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FuoriAsse_n_22

Officina della cultura

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©Daidō Moriyama<br />

protagonisti dei romanzi di Roth, se pur<br />

il debito è qui contratto su un piano<br />

affettivo. Uriah, l’ex marito di Noga, non<br />

riesce ad uscire dalla spirale di un forte<br />

rancore verso la donna che non ha voluto<br />

dargli un figlio e che, come una comparsa,<br />

sente sempre sfuggire alla propria<br />

volontà di assoggettamento. Sarà l’amore<br />

“disperato” di Uriah a rilanciare il debito,<br />

riattivando il senso di colpa di Noga,<br />

anche a distanza di anni dopo il divorzio.<br />

La richiesta di risarcimento di Uriah implica<br />

tuttavia un investimento delle proprie<br />

risorse, in un gioco sempre al rialzo,<br />

che si traduce per Noga in possibilità,<br />

e volontà, a sua volta di perseguitare<br />

Uriah, rendendolo schiavo di una aspettativa.<br />

Del resto, Uriah, sottoliniamo noi,<br />

in modo speculare continua ad anticipare<br />

Noga in una figura idealizzata, sottomessa<br />

al proprio desiderio, che nulla<br />

ha a che fare con l’imprevedibilità dell’evento,<br />

di un nuovo incontro.<br />

Sono tutti personaggi invischiati in<br />

pericolose dinamiche di indebitamento,<br />

incapaci di vedere il mondo anche con gli<br />

occhi dell’altro, dunque non in grado di<br />

indirizzare diversamente un pensiero; e<br />

ci conducono, prefigurandolo, al protagonista<br />

di Cosmopolis del romanzo di<br />

De Lillo. Eric Packer, come ben individua<br />

Mazzarella, è infatti «l’archetipo» e «l’ultima<br />

incarnazione ipotizzabile di una<br />

pulsione di morte regolata dallo spreco<br />

di ogni investimento» che trova nell’ambiente<br />

finanziario l’ideale estensione del<br />

proprio stato pulsionale. L’autoreferenzialità<br />

è qui totale, l’oggetto del godimento<br />

cambia continuamente in una frenesia<br />

schizofrenica che non trova appagamento<br />

alcuno. Alimentando continuamente<br />

quello che Lacan definisce un «godimento<br />

smarrito», analizza Mazzarella,<br />

questo personaggio rinvia il debito con se<br />

stesso all’infinito: una responsabilità del -<br />

l’agire che «il tripudio nichilistico» non<br />

solo non può colmare, ma continuerà<br />

a sottolineare per assenza. Personaggio<br />

che si autopriva di un destino, giacché si<br />

priva di una vera conoscenza, sarà lui<br />

stesso ad affermare ciò che gli manca:<br />

«Essere consapevole di ciò che mi sta<br />

attorno. Capire la situazione di un’altra<br />

persona, i sentimenti di un’altra persona.<br />

Sapere, insomma, cos’è importante».<br />

Quel vero punto di vista, dicevamo noi,<br />

che presupponendo un uscire da sé, nella<br />

configurazione dell’altro, crea spazio a<br />

una diversità del pensare.<br />

Ma allora quale alternativa a questo<br />

sprofondamento nichilistico?, si chiede<br />

Mazzarella.<br />

La prospettiva che l’autore ci apre,<br />

nel terzo capitolo del suo saggio dal titolo<br />

Le metamorfosi, è un interessante<br />

spazio dell’inatteso dove è possibile tradurre<br />

l’ascolto di un vuoto, vuoto che<br />

emerge dal riconoscimento dell’incolmabile<br />

distanza con gli altri, in un pieno<br />

di «figure», «risonanze», «desideri» in<br />

grado di «tenere testa alla pulsione di<br />

FUOR ASSE<br />

58<br />

Il rovescio e il diritto

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