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FuoriAsse_n_22

Officina della cultura

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sia in perdita. Parla male l’italiano Gaetano.<br />

Quando ero bambino era un idolo<br />

per me. Quando lo vedevo salire sulla<br />

moto o guidare l’auto senza patente. Sognavo<br />

di diventare come lui. Ora mi<br />

guarda, lui piccino, tutto rosso in volto,<br />

logorato dal sole e dal freddo, mi scruta<br />

e forse sta pensando con stupore che in<br />

quell’uomo alto e ben vestito è rimasto<br />

poco del bambino che ricordava, ma<br />

questo posso solo immaginarlo.<br />

Mi viene da piangere, il mondo che idealizzavo<br />

da bambino, così impoverito e<br />

disabitato; la masseria di Zì Filù e Zì<br />

Giuan era il regno della gioia, sempre<br />

affollato da parenti, ospiti, ragazzi giovani.<br />

Poveri ma con la propria dignità.<br />

Disperati per le condizioni ardue ma tenuti<br />

su da sprazzi di vera gioia e felicità.<br />

Immagino il dolore di Zì Filù nel non<br />

vedere arrivare nessun nipote, nessuno<br />

che possa continuare l’allevamento e le<br />

produzioni casearie.<br />

Dove sono stato io in tutti questi anni?<br />

Il ragù, il vino, il formaggio, il pane<br />

hanno il sapore di un tempo. Voglio fare<br />

loro un bel regalo penso. Penso che vorrei<br />

ritirarmi dal lavoro e venire qui.<br />

Ma Vale ed Edo? Loro hanno bisogno<br />

che io lavori e guadagni, che paghi i loro<br />

studi.<br />

Perché mi sembra che abbiano tutti ragione,<br />

ed invece mi sento in colpa, per<br />

aver abbandonato una parte così importante<br />

della mia infanzia?<br />

Abbraccio Gaetano, che per ricambiare<br />

mi riempie il bicchiere di vino, poi do<br />

tanti bacini a Zì Filù, vi voglio bene, dico<br />

loro. Mi ringraziano mille volte, eppure<br />

mi sento male.<br />

Dopo essermi ingozzato crollo sul letto<br />

per un lungo sonno pomeridiano di tre<br />

ore.<br />

Sveglia alle sei del pomeriggio, caffè.<br />

Saluti, pianti. Prometto loro che ad<br />

agosto trascorrerò le mie ferie alla masseria,<br />

e faremo tante cose assieme.<br />

©Margherita Vitagliano<br />

Chi glielo dice a Katia che annulleremo<br />

le tre settimane in Namibia? Ma non<br />

posso perpetuare questa assenza, ora<br />

che li ho ritrovati.<br />

È venuto il momento di venire da te<br />

nonnina. Il cimitero. Venivamo assieme<br />

a trovare il nonno, mai conosciuto: un<br />

ometto bizzarro che mi figuravo bene dai<br />

tuoi racconti ironici su di lui.<br />

Per me era un gioco venire qui, perdermi<br />

tra le foto buffe di sconosciuti, ridere dei<br />

baffi strambi di fine Ottocento delle tombe<br />

più antiche. Erano le poche volte che<br />

mi riprendevi, quando ridevo dei morti.<br />

Mi sgridavi ma dopo due minuti mi abbracciavi.<br />

Le tue mani sempre calde, le<br />

tue braccione grosse. Ho paura a cercarti<br />

qui tra i morti e trovarti, non so<br />

come potrò reagire. A memoria mi destreggio<br />

tra le viuzze del campo santo,<br />

c’è una zona nuova, ma credo di ricordare<br />

dove è sepolto il nonno, sarai di<br />

sicuro vicino a lui, nonnina cara. Ma io<br />

non ho il coraggio di cercarti. Non ho<br />

mai pensato di associarti ad una tomba.<br />

Lo faccio solo perché so che ci tieni,<br />

perché ho questi due mazzi di fiori, uno<br />

finto ed uno fresco che durerà pochi<br />

giorni, e la promessa che tornerò presto.<br />

Sono un uomo maturo, di successo dicono<br />

gli altri, ma io mi sento un fallito,<br />

perché?<br />

È normale a quarantasei anni che mi<br />

manchi da morire, e che ancora adesso<br />

FUOR ASSE<br />

159<br />

Il principio dell’iceberg

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