato il palco di Corinfesta sono stati 16 e molti altri<br />

sono nei progetti dei direttori artistici che, insieme a tutti i<br />

genitori e collaboratori co-organizzatori del progetto, non<br />

vogliono smettere di sognare.<br />

Primo Premio<br />

Festive Sanctus di Angelo Bernardelli (Italia)<br />

Menzione speciale per la valenza pedagogico – didattica<br />

Aria di Maurizio Santoiemma (Italia), testo di Elisa<br />

Gastaldon<br />

Menzione speciale per la ricerca timbrico – compositiva<br />

Sanctus di Anna Rocławska-Musiałczyk (Polonia)<br />

Il compositore vincitore era in prima fila sabato 21<br />

ottobre <strong>2017</strong> a Corinfesta per ascoltare, insieme al<br />

numeroso pubblico intervenuto, il proprio brano<br />

eseguito dal Coro Aurora di Mirandola esprimendo<br />

gratitudine e soddisfazione non solo per l’apprezzabile<br />

esecuzione, ma anche per la solidità del progetto. La<br />

rassegna, giunta nell’ottobre <strong>2017</strong> alla sesta edizione, si<br />

svolge a Mirandola due volte l’anno, la prima in primavera<br />

dedicata ai cori scolastici e la seconda in autunno<br />

pensata per i cori artistici. Ciò ha permesso di offrire nel<br />

tempo un’offerta formativa ai cori e al pubblico molto<br />

Il m° Daniele Venturi consegna<br />

il primo premio al m° Angelo Bernardelli.<br />

Ph. Carlo Benatti<br />

corinfesta | 37


Brano vincitore del 1° Concorso Internazionale di Composizione per Voci Bianche ‘Corinfesta’<br />

Festive Sanctus<br />

Angelo Bernardelli<br />

Soprano<br />

Alto<br />

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38 | REPERTORIO


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Brano segnalato al 1° Concorso Internazionale di Composizione per Voci Bianche ‘Corinfesta’<br />

per la valenza didattico - pedagogica<br />

ARIA<br />

per voci bianche e pianoforte<br />

omaggio a Georg Friedrich Händel (e non solo)<br />

Aria, sei l'aria<br />

Che fa danzare<br />

Il cuore e il mare.<br />

Aria, sei l'aria<br />

Che i sogni in volo<br />

Fa brillare.<br />

Testo di Elisa Gastaldon<br />

Sempre, nell'aria<br />

Respira il tempo<br />

Della vita.<br />

Piano, nell'aria<br />

Sussurra un'eco<br />

mai svanita.<br />

Aria, sei madre<br />

Di suoni<br />

Di profumi d'oro.<br />

Aria, sei madre<br />

Di voci abbracciate<br />

in coro.<br />

Maurizio Santoiemma<br />

Voce I<br />

#<br />

&<br />

Arioso {q = 72 c}<br />

4 3 4 3 4 3 4 3<br />

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∑<br />

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Voce II<br />

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Pia-no, nel-l'a-ria sus-sur-raÈun'e -co mai sva-ni -ta.<br />

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A - ria, sei<br />

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Brano segnalato al 1° Concorso Internazionale di Composizione per Voci Bianche ‘Corinfesta’<br />

per la ricerca timbrico - compositiva<br />

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Anna Rocławska-Musiałczyk


Analisi<br />

Dell’opera di Renato Dionisi non si conosce molto.<br />

Dionisi, nonostante avesse molti contatti con<br />

editori soprattutto sul piano didattico (pensiamo<br />

al testo ‘La tecnica del contrappunto vocale nel<br />

Cinquecento’, scritto con Bruno Zanolini per la<br />

Suvini Zerboni, testo di riferimento ancora oggi per<br />

chi voglia intraprendere gli studi di composizione),<br />

non ha portato a generale conoscenza molte sue<br />

composizioni così che potessero essere distribuite<br />

nel panorama musicale.<br />

Renato Dionisi<br />

‘La musica come mestiere di artigianato,<br />

esercizio e continua applicazione’<br />

DI francesco barbuto<br />

francesco barbuto<br />

Svolge un’intensa attività<br />

professionale nell’ambito<br />

culturale, artistico musicale<br />

e corale. È stato Presidente<br />

della Commissione<br />

Artistica Regionale<br />

dell’Unione Società Cori<br />

Italiani Lombardia (USCI)<br />

e direttore della rivista<br />

musicale online ‘A più Voci’ dal 2011 al 2015. È Cittadino<br />

Onorario di Caronno Varesino, insignito del ‘Sigillo<br />

Civico’ per il suo impegno nell’Arte, nella Cultura e<br />

nella Musica e per la direzione d’eccellenza del Choro<br />

Lauda Sion, da lui stesso formato. Dal 2012 è curatore<br />

dell’Opera Omnia inedita del Maestro Renato Dionisi<br />

(uno dei più importanti compositori e didatti del ’900<br />

italiano) e responsabile e coordinatore del progetto<br />

editoriale per le pubblicazioni delle sue opere con la<br />

Sonitus Edizioni.<br />

Egli amava dare le sue musiche direttamente ai committenti<br />

(cori, solisti, ensemble strumentali, ecc.) e quasi mai<br />

lavorava per un intento personale, editoriale e di carattere<br />

commerciale o per distribuire le sue musiche al grande<br />

pubblico, perché aveva un rapporto con la ‘composizione’<br />

sobrio e umile, talvolta quasi disinteressato.<br />

Le sue musiche dimostrano, in realtà, un’altissima e raffinata<br />

conoscenza della materia compositiva, riconosciuta, tra<br />

l’altro, da tutti i suoi colleghi ed allievi.<br />

Ai brani, soprattutto a quelli commissionati – e spesso<br />

donati ‘originali’ con una sua dedica personale – dedicava<br />

infatti ogni cura del dettaglio compositivo perché, come<br />

egli stesso continuamente amava dire ai suoi allievi:<br />

‘Bisogna cercare di far le cose per bene!’.<br />

Dionisi si è dedicato alla composizione per più di<br />

sessant’anni, entrando in contatto con molteplici<br />

esperienze musicali, dalla neomodalità alla dodecafonia<br />

e alla serialità, perché, secondo la sua affermazione: ‘La<br />

musica quando è bella, è bella… e ciò non dipende dal suo<br />

genere musicale’.<br />

Da una parte infatti era estremamente fermo nei suoi<br />

principi e nei suoi giudizi, a proposito di valori umani<br />

ed etici, artistici e professionali, dall’altra era aperto e<br />

disponibile ad entrare in contatto con ogni tendenza<br />

artistica musicale, compreso il mondo del jazz e il<br />

repertorio della musica leggera.<br />

56 | Analisi


Dedica di Dionisi al M° Chuang Rong<br />

Le musiche di Dionisi si rivolgono prevalentemente a gruppi cameristici e cori. Egli si tenne sempre a distanza dal teatro<br />

musicale e dalla grande orchestra. Scrisse molto anche per l’infanzia.<br />

L’attenzione sempre raffinata per la condotta contrappuntistica e gli intrecci musicali si realizza in un dialogo musicale<br />

fluido, molto più adatto a formazioni cameristiche che a formazioni di grande respiro.<br />

Pur utilizzando un linguaggio che non teme certo rapporti ‘dissonanti’, il discorso musicale di Dionisi assume sempre una<br />

dolcezza intrinseca tale da inserirlo nell’ambito di una musica del ’900 più ‘poetica e sognante’ che spigolosa, tipica questa<br />

invece di molti compositori d’avanguardia seguaci dell’esperienza della seconda Scuola di Vienna o dell’espressionismo<br />

degli anni ’20 e ’30.<br />

Offertorio – dalla Messa di Requiem per coro a 4 voci miste<br />

renato dionisi | 57


Anche l’aspetto timbrico è sempre scrupolosamente sotto la lente d’ingrandimento del modo di scrivere di Dionisi. Le<br />

voci del coro, come gli strumenti musicali delle formazioni d’ensemble, sono trattate – pur nella loro semplicità (che non<br />

equivale a semplicismo) – nelle più ampie possibilità di combinazioni tessiturali, dando sempre precedenza a cantabilità<br />

ed espressività.<br />

Justorum animae – per coro 5 voci miste<br />

58 | Analisi


Come un pittore che – pur conoscendo bene la sua tavolozza – continua a mescolare e centellinare piccolissime<br />

percentuali di combinazioni di colori… per ottenere il colore più ricco e raffinato possibile, così Dionisi continua a ricercare<br />

con assoluta attenzione le sue combinazioni di suono, perché, come amava dire: ‘La ‘musica’ deve essere prima di tutto un<br />

mestiere di artigianato, di esercizio e di continua applicazione, prima di diventare eventualmente pensiero alto’.<br />

Un’altra caratteristica importante che si riscontra subito a prima vista, nell’eseguire le partiture di Dionisi, è la scorrevolezza<br />

del fraseggio, alternata quasi sempre da recitativi e melisimi, sicuramente derivante dagli studi intrapresi con il suo maestro<br />

Celestino Eccher, gregorianista di formazione romana, un fraseggio che richiede un’esecuzione soprattutto attenta al<br />

ritmico fluire del testo.<br />

Magnificat – Canticum breve per coro a 4 voci miste<br />

renato dionisi | 59


Dionisi è anche il musicista dell’essenziale. Le sue musiche, in particolare quelle corali, sono brevi, concentrate, ma<br />

allo stesso tempo pienamente intrise di contenuti e di espressività, tali da toccare direttamente le corde emotive e<br />

sentimentali del nostro animo.<br />

La sua musica non è mai urlata e quindi mai forzatamente trasgressiva. Spesso è antiretorica, così da non esprimere nel<br />

modo più consueto il concetto delle parole.<br />

Dionisi non è mai scontato, lavora sempre sul sottotesto, sui sottintesi, sull’intimo profondo. Molte sue composizioni non<br />

hanno le stanghette di battuta, proprio in nome del fluire testuale e musicale, e molte, ancora, non hanno (volutamente)<br />

nemmeno le doppie stanghette di fine brano: Dionisi lascia sempre aperto e sospeso il suo discorso musicale.<br />

Salmo 150, finale - per coro maschile<br />

Da anni mi occupo come studioso delle opere di Renato Dionisi.<br />

Nel 2012 Bruno Zanolini mi chiamò, dopo un lavoro editoriale che gli piacque molto e che avevamo realizzato in occasione<br />

di un concorso nazionale di composizione, nel quale ero anch’io in giuria, per l’USCI Lombardia con la Sonitus Edizioni. Fui<br />

contattato da lui, con grande piacere per me, per essere coinvolto in un’idea di progetto che avesse riguardato il grande<br />

Maestro. Zanolini fu grande amico di Dionisi e a seguito di tante attenzioni che ha sempre rivolto al suo ricordo e al suo<br />

mondo artistico e musicale, parlammo insieme e valutammo l’idea di andare a incontrare, insieme alla Sonitus Edizioni, i<br />

responsabili della Biblioteca Civica di Rovereto, che tiene tutt’ora – attraverso il ‘Fondo Renato Dionisi’ – la quasi totalità<br />

dei materiali musicali manoscritti, varie documentazioni e oggetti personali e gran parte della sua corrispondenza e<br />

visitare il reparto dedicato al grande Maestro, situato negli Archivi Storici dell’ente.<br />

Onorato di questa proposta, partimmo poco tempo dopo alla volta di Rovereto, e ricordo ancora il giorno in cui, visitando<br />

tutta la parte dedicata a Dionisi, rimasi immediatamente attratto e sedotto da tutto ciò che ebbi la fortuna di vedere e<br />

visionare! Una quantità enorme di materiale, molto del quale seppi subito era ‘inedito’ e mai pubblicato e reso disponibile<br />

al pubblico.<br />

Conoscevo già la statura artistica di Dionisi, avendo avuto come primo maestro di composizione Giovanni Walter Zaramella,<br />

che mi parlava continuamente alle sue lezioni di lui, insieme a Bettinelli (che conosceva bene di persona), Dalla Piccola,<br />

Donatoni, ecc., e non nascondo che rimasi scioccato dall’aver scoperto che moltissima musica del Maestro, nonostante<br />

egli aveva avuto molti contatti con editori soprattutto sul piano didattico, non fosse stata portata a conoscenza e<br />

distribuita nel panorama musicale.<br />

Quella giornata fu decisiva! Decisi subito di rendermi disponibile (onestamente senza ancora capire fino in fondo in che<br />

situazione mi sarei andato a infilare…) come curatore di un progetto di ricerca, visione, studio e valutazione editoriale di<br />

tutta la musica inedita di Dionisi.<br />

60 | Analisi


Pubblicazioni editoriali in raccolte .<br />

È stata realizzata una prima raccolta di musiche corali sacre<br />

e religiose e la Missa Brevis dal titolo ‘Canti Corali Sacri’<br />

di Renato Dionisi, che abbiamo presentato quest’anno in<br />

prima assoluta al Simposio Mondiale della Musica Corale<br />

a Barcellona.<br />

Sale della Biblioteca Civica di Rovereto<br />

D’accordo con l’erede Marcello Barberi e attraverso la<br />

sempre disponibilità della Biblioteca di Rovereto, ebbi carta<br />

bianca nell’ottenere la possibilità di recarmi liberamente<br />

quando ritenevo opportuno negli Archivi Storici, visionare<br />

e avere copia di tutte le musiche archiviate. Riuscii così<br />

a realizzare un mio archivio personale completo, che<br />

nell’arco di questi lunghi cinque anni, mi ha consentito di<br />

mettermi tantissimo al lavoro e analizzare attentamente<br />

tutte le musiche del grande Maestro.<br />

Dal punto di vista delle partiture, abbiamo constatato<br />

come Dionisi scrivesse tralasciando spesso segni<br />

dinamici (deducibili comunque dalla logica lettura delle<br />

parti), oppure anche dando per scontato molti passaggi<br />

espressivi, senza alcuna indicazione.<br />

Pensiamo che questo non sia dovuto a distrazioni<br />

o dimenticanze, ma al fatto che egli scrivesse senza<br />

l’intenzione di pubblicare le sue musiche e quindi senza<br />

quella scrupolosissima attenzione ai segni musicali<br />

necessaria per una realizzazione editoriale.<br />

Questo ci ha spinti a prendere decisioni dal punto di vista<br />

filologico, soprattutto nella realizzazione delle trascrizioni.<br />

Non è stato necessario un lavoro di revisione, ma siamo<br />

intervenuti laddove risultava evidente la necessità di<br />

inserire segni musicali, dinamici ed espressivi.<br />

Per quanto riguarda le alterazioni, Dionisi tende a non<br />

mettere alcuna armatura in chiave, inserendole una a una,<br />

anche quando gli stessi suoni alterati si ripetono all’interno<br />

della battuta.<br />

Il mondo che scoprii fu totalizzante. Presi sempre più piena<br />

coscienza che la maggior parte della musica di Dionisi<br />

rimase nei ‘cassetti’ per anni.<br />

Il progetto di studio ed editoriale si è sviluppato attraverso<br />

le seguenti fasi:<br />

Visione e recupero di tutti i materiali musicali inediti di<br />

Dionisi.<br />

Suddivisione in cinque gruppi di raccolte: 1. musiche<br />

corali sacre e religiose a cappella e/o accompagnate;<br />

2. messe; 3. musiche corali profane (colte) a cappella<br />

e/o accompagnate; 4. musiche popolari a cappella<br />

e/o accompagnate; 5. musiche strumentali (solistiche,<br />

cameristiche).<br />

Studio e cura musicologica e filologica delle partiture<br />

manoscritte.<br />

Trascrizioni (al momento sono state realizzate composizioni<br />

corali sacre e religiose e le messe).<br />

Renato Dionisi<br />

renato dionisi | 61


Offertorio – dalla Messa di Requiem per coro a 4 voci miste<br />

62 | Analisi


Essendo chiaramente questi brani non di carattere tonale, abbiamo<br />

lasciato tutte le alterazioni ripetute così come ha scritto l’autore.<br />

Risultano sicuramente più chiari e non lasciano dubbi di lettura<br />

all’esecutore.<br />

Quando un suono torna ad essere naturale, abbiamo scelto di<br />

trascrivere il bequadro soltanto nella prima nota della battuta<br />

successiva.<br />

Per i brani con armature in chiave, invece, abbiamo trascritto<br />

l’alterazione estranea soltanto nella prima nota della battuta,<br />

senza riscriverla qualora vi siano ulteriori identici suoni all’interno<br />

della misura, come si usa fare convenzionalmente nella scrittura<br />

compositiva e nelle pubblicazioni editoriali.<br />

Come dicevamo, abbiamo scelto di inserire alcuni segni dinamici,<br />

espressivi e di articolazione, laddove deducibili o necessari per<br />

l’esecuzione. Tutti questi sono stati inseriti tra parentesi.<br />

Dionisi, soprattutto nelle partiture senza stanghette di battuta, ha<br />

la tendenza a non inserire le pause, quando le voci non cantano,<br />

rispettando comunque graficamente la collocazione delle note delle<br />

voci corrispondenti. Abbiamo scelto d’inserire ugualmente le pause<br />

mancanti, per ragioni di precisione grafica e corretta pubblicazione<br />

editoriale.<br />

Infine, siamo venuti in possesso di due versioni manoscritte dallo<br />

stesso Dionisi della Missa Brevis, una archiviata nella Biblioteca Civica<br />

di Rovereto e una in possesso del m° Angelo Mazza – che ringraziamo<br />

molto per avercela resa nota e disponibile – con tre battute diverse:<br />

una ai contralti nel Sanctus e una ai tenori e ai soprani nell’Agnus Dei.<br />

Abbiamo opportunamente segnalato queste tre variazioni all’interno<br />

della partitura.<br />

Renato Dionisi<br />

Un ringraziamento sentito va a Bruno Zanolini, con cui abbiamo<br />

condiviso l’idea di questo progetto;<br />

Marcello Barberi, erede del Maestro, e la Biblioteca Civica di Rovereto<br />

per essersi resi sempre disponibili consentendo di accedere agli<br />

archivi del Maestro, di visionare e avere copia di tutte le sue opere;<br />

l’amico e collega Tommaso Ziliani, per la sua grande competenza e<br />

disponibilità a realizzare e completare le trascrizioni dei brani scelti<br />

per questa pubblicazione editoriale; Carlo Torretta, collaboratore di<br />

Sonitus, per aver dato un importante apporto alla prima bozza di<br />

trascrizione generale delle partiture; Sandro Filippi, per la sua gentile<br />

collaborazione all’avvio di questo lavoro editoriale.<br />

Un ringraziamento particolare va anche gli amici e colleghi Mirko<br />

Carchen e Alessando Grosso, dirigenti della Sonitus Edizioni, per aver<br />

creduto in questo progetto.<br />

Renato Dionisi è e rimarrà sempre un importante Maestro del ’900 e<br />

in particolare del panorama musicale italiano.<br />

renato dionisi | 63


Si ringrazia la Sonitus Edizioni per aver reso disponibili gli esempi in partitura e per la partitura in omaggio<br />

‘Christus factus est’, Graduale per coro a 4 voci miste<br />

64 | Analisi


24<br />

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Renato DIONISI<br />

(1910-2000)<br />

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© Copyright <strong>2017</strong> by Sonitus Edizioni Musicali - Via Trieste 14 - 21020 Monvalle (VA)<br />

Tutti i diritti riservati - All right reserved<br />

renato dionisi | 65


25<br />

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a Battuta 20 il LA dei Tenori può<br />

essere sostituito eventualmente da:<br />

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66 | Analisi


AERCO notizie<br />

‘Solo da pochi decenni - scriveva Giorgio Vacchi<br />

fondatore del Coro Stelutis nel suo volume ‘Canti<br />

Emiliani e non’- si è cominciato a parlare di cultura<br />

popolare e chiedersi che tipo di cultura fosse’.<br />

Certamente era facile attenersi al fatto che, sino ad<br />

allora, ciò che era definito ‘cultura’ derivasse solo<br />

da quanto era giunto sino a noi dalle diversificate<br />

scritture, incise o riportate in altri modi su supporti di<br />

varia natura, per trasmettere storie, eventi, pensieri,<br />

emersi dalle varie civiltà che si sono succedute.<br />

70 anni di Coro Stelutis<br />

Cogliere dal passato una lezione per il futuro<br />

Cantate la tradizione. Perchè?<br />

DI puccio pucci<br />

coro stelutis<br />

Il complesso corale nasce a<br />

Bologna nel 1947 ad opera<br />

del Maestro Giorgio Vacchi<br />

che ne è stato il direttore<br />

sino al momento della sua<br />

scomparsa, avvenuta nel<br />

gennaio 2008. Dal 1999<br />

è diretto dal M° Silvia<br />

Vacchi, figiia del fondatore<br />

e laureata in Direzione di<br />

Coro presso il Conservatorio ‘G.B. Martini’ di Bologna.<br />

Il repertorio dello Stelutis, è costituito da canti della<br />

tradizione orale, soprattutto emiliano-romagnola,<br />

ritrovati e trascritti durante accurate ricerche sul campo.<br />

Coro Stelutis – Associazione di Promozione Sociale<br />

Presidente: Puccio Pucci<br />

Direttore Artistico: Dott.ssa Silvia Vacchi<br />

Non si era perciò mai preso coscienza che accanto ad una<br />

cultura scritta, poteva esisterne un’altra derivante dalla<br />

sola tradizione orale: cose tramandate e raccontate da<br />

nonni a nipoti, come racconti di vita, mestieri, metafore<br />

di moralità che, pur non avendo la trascrizione del colto,<br />

esprimevano enormi valori culturali, che meritavano<br />

dignità e dovevano essere salvati da sicuro oblio.<br />

Dimenticare definitivamente tutto ciò sarebbe stato come<br />

sotterrare biblioteche e perdere la conoscenza di quelle<br />

testimonianze che erano alla base della crescita di ogni<br />

grande o piccola comunità umana.<br />

Il Maestro Vacchi iniziò da qui il percorso che, attraverso<br />

quanto pervenuto a noi dalla tradizione orale, permise<br />

di recuperare le identità di una cultura dimenticata,<br />

contenuta nei canti della gente. Si, iniziò questo lavoro<br />

‘ricominciando proprio dal cuore’ intervistando centinaia<br />

di anziani e meno anziani che però ancora avevano vivo<br />

il ricordo di quel patrimonio che era giusto non dovesse<br />

essere obliterato, ricco come era di profonde verità e di<br />

grandi insegnamenti morali.<br />

Crediamo fermamente che questo lavoro abbia avuto una<br />

valenza assai simile a quanti si dedicano al recupero di<br />

antichi manoscritti musicali, dimenticati a volte in vetuste<br />

biblioteche o a coloro che, dopo immani catastrofi, quali<br />

i terremoti, traggono dalle macerie anche il più piccolo<br />

frammento di opere d’arte distrutte, perdute le quali si<br />

depauperizzano i luoghi di una parte rilevante delle loro<br />

storia artistica e culturale.<br />

70 anni di coro stelutis | 67


Ma l’etno-musicologo Giorgio Vacchi era anche un ispirato<br />

musicista e volle evitare che quelle risorse storicomusicali,<br />

frutto delle ricerca, rimanessero così come sono,<br />

marginali, poco visibili e socialmente improduttive; dunque<br />

destinate a essere freddamente archiviate in nastri o CD.<br />

Egli, unitamente a molti altri ricercatori e musicisti, tese a<br />

traghettare nel presente quelle musiche che esprimevano<br />

l’essenza di un passato povero, ma efficiente e che, anche<br />

oggi, dopo la sua scomparsa nel 2008, il Coro da lui fondato<br />

ed ora diretto da sua figlia Silvia, ripropone nella modernità<br />

di una sala di incisione o di un teatro.<br />

E’ un cantare le narrazioni di vita passata, non per nostalgia,<br />

ma per trarne insegnamenti, riflessioni che inducano a<br />

migliorare lo stato di assuefazione a cui ci vuole avviare<br />

il moderno pensiero. E’ come ricostruirsi con i sentimenti<br />

ricevuti dalle nostre antiche famiglie, commuoverci per<br />

le loro timide manifestazioni di affetto, dolerci delle loro<br />

grandi fatiche del lavoro nei campi, piangere le loro perdite<br />

da guerre non condivise. Poi stemperare, attraverso la musica,<br />

questi moti dell’anima e le immagini sfuocate di queste<br />

storie, che forse anche a noi hanno talvolta raccontato;<br />

e infine ci consentono di meglio porci nel presente per<br />

predisporci a proseguire.<br />

Questo è l’approccio che il Coro Stelutis si è posto, nel<br />

momento in cui celebra i suoi settanta anni di attività,<br />

proseguendo con Silvia Vacchi l’esperienza dei concerti e<br />

delle prove serali nella sede, un fienile con annessa stalla,<br />

che i Coristi, con l’aiuto di tanti amici, hanno salvato da<br />

sicura demolizione e successivamente ristrutturato con<br />

attenzione.<br />

Anche in questo atto il Coro è ‘ripartito dal cuore’, come<br />

è stato fatto per i canti che ripropone, cogliendo davvero<br />

dal ‘Passato una lezione per il Futuro’.<br />

68 | AERCO notizie


L’archivio CCS del coro Stelutis di Bologna:<br />

un’esperienza di archiviazione dei canti popolari<br />

Dal 2013 è consultabile sul web all’indirizzo www.corostelutis.org l’archivio CCS, contenente migliaia di canti popolari<br />

emiliani. Uno strumento che permette di conoscere, analizzare e confrontare le testimonianze della cultura orale ivi<br />

raccolte.<br />

L’interesse di Giorgio Vacchi (fondatore del coro Stelutis di Bologna) per questi temi nasce negli anni 60 dopo un<br />

quindicennio dedicato alla riproposizione con il coro Stelutis dei canti resi celebri dalla S.A.T. di Trento. Quel repertorio,<br />

semplice ed affascinante al tempo stesso, aveva avuto una enorme influenza sulla coralità amatoriale italiana ma rischiava,<br />

in vari casi, di ridursi a stereotipo nonostante l’indubbia forza dei testi tradizionali. Fu proprio l’esigenza di rinnovare il<br />

proprio repertorio che spinse Vacchi a chiedersi se non esistessero canti autenticamente popolari anche nella nostra<br />

regione, in Emilia Romagna. Le ricerche fatte sino a quel momento in Italia erano frammentarie e il materiale raccolto<br />

in regione era poco e spesso mal documentato. Da qui la decisione di intraprendere in prima persona una ricerca<br />

sul campo a partire dal proprio territorio. Le prime interviste effettuate tra amici e conoscenti con un registratore a<br />

bobina Philips risalgono alla fine degli anni ‘60. Non ci vorrà molto tempo per capire che le zone migliori per trovare<br />

informatori erano quelle appenniniche. Con la collaborazione del cantautore Francesco Guccini, allora amico personale<br />

di Vacchi e studioso di dialetti, vengono fatte le prime interviste in paesi dell’Appennino tosco emiliano. Le registrazioni<br />

vengono scrupolosamente catalogate con i dati relativi agli informatori e trascritte in notazione convenzionale. Nasce la<br />

consapevolezza dell’importanza della ricerca sul campo su vasta scala.<br />

Nell’ambiente corale amatoriale Vacchi incontra alcuni appassionati: tra questi un posto di rilievo lo occupa Paolo<br />

Bernardini allora direttore del coro di Gaggio Montano, il cui lavoro di ricerca e trascrizione sul proprio territorio fu<br />

fondamentale. Vacchi si fa promotore di un vasto movimento teso al rinnovamento dei repertori e al miglioramento<br />

tecnico dei cori. Da queste premesse nasce, nel 1971 l’A.E.R.C.I.P. (acronimo di associazione emiliano romagnola cori di<br />

ispirazione popolare) nel cui primo statuto è fatto obbligo a tutti i cori associati di contribuire alla ricerca sul campo. In<br />

questo modo la mole di materiale raccolto aumentò sensibilmente: direttori di coro e appassionati registrarono decine di<br />

interviste. La maggior parte di loro si attenne alle indicazioni date da Vacchi affinchè tali documenti fossero completi e<br />

attendibili: ogni intervista doveva contenere i dati anagrafici dell’informatore e alcune notizie sul contesto sociale in cui<br />

era vissuto e a cui i canti erano legati. Inoltre era necessario che il ricercatore non influenzasse in alcun modo l’informatore<br />

(per esempio era sconsigliato accompagnarne il canto con uno strumento). Le tante musicassette raccolte (nel frattempo<br />

i supporti magnetici erano cambiati) costituirono un patrimonio che andava, innanzitutto, trascritto. Per la parte musicale<br />

era necessario comunque il lavoro di un musicista: Vacchi vi si dedicò per decenni trascrivendo scrupolosamente anche le<br />

piccole varianti melodiche dei vari canti. Per la parte testuale determinante fu l’apporto dell’ing.Amos Lelli, amico, corista<br />

dello Stelutis ma, soprattutto, studioso di dialetti.<br />

Naque allora l’idea di costruire un database utilizzando uno dei primi PC messi in commercio all’epoca, dapprima<br />

contenente i testi, che vennero classificati con il metodo delle parole chiave, e successivamente anche le melodie.<br />

Da queste premesse nasce nel 2000 l’applicazione CCS2000 (da Centro Culturale Stelutis) che offre la possibilità di<br />

visualizzare in notazione musicale qualsiasi melodia contenuta nell’archivio corredata dall’incipit del testo e dal luogo di<br />

ritrovamento. Al momento della presentazione al pubblico l’archivio conteneva circa 4200 canti compresi quelli presenti<br />

solo come parte testuale. I ricercatori coinvolti sono molti: Amos Lelli, Mario Cassarini, Arrigo Montanari, Daniele Venturi,<br />

Francesco Guccini e, soprattutto Mario Bernardini, che a Gaggio Montano ha reperito circa 1400 titoli.<br />

Nel 2013 l’applicazione CCS2000 è stata messa in rete. Questo è stato possibile dopo un lavoro di variazione di progetto<br />

e codifica effettuato dalla società Idem di Granarolo dell’Emilia (Bologna). In occasione di questa revisione sono state<br />

fatte alcune implementazioni importanti. La più interessante è quella che permette di ascoltare i canti dalla voce degli<br />

informatori. Si tratta dei file audio tratti dalle registrazioni originali di ricerca i cui originali sono custoditi nell’archivio<br />

personale di Giorgio Vacchi e del Coro Stelutis. Un’altra miglioria riguarda i testi dei canti che ora sono disponibili in una<br />

trascrizione comprensiva degli accenti tonici corretti secondo l’Ortografia Lessicografica Moderna. L’archivio, così come<br />

è disponibile adesso in rete, comprende circa 4600 canti ed è raggiungibile all’indirizzo www.corostelutis.org<br />

70 anni di coro stelutis | 69


AERCO notizie<br />

‘Era il lontano 1967 quando un gruppo di amatori del<br />

canto spontaneo (‘cantarein’) ebbe una felice intuizione: si<br />

poteva e si doveva dar vita ad un coro nello scandianese per<br />

salvare un patrimonio culturale nostro che si stava perdendo..<br />

50 anni del Coro La Baita<br />

DI davide mammi<br />

Nel 1973 assunse, a soli 17 anni, la direzione del coro l’attuale direttore, il<br />

Prof. Fedele Fantuzzi, che cominciò un intenso e proficuo lavoro di ricerca,<br />

rovistando nelle campagne, sull’appennino, ascoltando le voci di anziani e<br />

soprattutto anziane, alla ricerca di qualcosa che aspettava solo di essere<br />

ascoltato. Si poté, quindi, raccogliere, catalogare e studiare più di 400<br />

melodie o incipit di canti popolari, che sono parte dell’enorme patrimonio<br />

culturale presente nelle melodie popolari, che venivano tramandate<br />

oralmente, e che ormai si possono ascoltare sempre più raramente. Il Coro,<br />

così, si prefissò l’obiettivo di ricercare, conservare e diffondere, mediante i<br />

concerti e le incisioni, i canti regionali, e in particolar modo quelli tipici della<br />

provincia reggiana, attraverso le armonizzazioni del suo Direttore, che con<br />

un linguaggio nuovo e moderno si rifanno allo stile ‘padano’ tipico del canto<br />

popolare reggiano: vocalità aperta, sonorità possente e uso frequente di<br />

accompagnamenti al solista, elementi tipici della forma esecutiva spontanea.<br />

Così le storie semplici e le atmosfere impalpabili delle melodie del mondo<br />

contadino sono uscite dalle stalle e dalle osterie per salire col coro sul<br />

palcoscenico dei più importanti teatri italiani, giungendo, nel 2005, anche<br />

nell’Aula di Montecitorio, alla presenza delle più alte autorità dello Stato.<br />

Il lavoro di ricerca è stato fissato in quattro incisioni (2 LP e 2 CD) in forma<br />

di collana dal titolo: ‘Ascoltando la gente…’.<br />

Ma il coro non è solo passione musicale, è anche amicizia, quella profonda,<br />

è anche incontro con altre realtà corali italiane ed europee (Germania,<br />

Belgio, Rep. Ceca e Spagna). Sono tantissimi gli amici incontrati nelle<br />

rassegne e sono innumerevoli i cori che hanno apprezzato le armonizzazioni<br />

del Prof. Fantuzzi inserendole nel loro repertorio. Due coristi, inoltre, in<br />

occasione di concerti ad Almansa in Spagna e Treppo Grande (UD), hanno<br />

intrecciato ‘amicizie’ con i reparti femminili dei cori locali, portando poi le<br />

rispettive corali a festeggiare insieme i loro matrimoni.<br />

Sicuramente emozionante è stato cantare in Piazza S. Pietro a Roma nel<br />

2000 in occasione della S. Messa celebrata da S.S. Giovanni Paolo II per il<br />

Giubileo del mondo agricolo.<br />

Dal 1971 il Coro La Baita organizza, col patrocinio del Comune di Scandiano<br />

e della Provincia di Reggio Emilia, la ‘Rassegna Corale Nazionale Città di<br />

Scandiano’ nel cortile d’onore della Rocca dei Boiardo, importante rassegna<br />

a carattere nazionale divenuta un appuntamento fisso per gli appassionati.<br />

Al direttore del Coro, per l’intenso lavoro di ricerca, studio e catalogazione<br />

del patrimonio etnofonico in Emilia, sono stati conferiti i premi:<br />

‘Caravaggio’ dal coro ALPA di Caravaggio (BG); ‘Venendo giù dai monti’, dal<br />

coro Montenero di Ponte dell’Olio (PC); e ‘M. Fontanesi’ dal coro Matildico<br />

di Toano (RE).<br />

70 | AERCO notizie


AERCO notizie<br />

Nativitas<br />

Concerti di Natale<br />

dei cori AERCO<br />

2 dicembre Caldarola - ore 21<br />

Concerto di natale - Corale Nostra Signora di Fatima<br />

2 dicembre Castelfranco Emilia (Mo)<br />

Chiesa di Santa Maria Assunta - ore 21<br />

Rex Natus Est - Coro Tomas Luis De Victoria<br />

8 dicembre Gavassa (RE) - Chiesa parrocchiale - ore 17<br />

Manifestazione culturale Soli Deo Gloria - Corale Il Bosco<br />

8 dicembre Casale S. Vito - Santuario Madonna di Casale - ore 18.30<br />

5° Rassegna corale ‘Cantando insieme il Natale’<br />

Coro della Carità di Lugo<br />

Coro polifonico di Acqualagna (PU)<br />

Gruppo corale strumentale Laura Benizzi di Rimini<br />

9 dicembre Luzzara - RSA anziani – ore 16<br />

Concerto di Natale - Coro La Ghirlandeina<br />

9 dicembre Modena - Chiesa di Sant’ Agostino - ore 16<br />

Note di Natale in Centro Storico<br />

Coro Folk San Lazzaro di Modena<br />

Corale Polifonica di Forte dei Marmi<br />

9 dicembre Castiglione dei Pepoli – ore 21<br />

Canti Della Notte Lunga<br />

Coro Castiglionese di Castiglione dei Pepoli (BO)<br />

Coro La Rocca di Gaggio Montano (BO)<br />

Coro Genzianella di Pistoia<br />

10 dicembre Rimini - Teatro degli Atti - ore 17<br />

Natale nel Mondo<br />

Gruppo corale e strumentale Laura Benizzi di Rimini<br />

10 dicembre Modena - Chiesa di Piumazzo - ore 17.30<br />

Armonie di suoni e voci aspettando Natale<br />

Coro S. Giacomo di Piumazzo<br />

Schola Cantorum di Bazzano<br />

10 dicembre Marignano - Chiesa di S. Pietro S. Giovanni – ore 17<br />

Banda comunale di San giovanni in Marignano<br />

in collaborazione con Chorus Marignanensis<br />

10 dicembre Chiesa di Castell’Arquato - ore 16<br />

Concerto Natalizio<br />

Corale Città di Fiorenzuola e Coro Voci Bianche<br />

10 dicembre Crevalcore - Chiesa della Madonna dei poveri - ore 17<br />

Coro Climacus di Terre d'acqua<br />

Corale San Silvestro<br />

‘I Musici dell'Accademia’<br />

15 dicembre Riccione - Teatro scuola primaria Brandi - ore 20.30<br />

Concerto Natale col cuore<br />

Coro Voci Bianche le allegre note<br />

16 dicembre Valsamoggia - Chiesa S. Stefano di Bazzano - ore 21<br />

Concerto di Natale - Schola Cantorum di Bazzano<br />

16 dicembre Rimini - Teatro Tiberio - ore 16.30<br />

Concerto Di Natale - Corale Nostra Signora di Fatima<br />

16 dicembre Sasso Marconi (Bo) - Chiesa SS.Donnino e Sebastiano<br />

ore 21 - NataleInsieme<br />

Coro AcCanto al Sasso<br />

Corale Dei Verbum Chorus<br />

Orchestra Giovanile Onda marconi<br />

nativitas | 71


16 dicembre Castello di Verucchio – ore 16<br />

Concerto a favore della reumatologia Riminese ‘In...canto di Natale’<br />

Coro SATiBi Singers di Riccione<br />

Gruppo Corale Strumentale Laura Benizzi<br />

16 dicembre Ravenna - Chiesa di san Giovanni Battista - ore 21<br />

‘Misa Tango’ (Misa a Buenos Aires) di Martin Palmeri<br />

Coro Ludus Vocalis<br />

16 dicembre Rio Saliceto (RE) - Chiesa di San Giorgio - ore 21<br />

Officina Musicale (Rio Saliceto)<br />

Schola Cantorum Regina Nivis<br />

Coro Canossa<br />

16 dicembre Piacenza - Chiesa di S. Rita - ore 21<br />

Una montagna di auguri<br />

Coro CAI Piacenza<br />

Coro La Miniera di Sesto San Giovanni<br />

Coro La Campagnola di Biella<br />

17 dicembre Alba Adriatica Rimini - Parco Pertini - ore 16.30<br />

Concerto di Natale a favore dell'Unione Italiana Ciechi<br />

Gruppo corale e strumentale Laura Benizzi di Rimini<br />

17 dicembre Modena - Chiesa Gesù Redentore -ore 16<br />

‘Magnificat di Rutter’<br />

Scuola Corale ed ensemble strumentale ‘G.Puccini’ di Sassuolo<br />

17 dicembre Polesine Parmense - Chiesa S. Vito e Modesto - ore 16<br />

Concerto di Natale<br />

Cori Uniti Cortemaggiore, Soarza, Vidalenzo<br />

17 dicembre Collegiata di Fiorenzuola (PC) - ore 21<br />

Coro Vallongina, soli ed orchestra in Cantiamo il Natale<br />

17 dicembre Chiesa di Anzola (BO) - ore 21<br />

Concerto di Natale<br />

Coro S. Giacomo di Piumazzo<br />

Corale di Anzola Ss. Pietro e Paolo<br />

16 dicembre Mucinasso (PC) - Chiesa S. Tommaso – ore 21<br />

Concerto di Natale<br />

Schola Cantorum di S. Giorgio P.no<br />

16 dicembre Cortemaggiore -Basilica S. Maria delle Grazie - ore 21<br />

Concerto di Natale - Corale Cortemaggiore<br />

16 dicembre Cerro Maggiore (MI) - ore 21<br />

Coro Vallongina, soli ed Orchestra nel Gloria di Vivaldi<br />

16 dicembre Riccione - Chiesa Mater Admirabilis - ore 21<br />

Concerto Di Natale - Coro Filarmonico Le Voci Liriche<br />

17 dicembre Castelfranco (MO) - Chiesa di S. Bartolomeo - ore 18<br />

Coro CAI Bologna<br />

17 dicembre Gragnano Trebbiense (PC) -Chiesa di Casaliggio - ore 18<br />

‘Angeli con ali invisibili’ concerto di Natale<br />

I Cantori di Casaliggio: Coro polifonico San Giovanni Battista, coro<br />

Free Spirits dei ragazzi, coro Clap and Jump dei bambini<br />

Coro Le Ferriere<br />

17 dicembre Chiesa di San Giorgio P.No (PC) – ore 16<br />

Concerto di Natale<br />

Schola Cantorum di San Giorgio P.no (PC)<br />

16 dicembre Duomo di Sassuolo - ore 21<br />

‘Magnificat di Rutter’<br />

Scuola Corale ed ensemble strumentale ‘G. Puccini’ di Sassuolo<br />

16 dicembre Toano (RE) - Chiesa S. Michele di Cavola - ore 21<br />

Concerto Armonie di Natale<br />

Coro Vocilassù<br />

Coro Ciclamino di Marano Vicentino<br />

Corale Il Gigante<br />

17 dicembre Bologna - Sala Marco Biagi - ore 15<br />

Concerto di Natale - Coro Leone<br />

17 dicembre Calerno (RE) - Chiesa parrocchiale - ore 16<br />

manifestazione culturale Soli Deo Gloria - Corale Il Bosco<br />

17 dicembre Granarolo dell’Emilia (BO) - Chiesa di S. Vitale - ore 18<br />

Concerto natale- rassegna ‘Organi Antichi, un patrimonio da ascoltare’<br />

Coro I Ragazzi Cantori di S. Giovanni- Leonida Paterlini<br />

16 dicembre Rocca di Verucchio (Rn)<br />

In ....canto di Natale<br />

Coro SATiBì Singers di Riccione<br />

Gruppo corale e strumentale Laura Benizzi di Rimini<br />

17 dicembre Riccione - Chiesa Mater Admirabilis - ore 17<br />

Concerto Natale con Nanyuki<br />

Coro Voci Bianche le allegre note<br />

17 dicembre Rimini - Chiesa Gesù nostra Riconciliazione - ore 21<br />

Noe, noe, Noel!<br />

Coro polifonico Jubilate Deo di Rimini<br />

17 dicembre Parma - Teatro Regio - ore 16<br />

Corinfesta, a favore di Save the children e Ospedale dei bambini<br />

Cori delle scuole di Parma<br />

72 | AERCO notizie


17 dicembre Brugnolo di Rivarolo del Re - Chiesa S. Maria - ore 17.30<br />

Canta di Natale: viaggio tra suggestioni popolari, classiche e moderne<br />

Coro Giaches de Wert di Novellara (RE)<br />

Coro Polifonico Sant'Anselmo di Lucca (RE)<br />

18 dicembre Casina (RE) - Chiesa Parrocchiale - ore 20.30<br />

Concerto di Natale ‘Il coro incontra la scuola’<br />

Coro della scuola primaria ‘Mons. F. Gregori’ e Coro Vocilassù<br />

19 dicembre Riccione - Cinema Palace - ore 21<br />

coro SATiBì Singers di Riccione<br />

coro Città di Riccione<br />

20 dicembre Bologna - Casa Della Conoscenza - ore 20.45<br />

Natale In...Cantato<br />

Coro Antonella Alberani<br />

Coro Arcanto<br />

20 dicembre Bologna - Chiesa di S.Giuseppe Sposo di Maria - ore 21<br />

Sarah Sheppard Ensemble and Choir<br />

21 dicembre Riccione - Chiesa Gesù Redentore - ore 21<br />

Laudate et Cantate... to the Lord<br />

coro SATiBì Singers, di Riccione<br />

coro Note in crescendo di Riccione<br />

21 dicembre Sasso Marconi - Chiesa S. Donnino e Sebastiano - ore 21<br />

NataleInsieme<br />

Coro AcCanto al Sasso<br />

Corale Dei Verbum Chorus<br />

Orchestra Giovanile Onda Marconi<br />

23 dicembre S. Giovanni in Persiceto - Basilica Collegiata - ore 20.45<br />

Tradizionale Concerto di Natale<br />

Coro I Ragazzi Cantori di S. Giovanni- Leonida Paterlini<br />

I piccoli cantori della Schola Cantorum<br />

Coro Cat Gardeccia<br />

Coro ‘delle 11,30’<br />

23 dicembre Rivabella Di Rimini - Chiesa N.S. Di Fatima - ore 21<br />

Concerto Di Natale - Corale Nostra Signora di Fatima<br />

24 dicembre Cattedrale di San Leo – ore 23.15<br />

Concertino prenatalizio<br />

Schola Cantorum della Cattedrale di San Leo<br />

25 dicembre Casinalbo (MO) - ore 21<br />

Concerto di Natale - Corale Beata Vergine Assunta<br />

26 dicembre Novellara - Collegiata di Santo Stefano - ore 16<br />

Cantare il Natale: tradizioni e novità in musica<br />

Coro Giaches de Wert di Novellara (RE)<br />

Coro delle Mondine di Novi di Modena<br />

26 dicembre S. Giovanni in Marignano - Chiesa di San Pietro - ore 17<br />

Concerto di Natale - Chorus Marignanensis<br />

26 dicembre Parma - Chiesa San Benedetto - ore 16.30<br />

Tradizionale Concerto di Santo Stefano - Coro San Benedetto<br />

5 gennaio Fiorenzuola D’Arda (PC) - Collegiata San Fiorenzo - ore 21<br />

Concerto dei Magi con ‘Misa Criolla’ e ‘Navidad Nuestra’<br />

Corale Città di Fiorenzuola e coro G. Verdi di Ostiglia<br />

22 dicembre Chiesa di Ostiglia (MN) - ore 21<br />

‘Misa Criolla’ e ‘Navidad Nuestra’ di A. Ramirez<br />

Coro G. Verdi di Ostiglia e Corale Città di Fiorenzuola<br />

6 gennaio Rimini - Chiesa dell'Istituto Maccolini - ore 16<br />

Concerto dell'Epifania<br />

Gruppo corale e strumentale Laura Benizzi di Rimini<br />

22 dicembreQuingentole (MN) - Chiesa Parrocchiale - ore 20.30<br />

‘Misa Criolla’ e ‘Navidad Nuestra’ di A. Ramirez<br />

Coro G. Verdi di Ostiglia e Corale Città di Fiorenzuola<br />

23 dicembre Modena - centro culturale Alberione - ore 18<br />

‘Nadel in dialatt’ - Coro la Ghirlandeina<br />

23 dicembre Rimini - Chiesa del Crocifisso - ore 21<br />

Concerto di Natale<br />

Coro Polifonico Carla Amori<br />

23 dicembre Chiesa di Cadelbosco di Sopra (RE) - ore 21<br />

concerto per l'Ass.ne Commercianti del Comune di Cadelbosco<br />

Corale Il Bosco<br />

6 gennaio Modena - Chiesa di San Lazzaro - ore 16<br />

Note di Natale in Centro Storico<br />

Coro Folk San Lazzaro di Modena<br />

Vocale Musica Nova di Levanto<br />

6 gennaio Parma - Chiesa Santo Sepolcro - ore 17<br />

Concerto dell’Epifania<br />

Cori dell’Associazione San Benedetto<br />

7 gennaio S. Cassiano (Baiso Re) - Chiesa parrocchiale - ore 17<br />

Concerto dell'Epifania - Corale Il Bosco<br />

7 gennaio Bologna - Chiesa di Nostra Signora della Fiducia - ore 18<br />

Sarah Sheppard Ensemble and Choir<br />

nativitas | 73


74 | aerco notizie


September 20 – 24, 2018<br />

Porec – Istria (Croatia)<br />

ISTRAMUSICA 2018<br />

International<br />

Choir Festival<br />

Early Bird Deadline: February 26, 2018<br />

Registration Deadline: May 22, 2018<br />

e-mail: mail@interkultur.com<br />

Internet: istramusica.interkultur.com<br />

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information<br />

facebook.com/istramusica<br />

INTERKULTUR, Ruhberg 1, 35463 Fernwald (Frankfurt / Main), Germany<br />

phone: +49 (0) 6404 69749-25, fax: +49 (0) 6404 69749-29<br />

Photo Credits: © City of Porec, © Studi43

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